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Aperte le candidature per i Roma Bar Show Awards 2025


Tornano i Roma Bar Show Awards, il più prestigioso riconoscimento dell’industria italiana del bere. Sono ufficialmente aperte le candidature per la terza edizione del premio promosso dagli organizzatori del Roma Bar Show, la manifestazione di riferimento per il mondo del bar e del beverage, in programma il 26 e 27 maggio 2025 al Palazzo dei Congressi dell’Eur. https://romabarshow.com/

ROMA BAR SHOW AWARDS: SETTE CATEGORIE DI ECCELLENZA DELL’HOSPITALITY

Con un focus su eccellenza e innovazione, i Roma Bar Show Awards 2025 vogliono premiare il meglio della scena bar italiana. Sette le categorie in gara:

  • Best Italian Cocktail Bar
  • Best Italian Bartender
  • Best Italian New Cocktail Bar
  • Best Italian Hotel Bar
  • Best Italian Food Program
  • Best Social Media Presence
  • Best Caffè & Bar Storici, novità assoluta di quest’edizione

A queste si aggiunge l’atteso Premio alla Carriera, conferito a una figura iconica del settore, in un simbolico passaggio del testimone tra generazioni.

ISCRIZIONI ONLINE ENTRO L’11 APRILE 2025

La partecipazione al concorso è gratuita. I primi tre classificati di ogni categoria accederanno alla finalissima di lunedì 26 maggio, sul palco dell’Auditorium del Palazzo dei Congressi. Le candidature sono aperte dal 10 marzo e si possono inviare esclusivamente tramite il sito ufficiale del Roma Bar Show, compilando l’apposito form all’indirizzo: https://romabarshow.com/rbs-awards-2024/. Il termine ultimo per l’invio è fissato alle 23:59 dell’11 aprile 2025.

I VINCITORI 2024 PROTAGONISTI ALL’INDIA COCKTAIL WEEK

I Roma Bar Show Awards si confermano anche una piattaforma di visibilità internazionale per i professionisti del settore. Lo dimostra la partecipazione all’India Cocktail Week, una delle principali fiere mondiali del beverage, che ha visto protagonisti tre dei vincitori della scorsa edizione. A dicembre, Andrea Arcaini ha portato lo stile del Rita Cocktails di Milano (Best Cocktail Bar Awards 2024) a Mumbai. L’1 e 2 febbraio è stata la volta di Dario Tortorella de L’Antiquario di Napoli (Best Bartender Awards 2024) a Bangalore. Infine, il 22 e 23 febbraio, Nite Kong (Best New Cocktail Bar Awards 2024) ha rappresentato l’Italia a New Delhi.

ROMA BAR SHOW 2025: NASCE IL BUYERS PROGRAM INTERNAZIONALE

In linea con una visione sempre più globale e connessa, il Roma Bar Show lancia – in collaborazione con ICE – Agenzia e Fiere di Parma – il primo Buyers Program internazionale. Un’iniziativa strategica che punta a creare connessioni di valore tra aziende italiane, buyer, importatori e decision-maker del settore on-trade a livello mondiale. L’obiettivo è duplice: favorire nuove partnership e consolidare la presenza dell’eccellenza italiana nei mercati esteri. Una vetrina unica per i professionisti del beverage made in Italy, che potranno così accrescere la visibilità del proprio brand e aprirsi a nuove opportunità commerciali globali.

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Aristos Zero Pas Dosé è il primo Metodo classico della Valle Isarco


È prodotto con uve Sylvaner il rpimo Metodo classico della Valle Isarco. La novità della subregione da scoprire dell’Alto Adige è firmata Cantina Valle Isarco, la più giovane realtà cooperativa vinicola regionale, da sempre votata alla valorizzazione dei vitigni a bacca bianca Kerner e Sylvaner. In questo solco si inserisce l’ultimo arrivato, Aristos Zero Pas Dosé, Metodo Classico 100% Sylvaner. Il millesimo di debutto è il 2019, con una tiratura di (sole) 800 bottiglie. Per le annate 2020 e 2021 la cantina ha alzato il tiro a 1800 bottiglie, puntando ancora più in alto nel 2022, anno in cui la produzione è aumentata a quota 3500 bottiglie.

