PORDENONE – Si sposta in Friuli Venezia Giulia la nostra inchiesta sul Prosecco brasiliano e, più in generale, sul fenomeno del “falso Prosecco“. Sono proprio le autorità brasiliane a offrirci l’assist. Nell’intervista esclusiva rilasciata dall’Ibravin a WineMag.it, la referente legale Kelly Bruch segnala un elemento clamoroso.
Un fattore che gioca, per certi versi, a favore della proliferazione del “Prosecco” in Brasile e della fermezza del governo “carioca” nella difesa dei produttori locali. Sul catalogo di Rauscedo, il più grande complesso vivaistico-viticolo del mondo, la Glera non appare.
Continuano invece ad essere menzionati il “Prosecco” e il “Prosecco lungo”. Eppure risale a marzo 2009 il decreto ministeriale col quale è stato modificato il registro nazionale delle varietà di vite, in Italia.
In particolare, è stato riconosciuto il sinonimo “Glera” per la varieta’ di vite “Prosecco” ed il sinonimo “Glera lunga” per la varieta’ di vite “Prosecco lungo”. Perché i Vivai cooperativi Rauscedo non hanno aggiornato il proprio catalogo? La domanda appare per certi versi retorica. Specie se si considera la credibilità dell’interlocutore.
Parlano chiaro i numeri di Rauscedo: la produzione annuale di barbatelle innestate di Rauscedo è pari ad oltre 80 milioni di unità. Ed è ormai indiscutibile il ruolo internazionale che ha saputo costruirsi la cooperativa friulana, in quasi un secolo di attività.
Eppure, oltre alla Glera che non è stata “aggiornata” a Prosecco, sui cataloghi Rauscedo figura ancora il “Tocai”, la cui menzione è stata modificata dal Ministero due anni prima, nel 2007.
Poco da aggiungere, dunque, alla risposta rilasciata a WineMag da Monique Truant, referente di Vivai Rauscedo.
“I cloni di Prosecco citati e presenti in catalogo – evidenzia la rappresentante della cooperativa friulana – sono entrati nella procedura di selezione clonale e molti di essi omologati prima che entrasse in vigore l’obbligo di ri-denominare il vitigno con la denominazione varietale ‘Glera’. Per questo motivo le schede varietali a catalogo sono state inizialmente pubblicate con la dicitura Prosecco”
Avremo cura di aggiornare tutta la nomenclatura all’atto della pubblicazione del prossimo catalogo”
“Poiché i provvedimenti legislativi di modifica alle denominazioni interessano diverse varietà e si susseguono con una certa frequenza nel corso del tempo, diventerebbe per noi estremamente dispendioso dover ripubblicare un nuovo catalogo ogniqualvolta venga introdotta una modifica di nomenclatura ufficiale”.
Questione di costi e di organizzazione, dunque? Così sembra. “Facciamo comunque presente che dall’entrata in vigore del cambio di denominazione da Prosecco a Glera – precisa la referente di Rauscedo – le nostre barbatelle sono state sempre commercializzate con il nome di Glera e accompagnate da documenti di vendita e etichette ufficiali riportanti tale ultima denominazione”.
“Relativamente alle esigue quantità di barbatelle di questa cultivar vendute in passato alla nostra clientela brasiliana, – conclude Monique Truant – ci siamo sempre attenuti ad utilizzare la denominazione varietale autorizzata in base alla normativa vigente negli anni in cui le barbatelle sono state fornite”.
Sintetizzando, dunque: nome sbagliato sullo “scaffale” dove si acquista “Prosecco” (ovvero sul catalogo Rauscedo) ma nome corretto sullo “scontrino fiscale”, dove appare la dicitura “Glera”. Perché c’è carta e carta. Priorità e priorità. E in Brasile, nel frattempo, si balla la samba.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il “Prosecco” brasiliano si può fare. Punto. Si può scrivere in etichetta. E si può commercializzare, come del resto avviene anche fuori dai confini del Brasile. “That is”. Così è, se vi pare. E se non vi pare fatevene una ragione, pare sostenere l’Ibravin, l’Instituto Brasileiro do Vinho interpellato in esclusiva da WineMag.
