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Prowein Business Report 2025 tra futuro vini Premium, novità e trend del biennio


Futuro dei vini Premium, novità e trend del biennio 2025-2026 sono i temi affrontati dal Prowein Business Report 2025. Ieri la presentazione, con l’intervento, tra gli altri, del produttore campano Piero Mastroberardino. Secondo i dati emersi sul campione di ospiti internazionali della Prowein di Düsseldorf – oltre 30 Paesi coinvolti – l’industria del vino premium e super-premium continua a evolversi, nonostante le difficoltà del periodo a livello internazionale. Il focus crescente dei fine wines, con prezzi superiori a 50 euro, riguarda qualità, sostenibilità e innovazione. I dati del ProWein Business Report 2025, realizzato in collaborazione con Hochschule Geisenheim University, rivelano le strategie e i trend chiave per conquistare i consumatori di oggi e di domani.

FATTORI DI SUCCESSO PER I VINI PREMIUM

Secondo gli esperti, la reputazione del marchio rimane il pilastro fondamentale per il successo di un vino premium, con il 70% degli intervistati che lo considera un elemento cruciale. L’esclusività e la capacità di creare un senso di rarità seguono a ruota (67%), mentre il marketing esperienziale, che include visite personalizzate alle cantine ed eventi di degustazione immersivi, raggiunge il 60%. Altri fattori significativi includono la valorizzazione del patrimonio e del retaggio storico (53%) e l’adozione di pratiche sostenibili (53%). Dimostrato così come la narrazione legata alla tradizione e alla sostenibilità (sociale ed ambientale) sia essenziale per attirare consumatori consapevoli. Punti, questi, toccati proprio dall’intervento di Piero Mastroberardino, a capo di una delle cantine italiane di maggior successo e prestigio nel mondo.

LE OPPORTUNITÀ DELLA PREMIUMISATION

Nonostante le sfide globali, la premiumisation rappresenta una strategia a lungo termine. Circa il 53% degli esperti ritiene che le vendite di vini premium siano resilienti alle crisi economiche. Tuttavia, i prezzi dei super-premium stanno raggiungendo livelli insostenibili (45%), limitando le opportunità di crescita futura. Un dato interessante emerge dalla necessità di adattare il marketing per coinvolgere le nuove generazioni di consumatori. Il 67% degli esperti sottolinea l’importanza di strategie mirate ai giovani, che iniziano ad apprezzare i vini premium man mano che crescono in età e reddito.

IL VINO FRA TREND E NOVITÀ DI PRODOTTO NEL BIENNIO 2025-2026

In un mercato del vino che si sta evolvendo rapidamente, rispecchiando i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e le nuove dinamiche globali, il ProWein Business Report 2025 individua anche trend e novità di prodotto per il biennio 2025-2026. I vini bianchi e gli spumanti, inclusi Champagne e Prosecco, continueranno a guidare la crescita del settore nei prossimi anni, con rispettivamente il 73% e il 71% delle preferenze tra gli esperti intervistati.

Sta inoltre emergendo una forte richiesta per vini a basso contenuto alcolico, che raggiungono un notevole 65%, e per prodotti completamente privi di alcol. Una chiara inclinazione verso opzioni più leggere e salutari. Anche i vini rosati mantengono una posizione rilevante nel mercato, sostenuti dalla loro versatilità e crescente appeal tra i giovani consumatori. Meno rilevante appare, invece, il futuro di categorie più tradizionali come i vini fortificati o quelli aromatici, che insieme occupano solo una piccola fetta delle proiezioni di mercato.

PACKAGING E PRESENTAZIONE DEI VINI: I DATI DEL PROWEIN BUSINESS REPORT 2025

L’innovazione non riguarda solo le tipologie di prodotto ma anche il modo in cui i nuovi vini e le alternative vengono concepiti e presentati. La confezione gioca un ruolo fondamentale: il 76% degli esperti sottolinea l’importanza di un packaging accattivante e memorabile, che non solo catturi l’attenzione sullo scaffale, ma trasmetta anche l’identità del brand. La sostenibilità emerge come un altro pilastro centrale, con il 69% degli intervistati che privilegia l’utilizzo di ingredienti naturali e pratiche rispettose dell’ambiente.

Accanto a ciò, il prezzo rimane un fattore chiave per catturare un pubblico ampio, così come la capacità di presentare un’immagine giovane e dinamica del brand. Fattore apprezzato dal 67% del campione. Altri elementi importanti per il successo dei nuovi prodotti includono l’offerta di sapori unici, che rispondano ai gusti in evoluzione dei consumatori. E una distribuzione capillare, che assicuri la presenza del prodotto sia nei canali retail sia nella ristorazione. Meno determinante, ma comunque significativo nell’ottica di presentazione, è il contenuto alcolico ridotto. Una caratteristica che continua ad attrarre segmenti di mercato più attenti alla salute.

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Piero Mastroberardino: «Brand e vini premium si costruiscono giorno per giorno»


«Il brand di una cantina e i suoi vini premium si costruiscono giorno per giorno»: così Piero Mastroberardino, numero uno della cantina campana divenuta un simbolo del Made in Italy enologico, con 300 anni di storia e 260 ettari di proprietà. L’attuale vicepresidente di Federvini, intervenendo nel primo pomeriggio a “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine“, ha sottolineato l’importanza del branding nel settore vitivinicolo, focalizzandosi sul valore percepito dai consumatori e sulle soluzioni per costruire un’identità aziendale forte.

Secondo Mastroberardino, il valore percepito è l’elemento centrale per costruire un brand di successo. «È necessario proporre valori distintivi che rafforzino costantemente il marchio – ha spiegato il produttore campano durante il talk, moderato da Simone Loose dell’Università di Geisenheim – spostando l’attenzione da un marketing operativo a un marketing strategico, ancora poco diffuso nel mondo del vino. Il settore vitivinicolo, infatti, rispetto a molti altri, si trova ancora a uno stadio iniziale sul fronte del marketing, spesso limitato a comunicazioni generiche e poco mirate. Tutti raccontano le stesse cose, senza emergere. Distinguersi è fondamentale e una delle chiavi è valorizzare l’eredità storica dell’azienda».