L’obiettivo finale di Kellerei Eisacktal , cooperativa che ha sede a Chiusa (Bolzano), sono le 5 mila unità per ogni annata. «La Valle Isarco – spiega il direttore generale della cantina, Armin Gratl – è un territorio di vini fermi. Ma il Sylvaner, che per noi è una varietà molto importante, che fuori dall’Alto Adige è ancora poco conosciuta. Così, abbiamo pensato di creare una quarta etichetta dedicata al nostro Sylvaner, che accontentasse il trend mainstream delle bollicine e anche la nostra forza vendite. Una chance interessante, ovviamente solo se il risultato fosse stato di alta qualità».

ECCO ARISTOS PAS DOSÉ DI CANTINA VALLE ISARCO

«Per questo – continua Gratl – Aristos Pas Dosé nasce dopo una sperimentazione iniziata nel 2018. Sarebbe stato facile fare un Metodo Classico utilizzando come uve lo Chardonnay, ma noi puntavamo con questo progetto a valorizzare e dare visibilità ai nostri vitigni autoctoni. Il Sylvaner è perfetto per la spumantizzazione, a differenza del Kerner.

«Abbiamo selezionato la vigna – conclude il direttore generale di Cantina Valle Isarco – nonché il momento della vendemmia ideale per fare un base spumante e capito tutto il percorso da fare per spumantizzare al meglio. Abbiamo scelto la versione non dosata perché volevamo mettere in bottiglia tutta l’espressività di questo vitigno, senza “alterazioni” del dosaggio». L’ennesimo progetto che guarda al futuro per una cooperativa che, secondo le prime stime, festeggerà il 2023 con un fatturato di 15 punti superiore al record già raggiunto nella gestione 2021, pari a 6,3 milioni di euro.

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Cantina Clavesana, esordio con il Barolo Ravera Docg 2018 “Mito”


Cantina Clavesana
fa il suo esordio tra i Barolo Ravera, ampliando la propria linea top di gamma “Mito“. Appena 2.655 bottiglie numerate, che aggiungono una sfumatura ai vini della Langhe prodotti dalla cooperativa cuneese. In particolare, il Barolo Ravera Docg 2018 Linea Mito si affianca al Barolo Docg Mito, ottenuto dall’assemblaggio delle uve Nebbiolo di tre vigneti di La Morra, Monforte e Novello.

«La linea Mito – spiega la cooperativa – si presenta con una “M” stilizzata, rappresentazione simbolica di quell’universo mitico che ruota attorno alla terra, alla vigna, ai ritmi delle stagioni e del lavoro contadino. La “M” di Mito che rimanda alla forma sinuosa delle colline, alla simmetria dei filari, all’eleganza del paesaggio Patrimonio Unesco».

BAROLO RAVERA DOCG 2018 MITO, CANTINA CLAVESANA: LA DEGUSTAZIONE

Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si presenta nel calice del tipico rosso granato. Naso intenso, dominato da un’alternanza tra spezie calde e (ancor più) fresche, sul frutto e sul fiore appassito di viola e di rosa. Cannella, ma anche chiodo di garofano. Noce moscata e cumino, ma anche mentuccia. Leggerissimo tocco verde, fenolico, a controbilanciare un frutto (ciliegia, lampone, tamarindo) che, sempre al naso, si fa presagire goloso, succoso. Non mancano ricordi di liquirizia nera, pepe e nocciola.

Un quadro piuttosto stratificato, balsamico, ma soprattutto giovanile, che con l’ossigenazione si arricchisce di sbuffi goudron e di pan di zenzero. Al palato conferma la buona complessità e la fase giovanile. Nel segno dei Barolo Ravera, anche Mito di Cantina Clavesana risulta molto fresco e dai tannini piuttosto rotondi. Vino di ottima struttura, chiude sul bel gioco tra la leggera sapidità e il corredo di frutta e spezie già avvertire al naso, che si alternano sul palco in perfetta corrispondenza. Convince la chiusura asciutta ma piena, sulle tinte scure della liquirizia salata.

