Non serviva l’ennesima prova per dimostrare che esistono eccezioni nelle annate generalmente giudicate “sfortunate” per il vino. Il Terre Siciliane Igp Nero d’Avola Syrah 2014 Sikane dell’Azienda agricola Baronia della Pietra sta lì come un obelisco. A confermare la regola, in Sicilia.
A pochi giorni dal Mercato Fivi 2019, ecco un’etichetta da non perdere, assieme al resto della produzione della cantina di Alessandria della Rocca (AG), guidata dalla famiglia di Salvatore Barbiera.
LA DEGUSTAZIONE
A quasi 6 anni dalla vendemmia, il vino veste il calice di un rosso rubino pieno, con lievi riflessi granata. Al naso Sikane 2014 è ammaliante. Alle note di piccoli frutti di bosco (ribes e lamponi, ma anche mirtilli e more mature) si affiancano ricordi netti di una succosa arancia sanguinella.
Splendida la vena balsamica esaltata dall’ossigenazione: mentuccia, una resina di pino leggera. Richiami alla macchia mediterranea, nelle sue espressioni più fresche del timo e del rosmarino. Non poteva mancare il tocco del Syrah, con la sua spezia nera addomesticata dal legno, utilizzato in maniera enciclopedica in fase di vinificazione.
Si arriva all’assaggio con molte aspettative e il sorso non delude. Anzi. L’ingresso di bocca evidenzia la buona struttura del vino, che ha retto alla perfezione i “colpi” dell’annata 2014 e del tempo trascorso in bottiglia.
Freschi richiami di menta, scaldati da accenni di vaniglia dolce, giocano con un tannino finissimo. I frutti di bosco anticipano un finale lunghissimo, connotato da una vena salina corroborante e da ritorni di macchia mediterranea.
La beva è instancabile: precisa, asciutta, senza rinunciare alla polposità. I 14 gradi di alcol risultano ben integrati. Perfetto l’abbinamento di Sikane con le bontà gastronomiche della tradizione locale, come il pecorino stagionato dei Monti Sicani, l’agnello al forno con patate, carne e salsiccia alla brace e pasta alla Norma con melanzane fritte.
LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione del blend di Nero d’Avola e Syrah di Baronia della Pietra è la contrada Chinesi, nel Comune di Alessandria della Rocca, piccolo borgo della provincia di Agrigento. Siamo a un’altitudine di 400 metri sul livello del mare. Il suolo è di matrice calcarea ed alcalina ed è ricco di calcio.
La vendemmia inizia generalmente nella seconda settimana di settembre. La fermentazione viene condotta in acciaio, a una temperatura controllata che si aggira attorno ai 28 gradi. Salvatore Barbiera ricorre a recipienti di acciaio anche per l’affinamento del vino atto a divenire Sikane.
Dopo cinque mesi di riposo, il nettare viene trasferito in barrique usate, dove resta ad affinare per circa 10 mesi. Seguono tre mesi di ulteriore affinamento in bottiglia, prima della commercializzazione.
L’Azienda agricola Baronia della Pietra è arriva nello splendido territorio delle Terre Sicane – nuovo eldorado della viticoltura siciliana – sin dal 1860. Domenico Barbiera ha piantato gli ulivi, mentre Salvatore ha implementato la vigna, in contrada Chinesi.
Una terra un tempo abitata dai Sicani, coltivata dagli arabi, poi appartenuta alla Chiesa di Agrigento, su concessione dei Normanni. Infine acquistata dalla nobile famiglia dei Barresi, anch’essa di origine Normanna.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) È l’icona della Tenuta Castelbuono di Bevagna (PG), se non altro per il nome di fantasia che ricorda la forma della cupola della cantina, progettata da Arnaldo Pomodoro. Parliamo del Montefalco Sagrantino Docg “Carapace”. Sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper, la vendemmia 2014 di uno dei due vini rossi top di gamma della famiglia Lunelli – proprietaria di Ferrari Trento – in Umbria.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il nettare si presenta di un rosso rubino intenso e luminoso. Il naso è connotato da un’ammaliante vena floreale, con ricordi di rosa, rimpolpati dalla frutta a bacca nera e rossa tendente al maturo. Si distinguono, per esempio, la mora, la ciliegia e il lampone sotto spirito.
Non manca l’apporto del legno, con terziari di vaniglia, liquirizia e tabacco. Al palato, il vino rivela un’ottima corrispondenza col naso, oltre all’attesa tipicità. La presenza del tannino, uno dei tratti distintivi dell’uva Sagrantino di Montefalco, è rilevante ma ben integrata.
Molto ben integrati anche i 15 gradi di percentuale d’alcol in volume (15% vol). Buona, infine, la persistenza. Un vino, il Carapace di Tenuta Castelbuono Lunelli, che con la vendemmia 2014 pare giunto allo stato di grazia e all’equilibrio, dopo anni di evoluzione.
L’etichetta ha comunque ancora molta “vita” davanti: almeno 5 anni ad alti livelli. In cucina è perfetto l’abbinamento con le carni, in particolare la selvaggina, gli stufati, gli arrosti e i formaggi stagionati.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto sin dal 2003, il Montefalco Sagrantino “Carapace” è ottenuto da uve Sagrantino in purezza, selezionate dai migliori vigneti della tenuta di Bevagna. La raccolta avviene a mano, nel mese di ottobre.
La selezione avviene solo tra le migliori viti, nell’ambito del “Progetto Patriarchi” sviluppato dalla famiglia Lunelli in collaborazione con l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (TN). I terreni in cui affondano le radici le viti sono di natura limoso-argillosa, molto resistenti alla siccità estiva.
Il sistema di allevamento è il cordone speronato, con una densità di impianto di 6.250 ceppi per ettaro. Molto bassa la resa: la produzione per ettaro si assesta sui 35 ettolitri di vino. Una volta giunte in cantina, le uve vengono sottoposte a una premacerazione a freddo, a 12 gradi per 30 ore.
La temperatura massima di fermentazione sale a 28 gradi, nei tini di legno. La macerazione sulle bucce protrae per 15-20 giorni. La maturazione avviene in botte grande, per un periodo di 24 mesi. Segue l’affinamento minimo di 12 mesi in bottiglia, che precede la commercializzazione.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Capelli lunghi avvolti nel codino. Barba e pizzetto sistemati per l’occasione. Camicia nera con qualche bottone slacciato, a fare il paio con le maniche arrotolate sull’avambraccio. È un Ettore Finetto in versione “balera” quello che ha presentato la scorsa settimana i vini di Garbole alla stampa, al ristorante Tre Cristi di Milano.
Un impatto deflagrante quello del vignaiolo veneto sul capoluogo lombardo. Un po’ come avere di fronte un uomo senza spazio e senza tempo. Un alieno che non vola, per dirla con Battiato. Qualcuno venuto dalle stelle, al posto che dalla Valpolicella. Ma niente paura.
Alla cena coi piatti (deliziosi) dello chef Franco Aliberti in abbinamento, fila tutto liscio che manco in Romagna. Ma hai bisogno di qualche giorno per riprenderti, dopo l’incontro con uno che fa vini di musica. E te li sbatte in faccia – o meglio sotto il naso e in bocca – tutti assieme. Fermando il tempo tra l’entrée e il dessert.
Un concerto in quattro atti degno del Teatro alla Scala. Senza intermezzi. Solo apostrofi. Rossi. Tra il punto G di Garbole. E il fattore H che identifica, anzi codifica, le etichette: “Heletto” 2012, “Hatteso” 2011, “Hurlo” 2011 ed “Hestremo” 2011. Non serve Saw – L’enigmista, per decifrarli. Solo sensibilità, silenzio. E orecchio.
Ci vuole il cuore, invece, per leggere tra le righe di certe affermazioni di Ettore Finetto. Un minimo di fatica, insomma, per non scambiarlo per megalomane o egocentrico. Ché tutti gli artisti lo sono un po’, figurarsi quelli in grado di comporre musica liquida (25 mila bottiglie da 20 ettari di terreno). Una questione di pura sensibilità, all’ennesima potenza.
Non sono appassionato del mondo del vino, sono appassionato del mio mondo del vino. Non vado dove c’è gente che parla di vino. Ma ho poche certezze. Una di queste è che ogni produttore della Valpolicella dovrebbe avere il santino di Romano Dal Forno sul comodino. Non tanto per i vini: su quelli ognuno può avere la sua idea. Ma per la sua intelligenza e finezza”.
LA DEGUSTAZIONE
Rosso Veneto Igp 2012 “Heletto”, Garbole: 94/100 Vino che risulta ancora un po’ spigoloso, di primo acchito. Con l’ossigenazione tutto cambia, verso l’equilibrio. Del resto, è un vino vivo, quello di Garbole. In mutamento. Ma il punto è che tutto cambia come d’improvviso.
Il legno risulta via, via sembra più integrato, grazie al corredo offerto dall’appassimento delle uve su graticci, che si protrae fino a 40 giorni nell’unico ambiente non climatizzato della cantina. L’ossigenazione porta tanta profondità, tanta spezia, tanto calore. Si avverte l’amarena, così come il fico fresco. La mora, il mirtillo. Il tabacco.
E ancora: la corteccia di pino, la resina. Ma anche la macchia mediterranea, il rosmarino, il cioccolato bianco. Un naso che fa salivare. Al primo assaggio, il vino sembra scontroso e duro. Poi il sorso sembra asciugarsi, virando dalla marmellata al frutto pieno. Come in una macchina del tempo azionata al contrario.
Un quadro di corrispondenza assoluta, in cui gusto e olfatto si incontrano e si odiano, per poi amarsi all’improvviso. Alla follia. Anzi, all’unisono. Per chi assiste, la sensazione è quella di una strana pace e armonia musicale dei sensi, in cui si inizia a bere Heletto col naso. Magia.
Amarone della Valpolicella Dop 2011 “Hatteso”, Garbole: 95/100 “Uno degli Amaroni più centrati che abbiamo messo in bottiglia”, sostiene Ettore Finetto. Per dargli ragione, occorre seguire la trama già nota. Il solito refrain. Il vino appare scontroso al naso, all’inizio. Comunica calore e pienezza, ma anche un animo selvatico e permaloso. Tanto alcol, forse. Il retro della bottiglia conferma l’impressione (16.5% vol.).
Poi, clic. Succede qualcosa. Ecco, ancora una volta, cioccolato e frutto molto maturo. Iniziano a materializzarsi anche rabarbaro e radice di liquirizia. I vini di Garbole sono così: vanno in sottrazione nell’aggiunta.
Si schiariscono nel tempo, una volta versati nel calice. Sono debuttanti sul palco, col microfono che fischia e il pubblico che rumoreggia, senza aver ascoltato neppure una nota. Ma quando iniziano a cantare, cala il silenzio.
Si distingue tutto, adesso. Ogni singolo accordo. Prende spazio una vena mentolata, che conferisce gran balsamicità sia al naso sia al sorso: ricco, pieno, ruggente. Dagli esordi in sordina, il nettare vira su una gran verticalità, dettata da una freschezza che tiene a bada la concentrazione assoluta data dall’appassimento.
Se “Heletto” diventa grande in sottrazione, “Hatteso” migliora nell’approfondimento dei sentori: dall’etereo glicerico al sotteso del muschio, del fungo, della terra bagnata. Un vino che diventa grande nascondendosi, al posto di esplodere. Un vino che prende tempo per le strofe. Per raccontare meglio ritornello e finale.
Rosso Veneto Igp 2008 “Hurlo”, Garbole: 96/100
Il nome, nemmeno a farlo apposta, è nato dal commento di un ristoratore che lo ha assaggiato alla cieca, in una batteria di vini da tutto il mondo: “Questo è un vino da urlo”. Nel blend, oltre alle tradizionali uve della Valpolicella, si celano i frutti di vitigni autoctoni sconosciuti come Saccola, Pontedarola, Spigamonti, Segreta.
È un vino che è dentro e fuori. Sotto e sopra. Pare la sintesi dei precedenti. E, al contempo, la loro somma. Somma più sottrazione uguale “Hurlo”: calcolo da annotare sui libri di scuola, tra la proprietà transitiva e il teorema di Pitagora.
Vino grasso ed essenziale. Vino dell’ossimoro. Profondo e alto. Fiore e (sotto)terra. Alcol e radice. “Questa è la massima espressione del vino mai ottenuta da Garbole”, commenta Ettore Finetto. Difficile dargli torto. Basta osservare quanto “Hurlo” riesca davvero a condensare il meglio di “Heletto” e di “Hatteso”.
Recioto della Valpolicella Dop Riserva 2011 “Hestremo”: 96/100
Un vino che Ettore e il fratello Filippo producono “per rispetto della storia, perché l’Amarone è qualcosa che è stato ‘inventato’ più di recente, in Valpolicella”. La base ampelografica è quella tradizionale, sin dalla prima bottiglia, prodotta nel 2008.
Se “Hurlo” è per i Finetto la “massima espressione” del vino, “Hestremo” è la “massima espressione dell’uva”. “E scordatevi che si tratti per forza di un vino da dessert – ammonisce il vignaiolo – perché questo è un vino da panino in su”.
Si tratta dell’etichetta di Garbole più lineare e corrispondente alle aspettative, visto soprattutto il profondo legame con la tradizione e col metodo di produzione. È il vino migliore con cui concludere l’assaggio dei vini della cantina, per quanto sia rassicurante e moderno.
Convince sin dal naso, profondissimo nonostante i richiami alla confettura. Prugna, fico, amarene, fichi, datteri. In bocca, la corrispondenza dei sentori è perfetta. Il sorso di “Hestremo”, tuttavia, sfodera gran verticalità e il tannino perfetto per tenere a bada l’imponente (e sensuale) residuo.
Mentre a ogni sorso sembra suonare sempre più forte “Killing me softly” dei Fugees – ma è solo un’impressione – Ettore Finetto annuncia l’ultimo progetto: “Dar vita a un nuovo vino, ovvero ‘Hurlo’ bianco. Stesse uve della versione rossa, con vinificazione in bianco”. Silenzio. È già iniziato il countdown per la nuova creatura di Garbole.
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MILANO – Etichette fuorilegge al supermercato per i vini aromatizzati a base Marsala. È quanto emerge dalla terza parte della nostra inchiesta sulle sfortunate sorti del vino simbolo della Sicilia. A sbagliare sono alcune insegne della Grande distribuzione organizzata, che sul cartellino del prezzo utilizzano la parola “Marsala” per descrivere quelli che, invece, sono semplici “vini aromatizzati” privi di Doc, come il “Cremovo” o il “Floriovo“.
Non succede al discount, ma nei punti vendita di grandi gruppi come Conad, Esselunga e Iper, La grande i (Finiper). La legge italiana non permette che vengano utilizzati a scopi pubblicitari o esplicativi i nomi che rimandano alle Denominazioni di origine, in accostamento a tipologie (di vini o di altri prodotti) che non rientrano nel disciplinare di produzione delle relative Doc, Dop e Docg.
Emblematico il caso dell’azienda friulana SchianchiSrl che, dal 2018, ha rinunciato all’utilizzo in etichetta del nome dei vini Doc utilizzati per la preparazione delle proprie “gelatine di vino“, per evitare di incorrere in sanzioni.
LA CONFERMA DELL’ESPERTO
“Il Marsala Doc – commenta Michele Antonio Fino, professore associato dell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo – è un ingrediente dei ‘vini aromatizzati’ in questione, come il Prosecco Doc può esserlo di uno Spritz”.
“Se uno imbottiglia dello Spritz e in etichetta ci scrive ‘Prosecco al Select’, ovviamente tutti ci scandalizziamo. La stessa cosa vale per le etichette eventualmente non rispettose della legge, o per i cartellini dei punti vendita che in modo poco accurato, invece di parlare di ‘bevanda a base di vino e uovo’, ancora parlino di ‘Marsala’ all’uovo”.
La più recente modifica del disciplinare di produzione del Marsala Doc, come ricorda Fino, risale al 2014: “Contrariamente a quanto era previsto nella legge del 1950, che fece del Marsala la prima Doc italiana giuridicamente regolamentata, e ancora nella legge di riforma 851 del 1984, oggi non esistono più quelli che venivano chiamati ‘Marsala speciali‘, prodotti con aggiunta di ingredienti diversi dall’uva e dall’alcool di origine viticola”.
“Il ‘Cremovo’, prodotto a base di Marsala Doc e uovo, che ancora era prevista nella legge del 1984 – aggiunge il professor Fino – viene oggi prodotto legalmente da diverse aziende che lo etichettano correttamente come bevanda a base di vino aromatizzato con uovo”.
Con l’autorizzazione del Consorzio di tutela – e solitamente a fronte del pagamento di somme relativamente ingenti – le aziende possono precisare che il vino utilizzato è Marsala Doc. “Tuttavia – conclude il docente di Pollenzo – non è corretto parlare di ‘vino’, nemmeno di ‘vino speciale’ e tantomeno di ‘Marsala Doc’ all’uovo”. Chi cambierà la musica?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Tanta fatica, tanta passione, tanta volontà. E i risultati, anche se arrivano, sono minimi rispetto allo sforzo necessario per raggiungerli”. Che il Buttafuoco storico “Vigna Solenga” fosse molto più di un semplice vino per la famiglia Fiamberti, era chiaro a tutti. Mai, però, qualcuno era riuscito a sintetizzare così bene il concetto come ha fatto ieri Ambrogio Fiamberti, al Chic’n Quick dello chef Claudio Sadler.
La vendemmia 2015 del rosso simbolo di una delle cantine storiche dell’Oltrepò pavese ha sfilato a due passi dal Naviglio, come un guerriero tornato vincitore in patria col suo esercito, dopo la battaglia. Con l’armatura tirata a lucido e lo sguardo fiero all’orizzonte.
Già, perché è questo l’effetto che fanno i migliori vini di uno dei territori più massacrati d’Italia dalle (il)logiche dei commercianti d’uva, quando superano i confini pavesi per approdare con successo a Milano (città in cui dovrebbero essere presenti per principio costituzionale, nelle carte di tutti i ristoranti che si definiscano tali).
Uno squillo di tromba prodotto in sole 2 mila bottiglie, dunque una vera e propria chicca enologica. Del resto, il Buttafuoco Storico “Vigna Solenga” 2015 è quello che fa dire “buona la seconda” a Giulio Fiamberti, orgoglioso figlio di Ambrogio.
Il cru fu acquistato dai miei antenati nel 1814 e fu ‘ritoccato’ solo negli anni Venti del Novecento. Dopo il necessario reimpianto avvenuto nel 2007, abbiamo dovuto attendere 7 anni prima di poter produrre di nuovo il nostro Buttafuoco Storico, sulla base delle regole del Consorzio fondato nel 1996″.
Peccato che “7 anni”, a partire dal 2007, voglia dire 2014. “Un’annata particolarmente sfortunata in Oltrepò – ricorda Giulio Fiamberti – come in altri territori d’Italia. Eccoci dunque a presentare con grande soddisfazione questa 2015, prima vendemmia della Vigna Solenga dopo il reimpianto“.