HERITAGE AZIENDALE ALLA BASE DELLA COSTRUZIONE DEL BRAND

L’heritage aziendale, sempre secondo Pietro Mastroberardino, non è solo una risorsa distintiva, ma «un pilastro per costruire credibilità e autorevolezza». «Esperienze come le degustazioni verticali, che mettono in luce la continuità e l’evoluzione dei vini – ha sottolineato – sono strumenti efficaci per consolidare la fiducia dei consumatori. Raccontare la propria storia diventa quindi una strategia cruciale, non solo per il presente ma anche per tramandare il valore del brand alle future generazioni.». Mastroberardino ha sottolineato come questo processo virtuoso finisca per includere, in maniera naturale e non artefatta, anche temi «come la sostenibilità sociale e ambientale dell’azienda, garantendo così un futuro solido per l’investimento iniziale».

«La costruzione di un brand forte richiede tempo, almeno dieci anni in molti casi, e un impegno costante. Non è sufficiente – ha ammonito Piero Mastroberardino – concentrarsi sulle vendita immediata e gioire per le cantine vuote. Bisogna piantare radici profonde nel settore. Questo richiede un cambiamento di mentalità: non si può adottare un approccio speculativo, entrando e uscendo dal mercato senza una visione chiara. Il successo del brand e dei vini premium si costruisce giorno per giorno, con scelte ponderate e coerenti».

PREMIUM WINES? «MENO ASPETTI TECNICI, PIÙ COINVOLGIMENTO DIRETTO»

Nonostante il periodo di crisi generalizzata dei consumi, Mastroberardino vede un futuro promettente nel segmento dei vini premium, caratterizzati da un costo medio di 50 euro o superiore. «Tuttavia – ha precisato – è fondamentale spostare l’attenzione negativa che oggi esiste attorno al tema dell’alcol verso l’educazione e l’offerta di esperienze ai consumatori. Coinvolgere il pubblico attraverso il contatto diretto con l’ambiente vinicolo, condividere la storia e le emozioni legate alla produzione, piuttosto che ormai inutili aspetti tecnici come il valore del ph e dell’acidità, permette di rafforzare il legame con il brand e far comprendere che il vero valore non risiede solo nel prodotto, ma in un’esperienza immersiva».

PIERO MASTROBERARDINO: «VINI PREMIUM? ALLE NUOVE CANTINE DICO CHE…»

Del resto, le aspettative dei consumatori sono cambiate. «Oggi le persone cercano esperienze più profonde, emozionali – ha concluso Piero Mastroberardino sempre in occasione del “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine” – che vadano oltre i dettagli tecnici. È qui che entra in gioco la capacità di raccontare la propria storia e la propria eredità, per costruire un dialogo autentico con i consumatori. Cosa suggerirei alle nuove cantine che vogliono produrre premium wines?

La costruzione di una storia e di un’identità di brand richiede tempo e dedizione. È fondamentale iniziare fin da subito con una visione di lungo termine. Investendo in attività che rafforzino il valore percepito, come “librerie di vini”, ovvero lo storico della produzione che consenta di organizzare degustazioni verticali. Ed evitando di pensare solo alla vendita immediata». Il segreto del successo, in sintesi, risiede secondo Piero Mastroberardino nella capacità di unire passato, presente e futuro in un percorso che sia sostenibile. E autentico. Piero Mastroberardino vini premium. VCR421 Antonio Mastroberardino.

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Redimore: l’Aglianico “VCR421 Antonio Mastroberardino” nel Registro delle Varietà

Sabato 20 febbraio 2021 il clone di AglianicoVCR421 Antonio Mastroberardino” è stato inserito nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, con la relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Un percorso tortuoso, quello della famiglia di origine campana, per vedere riconosciuto il clone di origine prefillosserica. Reimpiantato nel 2004, dà origine dal 2008 a un vino da singolo vigneto: Redimore, Irpinia Aglianico Doc.

Piero Mastroberardino accoglie così la notizia: «È per noi motivo di estrema soddisfazione, decima generazione alla guida della prestigiosa azienda irpina, il coronamento del lungo lavoro di mio padre Antonio, che per anni portò avanti un progetto ambizioso con il primario obiettivo di recuperare le caratteristiche originarie dei vitigni storici della Campania Felix, che per opera dell’uomo, in seguito alle scelte produttive di replicazione del materiale genetico, nel corso dei decenni andavano lentamente mutando».

UNA STORIA DI TENACIA

Erano gli anni Ottanta quando Antonio Mastroberardino si impegnava in una incessante attività di ricerca non soltanto sull’Aglianico, ma anche agli altri grandi vitigni del territorio. Come il Greco e il Fiano.

Sono gli inizi del nuovo millennio quando la cantina campana avvia una collaborazione con i Vivai Cooperativi Rauscedo. Obiettivo: individuare, classificare e infine registrare antichi cloni di Aglianico, sopravvissuti alla fillossera.

Un vero e proprio viaggio nel tempo – sottolinea Piero Mastroberardino – che ha visto in questo riconoscimento ufficiale non la tappa finale, ma semplicemente un fondamentale punto di svolta».

DAL CLONE AL VINO

Oggi è possibile assaporare un vino prodotto con il clone “VCR421 Antonio Mastroberardino” grazie a “Redimore“, Irpinia Aglianico Doc prodotto appunto dalla casa vinicola di Atripalda (AV).

«Sul piano affettivo – commenta Piero Mastroberardino – affiora la soddisfazione e l’orgoglio di aver portato a compimento un progetto che riporta nel calice quei caratteri che mio padre aveva conosciuto e amato e che per lui, come per tutta la mia famiglia, rappresentano l’essenza stessa dell’Aglianico».

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Carta dei vini al ristorante, indagine Nomisma: brand primo criterio di scelta

In tempi di pandemia il brand – in particolare delle aziende “storiche” – è rimasto uno dei principali criteri di scelta da parte dei ristoratori nella formulazione della propria carte dei vini (lo pensa l’84% degli intervistati), prima ancora dei premi sulle guide (63%) o della denominazione nota/famosa (52%). È quanto emerge da una ricerca di Nomisma Wine Monitor per l’Istituto Grandi Marchi sul mercato nazionale e i cui risultati definitivi saranno presentati – Covid permettendo – tra fine anno e inizio 2021.

“Il brand – afferma il professor Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto Grandi Marchi – gioca un ruolo importante per diverse ragioni, in primo luogo perché è un indice di affidabilità, e in un momento di così grande incertezza il cliente probabilmente ritiene opportuno adottare un approccio più prudenziale al processo d’acquisto”.

Inoltre – prosegue – ai brand noti è spesso associato un più elevato tasso di rotazione, che in una fase come questa è importante sia per la sua capacità di restituire efficienza in linea generale alla gestione, sia perché riduce il rischio di ritrovarsi un invenduto in cantina di un ristorante nell’ipotesi malaugurata di improvvisi provvedimenti restrittivi dell’operatività”.