L’ABBINAMENTO DEL BAROLO RAVERA 2018 MITO DI CLAVESANA

Vino già godibilissimo, avrà una buona evoluzione nel medio-lungo periodo. L’alcol, di per sé non disturbante ma al momento “respirabile” coi suoi 14,5% in volume, andrà certamente a integrarsi col passare dei mesi, rendendo il sorso ancora più gradevole. Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si abbina, in generale, a piatti strutturati e complessi.

Ottimo con il brasato di carne, l’arrosto, primi e secondi a base di selvaggina, stufati, carni alla brace e formaggi saporiti. Può sorprendere sul cioccolato fondente ed extra fondente. Da provare in accompagnamento a un buon Boero o – per i più curiosi e sperimentatori – con i bonbon alla prugna disidratata e crema di cioccolato Szilvás Betyár della storica cioccolateria ungherese Stühmer 1868.

LA VINIFICAZIONE

Come spiega a winemag.it il presidente di Cantina Clavesana, Giovanni Bracco, le uve Nebbiolo utili alla produzione del primo Barolo Ravera Docg 2018 “Mito” vengono conferite da due soci viticoltori di Novello, Comune in cui si trova, per l’appunto, l’Mga Ravera. «Ma questa nuova etichetta – commenta Bracco – è una scommessa che coinvolge tutta la nostra cantina». Le due particelle hanno una superficie di 0,37 ettari, a 470 metri sul livello del mare, con esposizione Est, Sud-Est.

L’annata 2018 ha visto un inverno e una primavera caratterizzati da piogge abbondanti. Le alte temperature registrate sul finire dell’estate hanno comunque permesso una buona maturazione dell’uva Nebbiolo. Dopo la diraspa-pigiatura, il mosto è stato posto a macerare per 14 giorni in un piccolo contenitore di cemento vetrificato. In seguito alla svinatura, il vino atto a divenire Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana ha completato la fermentazione malolattica e la chiarifica tramite sedimentazione statica.

Nella primavera 2019, il vino è stato posto ad affinare in quattro tonneau da 500 litri di rovere di Slavonia per un periodo di 25 mesi, prima di essere imbottigliato. Un progetto, quello del Barolo Ravera 2018 “Mito”, che costituisce una novità importante per Cantina Clavesana, ma non l’unica. «L’impianto di nuovi vigneti di Alta Langa, circa 6 ettari con un potenziale di 50 mila bottiglie – anticipa a winemag.it il presidente Giovanni Bracco – si affianca all’ampliamento della coltivazione biologica e alla sfida di nuove varietà accanto al Dolcetto, come Viognier, Pinot Nero e Chardonnay».

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Esteri - News & Wine Gli Editoriali news news ed eventi

Alberto Massucco o Encry – Enrico Baldin: chi è il primo italiano in Champagne?

EDITORIALE – Il primo italiano in Champagne è Alberto Massucco oppure EncryEnrico Baldin? La domanda riverbera ogniqualvolta si parli (o si scriva) di uno o dell’altro, rivangando acredini tra tifoserie e supporter dei due imprenditori italiani. Vittime (consapevoli) di una querelle che non può rimanere senza risposte.

Ho dunque approfittato dell’invito alla presentazione del Catalogo 2022 di Proposta Vini, arrivato dall’ufficio stampa Mediawine guidato da Federica Schir, per intervistare Enrico Baldin, “Mr Champagne Encry”. Nei mesi scorsi è stata invece Laura Gobbi, pr che cura Comunicazione ed Eventi di Alberto Massucco Champagne, a fornirmi le risposte che cercavo.

La verità è che la vicenda continua a presentare lati oscuri. Ciò che accomuna i due imprenditori è il desiderio di riservatezza sull’assetto societario delle aziende che consentono, a ciascuno, di affermare: “Sono io il primo italiano in Champagne”.

