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Non solo vino a Vinitaly 2019: cronaca dei migliori distillati, dal Gin al brandy italiano

VERONAVinitaly 2019 si conferma non solo la più importante fiera italiana dedicata al vino, ma anche una grande finestra per produttori, distributori e professionisti degli Spirit.

Notevole infatti la presenza di stand dedicati ai distillati, tanto da rendere pressoché impossibile visitarli tutti.

GLI ASSAGGI DI WINEMAG
Sull’onda della moda del Gin, Rinaldi presenta Yu Gin. Gin francese che conta nelle proprie botaniche anche Yuzu, agrume giapponese, e pepe di Sichuan.

E proprio da questi trae la sua grande freschezza tanto al naso quanto al palato, morbido e vivace.

Sempre da Rinaldi due Mezcal e due Tequila. I Mezcal di Tier si distinguono per il piacevole ed armonico profumo di brace. Più erbaceo Ensamble I, più tipicamente fruttato Espadin.

I Tequila Viviana, tanto il Blanco quanto il Reposado, si caratterizzano per la grande pulizia, il sorso asciutto e la piacevole persistenza fruttata.

Notevole il Whisky giapponese Kamiki. Blended Malt di whisky giapponesi è l’unico al mondo a riposare in botti di cedro giapponese, il legno tipicamente usato per costruzione dei templi. Equilibrato, regala sentori di frutti rossi maturi, miele ed una piacevolmente marcata nota di tè verde.

Sorprende St. George Spirits da Alameda, California. Una linea di Gin e Vodka artigianali di ottima fattezza. Terroir Gin vuole, nelle intenzioni, raccontare il territorio e ci riesce portando al naso del consumatore i profumi della foresta californiana: abete, alloro, salvia, e freschezza agrumata.

Botanivore raccoglie in se 19 differenti botaniche bilanciando molto bene note di agrume, di spezie come pepe, cannella, aneto e coriandolo, ed una piacevole nota erbacea. Dry Rye è il più secco e speziato, un gin che non nasconde l’uso di alcool di segale (Rye, appunto). Un gin per gli amanti dei whiskey americani.

Chiude Green Chile, vodka ai peperoncini dolci californiani. Piccante quel tanto da non disturbare è un prodotto originale che può dare spinta in mixolgy. Da Pojer e Sandri è piacevole l’assaggio di Sorbo dell’Uccellatore, acquavite di Sorbus Aucuparia. Profumo dolce che ricorda il marzapane e corpo morbido con sentori fruttati.

Roner, distilleria altoatesina di Termeno, presenta qui un nuovo amaro di erbe. Non ancora etichettato andrà in commercio a giugno 2019. 32% ben integrati nel prodotto, tendenza dolce ed piacevolissimo aroma di erbe aromatiche e bergamotto. I vicini di casa di Psenner oltre alla linea di grappe e distillati di frutta, affiancano un vero e proprio cocktail bar in cui i prodotti di casa diventano ingredienti.

LA CULTURA ITALIANA
Di tutt’altro avviso Bruno Pilzer, della Distilleria Pilzer in Val di Cembra. “Bisogna riuscire a riportare al centro il prodotto italiano principale, cioè la Grappa”. E’ con queste parole che Bruno esordisce sintetizzando in un secondo un pensiero profondo. Pensiero che sfida le mode in nome della tradizione e della cultura italiana.

“Se non sei italiano non capisci l’Italia” e quindi la grappa diviene sia identità nazionale che strumento per spiegare il nostro paese all’estero. Prodotti di altissimo livello qualitativo. Tanto le grappe da vitigno quanto la grappa blend Delmè ed i distillati di frutta (albicocca e pera che abbiamo avuto la fortuna di assaggiare).

Non si può parlare di qualità italiana della distillazione senza fare tappa allo stand di Villa Zarri, dove Guido Fini ci guida nell’assaggio della sua linea di Brandy. Nel 16 anni Assemblaggio Tradizionale ritroviamo tutte le note già incontrate nel 10 anni impreziosite da una maggiore balsamicità e da una più marcata tostatura del legno.

Il 23 anni Millesimo 1994 regala note complesse di cera d’api, crema pasticcera ed agrumi canditi. Particolari il 14 anni Millesimo 2002 affinato in botti ex Marsala Florio, che risulta facile e morbido, ed il 18 anni Selezione Tabacco che risulta molto più erbaceo “verde”.