Lo studio, sulla scia degli approfondimenti realizzati negli anni passati nell’ambito della collaborazione tra l’Istituto Grandi Marchi e Nomisma Wine Monitor, quest’anno si è concentrato sulle evoluzioni del mercato italiano ai tempi della pandemia, in particolare sui consumi di vino fuori-casa attraverso una doppia indagine: sui ristoranti e sugli Italiani che acquistano/consumano prevalentemente vino al di fuori delle mura domestiche.

Una prima anticipazione della ricerca ha messo in luce come, prima dell’ultima stretta imposta dal Governo, per arginare la diffusione dei contagi, il coronavirus avesse “piegato ma non spezzato” la ristorazione italiana, con circa un terzo degli intervistati che addirittura prevedeva un forte recupero delle vendite di vino, superiore ai valori del 2019, contro un 50% che comunque stimava un analogo livello ed un 17% che vedeva “nero”.

Pandemia e lockdown hanno comunque lasciato il segno. Per rispondere alle restrizioni imposte di sicurezza sanitaria solamente il 23% dei ristoranti intervistati ha potuto riaprire prima dell’estate mantenendo la medesima capacità operativa del pre-lockdown. Il restante 77% ha dovuto rinunciare a coperti e posti a sedere con il 12% costretto a una riduzione del 50%. Modifiche sostanziali anche dal punto di vista organizzativo, dagli investimenti nella formazione sulle nuove norme igienico-sanitarie (55%) al minor impiego di personale (40%) fino a cambiamenti nei menu e nella wine list (20%).

In questo caso specifico a farne le spese sono stati soprattutto i vini stranieri proposti in carta (il 23% dei ristoranti ha ridotto o addirittura eliminato le etichette estere proposte). Al contrario, i vini locali e/o dello stesso territorio del ristorante sono quelli ad aver subito “tagli” meno drastici, con l’11% dei rispondenti che ha dichiarato di avere addirittura aumentato il numero di tali referenze in carta.

Nel complesso, e fino alla settimana scorsa, il saldo nelle vendite di vino dei ristoranti intervistati evidenziava segno negativo dovuto principalmente alla riduzione della clientela. Una variazione che ha inevitabilmente comportato impatti sui produttori di vino: il 28% dei ristoratori ha dichiarato di aver ridotto il numero dei fornitori abituali, contro un 61% di chi li ha mantenuti costanti.

Se nel 2019 il 68% dei ristoranti effettuava gli acquisti di vino mediamente ogni settimana/mese, con la pandemia tale frequenza è arrivata ad interessare un minor numero di titolari (il 55%). Infine, sui trend che si consolideranno nel settore nei prossimi anni, si riscontrano molte analogie con quanto sta accadendo nella società civile e nei principali settori economici.

Tra i principali cambiamenti indotti dal coronavirus – evidenzia Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor – e che si manterranno anche nei prossimi anni, figura la digitalizzazione, considerata soprattutto in ambito promozionale e gestionale, dalla presenza sui social network alle modalità di prenotazione on-line fino ai rapporti con i fornitori. Lo dichiara un ristoratore su quattro, accanto ad una gestione più efficiente degli spazi”.

Ma più di tutte, questa pandemia dovrebbe lasciare negli Italiani una maggior consapevolezza riguardo al valore che la ristorazione esprime, sia in termini di qualità dei cibi e dei vini offerti che dei risvolti socioeconomici che lo stesso settore produce sull’intera filiera agroalimentare. Questo almeno era il convincimento del 65% dei ristoratori intervistati, prima dell’ultimo Dpcm che ha introdotto ulteriori restrizioni nelle attività dei pubblici esercizi.

Evidentemente a questo punto resta da capire come evolverà, forse già nelle prossime ore, la situazione di un canale che, va ricordato, incideva fino all’anno scorso per circa un terzo sulle vendite a volume di vino nel nostro Paese.

L’indagine è stata realizzata nel periodo 22 settembre – 23 ottobre 2020 e ha coinvolto 124 ristoranti italiani, localizzati per il 31% nel Nord Est, per il 27% nel Nord Ovest, il 24% nel Centro e il 18% nel Sud del Paese. La media delle etichette presenti nella carta dei vini del campione è pari a 420, il 77% degli intervistati propone un menù degustazione e il prezzo medio di tale menù è di 65 euro. Il 94% dei ristoranti intervistati è segnalato almeno in una delle principali guide di settore.

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“No a Vinitaly 2020” anche dal Consorzio Tutela Vini Alto Adige

Il Consorzio Vini Alto Adige ha chiesto il rinvio di Vinitaly 2020 al 2021. Lo rende noto la produttrice altoatesina Ines Giovanett, in mancanza di una nota ufficiale dell’ente che sarà presumibilmente diffusa domani.

“Siamo tutti d’accordo che la fiera non avrebbe senso da un punto di vista santirio – commenta – per non parlare dei visitatori mancanti. Mi dispiace per le perdite che avrà la città di Verona e Veronafiere ma bisogna prendere come esempio il ProWein e spostare la fiera al 2021″.

Con i collegamenti internazionali inibiti, anche per Piero Mastroberardino, presidente del gruppo Vini di Federvini e dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità, “non ci sono le condizioni per assicurare agli espositori e ai partecipanti un evento di livello internazionale nel solco della storia di Vinitaly”.

“La professionalità e l’autorevolezza di Veronafiere – aggiunge l’esponente Federvini al termine di un’ampia consultazione – vanno convogliate verso iniziative di rilancio del settore”. Superato l’isolamento legato al contagio, sarà necessario ripartire con eventi di tipo istituzionale con gli attori del comparto uniti per essere pronti a ripartire”.

“Potremo raccogliere, con Veronafiere, gli sforzi che il Governo e il Parlamento stanno compiendo per il sostegno alle filiere del Made in Italy”. Una strategia che coinvolga le istituzioni e poi le imprese, una volta ristabilite condizioni commerciali sostenibili”, conclude l’imprenditore campano.

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L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi fa tappa a Shanghai e Hong Kong


L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi farà tappa in Cina, a Shanghai e Hong Kong, per il suo appuntamento più importante e rappresentativo dell’anno. In campo le 19 aziende icona, che dal 2004 promuovono e valorizzano insieme il brand Italia nel mondo. Un dream team di produttori top quello che si prepara a sbarcare a Shanghai e Hong Kong dal 4 al 6 giugno in rappresentanza dell’eccellenza enoica tricolore.