Da un punto di vista temporale non ci sono dubbi: il primato assoluto spetta a Encry. «Sono da 22 anni in Champagne – spiega a winemag.it – per eseguire un intervento di ingegneria naturalistica e di ripristino ambientale, esattamente a Le Mesnil-sur-Oger».

ENCRY – ENRICO BALDIN È IL PRIMO ITALIANO A PRODURRE CHAMPAGNE?

La mia prima vendemmia – continua Baldin – risale al 2004. Ho in gestione tre ettari e mezzo, grazie a un vigneron che non finirò mai di ringraziare per avermi indicato le mosse giuste per non scontrarmi con il Cvc, il Comité interprofessionnel du vin de Champagne».

«Quindici anni fa – spiega ancora – ho visto dei californiani comprare 4 ettari nella Montagne de Reims. E vendere tutto dopo due anni, dalla disperazione. A chi? A francesi, ovviamente».

Il vigneron menzionato da Enrico Baldin è Michel Turgy (Jean e Catherine Turgy) récoltant-manipulant che, in precedenza, «e da cinque generazioni – spiega Mr Encry – conferiva le uve a grandi maison». Una collaborazione iniziata «grazie a un’operazione finanziaria che ha previsto, tra l’altro, la costruzione della cantina».

Dunque il primo italiano a produrre Champagne sono io. Poi arrivano altri, come Luca Serena (con De Vilmont, brand della costellazione Serena Wines 1881, cantina produttrice di Prosecco Doc e Docg a Conegliano, Treviso, ndr), i Campari (con Lallier, ndr) e Massucco».

ALBERTO MASSUCCO È IL PRIMO ITALIANO A PRODURRE CHAMPAGNE?

Diversa la storia di Alberto Massucco. «L’incredibile opportunità – spiega a winemag.it – mi è capitata nel 2019. A febbraio ho completato l’acquisto della mia prima vigna in Champagne. Nel 2021 è arrivata la seconda. La terza è opzionata. E nel 2022 sarà pronto il mio primo Champagne, prodotto con le mie uve».

Pur parlando – a differenza di Encry – di vigneti di proprietà, l’imprenditore piemontese glissa sui passaggi burocratici affrontati per arrivare al risultato: «Ho affidato alla persona che cura i miei affari in Champagne, il mio legale in Francia, la gestione della parte burocratica». Dovizia di particolari, invece, sull’amore per i pregiati spumanti francesi.

Era il 1964 – racconta – quando, quindicenne, dopo aver assistito con la mia prima fidanzatina ad un concerto di Mina a Villa Romana, ad Alassio, ordinai al Caffè Roma la mia prima bottiglia di Champagne. Quella bottiglia di Laurent Perrier, consumata sul famoso “Muretto” di Alassio, fu fatale. Non abbandonai più lo Champagne».

Nel 2015, Alberto Massucco incontra Alberto Lupetti. «È considerato il maggior esperto di Champagne in Italia – evidenzia l’imprenditore – e fra i primi cinque al mondo. Proprio con lui ho ripreso a frequentare la regione, dopo parecchi anni. Mi è venuta così l’idea di visitare piccoli produttori per individuarne uno, ambizioso e votato al miglioramento continuo ed interessato ad essere importato e distribuirlo in Italia».

Il 31 marzo 2017 il colpo di fulmine. «In Jean Philippe Trousset ho trovato quanto cercavo ed è partita la collaborazione che sta alla base della nascita dell’Alberto Massucco Champagne. Proseguendo negli anni l’attività di scouting ho avuto l’opportunità di aggiungere altre tre ottime piccole maisons, molto diverse fra loro. Con Jean Philippe Trousset, Rochet-Bocart, Gallois-Bouché, Les Fa’ Bulleuses, la scuderia pareva al completo».