UN VINO BANDIERA
Un vino che indica la strada a tutto l’Oltrepò pavese: quella della zonazione e dei “cru“, come leva per puntare alla qualità assoluta, da raccontare ai mercati, dalla vigna fin dentro (e fuori) dal calice.
“Sono assolutamente convinto che l’Oltrepò, così come qualunque altra grande zona di produzione di vini, non sia tutta uguale – commenta Fiamberti -. Ciò non vuol dire che una zona sia migliore dell’altra, ma che ci siano delle specificità da valorizzare in ognuna, prima di tutto a livello ampelografico”.
Un territorio come il nostro – aggiunge il produttore oltrepadano – con differenze impressionanti di altitudini, di microclimi, di terreni e di esposizioni, non può fare a meno della zonazione. Altri territori hanno, per fortuna o sfortuna, una maggiore omogeneità. Da noi, la zonazione diventa non soltanto una strada da seguire: è assolutamente necessaria“.
Un passaggio non ancora affrontato in maniera seria, a livello consortile. “Conforta, per ora – chiosa Fiamberti – che molte aziende simbolo dell’Oltrepò abbiano avviato questo percorso autonomamente, all’interno dei vigneti di proprietà. Chiunque alzi l’asticella nel nostro territorio, per noi è solo un amico e un compagno di viaggio“.
E “l’asticella” oltrepadana si alza anche in enoteca e nella ristorazione, grazie al Buttafuoco Storico “Vigna Solenga” 2015. L’etichetta di Fiamberti sarà in vendita attorno ai 35 euro nelle migliori “botteghe” del vino.
Al ristorante, sarà invece in carta attorno ai 45 euro: il posizionamento che merita un Oltrepò che ha bisogno di sdoganarsi dalle logiche della Grande distribuzione organizzata, puntando a mercati degni del proprio valore.
Del resto, come sottolinea Giulio Fiamberti, “nel ‘Vigna Solenga’ c’è tutta la storia della nostra famiglia e anche il suo futuro, dal momento che per noi il Buttafuoco è la cifra dell’azienda e vogliamo che lo sia sempre di più”.
“Siamo convinti che i cru siano una chiave di successo per tutti i territori che producono grandi vini rossi, tra cui va annoverato l’Oltrepò pavese del Buttafuoco Storico”. Il calice, del resto, conferma questa tesi.
LA DEGUSTAZIONE
[Voto WineMag.it: 94/100 – Rapporto qualità prezzo: 5/5] Parola d’ordine “finezza” per sintetizzare quello che c’è da aspettarsi dal calice di “Vigna Solenga” 2015, uvaggio di Croatina (50%), Barbera (40%), Uva Rara (5%) e Ughetta di Canneto (5%).
A garantirla sono i conglomerati di Rocca Ticozzi presenti nel terreno: ghiaie di origine marina che offrono preziosi sali minerali alle radici della pianta, permettendo un eccellente drenaggio delle acque.
La Valle Solinga, strettissima, accentua poi le escursioni termiche tra vetta e fondo valle, utili a trovare il giusto punto di equilibrio tra i vari gradi di maturazione delle uve, che crescono tra i 200 e i 280 metri sul livello del mare.
La freschezza e la sapidità garantite dalle condizioni microclimatiche, si traducono nel calice in una estrema raffinatezza ed eleganza, capaci di garantire al Buttafuoco Storico 2015 “Vigna Solenga” una beva davvero instancabile. Merito di una sapiente estrazione durante la lunga macerazione e di un utilizzo di legni non invasivi.
Evidenti anche le garanzie di positivo affinamento negli anni a venire, quando l’ulteriore periodo “in vetro” amalgamerà tra loro le varie componenti. A beneficiarne sarà soprattutto la parte olfattiva, al momento ancora leggermente “slegata”. Il guerriero ha solo il raffreddore. Roba da niente. Domani sarà già passato.
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MILANO – Da un lato i prezzi più bassi al supermercato. Dall’altro l’organizzazione di cene nei ristoranti “in”, per proporre la “Marsala Revolution” attraverso alcune referenze dal packaging accattivante. Misteri del marketing. Fatto sta le storiche Cantine Pellegrino – al secolo Carlo Pellegrino & C. Spa – guidano il triste primato del Marsala a basso costo nella Grande distribuzione organizzata italiana.
È quanto emerge dall’inchiesta di WineMag.it tra le corsie delle maggiori insegne nazionali della Gdo: da Auchan a Conad, da Carrefour ad Esselunga, passando per Bennet, Coop, Eurospin, Lidl, Penny Market e Iper, La grande i.
C’è di più. Quasi mai, il nome “Cantine Pellegrino” appare per intero sulle etichette “primo prezzo”. Più facile trovare la sigla “C.P.C. Spa”, col riferimento della sede aziendale (via del Fante 39, Marsala). Si tratta appunto dell’acronimo della Carlo Pellegrino & C. Spa.
Tutto lecito, in un’Italia e in Europa che impone etichette “Chiare, Semplici e Leggibili”, ma che consente alle aziende di usare delle sigle, al posto del nome per esteso.
Un “escamotage” che molte cantine da milioni di bottiglie di vino a prezzo stracciato, destinato a supermercati e discount – impegnate però a promuovere quel paio di etichette destinate all’Horeca – conoscono bene.
Del resto, giusto vergognarsi di un Marsala che costa persino meno di quello degli imbottigliatori con sede legale a Piacenza (vedi quello di Giarola Savem) e Milano (quello di Giovanni Bosca Spa). Il record negativo spetta infatti alla referenza di Cantine Pellegrino proposta nei supermercati Esselunga.
Si tratta del Marsala Dop Fine I.P. Alagna – “Marca depositata Pietro Alagna e Figlio”: 3,58 euro risultano il prezzo più basso della Grande distribuzione italiana, per la bottiglia da un litro. Viene da chiedersi se Pietro Alagna, oggi novantenne presidente di Cantine Pellegrino, lo sappia.
A dire il vero, gli attenti buyer di Esselunga strappano il record per un solo centesimo ad Eurospin (avete presente? Quelli della campagna dei vini “Integralmente prodotti”, promossi da Luca Gardini) e Lidl, dove il vino simbolo della città trapanese (e della Sicilia intera) è in vendita a 3,59 euro al litro.
Clamoroso anche il prezzo del Marsala Fine Italia Particolare ambra secco di “F.F. Marsala” (Fratelli Fici): altra bottiglia da litro in vendita a 3,59 euro negli ipermercati di Iper, La grande i (Finiper).
Più in generale, come spesso accade nelle corsie del vino al supermercato, il quadro organizzativo del banco registra più di una pecca. Non è difficile trovare bottiglie di Marsala di vecchie annate, dimenticate sul fondo dello scaffale al posto di essere vendute prima dell’arrivo degli ordini della “vendemmia” più recente.
Per i clienti più attenti e preparati risulta così semplice procurarsi delle vere e proprie “verticali di Marsala“, come quella raccontata nei mesi scorsi dall’altra testata del nostro network, Vinialsupermercato.it (la polvere sulle bottiglie non si paga e le bottiglie risultano nel 90% dei casi molto ben conservate, nonostante i pregiudizi). Anche la costruzione del display, in molti casi, lascia a desiderare.
Tralasciando la violazione di Conad e di Iper, La grande i (che espongono un “vino aromatizzato” come il “Floriovo” indicando sull’etichetta la parola “Marsala”, cosa che del resto fa anche la nota enoteca online Bernabei) va sottolineato che solo i francesi di Auchan dedicano ai “vini liquorosi” una vera e propria “voce” a scaffale, ben visibile grazie alla cartellonistica.
Per il resto, il Marsala si trova spesso decontestualizzato dalla corsia dei vini. Nella maggior parte dei casi, le referenze presenti sono collocate tra i distillati o le creme liquorose, con risultati imbarazzanti per la nobile Denominazione siciliana.
Curiosa la scelta di Esselunga, che in ottica cross-marketing espone il Marsala su testate adiacenti la pasticceria, vicino a Passiti e vini spumanti dolci come il Moscato e il Brachetto d’Asti o frizzanti come il Sangue di Giuda dell’Oltrepò pavese. Ecco, nello specifico, la situazione riscontrata in occasione della nostra inchiesta, insegna per insegna.
IL MARSALA AL SUPERMERCATO, INSEGNA PER INSEGNA
Auchan
Ampio l’assortimento e ben esposto in verticale, in una sezione dedicata ai “vini liquorosi”. In alto due referenze di Carlo Pellegrino, linea “Baglio Kelbi”: 4,69 euro per entrambe le bottiglie da 75 cl (6,25 euro al litro).
Si tratta del Marsala fine I. P. Semisecco Dop e del Marsala Superiore S.O.M. Ambra secco Dop. Appena sotto, ad altezza presa, a 3,79 euro per la bottiglia da 75 cl (5,05 euro al litro) il Marsala fine imbottigliato da Casano Sas di Marsala.
È il Marsala fine ambra Semisecco “Antichi Bagli“. Accanto a lui il Cremovo di Pellegrino, sempre linea Baglio Kelbi, a 3,99 euro (5,32 al litro). Appena sotto, ecco il VecchioFlorio 2014: 75 cl a 7,99 euro (10,65 euro al litro). Due vendemmie a scaffale: 2014 davanti e 2012 dietro.
Più sotto, sempre in verticale, il “Terre Arse” vergine 2002. Presenti anche alcune bottiglie del 2000, mal esposte sul fondo: 11,29 euro il prezzo del mezzo litro (22,58 al litro). Ripiano più basso per “Targa riserva 1840”, altra etichetta di Florio: 11,43 euro la vendemmia 2003, bottiglia da 0,50 (22,86 al litro).
Bennet
Buon assortimento. Il Marsala superiore dolce Dop “Garibaldi” di Pellegrino è ad altezza presa (4,39 euro, bottiglia da 500 ml, 8,78 al litro), tra un Picolit da 11,85 euro e una grappa di Franciacorta.
Appena sotto nel display, in perfetta verticalizzazione, il Marsala fine Doc ambra semisecco di Martinez Srl, tra un Sangue di Giuda dell’Oltrepò pavese e una grappa gentile di Chardonnay.
Base dello scaffale riservata ad altre due referenze: il VecchioFlorio secco 2014 a 6,95 euro (750 ml) e il Marsala Ambra Semisecco “Gibò”, imbottigliato in zona d’origine per Giovanni Bosca Spa, Azienda con sede in piazza Diaz 1, a Milano: costo di 4,99 euro per la bottiglia da un litro.
Carrefour
Due referenze che paiono dimenticate nell’angolo basso dello scaffale, contro una colonna. Sono il VecchioFlorio 2014 (6,90 euro la 750 ml) e il Marsala fine I. P. “Liberti”, imbottigliato da D.D.S. Spa in via Florio, a Marsala (bottiglia da 1 litro a 4,49 euro).
Si tratta della sigla che “cela” Duca di Salaparuta, marchio che riunisce alcuni brand storici siciliani come Corvo e la stessa Florio. Certamente più rispettoso l’approccio alla Denominazione, rispetto a quello di Cantine Pellegrino.
Coop
Il Marsala si trova nella corsia dei superalcolici, per l’esattezza sul ripiano più basso dello scaffale. Due le referenze. Il VecchioFlorio a 6,85 euro (9,13 al litro), presente nel caos con ben tre vendemmie (2012, 2013 e 2014 esposte in ordine inverso rispetto alla basilare regola del first in first out) e il Marsala Fine Ambra Semisecco “Lilibeo” di C.P.C. Spa: 4,99 euro il litro. Riecco dunque Cantine Pellegrino a cimentarsi nel primo prezzo.
Nel supermercato Coop preso in analisi per la nostra inchiesta, le bottiglie di Marsala risultano esposte tra un “Anice forte” venduto a 5,89 euro e il Martini rosato perfetto per i cocktail, in vendita a ben 8,39 euro.
Conad
Due referenze, oltre al Floriovo (che in etichetta viene erroneamente indicato come “Marsala”). Ad altezza presa il Marsala Superiore Old Marsala Ambrasecco, di Cantine Pellegrino: 5,25 euro per la bottiglia da 0,50 (10,50 al litro). Più in basso il Marsala Fine I. P. imbottigliato da F.F. Marsala (Fratelli Fici) per conto di Giarola Savem, azienda vitivinicola di Piacenza (5,29 euro la 75 cl).
Esselunga
Due referenze, ad altezza piedi, alla base di una testata condivisa con spumanti dolci, passiti e vin santo, intervallate dal “Cromovo” di Pellegrino. Si va dai 3,58 euro del Marsala Fine di “C.P.C.”, che offre appunto il primato del Marsala a basso costo della Grande distribuzione organizzata a Cantine Carlo Pellegrino, agli 8,39 euro del Marsala superiore Doc Secco VecchioFlorio, vendemmia 2014 (formato da 1 litro).
Eurospin
Ancora una volta decontestualizzato dalla corsia vini, il Marsala si trova poco lontano da una “crema di banana” da 4,29 euro (“liquore cremoso e avvolgente”) e da un passito di Pantelleria da 4,99 (Cantine Pellegrino), accanto a un vino aromatizzato all’uovo dello stesso brand. Una sola referenza, “Baglio delle Torri” in formato da 1 litro: 3,59 euro il prezzo.
Iper, La grande i (Finiper)
VecchioFlorio apre la linea a banco, ad altezza presa. Due le vendemmie presenti: 2014 davanti e 2013 dietro. Prezzo di 6,95 euro per la bottiglia da 75 cl (9,27 al litro). Il Marsala ha accanto una crema alla nocciola da 3,99 euro e il “Floriovo” Florio a 5,99 euro (altra etichetta fuorilegge del punto vendita, in cui è indicata la parola “Marsala”).
Più sotto, posizionato correttamente, un altro Marsala a 3,59 euro bottiglia da litro: è il Fine Italia Particolare Ambra secco di F.F. Marsala (Fratelli Fici).
Lidl
Ancora una volta il Marsala decontestualizzato dal banco destinato all’esposizione dei vini e collocato tra i distillati. Siamo tuttavia su un lungo lineare, che dal centro del punto vendita arriva a lambire le casse, interessando anche l’ampio assortimento che la catena tedesca riserva alle birre (anche “artigianali” italiane). Una sola referenza di Marsala, accanto a un Gin da 6,49 euro: il costo è di 3,59 euro per la bottiglia da litro.
Penny Market
La referenza è esaurita nel punto vendita visitato, ma gli addetti del supermercato confermano che in assortimento c’è un solo Marsala. Il costo è 3,59 euro, ma la bottiglia è da 0,75 cl (4,79 euro al litro).
Il Marsala è inserito nella corsia dei distillati, tra una grappa barricata da 5,99 euro e un surrogato dello Jägermeister prodotto in Germania, a 5,29 euro. Tant’è. Povero Marsala.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Solo 1.500 bottiglie, esclusivamente nel formato da 750 ml. Prezzo di vendita al pubblico: 100 euro. Dopo circa otto anni complessivi di affinamento, arriva sul mercato Rosso Gravner 2010. Si tratta del primo vino rosso di Gravner fermentato in anfora.
Prodotto con uve Merlot e Cabernet Sauvignon da vigne piantate nei primi anni ’60 nel vigneto di Hum, il Rosso Gravner 2010 è frutto di una stagione che ha prodotto rossi piuttosto austeri in Collio.
Il vino ha fermentato per quattro settimane in anfora e proseguito l’affinamento in botti di rovere fino a settembre 2014, quando è stato imbottigliato.
L’annata precedentemente prodotta di Rosso Gravner è stata la 2004 e le bottiglie sono già introvabili. Dal 2006 Josko ha iniziato a fermentare anche i rossi direttamente in anfora ma per scelta il Rosso Breg e il Rujno usciranno solo nel 2020, dopo 14 anni di affinamento.
È il 2001 quando Gravner sceglie le anfore per vinificare i suoi vini bianchi. Reduce da alcune annate difficili, condizionate da avverse condizioni meteorologiche e da scarsi raccolti, si impegna nelle prime macerazioni.
La modalità utilizzata è quella classica del Caucaso, tipica della zona dei Kakheti, che prevede l’impiego di grandi anfore in terracotta interrate, lunghissime macerazioni e l’uscita sul mercato non prima di sette anni di affinamento. Le anfore, a differenza dei legni, vengono lavate dopo ogni utilizzo così da poter essere utilizzate indistintamente per bianchi o rossi.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
(4 / 5) Torniamo a scandagliare la linea di vini pugliesi “Notte Rossa“. Questa volta sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper finisce il Negroamaro Salento Igp 2018. Un’etichetta che rientra appunto nella “Selezione Igp” della cantina di San Marzano (TA).
LA DEGUSTAZIONE
Rosso rubino piuttosto impenetrabile. Al naso richiami fruttati suadenti, di ciliegia e di frutti di bosco, oltre che di prugna matura. Non mancano richiami floreali di viola. Non mancano mai ricordi di macchia mediterranea nei vini, mediterranei, di Notte Rossa.
Al palato il vino mostra una perfetta corrispondenza tra olfatto e gusto. La frutta è matura, ma tutt’altro che noiosa e sgarbata. Merito della freschezza che connota il sorso di questo Negroamaro 2018. Bella la chiusura, su note di carruba e una venatura amaricante.
Un rosso che si può consumare anche leggermente fresco, dunque a una temperatura inferiore ai canonici 18 gradi. Accompagna alla perfezione tutto il pasto. Ottimo con antipasti a base di salumi, primi come la pasta, ma anche secondi di carne grigliata e formaggi di buona stagionatura.
LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione del Negroamaro Notte Rossa è il Salento, in Puglia. I vigneti dell’omonimo vitigno si trovano a circa 100 metri sul livello del mare. Una zona con temperature medie alte e una bassa piovosità. I terreni sono a grana medio-argillosa, con profondità abbondantemente sotto il metro.
Le uve vengono vendemmiate tra la seconda e la terza settimana del mese di settembre. La vinificazione prevede una macerazione termo-controllata di circa dieci giorni. La fermentazione alcolica viene favorita dall’utilizzo di lieviti selezionati. Segue un affinamento in acciaio di qualche mese, prima della commercializzazione.
Prezzo: 4,99 euro
Acquistabile presso: Tigros, Basko, Poli Supermercati, Iperal, Coop, Famila, A&O, Iper la grande i, Sigma, Despar, Futura, Conad
***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta è stata richiesta a Vinialsupermercato.it dall’inserzionista, ma è stata redatta in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza i nostri giudizi***
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(5 / 5) E’ tra i vini rossi dal rapporto qualità prezzo più invidiabile il Breganze Doc 2015 “Brentino” di Maculan, che fa capolino da qualche mese sugli scaffali dei supermercati Tigros. Poco meno di 16 euro per accaparrarsi un vino capace di affinare a lungo in cantina, se ben conservato.
LA DEGUSTAZIONE
Alla vista il vino della nota cantina veneta si presenta di un rosso rubino carico, intenso. Il naso è particolarmente intenso. Le note fruttate ed erbacee si accompagnano ai sentori conferiti dall’affinamento in legno, come la vaniglia e il fondo di caffè.
