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La vendemmia 2022 nella Valle del Douro: «Vini mai così “leggeri”. E sarà un grande Porto»

La vendemmia 2022 nella Valle del Douro: «Vini mai così "leggeri". E sarà un grande Porto»

Alcol e acidità moderate, ottima espressione del frutto. Contrariamente alle aspettative, una scarsa presenza di uve surmature, secche o disidradate. La vendemmia 2022 nel Douro è stata tra le più impegnative e sfidanti di sempre, con un calo della produzione che va dal 30 al 50%. Ad assicurarlo sono i Douro Boys, gruppo di vignaioli riunitosi nel 2003 «per formare una perfetta “Cuvée”» e mostrare al mondo le potenzialità del Porto e dei vini bianchi e rossi secchi prodotti nella più famosa regione vinicola del Portogallo.

Come in tutta Europa, anche nella Valle del Douro la vendemmia 2022 è stata caratterizzata da un clima molto secco. Le precipitazioni sono scese al 30% rispetto alla media del periodo 1971/2000 e al 37% rispetto alle ultime due annate del 2020 e del 2021.

A seconda della posizione della valle e del vigneto, le precipitazioni totali prima dell’inizio del raccolto (da gennaio a luglio) sono state solo tra 170 e 260 ml. Circa un terzo rispetto alla media di 500-700 ml. La temperatura media da maggio a settembre è stata più alta che mai. Per 23 giorni consecutivi il termometro ha superato i 35 gradi. Raggiungendo i 48 gradi a luglio nella zona di Pinhão.

Viste le condizioni di super-secchezza, i Douro Boys si aspettavano un’elevata quantità di uve secche. Sorprendentemente questo non è avvenuto, come confermato durante la conferenza online odierna tutti i vignaioli del gruppo: João Ferreira Álvares Ribeiro e Francisco Ferreira (Quinta do Vallado), Cristiano Van Zeller (Van Zellers & Co.), Francisco “Xito” Olazábal (Quinta do Vale Meão), Tómas e Miguel Roquette (Quinta do Crasto) e Dirk van der Niepoort (Niepoort).

DOURO, VEMDEMMIA 2022: VINI BIANCHI E ROSSI “LEGGERI” E FRUTTATI

Le uve raccolte – dichiarano pressoché all’unisono i Douro Boys – sono vitali, fresche e fruttate, il grado zuccherino è inferiore a quello delle annate normali, sino a un minimo di 12,5% vol.

Probabilmente è così perché le viti hanno interrotto la fotosintesi durante l’estate molto secca, a causa della mancanza di umidità. Anche la resa è ovviamente ridotta. Il peso dell’uva è solo l’80% di quello di un’annata media e ha conservato pochissimo succo».

La vendemmia delle varietà di uva a bacca bianca è iniziata intorno al 10 agosto nel Douro Superior e in altre sottoregioni. Nonostante la scarsa escursione termica tra giorno e notte, le uve risulterebbero molto fruttate. L’acidità è invece inferiore alla media, ma a un buon livello per produrre vini freschi, specie in caso di scelta dell’uvaggio.

I vini rossi 2022 del Douro sono meno alcolici. Per alcuni Touriga Franca si arriva addirittura all’11%. Tuttavia, i vini rossi presentano colori rossi e violacei molto intensi e al naso sono molto puri e intensi. I tannini morbidi ed equilibrati.

LA VENDEMMIA 2022 DEL PORTO NEL DOURO

La vendemmia delle uve del Porto è appena iniziata nel Douro e sembra «molto promettente, con un’alta concentrazione di frutta e intensità». Si tratta sicuramente di un’annata molto buona, «forse addirittura eccezionale», si spinge a dire qualcuno, tra i Douro Boys. Maggiori indicazioni si avranno attorno al mese di maggio 2023, dal momento che i vini al momento si trovano ancora in acciaio. Ma le aspettative, ad oggi, sono alte.

Scarse le quantità di Porto 2022, in linea con gli altri vini della regione. «Ma le uve sono molto aromatiche, molto intense, non molto acide, ma ben equilibrate, soprattutto quelle provenienti da vecchie vigne», garantisce per tutti Daniel Niepoort.

