(2,5 / 5) Attira sugli scaffali del supermercato il rosato sgargiante, quasi luminoso, del Negroamaro Rosato del Salento Igp Tenute Al Bano Carrisi. Il noto cantante produce vini nella sua tenuta in contrada Bosco Curtipetrizzi, a Cellino San Marco, in provincia di Brindisi. E vale la pena di provarlo, dopo aver già testato il Negroamaro e il Primitivo del Salento che riscossero molto successo (in termini di vendite) in un supermercato alle porte di Milano. Il risultato non è esattamente lo stesso. Il Negramaro Rosato del Salento Igp Tenute Al Bano Carrisi delude. Troppo acido nel finale. E tale acidità è tutto quel che resta in ‘ricordo’ dell’assaggio. Ma andiamo con ordine. Nel calice, questo rosato si presenta come detto di un colore accattivante. Luminoso. Al naso, le note predominanti sono quelle esotiche del melone e della banana. Si avvertono anche piacevolmente e con un po’ di sorpresa la fragola e il lampone. All’assaggio, il Negramaro Rosato di Carrisi si presenta subito astringente. Le note citriche hanno la meglio sul resto dei sentori, sbilanciando il palato verso un finale troppo acido. Difficile accostare questa bottiglia a piatti di pesce poco elaborati o dalle ‘carni’ troppo delicate: ne risentirebbero, così come certi molluschi e crostacei pregiati. Meglio quindi l’abbinamento con fritti di pesce o pesci alla griglia. “Quando ero bambino Don Carmelo, mio padre, mi portò alla vigna e mi insegnò a liberarla dalle erbacce. ‘Se dai alla terra, la terra ti dà’, mi diceva. Così – spiega il cantante sul sito Internet delle Tenute Carrisi – ho capito che prima ancora del vino, dalla vigna ti veniva un sorso di saggezza. Ho dedicato al ‘Mio Vecchio Saggio’ questo vino che mi aiuta a riscoprire il calore degli affetti ed il colore degli anni”.
Prezzo pieno: 5,59 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Una bella sorpresa trovare sugli scaffali del supermercato un Valpolicella Ripasso Classico Superiore Doc in promozione. In particolare quello di Cantina Valpolicella Negrar. Molto più di una bottiglia e molto più di una Doc.
Una vera e propria istituzione in Veneto e tra tutti gli amanti del buon vino. Anche perché, per dar vita al Ripasso, occorrono tecniche specifiche di vinificazione che nobilitano il senso della ‘bevuta’. E si inseriscono direttamente nel solco della grande tradizione e cultura del “far vino” in Italia.
LA DEGUSTAZIONE
Il Valpolicella Ripasso Classico Superiore di Cantina Valpolicella Negrar (Comune di 17 mila anime alle porte di Verona) è un vino rosso che nel calice si presenta di un colore rosso rubino intenso, tendente al viola scuro. L’annata in questione, in particolare, è la 2013, che registra 13,5 % vol.
Già versandolo si esaltano le note di mora, amarena, ciliegia matura e barrique, in un finale tutto speziato tendente al pepe nero. Note speziate che prevalgono all’assaggio nei primi istanti, scaldando piacevolmente il palato e lasciando poi spazio note fruttate di amarena, tabacco e vaniglia.
La sensazione è quella di una morbidezza intensa, anche se parrebbe un ossimoro. Nel finale, lungo, di nuovo le note speziate, assieme a tutto il carattere della barrique francese, in cui le uve sono maturate per almeno dodici mesi. L’abbinamento più consigliato è quello con le carni rosse e con la selvaggina.
Ma questa bottiglia saprà sorprendervi anche accostata a primi piatti saporiti o a secondi di carne bianca ben speziata. Provatela, per esempio, con delle cosce di pollo al curry e curcuma: le note speziate della carne faranno da contraltare alle note speziate del vino, ammorbidendosi grazie ai tannini gentili e avvolgenti. Vale però la pena di spendere altre parole per la grande tradizione veneta del Ripasso.
Come suggerisce il nome stesso di questa Doc, il Valpolicella base (ottenuto secondo disciplinare dalle qualità Corvina, Corvinone, Rondinella e in percentuali inferiori di Forselina, Negrara e Oseleta) viene riversato nei tini dove precedentemente sono state pigiate le uve per l’Amarone, a loro volta precedentemente lasciate appassire al sole, subendo così una delicata fase di rifermentazione.
Circa venti i giorni in cui le vinacce riposano in questa prestigiosa culla. Un procedimento, quello del “ripasso”, che ha del magico. Un’alchimia pari a quella di una storia d’amore, nata da un incontro. Da una scintilla. E il vino così ottenuto viene in seguito affinato in botte. Il Ripasso si trasforma così in una vino maturo, affascinante e coinvolgente. Un vino con una storia da raccontare.
Prezzo pieno: 7,69 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(4 / 5) Eleganza e carattere. Non è facile trovare al supermercato delle bottiglie di Bonarda che alzino l’asticella della qualità. C’è quello troppo frizzante, che perde di concretezza e sostanza. Oppure quello tutto schiuma, che si rivela poi inconsistente all’assaggio. Per gli amanti del buon vino (e in generale della buona tavola) vale dunque la pena spendere qualche euro in più. E accaparrarsi, magari in promozione, una bottiglia di Bonarda Doc Conte Carlo Giorgi di Vistarino 1674.
L’omonima azienda che lo produce, in frazione Scorzoletta a Pietra de’ Giorgi, in provincia di Pavia, aderisce al Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò pavese. Una garanzia pressoché assoluta del rispetto dell’identità di questo rosso vivace, simbolo dei vini della Lombardia e della stessa regione del Nord Italia. Il Bonarda Doc Conte Carlo Giorgi di Vistarino si presenta nel calice di un colore rosso porpora: profondo, scuro, cupo, violaceo. Sembra già di assaporarne le note di frutti di bosco mentre la schiuma, voluminosa e generosa, si lascia sopraffare dall’ossigeno, evaporando in pochi secondi.
I profumi sono quelli caratteristici del Bonarda, con note intense (appunto) di viola, mora e marasca. Ma è al palato che questo Bonarda stacca la concorrenza, almeno nella grande distribuzione organizzata. Buon corpo e struttura, eppure grande leggerezza; le note di frutti di bosco sono persistenti, eppure piacevoli e delicate. L’abbinamento, scontato, è con i piatti della tradizione pavese: antipasti di salumi e formaggi di buona stagionatura, primi con sughi anche elaborati di carne, risotto alla Lomellina (con fegatini) e risotto ai funghi, nonché a piatti come il cotechino, il salame cotto e le carni rosse, cassoeula e bolliti.