L’ingresso in bocca mostra un vino dotato di buon corpo e struttura, capace di migliorare ancora nel tempo. Al momento la corrispondenza gusto-olfattiva è perfetta, con ritorni di frutta e leggeri accenni di spezia in chiusura.
Non manca un tocco salino, che rende il quadro ancora più intrigante. Buona la persistenza. Il vino rosso “Brentino” si abbina a primi piatti con sughi di selvaggina, arrosti e grigliate di carne rossa.
LA VINIFICAZIONE
Si tratta di un uvaggio composto al 55% da Merlot e al 45% da Cabernet Sauvignon. Per la produzione di questo vino, Maculan seleziona le uve tra i migliori vigneti della zona di Breganze. Si tratta di colline vulcaniche e tufacee, capaci di restituire al nettare caratteristiche uniche.
La fermentazione avviene in vasche di acciaio. L’affinamento di metà del vino viene invece effettuato in barrique di rovere francese, per un anno. La cantina Maculan è la cantina più rappresentativa di Breganze, nota soprattutto per la produzione del “dolce – non dolce” Torcolato.
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Arriva sul mercato il Bianco Breg 2011 di Gravner. Prodotto con uve Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay e Riesling Italico, è la penultima annata ad andare in commercio.
I vigneti dai quali è stata raccolta l’uva sono stati infatti tutti espiantati tra il 2011 e il 2012, a seguito della decisione di Josko Gravner di dedicarsi unicamente alla coltivazione delle varietà autoctone Ribolla Gialla e Pignolo.
Al momento questi terreni sono ancora a riposo, ma la maggior parte di essi tra qualche anno diventerà bosco.
La posizione non sarebbe ideale per le varietà scelte e Gravner preferisce favorire l’equilibrio dell’ecosistema attraverso un impianto boschivo. Solo un appezzamento di circa 2 ettari tornerà ad essere vigneto.
Una produzione molto ridotta quella di Bianco Breg 2011 rispetto agli anni precedenti: solo 3 mila bottiglie (che per il 2012 scenderanno a 2 mila) tra formato da 750 ml e magnum.
“A mio avviso – afferma Josko Gravner – la 2011 è stata una delle migliori annate per i miei vini, e in particolare per il Breg Bianco”.
Un’annata bella da lavorare, con un buon andamento climatico e un autunno asciutto che ci ha permesso di arrivare a piena maturazione dell’uva e di vendemmiare molto avanti. Penso che questo vino ci darà grandi soddisfazioni nonostante quell’anno le uve non siano state attaccate dalla botrite”.
Il nome Bianco Breg deriva da un vigneto, il Vinograd Breg, dove erano coltivate diverse varietà la cui uva veniva vinificata a parte rispetto agli altri, come fosse un Cru. Fu cambiato in Bianco Gravner quando alle uve prodotte in questo vigneto vennero aggiunte varietà provenienti da altri vigneti, come lo Chardonnay e il Sauvignon.
Un cambiamento che non fu accolto in modo positivo perché recepito come un abbassamento della qualità del vino, anche se la realtà era ben diversa. L’anno successivo il passo indietro: la scelta di togliere il termine Vinograd, e di tornare a chiamarlo semplicemente Bianco Breg. Prezzo medio in enoteca: 75 euro per la bottiglia da 750 ml, 150 per la magnum.
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CASTEL SAN PIETRO TERME – Il vino in lattina è ormai una realtà. Anche in Italia. A confermarlo, oltre alla vera e propria esplosione del fenomeno alla Prowein Trade Fair 2019 di Düsseldorf, sono i numeri di Cantine Sgarzi Luigi.
Dal quartier generale di Castel S. Pietro Terme, in provincia di Bologna, partono ogni anno per il mondo circa 12 milioni di lattine. I principali clienti sono in Canada, Stati Uniti, Germania e Giappone.
“Rappresentiamo uno dei principali produttori europei di vino e bevande a base di vino in lattina di alluminio”, spiega Stefano Sgarzi, terza generazione della cantina fondata nel 1933 dal nonno Luigi.
Che si affretta a precisare: “La lattina indubbiamente, sta aprendo nuovi mercati per il vino sia geograficamente che demograficamente, aumentando così il consumo complessivo”.
“Uno dei prodotti più performanti della società – conferma Sgarzi – è proprio il vino frizzante in lattina del marchio ‘Ciao‘, prodotto secondo il metodo Charmat esattamente come quello in bottiglia”. Il formato in lattina è particolarmente apprezzato dai giovani e può vantare numerosi vantaggi rispetto alle bottiglie di vetro.
È leggero da trasportare, infrangibile, riciclabile, può essere facilmente raffreddato e contiene una singola porzione. Un’azienda, la Sgarzi, che ha saputo reinventarsi negli anni. Non a caso il pay off attuale è “Your worldwide wine specialist“.
Siamo diventati un punto di riferimento a livello mondiale nel fornire vini di qualità ad un giusto prezzo. Nel corso della nostra storia ci siamo specializzati nella customer care che ci ha portato ad ottenere la fidelizzazione dei nostri clienti in più di 80 paesi nel mondo”.
I VANTAGGI DEL VINO IN LATTINA
In un’epoca in cui la personalizzazione del prodotto diventa un’importante leva di marketing – dalle cover dei cellulari alle etichette e ai tappi di vino il passo è breve – le lattine sembrano avere una marcia in più rispetto al comune vetro.
“Sono in grado di conservare il contenuto in maniera ottimale, sono colorate e attraenti, infrangibili, facili da trasportare, realizzate in materiali riciclabili, oltre che convenienti e accessibili”, sottolinea Stefano Sgarzi.
Anche la scelta del nome “Ciao”, marchio registrato sin dal 2003, non è stata casuale. “Volevamo un nome tipicamente italiano, associabile a valori positivi facile da pronunciare e comprensibile per un pubblico internazionale”.
Per la grafica – continua Sgarzi – abbiamo associato al logotipo una farfalla, perché costituisce un indicatore naturale dell’ecosostenibilità ambientale e perché si posa sui fiori più belli, per nutrirsi e godersi la luce del sole. In sostanza, il marchio vuole comunicare al consumatore l’appeal del Made in Italy e l’impronta eco-sostenibile dei prodotti Ciao”.
La gamma di vini in lattina di Cantine Sgarzi è costituita da 6 diverse referenze: 3 vini frizzanti e 3 cocktail a base di vino. “Ciao Secco” (10,5%) è un bianco Igt Veneto, ottenuto da uve Glera coltivate in Veneto. “Le stesse uve utilizzate per la produzione del vino Prosecco Doc”, si affretta a precisare la cantina.
“Ciao Rosato” (10,5%) è invece un blend di Merlot e Raboso, Igt Veneto coltivate nella Marca Trevigiana e vinificate in bianco, separando cioè le vinacce dal mosto per ottenere il colore rosato al posto del rosso. Infine “Ciao Moscato” (8% vol), Igt Rubicone da uve Moscato coltivate in Emilia Romagna.
“Seguendo il desiderio di innovazione che ci contraddistingue – spiega Stefano Sgarzi – abbiamo aggiunto ai vini frizzanti anche 3 cocktail a base di vino. Si tratta di tre miscele storiche già mixate e pronte per essere gustate”.
Ecco quindi “Sfritz” (5%vol), cocktail a base di vino bianco frizzante aromatizzato all’arancia amara. Il secondo è “Lemon-Peach” (6,9%), cocktail a base di vino rosso frizzante aromatizzato alla pesca e limone consigliato “insieme a una buona pizza”. E infine “Sangria” (6,9% vol), altro cocktail a base di vino rosso frizzante aromatizzato con aromi naturali.
IL TARGET
Il target dei vini Ciao in lattina sono i Millennials di età compresa fra 18-35 anni. “Bevitori di vino non abituali – commenta Stefano Sgarzi, dati alla mano – che seguono uno stile di vita moderno ed ecosostenibile. Il consumatore oggi cerca qualcosa di nuovo, che si rivolge alla sua fascia di età, che sia trendy, fresco e con un basso contenuto alcolico. Qualcosa che, più in generale, rappresenti il suo modo di essere e ideale per il suo stile di vita”.
Il vino in lattina, sempre secondo i risultati delle indagini di mercato compiute dalla cantina bolognese, viene consumato al parco, in spiaggia, in barca. Ma anche a casa con gli amici, ai concerti, agli eventi sportivi.
“In generale la lattina – conclude Stefano Sgarzi – è ideale in tutte quelle circostanze in cui l’uso del vetro è severamente vitato dalle politiche della sicurezza. E, perché no? Viene scelto anche al bar, al ristorante, in discoteca e da chi è in viaggio”. Siete pronti?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
TREISO – Un giovane volenteroso. Una piccola cantina. Dei vigneti vocati, che confinano con quelli di “grandi” delle Langhe come Pio Cesare. La “ricetta” dell’Azienda Agricola Baldissero ha pochi ingredienti, tutti di ottima qualità.
Non a caso il 32enne Marco Lorusso, che ha preso in mano le sorti della cantina del nonno, può essere considerato tra gli interpreti di punta del Rinascimento del Dolcetto d’Alba in Piemonte. Un fenomeno in grande evidenza e spolvero all’edizione 2019 di Grandi Langhe, andata in scena a fine gennaio.
LA CANTINA
Sette ettari, tutti di proprietà. Ottomila bottiglie complessive. Prima vendemmia nel 2016, con la vinificazione delle uve da Orlando Abrigo, dove Lorusso lavora come enologo dal 2007, dopo essersi formato all’Enologica di Alba.
Baldissero Vini è infatti il progetto “collaterale” di questo giovane piemontese, che sta prendendo forma di anno in anno, attraverso l’ampliamento e ammodernamento della cantina-scrigno di Treiso (CN).
Un cascinale, con annessi inizialmente 5 ettari di terreni vitati, acquistati dal nonno Guido negli anni Cinquanta. “Per 1 milione 200 mila Lire”. Oggi, il valore dei terreni di Treiso è salito a circa 350 mila euro all’ettaro.
Alle scarse quantità della vendemmia 2017 ha risposto una 2018 piuttosto generosa. Nebbiolo, Barbera, Syrah e ovviamente Dolcetto le uve a disposizione di Marco Lorusso, ormai pronto a presentare anche il suo primo Barbaresco: appena 3 mila “pezzi”, che saranno in bottiglia da giugno.
Tutte etichette dall’ottimo rapporto qualità prezzo quelle di Baldissero. Si parte dai 5,50 euro del Dolcetto, passando per gli 8 euro della Barbera, gli 8,50 euro del Langhe Rosso, i 9,50 del Nebbiolo. Per finire con i 20 euro del “futuro” Barbaresco (prezzo di cantina).
IN CANTINA
Lieviti indigeni, temperatura controllata. Pochi giorni di macerazione per il Dolcetto, che fa solo acciaio. Si sale a 20-25 giorni per i Nebbioli, che effettuano la malolattica in barrique.
Pochi, essenziali accorgimenti che consentono a Marco Lorusso di mettere sul mercato 4 etichette: Dolcetto, Barbera, Langhe Rosso e, tra qualche mese, anche il Barbaresco. La scommessa già vinta è quella del Dolcetto.
Una volta il Dolcetto era il vino della Langa – ricorda il giovane vignaiolo – che si vendeva moltissimo in damigiana. Ho voluto riprendere questa tradizione e coltivare il mio sogno. E’ un mestiere che amo, ma sono comunque partito coi piedi di piombo. Sono contento dei primi risultati ottenuti e spero che il Rinascimento del Dolcetto continui, grazie ai produttori e ai consumatori più attenti”.
Una riscoperta del territorio e delle tradizioni che parte dalla vigna, per tradursi in cantina e finire nel calice. Vini che parlano delle Langhe, quelli di Baldissero, anche grazie all’inconfondibile etichetta, sulla quale è riportata la mappa del Comune di Treiso e la collocazione del primo vigneto acquistato dal nonno di Marco, nel 1953.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
COPERTINO – Dal Negroamaro al Primitivo, passando per i vini simbolo della Doc Copertino e chiudendo con le Riserve. La gamma di vini di Cupertinum – Antica Cantina del Salento 1935 fotografa una fetta di Salento dal rapporto qualità prezzo invidiabile. Tra i migliori in assoluto in Italia.
E’ quanto emerge dalla nostra degustazione delle ultime annate in commercio firmate dalla cooperativa di Copertino (LE). Trecento soci attivi su 300 ettari vitati, tra il Golfo di Taranto e il Canale d’Otranto. Un tasting reso possibile dall’invito del presidente della cantina salentina, Francesco Trono.
L’ennesima prova che molte cooperative vitivinicole italiane abbiano intrapreso la strada della qualità, anche fuori dai confini dell’inarrivabile Alto Adige (spesso costoso, a buona ragione).
Una qualità che fa ancora più “effetto” se si considera il contesto: una Puglia che sta tentando di lasciarsi alle spalle il ruolo di “serbatoio” d’Italia per tagli e “magheggi”, puntando tutto sull’imbottigliato di valore.
(5 / 5) LE VALUTAZIONI DI WINEMAG (5 / 5)
Negroamaro Salento Igp 2017 “Spinello dei Falconi” (13% vol): 4,90 euro in cantina (4 / 5) 87/100 Cerasuolo limpido, naso pulito, frutto rosso e fiore di rosa. Bella eleganza al palato, minerale e lungo. Un naso e una bocca intensa che sostiene bene un alcol per nulla disturbante.
Impreziosisce il quadro la chiusura amarognola, che chiama il sorso successivo. Cinque mesi di elevazione in vasche di cemento vetrificate e almeno 1 mese di affinamento in bottiglia (25 mila bottiglie complessive).
Negroamaro Salento Igp 2014 (13%): 4,90 euro in cantina (4 / 5) 86/100
Bel colore, tutto sommato “giovane”. Naso pieno, di frutta precisa e tipica, con vezzi che ricordano l’oliva nera in concia di salamoia. Con l’ossigenazione, il nettare si apre a tinte di liquirizia, tabacco dolce, menta. Si fa sempre più netto il sentore di arancia sanguinella succosa, tendente al maturo, assieme a quello di fragolina di bosco.
In bocca il tannino è ben integrato e appena percettibile: quanto basta per far da perfetto contraltare alle note fruttate, piene e carnose. Godibile anche a temperature attorno ai 14 gradi. Due anni o più (a seconda del lotto) di elevazione in vasche di cemento vetrificato e almeno 9 mesi di affinamento in bottiglia (70 mila bottiglie complessive).
Primitivo Salento Igp Rosso 2016 (13,5%): 5,60 euro in cantina (4 / 5) 88/100 Colore leggermente più trasparente rispetto a quello del Negroamaro. Naso che rivela un vino più “austero”, “serio”, meno gioioso e con cui azzardare abbinamenti più importanti. Oltre al frutto, il nettare rivela un’impronta “animale”, di pellame, che ricorda il Montepulciano. Rosmarino netto, pepe nero, curry, lampone, ciliegia.
Ingresso di bocca “verde” garbato, che lascia spazio a ricordi di ciliegia. Il tannino in chiusura, leggero, asciuga e prepara al sorso successivo. Un Primitivo perfetto per una grigliata. Uno o più anni di elevazione in vasche di cemento vetrificate (a seconda del lotto) e almeno 9 mesi di affinamento in bottiglia (30 mila bottiglie complessive).
Copertino Doc Rosso 2010 (13%): 5,90 euro in cantina (3,5 / 5) 85/100 Colore rosso rubino pieno. Naso piuttosto timido, di un vino che attende nello scoprirsi. Vena ferrosa, ma anche “animale” al palato. Tanta macchia mediterranea, spezia, ma anche frutta come amarena e prugna). Corrispondente al palato, dove il punto forte è l’assoluta freschezza. Un vino che sembra fermo all’epoca di imbottigliamento.
Chiusura sull’alcol già avvertito al naso, forse un po’ troppo invadente. Due anni o più (a seconda del lotto) di elevazione in vasche di cemento vetrificate e almeno 9 mesi di affinamento in bottiglia (150 mila bottiglie complessive).
Copertino Doc Rosso Riserva 2010 (13%): 7,40 euro in cantina (4,5 / 5) 90/100
Bel colore, brillante, bel naso elegante. Arancia sanguinella, parte balsamica, mentuccia, liquirizia, origano. In bocca corrispondente: freschezza accentuata, tannino marcato, chiusura salina e fruttata, lunga. Tannino, frutto, sapidità: non manca niente.
Un vino in evoluzione, che fa dell’equilibrio il suo punto di forza. Quattro o più anni (a seconda del lotto) di elevazione in vasche di cemento vetrificate e almeno 9 mesi di affinamento in bottiglia: 300 mila bottiglie complessive. Il vero fiore all’occhiello di Cupertinum.
Copertino Doc Rosso Riserva 2009 “Settantacinque” (13%): 9,10 euro in cantina (4 / 5) 88/100
Simile alla precedente Riserva, ma più esplosiva al naso. In bocca, “Settantacinque” non rivela la medesima eleganza. Un vino adatto a chi ama potenza e verticalità, ben calibrate. Quattro o più anni (a seconda del lotto) di elevazione in vasche di cemento vetrificate e almeno 9 mesi di affinamento in bottiglia (50 mila bottiglie complessive).
Degustazione a cura di Davide Bortone, Giacomo Merlotti e Gabriele Rocchi – WineMag.it
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Insolito. Prodotto a mano in piccoli lotti ma non per questo difficile da reperire, tant’è che spesso appare anche sugli scaffali della Gdo. Vi raccontiamo oggi di Woodford Reserve Distiller’s Select, whiskey americano molto noto in Italia, prodotto da Labrot & Graham.
LA DEGUSTAZIONE
Color ambra luminoso e dall’aroma pieno. Frutta secca, scorza d’arancia, fave di cacao. Intensa nota di vaniglia, rovere ed un leggero tocco fumè.
Pieno e morbido in bocca accompagna il sorso con sentori leggermente speziati, cereali e caffè. Alcool presente (43,2%) ma ben integrato e per nulla fastidioso.
La persistenza è lunga e giocata in accordo col naso, ecco quindi tornare il fumè ed il cacao accompagnati da una sensazione leggermente astringente. Ottimo Bourbon da bere liscio dopo cena o anche accompagnandolo a dei dolci cremosi e vanigliati può essere interessante come base cocktail per le sue note chiare ed intense.
IL PRODUTTORE Prodotto con una elevata percentuale di segale, circa 18%, e prodotto secondo tripla distillazione ad alambicco. Cosa assai rara negli Stati Uniti. Prodotto in oltre a mano in piccoli lotti e maturato per almeno 6 anni. Tutto questo lo rende un prodotto eccezionale, nel senso che fa eccezione rispetto alla stra grande maggioranza dei Bourbon.
Ma eccezionale anche visto l’interessante rapporto qualità prezzo (considerate che a volte si riesce ad accaparrarselo sullo scaffale di un supermercato o su Internet per una trentina di euro, meno di quanto spesso si spenda per un vino).