Chiude il 28 anni millesimo 1998, ricco di terziari ma anche di una nota fruttata di fondo che sa di pesca e rimanda, mentalmente, ad alcuni Single Malt nord irlandesi. Impressiona, davanti a brandy tanto ben fatti, la frase di Guido: “Io sono un bambino. Distillo ormai da decenni ma per i tempi di questi prodotti io non ho certo l’esperienza di certe Maison”.

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Di Uomini e di Alambicchi: i “Moschettieri” del Brandy Italiano Artigianale


MILANO –
Un’occasione, un pranzo nella Milano fin troppo intenta a correre e “laürà”, per conoscere e scoprire il Brandy Italiano Artigianale. Quattro distillatori. Ognuno con la sua idea di Brandy. Ognuno col suo prodotto.

Quattro storie e quattro caratteri diversi, accomunati dalla passione per la distillazione, dalla mentalità artigianale e, coincidenza, anche dal momento storico in cui la loro avventura è partita.

LA STORIA
Correva l’anno 1986 quando Guido Fini Zarri, Vittorio Gianni Capovilla e Mario Pojer muovono i primi passi in questo mondo. Era invece il 1984 quando Bruno Pilzer iniziava la sua esperienza in distillazione.

Oltre trent’anni di storia ed esperienza per arrivare oggi a definire il “Brandy Italiano Artiginale”, per definire le linee guida che caratterizzano i quattro prodotti, per poter finalmente dire che questi prodotti hanno una loro precisa identità e non temono confronti.

E così oggi Gianni, Guido, Bruno e Mario si ritrovano fianco a fianco con uno scopo, una missione. Non più solo “fare” artigianalità ma anche “raccontare” l’artigianalità.

Raccontare al grande pubblico il loro sistema di valori fatto di selezione della materia prima, del seguire con attenzione il processo di fermentazione, di utilizzo di alambicchi che estraggano delicatamente gli aromi, di evitare manipolazioni aggiunte di zucchero o caramello, di invecchiamenti lenti e naturali “per tutto il tempo che serve”.

L’esigenza ed il desiderio di comunicare correttamente il Brandy Italiano Artigianale nasce dalla constatazione di come l’industria abbia azzerato le differenze fra i prodotti ed allineato, omogeneizzato, la percezione degli stessi finanche a far virtualmente diventare un distillato un liquore e viceversa.

E così oggi per “l’uomo della strada”, un distillato di vino (il Brandy per l’appunto) o un distillato di vinaccia (la grappa) sono concettualmente la stessa cosa di un limoncello o di un amaro (senza nulla togliere a quest’ultimi).

“L’artigiano fa il prodotto come vuole lui e spera che piaccia. L’industria fa il prodotto per il mercato.” È in queste parole di Guido Fini Zarri la spiegazione di quell’omologazione. Basti pensare che in Italia si contano 128 grappaioli e solo la metà circa possiede alambicchi da distillazione.

Ecco quindi i nostri 4 Moschettieri alla ricerca non solo della “qualità” ma anche della “particolarità” e della “peculiarità” nelle loro produzioni.

Scelta di materie prime identificative del territorio: Trebbiano Romagnolo per i Brandy di Villa Zarri, Lagarino per Pilzer, Schiava e Lagarino per Pojer e Sandri, Valpolicella per il Brandy di Capovilla.

Grande sapienza nell’utilizzo dell’alambicco, perché, come dice Bruno Pilzer, nato grappaiolo, “il distillato di vinaccia ha una grande potenza aromatica e puoi essere elegante o potente nel distillare. Il vino invece è sottile: o sei bravo o niente”.

Attenta selezione delle botti, dalle 300 litri non tostate utilizzati da Pilzer alle barique da 225 litri di Capovilla fino alle botti di secondo passaggio (il primo fatto con Chardonnay) volute da Mario Pojer. Particolarità e peculiarità che ritroviamo nel carattere di questi Brandy Italiani Artigianali.

LA DEGUSTAZIONE
Brandy Portegnac “Historie” 13 anni, Pilzer. Il nome lo prende dalla località dove ha sede la distilleria (Portegnago, in dialetto Potergnac) ma con la mente ci riporta alla Francia. E come i prestigiosi distillati d’Oltralpe “Historie” ci mette un po’ ad aprirsi ed a regalare i propri profumi. Profumi eleganti e raffinati in cui prevalgono le note fruttate di frutti freschi con una chiara vena agrumata. In continua evoluzione è facile, ma non banale, al palato.

