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Sul perché non dovremmo dare retta alle classifiche di Vivino


Gigi ha 20 anni e vuole darsi un tono con la fidanzatina. Non capisce nulla di vino. Ma lo affascinano i “grandi”, che vede seduti ai tavolini della “Milano bene”, a sorseggiare calici di Champagne. O di quello che lui crede sia Champagne. Gigi, da qualche tempo, ha installato l’app Vivino sul cellulare.

E vota, vota, vota. Due stelle a questo. Quattro a quest’altro. Cinque stelle a ‘sto francese: l’etichetta è bellissima. Una stella al Tavernello: non fa figo. Anzi, fa figo dargli una stella. C’è un solo problema. Gigi gira per enoteche, bar e negozi che espongono vino. Fotografa le etichette e le vota su Vivino.

Non solo Gigi non ha nessuna cognizione di causa in materia. Quei vini, Gigi, non li ha neppure bevuti. Ma vota. Ovviamente solo le etichette più blasonate. Quelle note. Quelle che costano di più e, dunque, sono buone per forza. E alla fine dell’anno, qualcuno farà delle classifiche. Basandosi anche sui voti di Gigi.

Gigi, perfetto idiota enofighetto, fa media su Vivino. Così come il sommelier, l’enologo o il professionista del settore Wine che dà voti coerenti e tecnici. Vivino è il Tripadvisor del vino internazionale. Scegliete il ristorante dove cenare basandovi sulle recensioni di Tripadvisor?

Tutta questa manfrina per dare il peso giusto alle cose, dal momento che per qualcuno, nell’enomondo, la foto a un’etichetta postata su un social avrebbe valore scientifico. O una rilevanza giornalistica. Secondo noi, non è così.

E non ce l’abbiamo col Tignanello, risultato tra l’altro tra i più “popular” del 2018 su Vivino.  Ovvero tra i più fotografati, non per questo tra i più bevuti. A offrire qualche buon motivo, sono gli stessi utenti di Vivino. Roba da far rabbrividire pure Gigi.

Buon prosecco, sorprendente vista la dislocazione geografica. Da utilizzare come vino per aperitivo o anche da abbinare a del buon pesce”, dice l’utente Diego del “Perla di vitigno Brut N.V.“, spumante Charmat di Toso, che su Vivino appare catalogato in Emilia Romagna. Ebbene: non è Prosecco e non è emiliano.

Dice l’utente Vasta del “Furfante” di Rivera: “Fin troppo frizzante, sembrava quasi uno spumante“. Ed è colpa anche di Vivino, che non distingue tra “Frizzanti”, “Spumanti Champenoise / Metodo Classico” e “Spumanti Charmat / Martinotti”, confondendo ulteriormente il consumatore meno esperto.

“Va bene come lozione per spazzolare i cavalli“, commenta l’utente Max sul Nero d’Avola 2017 di Feudi Branciforti dei Bordonaro, valutandolo con 2 stelle Vivino. Dino non è d’accordo: “Ottimo vino per una bella serata”. In medio stat virtus?

Elena, del Lambrusco “Centenario” di Cleto Chiarli dice “Ottimo vino, peccato per il prezzo un po costoso”. Quanto costa? 5,70 euro a bottiglia. Del Bombino Bianco “Panascio” di Giancarlo Ceci, quella cima dell’utente Simone (che su Vivino ha già dato altri 293 voti, dice cose altissime: “Vinello discreto, leggerino di sapore che te manda subito a piscià“. Può bastare.

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Vini al supermercato

Brut Rosè Trentodoc Le Premier, Cesarini Sforza

(4 / 5) E’ tra i vini spumanti Metodo Classico trentini più diffusi al supermercato. Parliamo del Brut Rosè Trentodoc Le Premier di Cesarini Sforza. La variante rosata del classico Le Premier, prodotto con sole uve Chardonnay.

Per ottenere il colore rosato viene infatti aggiunta una piccola percentuale di Pinot Nero, uva dal grappolo rosso. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper la sboccatura 2016.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il Brut Rosè Trentodoc Le Premier Cesarini Sforza si presenta di un colore buccia di cipolla cristallino, luminoso. Il perlage è fine e persistente. Non resta che avvicinarlo al naso per avvertire l’impronta tipica del Pinot Nero: i frutti rossi come la fragolina di bosco, i lamponi e il ribes fanno tuttavia da sfondo alle più marcate note di lieviti e crosta di pane.

Corrispondente al palato, il Rosè Cesarini Sforza Le Premier sfodera nuovamente la carica delicata e sottile dei frutti rossi già avvertita al naso. Netta, poi, la svolta verso tinte mediamente balsamiche, che ricordano le erbe di montagna. Chiusura sulla mineralità tipica del Trentodoc, capace di ricordare la soluzione salina. Percezioni che, unite in un sorso mediamente caldo e secco, esaltano la sottigliezza di un perlage capace di solleticare delicatamente la lingua. Un bel quadro trentino, di assoluta qualità.

LA VINIFICAZIONE
Il Brut Rosè Le Premier Cesarini Sforza è prodotto all’85% con uve Chardonnay, cui viene addizionato un 15% di Pinot Nero. La zona di produzione, come da disciplinare, è quella della Trento Doc. In particolare, i vigneti hanno esposizione a Sud, Sud-est e sono collocati su una fascia che va dai 450 ai 700 metri sul livello del mare.

La composizione del terreno è di tipo strutturato e profondo, franco argilloso. Le radici della vite affondano in un composto ricco di pietre, sciolti fluvio-glaciali da disfacimento di rocce porfiriche e sabbiosi. La forma di allevamento è il Guyot, a pergola semplice trentina, con una densità di impianto di 4 mila ceppi per ettaro.

La vinificazione prevede la raccolta manuale di Chardonnay e Pinot Nero nella prima decade di settembre, pressatura soffice delle uve intere, decantazione statica dei mosti, fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox e affinamento sulle lisi per circa 6 mesi.

Prezzo: 11,70 euro
Acquistato presso: Esselunga

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