Labrot & Graham è una delle distillerie più piccole ed antiche del Kentucky, ancora oggi operativa nello stabilimento originario del 1812, dove hanno sede la “copper pot still room” (la sala degli alambicchi), i centenari tini di fermentazioni in legno e la “barrel run“, il tragitto di 500 piedi che i barili compiono (per gravità) fra il riempimento e la loro messa a dimora a magazzino.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
“Quando i contadini della zona volevano il vino buono, è qui che venivano a cercarlo”. Affonda le radici in questa semplice constatazione la scelta del conte Ferdinando Guicciardini per i vigneti della prima Riserva della sua tenuta, a San Casciano in Val di Pesa.
Nasce così il Chianti Classico Docg Riserva 2015 “Belvedere Campóli”, che prende il nome dall’omonima località a sud di Firenze (cambia solo la “ò”).
Un progetto giunto a compimento nell’autunno scorso, a tre anni dall’acquisto di una proprietà di 8,5 ettari. Solo il primo tassello per la valorizzazione delle vocate colline fra Mercatale e Montefiridolfi.
LA DEGUSTAZIONE
Colore rosso rubino di grande limpidezza, poco trasparente. E’ così che si presenta alla vista la Riserva “Belvedere Campóli” 2015. Naso intenso e mutevole, grazie alla positiva azione dell’ossigeno nel calice. Alla classica vena vinosa iniziale del Sangiovese fa eco un frutto di bosco preciso, elegante, suadente.
Evidente il lampone, unito a richiami di viola e folate di muschio e terra bagnata. Un “naso” per nulla condizionato dai 14,5 gradi d’alcol in volume, molto ben integrati nel corredo olfattivo. Il Chianti Classico Riserva 2015 “Belvedere Campóli” si conferma garbato ed elegante anche al palato.
Ingresso e allungo sulla frutta precisa già avvertita al naso, in un gioco di perfetta corrispondenza. Centro bocca di gran freschezza, che conduce verso una chiusura minerale salina e di liquirizia.
Il tannino, ben integrato ma in evoluzione, si rivela su note di radice e contribuisce a un sorso di ottima pulizia. Caratteristiche che consentono di abbinare questo Chianti Classico a primi e secondi a base di carne rossa e selvaggina (stufati, arrosti e grigliate). Ottimo il rapporto qualità prezzo, attorno ai 25 euro.
LA VINIFICAZIONE
La Riserva è ottenuta da vigne di oltre trent’anni di età, situate fra i 300 e i 450 metri sul livello del mare. Sangiovese che viene raccolto a mano e condotto per la vinificazione al Castello di Poppiano di Montespertoli, proprietà della famiglia dal 1199. Prima della commercializzazione il vino matura in botti di rovere per almeno 24 mesi.
“Belvedere Campóli” è dunque il sigillo su un progetto di riqualificazione dell’omonima area che è destinato a crescere. La proprietà è stata di recente ampliata di altri 3 ettari e presto se ne aggiungeranno altri 2,5. “Il nuovo gioiello”, così come definito dalla famiglia toscana, è pronto a brillare.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
PIACENZA – Vinialsuper a caccia di vini qualità prezzo al Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2018 di Piacenza. Quelli che seguono sono i nostri migliori assaggi Fivi sotto e sopra i 15 euro (franco cantina). Più che mai alta la qualità delle etichette in degustazione tra i 600 vignaioli che hanno preso parte alla Fiera dei record (18.500 accessi nel weekend del 24 e 25 novembre).
Tra i “fenomeni” dell’edizione si segnala lo spopolare dei rifermentati, non sempre in grado di valorizzare il varietale, figli di una rincorsa alla “spumantizzazione” dai risvolti non sempre positivi, neppure tra i vignaioli. D’altro canto si consolida il movimento dei Piwi, con l’ottima Villa Persani (TN) a fare da portabandiera fuori dai confini del Trentino.
Mediamente alta, tra i vignaioli Fivi presenti al Mercato 2018, la qualità dei rosati, con tre etichette che entrano di diritto nella nostra speciale classifica qualità prezzo. Strepitosi alcuni rossi, tra cui emerge il Barolo Bussia 2013 di Giacomo Fenocchio (CN) e il sorprendente Pinot Nero toscano di Podere Fedespina (MS).
Conferma assoluta, tra i vini da dessert, per un’eccellenza tutta italiana come il Vino Cotto Stravecchio della cantina Tiberi David (MC). Tra gli assaggi del Mercato Fivi 2018 anche tanti bei vini rossi “leggeri”, “quotidiani”, tutt’altro che banali: su tutti Montepulciano “Bastian Contrario” de La Marca di San Michele (AN). Ecco la lista completa.
VINI SOTTO AI 15 EURO
Bollicine
Vino bianco Frizzante 2018 “La prima volta”, Vigne al Colle (PD): 7 euro
Vino Spumante Brut Nature Bio “Silvo”, Villa Persani (TN): 8 euro
Bianchi
Gavi Docg 2016 “Terrarossa”, La Zerba (AL): 7 euro
Colli Romagna Centrale Bianco Doc “Opera 5”, Tenuta de’ Stefenelli (FC): 8 euro
Durello Igt Veneto 2016-2017 “io Cloe”, Cantina Tonello (VI): 8 euro
Provincia di Pavia Igt “Arò”, Castello di Stefanago (PV): 10 euro
Vigneti delle Dolomiti Igt Chardonnay 2016 “Felix”, De Tarczal (TN): 10 euro
Umbria Igt Grechetto 2016 “Rigaldo”, Bettalunga (PG): 10 euro
Puglia Igt Verdeca “Striale”, Tenuta Patruno Perniola (BA): 10 euro
Igt Terre Lariane Bianco “Brigante Bianco” 2017, La Costa (LC): 12 euro
Igt Terre Siciliane Bianco Traminer 2016, Enò-Trio (CT): 12 euro
Igt Terre Siciliane Bianco Carricante 2017, Enò-Trio (CT): 12 euro
Rossi
Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc “Violin” 2017, Tosi (PV): 5 euro
Colli Euganei Doc Cabernet Franc 2017, Vigne al Colle (PD): 6 euro
Vino Rosso “Sasso”, Azienda Agricola Sandrin (TV): 6,10 euro
Colli Tortonesi Doc Barbera 2015 “Languia”, La Vecchia Posta (AL): 10 euro
Dolcetto d’Alba Doc Superiore 2016, Az. Agr. La Contrada di Sorano (CN): 10 euro
Trentino Doc Superiore Marzemino d’Isera, De Tarczal (TN): 10 euro
Chianti Docg “Rex Rubrum”, Società Agricola Quei2 (FI), 10 euro
Umbria Igt Sangiovese 2015 “Mattata”, Bettalunga (PG): 10 euro
Puglia Igt Primitivo 2017 “Lenos”, Tenuta Patruno Perniola (BA): 10 euro
Marche Rosso Igp 2016 “Bastian Contrario”, La Marca di San Michele (AN): 12 euro
Rosso di Montepulciano Doc 2017 “Il Golo”, Il Molinaccio (SI): 12 euro
VINI SOPRA AI 15 EURO
Spumanti Oltrepò pavese Metodo classico Pas Dosé Docg 2015, Tenuta Belvedere (PV): ?? euro, spumante non ancora in commercio (24 mesi sui lieviti)
Lessini Durello Doc Spumante Metodo Classico “io Teti”, Cantina Tonello (VI): 15 euro
Franciacorta Docg Brut 2015, Corte Fusia (BS): 20 euro
Gavi Docg Spumante 2011 “Francesca Poggio”, Il Poggio di Gavi (AL): 25 euro
Bianchi
Offida Pecorino 2015 “Bàkchai” barrique, Vigneti Bonaventura (AP): 16 euro
Vino bianco Marche Igt 2016 “Raphael”, Tenuta Ca’ Sciampagne (PU): 15 euro
Igt Terre Lariane Bianco “Solesta”, La Costa (LC): 18 euro
Barbagia Igt 2016 “Delissia”, Cantina Canneddu (NU): 25 euro
Rossi Alto Adige Doc Cabernet Franc 2015 “Puit”, Armin Kobler (BZ): 16 euro
Colli Orientali del Friuli Doc Pignolo 2009, Castello Santanna (UD): 30 euro
Toscana Igt Pinot Nero 2015 “Fedespina”, Podere Fedespina (MS): 35 euro
Barolo Bussia Docg 2013, Giacomo Fenocchio (CN): 45 euro
Toscana Igt Merlot 2013 “Cà”, Podere Fedespina (MS): 25 euro
Dolci
Vino Cotto Stravecchio 2006 “Occhio di Gallo”, Tiberi David (MC): 25 euro
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Si chiama Le Morette Cépage Rosé, Bardolino Chiaretto Spumante Brut ed è stato prodotto in edizione limitata di 7 mila bottiglie, in vendita a un prezzo di 10 euro circa in enoteca. Così, il Chiaretto Le Morette raddoppia.
Arriva sul mercato Cépage Rosé, prodotto dalle uve selezionate nei vigneti di Lazise: una seconda versione rosé che affianca il Bardolino Chiaretto Classico DOC, vino che fa parte della collezione da diversi anni e sta incontrando sempre più interesse in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti.
L’azienda di Fabio e Paolo Zenato, nota soprattutto per i suoi Lugana e l’attività vivaistica, punta così ancora una volta sulle bollicine. Il nuovo spumante rosé affianca due bollicine a base di uve Turbiana, lo charmat Cépage Bianco e il Metodo Classico Brut presentato all’ultimo Vinitaly.
“C’è grande richiesta di bollicine rosa nel mondo – afferma Fabio Zenato – e questo vino è il risultato di una lunga ricerca che mira ad esprimere le potenzialità del nostro territorio, un’interazione di vite, terroir e microclima del lago”.
“Abbiamo evitato le scorciatoie a cui molti sono tentati – continua il produttore – Cépage Rosé è un vino in linea con la nostra filosofia, profondamente legato alla nostra identità e che valorizza le qualità dei vitigni autoctoni Corvina, Rondinella e Molinara”.
La vendemmia si esegue nella prima decade di settembre, a seguito di una raccolta effettuata rigorosamente a mano, dopodiché le uve vengono vinificate insieme, con brevissima macerazione sulle bucce. Dopo la fermentazione segue un periodo di affinamento sui lieviti e la presa di spuma secondo il Metodo Charmat.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Vino e pizza? Perché no? Sono in molti a credere che l’abbinamento perfetto sia con la birra. Questa, tuttavia, contiene lieviti e cereali, quindi è una sorta di doppione della pizza e non aiuta la digestione. Un motivo in più per scegliere il vino.
QUALE PIZZA? QUALE VINO? La scelta del vino varia in base alla tipologia di pizza. Per comodità si può parlare di 4 categorie: pizze rosse, pizze bianche (con formaggi), pizze dai sapori decisi (a base di salame piccante, alici e capperi, mortadella, salsiccia, speck) e pizze vegetariane (ortolana, ai funghi).
Le pizze a base bianca sono solitamente ricche di formaggi, mozzarella e altri latticini, quindi sono ricche anche di grassi (Quattro Formaggi). L’ideale è accompagnare con un vino che “pulisca” la bocca, grazie a una buona acidità e freschezza. In questo caso sono perfette le bollicine.
Il Prosecco Five Stars Collection Bosca può funzionare. Fresco e profumato, con un buon rapporto qualità prezzo. Nei supermercati si trova intorno ai 5 euro. Ma non sono da escludere vini fermi come il Trebbiano, il Verdicchio, il Fiano di Avellino (con la pizza salsiccia e friarelli è spettacolare) e il Vermentino. Tra gli aromatici e semi-aromatici sono azzeccati il Müller-Thurgau e il Riesling.
Le pizze a base rossa sono accomunate dal pomodoro, che si traduce in una certa tendenza acida, la quale non deve assolutamente essere enfatizzata, ma nemmeno soffocata da vini troppo tannici, che conferiscono un retrogusto amarognolo. A tal proposito l’accostamento pizza e vino rosato non è da sottovalutare.
IL ROSATO Provate ad accompagnare la pizza con i rosati della Puglia. TerrAntica di Puglia San Martino, prodotto con il 70% di uve Negroamaro e 30% di uve Malvasia è piacevole, asciutto.
Un altro vino con un buon rapporto qualità prezzo: nei supermercati si vende a poco meno di 3 euro. Le note di frutta scura (ciliegia e cassis) che si avvertono al naso si ritrovano anche al palato.
Le pizze dal gusto deciso, con condimenti sostanziosi, richiedono l’abbinamento con vini più strutturati, come il Greco di Tufo o il Tocai friulano.
Strepitoso anche l’abbinamento con il Lambrusco di Sorbara e la Barbera frizzanti o la Bonarda vivace, rinfrescano e sgrassano. Il Greco di Tufo di Nziria dei Principi Docg (2016) è un’altra soluzione.
Il prezzo si aggira attorno ai 7 euro e li vale tutti. Al naso spiccano i sentori di fiori e frutti bianchi, mentre al palato è fruttato, secco, sapido e fresco. Ottimo per l’abbinamento anche il Lambrusco di Sorbara di Saccamore, Chiarli e non l’ho trovato emozionante. Un altro rosso piacevole, con una moderata frizzantezza, secco al palato.
I frutti rossi che si avvertono al naso, infatti, si percepiscono solo nel retrogusto. Un po’ deludente anche il Bonarda dell’Oltrepò Pavese Friscale (gruppo Zonin), leggermente fruttato e dalle bollicine invadenti.
LE PIZZE VEGETARIANE Con le pizze vegetariane a dettare legge sono i vini bianchi giovani e freschi, come il Prosecco, ma può andare bene anche un rosato come il Cerasuolo d’Abruzzo. Quello di Cantine Miglianico risulta fruttato, aromatico, con un buon rapporto qualità prezzo. Nei supermercati si può acquistare a poco più di 3 euro.
E con la regina delle pizze, la Margherita? Con la sua combinazione di salsa di pomodoro, olio extravergine d’oliva, mozzarella e profumatissime foglie di basilico si sposa meravigliosamente con il Gragnano o il Frappato, il Cerasuolo di Vittoria, ma anche con il burroso Chardonnay.
Lo Chardonnay di Borgo dei Morars è piuttosto azzeccato per l’abbinamento. Sapido, morbido, con sentori di frutta fresca e note floreali, si lascia bere con piacere. Ottimo anche il prezzo, al supermercato si può acquistare a poco più di 3 euro.
Il vero consiglio è un altro: provate! Non serve spendere un patrimonio per un buon abbinamento. Resterete sorpresi da questa felice unione.
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E’ il motore rombante dell’economia siciliana. La nuova America del vino italiano. L’Etna, con i suoi vini fini, eleganti e longevi, è l’immagine più fulgida del rilancio enologico del Meridione, a suon di Nerello Mascalese. Il simbolo della riscossa di tante regioni del Sud Italia, spremute per decenni da grandi e piccole aziende del Nord.
Conquistadores a caccia di uve “da taglio” cariche di colore, d’alcol e struttura, con cui blendare bacche bianche e rosse altrimenti incapaci di dare vini di peso. Qualitativo e commerciale.
Un tesoro, l’Etna, che ha ormai abbracciato la sua indipendenza. Una terra che abbiamo visitato in lungo e in largo, entrando in nove cantine in cinque giorni di tour. Piccole e grandi aziende, che operano o meno all’interno della Gdo, nella filosofia del nostro “contenitore unico” di informazioni controcorrente.
Quel che emerge è che ciò che alla Sicilia è stato preso in passato, alla Sicilia sta tornando con gli “interessi”. I 903 ettari vitati della Doc (2,5 milioni di bottiglie complessive su 117 iscritti al Consorzio) danno vita a vini capaci di competere con i più vocati territori vitivinicoli internazionali.
Che la discesa di tanti imprenditori sull’Etna non sia frutto di pura filantropia, bensì di marketing e tentativi di diversificazione, è chiaro a tutti. L’Etna “tira”. Negli ultimi mesi, infatti, è in corso una vera e propria gara per accaparrarsi gli ultimi terreni a disposizione nel comprensorio della Denominazione. Prima che il prezzo lieviti ancora, rispetto ai 100 mila euro all’ettaro attuali.
NICOSIA: DA “CANTINE” A “TENUTE” Il caso emblematico è quello di Cantine Nicosia. Il gruppo di Trecastagni (CT), molto attivo nella Grande distribuzione organizzata grazie alle uve dei conferitori, diventerà presto uno dei maggiori player sul vulcano.
Trentatré gli ettari di recente acquisizione sul versante Nord dell’Etna, il più vocato per la produzione dei rossi base Nerello Mascaese e Cappuccio.
Vigneti che entreranno in produzione entro il 2022. Secondo indiscrezioni, è in programma anche la realizzazione di un polo di accoglienza enoturistica nella zona di Linguaglossa. Hospitality e Spa, nel segno delle migliori boutique winery.
Il disegno è chiaro. Con la creazione di un nuovo brand, denominato “Tenute Nicosia“, la cantina che per anni ha puntato sulla Gdo (con picchi di qualità come l’Etna Rosso della linea “Grandi Vigne” dell’insegna Iper, la grande I) punta a un restyling d’immagine. Nascerà una nuova linea “top di gamma” destinata soprattutto all’Horeca, da affiancare a quella attuale del versante Etna Est (dove tra l’altro si trova il sito produttivo).
Nicosia, di fatto, è solo l’ultimo colosso che si unisce alla caccia all’oro dell’Etna. Un “battaglione” a cui i vari Firriato, Planeta, Donnafugata e Tasca d’Almerita (solo per citarne alcuni) hanno aderito ormai da anni.
L’ETNA CHE CONQUISTA
Ma se la scelta iniziale è di tipo commerciale (così come lo è stata certamente per produttori illuminati come Andrea Franchetti di Passopisciaro e Marco De Grazia di Tenuta delle Terre Nere) è anche vero che dell’Etna finisci per innamorarti, per davvero.
E allora ecco che anche i vini dei colossi (o di chi ha investito sull’Etna in maniera lungimirante, riconoscendone il potenziale economico, oltre che vitivinicolo) hanno senso di entrare nell’Olimpo enologico mondiale. Con punte di qualità assoluta, accanto ai “vini veri” e “naturali” di chi sull’Etna è nato (vedi Enòtrio di Nunzio Puglisi, nella foto sotto con la figlia Desirée) o ci è arrivato dal Belgio (come Frank Cornelissen).
Necessari però dei distinguo. Tra i “big” meglio Planeta di Firriato per i vini fermi, che mostrano ottimi margini di invecchiamento (sorprendenti i bianchi). Ottimi i due sparkling prodotti a Cavanera da Firriato, superiori al Metodo Classico base Carricante ottenuto dai vigneti di Sciaranuova – Planeta.
Per le “bollicine” dell’Etna, riferimento assoluto tutto da scoprire è Antonino Destro. La sua Azienda vitivinicola, con l’appoggio dell’enologo Giovanni Rizzo, offre una gamma straordinaria di Metodo Classico sensati e territoriali, con al vertice un “60 mesi” sui lieviti (base Nerello Mascalese vinificato in bianco) degno di entrare nella top 10 italiana dei migliori champenoise sotto i 35 euro (prezzo di cantina).