Nella Valle del Douro, le viti sono abituate a sopravvivere in condizioni molto calde e secche, lungo ripidi pendii pietrosi e scistosi. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui le piante hanno affrontato meglio le condizioni estreme della vendemmia 2022, rispetto ad altre regioni.

Le vigne vecchie e molto vecchie (50-80 anni) sono molte nel Douro e le radici profonde hanno aiutato la pianta a superare il periodo critico e le condizioni della superficie del terreno. I produttori locali, del resto, si interrogano da anni sui cambiamenti climatici.

IL FUTURO DEL DOURO: IMPIANTI AD ALTA QUOTA E PASSAGGIO AL GUYOT

Tra le mosse dei Douro Boys, l’interruzione del cordone e il passaggio al guyot doppio, meno vigoroso. Il Douro ha 43 mila ettari di vigneti tra gli 80 e gli 800 metri. I nuovi vigneti, soprattutto per i vini bianchi, sono per lo più piantati in altitudine.

È stato poi interrotto l’uso delle colture di copertura, preferendo e tornare a mobilitare il suolo (redra) all’inizio di luglio. In questo modo si riduce la capillarità dello strato più alto del suolo, impedendo alla già scarsa umidità e alla piccola quantità d’acqua presente nel suolo di evaporare.

Mosse anche sul fronte dell’esposizione e della selezione dei vitigni più adatti. Soprattutto per i vini bianchi, l’esperienza ha dimostrato che varietà come Arinto, Rabigato, Gouveio e Viozinho sono meno produttive rispetto a Malvasia Fina, Codega e Fernao Pires, utilizzate in passato per la produzione di vini di stile “pop”. Inoltre, producono meno zucchero e quindi meno alcol e più acidità.

Per questo motivo, sono ideali per produrre vini bianchi equilibrati, anche in anni di clima estremo. Il Touriga Nacional, probabilmente il vitigno più conosciuto nel Douro, si è adattato bene al caldo e continua a produrre vini equilibrati, anche in annate secche o torride. Una risorsa ottimale, anche per il Porto.

Per i vini rossi, alcuni produttori preferiscono il Touriga Franca, fresco e a maturazione tardiva. Le piantagioni miste riservano vantaggi: con diversi vitigni si ha sempre un equilibrio tra la maturazione eccessiva e la freschezza.

L’EXPORT DEL VINO PORTOGHESE TRAINATO DALL’ENOTURISMO

Il Portogallo ha attraversato momenti difficili, ma è riuscito a raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea. Allo stesso tempo, gli ottimi investimenti in un turismo di qualità hanno aiutato il Paese a imboccare con decisione la via dell’enoturismo.

Non a caso, il 2022 è stato un anno record per il Portogallo, grazie soprattutto a un un forte aumento degli ospiti provenienti dagli Stati Uniti. «Il boom del turismo aiuta molto l’industria vinicola portoghese», sottolinea João Ferreira di Quinta do Vallado, cantina con ospitalità, grazie ad alcuni hotel in posizione mozzafiato sulla Valle del Douro (Quinta do Vallado Régua e Casa do Rio Foz Côa).

Le vendite di vino sono aumentate del 100% nell’Horeca rispetto all’anno scorso, che è stata già un’ottima annata. Il 42% in più di ospiti ha soggiornato alla Quinta e il 70% in più di visitatori nel 2022 fanno di questo l’anno migliore di sempre».

Unica nota dolente per i Douro Boys, la mancanza di bottiglie che ha impedito di imbottigliare per tempo tre vini destinati ai festeggiamenti per i 20 anni dalla nascita dell’associazione. Si sarebbe trattato di un Porto e di due cuvée – una bianca e una rossa – che saranno presentati ad aprile 2023.

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Approfondimenti Esteri - News & Wine

La viticoltura eroica tra qualità e sostenibilità: al via il 7° Congresso internazionale

Ha preso il via oggi e durerà fino al 14 maggio, a Vila Real, in Portogallo, il 7° Congresso Internazionale sulla Viticoltura di Montagna e a Forte Pendenza. Appuntamento a cui partecipano più di 100 iscritti provenienti da 11 nazioni, con 76 lavori scientifici.