A concedere l’intervista – la prima a una testata giornalistica italiana – è Kelly Bruch, consulente legale dell’organismo che riunisce la rappresentanza del settore del vino brasiliano, riconosciuto dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) come “responsabile per le aziende vinicole brasiliane nel mondo”.
Bruch spiega nel dettaglio qualcosa di ormai assodato, ma che da noi non si dice: le richieste dell’Italia, attraverso Unione italiana vini (Uiv), Coldiretti e Ue, per citarne solo alcuni, fanno il solletico a Brasilia.
Il Paese sudamericano vince facile, grazie a una legislazione interna che avalla l’utilizzo del termine, ma soprattutto a una serie di norme internazionali che mettono in dubbio le capacità del Belpaese di tutelare i propri “brand” in sede politica.
A incoronare la spumantistica brasileira, del resto, sono sempre più concorsi internazionali.
Nel 2018 sono stati 302 i riconoscimenti ricevuti dai vini brasiliani da parte della critica mondiale. Ben 210 riguardano la categoria “spumanti”. A renderlo noto è l’Associação Brasileira de Enologia (Abe), corrispettivo “carioca” della nostra Assoenologi.
Altro dato indicativo: il prezzo medio del Prosecco brasiliano si aggira sul web tra i 70 e 120 Real: 15/27 euro. Con i nostri “base” costretti spesso a rincorrere, giocando a un ribasso fino a 50 Real (fonte: e-commerce Wine.Com.Br e Brasil Bons Vinhos) che mette in dubbio il senso stesso dell’export in Brasile.
Chissà che non convenga, allora, estendere la Doc Prosecco anche alla Sicilia, regione dove la Glera è diventata il vitigno non autoctono più allevato, come dimostrato nei mesi scorsi dall’inchiesta pubblicata sull’altra testata del nostro network, vinialsupermercato.it. Almeno, così, giocheremmo in casa. A carte scoperte.
Kelly Bruch, cosa afferma la legislazione brasiliana in merito alla produzione di Glera/Prosecco?
Il nome “Prosecco” è riconosciuto come varietà di uva fin dai tempi dei romani. È un’uva bianca proveniente dall’Italia nord-orientale, ma coltivata in diverse regioni del mondo. In Brasile questo nome viene utilizzato per identificare i prodotti varietali, proprio come con altre varietà: “Cabernet Sauvignon”, “Chardonnay”, “Merlot”, “Moscato” ecc. Questi nomi di varietà sono conosciuti in tutto il mondo, tanto che una delle più grandi cooperative produttrici di semi in Italia, VCR – Vivai Cooperativi Rauscedo, lo vende ancora oggi con lo stesso nome.
Secondo la legge brasiliana, la varietà di Prosecco è stata riconosciuta almeno dagli anni ’70. Questo può essere verificato con l’ordine ministeriale dell’agricoltura n. 1012 del 17 novembre 1978, poi modificato dall’ordinanza n. 270 del 17 dicembre 1988, entrambi in vigore, che riconoscono la varietà del Prosecco come una varietà del Gruppo II Bianco per Vitis vinifera superiore. Nel registro delle cultivar, la varietà di Prosecco è iscritta al Registro nazionale delle cultivar.
Inoltre, l’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio – TRIPS, firmato dal Brasile prima dell’Organizzazione mondiale del commercio e internalizzato attraverso il decreto presidenziale n. 1355/1994 – nel disciplinare relativo alle Indicazioni geografiche, determina all’articolo 24, punto 6, che:
Nessuna disposizione della presente sezione obbliga un membro ad applicare le sue disposizioni a un’indicazione geografica di altri membri relativi a prodotti vitivinicoli per i quali l’indicazione pertinente coincide con la denominazione usuale di una varietà di uva esistente nel territorio di tale membro alla data di entrata in vigore dell’accordo che istituisce l’OMC.
In altri termini, non vi è alcun obbligo legale che imponga ai brasiliani il dovere di astenersi dall’utilizzare la denominazione della varietà di Prosecco nei vini spumanti nel loro territorio nazionale, o di riconoscere questa indicazione geografica in Brasile.