Dopo aver toccato nel 2018 grandi metropoli come Mosca, Tokyo, San Pietroburgo, Toronto, Miami, Londra, San Francisco, Milano, Berlino, Zurigo e in ultimo Houston, Boston e New York, saranno dunque due delle città più dinamiche e interessanti dell’Asia a ospitare l’evento istituzionale IGM.

Come da tradizione sono previsti seminari di approfondimento, degustazioni guidate da esperti internazionali e dagli stessi titolari delle cantine associate e due walk around tasting. Il tutto con l’obiettivo di diffondere e valorizzare la conoscenza sulla vitivinicultura eccellente del nostro Paese ma anche di rafforzare le quote del vino tricolore in un mercato riconosciuto come il più promettente a livello mondiale, seppur ad oggi fortemente presidiato dalla Francia ma che, negli ultimi anni, ha visto crescere prepotentemente l’Australia.

Basti infatti pensare che in Cina, sempre nel 2018, i francesi hanno rappresentato il 37% del valore di tutto il vino importato (ma era il 42% appena due anni prima), mentre gli australiani sono contestualmente passati dal 24% al 27% di quota.

“Quest’anno abbiamo scelto di fare tappa a Shanghai e Hong Kong – spiega Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi – con lo scopo di testimoniare, attraverso la nostra presenza diretta e la nostra attività, la cultura della qualità che caratterizza il vino italiano su un mercato, quello cinese, che è in rapida evoluzione”.

“Shanghai, in particolare – continua Mastroberardino – è la città cinese più ricca, dinamica, moderna e cosmopolita che più di ogni altra anticipa le tendenze, mentre Hong Kong, seppur non più città-stato come un tempo, rimane una delle piazze asiatiche più importanti sul piano finanziario e dei beni di lusso e per il vino un hub logistico importante e di riferimento per gran parte dell’Asia”.

IL CONSUMO DI VINO IN CINA
In generale il consumo di vino in Cina nel giro dell’ultimo decennio è più che raddoppiato ed il vino italiano, secondo i dati Wine Monitor relativi ai vini imbottigliati, occupa in valore il quinto posto dopo Francia, Australia, Cile e Spagna con una quota di mercato del 6%.

“C’è quindi molto lavoro da fare – commenta ancora il numero uno dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi – ed è necessaria un’azione che, accanto agli sforzi messi in campo da un paio di anni dal Mise attraverso l’Ice e il tavolo di concertazione con le categoria, affianchi la presenza più diretta delle aziende. Proprio in questa ottica si inserisce il nostro evento istituzionale, non a caso il più importante dell’anno in quanto vede la presenza di tutte le cantine associate, ciascuna rappresentate da un membro della famiglia titolare”.

Alois Lageder, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Antinori, Argiolas, Col d’Orcia, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi.

E così composta la locomotiva dell’Igm Asia Tour 2019, che si prepara a partire il 4 giugno alla volta del Ritz-Carlton Pudong di Shanghai per poi arrivare il 5 e 6 giugno a Hong Kong, prima al James Suckling Wine Central, per un incontro di benvenuto, e successivamente al Four Seasons Hotel.

Ad aprire entrambi gli appuntamenti saranno i seminari e le degustazioni guidate – riservati a stampa di settore, trade e pubblico professionale – che porranno l’accento sulle etichette più rappresentative di ciascuna azienda in una sorta di viaggio nell’Italia del vino di qualità e delle sue peculiarità territoriali condotto da due ‘esploratori’ d’eccezione: Ying Guo (nella foto) una delle più autorevoli sommelier cinesi, e Jeannie Cho Lee, la prima Master of Wine asiatica.

Ai vini top IGM già presenti sul mercato o che stanno per essere introdotti, invece, sono dedicati i due walk around tasting a chiusura di giornate. Quattro, in particolare, i prodotti di ciascuna cantina che saranno protagonisti di questi intriganti banchi d’assaggio aperti esclusivamente a buyer, FB manager, ristoranti, wine bar e club, sommelier e opinion leader.

L’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, attualmente presieduto da Piero Mastroberardino, comprende 19 tra le più rappresentative aziende del Belpaese: Alois LagederAmbrogio e Giovanni Folonari TenuteAntinoriArgiolasCol d’OrciaCa’ del BoscoCarpenè MalvoltiDonnafugata, Gaja, JermannLungarottiMasiMastroberardinoMichele ChiarloPio CesareRiveraTasca d’AlmeritaTenuta San GuidoUmani Ronchi. Una compagine in grado di esprimere un fatturato di 560 milioni di euro e un valore delle vendite all’estero pari al 6% dell’intero export enologico tricolore.

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Analisi e Tendenze Vino

Master of Wine 2019: aperte le iscrizioni per l’Italia


MAGRÈ –
Partirà dall’Alto Adige la scalata per ottenere la qualifica più prestigiosa nel mondo del vino. Dal 24 al 26 maggio la Tenuta Alois Lageder a Magrè (BZ) ospiterà l’ottava edizione italiana della MW Residential Master Class per aspiranti Master of Wine, promossa dalla prestigiosa Accademia londinese in partnership con l’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi.

Una tre giorni di alta formazione, l’unica nel nostro Paese, che permetterà di avvicinarsi alle tecniche di degustazione e alle abilità analitiche fondamentali per accedere al selettivo study programme dell’Istituto che partirà a giugno.

Target principale della Master Class sono, non a caso, tutti i professionisti del vino che desiderano approfondire l’approccio di degustazione dei MW, con all’attivo almeno tre anni di esperienza in ambito vitivinicolo o con una qualifica di settore.

Si tratta di un corso propedeutico molto esclusivo – spiega Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi –  che per l’ottavo anno consecutivo organizziamo in Italia grazie alla proficua collaborazione avviata nel 2011 con l’Institute of Masters of Wine.

Un sodalizio in linea con la mission che da sempre ci contraddistingue, vale a dire proporci come portabandiera e apripista dell’intero settore sui mercati internazionali, consolidati e emergenti, attraverso attività di formazione e promozione volti alla valorizzazione del brand Italia di qualità”.

“Per farlo – continua Mastroberardino – abbiamo ad oggi già organizzato più di 380 eventi in giro per il mondo, coinvolgendo oltre 67 mila operatori, opinion leader e decision maker, e avviato importanti partnership proprio per fornire una spinta decisiva all’immagine del vino tricolore e, nello specifico, un contributo importante per provare a dare finalmente all’Italia il suo Master of Wine”.

