L’identikit è chiaro: il “consumatore tipo” di vino acquistato online è una persona di genere maschile, di 48 anni di età, residente nelle regioni del Centro-Nord Italia. E con una predilezione verso i vini rossi fermi e gli spumanti. E’ quanto emerge dal Report sul profilo dell’acquirente italiano di vino on-line realizzato da Wine Monitor attraverso la partnership con VINO75.COM, l’enoteca specializzata per la vendita online nata a Firenze nel 2014 all’interno dell’acceleratore di startup Nana Bianca.
Sebbene l’e-commerce pesi ancora per meno del 2% sulle vendite off-trade di vino in Italia, i tassi di crescita a doppia cifra percentuale che stanno interessando, anno dopo anno, gli acquisti in questo canale non possono passare certo inosservati, soprattutto da parte dei produttori.
“Sebbene in Italia l’e-commerce del vino pesi in maniera ancora marginale sulle vendite totali – dichiara Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma – è indubbio che il trend sia in crescita; basti guardare cosa sta accadendo al di fuori dei confini nazionali dove in mercati come Francia o Regno Unito l’incidenza delle vendite di vino on-line supera il 10% o addirittura il 20% nel caso della Cina”.
Sul fatto che si tratti di un fenomeno in crescita non ci sono dubbi e gli stessi produttori di vino ne sono consapevoli, così come hanno dichiarato le circa 200 imprese vinicole intervistate da Wine Monitor in occasione dell’approfondimento. “Già oggi circa il 50% delle imprese intervistate vendono on-line i propri vini – direttamente o tramite siti specializzati – mentre un altro 17% ha intenzione di ricorrere a questo canale nei prossimi anni” continua Pantini.
LA “SPESA” ONLINE Ma quanto si spende mediamente nell’acquisto di vino on-line? Il prezzo medio di una bottiglia acquistata (da 0,75 ml, iva inclusa) si aggira attorno ai 13 euro, ma arriva a superare i 14 nel caso dei rossi fermi e degli spumanti. Facendo poi un confronto per fascia di età degli acquirenti, si scopre che i Millennials italiani, per quanto pesino meno (per ora) negli acquisti rispetto alla generazione X (36-55 anni) e ai baby boomers (56-65 anni), comprano però bottiglie più costose: nel caso dei rossi fermi il prezzo medio a bottiglia arriva vicino ai 16 euro mentre negli spumanti supera addirittura questo livello.
“Dalla nostra esperienza come piattaforma tecnologica di riferimento per le piccole e medie imprese vitivinicole di eccellenza, l’e-commercerappresenta sempre di più un canaledi vendita fondamentale per la strategia commerciale delle cantine” dichiara Andrea Nardi Dei (nella foto), Fondatore e Ceo di VINO75.COM.
“Il motivo risiede nel fatto che l’e-commerce valorizza il prodotto grazie a contenuti divulgativi facilmente fruibili, oltre a poter far raggiungere mercati lontani e complessi come quello cinese, dove la distribuzione tradizionale del vino italiano fatica ad entrare” conclude Nardi Dei.
“In effetti – conclude il Ceo – pur a fronte di una crescita di oltre il 30% nelle importazioni cinesi di vino dall’Italia registrata nel 2016 rispetto all’anno precedente, la quota dei nostri prodotti sul totale degli acquisti di questo paese resta ancora marginale, non arrivando al 6%. Qualche motivo ci sarà”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Degustiamo oggi l’Etna Bianco D.O.C., annata 2015. Nasce come detto da suolo vulcanico all’interno della DOC Etna da sole uve Carricante parzialmente vinificate in legno. Il Carricante è un antico vitigno autoctono siciliano a bacca bianca così chiamato per la sua abbondante produttività che ha trovato nell’ambiente montano dell’Etna il suo ambiente ideale. Il vino si presenta giallo paglierino chiaro con riflessi verdi appena accennati.
Al naso emergono da subito note di frutta a bacca bianca, susina e pesca bianca, ed una leggera nota erbacea aromatica cui fanno seguito le evidenti note minerali. In bocca risulta pieno, di corpo, l’acidità è ben bilanciata dalla morbidezza probabilmente dovuta al parziale utilizzo di legno ma è la grande sapidità che sorprende e che invoglia la beva. In bocca ritroviamo tutte le note fruttate sentite al naso ma è la mineralità che diventa più evidente. Buona la persistenza.
Un vino bianco che coniuga in un sol bicchiere la tradizione del territorio con la modernità di un vino agile, il carattere vivido delle pendici vulcaniche con l’anima mediterranea di un bianco non banale. Senza dubbio ottimo abbinato a preparazioni di pesce… ma ci piace pensarlo anche con dei formaggi freschi o, visto che le giornate si allungano e si avvicina la bella stagione, anche servito come aperitivo accompagnato solo da qualche semplice stuzzichino.
LA VINIFICAZIONE
Le uve 100% Carricante, raccolte in cassa, vengono subito refrigerate ad 8 gradi, selezionate a mano e inviate ad una leggera pigiadiraspatura e a pressatura soffice. Il mosto decantato viene travasato e fermenta a 15 gradi, in acciaio inox e 15% del mosto in tonneaux. Il vino così ottenuto rimane sino a febbraio sulle fecce fini con continui rimescolamenti.
Planeta è oggi un punto di riferimento dell’enologia siciliana, in quanto capace di raccontare le varie sfumature enoiche che l’isola sa offrire. Lo fa forte di sei differenti cantine poste in sei zone (Sambuca di Sicilia, Menfi, Vittoria, Noto, Etna, Capo Milazzo), in sei differenti terroir, così da poter raccogliere e trasmettere le peculiarità dei vari vini e vitigni. “Nei posti belli si fa il vino buono”, disse Francesca Planeta in un’intervista alcuni anni fa. E così, quasi inseguendo il Genius Loci dei Latini, oggi i Planeta ci portano sul versante nord dell’Etna nella cantina di Feudo di Mezzo. La cantina nasce nel mezzo di una vecchia colata lavica del ‘500 e seguendo la filosofia dell’azienda è costruita in modo da integrarsi perfettamente nel territorio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
In una mano lo smartphone. Nell’altra un Mc Cafè d’asporto: tanto lungo d’arrivarti fin sotto le narici, scialbo e sciacquato. L’identikit del tedesco “medio” sembra ormai una fotocopia sbiadita dell’americano “tipo”. Con qualche chilo in meno, of course.
Per strada, in aeroporto. Oppure sui mezzi pubblici. Dove il teutonico gentil sesso sfodera, in un affollato tête-à-tête, anacronistici Eau de Toilette alla cipria. Evidentemente di moda nel regno della Merkel. Il tutto, fuori dal Prowein.
Già, perché a Dusseldorf la Germania si infila frac e cilindro delle grandi occasioni. E mostra, in 9 padiglioni luccicanti, tutta la sua grandezza: 6.250 espositori provenienti da 60 Paesi, capaci di attirare dal 19 al 21 marzo ben 58.500 visitatori specializzati da 130 Paesi del mondo. Un record assoluto quello segnato dall’edizione 2017. Che, senza senza e senza ma, conferma Prowein ai vertici mondiali delle fiere del vino globale.
Grandi gruppi capaci di muovere equilibri sottilissimi nei territori in cui operano. Ma anche realtà di dimensioni più modeste, vogliose di imporsi sullo scenario internazionale. Questa la sintesi di una Wine and Spirits Trade Fair alla quale non siamo voluti mancare. Dimenticandoci per un attimo dell’Italia, che tratteremo ampiamente in occasione del prossimo Vinitaly, ecco i nostri migliori assaggi.
TOP WINES – QUALITA’ PREZZO In un’ottica di rapporto qualità-prezzo, è un nome noto a farla da padrone. Voliamo in America per parlarvi appunto della Francis Ford Coppola Winery di Geyserville, California. La casa vinicola del regista statunitense sbalordisce (letteralmente) non per il top di gamma, in linea con il “gusto Usa.” per i vini un po’ ruffiani. Piuttosto per le basi. Lo Chardonnay Votre Santé 2014 (California Appelation Controlée), ottenuto affinandone il 40% in barrique francesi nuove, è sul mercato per 12 dollari. Semplice da bere, ma per nulla banale.
Capace di coniugare la freschezza delle note di frutta a polpa bianca con note evolute (dal legno) di grande carattere, in un sottofondo minerale. Rosso & Bianco 2014 (versione rossa ottenuta dal blend tra Cabernet Sauvignon, Zinfandel e una manciata di Syrah) costa invece 11 dollari. Provate a pensare a un vino concepito come quotidiano, ma in grado di evolversi nel calice di minuto in minuto, sfoderando una complessità da leone: eccolo.
TOP WINES – VINI BIANCHI Al vertice delle nostre degustazioni si piazza The 12th Man 2016, altro Chardonnay, prodotto in Australia da Wirra Wirra Vineyars. La cantina, che si definisce una “tribù” capace di “divertirsi seriamente”, opera in McLaren Vale e sulle colline di Adelaide con uno stile iconoclasta e sopra le righe del conformismo. “Ma con i piedi ben saldi sulla nostra terra – spiega il general manager Sam Temme – a partire dal nome ‘Wirra Wirra’, espressione aborigena che significa ‘Dentro l’albero della gomma’. Un modo per legarci inscindibilmente alle nostre origini nella costruzione di un futuro sostenibile”.
The 12th Man (35 dollari australiani, 24 euro) è un 100% Chardonnay ottenuto da vigne di 20 anni. Giallo carico con riflessi verdolini, va scaldato leggermente durante la degustazione al Prowein per mostrare al naso i propri aromi, ricchi e profondi: crema di limone, buccia d’arancia, mandorla, lievito. Pare una brioche ripiena. Ricorda per certi versi lo stile di certi bianchi dell’Occitania francese (Pays d’Oc). Premesse olfattive che poi trovano perfetto compimento in un palato cremoso, morbido ma serio, in pieno stile Wirra Wirra. Agrumi, di nuovo, e frutta fresca in un sottofondo minerale, in cui la barrique gioca in perfetto equilibrio con i varietali, spinti da una lunga macerazione sulle bucce. Una caramellina per palati esigenti.
Restiamo in Australia per il blend Duffe Punkt 2016 della Chaffey Bros Wine Company, base nella rinomata Barossa Valley. Un mix perfetto, in quanto ad aromaticità ed eleganza, di Gewurztraminer, Riesling e Kerner (Weißer Herold), di cui i Chaffey possiedono una delle due uniche vigne in Australia.
A condurre la degustazione un entusiasta Theo Engela. E se pensate che il mix possa risultare stucchevole per aromaticità, vi sbagliate.
Un “Gewurz” che al naso la fa da padrona, lascia spazio al palato a un Riesling dalla mineralità spaziale, perfettamente abbracciato dalle note morbide di litchi, agrumi e accarezzato da una brezza di spezia fine. Un vino gastronomico che merita le luci di una ribalta come quella del Prowein.
Ci spostiamo a Creta per una vera e propria “chicca”. Quella offerta da un “matto” di nome Nikos Douloufakis, che dopo gli studi in enologia ad Alba ha deciso di condurre l’azienda di famiglia all’insegna della continua sperimentazione. Douloufakis Cretan Winery, di fatto, è un vero e proprio laboratorio del vino cretese (clicca qui per leggere la cronaca del nostro wine tour a Creta).
L’ultima trovata di Nikos è il vino in anfora: il Vidiano Amphora 2016. “Si tratta – spiega l’intraprendente produttore – dell’esperimento di riprodurre una vinificazione come l’avrebbe compiuta mio nonno. Ovvero in terracotta, localmente chiamate pithari. Le anfore hanno una capacità di 250-300 litri. La macerazione delle uve Vidiano, autoctone di Creta, si protrae per 3 mesi dopo la fermentazione senza solforosa, senza aggiunta di lieviti e senza nessun intervento da parte mia. Poi separo vino dalle bucce e lo riverso nelle anfore, dove resta per altri 2 mesi. Dunque il vino finisce in barrique, per chiarificarsi in ‘autonomia’. Dopo due o tre mesi imbottiglio, senza filtrare”.
Un Vidiano che risulta così pieno, tosto, tannico. I sentori sono quelli di frutta passita, arance e bergamotto. Lungo. Infinito. E in continua evoluzione nel calice. Una gemma. “Lo dedico ai consumatori più avanzati – commenta Douloufakis (nella foto a sinistra) – che chiedono vini naturali e ‘diversi’. Credo in questo progetto tanto da aver avviato uno studio per ottenere anfore ancora più adeguate in termini di traspirazione”. Vidiano Amphora 2016 sarà in commercio a partire da settembre. Ma Douloufakis produrrà anche una versione con uve a bacca rossa Liatico, che sarà pronto tra un anno.
TOP WINES – SPARKLING Per la categoria Sparkling, un solo nome: quello di Szigeti Sektkellerei Gols, cantina austriaca situata al confine con l’Ungheria specializzata nella spumantizzazione degli autoctoni con metodo tradizionale. A Clemens Wright brillano gli occhi nel presentare le etichette in degustazione al Prowein. E la passione di quest’uomo si tramuta in nettare dorato se nel calice versa il Gruner Veltliner Brut, ottenuto dall’omonimo vitigno parente di Traminer e St Georgen, il più coltivato d’Austria. A sorprendere, anche in questo caso, è il rapporto qualità prezzo: la bottiglia si porta a casa con 11 euro. I 6 grammi litro scarsi di dosaggio zuccherino non sporcano una beva di mela e pepe bianco, davvero preziosa. La chiusura è elegante nei suoi richiami al limone che invitano al sorso successivo.
Splendido, sempre di Szigeti, anche il Bio Welschriesling Brut. Non si tratta d’altro che di un Riesling italico capace di confondere il naso con note di mela matura, per voi virare al palato su tinte minerali seriose, prima di un finale di mineralità tagliente. Un Brut che si farebbe apprezzare anche dagli amanti del Pas Dosé, con soli 5g/l di residuo.
TOP WINES – ROSE’ In volo sull’Austria viriamo verso sud est e puntiamo nuovamente verso l’Australia, vera e propria nazione rivelazione di questo Prowein. Una terra che ormai ha addosso gli occhi del mondo, a buona ragione.
Basti pensare (anche) al Rosè di Pinot nero che è in grado di mettere sul mercato, al prezzo strepitoso di 7-8 euro, la cantina Jacob’s Creek (Orlando Wines) di Rowland Flat, rappresentata a Dusseldorf dall’ottimo Richard Doumani.