Nel 2018, tuttavia, il noto produttore Erick De Sousa sorprende Massucco, durante un pranzo: «”Ti vedo così interessato e appassionato che per me sarebbe un onore fare uno Champagne esclusivamente per te, che porti il tuo nome”, mi disse. A me non parve vero! Non esitai neppure un secondo. Mi dichiarai felice e partì immediatamente l’iter».

MASSUCCO O ENCRY: CHI È IL PRIMO ITALIANO IN CHAMPAGNE?

Dall’intervista ad Enrico Baldin emergono ulteriori dettagli sull’assetto societario del brand, nato dalla passione per la Francia che l’imprenditore padovano condivide con la moglie Nadia Nicoli.

«Siamo ufficialmente iscritti al Cvc con Maison Vue Blanche Estelle – spiega Mr Encry – come “NM“, ovvero Négociant manipulant. È vero che in Champagne non ti fanno lavorare se sei un italiano, specie se non hai muri di proprietà: cosa che non abbiamo tuttora, ma che a breve avremo».

Da quel momento in poi saremo ufficializzati come RMRécoltant-manipulant. Un aspetto, se vogliamo, già presente nelle nostre retro etichette, in cui cui specifichiamo che le uve sono nostre e i vigneti sono nostri. Per ora ci fanno scrivere MAMarque d’acheteur (più nota come Marque Auxiliaire, ndr)».

Le tempistiche? «Due o tre anni al massimo», risponde Enrico Baldin. Che anticipa a winemag.it alcune importanti novità riguardanti Encry: «Sta per andare in porto un progetto molto importante e ambizioso, i cui dettagli sono ancora riservatissimi».

Lo vedrete presto, l’inaugurazione durerà due anni. È una roba talmente grande che un giorno e un anno non bastano. Ci vorranno due anni, perché il mondo vorrà venire. Daremo una sorta di festa tutti i giorni, per due anni consecutivi».

ITALIANI IN CHAMPAGNE: L’ACCOGLIENZA DEI FRANCESI

Ma tra primati e progetti, com’è stata l’accoglienza dei francesi nei confronti dei due imprenditori italiani in Champagne? Anche in questo caso, le risposte sono divergenti. «Siamo lì da 22 e ormai – chiosa Enrico Baldin – non è stato semplice! Da italiano “intruso” sono riuscito comunque a costruire un rapporto stupendo con il mio vigneron e i miei cantinieri».

«Il rapporto con i vigneron è splendido – risponde invece Alberto Massucco – perché fra persone “del fare”, con la passione in comune, l’intesa è facile. Mi guardano con curiosità e simpatia. Recentemente è capitato un fatto curioso e sorprendente».

«A cena nel miglior ristorante di Reims – racconta – lo chef sommelier, servendo l’aperitivo, mi domanda: “Quando sarà pronto il tuo Champagne? Lo attendo, mi interessa averlo”. Ecco, un fatto così ti gratifica e ti fa capire che sei sulla buona strada». Insomma, è proprio il caso di dirlo (scriverlo) in francese, per non scontentare nessuno: l’avenir nous le dira.

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Gabriele Gorelli è il primo “MW” Master of Wine italiano

Gabriele Gorelli è il primoMwMaster of Wine italiano. L’annuncio è dello stesso prestigioso “Institute” londinese, che pochi minuti fa ha comunicato i nomi dei nuovi 10 esperti.

Designer e brand builder nato e cresciuto a Montalcino, in Toscana, Gabriele Gorelli deve al nonno la sua passione per il vino, il più piccolo produttore di Brunello di Montalcino. Laureato in lingue straniere e appassionato di marketing, nel 2004 fonda Brookshaw&gorelli, un’agenzia di design specializzata nella comunicazione visiva del buon vino.

Nel 2015 ha fondato una seconda società di vendita e marketing, KH Wines, con clienti che vanno dalle cantine agli importatori e ristoranti gourmet. Partecipa regolarmente a concorsi enologici nazionali e internazionali come presentatore e giudice.