IL PROGRAMMA 2019
Prosegue dunque l’impegno itinerante dell’Istituto Grandi Marchi per la promozione della cultura del made in Italy enoico di qualità. Dopo Antinori in Toscana, Michele Chiarlo in Piemonte, Masi in Veneto, Lungarotti in Umbria, Mastroberardino in Campania, Donnafugata in Sicilia e Umani Ronchi nelle Marche, a fare da teatro dell’edizione 2019 sarà il salotto del produttore altoatesino, Alois Lageder.

Questa volta in presenza dei MW Caro Maurer e Jonas Tofterup che condurranno, rigorosamente in lingua inglese, dodici intense sessioni di lavoro, tra pratica e teoria. Diverse le tematiche legate al mondo del vino e al programma d’esame dell’IMW che saranno affrontare nel corso della full immersion, con un’attenzione particolare al potenziamento delle abilità di scrittura, degustazione e comunicazione.

Si comincia venerdì 24 maggio con gli incontri introduttivi sull’approccio di degustazione in stile MW e sulla storia del prestigioso Istituto, fondato a Londra nel 1955 e oggi punto di riferimento per la formazione dei più qualificati ed influenti esperti internazionali di vino (attualmente annovera 384 membri provenienti da 30 Paesi).

Sabato 25, invece, si entra nel vivo con i focus su varietà, stili e tendenze nell’enologia internazionale, posizionamenti di vendita, tecniche di scrittura e vinificazione. Chiudono la Master Class, le sessioni cucite su misura per approcciare concretamente all’esame di ammissione allo study programme dell’Institute of Masters of Wine.

Il programma, che prevede le degustazioni di un numero considerevole di vini provenienti da diverse regioni del mondo, è arricchito inoltre dalla visita della Tenuta Alois Lageder con l’assaggio dei prodotti aziendali, ma anche da pranzi e cene, intesi come ulteriori opportunità di tasting guidati da MW e produttori.


8^ MW Residential Master Class in breve

Sede: Alois Lageder -Tòr Löwengang, Vicolo dei Conti 9, 39040 Magrè (BZ); www.aloislageder.eu
Data: 24-26 maggio 2019
Rivolto a: tutti i professionisti fortemente motivati ad approfondire il mondo e la cultura del vino (per essere ammessi è necessario avere almeno tre anni di esperienza in ambito vitivinicolo o essere in possesso di una qualifica di settore).
Costo: 550,00 € + IVA (tutti coloro che parteciperanno alla Masterclass introductory potranno usufruire di uno sconto sulla quota di iscrizione all’esame di accesso allo Study Programme dell’Institute of Masters of Wine)
Per informazioni scrivere a: Giovanna Zullo – g.zullo@iem.it
Per registrarsi occorre accedere al form on linehttps://form.jotform.com/90292493617968

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Vini premium italiani in Germania: cresce il valore, calano i consumi al ristorante

ROMA – Al ristorante, in Germania, si beve meno vino italiano di fascia alta ma si spende di più rispetto al passato. A dirlo è lo studio “Tendenze e prospettive per i fine wines italiani presso la ristorazione tedesca”, commissionato dall’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi all’Osservatorio Wine Monitor di Nomisma e presentato oggi a Roma nella sede dell’Associazione stampa estera (scaricabile integralmente qui).

Sotto la lente, 200 ristoranti (di cui il 78% di fascia medio-alta) segnalati dalle principali guide di settore e un campione di 1000 consumatori che normalmente bevono vino fuori casa.

Due filoni d’indagine da cui emerge come principale tratto comune una vera e propria ‘svolta campanilista’ verso lo stile alimentare tradizionale tedesco a discapito di quello straniero. Di fronte alla scelta del vino da inserire in carta, infatti, il 34% dei ristoratori sceglie principalmente in base all’origine tedesca e poi alla popolarità del vitigno (33%) e alla notorietà del brand (23%).

Sul versante dei consumatori, l’acquisto dei vini premium al ristorante (prezzo a bottiglia superiore ai 30 € per i bianchi e ai 40€ per i rossi) segue il criterio della tipologia (23%) e quello del territorio di produzione (21%) con in testa, nell’ordine, Germania, Francia e Italia.

Senza alcuna sollecitazione da parte degli intervistatori, i clienti dei ristoranti tedeschi coinvolti dall’indagine sono stati in grado di indicare solo alcune tipologie di vino italiano: Chianti, Lambrusco, Barolo, Primitivo e Montepulciano, a riprova del buon lavoro compiuto dai Consorzi, dai produttori e al netto della notorietà già acquisita da queste denominazioni.

Più in generale, su 2,5 miliardi di euro di vino importato nel 2017 in Germania, terzo mercato più importante dopo Usa e UK, il 36% è made in Italy. Negli ultimi cinque anni, in linea con il trend globale, i vini fermi imbottigliati provenienti dall’Italia sono calati in volume del 10%.

Ma hanno comunque registrato una quasi equivalente crescita in valore (+9,8%), a riprova di un evidente riposizionamento qualitativo in un Paese come la Germania, che dal canto suo sta riscoprendo una predilezione verso i local wine, bianchi in testa.

IL COMMENTO
“Nell’ultimo quinquennio – spiega Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor – si sta assistendo ad un calo dei livelli di consumi (-1,5%) che rischia di diventare strutturale per diverse ragioni. Prima tra tutte, la mancata sostituzione generazionale tra i consumatori stessi”.

“Come per il mercato italiano, la popolazione tedesca che invecchia sta aumentando e, di conseguenza, beve meno, mentre i più giovani prediligono la birra, avvicinandosi al vino in età più matura. A ciò va aggiunta la riscoperta dei vini locali, che sta spingendo il consumatore a guardare sempre meno ai prodotti stranieri”.

“Non a caso, mentre l’import dei vini imbottigliati scende di oltre il 4% a volume, il consumo di vino tedesco tra il 2012 e il 2017 è cresciuto del 3%. Ma c’è poi una terza motivazione legata invece alla percezione del vino tricolore, che evoca tra i consumer essenzialmente un concetto di convivialità, mentre invece non sembra soddisfare a pieno il rapporto qualità-prezzo”, continua Denis Pantini.

“Emerge infatti che per molti degli intervistati i vini made in Italy proposti dalla ristorazione evidenziano prezzi in crescita non giustificata da incrementi qualitativi o legati all’innovazione. Va da sé quindi che il 53% dei ristoratori (63% tra quelli di fascia alta) dichiara di aver aumentato le vendite di vini tedeschi, malgrado gli italiani siano quelli maggiormente diffusi nelle wine list (li ha in carta l’88% degli esercizi intervistati)”.