“L’origine del nome Bonarda – come spiega lo stesso Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò pavese – è incerta. Secondo alcuni autori, il nome deriverebbe dal patronimico longobardo Bono con l’aggiunta di ‘hard’, che in longobardo significava ‘coraggioso e forte’. La ricostruzione si basa sul fatto che i Longobardi ebbero come capitale Pavia, con estensione del loro dominio anche in Oltrepò. Il vino Oltrepò Bonarda si ottiene da uva Croatina, la cui etimologia deriverebbe da ‘croatta’, ‘cravatta’, e starebbe a indicare che il vino ottenuto da Croatina si beveva nei giorni di festa, quando appunto veniva indossata la cravatta”. Una storia insita anche nella famiglia che produce il Bonarda finito quest’oggi sotto la lente di vinialsupermercato.it.
“Da Augusto Carlo Giorgi di Vistarino, che per primo, alla fine dell’Ottocento, avviò in Oltrepò la coltivazione del Pinot Nero, ai successori Ottaviano e Carlo, sino ad arrivare alla più recente generazione rappresentata oggi da Ottavia Giorgi di Vistarino – evidenzia l’azienda produttrice – continua a rimanere identica la volontà di perseguire la qualità attraverso la creazione di vini autentici ed eleganti, fedele espressione del territorio da cui hanno origine”. La proprietà si estende per oltre 826 ettari di cui 200 vitati, tutti iscritti all’Albo della Doc Oltrepò Pavese e coltivati a Pinot Nero, Riesling Renano, Pinot Grigio, Moscato, Croatina e Barbera.
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
(2 / 5) E’ tra i bianchi di più largo consumo a Cipro lo Xyinisteri prodotto dal colosso Keo Limassol Cyprus, presso lo stabilimento di Mallia, sui monti Troodos. Si può reperire questa bottiglia a buon mercato, presso le catene internazionali della grande distribuzione che operano sull’isola, come Lidl e Carrefour. Ma se ci si aspetta di assaporare la vera fragranza dell’uva autoctona più diffusa a Cipro, Xynisteri, con oltre 2.200 ettari di vigne dedicate, si rimane sostanzialmente delusi. L’apporto “chimico-industriale” operato nello stabilimento Keo è ben evidente. Parlano i solfiti, ben avvertibili, nonché l’acidità stessa del vino, che sembra chiaramente ‘corretta in laboratorio’. Passiamo al dettaglio. Naso debole, quasi impercettibile. Emergono sentori acri, di limone, e qualche nota minerale, evanescente. Al palato lo Xynisteri Keo è inizialmente delicato, leggero. Per poi rivelare meglio la propria natura, di limone acerbo e lime. La persistenza è buona, ma consiste nelle sole note acide, che risultano infine troppo astringenti. Vino di facile beva, che rischia tuttavia di risultare pesante (12,5 % vol.) già al secondo bicchiere, per le cause elencate sopra. Consigliato l’abbinamento in occasione di aperitivi leggeri, senza troppe pretese, a una temperatura non superiore ai 12 gradi.
Prezzo: 4,50 euro Acquistato presso: Lidl, Larnaca (Cipro)
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(3,5 / 5) “Refresh” è la parola d’ordine per la Turning Leaf Vineyards. Ed è questo quello che ci si può aspettare maggiormente dallo Chardonnay californiano oggi sotto la nostra lente di ingrandimento.
Lo Chardonnay California Turning Leaf, annata 2012, è una piacevole risposta alla calura estiva. Freschezza allo stato puro. La casa vinicola del gruppo E. & J. Gallo Winery, con sede a Modesto, cittadina di poco più di 200 mila abitanti capoluogo della contea di Stanislaus, California, lo sa bene e punta tutto sul lato “forte” dei propri vini. Leggeri, di facile beva. Estivi, in una sola parola.
LA DEGUSTAZIONE
Lo Chardonnay in questione, annata 2012, è avido al naso. Si fatica a intuire qualche nota esotica di banana e pesca, che poi si esprimono meglio all’assaggio. Piacevole, delicato, fruttato. Quasi convincente.
Un vino da accompagnare a piatti altrettanto freschi, come un buon prosciutto e melone, un’insalata, un antipasto a base di verdura. Perché no: anche a un take away di cucina giapponese. Astenersi se le portate in tavola sono di pesce, soprattutto se il piatto è complesso.
Le note fruttate dello Chardonnay californiano Turning Leaf sono fatte solamente per dissetare e accompagnare portate poco impegnative. In America, e in particolare in California, lo Chardonnay la fa da padrone tra i bianchi. Secondo dati piuttosto recenti, sono oltre 95 mila gli acri coltivati con questo uvaggio nel solo Stato dove opera la Turning Leaf Vineyards.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) Patrimonio, ovvero uno dei più fulgidi esempi di come si possa bere “bene”, scegliendo un vino tra gli scaffali di un supermercato italiano. Stiamo parlando di una bottiglia che di per sé sfiora il costo di dieci euro. E dalla quale, quindi, si può (si deve) pretendere molto. Un’aspettativa pienamente realizzata da questo rosso Negroamaro 2011 a indicazione geografica protetta della casa vinicola Taurosso Srl, con sede in provincia di Lecce, a Campi Salentina, ma imbottigliato a Manduria, in provincia di Taranto. Una zona che offre ampie garanzie, che tuttavia non sempre bastano ad assicurare buone bevute. Il segreto di Patrimonio 2011 Selento Igp Taurosso è nel calore che emana. Un calore innanzitutto profumato.
Di amarena, piccoli frutti rossi e spezie come il pepe nero e l’harissa. Un calore che si conferma anche all’assaggio: inizialmente vellutato, morbido, ma pronto a rivelarsi ben presto corposo e strutturato, per via della lunga macerazione a cui vengono sottoposte le uve Negroamaro in fase di maturazione del vino. Inutile sottolineare come si un tratti uno di quei classici vini rossi di struttura, adatti ad accompagnare carni rosse, anche al sangue, carni alla griglia e alla brace, nonché formaggi a pasta dura molto saporiti.