Le Petit Rosè 2016 è in realtà un blend di Pinot Noir, Grenache e Mourvèdre, in pieno stile provenzale. Lo dicono gli aromi. E lo dice un calice che si racconta come semplice ma non banale, sottile ma profondo. Elegante e sbarazzino.
Un rosè fine, divenuto non a caso il simbolo degli Australian Open di tennis, prodotto anche come Frozen “Frosé”: una sorta di sorbetto Rosè. Per una cantina che ora punta a farsi conoscere nel mondo della grande distribuzione organizzata europea.
TOP WINES – RED
Sul podio dei vini rossi salgono gli Stati Uniti d’America, con la vendemmia 2014 di Estate Perigee – Seven Hills Vineyard (Walla Walla Valley). Si tratta di uno dei prodotti di punta de L’ecole N° 41, cantina fondata nel 1983 a Lowden, Stato di Washington, oggi condotta con passione e professionalità da Martin Clubb, attivista della “sostenibilità in vigna”. Estate Perigee 2014 è un blend composto al 60% da Cabernet Sauvignon, 20% di Merlot, 12% di Cabernet Franc, 5% di Petit Verdot e 3% di Malbec.
Un mix ottimamente riuscito tra finezza e struttura. “E’ il vino che rappresenta al meglio le caratteristiche del vigneto Seven Hills”, spiega fiero Martin Clubb. Naso e bocca corrispondenti, in una rincorsa tra note intense di frutti a bacca rossa (amarena e ribes), una punta di tartufo (del Malbec) e sentori terziari di sigaro. Tannino robusto, ma fine. E chiusura minerale. Cosa manca a questo vino? Davvero nulla. E’ reperibile sul mercato americano a un prezzo che si aggira attorno ai 54 dollari (circa 50 euro).
Ottimo, tra i rossi degustati al Prowein, anche lo spagnolo Gran Luna 2013 della cantina Dehesa de Luna. Si tratta di un altro blend di Cabernet Sauvignon, Syrah, Tempranillo, Graciano e Petit Verdot, affinati tra i 15 e i 18 mesi in botti da 225 litri. Un vino potente, ma fine. Lunghissimo al palato e di grande prospettiva per l’evoluzione futura in bottiglia. Un altro blend giocato sull’equilibrio tra la frutta e i terziari. Il gioiello di Dehesa de Luna, cantina fondata da Alfredo Gómez-Torres Gómez-Trénor a La Roda, cittadina della comunità autonoma di Castiglia-La Mancia. E’ in vendita a 36 euro circa.
La “medaglia di bronzo” va a un vino dell’Armenia. E’ ArmAs Karmrahyut Reserve 2013 della cantina Golden Grape ArmAs LlC di Yerevan. Anche in questo caso si tratta di un blend tra le uve autoctone Karmrahyut (92%), Areni, Kakhet e Meghrabuyr (8%). Frutta rossa, spezie, tannini fini. E un finale stupefacente di miele e vaniglia, per nulla stucchevoli. Un capolavoro che pone i riflettori su una terra del vino di grande tradizione, che sta riuscendo a collocarsi sempre meglio sui mercati internazionali. “Grappolo d’Oro”, del resto, è una realtà emergente, fondata nel 2007 da Armenak Aslanian, capace con le figlie di conservare e valorizzare una tradizione famigliare che dura ormai da 80 anni.
TOP SWEET WINES A rappresentare la cantinaWeingut Landauerdi Rust, Burgenland – Österreich, costa occidentale del lago di Neusiedl, in Austria, ci sono padre e figlio: Bruno e Stefan Landauer. Si dividono con destrezza tra i numerosi ospiti al banco allestito al Prowein, sfoderando i loro preziosi nettari. Su tutti, un passito. E’ il Ruster Ausbruch Essenz 1995 è una delizia. Ottenuto da uve Riesling Italico, Pinot Blanc e Neuburger (incrocio tra Roter Veltliner e Sylvaner) “attaccate” da Botrytis Cinerea, si presenta di un colore ambrato.
Profondo e minerale al naso, sfoggia sentori di idrocarburo ammalianti, capaci di distrarre dal fil rouge della frutta passita. In bocca i 195 g/litro di zucchero non risultano stucchevoli, anzi. Ventiquattro euro il prezzo del prodotto: li vale tutti. Risulta più “secca”, con i suoi 145 g/l, la versione 2013: miele e frutta sciroppata allo stato puro. Chapeau.
TOP WINERY Serietà, passione, amore per la propria terra. E’ quello che sono capaci di trasmettere sin dal primo istante Paulo e Rita Tenreiro, padre e figlia che al Prowein 2017 portano sulle spalle l’orgoglio di un’intera nazione: il Portogallo. Heradade da Anta de Cima, per la capacità di tradurre in vino una filosofia, è la “Top Winery” di questa edizione della Fiera di Dusseldorf. I vini di questa cantina nascono nel circondario di Ponte de Sor, comune di 18 mila anime che, sulla cartina, sembra un puntino nel cuore pulsante del Portogallo, nel distretto di Portalegre, regione dell’Alentejo. Terre ricche d’argilla. Ed è proprio questo il nome dei vini di Herdade da Anta de Cima, affinati mediante l’utilizzo di anfore che, localmente, si definiscono “talhas”.
Che siano essi bianchi, oppure rossi, sono tutti “vini di terroir” dal rapporto qualità prezzo straordinario, tra i 5 e i 12,50 euro. Un regalo. Vini in cui la mano della famiglia Tenreiro è chiara ad ogni sorso, nella valorizzazione di vitigni come Alvarinho, Verdelho, Viosinho, Alicante Bouschet, Touriga Nacional, Petit Verdot e Alfrocheiro. Uno su tutti? Il rosso Talha de Argilla 2015, che riporta alla mente il calore del sole del Portogallo, ma anche la freschezza delle note vegetali conferite da una macerazione “spinta” sulle bucce delle uve Alicante Bouschet, Touriga e Petit Verdot. Ed è’ “verde” anche il tannino: in vinificazione, oltre alle bucce, vengono inseriti in anfora piccoli tralci di raspo. Un vino da provare di una cantina da visitare. Di persona.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Prosegue la crescita dei Viticoltori Friulani La Delizia, cantina principale del Friuli Venezia Giulia che ha appena aggiunto alla sua capacità di produzione tre nuove autoclavi da 1000 ettolitri l’una per Prosecco e spumanti nella propria sede storica di Casarsa della Delizia. In acciaio inox, i tre serbatoi giganti per la vinificazione sono stati consegnati dalla ditta Gortani di Amaro e messi subito in produzione.
Il mercato delle bollicine è in continua crescita, trascinato proprio dal Prosecco e La Delizia, che oltre a essere presente in Italia nel settore Horeca e nella grande distribuzione lo è anche in altri 30 Paesi del mondo, “continua a investire propri fondi in sviluppo e innovazione della sua filiera di qualità”.
“I nostri spumanti continuano a guadagnare estimatori – ha spiegato il presidente dei Viticoltori Friulani La Delizia Flavio Bellomo – e nel 2017 come La Delizia puntiamo a crescere ulteriormente sia nel Prosecco che nelle altre bollicine. Siamo simbolo del made in Italy di qualità con spiccate radici friulane e con le nuove autoclavi andremo a rispondere ancora di più alle richieste del mercato”.
I NUMERI
Con i nuovi serbatoi la capacità produttiva de La Delizia riesce a soddisfare la crescente produzione di uva conferita dai propri soci che continuano a piantare nuovi vigneti dando fiducia al settore. Vengono prodotte più di 23 milioni di bottiglie all’anno, delle quali 10 milioni sono di spumanti (all’interno delle quali 9 milioni sono di Prosecco) mentre 9 milioni di bottiglie sono di Pinot Grigio. Da segnalare il successo della linea di spumanti Naonis, nata a fine 2014 e sempre più apprezzata tanto che sul mercato horeca italiano nel 2016 ha registrato 1 milione 200 mila bottiglie vendute, principalmente di Prosecco. Il fatturato della cantina, che ha 450 soci, è di oltre 50 milioni di euro.
“Non diamo per scontato che chi fa spumanti cresca solo perché il mercato è in crescita – ha aggiunto il direttore commerciale de La Delizia, Mirko Bellini -. La nostra cantina si sta sviluppando perché investe propri fondi per eccellere e con ampia visione del futuro. Tutte qualità che ci permettono di essere protagonisti sul mercato nazionale e internazionale con un ruolo da leader a livello regionale in Friuli Venezia Giulia”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(3 / 5) Lidl si affida a una consolidata realtà del Piacentino per proporre alla propria clientela – sempre più eterogenea – quello che per l’Emilia Romagna del vino è un vero e proprio must: il Trebbianino Val Trebbia Doc Colli Piacentini. A produrlo, e nella versione bio, sono le Cantine Bonelli di via Roma 86 a Rivergaro, borgo a 20 chilometri da Piacenza. Un blend composto al 60% da Ortrugo, 30% Malvasia di Candia aromatica, più un 10% di Trebbiano e Sauvignon.
Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino brillante. La frizzantatura, ottenuta mediante metodo Charmat per la durata di tre mesi, regala “sfere” di pregevole finezza. Al naso, questo Trebbianino si rivela corrispondente alle attese: pulito, anche se non intenso. A impreziosirlo è certamente la Malvasia di Candia, con la sua aromaticità. Ad un’attenta analisi, anche il Moscato contribuisce a rendere piacevole il bouquet.
Il palato è lineare, semplice. Come dev’essere quello di un Trebbianino “quotidiano”. L’aggiunta limitata di solforosa non pesa affatto sulla beva, che sfodera anzi maggiore carattere rispetto all’olfatto. Un vino di facile abbinamento in occasione dell’aperitivo, tanto versatile da risultare utile a tutto pasto. Da consumarsi a una temperatura di servizio tra gli 8 e i 10 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Il Trebbianino Val Trebbia Doc Colli Piacentini proposto da Lidl e imbottigliato da Cantine Bonelli è ottenuto mediante tradizionale vinificazione in bianco. La separazione dalle bucce è immediata. La fermentazione è lenta, a temperatura controllata di circa 15 gradi. Non a caso, il Trebbianino è il vino più rappresentativo di Cantine Bonelli. Il fondatore Anacleto lo creò negli anni Cinquanta e lo intitolò alla Val Trebbia, sua zona di produzione. Ha ottenuto la Doc nel 1975 e da sempre l’etichetta è caratterizzata dalla mappa stilizzata del territorio. “Il nostro impegno nella sostenibilità del territorio – spiega l’azienda, oggi gestita dai nipoti – ci ha spinti a produrre il Trebbianino Val Trebbia D.O.C. Colli Piacentini in versione Bio”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Pluripremiata a livello nazionale per i prodotti destinati al mercato horeca, Fattoria Alois propone in qualità di imbottigliatore una linea di vini campani per la Gdo, appoggiandosi per la distribuzione a Caviro, la cooperativa emiliana del Tavernello (progetto Dalle Vigne). E lo fa con buoni risultati.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper finisce oggi la Falanghina Campania Igt Strangolagalli 2016, messa in bottiglia da Fattoria Alois Azienda Agricola Srl nello stabilimento di via Ragazzano, località Audelino di Pontelatone, in provincia di Caserta. Il vino si presenta di un giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso è intensa, aromatica. Le note floreali fresche di ginestra e macchia mediterranea si mescolano piacevolmente a quelle fruttate (pera su tutte, ma anche banana).
Un olfatto che rivela una componente “minerale” importante, poi confermata da un palato sapido. In bocca, la Falanghina Strangolagalli svela un’acidità sostenuta, che gioca a rinfrescare la beva e a chiamare – assieme alla percezione di soluzione salina – il sorso successivo. Un vino decisamente secco, di alcolicità moderata (12.5%) ma comunque capace di scaldare e stuzzicare il palato, anche grazie a una chiusura agrumata, ravvivata da una spruzzata di polvere di zenzero ed anice. In cucina, perfetto l’abbinamento della Falanghina Strangolagalli ad antipasti leggeri e primi a base di frutti di mare. Un vino che si adatta bene anche a minestre o zuppe di verdura.
LA VINIFICAZIONE
La Falanghina è un uvaggio autoctono della Campania, che negli ultimi anni si sta imponendo sul mercato in maniera dinamica, proponendo versioni spumantizzate accattivanti. Strangolagalli è invece la versione ferma: quella fedele alla tradizione. Per mantenere e dare risalto agli aromi tipici del vitigno, la vinificazione avviene in maniera classica, con l’utilizzo dell’acciaio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quando i “nemici” ce li hai in casa da sempre, tanto da non notarli più, comodamente seduti sul (tuo) divano a guardare la (tua) tivù, sgranocchiando (i tuoi) pop corn, imbrattando d’unto il (tuo) telecomando, anche gli “amici” rischiano di sembrare “brutti ceffi” al videocitofono. Specie se suonano con qualche anno di (colpevole?) ritardo. Già perché non tutti – in quell’angolo chiamato Oltrepò Pavese, incastrato da uno sciamano tra il paradiso e l’inferno dell’enologia italiana – sarebbero disposti ad aprire la porta volentieri al “Gerry Scotti viticoltore”.
Lo “Zio” più amato dal pubblico televisivo italiano, trattato alla stregua dei Testimoni di Geova. Proprio nella sua terra d’origine. La reazione sui social alla notizia che il conduttore Mediaset inizierà presto a produrre una linea di vini con l’appoggio della storica cantina Giorgi di Canneto Pavese è stata a tratti rabbiosa, a tratti polemica e a tratti – rari – di curiosa aspettativa. In pochi, insomma, sono pronti a scommettere ad occhi chiusi sul “vino democratico” di Gerry.
TUTTI CONTRO GERRY “Suppongo sarà l’ennesima porcheria commerciale – commenta sui social il primo dettrattore – solo a sentir dire ‘un vino frizzante’ mi viene la pelle d’oca”. Ne segue una sfilza. “Ma perché ognuno non continua a fare il suo mestiere? Faccia il conduttore e beva il vino che vuole. Se poi deve essere un’operazione di marketing la si faccia con buon senso”. “Meno male che arriva il Gerry Scotti a salvare l’Oltrepò Pavese con il suo vino ‘democratico’. Ma come, non precisa che è anche antifascista?”.
“Ma come si permette Gerry Scotti di parlare di vino a basso costo in Oltrepò?”, chiede un altro. “L’Oltrepò in giro per l’Italia è già vista terra di vini mediocri a basso costo. Ed avremmo anche necessità che Scotti promuova una sua linea di vini a basso costo? Direi proprio di no. Ben venga a questo punto un Tavernello… un prodotto da tavola senza denominazioni territoriali, legato ad un marchio privato e “costruito” con estrema semplicità, senza difetti”.