Spumanti, questi, in grado di far dimenticare in un baleno Charmat base Catarratto come “Pros.it” di Cantine Patria, più consoni a giocarsela (al ribasso) col Veneto della Glera Extra Dry, perfetta per palati avvezzi al frizzantino da aperitivo.
Poco Etna e poco senso (se non commerciale) per vini come questo: scimmiottanti il campione italiano di vendite internazionali from Treviso, scevro da qualsiasi identità etnea.
Tra l’altro uno spumante con un’etichetta – a nostro avviso – al limite della correttezza nei confronti del consumatore: “Pros” “.” “it” non vi ricorda nulla?
Sicuri che, vedendo questa etichetta su uno scaffale, in molti (soprattutto stranieri) non possano pensare di trovarsi di fronte a un “Pros”-ecco “It”-aliano? Una label molto “Patri”-ottica (scommettiamo) per le tasche della cantina di Solicchiata.
D’altronde, il Consorzio del Prosecco Doc ha ben altri problemi a cui pensare, tra cui l’allargamento della regolamentazione alla versione Prosecco Rosé, di cui già si parla ovunque.
Rapporto qualità prezzo molto interessante, invece, su tutta la linea di Antichi Vinai 1877, che a Castiglione di Sicilia è attiva con un sito produttivo di maestose capacità (oltre 1 milione di bottiglie potenziali, quasi la metà di tutta la Doc) al momento sfruttato dalla famiglia Gangemi per attività di imbottigliamento “conto terzi”.
IL CASO Una cantina, Antichi Vinai, artefice di un casus degno delle cronache vinicole nazionali.
Quello di Neromosso, “frizzante” da 2 bar (tecnicamente “vino bianco mosso di Sicilia”) piazzato sul mercato con grande successo a un costo incredibile per la tipologia: ben 9 euro in cantina (13,50 sul sito web della cantina).
Una “bolla” imitatissima in zona, dopo il lancio ufficiale avvenuto nel 2010. Si tratta di Nerello Mascalese vinificato in bianco, con piccole percentuali di uve a bacca bianca (Minnella e Zibibbo) che restituiscono un calice tutto sommato tipico in termini di mineralità etnea.
Altro discorso per Marco De Grazia e la sua Tenuta delle Terre Nere. Un’azienda che in pochi anni si è trasformata in un vero e proprio faro per l’Etna. Vini di una finezza assoluta, con la Borgogna a materializzarsi nei calici dei “cru” delle contrade.
Tenuta delle Terre Nere è la punta di diamante di De Grazia, ex commerciante di vini che ha dato vita alla rivoluzione dei Barolo Boys. Un marchio, “BB”, che ha consentito alle Langhe di farsi conoscere fino in America. Un miracolo replicato da De Grazia sull’Etna.
Chi deve crescere, invece, è Palmento Costanzo. Il recupero dell’antico caseggiato e della cantina – unico sito produttivo siciliano costruito all’interno di un antico palmento, risalente al XIX secolo – è iniziato nel 2011, ma il cambio di enologo ha forse creato qualche squilibrio tra le annate ad oggi in degustazione.
Una difformità che non aiuta la comprensione del tipo di lavoro che la famiglia Costanzo vuole intraprendere sull’Etna, anche se le premesse sono buone. Alla ristrutturazione dell’antico palmento (prevista Hospitality e Spa) sta facendo seguito un lavoro attento nei vigneti certificati biologici, che porterà presto alla presentazione di nuove etichette, tra cui il primo “cru” e il primo Metodo classico.
I VIGNAIOLI DA COPERTINA
Ex commerciante di vino, così come De Grazia, è Frank Cornelissen. Uno che dà del tu alla Muntagna, sulla quale sembra cresciuto. E nella quale, certamente, ha affondato le radici, oggi solidissime.
Cornelissen e Nunzio Puglisi di Enò-trio, uomini copertina del nostro tour, sono vignaioli diversi tra loro. Che hanno in comune, però, l’amore per l’Etna e la voglia di proporre un modello di viticoltura rispettoso dell’ambiente.
Intellettuale il belga Cornelissen, dentro e fuori da un calice in cui sviscera un minimalismo giapponese (del Giappone, non a caso, è originaria la moglie) ad eccezione del prezzo del vino di punta, “Magma”, in vendita a oltre 180 euro.
Maestro di vigna il siculo Puglisi, un lottatore in camicia che può vantare vigneti tra i più belli dell’Etna (certamente i più maniacalmente ordinati, anche grazie all’apporto della figlia Desirée) e tra i più alti in quota (oltre i mille metri quello di Traminer, cha dà vita a un vino strepitoso).
Due sperimentatori, Cornelissen e Puglisi, che meritano tutta l’attenzione autentica di chi cerca qualcosa di lontano dalle mode e dagli stereotipi del mondo del vino. Due da prendere in considerazione a tutti i costi, in previsione di un tour alle pendici dell’Etna.
Una panoramica, quella che avete appena letto, con la quale vogliamo introdurre un secondo articolo, dedicato ai migliori vini degustati in occasione del tour: online tra qualche giorno.
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BARI – Tre annate per mostrare quanto è bella “Edda“. Lei, che come tutte le cose preziose guadagna in fascino, col trascorrere del tempo. Radici del Sud 2018 regala un’altra emozione alla stampa italiana e internazionale, con una verticale della gemma di Cantine San Marzano andata in scena poco fa al ristorante Al Pescatore di Bari.
Tre vendemmie del Bianco Salento Igp che fanno onore a tutto il sistema cooperativo vitivinicolo italiano. Ennesima riprova che si può essere grandi (12 milioni di bottiglie, 1.500 ettari e 1.200 soci per la coop di San Marzano di San Giuseppe, Taranto) senza maltrattare la qualità. Anzi, promuovendola.
Certamente uno dei bianchi italiani del momento, grazie anche a uno straordinario rapporto qualità prezzo: inferiore ai 20 euro in cantina, assestandosi sui 15-16 euro. Un vino riservato al canale Horeca e alla ristorazione, fascinoso sin dall’etichetta, molto essenziale ma curata.
Di fatto, “Edda Lei”, è un Bianco del Salento dalla specifica connotazione territoriale. Il blend nasce nel 2015, aggiungendo alla base Chardonnay (80%) un 20% composto da Fiano Minutolo e Moscatello Selvatico.
Il progetto a lungo termine è tuttavia quello di incrementare, vendemmia dopo vendemmia, la caratterizzazione conferita degli autoctoni. Le annate 2016 e 2017 vedono così una riduzione della percentuale di Chardonnay. Con Fiano Minutolo, Moscatello selvatico e un 5% di altri indigeni a guadagnare terreno nei confronti del vitigno internazionale.
LA VERTICALE 2017-2015 Il risultato? Un vino, “Edda Lei”, che si mostra ampio e glicerico nella vendemmia 2015, senza rinunciare tuttavia ai muscoli ben definiti dalla balsamicità del Minutolo. Chardonnay e Moscato si rimbalzano richiami di pasticceria e sbuffi aromatici.
E’ al palato che il vino “spinge” più, mostrando ancora una pregevole verticalità. Nonché ulteriori margini di positivo affinamento, garantito da un’acidità viva, dinamica. Gran bella chiusura su note di talco e crema pasticcera al lime.
E’ un giallo paglierino intenso e luminoso quello che colora il calice della vendemmia 2016. I riflessi sono quelli dorati, caratterizzanti in toto la cromia della vendemmia 2015. Il campione centrale della verticale è quello che offre forse il corredo più completo e la complessità più marcata.
Le note balsamiche, tipiche del Fiano Minutolo, paiono perfettamente integrate con quelle aromatiche del Moscatello selvatico, varietà che presenta comunque componenti di freschezza. Talco, resina di pino dominano naso e ingresso in bocca. Il palato poi si accende di un’acidità giocata sull’arnica. Lungo e preciso il retro olfattivo.
L’ultima vendemmia di “Edda Lei” in degustazione, la 2017, è di fatto una fanciulla in confronto alle più evolute 2016 e 2015. Un vino adatto ad abbinamenti meno più rigorosi a tavola, visto il crepitio di sentori di lime, buccia di bergamotto e arancia.
Non si tratta tuttavia della classica lama nel burro. “Edda”, pur giovane, è già ben educata da bilanciatissimi componenti gliceriche, che si materializzano sotto forma di pesca, sciroppo d’ananas e mango maturo. Un vino che fa già della grazia e della misura la sua regola d’oro. Da professare ancor più domani. E domani ancora.
LA VINIFICAZIONE
Le uve che compongono il blend di “Edda Lei” provengono dai vigneti di Mauro di Maggio, attuale direttore di Cantina San Marzano. Vengono diraspate e lasciate in criomacerazione, per qualche ora.
La fase successiva prevede la pressatura soffice delle vinacce, seguita da una decantazione statica a freddo. Un passaggio fondamentale per un illimpidimento naturale. La fermentazione alcolica ha luogo in barrique di rovere francese nuove.
L’affinamento prevede un periodo sui lieviti – sempre in barrique – per 4 mesi con batonnage settimanale. Secondo le stime di Cantina San Marzano, la capacità di invecchiamento di “Edda Lei” si assesterebbe sui 5 anni. Un grande risultato per un bianco simbolo della Puglia del vino di qualità.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Dalla capitale Ferrari, Trento, ai feudi di Podernovo (Terricciola, Toscana) e Castelbuono (Bevagna, Umbria). E’ un triangolo ideale quello che unisce le Tenute Lunelli, dal nord al centro Italia.
Un tour di 584 chilometri, macinati (volentieri) per raccontare l’idea imprenditoriale di una delle famiglie del vino più eleganti e illuminate del Paese. Capace di rinnovarsi e, al contempo, restare saldamente attaccata alle tradizioni più genuine.
Alle classiche “bollicine” Trento Doc, di cui è simbolo Ferrari, la terza generazione della famiglia Lunelli ha voluto affiancare la produzione di vini rossi fermi. Lo ha fatto scegliendo due delle zone più vocate d’Italia: i Colli Pisani (Tenuta Podernovo) e l’Umbria (Tenuta di Castelbuono, 35 Km a sud di Perugia).
Nei primi anni Duemila, entrano così nel “portafoglio” dei Lunelli il Sangiovese, il Merlot e il Cabernet Sauvignon toscano. E il Sagrantino umbro. Tutti vitigni nobili, capaci di raccontare come pochi il terroir d’appartenenza.
Per i vini bianchi fermi, del resto, la famiglia Lunelli si affida all’ormai collaudatissima Tenuta Margon, a meno di 5 Km dalla sede produttiva trentina di via del Ponte, 15.
Chardonnay, Pinot Nero, Sauvignon, Incrocio Manzoni e Pinot bianco i vitigni allevati in un contesto mozzafiato, tra le ripide colline che dominano la valle scavata dal fiume Adige.
Insomma: anche se il tour delle Tenute Lunelli è ancora affidato alla buona volontà dei visitatori (è allo studio un servizio di collegamento “istituzionale”, che coinvolgerà in una prima fase la cantina toscana e quella umbra) i chilometri da affrontare in auto sembrano un lontano ricordo, una volta giunti alle varie destinazioni.
L’accoglienza, in loco, è garantita in particolare in Toscana: Casale Podernovo costituisce infatti l’opera di recupero delle case dei fattori, restaurate e rese ancora più accoglienti dalla presenza di una splendida piscina, con vista sui vigneti.
In Umbria, Tenuta Castelbuono di Bevagna è invece l’opera del maestro Arnaldo Pomodoro: il Carapace. Una cantina a forma di guscio di tartaruga la cui parte esterna sta mutando nel tempo, sotto l’azione degli agenti atmosferici che stanno ossidando le placche di rame. Integrando sempre di più l’edificio con l’ambiente circostante.
Qui l’accoglienza non è prevista. Ma tutt’attorno è un tripudio di piccoli e grandi alberghi. Di borghi e di viuzze caratteristiche. Di monumenti e di ristoranti-enoteche, come l’Osteria Antiche Sere di Luciano Sabbatini, da visitare per testare la vera cucina locale.
Anche in Trentino, ovviamente, l’offerta ricettiva non manca. Con la possibilità di scegliere una struttura nell’accogliente città di Trento o negli ancora più tranquilli dintorni, spingendosi verso la vicina e bella Rovereto.
TENUTA PODERNOVO Il nostro tour inizia dalla Toscana. Da un paesello di 4.500 abitanti, Terricciola, che sta ai Colli Pisani come Greve sta al Chianti. Ad accompagnarci nella visita di Tenuta Podernovo c’è un pezzo di storia dell’enologia italiana: Corrado Dalpiaz. Tessera numero 63 di Assoenologi.
“Tanto per i pomi torna”: la madre di Corrado, nel 1968, rassicurava così il marito. Era convinta che il figlio, diplomatosi a San Michele all’Adige (classe 6ª S) e in partenza per il suo primo “viaggio-lavoro”, sarebbe tornato a breve, per la raccolta delle mele (i “pomi”, appunto).
L’enologo trentino, invece, ha trovato in Toscana la sua nuova patria. Prima a Montescudaio, dove contribuì a istituire l’omonima Doc. Poi a Podernovo. “Fu Mauro Lunelli a chiamarmi – spiega Dalpiaz – nel 2000. Forte della nostra decennale conoscenza, dal momento che a San Michele eravamo compagni di banco, mi colpì al cuore, proponendomi di guidare il progetto delle tenute toscane”.
Sessanta ettari complessivi, di cui 25 vitati per il 70% a Sangiovese. Seguono Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc. Un ettaro è destinato al re dei vitigni a bacca rossa del Trentino: il Teroldego. “Abbiamo scoperto che ne è permessa la coltivazione sui Colli Pisani e lo abbiamo voluto, quasi per forza di cose, nei nostri vigneti”.
Il Teroldego, di fatto, svolge a Podernovo la funzione del Colorino: con i suoi antociani, “trentinizza” (anche se in minima parte, con 1-2% di addizione nei blend) i vini rossi prodotti a Terricciola.
In vigneto, le pratiche sono quelle dell’agricoltura biologica. La certificazione arriverà a breve: il percorso – fortemente voluto da Marcello Lunelli che, dopo Trento, mira a estenderlo a tutte le Tenute – è iniziato nel 2009. Trattamenti di solo rame e zolfo, utilizzo di insetti antagonisti e pratica del sovescio sono ormai una consuetudine.
La novità, introdotta per la prima volta in Italia nel 2005 dalla famiglia Lunelli, proprio a Podernovo, è l’utilizzo di un macchinario che consente di stabilire lo stato di “salute” delle piante.
“Un sistema a infrarossi – spiega Dalpiaz – che ci aiuta a capire quando e dove raccogliere esattamente l’uva, attraverso una stima scientifica della vigoria del singolo ceppo”.
Ne scaturisce una mappa, con chiazze di diversi colori. Le aree identificate con il colore verde sono quelle del “Libro dei sogni”. Da lì, sotto la guida del responsabile dei vigneti, Filippo Accardi, le squadre di vendemmiatori raccoglieranno le uve destinate ai “cru” di Podernovo.
Ci spostiamo poi in cantina, dove l’ultima novità sono le anfore e gli orci di Manetti, su cui sono in corso alcuni esperimenti (in particolare sul Sangiovese, con buoni risultati). Splendida e moderna la struttura, in cui non manca un collegamento con il Trentino.
A partire dalla progettazione, riservata allo studio di architettura Giorgio e Luca Pedrotti. Passando per i materiali: il tetto in legno, perfettamente abbinato al “sasso” recuperato nelle campagne circostanti, riporta alla mente la tipica ambientazione montana. Moderna e funzionale anche la barricaia, inaugurata nel 2005.
LA DEGUSTAZIONE
I vini prodotti a Tenuta Podernovo (150 mila bottiglie complessive) sono Aliotto (60% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon, 20% Merlot) e Teuto (65% Sangiovese, 30% Merlot, 5% Cabernet Sauvignon).
Ma due nuove etichette completeranno l’offerta tra fine settembre 2018 e gli inizi del 2019. Per un totale di 7-8 mila bottiglie. Si tratta di un Cabernet Franc (barrique nuove, il primo che sarà presentato) e di un Sangiovese (tonneaux, barrique, botte grande), entrambi vinificati in purezza.
“La Denominazione – anticipa l’enologo Dalpiaz – sarà ‘Igt Costa Toscana’, che affiancherà l’Igt Toscana e comprende i territori di Massa, Lucca, Livorno, una parte della provincia di Pisa e Grosseto. Sono due selezioni delle migliori uve identificate in mappa come ‘Libro dei sogni’, ottenute da vigneti di 15 anni, in occasione della vendemmia 2015”.
Entrambi i vini degustati convincono, per motivi diversi. Ma il fil rouge che li lega è evidente. La grande eleganza e finezza, coniugata in maniera più “pop” in Aliotto e in versione “luxury” in Teuto.
Aliotto, acquistabile anche al supermercato (è presente per esempio nell’assortimento Esselunga e in quello de Il Gigante) è un vino rosso che si presta anche a un consumo “estivo”, a una temperatura più fresca rispetto al consueto.
Di Teuto degustiamo la vendemmia 2015. Vino più complesso e gastronomico rispetto al “fratello minore” Aliotto (2 anni in legno e 6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione) perfetto per abbinamenti più complessi in cucina.
Splendida la trama tannica, ben definita al palato, capace di mostrare ulteriori margini di miglioramento del nettare. Quelli che sono evidenti in Aliotto 2001, il vero “colpo di scena” della degustazione guidata da Dalpiaz.
Un vino che non è in commercio, di cui i Lunelli conservano gelosamente alcune decine di bottiglie per le occasioni speciali. Il colore tiene, evidenziando sfumature solo vagamente granate.
Il naso si apre su un ventaglio infinito di profumi, dalla terra bagnata al tartufo, passando per il frutto rosso, la macchia mediterranea e i richiami balsamici.
Il palato non delude: il tannino di pura seta accompagna una beva giocata su frutta, mineralità e balsamicità. Chapeau. Un rosso che ricorda, per certi versi, i Brunello del versante grossetano.
TENUTA CASTELBUONO Dicono tanti testimoni che, durante la realizzazione del Carapace, quest’angolo di Umbria disegnato col pennello sulle colline di Bevagna (PG) fosse capace di ricordare le scene immortalate in certi quadri rinascimentali.
Una “bottega” a cielo aperto. Fra 30 ettari di vigneti. Un vespaio di artisti, architetti, progettisti e operai. Tutti guidati dal maestro Arnaldo Pomodoro. E’ il 2001 quando la famiglia Lunelli dà inizio ai lavori del Carapace, aperto al pubblico nel 2012.
Una vera e propria cantina-opera d’arte, capace di coniugare come poche l’idea di “Bello” e di “Buono”. Dalla spina vertebrale centrale si dipanano le volte, che poggiano a terra sinuose e leggere, grazie alla dinamicità delle ampie vetrate.