Oltre all’italiano, Gabriele Gorelli parla inglese e francese e ha competenze di base in tedesco. Viaggiatore appassionato, ama staccare e ricaricare le batterie con il trail running e l’Ashtanga yoga.

Assieme al primo master of wine italiano, sono arrivate le nomine per altri 9 “maestri” da tutto il mondo. Si tratta di James Doidge (Uk), Susan Lin (Usa), Moritz Nikolaus Lueke (Germania), Sophie Parker-Thomson (Nuova Zelanda), Álvaro Ribalta Millán MW (Uk), Melissa Saunders (Usa), Kryss Speegle (Usa), Tze Sam (Uk) and Clare Tooley (Us).

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Esteri - News & Wine

Tamás Czinki è il primo master sommelier ungherese

Tamás Czinki è il primo master sommelier ungherese. Un risultato tanto atteso in Ungheria, che finalmente può mettere la sua “bandierina” nella Court of Master Sommelier Europe, realtà di rilevanza internazionale nel mondo della sommellerie.

L’esame finale si è tenuto a Londra nella giornata di ieri, 30 ottobre 2020. Tamás Czinki, originario di Nagykanizsa, città della provincia di Zala, poco lontana dal confine orientale con la Slovenia, vive e lavora in Inghilterra da diversi anni, per l’esattezza a Preston.

Dopo l’esperienza maturata tra il 2010 e il 2013 al Fausto’s Ristorante e Osteria, ristorante italiano di Budapest, Czinki si è trasferito in Uk per lavorare all’Hillbark Hotel & Spa di Frankby, nel Merseyside.

Oggi è Head Sommelier al Northcote, ristorante stellato Michelin dell’omonimo luxury hotel targato Stafford Collection, nel cuore della Ribble Valley, nella contea di Lancashire. La carriera del primo master sommelier ungherese è a una svolta, da ieri, con nuovi capitoli ancora tutti da scrivere.

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Cresce l’export di vino italiano nel primo semestre 2017

Sono stati diffusi in mattinata i dati Istat elaborati da Ismea relativi all’export del vino italiano nel periodo gennaio – luglio 2017. Le tabelle riportano una crescita in volume del 7%, per circa 12 milioni di ettolitri di vini e mosti, e in valore dell’8%. Per un corrispettivo di 3,3 miliardi di euro.

Nei Paesi terzi è stato esportato l’8,5% in più rispetto ai primi sette mesi del 2016, con introiti in crescita del 9%. In termini di quote, con i dati dei primi sette mesi dell’anno, i Paesi terzi rappresentano il 34% delle esportazioni a volume ed il 50% a valore.

Sopra la media del settore le performance degli spumanti, soprattutto quelli a Denominazione, che fanno registrare un +13% a volume e un +15% a valore. Il Prosecco da solo rappresenta il 56% delle esportazioni complessive degli spumanti Dop, con 1.061.738 di ettolitri che valgono circa 413 milioni di euro.

Decisamente positivo il risultato delle esportazioni italiane in Cina trainate dai vini in bottiglia, che hanno registrato una crescita del 19% a volume e +25% a valore rispetto all’analogo periodo del 2016. Anche la Russia cresce a doppia cifra in tutti i segmenti del vino italiano a partire dai vini in bottiglia (+41% a volume e +47% a valore) che rappresentano il 52% del totale esportato. Importante anche il dato relativo agli spumanti italiani esportati in Russia che vede una crescita pari a +20% se confrontati ai primi sette mesi del 2016

IL COMMENTO
“La qualità degli imprenditori vitivinicoli italiani e l’eccellenza del nostro vino – commenta Ernesto Abbona, Presidente di Osservatorio del Vino – continuano a macinare record dell’export con un trend di aumento dell’8% a valore che ci dovrebbe portare a superare la soglia dei 6 miliardi di euro nel 2017. Migliora la bilancia commerciale del nostro export ma, purtroppo, cala la competitività dei nostri vini”.