A far discutere è il prezzo di vendita, insomma. Che ancora nessuno conosce, dal momento che la presentazione della linea di vini di Gerry Scotti avverrà a Verona, in occasione di Vinitaly 2017. Qualcuno dei commentatori, di fatto, è più cauto. “Dipende tutto dal margine che uno vuole applicare. Diciamo la verità certi blasonati vini toscani, pensate possano davvero valere così tanto? E’ tutto valore aggiunto che i poveri consumatori associano a qualità, ma non sempre è proporzionale”.
Altri – ma sono pochi, pochissimi – criticano chi critica. “Io credo che Gerry Scotti intenda dire che ha un’idea di un vino “da tutti i giorni”, magari da 5 euro e che può essere comunque tecnicamente ben fatto. Non esageriamo nei complottismi, credo esprimesse l’idea di voler un vino non per forza esclusivo come quello prodotto ormai da tanti suoi colleghi Vip. Non attacchiamolo solo per un ‘pourparler‘ a Radio Deejay. Lui non intende essere il salvatore di nessuno (tantomeno dell’ Oltrepó Pavese) ha espresso solo un’ opinione e magari un suo progetto personale. Ma in Oltrepó c’è sempre da fare il tifo pro o contro a priori? Boh”. “Bisogna ancora intendersi sul vino ‘che costi poco’. Penso che non intenda fare beneficenza”, commenta un altro ‘compaesano’ di Gerry, in attesa di maggiori delucidazioni.
LA POSIZIONE DEL CONSORZIO “Credo che si tratti di un’operazione che farà bene all’intero territorio – commenta Emanuele Bottiroli, direttore Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese -. Gerry Scotti ha parlato di ‘vino democratico’. Questo aggettivo, ‘democratico’, ha aperto a molti interrogativi. Sui social, gente ignorante, che non sa di cosa parla, si è scatenata dicendo che Scotti viene in Oltrepò a produrre un vino da taglio prezzo. E’ un’assurdità totale, un’idiozia. Credo che ci sia sempre da ricordare cosa vuol dire ‘prezzo democratico’ per una star del suo calibro, che colleziona orologi di lusso, è un amante del ‘bel vivere italiano’ e, soprattutto, è un personaggio che ha legato la sua notorietà a valori etici, a una grande umanità, a un grande rapporto con la gente”.
“Se il vino di Gerry Scotti, come pare, dovesse arrivare in Grande distribuzione e Gerry Scotti, che poteva scegliere di farlo ovunque, non solo è venuto in Oltrepò ma ha scelto come partner un’azienda come Giorgi, produttori di filiera e famiglia che lega la sua storia e la sua stessa esistenza al vino di qualità, beh, c’è solo da essere felici”, continua Bottiroli, sicuro che “l’operazione avrà un riverbero positivo su tutto il territorio”. “Credo che una grande star che sceglie di venire in Oltrepò Pavese sia un segnale di incoraggiamento per i nostri produttori, che non devono avere paura di combattere non sul prezzo più basso ma sulla qualità che si sposi anche col prezzo”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4,5 / 5) Capita spesso di leggere, prima di stendere la recensione di un vino, le impressioni della casa produttrice riportate sulla controetichetta. A tal proposito il vino in questione, come tanti reperibili sugli scaffali dei supermercati Lidl, non regala un ventaglio dignitoso di informazioni. Ma da una più attenta analisi sul web, il sito tedesco della catena di (ex) discount, suggerisce un accostamento de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut (sboccatura gennaio 2016) agli antipasti.
Umili, almeno per una volta, i tedeschi. In realtà, questo Metodo Classico acquistabile per meno di 6 euro da Lidl, supera alla grande la nostra prova del calice. Candidandosi “sul campo” ad abbinamenti ben più strutturati d’un semplice entrée. E, non ultimo, a una menzione particolare tra le bottiglie “qualità-prezzo” acquistabili nel panorama italiano della Gdo.
Una spuma corposa, bianca, lascia presto spazio al giallo paglierino di uno spumante che rivela – già alla vista – buone caratteristiche. Il perlage, ovvero la “bollicina”, è fine e l’effervescenza è persistente. Al naso, L’Impertinente Crémant de Limoux Brut si presenta spavaldo: una carica intensa di sentori che richiamano, assieme, l’esotico e l’agrumato. Il leitmotiv è quello della crosta di pane e del burro, tipico dei lieviti. Poi cocco per la parte esotica; pompelmo e scorza di arancia e limone per la parte “acre”, unita a sentori (più vaghi) che ricordano il sidro di mele.
L’impronta minerale all’olfatto non manca, ma sarà ancora più evidente al palato. E’ qui che L’Impertinente da il meglio di sé. Giustificando il nome. Di fatto, eleganza mista a carattere: ecco spiegata l’accattivante etichetta. La “bolla” di questo Brut francese è di quelle che si fanno sentire, ma senza infastidire. A sorprendere è soprattutto la struttura di uno spumante che rischia davvero di essere preso sottogamba, per il prezzo al pubblico. E non è un discorso legato all’alcolicità, che si limita ai canonici 12,5%. Acidità viva, rotondità al limite della “poca morbidezza” e uno spunto minerale di rilievo spostano la lancetta verso durezze che raccontano un’equilibrio non canonico, quasi da ossimoro. L’equilibrio dell’impertinenza, per l’appunto.
Di nuovo le note fruttate d’agrume, che s’uniscono stavolta a una chiusura tutt’altro che facile, capace di riportare alla mente tra le più austere delle nocciole. Il finale è lungo, persistente. Debitamente e coerentemente impertinente. Detto ciò, quanto all’abbinamento: beh, fatene un po’ ciò che vi pare, a una temperatura di servizio tra i 6 e gli 8 gradi. Purché non si tratti d’un banale aperitivo, che finirebbe sovrastato. D’impertinenza.
LA VINIFICAZIONE Poco nulla è dato a sapersi sulle specifiche relative alla vinificazione de L’Impertinente Crémant de Limoux Aoc Brut. Quello che sappiamo per certo è che la base di questo spumante Metodo Classico francese è costituita da uve Chardonnay, con la possibile aggiunta – a completamento della cuvée – di Mauzac (nota a livello locale col nome di Blanquette) e Chenin Blanc, così come previsto dal rigido disciplinare della denominazione Crémant Aoc (Appellation d’origine contrôlée), diffusa nella zona sudovest della Francia, ai piedi dei Pirenei, nota appunto col nome di Limoux.
La produzione di Cremant è tuttavia consentita anche in Alsazia, Loira, Jura, Die Bordeaux e Borgogna. Non si tratta ovviamente di Champagne, ma le caratteristiche del clima e del terreno consentono la produzione ottimali di ottimi vini bianchi.
Interessante, oltre al prodotto L’Impertinente, anche il produttore. Si tratta di La Cave Sieur d’Arques, bella realtà con base nel Limoux che commercia vini di tutte le fasce prezzo, arrivando a punte di eccellenza riconosciute dalle maggiori guide nazionali francesi.
Sieur d’Arques si trova a 25 km dal borgo medioevale di Carcassonne ed è un player importante nel mondo del vino della Linguadoca-Rossiglione, dove è considerata una dei pionieri. La Cave des Vignerons di Sieur d’Arques ha sviluppato sin dagli 80 gli attuali 2800 ettari di vigneto, tutti appartenenti all’AOC.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Stride, sul collo della bottiglia, la fascetta della Doc, dopo il primo sorso di Camé, Bonarda dell’Oltrepò Pavese vendemmia 2016 imbottigliato dall’Azienda Vinicola M.G. Sas a Cassolnovo, piccolo borgo alle porte di Vigevano (non esattamente, dunque, “Oltre il Po”). E stride, ancor prima, il manifesto affisso al cestone del Penny Market,
nel quale sono rovesciate le bottiglie di quello che viene presentato come il “Vino del mese”.
La promozione è di quelle accattivanti: al vino in questione viene applicato uno sconto del 27%, che porta il prezzo da 2,19 euro a 1,59 euro. Per intenderci, il Bonarda Camé costa 2,12 euro al litro. Bastasse la convenienza, saremmo a cavallo.
Dal nostro esame, il prodotto ne esce – di fatto – a pezzi. Spuma assente, naso grezzo, palato impastato da una pastosità che ricorda il ritrito. Undici gradi e mezzo la percentuale di alcol in volume.
Un’acqua rossa che offende un territorio intero, per mano di una catena della grande distribuzione come Penny Market, che con questa etichetta – a dispetto di un assortimento che può vantare punte di eccellenza nel rapporto qualità prezzo, come l’imbattibile Bolgheri InSogno di Podere Guado al Melo, non a caso inserito nella nostra classifica 2015 delle migliori bottiglie di vino acquistabili al supermercato – tocca uno dei suoi punti più bassi.
Avrebbe potuto seguirla a ruota Esselunga, se non fosse che il Syrah 2014 Terre Siciliane Igt Costa Gaia è prodotto da un mostro sacro come Cantine Pellegrino di Marsala. Gente che, se rischia, lo fa coscientemente.
Il vino in questione, in sell out a spot la scorsa settimana nella catena di Caprotti al fantasmagorico prezzo di 1,99 euro (al netto di un 50 e rotti percento di sconto) risulta letteralmente “regalato” nel suo apparire nel calice perfettamente didattico (più che mai adatto, dunque, al pubblico della Gdo).
Classiche note del vitigno che spaziano dalla frutta rossa al pepe nero, unite a una facilità di beva strepitosa, nonostante i 13% che lo rendono tutt’altro che un “vinello” da quattro soldi.
Due vini, il Bonarda Camé e il Syrah Costa Gaia, capaci di mostrare il duplice volto del rapporto qualità prezzo del vino al supermercato. Saper scegliere, per scegliere bene.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(2,5 / 5) Spuma corposa, che si dissolve in qualche secondo. Grana della “bollicina” mediamente fine, su uno sfondo giallo paglierino intenso, luminoso. Di primo acchito non sembra male il Muller Thurgau Igt delle Venezie frizzante a marchio Von Steeiger: imbottigliato dalle Cantine di Ora (Schenk Italia) in provincia di Bolzano, viene prodotto dal colosso Effe.Ci. Srl, con sede legale presso Strada Nuova Naviglio 6, a Parma.
Una delle “big” del panorama della distribuzione vinicola italiana, che in Iper – la grande I opera anche con il marchio Jean Paul Roble. Facciamo un passo indietro, fondamentale per capire il “peso qualitativo” di questo vino sullo scaffale del supermercato: parliamo di un 100% Muller Thurgau del Triveneto, imbottigliato a Bolzano per conto di una Srl di Parma. Serve altro? Crediamo di no.
L’ANALISI
Dopo le prime (buone) impressioni all’esame visivo, il calice al naso si mostra con la semplicità attesa. Quella del vino da pasto, da tutti i giorni. Frutta bianca (pera) e gialla (pesca) accostate a sentori floreali freschi, compongono un bouquet lineare, che tenta di sovrastare un’impronta di solforosa piuttosto marcata. In bocca, il Muller Thurgau Igt delle Venezie frizzante Von Steeiger, nel confermare la propria semplicità, evidenzia un buono spunto minerale sapido. La persistenza di questo nettare è appena sufficiente. Vino bianco frizzante leggero – appena 11% la percentuale d’alcol in volume – da accostare a pasti non ricercati, adatto piuttosto ad aperitivi poco impegnativi.
Prezzo: 3,99 euro
Acquistato presso: Iper la grande I
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ci affacciamo oggi alla nuova tendenza di vino “naturale”. Il vitigno in questione è la veneta Garganega, poco valorizzata a dispetto delle sue caratteristiche. Davide Spillare, piccolo produttore di Gambellara, in provincia di Vicenza, produce l’etichetta L1, nome scelto in memoria di una disavventura personale del vignaiolo veneto.
L’ANALISI
Giallo dorato con leggeri riflessi aranciati, presenta un bollicina molto fine. Nonostante si tratti di un vino non filtrato, troviamo una buona limpidezza nel calice. Al naso l’autoctona Garganega si presenta molto pulita e gradevole. Un olfatto semplice, impreziosito da note di sambuco e frutta matura.
Ben più curiosa la parte gustativa, dominata in ingresso da un’effervescenza e da un’acidità invitante. Il vino si tinge poi di una buona mineralità di tipo fossile, prima di mostrare nuovamente una fascinosa morbidezza, data dalla frutta matura.
Naturalmente non ci aspettiamo un vino scolastico o tecnicamente perfetto: si percepisce infatti una leggerissima nota di ossidazione, che non impedisce alla beva di restare gradevole. Anzi, nell’insieme si trasforma in una delle componenti della Garganega L1 da apprezzare.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(5 / 5) Ecco un’etichetta di spumante che, secondo la classifica di vinialsuper del 2016, risulta tra le migliori in vendita al supermercato. Parliamo del Metodo Classico Trento Doc Brut Le Premier 2013 Cesarini Sforza, una delle migliori “bollicine” nel rapporto qualità-prezzo reperibili in Gdo.
Nel calice lo spumante si presenta vivo e brillante, di un color giallo paglierino con riflessi verdognoli. Spuma compatta e “catenelle” che evidenziano un perlage molto fine, ben ordinato nella salita. Il naso è elegante: sentori che risaltano la freschezza tipica della mela verde, in un bouquet di fiori bianchi. A un’analisi più attenta, ecco anche una leggera nota di miele. Al palato è immediatamente percepibile una buona sapidità. La freschezza data dall’acidità ben si sposa con la briosità del perlage.
Le sensazioni iniziali di frutta fresca ben si accostano a un finale mandorlato. Superlativo come spumante a tutto pasto, non disdegna l’accostamento a piatti a base di pesce, fritto o grigliato, o a primi piatti con sughi di pesce in bianco. Per i più curiosi, un invito: dimenticate una bottiglia di questo Brut Cesarini Sforza in cantina e assaporatene l’evoluzione tra qualche anno. Saprà stupirvi.
LA VINIFICAZIONE
Le Premier nasce dalle uve Chardonnay coltivate nei vigneti vocati del Trentino, in quell’area geograficamente delimitata che definisce la Denominazione di origine controllata Trento. Esposizione ed altimetria (Sud, Sud-est; 450 – 700 sul livello del mare) sono più che favorevoli all’uvaggio. La composizione è franco argillosa, con terreni profondi, ricchi di scheletro (pietre) sciolti fluvio-glaciali da disfacimento di rocce porfiriche, poco strutturati, sabbiosi.