Un edificio vivo, dall’anima aperta e accogliente: il cuore è la barricaia, raggiungibile discendendo una rampa di ampie scale vorticose. Un’ambientazione idilliaca ospita le botti di legno, sotto al livello del terreno. Ma le pareti sono azzurre, illuminate. E ricordano il cielo, in una bella giornata di sole.
All’esterno, un dardo rosso conficcato nel terreno segnala la presenza del Carapace a diversi chilometri di distanza. Un punto, nel terreno. L’ennesimo collegamento tra un’estetica divina e ciò che c’è di più terreno: il suolo. E gi uomini che lo popolano.
LA DEGUSTAZIONE Ammaliati da tanta bellezza, il vino non può che completare un’esperienza che non è eccessivo definire “mistica”. I vini di Tenuta Castelbuono sono in evoluzione, ancor più dei rossi di Podernovo.
E non è solo una questione di uvaggio (il Sagrantino richiede e merita un lungo affinamento, per le sue caratteristiche).
L’arrivo del noto enologo Luca D’Attoma, nel 2015, ha portato a un vero e proprio cambio nella gestione del legno rispetto alle scelte precedenti di Ruben Larentis.
Il sorso delle ultime vendemmie di Carapace (Montefalco Sagrantino Docg), Lampante (Montefalco Rosso Riserva Doc) e Ziggurat (Montefalco Rosso Doc) è più internazionale e moderno. Ziggurat e Carapace, acquistabili anche al supermercato (Esselunga e Il Gigante) sono i vini umbri più “pronti” della Tenuta Castelbuono.
Nonostante ciò, mostrano ampi margini di ulteriore miglioramento in bottiglia, in linea con le caratteristiche dei rossi dell’area di Montefalco. Lampante 2014 è il vino top di gamma, che va ancora aspettato per esprimersi al meglio nel calice.
FERRARI TRENTO – TENUTA MARGON La “casa madre”, dove tutto ebbe inizio. E’ il 1902 quando Giulio Ferrari, appassionato imprenditore trentino, decide di iniziare a produrre un vino capace di competere con lo Champagne.
Un vino autentico, in grado di valorizzare la tipicità locale. Quale vitigno migliore dello Chardonnay, portato a Trento in seguito ad alcuni viaggi studio in Francia? I soldi non mancano a Giulio, di famiglia benestante e proprietaria di parecchi vigneti. Le attrezzature, seppur rudimentali, consentono il miracolo.
Le bollicine Ferrari – commercializzate all’epoca come “Champagne Maximum Sec G. Ferrari” – iniziano a far parlare l’Europa e poi l’Italia.
Che le apprezza e le consuma, prosciugando le scorte della piccola cantina ricavata nel seminterrato di un palazzo, nel centro di Trento.
Per l’esattezza in via Rodolfo Belenzani. A cento passi dal Duomo, la Cattedrale di San Vigilio. Col passare degli anni la domanda aumenta. E così l’affermazione del brand.
Soprattutto dopo la scoperta che le “bollicine” Ferrari migliorano nel tempo. E’ il 1945. Il muro eretto davanti all’ingresso della cantina per evitare saccheggi durante la Seconda guerra mondiale custodisce intatte le vendemmie 1937, 1938 e 1939.
Nasce così la prima riserva Ferrari. Da vini perfetti, rimasti in forma smagliante. Chi invecchia è il suo ideatore, che nel 1952 si decide a cedere l’attività a un giovane enotecario del posto, sicuro che avrebbe saputo valorizzare quel patrimonio come nessun altro. Quel giovane si chiama Bruno Lunelli.
Nasce così la Ferrari Trento, simbolo del Made in Italy e dello stile italiano nel mondo. La produzione passa dalle circa 12 mila bottiglie ai 5,4 milioni attuali (export al 15%).
La famiglia Lunelli, negli anni, coinvolge professionisti di tutti i settori (dal marketing all’arte, per intenderci) all’interno di un progetto a tutto tondo che forse, trova proprio nel Carapace umbro l’immagine più fulgida. La sua sinesi metafisica.
La terza generazione viene inglobata senza forzature all’interno di una “macchina da guerra” commerciale che fonda tutto sulla semplicità della qualità.
Marcello, Matteo, Camilla e Alessandro si formano nelle maggiori realtà internazionali e tornano “a casa” per scelta. Una famiglia del vino in cravatta (e tailleur) che sa valorizzare i propri dipendenti, premiati ogni anno con incentivi.
Non solo economici, ma anche umani: vietato non dare del “tu” al capo, incontrandolo tra i corridoi della Ferrari. Uno stile riassunto perfettamente da Franco Lunelli (nella foto) che incontriamo per un’intervista.
“Diciamo che negli anni ci è andata abbastanza bene – scherza il classe 1935 – se pensiamo che tutto ha avuto inizio dalla bottiglieria aperta da mio padre in un periodo simile a quello odierno, in cui tutti chiudevano”.
Bruno Lunelli fu il primo a proporre in zona “il vino da asporto”. “Andava casa per casa, coi fiaschi. E ne vendeva 15 ettolitri al giorno. Vino a un prezzo onesto, ma di qualità”.
Franco Lunelli ricorda ancora bene il giorno in cui il padre annunciò alla famiglia l’acquisto della Ferrari: “L’ho comprata perché si può incrementare, ci disse. Il signor Giulio vende 10 mila bottiglie l’anno. Ho firmato le cambiali e voi le pagherete per tutta la vita”. “Ci è andata bene anche in quel caso – continua a scherzare Franco Lunelli – perché abbiamo finito prima!”.
La Ferrari fu pagata 30 milioni di lire. Sette volte il suo fatturato. Oggi questa cifra si assesta su 71 milioni di euro (+12% rispetto al 2016). Sale a 100 milioni il fatturato complessivo del Gruppo Lunelli, che cresce del 7% rispetto al 2016 e commercializza, in totale, 11 milioni di bottiglie.
Un impero che comprende anche la casa prosecchista Bisol di Valdobbiadene, la storica distilleria trentina Segnana e Surgiva, brand di acqua che sgorga nel Parco Naturale Adamello Brenta, scelta dall’Associazione Italiana Sommelier (Ais) e destinata alla migliore ristorazione.
CUCINA GOURMET. E DAL 2019 L’AMARO Un ramo, quest’ultimo, che completa l’offerta trentina di Ferrari. Poco lontano da Villa Margon e dall’omonima Tenuta che dà vita ai vini fermi a marchio Lunelli, si trova infatti Locanda Margon.
Un paradiso per il palato guidato dallo chef Alfio Ghezzi (due stelle Michelin), dove è possibile godere di un menu ricercatissimo, servito nel cuore dei vigneti. Ma non finisce qui. Manca l’amaro, per restare in tema ristorazione.
Anzi, mancava. “Nell’autunno scorso – spiega Franco Lunelli – l’amico Dell’Elmo Saracini, famoso per la sua grappa e per il suo amaro Re Laurino, ci ha espresso la volontà di vendere. Gli amari hanno ricominciato ad essere apprezzati ultimamente. E così abbiamo accettato la proposta, acquistando l’azienda”.
Ferrari Trento inizierà a produrre l’amaro dal prossimo anno, rilevando il marchio Re Laurino – legato a una delle più note leggende trentine – senza modificare la ricetta originale.
“So che i ragazzi hanno in mente qualcos’altro – chiosa Franco Lunelli – ma questo ve lo racconteremo la prossima volta!”. E allora arrivederci, ragionier Franco. Prosit!
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La consueta panoramica dei vini in promozione al supermercato regala un quadro quasi desolante, fino alla metà di maggio. I volantini delle maggiori insegne della Grande distribuzione deludono le aspettative.
Si salva, in pratica, solo Esselunga. La cantina della Spa di Pioltello (MI) offre etichette interessanti nel rapporto qualità – prezzo promo. Complice la spinta di un volantino ben giocato sulle “Grandi Marche al 50%”.
Tengono botta Ipercoop e Carrefour, senza però eccellere nel richiamo enologico. Ma a deludere più di tutti è l’altra insegna milanese, ll Gigante.
Scarsissima la proposta di vini sul volantino che celebra i 46 anni dalla fondazione. Tra questi, nonostante il “Sottocosto”, finisce peraltro uno dei peggiori Bonarda dell’Oltrepò pavese in commercio nei supermercati italiani.
In Auchan pare invece d’entrare in una bolla: quella del Prosecco, servito in tutte le salse, dal Brut all’Extra Dry. Alza invece di nuovo la cresta Iperal, dopo una fine di aprile deludente.
Interessante e intelligente, in particolare, lo “Speciale Cerimonie” dell’insegna valtellinese. Un’offerta giocata su spumanti di qualità superiore alla media dei volantini (Metodo Classico e non solo Charmat). Vediamo il dettaglio.
Fino al 13 maggio
Spumante Blanc de Blancs, Cortepiana: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Brut Luxury, Sant’Orsola: 4,99 euro (3 / 5)
Spumante Extra Dry Proxè, Santero: 3,29 euro (2,5 / 5)
Spumante Brut Anno Domini 1880, Morando: 2,99 euro (3 / 5)
Prosecco Doc Extra Dry, Cinzano: 3,99 euro (3 / 5)
Prosecco Doc, Botter: 3,79 euro (3,5 / 5)
Chardonnay / Verduzzo / Pinot rosa frizzante, Maschio: 2,49 euro (3 / 5)
Spumante Blanc de Blancs Brut Vecchia Modena, Chiarli: 2,99 euro (3 / 5)
Spumante Extra Dry Cuvee N1, Rocca dei Forti: 3,59 euro (2 / 5)
Prosecco Doc Millesimato, Villa Folini: 4,19 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer Alto Adige Doc, Cantina produttori di Bolzano: 6,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano / Trebbiano / Cerasuolo Farfalle, Cantina Tollo: 2,29 euro (4 / 5)
Fino al 16 maggio
Prosecco Doc, Cescon: 3,48 euro (3 / 5)
Prosecco Millesimato Valdobbiadene Docg, La Gioiosa: 5,58 euro (3,5 / 5)
Galestro, Ruffino: 2,79 euro (3 / 5)
Pinot Grigio delle Venezie, Cadis: 2,98 (3 / 5)
Bardolino Chiaretto, Casa Vinicola Sartori: 2,74 (4 / 5)
Muller Thurgau frizzante Vigneti delle Dolomiti, Cavit: 3,49 euro (3,5 / 5)
Fino al 12 maggio
Muller Thurgau Trentino Doc Mastri Vernacoli, Cavit: 2,79 euro (4 / 5)
Barbera Oltrepò pavese frizzante Terre dei Passeri, Cantine Pirovano: 2,19 euro (3 / 5)
Chianti Classico Docg Geggiano, Terre d’Italia: 4,99 euro (3,5 / 5)
San Colombano, Panizzari: 2,99 euro (3,5 / 5)
Trebbiano Val Trebbia Doc, Bonelli: 3,49 euro (3,5 / 5)
Buttafuoco Oltrepò pavese Doc, Quaquarini: 3,49 euro (4,5 / 5)
Pinot Nero Rosè Oltrepò pavese Doc, Cantine Montagna: 3,49 euro (4 / 5)
Valcalepio Rosso Doc, Cantina Sociale Bergamasca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Fino al 14 Maggio
Nero d’Avola o Syrah Sicilia Settesoli: 3,30 euro (4 / 5)
Gutturnio Doc Valtidone: 2,68 euro (3,5 / 5)
Pecorino di Offida Barò: 4,60 euro (3,5 / 5)
Pinot Grigio Trentino Costalta: 4,88 euro (3,5 / 5)
Bardolino Doc Maggi: 2,19 euro (2 / 5)
Conad Margherita & Conad City
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,98 euro (3,5 / 5)
Prosecco Spumante Extra Dry Borgo dai Morars: 4,99 euro (3,5 / 5)
Turà delle Venezie Igt Lamberti: 1,99 euro (2 / 5)
Fino al 16 maggio
Trebbiano / Sangiovese / Rosato Igt, Botte Buona: 1,50 euro (2 / 5)
Bonarda Oltrepò pavese Doc frizzante Le Cascine, Guarini: 2 euro (1,5 / 5)
Lambrusco Sorbara Doc, Civ & Civ (Riunite): 2,50 euro (3 / 5)
Gutturnio Doc frizzante Vite e Vini, Cantina Valtidone: 2,50 euro (3,5 / 5)
Vermentino / Monica di Sardegna Doc Calarenas, Cantine di Dolianova: 3 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Doc Assieme, Gruppo Cevico: 3 euro (3 / 5)
Dogliani Docg, Clavesana: 3 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg / Cortese Doc Piemonte Poggio Mandrina, Barbanera Vini: 3 euro (3,5 / 5)
Spumante Moscato / Pinot I Gioielli, Cantina di Canneto: 3 euro (3 / 5)
Chianti Docg, Cecchi: 4 euro (3,5 / 5)
Fino al 16 maggio
Spumante Pinot Chardonnay Sette Cascine: 2,84 euro (2,5 / 5)
Custoza Doc, Cesari: 2,29 euro (4 / 5)
Pignoletto, Cleto Chiarli: 2,99 euro (4 / 5)
Friulano / Cabernet Sauvignon, Zorzettig: 4,67 euro (4 / 5)
Montepulciano / Trebbiano d’Abruzzo, Citra: 1,95 euro (4 / 5)
Lambrusco Modena Robanera, Cavicchioli: 2,64 euro (4 / 5)
Barbera d’Asti Docg, Villa Rustica: 2,74 euro (3 / 5)
Chardonnay / Syrah, Nadarìa: 1,92 euro (4 / 5)
Sangiovese Cabernet, Santa Cristina: 4,99 euro (3,5 / 5)
Asti Spumante Docg, Casa Sant’Orsola: 2,99 euro (2,5 / 5)
Fino al 16 Maggio
Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Grancuvée Coste Petrai: 4,79 euro (3,5 / 5)
Negroamaro o Primitivo del Salento Igp Villa Elena: 2,99 euro (3,5 / 5)
Ortrugo o Gutturnio Frizzante, Ca dei Signori: 2,49 euro (3 / 5)
Nero d’Avola Igt Gattopardo o Montepulciano d’Abruzzo Doc: 1,99 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Le Cascine, Guarini: 1,79 euro (1,5 / 5)
Fino al 9 maggio
Freschello bianco / rosso, Cielo e Terra Spa: 1,35 euro (2,5 / 5)
Piemonte Doc Cortese / Chardonnay Ardità, Toso Vini: 2,19 euro (3 / 5)
Garzellino Igt frizzante / secco / amabile, Civ & Civ (Riunite): 1,39 euro (1,5 / 5)
Spumante Muller Thurgau, Cavit: 3,49 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola / Suyrah Igt, Baglio Inca: 2,89 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc Le Terre, Terre del Barolo: 4,49 euro (3 / 5)
Gutturnio / Ortrugo Doc frizzante, Vicobarone: 2,79 euro (4 / 5)
Montepulciano / Cerasuolo / Pecorino, Citra: 3,39 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Case Sparse, Fratelli Nistri: 3,35 euro (3 / 5)
Colli Orientali del Friuli Doc, Tenimenti Civa: 6,39 euro (3,5 / 5)
Pigato Riviera Ligure di Ponente Doc Donne della Torre, Torre Pernice: 5,89 euro (3,5 / 5)
Ormeasco di Pornassio Doc, Riviera di Ponente Doc: 5,75 euro (3,5 / 5)
Vermentino Colli di Luni Doc / Riviera di Levante Igt, Cantine Lunae Bosoni: 5,99 euro (4,5 / 5)
Rossese Superiore di Dolceacqua, Cooperativa Riviera dei Fiori: 8,69 euro (4 / 5)
Spumante Brut Vittoria Donne della Torre, Torre Pernice: 6,89 euro (4 / 5)
Fino al 16 Maggio
Sforzato Docg, Nera: 16,95 euro (4 / 5)
Spumante Brut Ferrari con astuccio: 10,99 euro (4 / 5)
Champagne Veuve Cliquot con astuccio: 28,95 euro (4 / 5)
Spumante Asti Docg Martini: 4,90 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Doc Bollo Rosso Riserva: 5,90 euro (3,5 / 5)
Malvasia Dolce Luna di Candi: 8,95 euro (3,5 / 5)
Prosecco Spumante Superiore Canel: 5,25 euro (3,5 / 5)
Prosecco Spumante Superiore Docg Bellussi: 6,49 euro (3,5 / 5)
Spumante Metodo Classico Valtidone Perlage Brut: 6,99 euro (3,5 / 5)
Valgella, Sassella e Grumello Valtellina Nera: 6,99 euro (3,5 / 5)
Vini Pedres Vermentino di Sardegna, Cannonau Doc o Rosè Igt: 3,99 euro (3,5 / 5)
Vini Natum Agriverde Cerasuolo, Montepulciano, Passerina o Pecorino: 4,49 euro (3 / 5)
Valtidone Vini Frizzanti Bio: 4,99 euro (3 / 5)
Affari a partire da 2 euro
Lambrusco dell’Emilia Cavicchioli: (3 / 5)
Il Gaggio Vini Bianco e Rosso: (2,5 / 5)
Colli Albani Fontana di Papa: (2,5 / 5)
Sangiovese La Cacciatora: (2,5 / 5)
Affari a partire da 3 euro
Valtidone Vini Frizzanti Viti&Vini Ortrugo, Bonarda, Gutturnio o Malvasia: (3,5 / 5)
Vini Natale Verga Sauvignon, Primitivo, Montepulciano d’Abruzzo, Chianti o Pinot Grigio: (2,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Vie del Canto Bonarda, Barbera, Riesling o Pinot Nero: (2,5 / 5)
Fino al 13 maggio
Prosecco frizzante / Extra Dry Doc, Pisani: 3,89 euro (3 / 5)
Chardonnay / Barbera Oltrepò pavese Doc Le Cascine, Guarini: 2,35 euro (1,5 / 5)
Vini Aragosta Igt / Doc, Cantina Santa Maria La Palma: 3,49 euro (2,5 / 5)
Vini La Cacciatora, Casa Vinicola Caldirola: 2,39 euro (2,5 / 5)
Valdobbiadene Prosecco Superiore Brut Millesimato Docg Ca’ Val, Val d’Oca: 5,39 euro (3,5 / 5)
Fino al 16 Maggio
Rosso di Montefalco Doc, Duca Odoardo: 5,99 euro (4 / 5)
Toscana Igt Remole: 3,49 euro (4 / 5) Lugana Doc Villa Borghetti: 6,79 euro (4 / 5)
Chianti Riserva Collezione Oro, Piccini: 3,99 euro (4 / 5) Trento Doc Rotari: 6,99 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Villa Von Steiner, : 7,99 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo o Fiano di Avellino Docg Aminea: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Sensi: 2,79 euro (3,5 / 5)
Falanghina del Beneventano o Aglianico La Guardiense: 30% (3,5 / 5)
Trento Doc Vini Mezzacorona Teroldego Rotaliano o Muller Thurgau: 3,69 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Cantina di Dorgali: 3,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Superiore di Valdobbiadene Docg Astoria: 4,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Millesimato Calici di Vini Pam: 4,50 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Duchessa Lia: 4,49 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Reggiano Donelli: 2,99 euro (3 / 5)
Barbera d’Alba Doc Terredavino: 3,49 euro (3 / 5)
Negramaro del Salento o Salice Salentino Rosato Preula del Levante: 3,49 euro (3 / 5)
Sicilia Igp Glicine Corvo: 3,99 euro (3 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc o Pecorino Igt Natum Agriverde: 3,89 euro (3 / 5)
Spumante Pinot Noir e Sauvignon Le Bolle: 2,95 euro (3 / 5)
Garda Doc Corvina La Sogara: 2,99 euro (3 / 5)
Bardolino Classico o Bianco di Custoza, Sartori: 2,99 euro (3 / 5)
Reno Doc Pignoletto, Righi: 2,49 euro (3 / 5)
Muller Thurgau, Refosco dal Peduncolo Rosso: 2,79 euro (2,5 / 5)
Vini Doc Castelli Romani Bianco o Rosso: 1,79 euro (2,5 / 5)
Fino al 12 maggio
Vini I Rustici Trebbiano / Sangiovese Puglia Igt, Losito e Guarini: 1,29 euro (1,5 / 5)
Vini Le Rovole Bonarda / Barbera Oltrepò Pavese Doc, Natale Verga Vini (Na.Ve): 1,90 euo (1,5 / 5)
Nero d’Avola Igt, Natale Verga Vini (Na.Ve): 2,79 euro (2,5 / 5)
Rosato di Lambrusco Top Class, Civ & Civ (Riunite): 2,49 euro (2,5 / 5)
Vini Maschio Chardonnay / Verduzzo / Pinot Rosa: 2,49 euro (3 / 5)
Pignoletto Reno Doc, Righi: 2,90 euro (3 / 5)
Buon Governo all’Uso Toscano, Piccini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Riserva Docg Collezione Oro, Piccini: 3,59 euro (4 / 5)
Vini Terre da Vino Barbera Monferrato / Dolcetto d’Ovada Doc: 3,39 euro (3 / 5)
Spumante Prosecco Extra Dry Doc, Adamo Canel: 3,90 euro (3 / 5)
Vino rosso Igp Isola dei Nuraghi, Traessale Locci Zuddas: 3,99 euro (3,5 / 5)
Primitivo Puglia Igp bio Notte Rossa, San Marzano: 4,99 euro (5 / 5)
Vini Casa Vinicola Natale Verga: 25% (1,5 / 5)
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Avevamo già sottolineato, durante la nostra degustazione dell’intera gamma “Integralmente prodotti” di Eurospin, che il Terre Siciliane Igt Grillo Isola del Sole, vendemmia 2016 prodotto dalla Cantina Settesoli, si discostava dalla deludente media.