Tra gli organizzatori anche il Cervim, insieme all’Università del Tras-os-Montes e Alto Douro di Vila Real, all’Associazione per lo Sviluppo della Viticoltura del Douro (ADVID), alla Facoltà di Scienze e di Enologia e Viticoltura dell’Università di Porto. Congresso che segue quello del 2018 a La Laguna – Tenerife (Spagna), mentre nel 2020 non si è svolto a causa dell’emergenza pandemia.

Quattro le sessioni in cui gli esperti, docenti e viticoltori eroici si confronteranno. Mantenere la sostenibilità e il paesaggio nei vigneti in forte pendenza; Vigneti di montagna e di forte pendenza: pratiche agronomiche attraverso le nuove tecnologie; Fattori di qualità per i “vini”; I vigneti di montagna e di forte pendenza: persone, storia, economia e cultura).

«Confidiamo che i ricercatori possano fornire elementi tecnico-scientifici non solo per la risoluzione di problematiche connesse alla realizzazione ed alla gestione dei vigneti nei contesti estremi – sottolinea Roberto Gaudio, a Porto in rappresentanza del Cda del Cervim – ma anche elementi distintivi a sostegno delle istanze che verranno presentate sia a livello europeo sia a livello di vari stati per ottenere anche specifici riconoscimenti».

Significativa è la location del Congresso, nella Valle del Douro, una delle regioni vinicole più antiche del mondo e patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco. Si produce il pregiato vino Porto, realizzato esclusivamente con le uve dei vigneti del Douro.

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a tutto volume visite in cantina

Marzadro: identità territoriale e futuro della Grappa Trentina

Trento Doc, Vermut Altolago, Amaro Marzadro. Si apre così la nostra visita alla Distilleria Marzadro, a Nogaredo (TN). Un twist sullo “Sbagliato” a base di prodotti del territorio. A proporlo è il bartender Leonardo Veronesi (del Rivabar di Riva del Garda) che collabora con Marzadro proprio per sdoganare la Grappa, prodotto regina della distilleria, in mixology.

L’approccio è chiaro: proporre la grappa in miscelazione per introdurla al consumo in purezza. Strizzare l’occhio al bere mescolato sia per volumi sia come veicolo per rendere il brand riconoscibile ed evolvere il consumatore verso il consumo in purezza.

Questo perché il competitor non è più il vicino di casa, grappaiolo pure lui. La concorrenza oggi sono gli altri grandi distillati, come Whisky, Cognac e Rum, tanto quanto i sempre più presenti Gin e Botanical Spirit.

Lavorare quindi sulle potenzialità della grappa come ingrediente, senza quindi sviluppare un prodotto apposito come invece hanno fatto altre aziende. Drink a base grappa che divengono accompagnamento a piatti gourmet. Abbinamento cibo-cocktail che trova qui un’ulteriore sdoganamento.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Alle spalle c’è la storia e la tradizione di un’azienda nata sul finire degli anni ’40 per volere dei fratelli Sabina ed Attilio Marzadro e cresciuta nel tempo fino all’avvio dell’attuale stabilimento nel 2004. Sempre sotto il segno della qualità.

Otto alambicchi a bagnomaria . Gestione separata delle vinacce e degli sgrondi. Circa 50.000 quintali di vinacce lavorate ogni anno, tutte da viticoltura trentina. Periodo di distillazione di circa 100 giorni all’anno per poter lavorare la materia prima a breve distanza di tempo da vendemmie e vinificazioni. 27 milioni di bottiglie/anno suddivise in oltre 70 etichette differenti.

Numeri di quella che è, ad oggi, “un’azienda grande fra le piccole” come sottolineano gli eredi di casa Marzadro Alessandro e Stefano.

LA DISTILLERIA
Entrare nella distilleria significa entrare in un edificio appositamente pensato e realizzato per fare la grappa e comunicarla al consumatore. Un edifico che punta all’ecosostenibilità ed all’integrazione col territorio finanche al tetto, ricoperto da un manto vegetale.

Già dall’esterno si ha un immediato senso di accoglienza dato dall’assenza di una recinzione che divida dalla strada antistante. Colori tenui e le grandi vetrate del punto vendita che invitano a fermarsi anche solo per curiosare.

All’interno risulta chiaro come la parte operativa-produttiva e la parte da “enoturismo” condividano gli spazi senza intralciarsi vicendevolmente.