La forma di allevamento delle uve Chardonnay è la Guyot, a pergola semplice trentina, con una densità di impianto di 4 mila ceppi per ettaro. La raccolta avviene in maniera manuale nella prima decade di settembre. Segue una pressatura soffice delle uve intere, una decantazione statica dei mosti e una fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox. L’affinamento perdura per 6 mesi circa.
L’azienda Cesarini Sforza nasce nel 1974 grazie alla volontà di alcuni Imprenditori del settore vitivinicolo trentino tra cui spiccano il Conte Lamberto Cesarini Sforza, che diede il nome all’azienda, e Giuseppe Andreaus personaggio di rilievo nella produzione di spumante metodo classico. La Cesarini Sforza dedica il suo marchio, l’Aquila, a due delle più nobili e celebri famiglie d’Italia, i Cesarini e gli Sforza, che nel corso dei secoli si sono unificate in una sola casata, nel cui stemma campeggia incontrastato il rapace.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(5 / 5) Un delizioso passito, a un prezzo straordinario. E’ il Dindarello 2015 di Maculan – Vignaiuoli in Breganze. Un vino dolce Veneto Igt ottenuto al 100% da uve Moscato. Straordinario il prodotto. E straordinario il prezzo al pubblico proposto dalla catena francese di supermercati Auchan. Concorrenziale, addirittura, rispetto a tutti i siti di e-commerce: clamoroso il caso di tannico.it, che lo colloca “in promozione” a 16 euro, a fronte di un “taglio prezzo” del 23% rispetto ai 21 euro di partenza.
Per l’ennesima volta, l’invito a tutti i lettori di vinialsupermercato.it a fare grande attenzione alle intricate “trame” dell’e-commerce di vino. Ma torniamo a parlare di questo splendido nettare.
Nel calice, Dindarello 2015 Maculan si presenta di una limpidezza cristallina, di grande luminosità. Le tinte sono quelle di un giallo paglierino che, da solo, chiama il sorso. Scorrevolezza poco densa e “lacrime” piuttosto fitte conducono l’osservatore a immaginare una buona morbidezza la palato. Ma ancor prima dell’assaggio, è il naso a incantare. L’intensità delle note di frutta candita a polpa gialla (albicocca), agrumi (arancia) e miele è netta e si unisce a sentori floreali secchi.
Presente anche una flebile vena balsamica, che richiama la menta. Il tutto in un sottofondo minerale, che sarà poi confermato da una leggera sapidità al palato, piacevolissima. In bocca, di fatto, sembra di assaporare il tipico Moscato che finisce sulla tavola degli italiani in occasione delle feste. Ma senza le “bollicine”.
Dindarello Maculan, per dirla tutta, pare la concentrazione dei sentori tipici del Moscato. La tecnica di vinificazione spinge l’acceleratore sui varietali dell’uvaggio, accentuandone aromaticità. Il segreto, in questo caso, è l’equilibrio. Tutt’altro che stucchevoli le note dolci di miele e frutta candita che, al palato, si fondono con la mineralità già decantata in precedenza e con una spalla acida in grado di tenere “in piedi” il sorso: una beva eretta, fiera, quella del Dindarello 2015 Maculan. Capace di chiamare un sorso dietro l’altro e, al contempo, invitando a divorare le delizie di pasticceria fresca scelte per accompagnarlo. Perfetto, a proposito, l’abbinamento con pasticcini a base di frolla e frutta, ricche di creme come la pasticcera.
LA VINIFICAZIONE
I vigneti nei quali viene cullato il Moscato atto a divenire Dindarello si trovano nella zona di Breganze e Fara, in provincia di Vicenza. Colline vulcaniche e tufacee, che conferiscono alla vite grande nutrimento, consentendo la produzione di vini complessi. Le uve, una volta raccolte, restano per circa un mese in fruttaio. Si tratta di un’operazione fondamentale per l’ottenimento di un buon vino dolce.
In questa fase aumenta in ogni singolo acino la concentrazione dello zucchero, col diminuire della presenza d’acqua. Si giungerà a una presenza zuccherina di 130 g/litro, a prodotto finito. La fermentazione viene condotta in tini di acciaio. E dopo tre mesi di affinamento in bottiglia, Dindarello è pronto per essere commercializzato.
Marchio che rappresenta una vera e propria garanzia per il Veneto e per l’Italia del vino, Maculan Vignaiuoli in Breganze è in realtà la storia di una famiglia appassionata e amante della propria terra d’origine. Opera da tre generazioni a Breganze, ai piedi dell’Altopiano di Asiago.
L’attività ha inizio nel 1947 grazie a Giovanni Maculan. Negli anni passa nelle mani di Fausto Maculan, che contribuisce in maniera decisiva all’affermazione attuale del marchio. Dal 2007, le figlie Angela e Maria Vittoria affiancano il padre nella direzione dell’azienda, che oggi conta 40 ettari con viti e ulivi e controlla direttamente una trentina di viticoltori selezionati.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Produrre un bianco di qualità, al di là di rare punte di eccellenza nella spumantizzazione, è la vera sfida della Puglia del vino. Con il Fiano Salento Igt Notte Rossa, San Marzano Vini Spa prova a sparigliare le carte. E ci riesce.
La cantina della provincia di Taranto riesce infatti a proporre al grande pubblico dei supermercati un vino bianco di assoluta qualità: un nettare fresco e beverino. Semplice, ma tutt’altro che banale. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, la vendemmia 2015. Nel calice, questo Fiano del Salento si presenta di limpidezza cristallina, per un giallo paglierino luminoso con riflessi verdolini.
Al naso è intenso (attenzione, a tal proposito, alla corretta temperatura di servizio, che deve aggirarsi fra i 12 e i 14 gradi): emergono sentori floreali ed erbacei, che spaziano dalla camomilla al fieno, in un sottofondo di soluzione salina. Evidenti anche le percezioni frutatte fresche, dalla pesca sino all’esotico. Scaldandosi, ecco sollevarsi dal giallo paglierino di questo Fiano salentino anche una vena balsamica che richiama l’arnica, unita alla foglia di pomodoro e alle tinte di rosmarino e alloro che richiamano la macchia mediterranea.
Una complessità, dunque, che si gioca tutta nel perfetto equilibrio tra le note vegetali e il bouquet fruttato. Al palato, il Fiano del Salento Igt Notte Rossa San Marzano si svela corrispondente alle percezioni olfattive. E non delude affatto le attese. La base minerale-salina fa spazio a un’acidità che dona freschezza alla beva, chiamando un sorso dietro l’altro.
Un calice ‘facile’, dunque, ma che sa regalare una persistenza di riguardo, intensa e mediamente fine. Vino da bere giovane per assaporarne appieno le caratteristiche organolettiche, il Fiano San Marzano si abbina alla perfezione alla cucina di mare: dagli antipasti ai crostacei, passando ai primi a base di sughi di pesce.
LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione è quella collinare a nord della provincia di Taranto, che gode di buone escursioni termiche tra il giorno e la notte. Il terreno è a medio impasto argilloso, poco profondo e con buona presenza di scheletro. Le uve vengono vendemmiate l’ultima settimana di agosto. La tecnica di vinificazione prevede una criomacerazione in pressa per 6-8 ore, con successiva pressatura soffice delle vinacce, decantazione statica a freddo e fermentazione alcolica a 11°. L’affinamento avviene in vasche d’acciaio, a temperatura controllata. La cantina produttrice è una realtà pugliese che affonda le radici nel 1962, quando 19 vignaioli di San Marzano si uniscono per fondare una realtà cooperativa che oggi conta oltre 1200 viticoltori.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) “Riserve prodotte solo nelle migliori annate da uve selezionate a mano, destinate al consumo domestico”. E’ in questo solco, fatto di grande responsabilità nei confronti del consumatore nonché delle condizioni climatiche – diverse ogni anno e in grado di modificare l’esito della vendemmia – che si inserisce la produzione del Teroldego Rotaliano Doc Riserva del Gruppo Mezzacorona.
Rapporto prezzo-qualità prepotentemente sbilanciato verso quest’ultima, per una bottiglia che non di rado vede abbassarsi ulteriormente il prezzo di vendita, grazie alle promozioni messe in atto dai supermercati. In particolare, sotto la lente di ingrandimento di #vinialsuper finisce oggi la vendemmia 2012, che precede l’ultima reperibile in commercio (2013).
Nel calice, il Teroldego Rotaliano Riserva Mezzacorona si presenta di un rosso rubino intenso, profondo, poco trasparente. Di consistenza scorrevole, la rotazione si lascia alle spalle archetti fitti. La firma di un’alcolicità importante che, tuttavia, non disturberà affatto la beva. Il naso, complesso, rappresenta l’ulteriore battesimo della qualità del prodotto. Il lungo periodo di affinamento in legno rende i sentori terziari leggermente preponderanti sulle (seppur nette) percezioni fruttate. Quella frutta matura che caratterizza il Teroldego trentino, dal ribes (che esplosione, a proposito, la sua) alla prugna.
Abbiate la pazienza di attendere qualche minuto gli effetti del contatto del nettare con l’ossigeno, per godere dell’evoluzione di sentori ancora più evoluti, come le note di liquirizia e cioccolato, pur sempre in un contorno di frutta matura. Un quadro di ottima finezza. Eccoci all’assaggio, infine. Pieno di aspettative, che trovano tutte confortanti riscontri. Il Teroldego Riserva 2012 Mezzacorona conserva una buona acidità e si presenta al palato caldo, sfoderando un corpo pieno. Perfetto l’equilibrio tra le varie componenti, compresa una tannicità ormai ottimale.
Il sapore è speculare all’olfatto: note di velluto di marmellata di prugna e ribes, per una chiusura che si tinge di spezie, anch’esse dolci. Intenso e fine il retro olfattivo, per una persistenza aromatica più che sufficiente. Un vino, il Riserva di Teroldego 2012 di Mezzacorona, da abbinare in cucina ad arrosti, grigliate o formaggi stagionati, oltre ai bolliti. Piacevole da gustare anche da solo, magari tra una pagina e l’altra di un buon libro.
LA VINIFICAZIONE
Mezzacorona coltiva l’autoctono Teroldego atto a divenire Riserva nella Piana Rotaliana, come ovvio in Trentino. L’uva viene pigiata e separata dai raspi. La macerazione delle bucce avviene con frequenti rimontaggi e la fermentazione si svolge a temperatura controllata attorno ai 25 gradi. Minimo 24 mesi di maturazione, di cui 12 in pregiato legno di rovere. Segue, prima della commercializzazione, un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia. Mezzacorona, società cooperativa agricola (Sca) di primo grado, rappresenta la holding capogruppo. Sul retro della bottiglia del Teroldego Riserva compare il nome della subholding Nosio Spa Mezzacorona, che gestisce tutta la fase di investimenti, commercializzazione e sviluppo anche tramite società controllate e specializzate. Un gruppo proprietario tra gli altri del marchio del Trento Doc Rotari, che nel 2015-16 ha registrato un fatturato complessivo di 163,4 milioni di euro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un sistema facile e intuitivo per comprendere, ancor prima di leggere la recensione, se siamo di fronte a un vino valido o, piuttosto, al cospetto di una sola.
Vinialsuper presenta oggi il nuovo metodo di valutazione dei vini recensiti nella categoria “supermercato”, dedicata alle bottiglie reperibili sugli scaffali delle maggiori insegne della grande distribuzione organizzata (Gdo) che operano in Italia. Una classifica che va da 1 a 5 “cestelli” della spesa, in grado di indicare il valore della bottiglia degustata.
Il punteggio, che prevede anche l’utilizzo di decimali (es: 3.5, 4.5) apparirà all’inizio di ogni recensione. Prima della descrizione del prodotto finito sotto la nostra lente di ingrandimento, troverete l’immagine stilizzata di cinque cestelli, che si coloreranno interamente o parzialmente, in base al giudizio assegnato.
Il nuovo sistema di classificazione grafica dei vini in vendita al supermercato riguarderà in primis le recensioni pubblicate a partire dal 2017. Col trascorrere delle settimane, il sistema sarà integrato anche sulle schede dei vini degustati lo scorso anno.
A fine anno, come già accaduto nel 2015 e nel 2016, pubblicheremo la classifica dei migliori vini in vendita al supermercato degustati nell’anno solare. E consegneremo un attestato di merito alle cantine produttrici dei vini che saliranno sul “podio” per le categorie “vino rosso”, “vino bianco”, “vino rosato”, “vino spumante” e “miglior cantina Gdo”.
A curare quella che è solo una delle novità che attendono i lettori di #vinialsuper nel 2017, è stato il nostro staff tecnico, a cui rivolgiamo un personale ringraziamento. Ai lettori, nuovamente un sincero augurio di buon anno dalla redazione di vinialsupermercato.it
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il vino è un mondo estremamente vario. Si passa da etichette giovani, che esprimono freschezza e vivacità, a prodotti più “datati”, che regalano morbidezza e calore. Quando troviamo però bottiglie che dovevano essere bevute giovani, riscoperte dopo anni e date ormai per “spacciate”, che una volta aperte e decantate si mostrano eccellenti e complesse… Beh, il nostro amore per il mondo del vino si rinnova e rinvigorisce. E’ il caso de La Grola Veronese Igt 2001 della nota casa vinicola veneta Allegrini.
LA DEGUSTAZIONE
Il vino, di color rosso granata con qualche riflesso mattone, presenta una leggera torbidezza, ma data l’età ormai avanzata gli concediamo questo piccolo difetto. Conserva comunque una buona scorrevolezza e una buona concentrazione di glicerolo.
Il naso si presenta ancora pulito e senza odori strani. Qualche componente volatile fastidiosa è sparita dopo 2 ore di passaggio in decanter. Sentori delicati di vaniglia si mescolano a note balsamiche e frutti rossi, nel complesso empireumatico, un vino non semplice, con mille sfaccettature che si mescolano, dal cuoio al pepe nero.
Al gusto si presenta ancora vivo. E dopo ben 15 anni, un vino da bere nei primi 3-4 anni dalla vendemmia che si presenta in questa “forma”, fa capire che l’azienda ha ben lavorato. Troviamo un corpo non troppo spinto, che conserva una bevuta delicata e scorrevole. Compaiono ribes e mela, con note balsamiche addomesticate da una certa sapidità. Il che conferma la freschezza di questo vino. Turando le somme: un’esperienza gustativa complessa da giudicare e raccontare, proprio per la rarità dell’occasione. Ma è questa la benzina che alimenta la nostra ricerca.