Secondo l’indagine, sono dunque i teutonici, premium compresi, a primeggiare per il livello qualitativo percepito (35% delle preferenze), seguiti dai francesi (33%) e con distacco dagli italiani (14%). Una valutazione che trova corrispondenza anche nei rispettivi livelli di consumo.

Ma a detta dei ristoratori, la voglia dei clienti di bere sempre meno vini provenienti da altri Paesi, Italia inclusa, dipende principalmente dalla mancata conoscenza: basti pensare che alla domanda rivolta ai consumatori away from home su “quale vino italiano hanno bevuto nell’ultimo anno”, ben 6 su 10 non sono stati in grado di indicare né un brand né una denominazione.

In tal senso, sia per i ristoratori che per i consumatori interpellati, risulta quindi strategica l’organizzazione di eventi e degustazioni, anche se la proposta di inserire in carta brand che non si trovino contestualmente nei supermercati è in cima alle priorità espresse dal 35% dei ristoranti monitorati. Senza però dimenticare che in Germania, oltre l’80% dei vini viene venduto nei canali off-trade, discount in primis.

“Da tempo avvertiamo questo gap e anche un cambio di rotta sul mercato tedesco, ormai in continua evoluzione – dichiara Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi, che riunisce diciannove tra le più importanti cantine del Belpaese – e l’indagine che abbiamo commissionato a Wine Monitor di Nomisma ci fornisce una conferma inequivocabile sul fatto che occorre lavorare sempre più sulla promozione, con azioni mirate sulla ristorazione, che di fatto rappresenta il principale canale di vendita dei fine wines in Germania.

“Negli ultimi anni – conclude Mastroberardino – abbiamo già organizzato diverse iniziative a Berlino, Amburgo, Colonia e Monaco alla presenza degli stessi produttori, proprio per raccontare in prima persona e far conoscere ulteriormente la tradizione, la cultura e l’altissima qualità del made in Italy enologico che la nostra compagine è in grado di rappresentare al meglio. Ma è evidente che occorre intensificare gli sforzi, perché il consumatore tedesco ha bisogno di conoscere la nostra grande varietà e i diversi territori di appartenenza”.

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Analisi e Tendenze Vino

VinoVip: buona la prima a Forte dei Marmi

Il 18 giugno si è svolta a Forte dei Marmi la prima edizione di VinoVip al Forte, versione balneare dello storico summit di Cortina d’Ampezzo organizzato da Civiltà del bere.

La sfida non era delle più facili e le attese davvero alte, ma i numeri e l’eco di commenti positivi parlano di un grande successo.

Oltre duecento persone hanno partecipato al convegno “Wine and Money, prospettiva globale“, di scena a Villa Bertelli; mentre la sera, a partire dalle 18, più di 600 ospiti hanno calcato il salone e il primo piano della celeberrima Capannina di Franceschi, dove si è tenuto il Grand tasting.

WINE&MONEY, PROSPETTIVA GLOBALE
Dopo l’inaugurazione, la mattinata si è aperta con il convegno “Wine & Money, prospettiva globale”, nel giardino d’inverno della Fondazione Villa Bertelli. I lavori sono stati introdotti dall’economista americano Mike Veseth, autore della newsletter settimanale The Wine Economist, che ha parlato del delicato rapporto tra vino e denaro.

In un mondo che, volenti o nolenti (che si esporti o meno), vede il viticoltore contemporaneo immerso nel business globale, Veseth individua 4 tendenze in atto da seguire:

#1 Follow the money, cioè individuare i mercati in crescita come Usa e Cina, e mettere a punto azioni di penetrazione veloci e incisive.

#2 Premiumization, la propensione tra i consumatori (sopratutto statunitensi, nda) all’acquisto di prodotti di livello di prezzo superiore.

#3 Return to the brand, la predisposizione a voler produrre un marchio forte.

#4 The rise of identity wine brands, anche se la nascita di brand identitari non sempre porta alla creazione di prodotti di qualità.

GLI INTERVENTI
A seguire gli interventi “di casa nostra” suddivisi in 4 tematiche. Su “Le sfide dell’Italia enoica” si è espresso Angelo Gaja, portando anche la sua esperienza personale negli Usa.

Gaja ha parlato della difficoltà di far crescere il valore del prezzo medio al litro del vino italiano all’estero. Ancora oggi la chiave di volta risiede nel marketing, che vede investimenti insufficienti.

Per concludere con l’auspicio della creazione di un nuovo evento a Milano (e poi itinerante) per trasmettere lo stile di vita e la cultura italiani a livello internazionale.

Una frase sottolineata anche ieri, in occasione della presentazione della prima “Settimana del vino” a Milano, la Milano Wine Week.

Il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano ha poi esortato a capire il valore dell’innovazione, per poter affrontare le sfide più importanti per il mondo vitivinicolo: il cambiamento climatico e la sostenibilità. Per Giuseppe Tasca “non bisogna demonizzare il denaro, e nella propria attività bisogna mettere anche la propria faccia, la cultura e un animo personale”.

L’accurata analisi di Denis Pantini di Nomisma sull’export italiano negli ultimi 5 anni, sul tema de “Le rotte del vino globale”, ha evidenziato la crescita dei vini spumanti, rispetto alle altre tipologie.

Focus sulle dinamiche di 4 piazze interessanti per l’Italia: Usa, Cina, Germania e Svezia. Marina Cvetic di Masciarelli ha parlato della sua esperienza positiva nei mercati dell’Est Europa e del timore di approcciarsi a Paesi come la Cina, dove c’è poca tutela del Made in Italy. Nadia Zenato ha citato Usa e Russia, come piazze già conquistate, e la Cina tra le sue nuove frontiere.

Alcuni produttori hanno in seguito raccontato diversi modelli di gestione della propria azienda. Allegra Antinori ha illustrato il Trust, a cui l’azienda di famiglia si è affidata per tutelare la propria esistenza nel lungo periodo (fino a 90 anni). Elvira Bortolomiol ha portato l’esperienza di una realtà tutta al femminile (costituita da 4 sorelle), che investe sulla qualità del proprio prodotto all’insegna della sostenibilità. Massimo Ruggero di Siddùra è un ex costruttore che si è convertito alla vitivinicoltura in Gallura, dedicandosi a valorizzare la propria identità territoriale.

Dei “Punti di forza, di debolezza, opportunità e rischi del Sistema Italia”, ha parlato Piero Mastroberardino (Federvini), affrontando anche il tema delle difficoltà del Sistema Italia, che “sono strutturali”.