LA DEGUSTAZIONE
Il colore è giallo paglierino scarico, con riflessi verdognoli, piuttosto scorrevole e di alcolicità modesta (12,5 gradi).
Al naso spiccano i sentori di agrumi siciliani e di papaia, incorniciati da una lieve presenza iodata. In bocca risulta fresco e piacevolmente sapido, un vino equilibrato ma dalla poca persistenza ed intensità.
Un vino gradevole, tra i migliori della linea Integralmente Prodotti, consigliato con piatti di pesce o come leggero aperitivo, visto anche il rapporto qualità prezzo.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Grillo in purezza, queste vengono diraspate e pigiate e immediatamente raffreddate a una temperatura di 5 – 8 . Il mosto ottenuto viene fatto decantare per 36 ore, quindi avviata la fermatenzione in serbatoio di acciaio a temperatura controllata di 10°.
Prezzo: euro 1,89
Acquistato presso : Eurospin Italia
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Un grande imbottigliatore di vino, Provinco. E un analista sensoriale, Luca Maroni. Questo il binomio con cui Aldi mira a sfondare sul mercato italiano del vino al supermercato.
La multinazionale tedesca ALbrecht DIscount (abbreviato Aldi) ha costruito la propria “cantina” attorno al catalogo di quello che è uno dei maggiori player della Gdo internazionale.
Provinco Italia Spa, ex agglomerato di Cooperative sociali, oggi azienda privata con sede a Rovereto (TN). Un colosso in grado di mettere in bottiglia tutto il Made in Italy vinicolo italiano. Dal Trento Doc al Grillo di Sicilia.
Dal 2015 parte della prima società del Bel Paese quotata in borsa: Iwb (Italian Wine Brands), nata dalla business combination tra Provinco Italia Spa e Giordano Vini, mediante la Spac (Special Purpose Acquisition Company) Ipo Challenger.
“Si tratta di una selezione accurata di prodotti – assicura Aldi – e, proprio per dimostrare la particolare attenzione che riserviamo al vino, collaboriamo con l’analista sensoriale Luca Maroni per la degustazione dei nostri vini, l’assegnazione di un punteggio e la realizzazione della nostra brochure”.
Italian Wine Brands, da sola, vende oltre 48 milioni di bottiglie l’anno, con una quota di export che si assesta sul 75%. Numeri che ne fanno la terza pedina in Italia, escludendo le Cooperative (settimo con le coop).
Impianti di vinificazione, affinamento e imbottigliamento di Iwb si trovano nelle Langhe, in Piemonte. Una seconda cantina è “strategicamente localizzata in Puglia”, a Torricella, in provincia di Taranto.
Ulteriore particolarità: Iwb non possiede vigneti, ma solo le strutture e i macchinari utili per la vinificazione (nella vicina isola di Malta opera così Delicata Winery).
Un “pacchetto” pressoché completo quello che Iwb ha offerto ad Aldi per lo sbarco in Italia, che suona piuttosto rétro in un periodo in cui la Grande distribuzione sta investendo in private label, valorizzando piccoli e medi produttori e cantine sociali, al posto degli imbottigliatori (vedi Iper, la Grande i con “Grandi Vigne” o Coop con “Fior Fiore”).
Va tuttavia considerato che Aldi è un Discount. E quel che emerge dalla nostra degustazione di 20 vini prelevati dal nuovissimo punto vendita di Castellanza, in provincia di Varese, è la sostanziale ricerca di un “every day low price” ulteriormente stressato dal cluster di riferimento.
Curiosa anche la posizione di Luca Maroni nello sbarco di Aldi in Italia. Provinco Italia Spa, di fatto, risulta “secondo miglior produttore italiano” nella Guida 2013 dell’analista sensoriale. Quasi scontato il suggerimento ai tedeschi, forti anche della fama di Provinco sul suo primo mercato di riferimento: la Germania.
LA DEGUSTAZIONE Tutta un’altra storia quella scritta dalla nostra degustazione. La media dei punteggi da noi assegnati ai vini di Aldi si aggira attorno ai 3/5. Tradotto: sufficienza risicatissima.
Solo tre i vini a cui assegniamo 4 “cestelli” su 5. Si tratta di due etichette della linea “Casteltorre” (proprietà di Schenk Italian Wineries, altra vecchia conoscenza di Maroni che la recensisce a pieni voti nell’assortimento Md Discount): il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico 2017 (in etichetta Schenk appare come “Cantina del Bacco”) e il Chianti Classico Docg 2016.
Convince anche il Maremma Rosso Toscana Doc “Poggio al Sale”, imbottigliato a Castellina in Chianti da Tenute Piccini Spa: altri 4 “cestelli” della spesa su 5, nella nostra speciale scala di valutazione.
Per il resto è un valzer di 3 e 3,5: vini che, da Nord a Sud Italia, raggiungono una sufficienza supportata soprattutto da un prezzo pieno all’osso, alla portata di tutti i portafogli.
Tra i peggiori assaggi il Metodo Classico Trento Doc (1/5) e il Bonarda dell’Oltrepò pavese (1,5/5).
Deludenti – soprattutto in termini di tipicità – due dei vini più costosi dell’assortimento Aldi Italia: il Barolo Docg 2013 “Giacondi” e, ancor più, l’Amarone della Valpolicella Docg 2015 “San Zenone” (voto 3/5).
Per i più curiosi, ecco l’elenco completo e le valutazioni dei vini di Aldi
1) Prosecco Doc Extra Dry Millesimato 2017, Villa degli Olmi spa: 3,99 euro (2 / 5)
2) Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg “Giotti”, Casa Vinicola Bosco Malera srl (C.V.B.M. Salgareda): 4,49 euro (3 / 5)
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Uno di quegli assaggi a cui ti accosti con sospetto, per poi ricrederti. Il Tempranillo Bio Vegan Vino de la Tierra de Castilla, in vendita nei supermercati Penny Market, in fin dei conti convince.
E lo fa nonostante il prezzo irrisorio e quei marchi (“Bio” e “Vegan”) che sembrano messi lì un po’ così: giusto come specchietti per le allodole. Scopriamo cosa racconta il calice di questo vino spagnolo distribuito da Quality Wine Select GmbH.
LA DEGUSTAZIONE
Prima avvertenza: si tratta di un vino con tappo a vite, segno del mercato internazionale di cui gode questa referenza nella galassia di punti vendita Penny Market. Un aspetto, questo, che non inficia assolutamente sulla qualità del vino. Anzi.
Nel calice, questo Tempranillo Bio Vegan si presenta di un rosso rubino luminoso e allettante, poco trasparente. Al naso sentori puliti di piccoli frutti a bacca rossa: fragolina di bosco, lampone, ribes.
Il nettare si rivela nella sua completezza dopo qualche minuto, sfoderando anche altri nuovi sentori che rimandano alla macchia mediterranea. Superati con abbondante sufficienza i primi due esami, ecco la prova del palato.
Il Tempranillo Igp Castilla di Penny Market regala un ingresso morbido, tutto giocato sulla fluidità di un frutto che si conferma più che pulito. C’è corrispondenza assoluta tra naso e bocca.
La nota dominante è quella di fragolina, prima di una chiusura leggermente astringente, non tanto per il tannino, quanto per l’acidità. Un vino più che mai equilibrato quello selezionato da Penny Market per un mercato italiano che, a questi prezzi, in molti casi regala referenze peggiori.
Il Tempranillo Bio Vegan Igp Vino de la Tierra de Castilla 2016 è adatto ad accompagnare la tavola a tutto pasto. Offre il meglio di sé con piatti non troppo elaborati a base di carne, dal ragù dei primi alle bistecche di manzo o bovino.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
VERONA – Vinitaly in versione “Fast and Furious” quest’anno per la nostra redazione, al termine di una settimana di degustazioni in giro per mezza Italia (visita alle tre Tenute Lunelli, poi ViniVeri e VinNatur, prima della domenica d’apertura della Fiera veronese).
Tutti momenti che vi racconteremo quanto prima. Oggi è il turno dei migliori vini scovati a Vinitaly 2018. Eccoli di seguito, nel consueto ordine: dalle “bollicine” ai rossi.
SPUMANTI Spumante Millesimato Pas Dosè 2016, Tenuta Sarno 1860. Sua maestà il Fiano di Avellino, in una versione spumantizzata degna delle geometrie di Kandinsky. Punto, linea e superficie, tutte in un sorso.
Si parte di fatto da un’ottima base. Quella del vigneto “Giardino”, a Candida (AV), il più alto in Irpinia destinato a varietà a bacca bianca (650 metri sul livello del mare). Per la produzione dello spumante, Maura Sarno e il suo entourage scelgono il versante nord ovest, meno esposto al sole rispetto a quello destinato al Fiano fermo.
Punto, linea e superficie si incontrano così in un calice che si veste d’un giallo luminoso, rinvigorito da un perlage fine e vivace, glitterato. Il naso cattura con i suoi richiami agrumati e taglienti di lime e bergamotto.
La balsamicità espressa dalle note di salvia dà un tono ancora più fine, assieme a misurate tinte di miele d’acacia. In bocca la corrispondenza è pressoché totale, con una nota di pesca a iniziare un valzer di sensazioni verticali, con nota minerale salina netta.
Un Pas Dosè godurioso, gastronomico (nel senso nobile del termine), ben fatto. Settemila bottiglie prodotte per l’annata 2016 (12 mesi sui lieviti), non prodotto lo scorso anno per via del caldo eccessivo.
Metodo Classico Brut “N1”, Azienda Agraria Moretti Omero. Trenta mesi sui lieviti (vendemmia 2015) per uno spumante insolito, prodotto con uve Trebbiano Spoletino biologiche allevate a 400 metri sul livello del mare, a Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia.
Giallo paglierino, perlage fine e persistente. Naso a metà tra il fruttato e il floreale, con pregevole risvolto sulle erbe di campo e un tocco (che non guasta, in questo caso) di crosta di pane. Liqueur ben dosata, non snaturante, e pregevole sbuffo leggero di pepe bianco.
Bello il gioco, in bocca, tra le fresche note agrumate (lime), quelle più morbide di pesca e la chiusura sulla nocciola. Il tutto avvolto da una “bollicina” cremosa. Ottimo compromesso per chi cerca l’equilibrio tra croccantezza, rotondità e freschezza nello stesso calice di spumante. Prezzaccio (in cantina): solo 14 euro!
VINI BIANCHI Colline Laziali Igt Bianco 2017, L’Avventura Società Agricola. In attesa della versione “non filtrata”, che si preannuncia ancora più interessante, ecco un bianco da uve Frascati dall’eccezionale rapporto qualità prezzo (4,50 euro agli operatori).
Si tratta infatti del vino “d’ingresso” de L’Avventura, la recente scommessa di Stefano Matturro e consorte a Paliano, in provincia di Frosinone. Un prodotto senza solfiti aggiunti. A colpire è un naso giocato a metà tra le noti verdi, erbacee, e la frutta esotica. Bella beva, di semplicità solo apparente.
Umbria Igt Grechetto 2017 senza solfiti aggiunti, Vini Di Filippo. Protocollo biodinamico per il Grechetto senza solfiti aggiunti della cantina Di Filippo. Siamo a Cannara, in provincia di Perugia.
Qui i vigneti sono lavorati da Roberto Di Filippo con l’ausilio di cavalli, oche e mezzi artigianali di legno e ferro prodotti dallo stesso viticoltore, in pieno stile Agro forestry.
Ecco dunque l’Amish dei Grechetto. Un vino che si stacca nettamente dalla media di tanti altri bianchi del Centro Italia. Giallo dorato nel calice, dove il nettare presenta leggere velature naturali.
Naso bellissimo, ed è già un successo: fiori secchi, frutta a polpa bianca e gialla matura, un tocco minerale e un rintocco speziato. Un vino da aspettare e riannusare per apprezzarne tutti i profumi.
Come quello di radice di liquirizia, dapprima timido, poi quasi impetuoso. Al palato un filo di tannino rende il quadro ancora più interessante, su note corrispondenti all’olfatto. Davvero un bell’unicum.
Alto Adige Gewürztraminer Doc 2016 “Nussbaumer”, Cantina Tramin. Tra tutti i prodotti di cantina di Cantina Tramin, segnaliamo questo: un “must” per chi non l’avesse ancora testato.
Un Gewürztraminer capace di incollare letteralmente naso e bocca al calice, un passo sopra il (seppur ottimo) Gewürz “base” 2017 di Tramin, “Selida” (sempre se di “base”, con Tramin di mezzo, si possa parlare).
Straordinaria, a Vinitaly, la prova della longevità di questo vitigno con l’assaggio della vendemmia 2011 di Nussbaumer, concessa a vinialsuper dal direttore tecnico Willi Stürz e da Günther Facchinelli, Pr & Communication di quello scrigno altoatesino chiamato Cantina Tramin.
Un aspetto, questo, che approfondiremo presto attraverso un altro articolo, con l’intervista esclusiva ai due rappresentanti della cooperativa di Termeno.
Friulano (Jakot) 2016 “t.f.”, Valter Sirk. In Vino Valter. Potrebbe suonare così la sintesi dei nostri assaggi di tutta la linea di Valter Sirk a Vinitaly 2018. Siamo tra Dobrovo (italianizzato “Castel Dobro”) e il piccolo villaggio di Višnjevik, nel cuore pulsante del Collio Sloveno. Dieci minuti dal confine italiano.
Valter Sirk e il suo socio Giuseppe Aldé paiono Stanlio e (C)Ollio. Vinitaly, in fondo, può essere una festa se le cose ti girano bene. E allora tutti invitati. Tanto il vino lo portano loro. E che vino. Non ce n’è uno che delude in tutta la linea. Ma a noi tocca scegliere.
Potremmo parlarvi del superlativo Pinot Bianco 2011 della linea “Contea”. Invece vi suggeriamo la tipicità di Jakot, corrispettivo sloveno di “Friulano” (“t.f.” sta proprio per “Tocai Friulano”: provate a leggere “Jakot” al contrario). Un nettare che matura per l’80% in acciaio e, per la restante parte, in acacia.
Il naso è di un’ampiezza rara: si incontrano una buona vena minerale, profumi di erbe, frutta a polpa bianca e fiori. In bocca la sapidità è evidente, ma è solo una dei convitati.
La vinificazione in acciaio valorizza i primari dell’uva e l’acacia non li snatura. E dunque ecco una bella vena fresca, rinvigorita da sbuffi di pepe bianco. La chiusura è più che mai tipica, sulla mandorla amara. Ottimo vino, oggi. Domani ancor di più, per chi ha il coraggio di aspettarlo.
VINI ROSSI Oseleta 2016, Corte Archi. A nostro avviso uno dei vitigni a bacca rossa meno noti, eppure più interessanti, dell’intero panorama del Veneto. Non a caso, da sempre, è tra le varietà che compongono (seppur in percentuali minime) l’Amarone della Valpolicella.
Proprio in Valpolicella opera Corte Archi, per mano di Fernando Campagnola e consorte. In questa Oseleta si trovano splendidamente mixati tutti i tratti tipici del vitigno: la vena animale, grezza, quella vegetale speziata, oltre a pennellate di frutto raffinato che conferiscono eleganza al quadro.
Un vino capace di coniugare potenza, persistenza, complessità e lunghezza. Tra l’altro, con evidenti potenzialità d’invecchiamento.
Cannonau di Sardegna Doc 2016, Antonella Corda. Fate largo in cantina per un Cannonau sui generis, che ci piace definire con un neologismo: Pinotnau.
Se avete in mente la potenza imperscrutabile e l’alcolicità spinta di tanti (troppi) Cannonau, ecco un’interpretazione elegantissima del re dei vitigni a bacca rossa Made in Sardegna.
Un vino che assomiglia tanto ad Antonella Corda, donna dai modi eleganti che nel 2010 ha preso in mano l’azienda di famiglia a Serdiana, poco lontano da Dolianova (CA), assieme al compagno Christian Puecher, venuto dal lontano Trentino.
Un Cannonau che, nel calice, pare un Pinot Nero. Sin dal colore. Un luminoso rosso rubino, dal quale si spigionano note raffinate di piccoli frutti a bacca rossa che ritroveremo anche al palato, assieme a tannini di velluto e un tocco speziato che non guasta.