LA VINIFICAZIONE
Il Podere “La Grola” rappresenta, secondo l’antica leggenda che vuole l’uva Corvina nata proprio su questa stupenda collina, il luogo eletto “a fare vino” e, da sempre, il vigneto simbolo della Valpolicella Classica. Siamo esattamente a Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona. E questo prodotto di Allegrini è ottenuto appunto da Corvina e Corvinone (80%), Oseleta 10% e Syrah 10%. Il terreno è prevalentemente argilloso e calcareo, ricco di scheletro e povero di sostanza organica. La raccolta manuale delle uve viene effettuata nella seconda metà di settembre.
Segue una pigiatura soffice con diraspatura delle uve. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata, con rimontaggi giornalieri periodici. La Grola viene dunque sottoposto a fermentazione malolattica, naturalmente svolta nel mese di ottobre in barrique. La maturazione si compie in barrique di rovere francese di secondo passaggio per 16 mesi, con ulteriore affinamento in bottiglia per 10 mesi, prima della commercializzazione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Per il quarto anno consecutivo Lidl si conferma “Insegna dell’anno”. Il premio 2016-2017 è stato assegnato dai clienti che hanno espresso le loro valutazioni online sull’operato di oltre 450 insegne retail suddivise in 27 categorie: dall’abbigliamento all’elettronica, dall’arredamento ai supermercati. Lidl Italia è risultata vincitrice assoluta non solo della categoria di appartenenza, “Supermercati”, ma anche del premio che decreta l’insegna che ha ottenuto le migliori valutazioni sia da un punto di vista quantitativo (numero di voti) che qualitativo (media voti). “Si tratta di un record – evidenzia il gruppo tedesco attivo dal 1992 in Italia – nessun’altra insegna partecipante aveva finora registrato quattro vittorie consecutive”.
Terminata l’eco degli scrosci di applausi, ecco qualche significativo dettaglio su come ci si aggiudica il premio, che ha visto tra l’altro “Iper, La grande i” trionfare nella categoria “Ipermercati”, strappandolo a Coop. I consumatori possono valutare le loro insegne preferite sulla base di “nove principali fattori che contano negli acquisti”. Un esempio? I tre criteri legati al prezzo: rapporto qualità-prezzo, livello dei prezzi e promozioni. Quindi un focus sui criteri legati al servizio: servizio, competenza degli addetti e cortesia. Infine sull’ampiezza di gamma: assortimento, atmosfera e innovazione. Oltre alla valutazione su ogni tema su una scala da 1 a 10, è possibile inserire una spiegazione aggiuntiva.
Criterio
Punteggio
Importanza
Punteggio x Importanza
Assortimento
7,5
12,96%
0,97
Cortesia degli addetti
6
9,84%
0,59
Rapporto qualità-prezzo
8
18,69%
1,5
Servizio
5,5
9,69%
0,53
Promozioni
6,7
15,40%
1,03
Livello prezzi
6,7
11,30%
0,76
Atmosfera
7
3,20%
0,22
Innovazione
7,5
14,81%
1,11
Competenza addetti
6,9
4,11%
0,28
Risultato finale
7
I clienti vengono invitati a votare online, ma anche grazie alla presenza di apposita cartellonistica in-store, che in questi anni – secondo le nostre impressioni – è apparsa quasi esclusivamente all’interno dei punti vendita Lidl. E c’è un perché. I promotori del premio “Insegna dell’anno” mettono a disposizione, per una cifra che parte dai 250 euro, dei “pacchetti offline”: poster, volantini, vetrofanie “e molte altre soluzioni” con il marchio della manifestazione, nell’ottica di “comunicare ai clienti la partecipazione alla manifestazione e invitarli a valutare già in punto vendita”. Insomma: più investi, più ottieni voti. Più hai la possibilità di aggiudicarti il titolo. Ma non finisce qui.
Per la prima volta, nel 2016, alle insegne è stato offerto “uno strumento in più per conoscere il parere dei loro clienti”. Quale? La possibilità di inserire “fino a tre domande personalizzate nel questionario”. Come? Pagando, of course. Il costo è di 1000 euro per una domanda aggiuntiva, 750 euro l’una per due domande e 600 euro l’una per tre domande. Semplice, facile ed evidentemente conveniente. Più in generale, le insegne possono contattare i consumatori per farsi valutare e per generare un numero adeguato di voti. Se ne richiede un minimo di 380, rendendo così ancora più fondamentale la visibilità della partecipazione dell’insegna al concorso.
COS’E’ “INSEGNA DELL’ANNO” A spiegare (parzialmente) cos’è “Insegna dell’Anno” ci pensa il sito web del concorso. “E’ la più grande ricerca sui consumatori in Italia – si evince – il suo successo cresce di anno in anno dal 2008. L’anno scorso vi hanno partecipato oltre 244 mila consumatori. Se i consumatori decretano che la tua insegna è la migliore, il titolo di Insegna dell’Anno è tuo per un anno e questo ti dà un enorme vantaggio competitivo!”. Perché le insegne dovrebbero partecipare?
La risposta, in un elenco: “Insegna dell’Anno è la più grande ricerca sui consumatori in Italia; oltre 244.000 consumatori; 27 vincitori di categoria e un vincitore assoluto; strumento di marketing ideale; apprezzato dai consumatori; genera attenzione e grande interesse da parte dei media; fornisce informazioni sulle esigenze dei consumatori e su come ti valutano; informazioni su come vengono valutati i tuoi competitor e sul tuo posizionamento”.
Ma per sapere qualcosa di più sugli organizzatori, occorre fare qualche “clic” in più. E scoprire, così, che a promuovere “Insegna dell’anno” è SEIC – Studio Orlandini, una società di consulenze e servizi rivolti al mondo della grande distribuzione e dei centri commerciali. “Nasce nel 1989 dall’esperienza di Carlo Orlandini – si legge sempre sul sito web – a cui si devono i primi centri commerciali e ipermercati in Italia, e di sua figlia Beatrice, che vanta un’esperienza ventennale in retail tour all’estero. Dal 2014 Beatrice Orlandini è partner di Q&A ed è responsabile dell’edizione italiana di Insegna dell’Anno. Assieme a Q&A organizza per conto di Assofranchising il premio l’Asso del Franchising, creato sulla falsariga di Insegna dell’Anno per premiare le eccellenze nel mondo del franchising”.
Sponsorizza l’evento e lo speciale Dossier “Largo Consumo”, la rivista dedicata al retail e ai mercati dei beni food e non food a maggiore diffusione in Italia. Largo Consumo cura la serata di evento di premiazione dell’Insegna dell’anno, e lo speciale Dossier dedicato ai vincitori. Sempre sul sito web della manifestazione, un’informazione vitale: “Sono disponibili diverse opzioni di sponsorizzazione, il nostro team è a disposizione per trovare la soluzione più adatta alle esigenze della tua azienda”. E adesso, per un anno e fino alla prossima edizione del premio, buono spot a tutti. In tv. E per le corsie dei supermercati Lidl.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
È una di quelle bottiglie capaci di tenerti incollato al calice, per scoprirne secondo dopo secondo le nuove sfumature. Il Metodo Classico Extra Brut Rosè 2010 Traverse della Cooperativa La Kiuva di Arnad è ottenuto al 100% da uve Nebbiolo, coltivate nel Comune di 1.300 abitanti della bassa Valle D’Aosta. Assieme a un paio di strepitosi Chardonnay, certamente uno dei prodotti di “punta”. Nel vero senso della parola.
La raccolta degli acini, che avviene rigorosamente in maniera manuale, riguarda solo la “punta” del grappolo, ovvero la parte più vicina al terreno. Un’accurata selezione voluta dall’enologo de La Kiuva, Sergio Molino, che ha trasformato in realtà il sogno di Alberto Capietto, compianto direttore commerciale della Cooperativa valdostana, scomparso nel 2013. Un prodotto, la bollicina di Nebbiolo Traverse, che mira a conquistare il mercato nazionale, al di là di quello regionale. Oggi il progetto è nelle mani del giovane direttore della Cooperativa, il 43enne Ivo Joly.
LA DEGUSTAZIONE Il Metodo Classico Traverse La Kiuva si presenta nel calice di un rosato aranciato che non può che incuriosire. Un perlage molto fine e molto persistente ravviva una vista ipnotica. Al naso è strepitosa l’evoluzione compiuta dal Nebbiolo sur lie. La vendemmia 2010 (sboccatura avvenuta nei primi mesi del 2016) assume all’olfatto tinte molto complesse. Sentori “dritti”, taglienti. Ma allo stesso tempo avvolgenti.
Netta l’impronta del terroir, con mineralità e sapidità che impreziosiscono le note tipiche del Nebbiolo: frutta a bacca rossa di bosco, lamponi e fragoline su tutti. Non manca uno spunto agrumato e speziato, capace di riportare alla mente buccia dell’arancia e cannella. Un quadro che si chiude, così, su tinte balsamiche.
Al palato, la “bollicina” è viva ma non invasiva. E in un’ottica di perfetto equilibrio e di grande freschezza, sono le note di fragolina di bosco e di lampone a dominare la scena, prima di una chiusura che si fa nuovamente balsamica e lievemente speziata (buccia d’arancia su corteccia di cannella).
Un Vino Spumante di Qualità, proprio come recita l’etichetta. E una Cooperativa, La Kiuva, che dimostra come si possa fare qualità assoluta e di livello quantomeno nazionale. Puntando senza compromessi sulla qualità.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Da una parte il Cervaro della Sala 2003, prodotto di punta di Castello della Sala, l’azienda vitivinicola umbra di proprietà dei Marchesi Antinori, viticoltori da 26 generazioni, con tenute in ogni angolo del globo, tra Italia, Ungheria, Sud America e Nuova Zelanda. Dall’altra un profumato e gustoso tartufo bianco d’Alba, a condire con il burro delle pappardelle all’uovo. Sarà un matrimonio felice? Prima di scoprirlo, occorre degustare il vino.
Nel calice si presenta giallo dorato di buonissima intensità e vivacità, che indica una perfetta conservazione. Il naso è dotato di ottima intensità, complessità e finezza, con un caleidoscopio di sensazioni che spaziano dalle note mature di mango, banana, clementina e susina bianca, di fiori d’acacia appassiti e rosa gialla, di vaniglia, cannella e pepe bianco, alle quali seguono riconoscimenti di cioccolato bianco e tabacco biondo, su sfondo di erbe aromatiche.
In bocca il carattere grasso dello Chardonnay, con la sua morbidezza e il tenore alcolico perfetto, è ben bilanciato dalla freschezza e sapidità donate dal Grechetto e dal terreno. Il risultato è un vino dal grande equilibrio e che invita a continui riassaggi. Ottima la persistenza con finale coerente con la complessità olfattiva.
Vino eccellente, impreziosito dalla possibilità di invecchiare ancora per qualche anno.
Le uve utilizzate da Marchesi Antinori in occasione della vendemmia 2003 del Cervaro della Sala furono Chardonnay per l’80% Grechetto per il 20%, coltivate nei pressi di Sala, distante appena 18 km da Orvieto, su terreni ricchi di fossili, a una altitudine tra i 200 e i 400 metri sul livello del mare. Le due varietà di uve, vinificate in maniera distinta, subiscono una macerazione sulle bucce di 8 ore a 10 gradi. Dopo la fermentazione, passano 5 mesi in barrique di rovere francese a contatto con i propri lieviti, dove svolgono la fermentazione malolattica. L’annata 2003 fu tra le più calde degli anni 2000, facendo maturare perfettamente le uve, ma senza compromettere la fondamentale acidità. Ed ora la prova dell’abbinamento…
Il piatto con il tartufo bianco è ben sostenuto dalla struttura del vino e la grassezza data dal burro e dall’uovo dall’uovo delle pappardelle è contrastata ottimamente dall’acidità e dalla sapidità del vino. Lo Chardonnay passato in legno si conferma un compagno perfetto per il pregiato tubero bianco e il Grechetto dona vivacità al tutto, facendo terminare la gustosissima ricetta nel piatto e il vino nel calice in un men che non so dica. Il matrimonio si rivela assolutamente felice e a da ripetere nella prossima stagione dei tartufi.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(4 / 5) Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it un vitigno straordinariamente interessante come l’Aglianico del Vulture. In particolare l‘Aglianico di Casa Maschito, vendemmia 2013. Nel calice, il vino si presenta di colore rosso porpora con riflessi rubino, limpido e brillante, con archi stretti e fitti.
Al naso le premesse immaginabili sin dal primo sguardo: sentori di confettura di amarene e frutti selvatici di sottobosco. Nonché una percezione dell’alcolicità gradevole, con note pungenti e speziate a fare da contorno. Al gusto la tannicità è evidente, tipica di questo vino di grande longevità. Un tannino che, però, non impedisce affatto alla beva di risultare piacevole. Anzi: un sorso tira l’altro.
Buona anche la persistenza aromatica. Le note di foglia di pepe nero si mescolano alla mineralitá tipica dei vini della Basilicata: uno dei più sinceri esempi in Italia di “terroir”, capace di conferire anche a questo Aglianico – dall’ottimo rapporto qualità prezzo – un interessante sentore di grafite. Perfetto l’abbinamento di questo vino in cucina con secondi piatti di carni rosse, arrosti e formaggi stagionati. Rigorosa la temperatura di servizio, dai 18 ai 20 gradi.
LA VINIFICAZIONE
Questo rosso di Casa Maschito è ottenuto in purezza da uve Aglianico, del biotipo Vulture. L’area di produzione è quella della fascia collinare del Comune di Maschito, in provincia di Potenza: terreni freschi vulcanici e argillosi. La vendemmia dell’Aglianico avviene nell’ultima settimana del mese di novembre. Alla pigiadiraspatura delle uve segue una macerazione delle bucce con fermentazione del pigiato in acciaio inox a temperatura controllata al di sotto dei 25 gradi.
Le macerazioni durano in media dai 10 ai 15 giorni, durante i quali vengono effettuati frequenti rimontaggi all’aria del mosto. La fermentazione malolattica avviene entro 60 giorni dalla vendemmia. Il vino affina 24 mesi in piccole botti di rovere francese da 228 litri e viene commercializzato in seguito ad ulteriori 12 mesi di maturazione in bottiglia. Casa Maschito è ormai una realtà vitivinicola ben consolidata in Basilicata. Dieci gli ettari vitati di proprietà di una cordata di imprenditori che hanno fondato la cantina nel 1999.