La sala di distillazione, il sancta sanctorum dell’impianto, è attorniata da un corridoio che permette ad eventuali visitatori di osservare le varie fasi senza disturbare.

Ma dietro a questo studio estetico-funzionale c’è tutta l’esperienza e la ricerca della qualità delle generazioni della famiglia Marzadro. Alambicchi in rame “a bagnomaria” per ottenere distillazioni più pulite rispetto ai tradizionali “cestelli”. Due batterie di sistema alambicco-colonna che convergono su due contatori piombati per ragioni fiscali (l’equivalente dei “spirit safe” scozzesi). Oltre 2400 sigilli daziali a garantire l’incolumità della produzione.

Ma nonostante la tecnologia e gli automatismi la distillazione è ancora, in parte, un gioco di sensibilità. Il sapere si tramanda ancora oggi con la nuova generazione che lavora a fianco della precedente.

LA BOTTAIA
1000 Kg di vinaccia, lavorati per circa 4 ore, danno origine a circa 60 litri di grappa. Grappa bianca che in alcuni casi verrà invecchiata. La bottaia trasmette lo stesso “concept” architettonico della produzione: convivenza fra lavoro e visita, fra esigenze tecniche e turismo.

Se le botti sono custodite in depositi sotto sigillo della Guardia di Finanza per ragioni fiscali per il visitatore è comunque possibile osservarle grazie ad un camminamento sopraelevato.

Oltre 3000 botti fra Ciliegio, Acacia, Frassino. Legni di diversa grana e diversa tostatura. Botti ex Porto. Anfore di terracotta. Tutti ingredienti della formula alchemica dell’invecchiamento. Elementi dello stile della Casa.

Materiale e tempo che creano la gamma dei prodotti invecchiati Marzadro, dall’iconica “18 Lune” alla linea “Giare“, finanche alla grappa affinata in anfora.

MADONNA DELLE VITTORIE
Marzadro però non è solo grappa. Da tre anni è stata infatti acquisita Madonna delle Vittorie, una realtà fatta di una cantina ed un frantoio. Siamo ad Arco (TN), punta nord del Lago di Garda.

Lavorazione artigianale delle olive (anche conto terzi, vista la scarsità di frantoi nell’areale), 50% varietà nere 50% varietà verdi, per produrre un olio Garda Dop fragrante, dal colore brillante che alterna dolcezze a note amaricanti e ad una leggere piccantezza.

Teroldego, Rebo, Nosiola, Gewurtraminer, Pinot Bianco, Chardonnay. Filari stretti per creare competizione fra le viti. Circa 40 ettari in conduzione di cui 8 di proprietà. Produzione annua di 150.000 bottiglie. Un Trento Doc fragrante e fruttato ed una linea di vini fermi che, così come l’olio, sembrano cercare una proprio specifica identità.

L’areale del nord Garda è una sottozona molto particolare. Una zona che attutisce le annate molto umide anche grazie ai due venti che soffiano regolari, il Pelér al mattino e l’Ora al pomeriggio. Zona di sbalzi termici. Quasi una goccia di mediterraneo nel nord Italia.

Ma se questa parte di mondo da vita ad un olio la cui qualità è conosciuta e rinomata per i vini l’identità è ancora tutta da scoprire. La Nosiola, unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca, da vini ancora sconosciuti ai più così come il Gewurztraminer che qui ha una declinazione differente, meno aromatica e più elegante, rispetto all’areale altoatesino.

Un angolo di Trentino ad oggi forse più noto come località da turismo sportivo (vela, arrampicata e bici le attività principali) che però nasconde in se un piccolo cuore enogastronomico da scoprire.

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Porto Niepoort 1863 all’asta per 100 mila euro a Hong Kong

HONG KONG – Una bottiglia di Porto Niepoort del 1863 è stata battuta all’asta per 100 mila euro. Un record mondiale assoluto per la tipologia. La notizia rimbalza da Hong Kong. In occasione di un evento al Grand Hyatt, il 3 novembre 2018, il prezioso nettare è stato messo all’asta e venduto per 800.000 dollari locali.