Brandy Assemblaggio Tradizionale 10 anni, Villa Zarri. Sorprende piacevolmente per la sua complessità aromatica. Tè nero, leggero boisé, spezie morbide come cannella e pepe bianco. Sul fondo note fruttate che ricordano l’uvetta ed il dattero. Sorso pieno, di buon corpo, e dotato di una piacevole persistenza.

Brandy 1998, Capovilla. Naso pulito, immediato, aperto. Frutti bianchi e rossi che giocano con una freschezza erbacea. Gentile e morbido in bocca avvolge il sorso con pienezza quasi vellutata.

Brandy “Acquavite Divino” 2000, Pojer e Sandri. Grande freschezza olfattiva. Fiori e frutta esotica accompagnati da un piacevole nota mentolata che torna anche nelle persistenza retro olfattiva. Cremoso eppur fresco al sorso risulta pericolosamente beverino.

L’ABBINAMENTO
Qualcosa in più che “interessanti” gli abbinamenti proposti per l’occasione da Stefano Caffarri, chef e scrittore di gastronomia.

Una cucina semplice, quasi domestica, a detta di Stefano. Tre piatti in cui il Brandy diventa un ingrediente ogni volta declinato in modo diverso.

Entrata: Capasanta brasata nel grasso del bue grasso, maionese di coralli, crema di latte di soja (Brandy svaporato).

Minestra: Cappellotti di sfoglia di zucca, ripieno di grana stravecchio, consumato di pollo, polvere di zucca (Brandy crudo a gocce nel brodo).
Piatto di mezzo: Cappello del prete a bassa temperatura (20 ore), fondo bruno al Brandy, pere leggermente marinate (Brandy cotto).
Dessert: selezione di 4 ciccolati selezionati e lavorati da Passion Cocoa, Rho (MI).

Piena libertà di abbinare i quattro Brandy ai piatti per una sperimentazione che lascia sorpresi. Ognuno dei quattro distillati lavora molto bene con ognuno dei quattro piatti ma ognuno lo fa a suo modo, regalando sensazioni diverse. Facendo emergere così la singolarità di ogni Brandy.

L’abbinamento Cibo-Brandy si rivela essere un mondo ancora tutto da esplorare, così come in generale il mondo Cibo-Distillato che ha dato solo qualche piccola dimostrazione. Mondo che che qui ha già dato ottima prova di sé.

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Istituto di tutela Grappa del Trentino: Mirko Scarabello (Segnana) è il nuovo presidente

Un’elezione all’unanimità quella che ha nominato Mirko Scarabello alla presidenza dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino.

Classe 1967, trentino doc, percorso di studi all’attuale Fondazione Mach di San Michele all’Adige. Dopo qualche anno di lavoro nel mondo del vino, nel Chianti Classico in Toscana, Mirko Scarabello dagli anni ’90 ha dedicato la sua carriera al mondo della grappa e dal 1998 è prima responsabile di produzione poi direttore tecnico e mastro distillatore della distilleria Segnana, storico marchio della famiglia Lunelli che ha contribuito negli anni a promuovere e internazionalizzare il concetto di grappa di qualità e di grappa trentina in particolare.

Consigliere dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino dal 2017, ora ne è alla presidenza. «Un incarico che mi onora, soprattutto perché prendo il testimone da Beppe Bertagnolli, un vero e proprio ambasciatore della grappa del Trentino – spiega il neo presidente Scarabello – cercherò di portare avanti le attività contando su una grande intesa con il consiglio e cercando di essere il più possibile vicino alle esigenze dei nostri distillatori».

Dopo otto mandati di presidenza con Beppe Bertagnolli, si rinnova così in gran parte l’assetto di uno degli istituti di tutela più antichi in Italia per il settore delle bevande. Alla vicepresidenza la conferma di un altro decano della grappa in Trentino, Bruno Pilzer, dell’omonima distilleria in Val di Cembra.

Territorio, tutela, qualità, sono solo alcune delle parole chiave che il nuovo presidente dell’Istituto utilizza per parlare del prossimo futuro dell’Istituto. «Ci aspetta subito una grande sfida – commenta Mirko Scarabello – che è quella di creare un protocollo sui controlli dell’Ig Grappa del Trentino, cosa che cominceremo a fare dai primi di giugno discutendone prima in sede di Assodistil poi con confronti sul territorio».