Prezzo: 4,90 euro
Acquistato presso: Supermercati Dok
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Le potete trovare tutte a questo link le recensioni del vino in vendita nei supermercati italiani firmate da vinialsupermercato.it. Ci rendiamo conto che sono tante. E allora vi aiutiamo. Dopo la lista dei migliori vini degustati nel 2015 – anno della nostra fondazione – ecco quella aggiornata al 2016. Un viaggio nell’Italia del vino che prova a proporre qualità, anche nell’ambito dei grandi numeri della grande distribuzione organizzata. L’occasione buona per augurare buon Natale e buone feste a tutti i nostri lettori!
In particolare, tra i rossi, la spunta quest’anno il Brunello di Montalcino Docg Riserva 2006 di Villa Poggio dei Salvi (Toscana), in vendita nei supermercati Il Gigante, catena milanese con sede a Bresso, attiva nel Nord Italia. Tra i bianchi, soprattutto nell’ottica del rapporto qualità prezzo, non possiamo che insignire il Verdicchio dei Castelli di Jesi 2015 Titulus (Marche), della casa vinicola Fazi Battaglia. Lo potete trovare sugli scaffali di numerose catene della Gdo italiana. Tra gli spumanti, sul podio il Valdobbiadene Superiore Docg Prosecco Giustino B 2015 delle cantine Ruggeri (Veneto), assieme al Franciacorta Docg Saten Brut Castel Faglia (Lombardia). Tra i rosati, ecco spiccare la bella storia nel calice del Negramaro Rosato del Salento Igt 2015 Hiso Telaray, prodotto dalla Cooperativa sociale Terre Puglia Libera Terra: un vino che fa bene anche alla coscienza.
Spazio, quest’anno, anche per la segnalazione di un “vino quotidiano“, ma di altissima qualità: il Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc frizzante Vigna della Composta, prodotto da Fratelli Agnes a Rovescala (Lombardia). Miglior cantina 2016 che opera in Gdo, per noi di vinialsupermercato.it, è senza dubbio la Quaquarini Francesco di Canneto Pavese: qui la storia di questa importante realtà oltrepadana, che opera in un territorio difficile, puntando sul biologico e sull’attenzione alla qualità. Sia in campagna, sia in cantina.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Prosecco “chic”. Viene presentato così, in una massiccia campagna pubblicitaria, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Sanvito e Maset, bollicina veneta del marchio privato “Grandi Vigne” di Iper, La Grande i. E i punti vendita della catena Iper Montebello Spa si vestono a festa per l’occasione.
Enormi manifesti ricoprono in questi giorni le facciate principali, mostrando la bottiglia, due flute, e un piatto di gamberi. Quindici giorni di tempo per approfittare della promozione, valida fino al 31 dicembre, che vede il Prosecco Grandi Vigne ribassato del 35%: da 7,95 euro a 4,99 euro (6,66 euro al litro). Troppo per un Prosecco? O troppo poco? Noi che l’abbiamo assaggiato vi diciamo che – in linea generale – è un buon prodotto: fatevi scivolare addosso la botta di solforosa iniziale (quel tipico sentore di zolfo che caratterizza al naso l’utilizzo dei solfiti, i ‘conservanti’ del vino) e lasciate un attimo lì il calice, prima di iniziare a bere. Perlage mediamente fine e persistente che in bocca si tramuta in una bolla presente e piacevole, poco aggressiva, su tinte di mela verde.
E poi c’è chi punta decisamente più in basso. Come Carrefour, che propone a volantino il Prosecco Doc Campo del Passo a 2,99 euro, rispetto all’iniziale 5,99 euro (-50% netto). Da Esselunga, il Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg è quello dei Produttori di Valdobbiadene, sugli scaffali dello storico retailer milanese a 4,61 euro (40% di sconto sul prezzo pieno di 7,69 euro). Spazio anche alla Franciacorta, con la Cuvée Imperiale di Berlucchi ‘tagliata’ a 7,99 euro. A vestire la maglia delle bollicine trentine l’ottima Cesarini Sforza, con lo Spumante Metodo Classico Millesimato a 6,83 euro, rispetto gli iniziali 11,39: roba da mettersene in cantina (come minimo) un cartone.
Sull’altra faccia della falce e del carrello ecco Coop, che batte tutti con il “Sottocosto” e sceglie Ferrari per la tavola di Natale degli italiani. Il Metodo Classico Brut astucciato della nota casa vinicola di Trento è in promozione fino al 24 dicembre a 7,58 euro, con un ribasso del 30% rispetto agli iniziali 10,83 euro.
Conad, a volantino, riporta tutti in Veneto. Con il suo 40% di sconto sul Prosecco Superiore Docg Valdobbiadene Astoria (3,90 euro), ma soprattutto con il top di gamma veneta Cartizze Oro Valdo (8 euro). La risposta della Franciacorta al Trento Doc di Ferrari in promo nei supermercati Coop è affidata al Metodo Classico Contadi Castaldi, a casa vostra per “soli” (citiamo appunto il volantino) 12,90 euro.
Auchan, in pieno stile francese declinato al Natale 2016 (vedi Prosecco al Carrefour) punta tutto sulla base della base con Rocca dei Forti, forte anche della spinta che, come ogni anno sotto Natale, arriva dalla campagna pubblicitaria televisiva del gruppo di Serra San Quirico, Ancona: appena 1,99 euro per portarsi a casa la bollicina.
Non mancano però offerte interessanti sull’asse Trento-Verona: fino alla Vigilia di Natale, Cesarini Sforza a 7,99 euro (1,16 euro in più rispetto alla promozione di Esselunga) e Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Brut Scudo Verde Val D’Oca a 4,99 euro, in risposta al Grandi Vigne di Iper, La grande i.
Curiosa la scelta di Lidl, che preferisce privilegiare vini rossi fermi e importanti come l’Amarone della Valpolicella (taglio prezzo di 3 euro dal costo iniziale di 15,99 euro) e il Bolgheri Doc Toscana (da 11,99 a 8,99 euro), bianchi come il Pinot Griglio Veneto Igt (ribasso di un euro, per un prezzo al pubblico di 3,99 euro) e birra artigianale (in questo caso la promo è un 3×2: 2,98 euro al posto di 4,47). [sg_popup id=”1″ event=”onload”][/sg_popup]
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ughetta di Canneto. O “Uvetta di Canneto”. Fondare un’intera produzione vinicola su un un uvaggio autoctono semisconosciuto potrebbe sembrare da folli, al giorno d’oggi. Ma se quel vitigno ha un nome “così”: beh, forse rischia d’esserlo ancor di più. Ciò che è veramente curioso è che succede – e per davvero – in Oltrepò Pavese. Terra di vino che sforna decine di “Bonarde” tutte uguali. Specie se ci si ritrova a pescare sugli scaffali della grande distribuzione organizzata. Tra i primi e i secondi prezzi. Ma all’azienda agricola Quaquarini Francesco, il sillogismo non quaglia. Un utilizzo particolare e attento dell’Ughetta di Canneto costituisce il vero segreto della produzione. Il suo incantevole fil rouge. Già. Ad un’attenta analisi, il blend su cui si fonda il più “banale” dei vini rossi oltrepadani conduce dritto alle punte di qualità espresse dal Buttafuoco. Quello Storico. Un filo spesso, solido. Palpabile. Tanto all’olfatto quanto al palato.
Capace di rendere speciale il vino di tutti i giorni, il Bonarda. E superlativo ciò che, per antonomasia in Oltrepò, deve risultare di per sé eccellente: il Buttafuoco Storico, per l’appunto. Una qualità così – trasversale, netta, oggettiva, lineare – che comincia dal vino “base” per raggiungere il top di gamma, passando peraltro dalle “bollicine”, in Lombardia come in altre regioni d’Italia è difficile da riscontrare in una singola realtà produttiva. Mettici pure che la Quaquarini produce in regime biologico – praticamente da sempre, ma con certificazione ufficiale per la campagna arrivata nel 2003 e per la vinificazione nel 2010 – e ti sembrerà d’esserti addormentato, sognante, con un calice di vino in mano, lontano da Pavia. Nel bel mezzo di un raro, inatteso trionfo della Coerenza.
Dell’Ughetta di Canneto ha fatto un vanto Lino Maga, il “Signor Barbacarlo”. Ma anche Francesco Quaquarini, oggi giovanotto di 83 anni, ha giocato un ruolo fondamentale nella sua valorizzazione. “Uno dei primi libri che raccontava l’ampelografia del nostro territorio, la ‘Pomona italiana’ del botanico Giorgio Gallesio – spiega Umberto Quaquarini, timoniere e tuttofare dell’azienda giunta con lui alla terza generazione – all’inizio del 700 classificava in Oltrepò Pavese un’uva dalla quale si ricavava un vino, secondo l’autore, ‘tra i più buoni d’Italia’. Quell’uva era l’Uvetta, o Ughetta, o Vespolina. L’Uvetta era coltivata soprattutto a Canneto Pavese, nome preso nel 1886 dal nostro Comune, mutando dall’originario Montù de’ Gabbi. Dopo la fillossera, l’Uvetta è stata sostituita in quasi tutto l’Oltrepò da Croatina e Barbera, più resistenti, più facili da coltivare e più produttive”. Ma non dappertutto.
All’inizio degli anni 90, la svolta. “L’Università di Piacenza ha condotto uno studio sull’Uvetta – continua Quaquarini – ritrovando i primi cloni, quelli originali, nei vigneti di mio padre Francesco e in quelli di Lino Maga. Noi ne abbiamo tuttora diversi ettari. E la usiamo in tutti i nostri vini rossi, per un minimo dell’8%, sino a un massimo del 15”. Forse per quella scarsa vena imprenditoriale che caratterizza il 90 (+5) % dei vignaioli oltrepadani, la cosa non fu mai fatta ‘pesare’ sul piatto della bilancia vitivinicola italiana. Tant’è vero che lo stesso Quaquarini, oggi, vinifica in purezza la preziosissima Ughetta. Ma ne realizza solo poche centinaia di bottiglie, circa 300, che sostanzialmente hanno un ruolo marginale nel ventaglio della proposta commerciale dell’azienda. Un vero peccato. Perché quando assaggi l’Uvetta, o Ughetta, di Quaquarini, ti si apre un mondo.
Capisci davvero perché è speciale la sua Bonarda (sbalorditiva “La Riva di Sas” 2015, new entry “senza solfiti”), scoprendone il segreto intrinseco, nascosto sotto quella spuma corposa che si dissolve nell’aria, liberando profumi intensi di frutti rossi. E sorseggi un vino complesso come il suo Buttafuoco Storico Vigna Pregana (la 2003 è un trionfo tutto giocato sull’equilibrio tra il balsamico e il minerale, sullo sfondo di una frutta rossa ancora succosa e un tannino avvolgente, mentre la 2010 è da bronzo per Decanter 2016) andandone veramente a cogliere l’essenza. Con la semplicità con cui un bambino scarta una caramella. Ecco da dove ‘arrivano’ quei terziari che terziari, almeno per la Bonarda, non possono essere: pepe, cannella, paprika, liquirizia. Magica e tipicizzante Ughetta, insomma. Ma non solo.
Basti pensare che il vino che ha reso grande Quaquarini è il Sangue di Giuda Vigna Acqua calda (i vigneti sono situati sopra l’antico sito delle terme di Recoaro), risultato il vino più bevuto all’Expo 2015 di Milano. Ma c’è un altro prodotto che vale la pena di conoscere. E’ il Metodo Classico Brut Docg Classese, attualmente in commercio con la vendemmia 2009. La bollicina top di casa Quaquarini. Settanta mesi sui lieviti, sboccatura tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Ottenuto al 100% da uve Pinot nero. I sentori di lievito non sono invasivi, anzi. Una vena floreale domina naso e palato, assieme al miele d’acacia. Il sorso invoglia il successivo, non tanto per la freschezza conferita dall’acidità, quando per un’inattesa sapidità che ben si bilancia, specie in chiusura, con le note fruttate giovani. Il perlage è delicato, avvolgente, non aggressivo.
QUAQUARINI, LA GDO E LA BONARDA Alti standard, dunque, che si ritrovano anche nei prodotti destinati alla grande distribuzione organizzata. Carrefour, Coop, Bennet, Pam, Alfi Gulliver e Basko le catene in cui sono presenti le etichette Quaquarini, ormai da 25 anni. Sono 250 mila le bottiglie che finiscono sugli scaffali dei supermercati, su un totale complessivo di 700 mila. “Fu una scelta rischiosa e allo stesso tempo coraggiosa – spiega Umberto Quaquarini – in quanto all’epoca il supermercato era vissuto come il nemico dei vignaioli. Iniziammo quest’avventura con il terrore addosso, dal punto di vista commerciale. Ma oggi non possiamo che essere fieri dei risultati conseguiti. E devo ammettere che l’azienda è cresciuta anche grazie alla Gdo”.
Un canale nel quale la realtà di via Casa Zambianchi 26 opera con coscienza e cognizione di causa. “La nostra Bonarda – sottolinea Quaquarini – è in vendita a un prezzo che supera abbondantemente i 5 euro, a dispetto di un prezzo medio di 2,60 euro. Purtroppo le prime dieci realtà della Bonarda in Oltrepò, dal punto di vista numerico, sono imbottigliatori e non produttori che possono permettersi prezzi del genere, o anche inferiori. Basti pensare che il 75% del Bonarda viene imbottigliato fuori dall’Oltrepò Pavese. Una follia pura, che costringe i produttori a guardarsi dall’estinzione. Il resto lo hanno fatto gli scandali, che hanno fatto diventare la nostra area vitivinicola la più controllata d’Italia”.
QUEI CONTROLLI IN VENDEMMIA
Umberto Quaquarini si riferisce ai “controlli a tappeto” effettuati dalle forze dell’ordine a carico della sua azienda, in occasione dell’ultima vendemmia. “Siamo stati ‘visitati’ due volte nel giro di 10 giorni, nel mese di settembre. Le verifiche hanno interessato l’attività di campagna, con i militari impegnati per ore a verificare la regolarità dei contratti di lavoro del personale assunto ad hoc. Controlli durante i quali le operazioni di vendemmia sono state ovviamente interrotte, con conseguenti costi ricaduti sui sottoscritti. Per sentirci dire, alla fine, che era tutto a posto”. Che sia arrivata qualche “falsa soffiata” da qualche concorrente? “Non lo so – replica il produttore – quel che è certo è che la cosa ci è suonata alquanto strana. E se la sommiamo a tutta la burocrazia legata alla certificazione biologica, rischiamo di finire per sentirci sempre più schiacciati dalla carta, in questo Paese”.