Niepoort sarà aggiunto alla lista dei detentori del Guinness World Records. “Il porto è un liquido molto speciale – afferma Dirk Niepoort – cinque generazioni hanno collaborato a questo vino e la sesta ne conserverà una parte. Non conosco nessun altro mestiere in cui un prodotto venga creato per così tanti anni e così tante generazioni”.

MATURATO PER 155 ANNI
Niepoort ha creato il leggendario VV (Vinho Velho) per celebrare il 170 ° anniversario dell’azienda, nel 2012. Sono state prodotte 999 bottiglie. Una miscela di lotti molto vecchi e pregiati: una parte sostanziale proviene dalle damigiane dell’annata 1863.

“Il porto è un liquido molto speciale – afferma Dirk Niepoort – cinque generazioni hanno collaborato a questo vino e il sesto ne avrà ancora una parte. Non conosco nessun altro mestiere in cui un prodotto venga creato per così tanti anni e così tante generazioni”.

Niepoort è l’unica casa produttrice di Porto il cui nome aziendale è uguale a quello del proprietario. Dirk Niepoort non è noto solo per i suoi grandi Tawny, ma anche per i suoi vini fermi, considerati rivoluzionari per il Douro.

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Whisky & Rum Day 2018: Milano capitale dei distillati

Si è tenuto lo scorso 28 e 29 ottobre a Milano presso il Megawatt Court The Whisky Day e The Rum Day 2018. Evento aperto ad appassionati e professionisti del settore che hanno potuto scoprire, confrontarsi e degustare tanto le novità del mercato quanto le grandi conferme. Proprio la trasversalità degli avventori è la chiave di lettura dell’evento.

Ecco quindi che fra i banchi d’assaggio non troviamo eccellenze assolute o rare bottiglie da collezione, ma prodotti di ottima fattura nati per soddisfare il consumatore, tanto l’esperto quanto il neofita, siano esse consumate “streight” o attraverso le sapienti mani di un “mixologist”. Ecco quindi far capolino fra whisky e rum anche altri distillati.

I MIGLIORI ASSAGGI
Al solito è impossibile raccontare l’intera manifestazione in poche righe, ci limitiamo quindi a raccontarvi gli assaggi che più hanno colpito la nostra attenzione.

Michter’s, dal Kentucky, porta una interessantissima selezione di Bourbon e Rye. Sette prodotti diversi per tipologia di legno utilizzata e durata di invecchiamento.

Fra tutti svettano il Bourbon 10yo ed il Rye 10yo, pieni morbidi e strutturati, con menzione d’onore al Streight Rye Toasted Barrel Finish che alterna all’acidità del Rye una spiccata nota di frutta secca netta e pulita anche nella breve persistenza.

Sempre dagli Stati Uniti Jack Daniel’s presenta Single Barrel Rye. Un Rye da singolo barile prodotto col tipico processo di mellowing. Un Rye dolce e vanigliato, perfetta declinazione della segale secondo lo stile JD.

Dall’Irlanda si fanno notare Redbreast 12yo, un pot still ben equilibrato pulito fresco e consistente, ed le due release di Mitchell & Son Green Spot, fresco e speziato, e Yellow Spot 12yo, più dolce e morbido.

Ancora l’Irlanda protagonista con Teeling che a fianco degli ormai noti imbottigliamenti (veri punti di riferimento per gli appassionati) presenta Brabazon, finissato in botti di Porto rotondo e vinoso, e Trois Rivières Small Batch.

Quest’ultimo attore di un gioco curioso: se Teeling ha usato botti ex rum agricole della distilleria Trois Rivières per il suo whisky al capo opposto della sala troviamo al bachetto di Trois Rivières un rum finito in botti ex Teeling. Un Whisky che profuma di Rum ed un Rum che profuma di Whisky che valgono la degustazione incrociata.

Fra i rum oltre alle grandi conferme di Damoiseau si distinguono le due release di Hampden, rum dalle forti note secondarie prima ancora che terziarie, e la bella verticale 12yo, 18yo e 25yo di Flor de Cana in un crescendo di rotondità e dolcezza.

Spicca l’idea di Roner, distilleria di Termeno in Alto Adige, di produrre due rum, uno bianco ed uno scuro. Quest’ultimo in particolare invecchiato nelle botti che hanno contenuto Caldiff il famoso distillato di mele di Roner.