Patrimonio ha tra l’altro ottenuto nel 2012 il Gold Award al China Wine Awards Best Value 2012, che potremmo definire la versione “cinese” dell’italianissimo Vinitaly, con produttori provenienti da ogni parte del globo. Nonché la Berlin Gold Medal al Berliner Wein Trophy 2012. Un successo riconosciuto anche a un altro vino di Taurosso: quel Pilu Niuru che può essere considerato il fratello minore di Patrimonio. Per quanto riguarda le specifiche tecniche, la zona di produzione, come già evidenziato, è quella dell’entroterra del Salento. L’età media della vite è tra i 20 e i 40 anni, con una produzione di 7 tonnellate per ettaro. La tecnica di produzione è basata su una pigiatura soffice e una lunga macerazione della durata di dieci giorni, a cui segue una lenta fase di fermentazione.
Prezzo pieno: 9,35 euro Acquistato presso: Il Gigante
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(5 / 5) Astenersi indecisi. Dovrebbe esserci scritto così, a caratteri cubitali, sull’etichetta frontale di Ziggurat Montefalco rosso 2009 delle Tenute Lunelli. Già, perché questo vino è un’esplosione. Di potenza. Di gusto. Di carattere. Roba da palati forti. In questa bottiglia, la potenza del rosso di Montefalco – il Sagrantino – incontra il Sangiovese e la sua eleganza. Ciò che ne scaturisce è un vino di grandissima forza. Speziato. Infuocato. E non è un eufemismo.
Potrebbero trarre in inganno, infatti, i 13.5 gradi che farebbero pensare a una predominanza organolettica del Sangiovese sul Montefalco, vino che raggiuge (e supera) anche i 15 gradi, in alcune delle sue più grandi espressioni. Ziggurat Lunelli è la rappresentazione liquida delle monumentali costruzioni dell’epoca mesopotamica: gli “ziqqurat”, che come le piramidi poggiavano su una base ampia, affusolandosi verso il cielo. Così come questo vino inizia ampio e caldo, per raggiungere “punte” di grande carattere nel finale, in un concerto speziato e balsamico che conferisce all’assaggio immensa eleganza. Si abbina alla perfezione con le carni rosse poco cotte e con i piatti della tradizione toscana, nonché con la selvaggina.
Entrando nelle specifiche tecniche, Ziggurat è un blend così composto: Sangiovese 70%, Sagrantino 15%, Cabernet e Merlot 15%. La raccolta avviene in maniera manuale, tra i mesi di settembre e ottobre, nei vigneti di proprietà della famiglia Lunelli, a Montefalco e Bevagna, in Umbria, più esattamente in provincia di Perugia. Si tratta di terreni di composizione limoso -argillosa, dotati di una buona potenzialità agronomica, ben strutturati e resistenti alla siccità estiva. La macerazione si protrae per una ventina di giorni, con una prima fase compiuta a freddo, alla temperatura di 12 gradi, per 20 ore, per poi proseguire a 26- 28 gradi in botti di acciaio. Evidente, all’assaggio, come Ziggurat abbia subito anche una fase di maturazione (12 mesi in barrique da 225 e tonneaux da 500 litri) e almeno 6 mesi in bottiglia. Un vino sontuoso, che si presta anche a un ulteriore invecchiamento in bottiglia.
Prezzo pieno: 8,99 euro Acquistato presso: Il Gigante
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(3 / 5) Origini molto dibattute per il vitigno Syrah (Shiraz). Chi sostiene sia stato introdotto in Europa dall’Iran (dove ancora oggi esiste una metropoli di oltre un milione di abitanti, nella regione di Fars), e chi è più propenso a credere si tratti di un cultivar autoctono siculo, in particolare della provincia di Siracusa, che è andato perduto per poi essere reintrodotto nell’isola, con piante provenienti dalla Francia.
Il fatto è che per un italiano, che apprezza la cultura culinaria del proprio Paese, ritrovare sulla tavola un Syrah come quello di Yellow Tail può risultare di difficile “comprensione”. In particolare il Shiraz è australiano.
LA DEGUSTAZIONE
Al naso colpisce per le prepotenti note di frutti di bosco, prima ancora che per le spezie (pepe nero), a mio avviso troppo “lontane” e poco persistenti, perché sommerse da altre note che richiamano l’amarena.
Le note speziate si avvertono in maniera netta, invece, all’assaggio, reso da queste lungo e persistente, con richiami alla liquirizia dolce, molto gradevoli. Ne risulta un vino troppo “dolce” per essere abbinato ai piatti della tradizione italiana. Per non parlare dell’abbinamento consigliato sull’etichetta posteriore della bottiglia: una bistecca. Rischioso provarci.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Per la sua facilità di beva, potrebbe essere eletto senza troppi rivali “vino d’estate”. Il fatto è che il Cirò bianco a denominazione di origine controllata di Caparra e Siciliani sa essere anche qualche cosa di più. Soprattutto se, pescandone una bottiglia dagli scaffali del supermercato, non ti accorgi che nel carrello è finito un ‘esemplare’ dell’annata 2012. Una volta in tavola non resta che assaggiare: prima di giudicare con troppa superficialità, basandosi solamente sul fatto che a maggio 2015, quella bottiglia, potrebbe risultare ormai “datata”. Breve inciso sull’argomento: è buona consuetudine, per la maggior parte dei vini bianchi, scegliere bottiglie con annate che non superino i due anni dalla data di acquisto. Ed è proprio per questo che nei supermercati vengono sovente applicati forti sconti sulle annate meno recenti, a cavallo della consegna – da parte dei fornitori – degli stock della nuova vendemmia.
Il Cirò 2012 di Caparra e Sicliani – imbottigliato a Cirò Marina, in provincia di Crotone, in Calabria – deve invece aver conquistato ‘carattere’, invecchiando un altro anno prima di essere stappato. Nel calice, il colore è quello classico: giallo paglierino, piuttosto intenso. Al naso risulta molto vinoso. Una caratteristica che non tutti apprezzano, specie in un bianco del genere, da 11,5 gradi, a cui si chiederebbe maggiore delicatezza. Ma i gusti son gusti: ed è proprio questa spiccata ‘vinosità’ che ha reso gustosa la bottiglia. Tale caratteristica si è infatti ripresentata al momento dell’assaggio. Note agrumate, con predominanza del limone. Buona lunghezza. Un prodotto di assodata qualità, nonostante il modico prezzo, che si abbina alla perfezione con antipasti e primi a base di pesce, servito rigorosamente fresco, alla temperatura di 8 gradi. (leggi anche la recensione del Cirò bianco 2013 DOP Calabria – Senatore).