Un problema che, in estate, Umberto Ququarini ha affrontato direttamente con l’ormai ex ministro Maurizio Martina, che ha visitato l’azienda non in veste istituzionale, bensì da privato cittadino (ovviamente con Digos and company al seguito). “E’ stata una piacevole sorpresa – ammette il viticoltore pavese – perché da pochi mesi avevamo ricevuto un certificato di qualità da parte dello stesso Ministero per la nostra attenzione all’ambiente, tanto in campagna quanto in cantina. Ci fu pure modo di sorridere, con mio padre che tentava di offrire delle fette del nostro salame al ministro. Fino a scoprire, grazie all’intervento del suo portavoce, che è vegano!”.
QUAQUARINI E IL CONSORZIO
Eppure, come peraltro molte realtà di lustro dell’Oltrepò, la Quaquarini non aderisce al Consorzio di Tutela Vini locale. “Mio padre fu tra i soci fondatori – evidenzia Umberto – ma abbiamo preferito uscirne, per una visione completamente distante dalle posizioni dell’ente”. Oggi, l’azienda aderisce al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese. “Spiace combattere da fuori il Consorzio una battaglia che dovrebbe essere comune a tutti i produttori della zona – chiosa Quaquarini – ovvero quella per la qualità. Al di là degli annunci sulla stampa, ritengo che dovremmo parlarci davvero, tra di noi. Sederci allo stesso tavolo e prendere delle decisioni comuni, per l’interesse di tutti”.
“La mia ricetta? All’Oltrepò del vino – risponde Umberto Quaquarini – servirebbe un manager vero, credibile. Una figura di reale spessore, che col suo carisma sia in grado di mettere d’accordo tutti, promuovendo il territorio come merita. Il Distretto del Vino fa benissimo il suo lavoro, ma sarebbe ora che non esistesse più: perché il Consorzio di Tutela è anche il mio. O almeno vorrei che così fosse”. La sintesi perfetta di un territorio che, invece, pare sempre più diviso. E in bilico. Tra gli interessi dei grandi gruppi. E l’amore di chi vive da generazioni del frutto di questo territorio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Cisterna d’Asti è una Doc piemontese praticamente sconosciuta, situata tra Asti, Cuneo e il Roero, con pochissimi produttori rimasti a imbottigliare vino con questa denominazione. Per disciplinare, le uve base devono essere minimo 80% Croatina, vitigno autoctono molto presente anche nell’Oltrepò Pavese e nel Piacentino. Una piccola perla nascosta, dunque, capace di emozionare. Ne è un esempio la versione Superiore 2011 prodotta dalla Azienda Vitivinicola Mo.
Nel bicchiere il vino presenta un colore rosso granato di media intensità e trasparenza, con buona consistenza. Il naso è intenso e complesso, con note fruttate di marasca, more e scorza di arancia, floreali di glicine e lavanda; successivamente incalzano sentori balsamici mentolati e di erbe aromatiche, con l’alloro in prima linea. In bocca regna un ottimo equilibrio, grazie alla buona struttura e a soddisfacente morbidezza, ben contrastate da tannino fine e gradevoli acidità e sapidità.
Buona la persistenza, con note finali di frutta e erbe aromatiche. Vino maturo e molto interessante, da degustare a una temperatura di 16°C in calici di media ampiezza e da abbinare a primi con ragù di carne o a formaggi di media stagionatura.
LA VINIFICAZIONE
Il vino è prodotto da uve Croatina in purezza, dai vigneti siti in Cisterna d’Asti e in Canale coltivati su terreni sabbiosi-argillosi. Dopo la fermentazione alcolica e malolattica, affina per almeno 12 mesi in acciaio, per poi venire imbottigliato. L’azienda Vitivinicola Mo è attiva dagli anni ’60 e si è da sempre dedicata alla coltivazione di vitigni quasi esclusivamente autoctoni, con grande passione e dedizione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Ci sono parole che vanno pesate. E altre che vanno usate. Una volta per tutte. Con coraggio e amore per la verità. “Mafia”, per esempio. Usiamola. Usiamola, oggi, domani e fino a che sarà necessario, in Oltrepò Pavese. Fino a che questo cancro sarà estirpato. Usiamo la parola “mafia” a pochi giri di lancette d’orologio dall’ultimo, vergognoso attentato che vede come teatro questa straordinaria terra del vino, martoriata con cadenza spaventosa da scandali che fanno a botte col buonsenso. La notte scorsa, personaggi ancora ignoti si sono introdotti nella Tenuta Conte di Vistarino, in frazione Scorsoletta 82 a Pietra de’ Giorgi, Comune di mille anime a mezzora da Pavia .
L’allarme – non è ancora chiaro perché – non sarebbe suonato. Una volta raggiunte le vasche dei vini bianchi in maturazione (soprattutto Pinot Grigio e Riesling), gli ignoti bastardi hanno aperto i rubinetti. Sversando per terra 5.300 ettolitri di quello che sarebbe diventato vino pregiato. “Un danno da mezzo milione di euro”, come precisa la contessa Ottavia Giorgi di Vistarino sulle colonne del Corriere. Immediata la denuncia alla Questura di Pavia, che ora indaga per dare un volto e un nome ai mafiosi. Già, i mafiosi. Perché di questo si tratta. E’ la mafia dei colletti bianchi, quella che opera a Pavia e provincia. Così come a Milano. Quella che non t’ammazza. Ma prova a distruggerti la vita. Cancellando i tuoi sogni. Ottavia Giorgi di Vistarino, a dispetto delle nobili origini, è una che si sporca le mani di terra da quando è nata.
Una che in Gdo presenta una Bonarda Doc a 6,50 euro. Alla faccia di chi la ‘spaccia’ ai buyer dei supermercati – assetati di affari a misura di pallet – per un prezzo alla clientela inferiore ai 2 euro. Nobile, sì. Ma d’animo, prima che di conto corrente. Una che sui social posta solo foto del suo orgoglio: i suoi vini, frutto di una filosofia impostata sulla rigorosa qualità, più che sui numeri.
Una che, solo lo scorso 29 novembre, aveva fotografato due bianchi Conte Vistarino commentando con un solenne “bere bianco”. E che, il giorno prima, 28 novembre, quasi profeticamente, aveva scritto: “Tra i migliori regali di Natale c’è sempre il vino: meglio un ottimo Charmat lungo che un inutile metodo classico giovane (cit. Ottavia Vistarino)”. Chissà che la pressione dei “nemici” della sua azienda cominciasse già a starle stretta…
Quel che conta, ora, sono i fatti. Sono le reazioni. Quelle ufficiali. Quelle che, forse, arriveranno dai consorzi. E quelle che noi proponiamo alla Gdo intera: via dagli scaffali tutti i vini dell’Oltrepò Pavese sotto i 3,50 euro. Via tutto. Pulizia. Bonarda, Chardonnay, Sangue di Giuda, Pinot Grigio. Pinot Nero vinificato in bianco. Repulisti. Solo così, la mafia dell’Oltrepò – che opera anche nel canale Horeca, non credete… – sarà sconfitta. L’Oltrepò merita di più. Merita gente come i Vistarino. Come i Bagnoli o i Marazzi. Come i Maga. Come i Quaquarini. Gente come i Cribellati e i Percivalle, o i Fiamberti. Per citarne solo alcuni.
Gente appassionata. Gente che ama l’Oltrepò Pavese. Gente che, questa sì, contro questi mafiosi di merda, combatterebbe in prima linea. Ogni giorno. Se solo gli fossero dati gli strumenti per farlo. Anche mentre si fa attendere una presa di posizione ufficiale del Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese sull’attentato. Magari sui social tanto cari ai massimi esponenti, distratti da inutili ed egocentrici “buongiorno” a una nazione che, dell’Oltrepò Pavese, continua a registrare solo gli scandali.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Creata sul finire degli anni ’60 e con quasi 400 ettari vitati, la Denominazione di Origine controllata Breganze è situata nei pressi del Monte Grappa, in provincia di Vicenza. L’uva autoctona per eccellenza è la Vespaiola, famosa per essere la base del Torcolato, il vino passito simbolo di questa denominazione. Questa uva viene anche vinificata secca o spumante, con risultati di buona piacevolezza.
La cantina sociale Beato Bartolomeo da Breganze propone la selezione Vespaiolo D.O.C. Breganze “Sulla Rotta del Bacalà”, omaggio al nobile veneziano Pietro Querini, che nel 1431 naufragò nei mari del Nord Europa e venne salvato dagli abitanti di un’isola norvegese, dove scoprì il merluzzo essiccato, il Bacalà appunto.
La versione 2015 si mostra giallo paglierino di buona vivacità e media intensità. I sentori sono molto freschi, croccanti, con note di pere Williams e mele Golden, tiglio e biancospino, erba appena tagliata e accenni di frutta tropicale. In bocca spicca immediatamente un’acidità importante, tipica del vitigno, supportata da notevole sapidità. Corretta la struttura e la persistenza. Non impegnativo e di buona beva. Vino adatto a chi ama queste sensazioni gustative forti. In alternativa si può far affinare per un anno. Per intanto degustiamolo ad una temperatura di massimo 10°C e abbiniamolo a un Bacalà alla Vicentina, come vuole la tradizione.
LA VINIFICAZIONE Questo Vespaiolo è prodotto nelle località di Costa di Breganze e Fara, su terreni vulcanici esposti a sud. Le uve sono conferite da 15 soci, dopo un’ attenta selezione. Prima della vinificazione, la Vespaiola subisce una prefermentazione a freddo, pratica diffusa per i vini bianchi, che permette di ottenere colori, profumi, aromi e struttura più intensi.
L’affinamento si prolunga per circa 5 mesi in acciaio con i propri lieviti. Successivamente il vino viene filtrato e imbottigliato, con una produzione di circa 7800 bottiglie. La Cantina Sociale Beato Bartolomeo da Breganze nasce nel 1950 e oggi conta 700 soci conferitori e con una produzione media annua di oltre 2 milioni di bottiglie.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Frank e Cindy ti guardano stralunati. Pesci fuor d’acqua. Con in mano un calice di vino. Vuoto. “We’re looking for american Barbera. We love american Barbera. Where is it?”. Vaglielo a spiegare, alla coppia agée d’americani in tour a Barolo, che alla rassegna di Vignaioli Corsari in programma a Castello Falletti non figurano aziende a stelle e strisce. Tradotto: scordatevi la vostra Barbera. Glielo fai capire con le buone. Mentre il discorso vira, lento come i fumi dell’alcol, verso altri lidi: “We love Barbera, and we love Donald Trump. He’s a good person. Hillary Clinton is fake. Believe in us!”. Lo faremo. Ma da domani. Oggi, piuttosto, è il giorno dei bilanci per la rassegna di vini europei organizzata dall’Associazione culturale Giulia Falletti al Castello di Barolo. Affluenza a tre zeri che soddisfa i promotori dell’evento, con i sotterranei del maniero letteralmente presi d’assalto da un pubblico eterogeneo, tra cui figurano tanti giovani.
“Siamo molto contenti di vedere volti nuovi rispetto alla scorsa edizione – commenta Marta Rinaldi – con ottocento persone ai nostri banchi d’assaggio, tra le giornate di domenica 4 e lunedì 5 dicembre. I produttori sono sempre 30, ma quest’anno abbiamo avuto il piacere di ospitarne di nuovi, rappresentando zone d’Europa prima non considerate. Lo spirito è rimasto lo stesso: prima di tutto l’amicizia. E poi lo scambio di esperienze tra diversi produttori. Vini Corsari non è solo un festival per un pubblico amante dei vini artigianali, ma anche un’occasione per i vignaioli di incontrarsi e scambiare parecchio, tra di loro e con il territorio del Barolo”. Una zona volutamente non rappresentata ai banchi d’assaggio, che non hanno visto intervenire nessuno dei grandi interpreti locali delle uve Nebbiolo e Barbera. “Però – sottolinea ancora Marta Rinaldi – sono molti i produttori delle Langhe che hanno partecipato alle degustazione e alle cene con i loro colleghi europei”. Una quarta edizione che ha visto la collaborazione di “amici” portoghesi e francesi, al fianco dell’Associazione culturale Giulia Falletti. E un risultato, a conti fatti, davvero prezioso per l’accuratezza della selezione di produttori intervenuti. Tutti capaci di esprimere un livello qualitativo altissimo, attraverso le loro opere: i loro vini.
LA DEGUSTAZIONE Con fatica, noi di vinialsuper proviamo a identificare qualche vino ‘sopra le righe’ degustato alla quarta edizione di Vini Corsari. Tra gli italiani, una menzione speciale per i vini rossi va di diritto a Cristiana Galasso di Feudo D’Ugni. Memorabile il suo Montepulciano d’Abruzzo 2013 “Rudero”, ottenuto da vendemmia tardiva. Vino rosso da tavola, di quelli che si scordano i Consorzi delle Doc. Troppo bello per essere vero il frutto rosso che si materializza al naso, sotto forma di sublime confettura. Una concentrazione e una carica gusto olfattiva di rara bellezza, per un vino capace di accompagnare piatti della tradizione abruzzese, tanto quanto non sfigurerebbe in un ristorante stellato di qualsiasi capitale del mondo.
Ma Cristiana Galasso di professione fa la “vignaiola fiammiferaia”. E se le fai i complimenti, arrossisce. Del Montepulciano d’Abruzzo 2013 ne ha prodotte solo 300 bottiglie. In ognuna deve averci lasciato un pezzo del cuore umile sfoggiato a Barolo. Bottiglia dal valore inestimabile. Da amare, sorso dopo sorso. Così come splendido è il Cerasuolo da uve Montepulciano rimaste poche ore a contatto con le bucce e vinificato in cemento e acciaio. Imbottigliamento dopo 15 mesi, con un pizzico di solforosa.
Un rosato indimenticabile, per struttura e intensità. Capace, al contempo, di assicurare la beva leggera, estiva, caratteristica delle vinificazioni in bianco. Tra gli altri rossi a Barolo, una menzione speciale va all’intera elegante produzione della Tenuta di Valgiano, Lucca, che con Moreno Petrini ha portato in degustazione gli ottimi “Tenuta di Valgiano Rosso” 2013 e 2011 e, soprattutto, “Palistorti” 2012.