Un rum dallo stile Alto Atesino. Ma ancor più Alto Atesino sono il gin, ottenuto con botaniche locali che profuma di bosco, e la grappa da Weissburgunder (pinot bianco) unica nel suo genere.

Sempre piacevoli e ben fatti Nikka Coffey Gin e Nikka Coffey Vodka della giapponese Nikka. Menzione d’onore per l’imbottigliamento 18yo di Longmorn dell’imbottigliatore indipendente Duglas Laing.

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Prosecco bulgaro al porto di Brindisi: sequestrate 14 mila bottiglie

BRINDISI – Era diretto in Francia il “Prosecco bulgaro”, o meglio da uve coltivate in Bulgaria, sequestrato nei giorni scorsi al porto di Brindisi.

L’operazione, condotta dalla Guardia di Finanza di Brindisi e dai funzionari della locale Agenzia delle Dogane, ha interessato 13.812 bottiglie da 0,75 litri.

Su tutte la dicitura “Wine of Italy” e “Product of Italy”, con l’aggiunta di “Denominazione di Origine Controllata” ed “Extra Dry”.

Il blitz è scattato nell’ambito dei servizi di vigilanza all’interno dell’area del porto di Brindisi.

I miliari hanno controllato un camion con targa bulgara, proveniente dalla Grecia. Scoperti diversi bancali di vino, la Guardia di Finanza ha contattato la società produttrice del Prosecco.

La stessa confermava che “tutta la merce trasportata era stata prodotta con uve coltivate in Bulgaria”. Il mezzo era condotto da un cittadino bulgaro, P.A., 68 anni, segnalato a piede libero.

“L’attività di servizio – precisano gli uomini della GdF – rientra nel più ampio contesto delle attività di intensificazione dell’azione di tutela del “Made in Italy” svolta dalla Guardia di Finanza, quale forza di polizia economico finanziaria, a difesa del mercato nazionale”.

Di fatto, può chiamarsi “Prosecco” solo il vino ottenuto da uve Glera (con piccole percentuali di altri uvaggi) coltivate in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Hai già aderito alla nostra campagna #nonsoloprosecco? Questo è il momento di condividere l’articolo e diffondere la cultura del Made in Italy

http://www.vinialsupermercato.it/prosecco-non-e-sinonimo-di-spumante/

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Sfumature di Porto fra tradizione e modernità

I fiumi ed il mare, due elementi che spesso hanno condizionato la storia dell’uomo e del vino. Il fiume in questo caso è il Duero (in Spagna) o Douro (in Portogallo) ed il mare è l’oceano Atlantico.

Terzo fiume della penisola iberica con i suoi 827 Km il Duero nasce nel nord della Spagna per poi segnare il confine col Portogallo (dove è chiamato Douro) e dopo averlo attraversato, gettarsi nell’Atlantico, creando due importanti regioni vinicole, una per nazione.

Nel tratto portoghese il Douro ha scavato una valle profonda, impervia ed “eroica” per la viticultura. Terreni scistosi e granitici su cui affondano le radici della vite. Presenza di calcare e sabbie fluviali che si mescolano allo scheletro pietroso donando all’uva i suoi tipici sentori.

È dalle coltivazioni del Douro che nascono i vini Porto. Pigiatura tradizionale in vasche di pietra, macerazione sulle bucce, mutizzazione della fermentazione tramite aggiunta di acquavite. Quindi trasporto via fiume fino alle città di Porto e di Vila Nova de Gaia dove avviene l’affinamento secondo metodologie tradizionali mutuate dalla tradizione.

Se la fortuna storica del vino di Porto la si deve agli inglesi, che ne hanno sfruttato la grande stabilità per poterlo agevolmente trasportare via nave in ogni dove, certo è anche che oggi non siamo più così abituati al consumo di vini fortificati.

Per rinfrescarci la memoria (ed il palato), per approfondirne la conoscenza, per dare modo di assaggiare e scoprire produzioni di nicchia ma rappresentative dei vari stili di Porto, la sezione ONAV di Varese ha organizzato lo scorso 12 dicembre una interessante degustazione.

Sei tipologie diverse, fra giovani ed invecchiati, ossidati e non, per dare una panoramica quanto più ampia possibile a questo mondo spesso relegato in secondo piano.