Produttori di vino sin dal XIX secolo, le famiglie Caparra e Siciliani hanno una solida tradizione agraria e vitivinicola in particolare. Nel 1963, facendo tesoro comune di queste esperienze, nasce l’azienda che attualmente opera esclusivamente nella zona del “Cirò” e del “Cirò Classico”, lavorando le uve provenienti dai vigneti di proprietà dei soci, estesi per circa 213 ettari. La Caparra & Siciliani ha uno stabilimento vinicolo moderno, tecnologicamente organizzato e della capacità complessiva di 31 mila ettolitri., divisi in 110 vasi vinari, distribuiti su tre piani, oltre a 150 barriques di rovere “Allier”. La cantina ha prestato fin dalla nascita particolare cura all’imbottigliamento ed il prodotto da imbottigliare, come evidenzia la stessa azienda, “viene selezionato dopo un accurato esame condotto con autentica passione vitivinicola, profonda competenza e coscienza professionale”. Tutto il sistema è infatti curato da uno dei maggiori enologi italiani: Fabrizio Ciufoli. Prezzo: 4,90 euro Acquistato presso: Il Gigante
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(2,5 / 5) Sontuoso “davanti”, poco chiaro “dietro”. Si presenta così, almeno basandosi sulle due etichette presenti sulla bottiglia, l’Orvieto denominazione di origine controllata Villa Carina. Se da un lato è accattivante la presenza del Duomo, simbolo della nota città della provincia di Terni, in Umbria, dall’altro rimane qualche perplessità per la mancanza di indicazioni precise del luogo di vendemmia delle uve: viene infatti indicata solamente il Comune in cui avrebbe sede la cantina Villa Carina Srl, ovvero a Boca, piccolo Comune in provincia di Novara che nulla a che fare con la Doc Orvieto.
A mio avviso si tratta peraltro di una bottiglia sovrapprezzata nella grande distribuzione. Quasi 6 euro (prezzo pieno) per un vino che si presenta piuttosto piatto, sia al naso sia al palato. Versato nel calice, in cui presenta un colore giallo paglierino scialbo, si riscontra qualche lontano sentore di nocciola, nonché di fiori di campo. Al palato risulta presto astringente e lievemente amarognolo nel finale, di buona lunghezza. Un vino che reggerebbe a stento il confronto con piatti di pesce, che si può però apprezzare se accostato a verdure cotte o torte di verdura.
La Doc Orvieto è balzata agli onori delle cronache nel 2014 tra quelle emergenti del panorama italiano, per quanto concerne le vendite nella grande distribuzione organizzata. Il disciplinare prevede l’utilizzo di Trebbiano Toscano e Grechetto (minimo 60%), e di altri uvaggi autoctoni non aromatici (non oltre il 40%).
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(3,5 / 5) Viene prodotto esclusivamente nelle province di Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari e l’origine del suo nome è storicamente contesa tra i monaci Camaldolesi, che la introdussero in Sardegna nel XI Secolo, e il periodo della dominazione spagnola, agli albori del 1500.
Che lo si voglia chiamare “Camalda” o “Uva Mora”, il vitigno Monica di Sardegna resta comunque tra i più antichi dell’isola, sviluppandosi sostanzialmente su tutto il territorio sardo.
Ecco al supermercato il Monica di Sardegna Doc Dolia, vendemmia 2013, delle cantine di Dolianova, in provincia di Cagliari.
Un acquisto azzeccato, soprattutto per il rapporto qualità-prezzo. Stiamo parlando di un rosso capace di reggere bene il confronto con le carni cotte al sangue, ma anche con pasta, pizza, risotti e formaggi di media stagionatura.
Di colore rosso rubino, tendente all’amaranto, presenta al naso sentori forti di ciliegia matura e more. Al palato è asciutto, sapido. Si riscontrano nuovamente ciliegia, mora e frutti di bosco (fragolina). Il finale è lievemente tannico, astringente. Unica pecca di questo Monica di Sardegna la persistenza.
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(4 / 5) E’ il prodotto di alta gamma dell’Azienda agricola Eredi Angelo Icardi, almeno tra quelli reperibili nella grande distribuzione organizzata. Pariliamo del Barolo, considerato (a buona ragione) il “re dei vini” italiani. Con il Barolo Icardi ci si avvicina al top della produzione vinicola del Piemonte (e in particolare della zona di Cuneo), che per ovvi motivi resta lontana dalle logiche dei supermercati. Una buona bottiglia, dunque, per cominciare a farsi un’idea delle caratteristiche uniche di questo vino, capace di fare proseliti in Italia e nel resto del mondo.
L’investimento – perché di questo penso di tratti – è di circa 20 euro, per l’annata 2010. Considerata la grande capacità di invecchiamento, si tratta quindi di un prodotto piuttosto giovane, che potrebbe (anzi dovrebbe) essere conservato in cantina almeno un altro anno, prima di essere consumato. Ovviamente in commercio si trova Barolo ben più “vecchio”, ma questo non è il caso della grande distribuzione organizzata, su cui si focalizza questo blog. Per la produzione viene utilizzato vitigno Nebbiolo al 100%, autoctono della zona delle Langhe divenuta nel 2014 patrimonio dell’Unesco, in particolare nel Comune di Castiglione Tinella.
Al naso, il Barolo dell’Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi svela comunque le caratteristiche note floreali di viola, seguite da sentori di piccoli frutti di bosco a bacca nera e dal finale, lungo, di spezie. Già nel calice, dove si presenta di un colore rosso granato, si intuisce la potenza di questa denominazione di origine controllata e garantita, davvero unica e pregiata. All’assaggio emerge una buona persistenza, resa ammaliante dalle note fruttate inziali (molto decise) e dal finale di pepe nero e liquirizia. Un ottimo abbinamento per il Barolo dell’Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi è quello con l’agnello o, comunque, con primi piatti a base di ragù di selvaggina (cinghiale, per esempio) e cacciagione in generale.