L’Australia, nel 2013, ha negato il riconoscimento del Prosecco nel suo territorio. Ma in questo Paese lo spumante brasiliano della varietà Prosecco può essere commercializzato liberamente. Anche negli Stati Uniti il Prosecco è riconosciuto come vitigno, oltre che in Cile e in numerosi Paesi produttori di vino.
Nel contesto dei negoziati Mercosur, l’Ue ha chiesto il riconoscimento in Brasile del Prosecco come Indicazione geografica. Nel periodo di opposizione, il settore del vino brasiliano ha presentato opposizione a tale richiesta. Per quanto riguarda la Glera, non conosciamo questa denominazione.
Quanto “Prosecco” c’è in Brasile?
Secondo il Cadastro Vitícola, ovvero il catasto viticolo, lo stato del Rio Grande do Sul ha circa 275 proprietà con uve della varietà Prosecco, per un totale di 172,7 ettari vitati. Negli ultimi vent’anni, quest’area è cresciuta di sette volte. Nel 2018 sono stati trasformati 3,1 milioni di litri di vino con varietà di Prosecco. Secondo i dati ufficiali, attualmente, il 18,5% degli spumanti brasiliani contiene Prosecco.
Questa è una grande varietà, dal momento che la sua produzione è stata, ad esempio, 3.030.347 kg di uva nel 2014 e 3.319.779 nel 2015. Nel 2016 c’è stato un calo del raccolto di tutte le uve (attorno al 70% della produzione) e le statistiche 2017 non sono ancora disponibili.
Questa varietà rappresenta in Brasile oltre 3 milioni di Real (circa 675 mila euro) solo per l’acquisto di uva dal produttore rurale, che rappresenta oltre 90 milioni di Real (20,2 milioni di euro) l’anno in commercializzazione, se si considera la quantità di vini spumanti prodotti con questa varietà.
Qual è la posizione delle autorità brasiliane in merito alla presa di posizione dell’Italia e dell’Ue?
Il 1 ° agosto 2009, l’Unione europea ha riconosciuto la denominazione d’origine protetta (Dop) del Prosecco per i vini. Il termine Prosecco è stato utilizzato per designare una varietà di uva bianca della specie Vitis vinifera, con caratteristiche che lo rendono adatto alla produzione di un ottimo spumante, che si è adattato molto bene nella Serra Gaúcha. Oggi, un gran numero di aziende vinicole hanno vini spumanti fatti da questa varietà.
Il regolamento 606/2009 ha riconosciuto questo vitigno nell’Ue, prima della sua modifica (regolamento 1166/2009), che ha trasformato il Prosecco in Glera. Anche nell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) è chiaro che questo nome si riferisce a una varietà in sette Paesi, tra cui il Brasile.
Nell’analizzare la “Lista internazionale delle varietà di uva e dei loro sinonimi”, pubblicata dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, edizione 2013, pagina 136, ci sono 6 occorrenze di Prosecco, contenenti sinonimi come Proseco, Prošek, Teran bijeli e Glera.
Persino la Croazia, quando entrò nell’Unione Europea, ebbe lo stesso problema quando il governo italiano cercò di impedire loro di usare l’espressione millenaria Prošek per un vino bianco dolce fatto con uva prodotta nella regione della Dalmazia, nella costa orientale della Croazia: un vino noto sin dal 305 A.C., quando quest’area apparteneva all’impero romano.
Tutto questo perché l’Unione Europea è arrivata a riconoscere il Prosecco come Denominazione d’Origine Protetta dal 1 ° agosto 2009. Ciò è confermato dall’emendamento di tutta la legislazione dell’Unione Europea mediante il Regolamento n. 1166/2009, del 30 novembre.
Secondo i dati ottenuti dal sito ufficiale del blocco regionale, almeno dal 1979 esistono registrazioni riguardanti l’organizzazione del mercato del vino che menziona il Prosecco come una varietà per la produzione di vini spumanti aromatici.
In questo modo, improvvisamente, il Prosecco viene chiamato Glera per gli europei, che desiderano che accada all’istante nello stesso modo per il mondo intero. Ma la stessa Ue aveva già riconosciuto il Prosecco come varietà.
In Brasile, questa varietà è stata a lungo riconosciuta come tale, come già detto. Pertanto, il Prosecco è chiaramente trattato in Brasile come varietà di uva, tipica per la produzione di vini spumanti.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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