“Il risultato positivo, infatti – continua Abbona – non deve nascondere la perdita preoccupante di posizioni rispetto ad altri competitor che crescono più di noi; in alcuni mercati di riferimento le importazioni complessive sono aumentate mediamente di più rispetto alle nostre performance. Gli USA sono un esempio emblematico: la domanda cresce nel complesso oltre il 10% e noi ci fermiamo sotto il 3%, con la Francia che segna, invece, aumenti del 21% in quantità e del 23% in valore, tallonando il nostro storico primato”.

Abbona invita però a non credere in facili trionfalismi. “E’ urgente – sostiene – tornare ad investire come ‘sistema Paese’ sul vino italiano per mantenere le quote di mercato e difendere quel primato, faticosamente ottenuto, e che oggi rischiamo di perdere. Lanciamo un monito alle amministrazioni affinché le incertezze anche rispetto al quadro normativo nazionale e la mancata disponibilità di tali fondi per le imprese non si ripetano più, così da evitare che le nostre imprese perdano importanti quote di mercato nonostante il loro impegno”.

“I numeri positivi dell’export – interviene Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini – testimoniano il gran lavoro portato avanti dai nostri imprenditori che riescono a migliorare le performance commerciali del vino italiano nonostante sia venuto a mancare, in parte, il supporto dei fondi europei per la promozione nei Paesi terzi, che negli anni passati ci avevano permesso di sostenere un ritmo importante di crescita. Stiamo patendo la concorrenza con i competitor europei che hanno potuto godere appieno delle risorse previste dall’OCM promozione e i dati sull’export negli USA ne sono una testimonianza”.

“La vitalità imprenditoriale e l’eccellenza delle nostre produzioni, di cui siamo orgogliosi – aggiunge Castelletti – non possono essere lasciati soli, ma necessitano del supporto delle Istituzioni in una logica di sistema. I fondi per la promozione previsti dalla OCM sono a disposizione delle imprese e non possono rimanere ostaggio di conflitti politico/amministrativi o inefficienze burocratiche”.

“L’auspicio – conclude Castelletti – è che, a breve, quando diventeranno operativi i fondi OCM appena sbloccati e saranno a regime le azioni di promozione istituzionale a carattere pluriennale definite da MISE/ICE sui mercati americano e cinese, si possano recuperare velocemente le posizioni conquistate negli anni passati, migliorando strutturalmente le performance del nostro export”.

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Enoturismo

Risotto alle fragole

Una ricetta fresca e di facile preparazione quella del risotto alle fragole “In cucina con Fede”. In tavola porterete un piatto colorato e spettacolare, che saprà stupire i vostri ospiti. Importante, come sempre, scegliere al supermercato o nei vostri negozi di fiducia gli ingredienti più freschi, che contribuiranno a rendere speciale la ricetta. Per quanto riguarda il vino in abbinamento, potete optare per qualsiasi Prosecco. Quello indicato dalla nostra redazione è uno dei migliori presenti nella grande distribuzione organizzata, soprattutto nel rapporto qualità prezzo. A voi la scelta, winelovers in Cucina con Fede!

Quantità per: 4 persone
Realizzazione: facile
Vino in abbinamento: Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg

TI SERVE

  • 20 cucchiai di riso Carnaroli
  • 100 gr di fragole
  • Mezzo bicchiere di Prosecco
  • Sale nero delle Hawaii
  • Pepe bianco
  • Olio evo
  • Mezza cipolla bianca
  • Parmigiano
  • 400 ml di brodo vegetale
  • Glassa al balsamico e una foglia di menta per guarnire

PREPARAZIONE

1. Soffriggi la cipolla con un po’ d’olio in una casseruola e tosta il riso. Fai sfumare con il prosecco e aggiungi il brodo poco alla volta.
2. Metti le fragole tagliate a pezzetti piccoli (tranne 4), il sale e il pepe.
3. A fine cottura (ci vorranno almeno 15/20 minuti) spegni il fuoco, manteca con una manciata di parmigiano grattugiato e un cucchiaio di prosecco. Guarnisci con la glassa al balsamico, la foglia di menta e le fragole.

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