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Heineken investe 73 milioni di euro su Birra Ichnusa

Heineken investe 73 milioni di euro su Birra Ichnusa

Ammonta a 73 milioni di euro l’investimento di Heineken Italia per l’ammodernamento e l’ampliamento del birrificio Ichnusa di Assemini (Cagliari). Dopo i tagli annunciati a febbraio 2021 e la recente cessione del birrificio Hibu, Heineken punta sullo sviluppo dell’impianto sardo.

Un piano di investimenti che ha visto anche con la creazione di un accordo di sviluppo in collaborazione con il Mise, Invitalia e Regione Sardegna. Accordo finalizzato al sostegno di programmi di investimento strategici ed innovativi di grandi dimensioni. Il progetto prevede un accordo Stato-Regione che parteciperanno con un contributo di circa 14 milioni di euro da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e di 200 mila euro dalla Regione Sardegna.

L’investimento sul birrificio di Assemini – spiega Wietse Mutters, amministratore delegato di Heineken Italia – è un tassello importante della nostra strategia di sviluppo. Gli interventi programmati avranno un impatto migliorativo non solo sulla capacità e sulla qualità produttiva del birrificio, ma anche sul territorio in termini di occupazione, ambiente e indotto».

«La pandemia ha azzerato l’intera crescita del comparto degli ultimi 4 anni – aggiunge Mutters -. Con questa operazione Heineken vuole essere motore della ripresa della birra e dell’economia agroalimentare».

UN AMPLIAMENTO DI OLTRE IL 60%

Tra gli interventi previsti una nuova centrale frigorifera, impianti di stoccaggio di CO2 e torri di raffreddamento. Opere che contribuiranno a migliorare le performance ambientali, comportando una riduzione dei consumi di acqua, energia elettrica e una riduzione delle emissioni di CO2.

L’obiettivo dell’investimento è l’incremento della capacità di produzione e confezionamento dello stabilimento di Assemini, il più antico birrificio presente in Sardegna. La capacità di confezionamento andrà a regime nel 2024, aumentando di oltre il 60% quella attuale. L’investimento comporterà, inoltre, l’assunzione 25 di nuovi addetti.

«L’investimento – spiega Invitalia – si ritiene strategico e in linea con le politiche di sviluppo attuate finora dal Gruppo Heineken. Ad Assemini verranno adottati macchinari automatizzati di ultima generazione, conformi agli ambiti tematici del Piano nazionale Industria 4.0. Verranno realizzati 3 nuovi magazzini per lo stivaggio dei materiali di packaging e dei prodotti finiti».

Il colosso olandese Heineken è presente in Italia da 47 anni con stabilimenti a Comun Nuovo (Bergamo), Massafra (Taranto), Assemini (Cagliari), Pollein (Aosta). Si annoverano inoltre la sede di Milano e la partnership attiva in Sicilia con il Birrificio Messina.

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Gli Editoriali

Il Panzale e il grave stato di salute della comunicazione italiana

EDITORIALE – Che la comunicazione e il giornalismo in Italia versino in una condizione di salute imbarazzante, non sono io il primo a dirlo o l’unico a pensarlo. Ma quanto è successo negli ultimi giorni attorno a un comunicato stampa a sfondo “enologico”, merita di essere raccontato e conosciuto come vera e propria, nonché drammatica, “case history“.

In data 5 febbraio, l’ufficio stampa di una nota cantina sarda (zona Dorgali) diffonde un comunicato stampa dal titolo sibillino: «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale».

Dalle prime righe è ben noto che l’obiettivo sia tutt’altro: pubblicizzare l’etichetta di tale cantina, che produce un Panzale in purezza. Fosse vero che la Regione abbia recentemente approvato la varietà nell’elenco dei vitigni coltivabili, allora, un fondo di “notizia” – ovvero di informazione utile per i lettori – ci sarebbe.

Figlio della cronaca come sono e sarò finché campo, mi metto ad approfondire la questione. Non trovando dettagli, decido di chiamare direttamente la Regione Sardegna. Mi risponde dapprima un dipendente in smart working, molto gentile. Prende nota delle mie domande, mi chiede un contatto e poi mi fornisce un numero di telefono da contattare.

Chiamo così un altro interno della Regione. Questa volta la risposta arriva dalla sede dell’ente. Da una prima ricerca del disponibilissimo impiegato, non risulta alcuna determina d’approvazione del Panzale nell’elenco delle varietà allevabili in Sardegna. La riunione della Giunta si è svolta pochi giorni prima, eppure nessun documento è stato approvato in merito al raro vitigno autoctono.

Non mi resta che ricontattare direttamente l’ufficio stampa della cantina. Ebbene, sul fondo del comunicato, alla ventesima riga scritta in font New Serif da appena 10 punti, il comunicato precisa che l’approvazione è avvenuta nel 2019. A confermalo è la delibera ufficiale della Regione.

A esplicita domanda, l’addetto stampa ammette di aver “usato” quella notizia (ormai vecchia e ritrita) come “gancio” per sponsorizzare l’etichetta della cantina sarda, prodotta proprio con il Panzale. Un modo per ammantare il marchettone, per intenderci.

Il fatto che abbia usato proprio quel titolo per il comunicato, ovvero «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale», non lo scagiona dalle proprie responsabilità, se non altro dal punto di vista etico.

Ma l’informazione e il giornalismo enologico italiano versano in condizioni disastrose, come detto sopra e da molti altri prima di me, non certo a causa di un addetto stampa che fa (o prova a fare) il “furbetto”, evidentemente conscio di trovare terreno fertile, dall’altra parte della “penna”. Ebbene, la cosa grave è un’altra.

Basta farsi un giro sul web per scovare almeno una decina di articoli di testate più o meno accreditate, anche generaliste, che senza procedere alla minima verifica della notizia (un dovere deontologico) l’hanno riportata come tale, con tanto di titolo spiccicato. Un po’ come se Regione Sardegna avesse approvato a febbraio 2021 il Panzale e non lo scorso anno, come effettivamente avvenuto.

Del resto, tutto il contenuto del comunicato (pubblicitario) si ritrova su ognuna delle testate, copiato e incollato “paro-paro”: bingo per l’ufficio stampa e per la cantina che si è affidata a tale servizio (vogliamo credere senza dolo). E allora, per l’ennesima volta, non resta che berci su. E pensare che, forse, ognuno ha l’informazione che merita. Cin, cin.

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