Buttare il cuore oltre all’ostacolo. E scrivere la storia nuova di uno dei vini più antichi d’Italia. Con questo spirito potrebbe nascere l’Orvieto Doc Riserva. Una nuova tipologia, al momento non prevista dal disciplinare, con un minimo di 3 anni di affinamento e una quota percentuale preponderante di Procanico e Grechetto, nell’uvaggio. A parlarne con winemag.it è Vincenzo Cecci, presidente del Consorzio Tutela Vini di Orvieto. «La discussione sul tema “Orvieto Doc Riserva” è aperta da qualche tempo fra i produttori – dichiara l’esponente di Cantine Monrubio – e abbiamo intenzione di iniziare a muovere i primi passi fin da subito, inserendo il tema all’ordine del giorno delle prossime assemblee consortili. Avremo bisogno di tempo per renderlo concreto, ma abbiamo la ferma volontà di portarlo a compimento entro brevissimo».
A dare ulteriore slancio al progetto sono i risultati della masterclass dedicata alla longevità dell’Orvieto Doc, andata in scena questa mattina nei locali della chiesa di San Giovenale, nel cuore della cittadina dell’Umbria. «Si è trattato di una degustazione storica per la nostra denominazione – sottolinea Vincenzo Cecci – in quanto mai prima avevamo raccolto 13 annate, andando indietro sino alla 2010. I riscontri ci portano ad avere ancora più convinzione e certezza di procedere nella direzione dell’Orvieto Doc Riserva». Favorevole all’ipotesi anche Riccardo Cotarella, moderatore della degustazione e tra i relatori del programma di iniziative inserite nell’ambito della manifestazione Orvieto Divino 2023. «Puntare sulla Riserva è un dovere morale per Orvieto», ha commentato il presidente di Assoenologi.
«GIOVANI E CONSAPEVOLEZZA» PER L’ORVIETO DOC RISERVA
Stiamo vivendo un momento particolarmente positivo in Consorzio – ammette Vincenzo Cecci (nella foto, sopra) – con la consapevolezza che sia giunta l’ora di fare cambiamenti importanti. Ci sono molti giovani che vogliono creare una massa critica pesante e condividere questi progetti di rinnovamento. Sono fiducioso che, a breve, riusciremo a superare gli ultimi ostacoli, iniziando il purtroppo lungo percorso burocratico che ci attende».
Indubbi i riflessi (positivi) che la nuova tipologia potrebbe apportare all’intero tessuto produttivo orvietano. Una denominazione che produce circa 11 milioni di bottiglie all’anno, su un totale di 1.200 ettari rivendicati Doc (su 2 mila potenziali). L’Orvieto è ben noto in tutta Italia grazie alla sua capillare distribuzione nei supermercati e nei discount, dove è spesso oggetto di promozioni piuttosto aggressive. L’istituzione di una Riserva potrebbe alzare l’asticella di tutta la piramide qualitativa orvietana e costituire un nuovo elemento d’appeal per l’export, che al momento assorbe il 65% della produzione. Il mercato principale d’esportazione sono gli Usa, seguiti da Canada, Germania e Uk.
UVE E PERCENTUALI DELLA NUOVA TIPOLOGIA
Più delicato il tema della base ampelografica della nuova tipologia Orvieto Doc Riserva. «Sono convinto – spiega il presidente Cecci – che i territori caratterizzino i vitigni. Noi ormai abbiamo l’esperienza per capire quali siano i vitigni non considerati locali che si adattano in maniera particolare al nostro territorio e sono ben affrancabili ai nostri Procanico e Grechetto, in modo tale da migliorare questa importante base. L’Orvieto Doc prevede un minimo del 60% dei due vitigni locali. Con la Riserva potremmo certamente aumentare questa quota, sulla base di uno studio dei vari suoli e della necessità di raggiungere un equilibrio dei singoli vitigni nel vino finale».
Quanto ai prezzi, ammonisce il presidente del Consorzio, «un buon Orvieto non dovrebbe mai costare sotto i 5 euro in cantina». Il prezzo delle uve si aggira attorno ai 60-65 euro al quintale. In calo il valore dei terreni rispetto agli anni, scesi da 60 mila ai 38-40 mila euro all’ettaro degli ultimi anni, sempre secondo i dati forniti dal Consorzio Tutela Vini. «Questo – chiosa Cecci – è un altro elemento sul quale dobbiamo lavorare, dando nuova linfa soprattutto sul fronte della comunicazione. Lo sforzo che dobbiamo fare è quello di raccontare le punte di qualità che possono raggiungere i nostri vini, ma anche la bellezza di tutto il patrimonio storico-culturale della nostra zona. Siamo fiduciosi».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.