Dall’altra parte della sala degustazioni allestita a Castello Falletti, ecco il nostro eroe dei vini bianchi italiani presenti in rassegna. E’ Patrick Uccelli di Tenuta Dornach, Salorno (Bolzano), Alto Adige. Uno capace di mettere il punto sul Gewurztraminer con il suo “G.”, vendemmia 2015. Nel senso che ti manda a capo, tanto è in grado di spiazzarti in un gioco quasi diabolico tra un naso più che convenzionale (ma curioso) dominato dal litchi e un palato dirompente, persistente, di sorprendente tannicità verde. Quel colore rosato, dovuto al contatto di un mese con le bucce dello splendido uvaggio autoctono altoatesino, non poteva che portare a tale conclusione. Ma te ne rendi conto troppo tardi. Proprio per colpa di quell’olfatto così convenzionale. Poi la bocca ti frega. E sono pernacchie che ti ricorderai a lungo.
Tre ettari e mezzo che nel 2017 diventeranno 4,5, per Tenuta Dornach. E una filosofia spiegata con chiarezza dal quell’eterno Peter Pan che sembra essere il 42enne Patrick Uccelli, vignaiolo giocoliere. “Io e la mia famiglia produciamo tutto in biodinamico dal 2009 e speriamo che un giorno tutto il mondo del vino operi in questo regime. Ma il cambiamento è assurdo pensarlo in tempo reale. Sarebbe arrogante. Ci vuole pazienza, è inutile forzare le tappe”.
A pari merito con Dornach, impossibile, tra i vini bianchi italiani, non citare l’intera produzione de La Castellada di Giorgio e Nicolò Bensa, realtà che opera in Friuli Venezia Giulia. Più esattamente a Oslavia, Gorizia. Tutti vini importanti, da aspettare, quelli presenti al banco degustazione corsaro. Il Collio Doc 2010 Bianco della Castellada è sublime. Ottenuto da un 50% Pinot Grigio, un 30% Chardonnay e un 20% Sauvignon da vigne di età compresa tra i 20 e 50 anni, pare una caramellina al palato. Per poi accendersi d’improvviso, come il fuoco su un terreno impregnato di benzina, svelandosi caldo, strutturato, poderoso. E dotato di un finale senza fine. Il Pinot Grigio, come spiega al banco di degustazione il preparatissimo Stefano Bensa, viene colto e subito pressato. Il mosto viene fatto dunque fermentare in barrique, con lieviti indigeni. Chardonnay e Sauvignon fermentano a contatto con le bucce per 4 giorni.
Poi vengono travasati in barrique per completare la fermentazione. Seguono 11 mesi in barrique e 12 mesi in vasca d’acciaio inox di affinamento, più ulteriori 12 mesi in bottiglia, senza filtrazione. Sontuoso il Collio Doc Bianco Riserva 2006 “Vrh”: un blend ottenuto al 75% da Chardonnay, cui viene sommato un 25% Sauvignon di vigne di 45 anni di marna Eocenica. I grappoli vengono diraspati e il pigiato posto a fermentare in tini aperti di rovere di Slavonia, per 2 mesi. Fermentazione alcoolica e malolattica a contatto con le bucce. Seguono 36 mesi in botte grande di rovere di Slavonia, 12 mesi in vasca d’acciaio inox. In bottiglia senza filtrazione, esprime un 14,5% di alcol in volume. Dieci ettari di vigneto per La Castellada nel goriziano, per un totale di 25-30 mila bottiglie prodotte annualmente. Azienda tutta da scoprire e da amare al primo sorso.
Rimaniamo in Italia per segnalare altri due bianchi coraggiosi. Il Liguria di Levante Igt “Poggi Alti” 2015 dell’Azienda Agricola Santa Caterina di Sarzana è un vino di grande prospettiva, capace di far tornare alla mente i grandi bianchi liguri di quel genio anarchico di Fausto De Andreis, one man company di Rocche del Gatto. “Fermentazione in tini aperti d’acciaio e maturazione in gres”, spiega Andrea Kihlgren, che così mira a preservare e valorizzare i varietali del Vermentino. “Facevo altro nella vita – continua il vignaiolo dal cognome svedese, tramandato dal padre – ma quando ho deciso di dedicarmi a tutto tondo al vino ho capito subito che una via ‘tiepida’ non faceva per me. Questo è un lavoro che bisogna sentire dentro e che fa fatto con coscienza, oppure bisognerebbe fare altro”. Un degno compagno di De Andreis, insomma. Dentro e fuori dal calice. Ad accomunarli, ovviamente, anche i problemi con il Consorzio per il riconoscimento di una Denominazione d’origine controllata a cui, entrambi, hanno ormai rinunciato su parte della produzione.
Merita un plauso, infine, il coraggio di Les Petits Riens di Regione Chabloz, Aosta, piccola realtà a metà tra Morgex e Saint Vincent. L’unica ad allevare, nell’intera Valle d’Aosta, l’Erbaluce di Caluso. Nasce così Petit Bout De Lun 2014, un bianco curioso, la cui vinificazione avviene all’80% in acciaio e al 20% in barrique, dove resterà a maturare 15 mesi, prima dell’imbottigliamento. Un vitigno, l’Erbaluce, scelto per conferire acidità a uno Chardonnay altrimenti stanco. Altra curiosità: i vini de Les Petits Riens sono tutti turati con il sughero, ricoperto da cera d’api. Un altro modo per sottolineare il profondo legame del vino con il territorio d’origine.
Tra le bollicine presenti a Vini Corsari 2016, non poteva che spuntarla il sontuoso Franciacorta Docg Pas Dosé 2011 “Il Contestatore” dell’Azienda Agricola Il Pendio di Michele Loda (Monticelli Brusati, Brescia). Un Metodo Classico ottenuto in purezza da uve Chardonnay, provenienti dai gradoni più alti della vigna. Capace di surclassare l’unica maison di Champagne presente ai banchi di degustazione, La Closerie, con il solo “Le Beguines” (prezzo tra gli 80 e i 90 euro) a discostarsi da una produzione fin troppo piaciona e commerciale, fondata sul Pinot Meunier.
GLI STRANIERI C’è una cantina che più delle altre ha saputo convincere tra i Corsari 2016. L’avreste mai immaginato? Proviene dalla Svizzera. Più esattamente dal Vallese. Quel Valais che, in estate, vi abbiamo raccontato in lungo e in largo (vedi qui). Dimenticandoci, però, di uno come Olivier Pittet di Fully (d’altronde, con centosessantadue vini degustati in diciotto differenti cantine, poste su un percorso di circa 250 chilometri, siamo sicuri potrete perdonarci). Il Fendant 2014 di Pittet è divino. Si scosta dalla semplicità intrinseca del vitigno Chasselas, per assumere al naso sentori complessi, che segnano tutta l’esperienza olfattiva con Pittet: quelli vegetali, erbacei, in bilico tra l’erba fresca e il fieno, tra i fiori e le aromatiche alpine, sino alla camomilla secca.
Note che nel Petit Arvine 2014 diventano quasi piccanti, con il peperone giallo a verde a spuntare nel mucchio composto di sentori delicati. Una caratteristica che, qui, ritroveremo anche in bocca. Chimere 2014 è il più gastronomico dei vini di Olivier Pittet, quello di più facile abbinamento in cucina. A.R.H. 2014 è invece il sorprendente blend tra Petite Arvine (50%) e un clone sconosciuto derivante da un incrocio di quattro vitigni, tra cui l’autoctono Rèze (Resi) e l’Humagne Blanc: un vino dal residuo zuccherino elevato (12 g/l).
Per completezza e qualità nella produzione non può essere dimenticato anche Aleks Klinec, vignaiolo bio del Collio sloveno, impiantato a Medana. Il fil rouge che lega i vini è quello di una consistente sapidità, quasi croccante, da mordere. Ma a convincere più di tutti – per presente e prospettive future – è Jakot 2012, ottenuto da fermentazione spontanea con quattro giorni di contatto con le bucce delle omonime uve, dimenticate per 3 anni in botti di acacia. Tipico colore aranciato e grande intensità e finezza olfattiva, che richiama fiori e frutta esotica matura. Un naso suadente, che al palato rompe gli indugi sfoderando muscoli d’acciaio: di alcolicità calda, almeno al percepito, controbilanciata alla perfezione da una freschezza e da una sapidità invidiabili. Vino che stupisce, appunto, per il suo grande equilibrio.
Ottima anche la Malvazia Istriana 2012 di Klinec, più profonda al palato rispetto a Jakot, per la presenza di un’acidità ancora più spinta e un tannino astringente. In Gardelin 2012 è ancora più marcata la vena sapida, evidentemente per l’assenza dei tannini in un uvaggio come il Pinot Grigio. La Ribolla 2012 (14 giorni di macerazione e 3 anni in botte per estrarre al meglio le proprietà di un’uva dalla buccia spessa come l’orgoglio del popolo sloveno) è un altro luminoso esempio della grandezza dei vini della vicina Slovenia. Infine, ma non ultima, la Riserva 2006 Klinec con base Verduzzo Friulano, in blend con Ribolla, Malvasia e Tocai. Un Barolo bianco, potremmo azzardare. Estratto secco che pesa come un macigno, sulla lingua. E 14,9% di alcol in volume a completare il quadro. Chapeau.
Segnaliamo, tra gli altri, anche la cantina portoghese Encosta da Quinta, 80 chilometri a nord di Lisbona. Vino di facile beva ma di cui non ci si dimentica affatto il bianco Humus 2015, proposto in degustazione dal timido Rodrigo Filipe. Un blend ottenuto dai vitigni autoctoni del Portogallo Arinto e Fernao Pires. A chiudere la rassegna dei migliori vini degustati tra i Corsari 2016 anche lo Chardonnay du Hasard, Vin de Voile di Domaine Labet, Jura, Francia. Un bianco unico, in cui alle note ossidative fanno da contraltare sorprendenti note fruttate fresche. Spazio anche per un vino a prezzi pazzi: il blend di Trebbiano e Trebbiano di Spagna di Vittorio Graziano (Castelvetro di Modena): 13 euro per un’esperienza sensoriale giocata sul filo sottile dell’equilibrio tra le note macerative e quelle fruttate mature.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
E alla fine dei conti, quello che ti fa più incazzare, è che gliel’hanno proposto in abbinamento a una frittura di paranza. Eppure, la controetichetta parla chiaro. “Questo vino dolce e leggendario dell’Oltrepò Pavese ha un ruolo chiave nei pranzi festivi della tradizione in Lombardia, ove la sua vivacità conferisce importanza al fine pasto. Un vino che trova il suo adatto abbinamento (…) con dolci quali crostate, pasta di mandorle e sfogliatine”. Sfogliatine? Sfogliatine, sì. Quelle campane? Forse. Sembra un’etichetta studiata ad hoc. Ma lo avete capito? Parliamo del Sangue di Giuda. Il vino dolce dell’Oltrepò Pavese.
Sono le 23.30 di sabato quando un lettore di vinialsuper ci contatta attraverso la nostra pagina Facebook. E’ al ristorante. A Salerno, dove vive. Gli hanno appena proposto un vino che non conosce, in abbinamento alla frittura di pesce che ha ordinato al cameriere. E’ un vino rosso. Qualcosa non torna. La domanda che ci rivolge è perentoria. “Non è che gli devo fare un assegno? Rispondente, prima che arriva il conto”.
Allega al messaggio la foto della bottiglia. Panico. Si tratta del Sangue di Giuda Doc “Il Pozzo”, vino frizzante dolce. Vendemmia 2015. Ammettiamo l’ignoranza. Non lo conosciamo. Il nome di fantasia non ci dice nulla. Chiediamo una foto dell’etichetta posteriore. Che arriva, di lì a qualche minuto. E’ tutto chiaro. L’azienda indicata è Enoitalia, gigante imbottigliatore di Bardolino, Verona, che serve i supermercati Lidl. Quelli, per intenderci, del Montepulciano Biologico Passo dell’Orso decantato da Luca Maroni. Boom. Questa bottiglia costerà 6 euro al lettore. Un ricarico notevole, quello del ristoratore salernitano, rispetto alle potenzialità della bottiglia.
E’ la legge dei grandi numeri. Quelli che in Italia vincono sempre, a prescindere dal valore che rappresentano realmente. Basti calcolare che una delle aziende leader del Sangue di Giuda, in Oltrepò, fissa il prezzo del proprio “base” – comprensivo di trasporto, ma con pagamento anticipato – a 4,30 euro a bottiglia. E a 6.90 euro per il “cru”. Troppo? Fin troppo poco, assicuriamo noi che quei due Sangue di Giuda (il base e il cru) li conosciamo bene. E allora vada per il Sangue di Giuda di Enoitalia. Pure al ristorante. Con la paranza. Ma si sappia: l’Oltrepò pavese è un’altra cosa. Quando imparerà a promuoversi a dovere in Italia? Ai posteri l’ardua sentenza.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(3 / 5) l Nero di Troia è il vitigno a bacca nera principale del centro-nord pugliese, capace di dare vini strutturati e molto longevi. Il produttore Grifo, la Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, propone nei supermercati la vendemmia 2014 con denominazione Puglia Igp.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice il vino si presenta rosso rubino con riflessi porpora che denotano gioventù. Al naso si riconoscono note avvolgenti di ciliegia e lampone maturo, violetta, pepe rosa, timo e sullo sfondo sentori tipici dell’affidamento in legno.
In bocca però non rispecchia le aspettative create precedentemente. Il corpo non è del tutto pieno, il tannino è già evoluto e non molto presente, la persistenza è un po’ corta. Bottiglia che ha già raggiunto il suo equilibrio: fatto di per sé piacevole, ma deludente vista la sua giovane età.
Da prendere in considerazione se si cerca un vino immediato e non troppo impegnativo. Da degustare ad una temperatura di 16° gradi e da abbinare a un primo con ragù di carne.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto da una selezione di uve Nero di Troia in purezza coltivate a Ruvo di Puglia, su terreni marnosi-argillosi a 400 metri sul livello del mare. La vendemmia è svolta manualmente e, dopo la vinificazione, il vino affina in botti di rovere per alcuni mesi.
La Cantina Cooperativa della Riforma Fondiaria di Ruvo di Puglia è nata nel 1960 e vanta ben 1020 soci conferitori, concentrati sulla “valorizzazione di vitigni autoctoni come il Nero di Troia, il Bombino Bianco, il Bombino Nero, il Moscatello Selvatico e il Pampanuto”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
We use cookies on our website to give you the most relevant experience by remembering your preferences and repeat visits. By clicking “Accept”, you consent to the use of ALL the cookies.
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
ACQUISTA LA GUIDA e/o SOSTIENI il nostro progetto editoriale
La redazione provvederà a inviarti il Pdf all’indirizzo email indicato entro 48 ore dalla ricezione del pagamento