La dimensione è un fattore facilitatore dei conti in azienda. Ma più si è piccoli, più si soffre. Il fatto che la maggior parte delle aziende italiane siano medio-piccole rende difficile, per esempio, ottenere finanziamenti, dotarsi di un management di alto livello o andare all’estero.

Ernesto Abbona (Unione italiana vini) avverte un’esigenza di semplificazione, pur essendo consapevole che la realtà imprenditoriale italiana è anche legata al territorio e, quindi, diversificata. Le imprese private creano valore, così come le forme associative che le comprendono, come i Consorzi.

IL PREMIO KHAIL 2018 A CESARE PILLON
VinoVip al Forte è stata occasione per  ricordare il fondatore di Civiltà del bere: Pino Khail. Dal 2011, anno della sua scomparsa, è stato istituito un Premio alla sua memoria. “Per aver raccontato il vino, nelle sue svariate sfaccettature, con competenza e scrittura raffinata, con ironia e precisione”, il giornalista Cesare Pillon, storica firma del vino italiano, ha ricevuto il Premio Khail 2018.

“Collaboratore assiduo della rivista fondata da Pino Khail, con lui ha condiviso l’idea che l’impegno degli imprenditori vinicoli andasse massimamente valorizzato, considerata l’importanza del loro prodotto per la cultura e l’economia della nostra civiltà”, ha spiegato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, consegnando la targa commemorativa a uno stupito e commosso Cesare Pillon, omaggiato dalla standing ovation dei 200 ospiti a Villa Bertelli.

IL MANUALE DI CONVERSAZIONE VINICOLA
Il Giardino d’Inverno di Villa Bertelli ha quindi ospitato la presentazione del libro “Manuale di Conversazione Vinicola”, l’ultima opera del giornalista Cesare Pillon. Come ha spiegato il direttore Alessandro Torcoli: “Abbiamo deciso di riunire i vocaboli dell’omonima rubrica, uscita su Civiltà del bere tra il 2007 e il 2013. In tutto 175 lemmi, elencati in ordine alfabetico, che raccontano il mondo del vino con precisione, ma anche fine ironia, che da sempre contraddistingue la scrittura del maestro Pillon”.

Il dizionario, dalla A di “Abbigliamento”, ovvero “packaging delle bottiglie” alla Z di “zuccheraggio”, ossia il dosaggio per le bollicine, spiega i termini chiave dell’enologia, rivelando i paradossi e le mode che hanno attraversato il settore.

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Analisi e Tendenze Vino

VinoVip al Forte: summit di grandi nomi alla Capannina

FORTE DEI MARMI – Dalle Alpi dolomitiche alle Apuane, ovvero da Cortina al litorale di Forte dei Marmi. La storica rivista enologica italiana Civiltà del bere si prepara al lancio di un nuovo evento originale e raffinato. La ventennale manifestazione VinoVip, che riunisce a Cortina d’Ampezzo negli anni “dispari” i grandi nomi dell’enologia e produttori emergenti, nell’estate 2018 approda sul lido del Forte.

VinoVip ospita in Versilia il Gotha della produzione enologica italiana, con aziende vitivinicole top, tra grandi firme (i Protagonisti alla Capannina di Franceschi) e una selezione di “Challenger”, le nuove Sfide italiane.

VinoVip non è solo una degustazione, ma una giornata di confronto durante la quale si danno appuntamento nomi di fama internazionale, in una delle mete turistiche più amate.

L’evento culminerà con un wine tasting alla Capannina di Franceschi, luogo di culto profano e simbolo dell’estate italiana, che per la prima volta ospiterà una degustazione di vini pregiati. Il Comune di Forte dei Marmi ha accolto con entusiasmo l’idea di un’edizione di VinoVip al Forte.

“Forte dei Marmi – ha dichiarato il sindaco Bruno Murzi – è una realtà unica a livello nazionale: in un territorio di appena 9 km quadrati troviamo ben quattro ristoranti stellati che sono un vanto per la città e per l’amministrazione comunale, che li ha recentemente insigniti con un premio. Anche in virtù di questo, sono particolarmente felice di poter ospitare VinoVip, un prestigioso evento a completamento della tradizione di eccellenza dell’arte culinaria di Forte dei Marmi”.

IL PROGRAMMA
La giornata del 18 giugno si aprirà con il convegno, di estremo interesse per i professionisti e i cultori del grande vino: “Wine&Money, prospettiva globale”, introdotto dall’economista divulgatore americano Mike Veseth, fondatore della fortunata newsletter The Wine Economist. Il convegno sarà diviso in quattro tempi, ciascuno dei quali prevede un apripista che inquadrerà l’argomento, seguito poi dagli interventi degli imprenditori protagonisti di VinoVip. I temi (e gli apripista) sono:
1. “Le sfide dell’Italia enoica”. Introduce Angelo Gaja
2. “Le rotte del vino globale”. Introduce Denis Pantini di Nomisma
3. “Imprese da gestire”. Introduce Ettore Nicoletto, amministratore delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo
4. “Punti di forza, di debolezza, opportunità e rischi del Sistema Italia”. Introduce Piero Mastroberardino.

Al termine del convegno sarà annunciato il vincitore della quinta edizione del Premio Pino Khail “per la valorizzazione del vino italiano”, in precedenza conferito a Lucio Caputo, Lucio Tasca, Piero Antinori e Pio Boffa (Pio Cesare).

Seguirà la presentazione del libro “Manuale di conversazione vinicola” scritto dal decano dei giornalisti del vino, Cesare Pillon, entrambi presso la storica Fondazione Villa Bertelli.

Chiude l’evento il Grand Tasting della Capannina (dalle 18 alle 22) con i 52 Protagonisti di VinoVip al Forte 2018: sarà l’occasione per assaggiare i vini delle aziende che hanno scritto la storia di uno dei prodotti simbolo del made in Italy.

E alla Capannina non può mancare la migliore musica, con una “play list” ideata dal sound sommelier Paolo Scarpellini, collaboratore di Civiltà del bere, che abbinerà brani musicali alle etichette presentate, uno per ciascun produttore vinicolo protagonista.

“Da tempo desideravamo trovare un’alternativa ‘marittima’ al nostro fortunatissimo VinoVip Cortina – ha dichiarato Alessandro Torcoli, editore e direttore della rivista – evento di punta di Civiltà del bere da 20 anni. Abbiamo finalmente trovato in Forte dei Marmi il luogo ideale. Le affinità tra le due località di villeggiatura sono molte: eleganza, esclusività, qualità, fama internazionale”.