Prezzo pieno: 20 euro Acquistato presso: Il Gigante
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
(4 / 5)Compratelo per scherzo, o per scommessa. Fate voi. Finirete poi per prenderlo sul serio. E per trasformare l’acquisto di una semplice bottiglia di vino in un esperimento sensoriale. Prezzo del biglietto: poco più di quattro euro. E’ quello che basta per portarsi a casa da Esselunga un pezzo del sud della Francia, ovvero i canonici 750 millilitri di un sorprendente blend di Cabernet Sauvignon e Merlot: il Vignes de Nicole del Domaine Paul Mas, annata 2013, 14% vol.Un vino che si presenta molto bene già sullo scaffale. Solita etichetta vecchio stile, che pare un po’ ingiallita dal tempo, come quella di un altro prodotto recante l’indicazione geografica protetta francese Pays d’Oc, il Syrah commercializzato nella stessa catena di supermercati italiani sempre dai Domaine Paul Mas.
Ma è nel calice che dà il meglio di sé. Lo fa innanzitutto presentandosi di un rosso sanguineo, che lo fa sembrare quasi denso, se non fosse per i riflessi violacei. Al naso inizia la vera scoperta di un mondo fatto dall’incrocio di sensazioni contrastanti. Si avverte la ciliegia, poi l’amarena. Poi è il turno della mela matura, sino ad arrivare a sensuali note speziate. E’ l’estasi. Un mix calibrato, ma in crescendo, che invita a un assaggio rispettoso dei tempi di ogni differente sensazione giunta al naso. Un piccolo sorso è quanto basta per attivare le papille gustative e assaporare anche curiosissimi sentori di fragoline di bosco e lamponi.
Note fruttate ammalianti, che vengono accentuate nel finale speziato, che al contempo dona tono e corpo a questo vino, regale e sontuoso. Da abbinare con carni rosse, ma anche con l’etnico cinese o thai. Buon rapporto qualità prezzo? In questo caso, sarebbe troppo poco dirlo. Prezzo inadeguato all’alta qualità di questa bottiglia. Ma non ditelo in giro. Altrimenti non si potrà più raccontare che al supermercato non si può bere bene.
Prezzo pieno: 4,50 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(3 / 5) Nomi curiosi per questa accoppiata di vini che, secondo dati nazionali, sta scalando la classifica di gradimento ed è sempre più presente sulla tavola degli italiani. Passerina e Pecorino sono due vitigni autoctoni delle Marche, in particolare della zona del Piceno, entrambi a bacca bianca, che si trovano tuttavia anche in alcune zone dell’Abruzzo. La Passerina deve il suo nome al fatto che i passeri vanno ghiotti di quest’uva, particolarmente zuccherina e quindi molto gradita ai volatili. Il Pecorino, a discapito del nome, non ha nulla a che fare col noto formaggio. E’ piuttosto chiamato così in quanto un altro animale se ne ciba: le pecore, che nel periodo di transumanza spesso sostano nei pressi delle piante di uva della varietà Pecorino, razziandone le pregevoli bacche. Si tratta di due vini bianchi beverini e leggeri, che presentano tuttavia sostanziali differenze. Potrebbero essere considerati vini perfetti per un aperitivo, soprattutto nella stagione estiva. Ma se la Passerina è di più facile lettura, con le sue note molto fruttate e i sentori floreali ben ravvisabili al naso e all’assaggio, il Pecorino si mostra vino ben più complesso – oserei dire “strutturato”. Personalmente ho ravvisato addirittura note di nocciola nel finale, in grado di conferire un sapore molto più secco, deciso e caparbio, rispetto alla conterranea Passerina. Attenzione alla temperatura di servizio ottimale: 10 gradi. Entrambe le bottiglie degustate sono della casa vitivinicola Casalbordino, che produce una Passerina dei Colli Aprutini e un Pecorino Terre di Chieti, a indicazione geografica tipica, per l’annata 2013 (12,5 gradi).
Prezzo pieno: 5 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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(3 / 5) “Partirò. Diventerò un cantante. E quando tornerò, costruirò una cantina per dedicarla a te”. E’ una promessa mantenuta quella che il cantante Al Bano Carrisi fece al padre, prima di lasciare Cellino San Marco, paesino di 6 mila anime nel cuore del Salento, e dare avvio alla propria fulgida carriera, in Italia e nel mondo. Ma il cantante pugliese ha fatto di più. Il Negroamaro e il Primitivo delle Tenute Al Bano Carrisi hanno conquistato Milano. Sta infatti riscontrando un grande successo la promozione in corso in un superstore alle porte del capoluogo Lombardo, in cui le due bottiglie sono in vendita in promozione a 3,41 euro, da un prezzo pieno di 5,69 euro. Certamente a spingere le vendite concorre la curiosità con la quale i milanesi si sono accostati ai vini di Al Bano. Ma una volta a tavola, sia il Negramaro sia il Primitivo del cantante offrono buoni spunti. Tanto da poterli considerare una valida alternativa, considerato il rapporto qualità-prezzo (soprattutto in promozione) a prodotti di aziende vitivinicole più blasonate e “specializzate” nella produzione di casa Puglia.
“Quando ero bambino Don Carmelo, mio padre, mi portò alla vigna e mi insegnò a liberarla dalle erbacce. ‘Se dai alla terra, la terra ti dà’, mi diceva. Così – spiega il cantante sul sito Internet delle Tenute Carrisi – ho capito che prima ancora del vino, dalla vigna ti veniva un sorso di saggezza. Ho dedicato al ‘Mio Vecchio Saggio’ questo vino che mi aiuta a riscoprire il calore degli affetti ed il colore degli anni”.
Ma entriamo nel dettaglio delle due produzioni che hanno riscosso il gradimento dei milanesi. Si tratta innanzitutto di due Igp, indicazioni geografiche protette del Salento. Si Negroamaro sia Primitivo sono prodotti in purezza, utilizzando cioè uve del solo vitigno in questione. Esprimono, entrambe, una buona gradazione alcolica, 13,5 gradi, e una buona struttura e acidità complessiva. Il Primitivo, nel calice, si presenta di un rosso intenso, con riflessi violacei. Forti i sentori di piccoli frutti di bosco, mentre in bocca giungono nel finale, di buona lunghezza, anche cacao, liquirizia e cuoio, ammorbiditi dalla vaniglia. Un po’ meno strutturato e corposo il Negroamaro, dove si riscontrano i medesimi sentori di frutti di bosco e vaniglia. Per entrambi, ottimo l’abbinamento con piatti a base di carne rosse, compresa la selvaggina, ma limitatamente al Primitivo.