LA DEGUSTAZIONE
Ruby Reserva, Quinta de Lamelas. Colore rubino cupo con riflessi violacei sull’unghia. Al naso si ha subito una nota di legno secco molto presente che fa quasi pensare che il bicchiere sia ancora “chiuso”. In realtà il sentore non se ne va col tempo o la rotazione ed è quindi una caratteristica poco elegante del vino. Al di sotto belle note di frotta rossa sotto spirito, prugna secca e ribes.

Un Porto non ossidativo che in bocca risulta morbido e burroso, con una bella dolcezza e sentore di frutti rossi macerati molto gradevole. Un bicchiere dall’interessante contrasto naso/bocca.

Tawny Reserva, Quinta del Lamelas. Ambrato, quasi spogliato nel colore, ma molto luminoso. Al naso arriva subito la nota ossidativa. Note ferrose e profumi di mela ed albicocca cotte, mallo di noce. L’alcool si percepisce al naso ma non è fastidioso lasciando spazio a note di pasticceria, crème brulée e marmellata d’arance. In bocca è gradevole ed armonico, con ossidazione e note mentolate e di rabarbaro che sostengono la persistenza.

Late Bottle Vintage 2012, Quinta de Pego. Un LBV, cioè in imbottigliamento tardivo, non filtrato. Colore violaceo intenso ed un naso ricco di frutta (soprattutto rossa) ed una leggera nota ossidativa pur non essendo nello stile della bottiglia. In bocca è più dolce dei precedenti e rivela una piacevole trama tannica sostenuta da una viva freschezza. Note di frutta ed una sensazione setosa che accompagnano il finale.

Vintage 2000, Quinta Sao Pedro. Rubino intenso. Leggero sentore ossidativo e note “polverose”, “di cantina”, per un naso poco pulito dal quale emergono profumi di frutta surmatura. In bocca l’alcolicità è marcata ma non fastidiosa. Secco ed un po’ aggressivo al palato, quasi squilibrato. Un Porto più “virile” dei precedenti e più legato alla tradizione.

Porto 30 anos, Quinta de Bulas. Trent’anni di invecchiamento in botte che donano un affascinate colore “tonaca da cappuccino” con riflessi verdastri. Naso ricco e complesso con frutta come dattero, more e fico, terziario di liquirizia e radice di rabarbaro. Completano il quadro olfattivo aromi di crema pasticciera, savoiardi ed un balsamico di assenzio.

In bocca è dolce e fresco con sentori di cacao e cioccolato. Sul finale si avvertono note ossidative e di noce.

Vintage 2006, Quinta do Vesuvio. Un porto volutamente non ossidato di un impenetrabile color rubino che alla rotazione tinge le pareti del calice. Grandi note di frutta rossa, fiori secchi ed un sentore balsamico. In bocca e dritto, caldo ma non stucchevole, un Porto “da pasto”. Un vino elegante, moderno, forte di alti punteggi nelle guide internazionali ma lontano dalla tradizione.

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Rive al via alla Fiera di Pordenone: viticoltura internazionale al centro del dibattito

PORDENONE – Si è aperta in mattinata la rassegna internazionale di viticoltura ed enologia Rive alla Fiera di Pordenone. Fino a giovedì 14 dicembre, 110 espositori in rappresentanza di oltre 200 marchi porteranno in mostra all’interno dei 17.000 metri quadrati dei padiglioni 1, 2, 3, 4 e 5 l’intera filiera della produzione del vino, dal campo alla cantina.

La manifestazione si rivolge a un target ben preciso di visitatori: viticoltori, cantine sociali, consorzi di produzione, enologi, vinificatori e distributori, operatori che a Rive potranno conoscere lo stato dell’arte del settore vitivinicolo, confrontandosi con colleghi e produttori di tecnologie, materiali e servizi per la produzione del vino.

Rive è l’ultima manifestazione nel calendario 2017 ma è quella su cui Pordenone Fiere ripone le più alte aspettative di crescita e i motivi sono evidenti. L’Italia è il primo Paese produttore di vino nel mondo, e il Friuli Venezia Giulia detiene il 4% della quota nazionale di produzione di vino, il Veneto il 19%. Insieme, le due regioni su cui fa riferimento la Fiera di Pordenone producono quasi un quarto del vino italiano.