Dopo la creazione del marchio europeo infatti, sarà necessario trovare un piano di controlli e soprattutto individuare il futuro certificatore. «Un impegno che rispetto ad altre regioni ci trova già più preparati – continua in proposito il presidente dell’Istituto – anche perché siamo l’unica realtà in Italia che dagli anni Sessanta si è dotata di un disciplinare più rigido e territoriale».

Dalla promozione alla tutela, le prossime sfide dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. «E’ la nostra fortuna produrre in una terra come quella del Trentino – dice il nuovo presidente Mirko Scarabello – noi siamo partiti dalle nostre piccole distillerie per farci conoscere in tutto il mondo e abbiamo capito che è il Trentino che il consumatore cerca e trova nei nostri prodotti; il 70 per cento delle nostre terre è rappresentato da montagne, è anche grazie al nostro lavoro che riusciamo a sostenere questo ambiente così unico per clima, conformazione, paesaggio ed è la stessa unicità che dà valore alle nostre grappe».

A questo proposito il consiglio lavorerà molto sulle sinergie con altri partner trentini e non solo. «Dovremo puntare sul gioco di squadra cercando di unire le forze con altre realtà del territorio trentino, ma non solo – continua il presidente Scarabello – per farlo abbiamo bisogno di cominciare un percorso che guardi ai nuovi consumatori, pur puntando sul valore aggiunto che abbiamo e che troviamo nella tradizione del nostro prodotto».

Tra le azioni in programma anche il potenziamento della comunicazione e dell’immagine del marchio del Tridente attraverso gli strumenti tradizionali, ma soprattutto utilizzando il linguaggio dei nuovi sistemi di comunicazione, a partire dai social network. «Un modo per cominciare a raccontare un prodotto storico con mezzi innovativi», sottolinea Mirko Scarabello.

Come detto, Vicepresidente dell’Istituto sarà ancora Bruno Pilzer (distilleria Pilzer), mentre gli altri consiglieri sono Luigi Cappelletti (Antica Erboristeria Dr. Cappelletti), Alessandro Marzadro (Marzadro), Carlo Pezzi (distilleria Pezzi), Giuliano Pisoni (distilleria Pisoni), Bernardino Poli (Casimiro), Rudy Zeni (distilleria Zeni).

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GinPilz: il Gin italiano “made in Trentino”

Val di Cembra, valle del Trentino nota come valle di distillatori più o meno regolari. Luoghi in cui “distillare” ha storicamente il significato di sfruttare fino all’ultimo le risorse naturali (l’uva) per trarne quel poco di profitto possibile.

È in questo luogo che la famiglia Pilzer, distillatori dal 1957, ha deciso di cimentarsi con un prodotto diverso dalla grappa: il Gin, creando GinPilz.

LA DEGUSTAZIONE
Pulito. Questo il primo aggettivo che viene in mente quando si porta il naso al bicchiere. Abituati come siamo ai Gin industriali, fatti di un’aromaticità pungente ed un poco sgraziata, rimaniamo sorpresi dalla grande finezza di questo prodotto artigianale.

Intenso, ricco di note di ginepro ma anche di altri profumi. Ecco quindi piacevoli sentori d’agrume come arancia e limone ed un fondo vegetale di erbe aromatiche. In bocca l’alcool è ben integrato, dona calore ma non quella spiacevole nota di bruciore frequente in certi gin.

Morbido, avvolge il palato ed il retro nasale con quei bei profumi che abbiamo identificato al naso.Armonico e secco chiude con una lunga ed aromatica persistenza. Ottimo se bevuto liscio può costituire un ottimo ingrediente per la creazione di cocktail di qualità; per preparazioni “gourmet”.

GIN DI MONTAGNA

Creare un nostro Gin non è stato facile e per darvi una idea allegra della difficoltà abbiamo scelto di raffigurare in etichetta il gioco del Curling, dove per vincere la partita ci vuole preparazione, allenamento, passione, pazienza, attenzione e un pizzico di fortuna.

Così si legge sul sito di Distilleria Pilzer e non è difficile crederlo. La “fortuna” è però da ricercare e trovare anche nel luogo, la Val di Cembra orograficamente parte delle Dolomiti di Fiemme.

Acqua pura e leggera che sgorga dalle rocce porfiriche, la stessa indispensabile per produrre le grappe di Pilzer. Bacche di ginepro ed erbe dai boschi locali.

Grande esperienza nell’arte della distillazione (seppur declinata in modo diverso), nonché grande pazienza nell’aspettare e nel non diluire subito il Gin. Ingredienti naturali, sapienza e caparbietà, questi gli elementi di un Gin italiano. Il Gin di montagna.

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