Prezzo pieno: 5,69 euro Acquistato presso: Il Gigante / Iper Coop
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(3,5 / 5) E dove non è vino, non è amore; né alcun diletto hanno i mortali”. Citazione importante quella riscontrabile sull’etichetta de L’Eremo 2012, della Fattoria il Palagio. La casa di Castel San Gimignano (Siena), spolvera “Le Baccanti” di Euripide per far presagire, a chi si avvicina a questa curiosa e ammaliante bottiglia, tutto il fascino di un rosso toscano Igt, molto diverso da quelli presenti solitamente sugli scaffali della grande distribuzione. Un rosso più impegnativo, innanzitutto. Più complesso. Ma soprattutto, più elegante e meglio strutturato. E il fatto che si ricorra a una citazione che arriva dritta ai nostri tempi dal V Secolo a.C., fa capire con quanta cura sia stato cullato L’Eremo, prima di presentarlo al pubblico (complesso) dei supermercati.
Di colore rosso rubino intenso, tendente al violaceo, si presenta inizialmente al naso come un vino discreto. Quasi timido. Affiorano poi sentori di fiori di campo e, solo alla fine, le spezie (pepe nero). Impressioni che, come spesso accade, vengono confermate all’assaggio. Iniziale delicatezza, che si esprime poi con una piena sapidità e asciuttezza; per poi aprirsi completamente in un lungo finale piacevolmente speziato, di buona struttura e di buon corpo, sostenuto dalla comparsa di frutti a bacca scura. Un vino, insomma, da apprezzare per la propria concretezza sul medio-lungo termine dell’assaggio. Perfetto l’abbinamento con una buona bistecca di scamone al sangue, nonché a tutto il mondo delle carni, senza disdegnare la cottura alla griglia e alla brace.
A renderlo tale è il mix perfetto, al 50%, tra uve Sangiovese e Cabernet Sauvignon. “Le due varietà – spiega la casa vinicola – sono raccolte e vinificate separatamente. Le uve, raccolte ad un ottimo stato di maturazione, vengono delicatamente pigiate. Il mosto subisce quindi un processo di macerazione a contatto con le bucce di 15-20 giorni per favorire l’estrazione di colore e altre sostanze polifenoliche. Al termine della fermentazione malolattica, parte del vino (20%), affina per 6 mesi in piccoli fusti di rovere francese”.
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(4 / 5) Non me ne vogliano i puristi. Ma l’annata 2013, in quei di Frescobaldi, regala più soddisfazioni con Rèmole piuttosto che col più rinomato Campone – Rosso di Montalcino. Parere del tutto personale, che si fonda soprattutto sul rapporto in termini di prezzo tra i due prodotti, attorno al 40 per cento.
Rèmole 2013 è una poesia. Un vino che si apre, fruttato (more e lamponi) e morbido, così come lo descrive sul proprio sito la stessa Frescobaldi, ma che lascia il segno definitivo con la propria unica intensità. Caratteristiche che si mescolano alla perfezione, in un concerto armonioso, delicato e indimenticabile. Perfetto l’abbinamento con carni rosse, che ne esaltano il retrogusto speziato (pepe e anice su tutte).
Ma Remole (mix di Sangiovese con un 15% di Cabernet Sauvignon) inizia a conquistare già nel calice, col suo rosso intenso, porpora. Che ne fa presagire l’eleganza e la persistenza.
Come “elegante”, del resto, è la zona stessa di produzione: quella Villa di Remole che da 700 anni è la culla delle tradizioni vinicola di Frescobaldi, nel cuore pulsante della splendida Toscana.
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Paul Mas Reserve, Syrah Pays d’Oc 2013. Mi ha incuriosito questa bottiglia, acquistata in promozione a un prezzo davvero accattivante. Un Syrah francese, dunque, ben presentato in una bottiglia ‘vecchio stile’. L’assaggio è avvenuto durante una cena a base di carne rossa, col preciso obiettivo di confrontare la produzione francofona del noto uvaggio, con quella tutta italiana, più precisamente siciliana (Settesoli, per citare una casa vinicola presente sugli scaffali della grande distribuzione). Il risultato? Luci offuscate da una pesante ombra. Tra le note positive, va sicuramente citata la discreta struttura, sostenuta dai 13,5 gradi che fanno capolino, ma senza affatto infastidire.
Altra nota di merito, la lunghezza. Il Paul Mas Reserve Syrah Igp è un vino che inizia morbido, caldo, sapido, per chiudersi sbocciando tra note di ribes e viola in un finale di pepe (più verde che nero) e legno. Ma ecco la nota negativa. Ovvero quell’eccessiva “dolcezza” che lascia al palato come ultimo ‘ricordo’, già riscontrabile al naso. Un aspetto che – almeno secondo il mio gusto – rovina tutto il quadro dipinto in precedenza. In ogni caso, bottiglia dal rapporto qualità-prezzo decisamente buono. Aggiungerei infine qualche nota di carattere “geografico”.
E’ noto ai conoscitori del vitigno Syrah come la sua origine sia controversa. C’è chi sostiene addirittura che provenga dall’Iran, chi dalla Sicilia, chi dalla Francia. Sull’etichetta di questa bottiglia francese, il dubbio viene apparentemente svelato, ovviamente a favore dei nostri vicini d’Oltralpe. Il Syrah “proviene dalla regione Pays d’Oc, a sud della Francia”. “Gli sorride il Mediterraneo – si legge ancora – su una fascia territoriale estesa dal mare fino ai piedi delle colline, tra la valle del Rodano e i Pirenei”. I ‘cugini’ non si smentiscono mai.
Prezzo pieno: 4,50 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(3,5 / 5) Vino caldo, equilibrato e pieno, il Rosso di Montalcino Campone Frescobaldi. Ottima espressione del territorio toscano, dove si ritrova a “competere” con nomi del calibro del Chianti. Di colore rosso rubino vivace, si presenta ampio al naso, con sentori di frutti rossi e decisi richiami al legno. Impressione confermata al gusto. All’inizio le note fruttate di mora e ciliegia, che di lì a poco lasciano spazio a un corpo molto ben sostenuto e, soprattutto, acido e sapido al punto giusto.