Ad accompagnare verso un finale lungo sono le note minerali, che ben si coniugano con quelle fruttate. Un vino dall’alcolicità sostenuta (14%) ma tutt’altro che percettibile. Tanto da far pensare a un perfetto consumo anche d’estate, leggermente raffreddato.
Il segreto del Cannoau “Pinotnau” di Antonella Corda consiste nel mix tra una macerazione delicatissima delle uve, in grado di non snaturare il varietale, e l’utilizzo sapiente di botti di non tostate di rovere francese. Chapeau.
Trentino Marzemino Superiore d’Isera Doc 2015, De Tarczal. “Mr Marzemino” sta a Isera e di nome fa Ruggero dell’Adami De Tarczal. Il piccolo borgo alle porte di Trento, a un passo dalla cittadina di Rovereto, custodisce cantine ancora tutte da scoprire, come De Tarczal.
Una storia antica quella della famiglia di Ruggero, che oggi può contare sull’apporto delle due figlie (una in cantina, l’altra impiegata nell’annesso ristorante-vineria) e sulla mano di giovane ed ottimo enologo, Matteo Marzari, che dal 2003 sta valorizzando in maniera esemplare il patrimonio viticolo dei De Tarczal.
Tra i rossi preferiamo il Marzemino Superiore 2015 (vino, tra l’altro, dall’ottimo rapporto qualità prezzo). Naso elegante, tutto giocato sulle note tipiche di un vitigno da altri (troppi) bistrattato e scialacquato.
E dunque ribes, lamponi, marasca, un tocco di mora e viola mammola. Con l’inconfondibile risvolto speziato. Un nettare che evidenzia la giusta corrispondenza al palato, con l’apporto di pregevoli venature minerali.
E in effetti è la mineralità il fil rouge che lega i vini di De Tarzal (provare per credere anche il blend Manzoni Bianco-Pinot Bianco “Belvedere” 2013 e lo Chardonnay in purezza “Felix” 2016). Chiusura altrettanto raffinata, con rintocchi di liquirizia dolce. Il Marzemino in cravatta.
Chianti Classico Docg 2015 Borgo Scopeto. E’ il Chianti Classico che ha ottenuto il punteggio maggiore (94 punti) in occasione della degustazione alla cieca effettuata a Vinitaly 2018 in collaborazione con il Consorzio Chianti Classico (qui tutti i punteggi). Un vino prodotto dall’omonima azienda agricola di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena.
Una cantina che collabora con la catena di supermercati a insegna “Iper La Grande i” per il progetto di private label “Grandi Vigne” e che, per questo, è stata inserita nella blind tasting.
Un risultato – il primo posto assoluto – che dimostra il grande lavoro fatto in Italia dall’agenzia Think Quality di Cuneo, assieme al buyer di segmento di Iper (ve ne abbiamo già parlato qui) per la selezione di incredibili referenze “qualità prezzo” da proporre a scaffale.
I vigneti da cui si ottiene l’omonimo Chianti Classico si trovano a un’altezza compresa tra i 350 e i 420 metri (70 ettari complessivi).
Si tratta del prodotto d’entrata della cantina toscana, che produce anche una Riserva (“Vigna Misciano”), un Supertuscan (“Borgonero”) e lo storico “Vin Santo”, oltre a grappa ed olio (non presenti in Gdo).
Il Chianti Classico Docg 2015 “Borgo Scoperto” (campione cieco numero 10), colpisce sin da subito per il suo colore luminoso, limpidissimo. Al naso la gran finezza espressa dalle note di piccoli frutti di bosco, degne di un grande Pinot Noir.
Un’eleganza che si ripropone con prorompente determinazione anche al palato, lunghissimo. Il frutto è di pulizia cristallina e il tannino è molto ben integrato. Un vino pronto, dall’equilibrio straordinario. Ma anche di chiara prospettiva.
VINI DA DESSERT Alto Adige Gewürztraminer Doc 2009 “Epokale”, Cantina Tramin. Torniamo a Termeno per raccontare quell’angolo di paradiso in terra che Cantina Tramin ha deciso di racchiudere in bottiglia, chiamandolo non a caso “Epokale”.
In realtà il nome è dovuto all’annata straordinaria in Alto Adige, la 2009 appunto, che ha consentito la produzione di questa vendemmia tardiva di Gewürztraminer. Nel calice il colore giallo oro è di per sé invitante.
La sorpresa (una conferma assoluta per chi conosce il modus operandi di Tramin) è il perfetto, divino, equilibrio tra note dolci, acidità e mineralità.
Frutto non solo di un’annata da ricordare, ma anche del coraggio di aspettare il momento giusto per l’immissione in commercio di questo raro Gewürz.
Si comincia della cernita dei migliori acini di due vigneti, vicino a Maso Nussbaumer, tra i 420 e i 440 metri sul livello del mare. Dopo un’attenta vinificazione, la fase delicata di affinamento in piccoli contenitori d’acciaio, a contatto continuo con i lieviti per otto mesi.
Dopo l’imbottigliamento, avvenuto nell’agosto del 2010, “Epokale” è stato portato nella miniera di Monteneve, in Val Ridanna (2 mila metri di quota).
Qui è stato stoccato per quasi sette anni al buio, a 4 chilometri dall’imbocco della galleria, a una profondità di 450 metri sotto la montagna. Temperatura e umidità costanti hanno consentito al nettare di trasformarsi, oggi, in pura poesia nel calice.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
E’ Borgo Scopeto 2015 il miglior Chianti Classico Docg acquistabile al supermercato. Medaglia d’argento per “Brolio Bettino” 2015 di Barone Ricasoli. Bronzo per “Peppoli” 2016 di Antinori.
Questo l’esito della degustazione alla cieca condotta da vinialsuper lunedì, a Vinitaly. Una bling tasting che premia altre quattro etichette, sopra i 90 punti.
Diciannove, in totale, i campioni di “Gallo Nero” rigorosamente stagnolati dal Consorzio di Tutela del Chianti Classico e serviti nel nuovo, pregevole calice firmato da RCR Cristalleria Italiana, che alla kermesse di Verona 2018 ha fatto così il suo esordio.
1° CLASSIFICATO
Chianti Classico Docg 2015 Borgo Scopeto (96 punti vinialsuper) (5 / 5) Un Chianti Classico prodotto dall’omonima azienda agricola di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena.
Una cantina che collabora con la catena di supermercati a insegna “Iper La Grande i” per il progetto di private label “Grandi Vigne” e che, per questo, è stata inserita nella blind tasting.
Un risultato – il primo posto assoluto – che dimostra il grande lavoro fatto in Italia dall’agenzia Think Quality di Cuneo, assieme al buyer di segmento di Iper (ve ne abbiamo già parlato qui) per la selezione di incredibili referenze “qualità prezzo” da proporre a scaffale.
I vigneti da cui si ottiene l’omonimo Chianti Classico si trovano a un’altezza compresa tra i 350 e i 420 metri (70 ettari complessivi).
Si tratta del prodotto d’entrata della cantina toscana, che produce anche una Riserva (“Vigna Misciano”), un Supertuscan (“Borgonero”) e lo storico “Vin Santo”, oltre a grappa ed olio (non presenti in Gdo).
Il Chianti Classico Docg 2015 “Borgo Scoperto” (campione cieco numero 10), colpisce sin da subito per il suo colore luminoso, limpidissimo. Al naso la gran finezza espressa dalle note di piccoli frutti di bosco, degne di un grande Pinot Noir.
Un’eleganza che si ripropone con prorompente determinazione anche al palato, lunghissimo. Il frutto è di pulizia cristallina e il tannino è molto ben integrato. Un vino pronto, dall’equilibrio straordinario. Ma anche di chiara prospettiva.
2° CLASSIFICATO
Chianti Classico Docg 2015 “Brolio Bettino”, Barone Ricasoli (94 punti vinialsuper) (5 / 5) Uno dei Chianti Classico meno confondibili sullo scaffale del supermercato, per l’elegante etichetta di colore blu, con scritta dorata e stemma.
Tra gli altri, potrete trovarlo certamente negli store Esselunga dotati di enoteca a gondola. Un solo punto stacca “Brolio Bettino” (campione cieco numero 13) dal Chianti Classico classificatosi terzo.
A convincere, in questo caso, è dapprima l’ampiezza fine del naso, che spazia dalla confettura di ciliegia alla macchia mediterranea, passando per una speziatura che pare dosata da uno chef. Il tutto su sottofondo minerale.
Al palato si apre come d’improvviso, esprimendo tutta la sua potente eleganza dopo un ingresso garbato. Lungo e balsamico, conferma anche in bocca un’ampiezza da primato. Bellissimo il gioco tra acidità, sapidità e note fruttate che domina anche il retro olfattivo.
Ricasoli 1141 si conferma così tra le aziende maggiormente capaci di rappresentare la grandezza del Chianti Classico, anche in Gdo.
Duecentotrentacinque ettari di vigneto che abbracciano il Castello di Brolio, nel Comune di Gaiole in Chianti, oggi di proprietà del Barone Francesco Ricasoli.
3° CLASSIFICATO Chianti Classico Docg 2016 “Peppoli”, Antinori Presentazione forse inutile per uno dei prodotti più noti, se non il simbolo, della qualità del Chianti Classico nella grande distribuzione. “Peppoli” 2016 è il campione cieco numero 7 della degustazione alla cieca condotta da vinialsuper a Vinitaly.
Quello che spariglia le carte: i 6 campioni precedenti, di fatto si fermano a una media di 85 punti. Tra veri alti e bassi (oscillazione tra gli 81 e un meritatissimo 90).
Per il suo rapporto qualità-prezzo, certamente l’etichetta più alla portata di tutti: il costo, al supermercato (per esempio in Esselunga), oscilla dai 9 ai 12 euro.
Sin dal colore e dal naso è chiaro che si tratti di un Chianti Classico in stile moderno. La parte olfattiva è dominata dal frutto, ma accompagnata da altri sentori che la completano e rendono – proprio per questo – pregevole.
C’è il vegetale (macchia mediterranea), c’è il fiore di viola. Non manca un risolto minerale, sapido. Avesse avuto un po’ più di struttura al palato, si sarebbe rivelato ancora più apprezzabile.
Ma la ricerca della Famiglia Antinori, qui, è tutta incentrata sulla prontezza della beva. Obiettivo centrato in pieno, pensando soprattutto ai Millennials.
GLI ALTRI VOTI SOPRA A 90
Sono quattro, come anticipato, gli altri Chianti Classico che hanno ottenuto un punteggio superiore a 90. Partendo proprio da qui, ecco Volpaia 2016 di Castello di Volpaia.
Stesso punteggio per il Chianti Classico Docg 2015 di “Casa Sola“. Ma sono Banfi e Cecchi (92 punti per uno) a insidiare il terzo posto di Antinori.
La prima con “Fonte alla Selva” 2015: vino di grandissima prospettiva futura, oggi forse ancora un po’ troppo difficile per il cliente Gdo. La seconda con il Chianti Classico Docg “Riserva di Famiglia” 2014.
IL COMMENTO DEL CONSORZIO
“La nostra denominazione – ha spiegato Carlotta Gori, direttrice del Consorzio del vino Chianti Classico – si comporta tutto sommato bene in Grande distribuzione. La vera sfida è continuare a dialogare con le insegne rispetto alla spinta promozionale. E far loro comprendere che bisogna tutelare territorio, produttori e denominazione”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) In vendita in diversi supermercati da Nord a Sud Italia, il Colli Bolognesi Pignoletto Docg Frizzante “Tenuta Monteveglio” di Chiarli è un prodotto leggero ed esuberante, dalla carbonica vivace e ben integrata, ideale come aperitivo.
Vino bolognese per eccellenza, viene prodotto da uve a bacca bianca della varietà Grechetto gentile e vinificato in differenti tipologie grazie alla sua innata versatilità, nel territorio dei Colli Bolognesi.
Dalla vendemmia 2010 il Pignoletto può fregiarsi della Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
LA DEGUSTAZIONE All’analisi sensoriale il Colli Bolognesi Pignoletto Docg Frizzante Tenuta Monteveglio di Cleto Chiarli mostra un cromatismo giallo paglierino tenue con bollicine abbastanza fini e persistenti.
Naso di media intensità che si apre su note floreali e cenni di banana, ananas e spuma di limone. Sorso croccante e fresco, abbastanza intenso, con gradevoli ritorni aromatici di banana e agrumi.
Senza picchi ma certamente apprezzabile per franchezza e rapporto qualità/prezzo. In abbinamento, il “Tenuta Monteveglio” Frizzante risulta ideale come vino da aperitivo e da antipasto, ma si sposa egregiamente anche con le classiche crescentine (o tigelle) ed i saporiti salumi emiliani.
LA VINIFICAZIONE
Il Colli Bolognesi Pignoletto Docg frizzante Tenuta Monteveglio di Cleto Chiarli nasce da uve grechetto gentile 100% allevate sui Colli Bolognesi. Dopo la raccolta, il 20% delle uve macera a contatto con le bucce per 12 ore, mentre il restante 80% subisce una pressatura soffice con uva integra o diraspata a temperatura controllata di 16° e addizione di lieviti selezionati. Presa di spuma in autoclave.
Il marchio Chiarli identifica il più antico produttore di vini tipici dell’Emilia Romagna fondato nel 1860. L’azienda “Cleto Chiarli Tenute Agricole” vanta un patrimonio vitato di oltre cento ettari di vigneto nelle zone più vocate dei vini DOC dell’Emilia-Romagna. Dal 2003 ha sede a Castelvetro in provincia di Modena.
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(4,5 / 5) Il Gewurztraminer è uno dei vini più amati, per la sua aromaticità, dalle donne. Uno dei più richiesti al ristorante. Sotto la lente di vinialsuper finisce oggi l’Alto Adige Doc Gewurztraminer 2016 di Elena Walch.
Un’etichetta che si discosta (in positivo) dalla media dei Gewurz presenti al supermercato. Giustificando così il prezzo superiore e consacrando la cantina tra i riferimenti assoluti dell’Alto Adige del vino al supermercato.
LA DEGUSTAZIONE
Giallo dorato luminoso, limpido. La vista invitante precede un “naso” che costituisce la componente migliore del Gewurztraminer di Elena Walch: esotico intenso di papaya, ananas, litchi, pesca gialla matura, marzapane.
Sentori erbacei che sfiorano il balsamico e floreali di rosa rendono complesso l’olfatto, assieme a chiari richiami minerali iodici che ricordano la salsedine. Non manca una spolverata di pepe bianco, piacevolissima.
In bocca il vino entra quasi in punta di piedi, sul filo della glicerina (14%). Poi si accende di un’acidità appagante, che attenua le note dolci della frutta già avvertita al naso.
Il gioco è fatto: un Gewurztraminer che seduce e avvolge inizialmente, per poi farsi più serio e potente, chiudendo sui tasti neri di un immaginario pianoforte, con un’improvvisa svolta amaricante.
Un vino completo, anche nell’abbinamento: perfetto come aperitivo, si presta ad accompagnare alla perfezione piatti della cucina asiatica e indiana, speziati e saporiti. Ottimo con i crostacei, ma anche con portate di terra come foie gras e patè.
LA VINIFICAZIONE
Prima della fermentazione, il Gewuztraminer di Elena Walch macera 6 ore sulle bucce. Le uve vengono poi pressate in maniera soffice. Il mosto subisce poi una chiarifica statica, utile a illimpidire il nettare.
Successivamente viene fermentato in serbatoi d’acciaio a una temperatura controllata di 18 gradi, per preservarne li aromi. Il vino successivamente affina per alcuni mesi sui propri lieviti, in contenitori inox.
La storia della cantina Elena Walch inizia 150 anni fa a Tramin (Termeno), in provincia di Bolzano. Una struttura storica che è stata ampliata nel 2015, nel segno dell’avanguardia tecnologica e ambientale.
Prezzo: 13,90 euro
Acquistato presso: Iper, La grande i
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
E’ un ritorno in pompa magna quello di La Versa nella Grande distribuzione. La cantina pavese, fallita e poi risorta grazie alla cordata lombardo-trentina guidata da Terre d’Oltrepò e Cavit, è a volantino questa settimana in Esselunga, con lo spumante base Riesling Doc Oltrepò Pavese.
La nuova etichetta sarà in promozione fino al 18 aprile a 2,94 euro. Un ribasso del 40% rispetto al “prezzo pieno”, che si assesta su 4,90 euro.
Lo spumante di Riesling è uno dei tre Charmat (Metodo Martinotti) pensati dalla nuova La Versa per i clienti dei supermercati, assieme a un Pinot Nero vinificato in bianco e a un Moscato.
I tre spumanti sono già disponibili negli store Esselunga e Bennet. “Ma entro fine anno – anticipa in esclusiva a vinialsuper Marco Stenico, direttore commerciale di La Versa – andremo a completare l’inserimento in tutti i principali player della Gdo”.
Tre Charmat lunghi, con un periodo di autoclave che varia dagli 8 ai 9 mesi. Per quanto riguarda i volumi, si tratterà a pieno regime (ovvero nell’arco dei prossimi due, tre anni) di un milione e mezzo di bottiglie di Charmat a marchio La Versa immesse nel canale moderno. L’obiettivo per il Metodo Classico è invece quello di raggiungere quota 750 mila bottiglie.
Di fatto, la nuova dirigenza lavora anche al riposizionamento del prestigioso marchio nel canale tradizionale. All’Horeca saranno riservate le etichette di Metodo Classico Docg base Pinot Nero, vero simbolo dell’Oltrepò pavese di qualità.
“Inizieremo con l’etichetta ‘Collezione‘ 2007 – spiega Stenico – una cuvée delle basi spumante selezionate tra le migliori reperite a La Versa al nostro ingresso in azienda. Il prezzo sarà attorno ai 16 euro più Iva, all’ingrosso. Toccherà poi a ‘Testarossa‘, il vero portabandiera di La Versa, con le basi spumante tirate da noi. In questo caso, il prezzo supererà i 20 euro più Iva”.
Per degustare il “nuovo” Testarossa si dovrà tuttavia attendere la metà del 2019. “Un prodotto – commenta Stenico – che intende rappresentare l’intero Oltrepò d’eccellenza, con il suo vitigno più rappresentativo, il Pinot Nero”.
LA DEGUSTAZIONE (4 / 5) Una tipicità salvaguardata anche attraverso i tre Charmat. Il Riesling da oggi in promo in Esselunga è il vero “anti Prosecco”. Giallo paglierino nel calice, naso intenso, fruttato, aromatico. Bollicina mediamente fine e persistente.
In bocca entra pulito, grazie a un “dosaggio” (Brut) capace di valorizzare al contempo aromaticità e corpo del vino. Uno spumante che riempie bene il palato anche una volta deglutito, con ritorni di frutta e richiami vagamente salini piacevoli, che invitano il sorso successivo.
Uno sparkling dall’ottimo rapporto qualità prezzo, capace di accompagnare alla perfezione un aperitivo, gli antipasti, ma anche l’intero pranzo o una cena non impegnativa.
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