La provincia di Pordenone rappresenta un’eccellenza soprattutto nel settore del vivaismo viticolo: il nostro Paese è il primo produttore nel mondo di barbatelle. Proviene dal Friuli Venezia Giulia il 70% della produzione nazionale e il 40% della produzione mondiale di barbatelle; ha sede in provincia di Pordenone il più grande vivaio di barbatelle del mondo, i Vivai Rauscedo.

Con questa prima edizione, Rive punta a ottenere la certificazione di manifestazione internazionale. Le prime delegazioni in visita sono attese già nella prima giornata: si tratta di operatori selezionati del settore vitivinicolo, che oltre a visitare la fiera si recheranno presso alcune delle principali aziende espositrici con sede sul territorio, ad iniziare proprio dai Vivai Rauscedo.

Gli ospiti arrivano in particolare da Ungheria, Croazia e Portogallo. Atteso anche il portoghese Paulo Amorim, presidente del consorzio Anceve, che riunisce a Porto commercianti ed esportatori di vino e bevande alcoliche di tutto il Paese. Nel primo giorno di manifestazione, entra subito nel vivo il programma di Enotrend che prevede 20 incontri di formazione e aggiornamento per gli operatori del settore sui temi più caldi per il futuro della viticoltura italiana.

LA SITUAZIONE ITALIANA
Sempre in Sala Enotrend, dalle 14 gli scenari si allargano sull’Europa con la partecipazione di due grandi nomi della viticoltura internazionale: il convegno “Lo scenario della viticoltura europea, tra crisi climatica e nuove esigenze del consumatore” ha come protagonisti da una parte Attilio Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano e presidente del Comitato scientifico di Enotrend, dall’altra Monika Christmann, presidente di Oiv-Organizzazione internazionale della vigna e del vino che riunisce 46 Stati membri da tutto il mondo.

L’analisi della situazione italiana, secondo Attilio Scienza, descrive tre ordini di problemi: una polarizzazione della viticoltura su 4 regioni del Nord, l’invecchiamento dei vigneti e la mancanza di progetti nazionali per affrontare il cambiamento climatico. “Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Piemonte hanno incrementato il loro potenziale del 10,20%, mentre il Centro-Sud ha perso superficie vitata, Calabria e Lazio in testa, rispettivamente con un -27% e -36%”.

Causa principale del successo delle regioni settentrionali? “Soprattutto – afferma Scienza – la capacità di investire sui mercati internazionali attraverso la valorizzazione dei grandi marchi, delle loro denominazioni e di alcuni tipi di vitigno, come Pinot Grigio e Prosecco”. Nel Sud, invece, avverte, “la sfiducia nelle denominazioni, la contrazione nelle coltivazioni di molti vitigni autoctoni e la frammentazione delle iniziative di comunicazione hanno avuto come principale conseguenza l’invecchiamento inarrestabile dei vigneti”.

La produzione media dei vigneti centro-meridionali è calata in 10 anni del 20-30%. “Il rischio – commenta Scienza – non è solo economico, ma di perdere la cultura e la tradizione viticola di intere Regioni”. Tre le soluzioni proposte: il miglioramento genetico, un progetto nazionale per lo studio delle cause e dei rimedi al deperimento dei vigneti e, in tempi più brevi, la viticoltura di precisione. Al convegno interverranno, inoltre, Riccardo Ricci Curbastro (presidente di Federdoc) ed Eugenio Sartori (presidente Vivai Cooperativi Rauscedo).

In Sala Vite (pad. 2) si svolgono invece i primi due workshop organizzati dal main media partner di Rive, ‘L’Informatore Agrario’. Il primo appuntamento alle 10,30 con Antonella Bosso, del centro di ricerca per l’enologia Crea di Asti, che ha parlato delle ‘Ultime acquisizioni in campo enologico’. Dalle 14 alle 15 è la volta di Riccardo Castaldi, del gruppo Cevico, che sta spiega ‘La potatura meccanica, quando conviene’. Primo appuntamento con le degustazioni in Sala Vino (pad.5), questa mattina alle 11,30: il Consorzio di Tutela dei Vini di Soave ha guidato il pubblico nell’assaggio.

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