Per poi sprigionare nel finale un incendio di spezie (pepe) e cannella, che esaltano il retrogusto “legnoso” del Montalcino, affinato in botti di rovere di Slavonia per circa un anno, e che richiamano il cuoio. Una denominazione di origine controllata che esalta i vigneti toscani di Sangiovese, in particolare quelli della tenuta Castel Giocondo. Ottimo l’abbinamento alle carni alla griglia o alla piastra, a mio avviso sia bianche sia rosse, in quest’ultimo caso al sangue. Tredici e mezzo il volume alcolico.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) E’ uno dei vini che rendono grande l’Italia nel mondo. Un vino bianco inconfondibile, deciso, particolare. Unico. E’ il Fiano di Avellino, una delle denominazioni di origine controllata e garantita della Campania, e più precisamente dell’Irpinia.
La bottiglia in questione è di Borgo San Michele, vendemmia 2013. Si presenta di colore giallo paglierino, piuttosto intenso, con riflessi verdognoli. Immediate giungono al naso inconfondibili note fruttate, che gli conferiscono un’invidiabile freschezza. Si intuisce subito come si tratti di un vino “importante”. Il gusto conferma le aspettative. Anzi, sorprende per la propria unicità. Note di nocciola e mandorla, che regalano sapidità e acidità ben bilanciata con sentori finali di pera, arancia e limone. Nel finale persiste un’intrigante amarezza.
Il Fiano di Avellino di Borgo San Michele è un vino lungo, molto ben equilibrato, da abbinare con piatti di pesce (ottimo per esempio col branzino al sale), ma anche con crostacei, molluschi e zuppe di pesce.
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(3 / 5) Tra le molte varietà di Pinot Grigio presenti sugli scaffali dei supermercati italiani, quello di Cavit è certamente un classico. Un modo per andare sul sicuro. La linea è quella dei Mastri Vernacoli, che tra le cantine della società cooperativa di viticoltori trentini è in grado di offrire altri “pezzi” pregiati e altrettanto “classici”, come il Gewurztraminer.
Il Pinot Grigio Trentino Doc Mastri Vernacoli in questione è dell’annata 2014. Un vino giovanissimo, dunque, che conserva tutto l’aroma tipico del genere. Una volta stappato e versato nel calice, a una temperatura consigliata tra i 10 e i 12 gradi, si sprigionano da un chiaro giallo paglierino sentori nettissimi di pera, pesca e limone. Gli stessi che si ritrovano al gusto, tra le vivide note floreali.
Perfetto l’abbinamento con piatti di pesce e minestre. Sorprendente come il corpo di questa bottiglia riesca a “completare” alla perfezione un semplice piatto di cozze, in guazzetto d’alici e capperi.
Un mixaggio sapiente di uve provenienti dai terreni di Roveré della Luna, lungo il fiume Adige, con altri di Vallagarina (2) e della Valle dei Laghi (6), dal Comune di Terlago alla zona del basso fiume Sarca.
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(4 / 5) Non ha bisogno di presentazioni il Nebbiolo D’Alba DOC di Giacosa Leone & Figli. Si tratta di una delle migliori bottiglie di Nebbiolo reperibili tra le corsie dei supermercati italiani. Nonché uno dei vini più amati, che hanno reso celebre l’Italia nel mondo. Basti pensare che dalla stessa uva Nebbiolo, nelle Langhe del Piemonte, nasce un “mostro sacro” come il Barolo. Giacosa di fatto è tra i più fulgidi esempi di come si possa produrre vini di ottima qualità e decidere di commercializzarli nella grande distribuzione. Con i suoi 13,5 gradi, il Nebbiolo D’Alba in questione (annata 2013) si eleva ad accompagnamento perfetto per piatti di carne rossa, arrosti, selvaggina nobile e formaggi stagionati. Nel calice si presenta del classico colore rosso rubino acceso, tipico del Nebbiolo “giovane”, che col tempo tende invece ad assumere tinte granate. Il profumo è pieno ma delicato. I tannini sono avvertibili ma non spigolosi, il sapore è asciutto, ampio, buona la lunghezza. Un vino, in definitiva, elegante.
Prezzo pieno: 7,19 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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(4 / 5) Colpisce, sugli scaffali del supermercato, questa bottiglia dell’ottima casa vinicola Cantina due Palme. Sull’etichetta, la rappresentazione di un asino: il “susumaniello”, come viene chiamato in Puglia questo animale. Un vino del Salento carico, energico e deciso, come gli asinelli in età giovanile. E cariche di frutti risultano anche le piante di uva Susumaniello nei loro primi 10 anni di vita, per poi calare in termini di produttività, col passare dei giorni e delle vendemmie.
Da queste ottime premesse, non può che nascere un rosso capace di bilanciare alla perfezione un carattere forte e la giusta percentuale di zuccheri. Il Serre Susumaniello Salento Igp – premiato tra l’altro a Verona al Vinitaly 2014 – è un vino importante, da abbinare a piatti di carne ma anche a formaggi stagionati. Appena versato (colore rosso rubino con riflessi viola scuro), si sprigiona un mix di profumi che ne lasciano presagire l’ampiezza al gusto.
Sentori di confettura di frutti rossi che lasciano grande spazio all’amarena, perfettamente bilanciati con l’ottima mineralità, con finale lungo e speziato. Da provare. Soprattutto se già si è apprezzato un altro ottimo vino pugliese acquistabile al supermercato, come il Negramaro Primitivo Mandorla, col quale risulta avere parecchi tratti in comune, parendo la naturale e nobile elevazione dei sapori del vino classico di Puglia.
Prezzo pieno: 11,20 euro
Acquistato presso: Il Gigante / Esselunga
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(3 / 5) E’ dal blend di uve Rubicone IGT Trebbiano e Chardonnay che prende vita il Nespolino bianco, creazione dell’enologo Scipione Giuliani, per Poderi dal Nespoli 1929. Il primo consiglio, per chi decide di acquistare questa bottiglia al supermercato, è di consumarla rigorosamente a 12-14 gradi. A differenza di altri bianchi, infatti, un raffreddamento eccessivo non consente al palato di leggere tutte le sfumature presenti. Sfumature che, al gusto, vanno dalla pera alla pesca e ai frutti esotici, con sentori particolari di arachidi e punte di fragola acerba nel finale, in cui si schiude un leggero velo di spezie, come il pepe e lo zenzero, esaltate dalle tenui “bollicine” iniziali. Il Nespolino bianco si adatta ai crostacei ed esalta, per esempio, la delicatezza di un piatto d’astice in crema di zucca. Vino di 12 gradi e di facile beva che vale la pena di provare tra quelli provenienti dall’Emilia Romagna.