VinoVip al Forte si avvale del servizio dei sommelier di Ais Toscana. “Siamo da sempre con entusiasmo e professionalità al fianco dei principali eventi di promozione e diffusione della cultura del bere”, afferma il presidente Ais Toscana Osvaldo Baroncelli.

“Una manifestazione così importante come VinoVip – continua – che dalle Dolomiti approda in Versilia, nella nostra regione che ha nel Dna la cultura enologica, è un grande appuntamento di confronto per gli addetti ai lavori e di degustazione per i wine lovers”.

“È un contesto unico – conclude Baroncelli – e siamo onorati di collaborare a questo evento di Civiltà dal bere, la più longeva rivista di settore, nonché oggi importante network di comunicazione sul vino”. A VinoVip al Forte saranno presenti alcune tra le aziende più blasonate d’Italia.

LE CANTINE PRESENTI A VINOVIP AL FORTE
Marchesi Antinori, Tenuta Artimino, Guido Berlucchi, Bertani Domains, Bisol, Bortolomiol, Bottega, Castello di Querceto, Conte Vistarino, Famiglia Cotarella, Cleto Chiarli, Cuvage, Dievole, Domini Castellare di Castellina, Cantine Due Palme, Livio Felluga, Cantine Ferrari, Feudi di San Gregorio, Ambrogio e Giovanni Folonari, La Vis.

E ancora: Librandi, Marchesi di Barolo, Masciarelli, Masi Agricola, Mastroberardino, Mezzacorona, Pasqua, Petra, Pio Cesare, Planeta, Rocca delle Macìe, Ruggeri, Tenuta San Guido, Tenuta Santa Caterina, Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Cantine Settesoli, Tasca d’Almerita.

Infine: Tenuta di Trinoro/Passopisciaro, Tommasi Family Estates, Torre Rosazza, Umani Ronchi, Velenosi, Villa Matilde, Vite Colte, Zenato. I challenger: Eleva, La Viarte, Monteverro, Poggio Cagnano, PuntoZero, Siddura, Tenuta di Fiorano.

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news ed eventi

Testo Unico, Castelletti (Uiv): “Serve confronto sano per decreti attuativi”

Continua a far discutere il Testo Unico del Vino, diventato legge a novembre 2016. Ultima occasione di dibattito al convegno “Il vino italiano tra aspettative e cambiamento. Un’analisi approfondita alla luce del Nuovo Testo Unico sul Vino”, promosso dall’Associazione Italiana Sommelier con il patrocinio del Mipaaf, tenutosi oggi a Roma nella Sala Cavour del Ministero della Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, alla presenza del Vice Ministro Andrea Olivero.

“Dalla sua entrata in vigore – ha commentato Paolo Castelletti (nella foto), Segretario Generale di UIV, Unione Italiana Vini –  il Testo Unico sta già dando buoni frutti e molte aziende ne stanno beneficiando. È chiaro che non si tratta di una mera raccolta normativa, ma di un testo organico che ha reso coerente la normativa di settore, in precedenza caratterizzata da diverse situazioni di contrapposizione e di difficile interpretazione, e ha introdotto importanti semplificazioni legislative, con l’obiettivo di rendere la vita meno complicata alle aziende, spesso troppo impegnate rispetto alla mera gestione della documentazione. Tutto ciò senza far venir meno l’efficacia del controllo”.

“Per rendere il Testo Unico pienamente operativo – ha proseguito Castelletti – serve ora la tempestiva emanazione dei decreti attuativi che andranno a normare nei dettagli temi fondamentali. Come è stato per l’approvazione del Testo, auspichiamo che la filiera si mantenga compatta anche in questa fase di confronto con il Ministero e continui lo stesso confronto sano, reale ed etico della fase iniziale, visto che i regolamenti attuativi rappresentano un percorso strategico tanto quanto la norma generale stessa”.

Sempre secondo Castelletti, “rispetto al percorso di approvazione, oltre al Ministero e alla filiera andrebbero coinvolte le due Camere del Parlamento e la Conferenza Stato Regioni, in una logica di condivisione che permetta di accelerare i tempi e dare così piena efficacia alla più importante disciplina del nostro settore”.

FOCUS
Il Testo Unico racchiude l’intera disciplina del comparto in 91 articoli e aspira a costituire un esempio di regolamentazione certa e completa a livello europeo, in termini di innovazione e semplificazione delle procedure e dei processi all’interno del settore. Proprio per questo il dibattito è ancora aperto.

Alla tavola rotonda, moderata dal Presidente dell’AIS Antonello Maietta, oltre al Vice Ministro Andrea Olivero, erano presenti: Oreste Gerini, Direttore Generale dell’ICQRF; Riccardo CotarellaPresidente di Assoenologi; Piero Mastroberardino, Presidente del Gruppo Vino di Federvini e dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità – Grandi Marchi; Vito Intini, Presidente dell’ONAV e coordinatore della Consulta del Vino, e Antonio Rossi responsabile del servizio giuridico e normativo dell’Unione Italiana Vini, che ha evidenziato e illustrato i decreti contenuti nel Testo Unico, ponendo l’accento sulla “necessità di completare il quadro normativo con i decreti attuativi previsti della legge 238/2016 ai quali è strettamente collegata la reale applicazione delle nuove disposizioni”.

I PROSSIMI PASSI
“Nei prossimi mesi – ha spiegato Rossi – il Mipaaf dovrà emanare nuovi decreti attuativi o provvedere a modificare e integrare i decreti vigenti non più coerenti con la legge 238/2016. La mole di lavoro è notevole, ma la sfida è decisiva per dotare il settore di norme operative più snelle e rispondenti alla realtà del comparto
. Ci sono decreti che dovrebbero essere approvati nel giro di qualche mese. In particolare il Testo Unico ha disposto una semplificazione nei controllo dei vini a DOP con produzioni inferiori ai 10 mila ettolitri annui ed è necessario prevedere le relative modalità applicative, così come nelle procedure dei controlli si dovrà tener conto dei nuovi registri dematerializzati per ridurre gli adempimenti burocratici delle aziende”.

“Altro decreto urgente – ha concluso Rossi – è quello ai sui sistemi informatizzati di controllo, perché la legge 238 ha introdotto un sistema telematico di controllo e tracciabilità, alternativo al contrassegno di stato per i vini confezionati a Doc e Igt ed è urgente rendere operativa tale possibilità definendo le disposizioni attuative. Anche il decreto sullo schedario viticolo – conclude Rossi – dovrà essere rivisitato per avere un miglior rilevamento e gestione dei dati delle superfici vitate e per la messa a disposizione dei dati stessi”.

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