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(2,5 / 5) Non il migliore tra i Pinot nero presenti nella grande distribuzione, quello della cantina LaVis presenta comunque alcuni tratti che lo rendono decisamente un buon vino. Tannini delicati, corpo medio, eppure grande ampiezza di sapori e sfumature che vanno dai più comuni frutti rossi (lampone) al pepe, menta, zenzero e prugna, avvolti in dodici gradi e mezzo che si avvertono a malapena. Mentre in bocca sembra di assaporare seta.
Prezzo pieno: 7,29 euro
Acquistato presso: Il Gigante
(2,5 / 5) Non il migliore tra i Pinot nero presenti nella grande distribuzione, quello della cantina LaVis presenta comunque alcuni tratti che lo rendono decisamente un buon vino. Tannini delicati, corpo medio, eppure grande ampiezza di sapori e sfumature che vanno dai più comuni frutti rossi (lampone) al pepe, menta, zenzero e prugna, avvolti in dodici gradi e mezzo che si avvertono a malapena. Mentre in bocca sembra di assaporare seta.
Prezzo pieno: 7,29 euro
Acquistato presso: Il Gigante
(2,5 / 5) Non il migliore tra i Pinot nero presenti nella grande distribuzione, quello della cantina LaVis presenta comunque alcuni tratti che lo rendono decisamente un buon vino. Tannini delicati, corpo medio, eppure grande ampiezza di sapori e sfumature che vanno dai più comuni frutti rossi (lampone) al pepe, menta, zenzero e prugna, avvolti in dodici gradi e mezzo che si avvertono a malapena. Mentre in bocca sembra di assaporare seta.
Prezzo pieno: 7,29 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(3 / 5) Per produrre questo vino, l’ottima azienda vinicola Sartori attinge a piene mani dal proprio territorio. E’ della zona collinare che si estende dal lago di Garda a Verona che provengono le uve Trebbiano (35%), Garganega (35%), Fernanda (20%) e Tocai Friulano (10%) dal cui “mix” risulta la denominazione di origine controllata Custoza.
Ecco un vino che si abbina perfettamente a piatti di pesce anche importanti, mantenendo con classe la propria buona struttura e aromaticità (12 gradi).
Perfetto anche con i primi, specie se arricchiti con verdure saporite (provatelo – incredibilmente perfetto – accostato a una pasta con le cime di rapa in salsa d’acciughe), o come fresco aperitivo di livello.
Del tipico colore giallo paglierino, Custoza Sartori va servito rigorosamente a non più di 10 gradi.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Asiotus, “vino rosso enigmatico”. Non si può che avvicinarsi con curiosità a questa bottiglia, introvabile in altri supermercati italiani, se non nella catena Il Gigante. Una curiosità che viene ripagata, approfondendo “da vicino”, ovvero nel miglior calice, la conoscenza con questo blend tra uve Cabernet, Merlot e Shiraz (Syrah). Del Cabernet la classe, del Merlot e della Shiraz la delicatezza. E il fascino al palato. Caratteristiche che rendono Asiotus un vino di assoluto valore. Per lo meno unico nel suo genere (produce qualcosa di simile anche l’ottima Tenuta Polvaro col suo Polvaro Nero, che addiziona al blend anche un 8% di Refosco). Di colore rosso intenso, Asiotus raccoglie in sé, amabilmente, le note speziate e il carattere dei migliori vini. Ne scaturisce un rosso di 13 gradi complesso, anche negli abbinamenti. Le note dolciastre che emergono dopo i sentori di pepe, zenzero e cannella sconsigliano l’accostamento a piatti di carne rossa, specie se non ben cotta. Delizioso e delicato, invece, l’abbinamento a piatti di carne bianca, ben insaporita. La scommessa vinta? Abbinarlo al dolce, in modo particolare se arricchito con creme a base di latte e uova. Asio Otus è il nome latino del gufo, ben raffigurato – con un gioco accattivante di colori e riflessi – sull’etichetta portante. Enigma, carattere, saggezza. Sapienza. Per un vino che sa davvero come sorprendere.
Prezzo pieno: 6,65 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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(4 / 5) Dal sapore più “deciso” rispetto ad altri, il Cirò bianco DOP Senatore è sicuramente uno dei migliori prodotti made in Calabria distribuiti sugli scaffali dei supermercati italiani. L’accurata selezione delle uve dal vitigno Greco viene effettuata direttamente a Cirò, in provincia di Crotone, in località Corfù novu e San Lorenzo. Profumi e sapori ricordano chiaramente la terra d’origine, di natura sia argillosa sia calcarea. Ne risulta un gusto pieno, asciutto. Tendente nel finale all’aspro. Ottimo con piatti a base di pesce e crostacei ma anche con carni bianche, a una temperatura di servizio di 10-12 gradi. Dodici e mezzo, invece, il grado alcolico.Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
(2,5 / 5) Non avere troppe aspettative. Solo con questa premessa ci si può accostare al Chianti Superiore de La Pieve, Borgo Ser Ristoro. Del miglior Chianti manca innanzitutto il carattere, nonché il corpo che contraddistingue praticamente l’intera produzione di vini in Toscana. Le percentuali di utilizzo di uve Sangiovese e di altri uvaggi non vengono indicate in etichetta. Eccessivo il prezzo d’acquisto per una bottiglia che sembra lontana parente della nota Denominazione di origine controllata e garantita. Parere che vale almeno per l’annata 2012, testata oggi. Tredici gradi, colore rosso rubino, profumo delicato e armonioso. Caratteristiche riscontrabili anche al gusto. Un Chianti “leggero”, dunque. Accostabile ai consueti piatti di carne della tradizione toscana e non solo. Ma senza sognare troppo.
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(3 / 5) Insolia, “un vino da amare a ogni sorso”. Francesco Zonin ci mette la firma (e così anche la faccia) su questa bottiglia di costo modesto, ma di buon livello. Uno degli esempi più fulgidi dell’ormai ottimo standard qualitativo raggiunto dai vini italiani nei supermercati e nella grande distribuzione organizzata. I suoi 12 gradi e la sua facilità di beva lo rendono un perfetto accompagnamento per antipasti a base di pesce e crostacei. Dunque un vino giovane, fermo e leggero, ma in grado di non sfigurare se accostato a primi piatti di riso e secondi a base di verdure.
Prezzo pieno: 3,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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