colline teramane vini bianchi. Vini che reggono la sfida del tempo, a volte in modo inaspettato. È ormai sdoganata l’idea che anche i vini bianchi possano invecchiare, ma gli esempi di “bianchi da invecchiamento” sono, bene o male, sempre gli stessi. Si è soliti pensare a determinati vitigni in determinate regioni. L’ultima edizione di Focus Colline Teramane è stata l’occasione per sperimentare come (anche) i bianchi di questa porzione d’Abruzzo sappiano “dare del tu” alle lancette dell’orologio. Due aziende storiche del territorio, Cerulli Spinozzi e Faraone. Due vitigni territoriali, Trebbiano di Teramo (nome locale della Passerina) e Pecorino. Dieci vini in tutto, per un arco temporale di 25 anni. Un quarto di secolo racchiuso nella scorrevolezza e nella semplicità.
Per Cerulli Spinozzi, già Miglior Cantina Sud-Italia per la Guida Winemag 2023, Pecorino 100% da singola vigna. La vinificazione avviene in acciaio, legno e fermentazione malolattica sono state abbandonate nel 2012 per preservare freschezza ed identità del vitigno. Affinamento sulle fecce fini per circa 8 mesi. colline teramane vini bianchi.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2022
Immediato e invitante. Naso intenso su note di fiori freschi e frutta bianca. Molto ricca la componente agrumata che spazia dal limone al cedro al bergamotto. In bocca è pieno ma scorrevole. Morbido e molto sapido con una spiccata vena acida, quasi citrica.https://www.cerullispinozzi.it/
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2020
L’evoluzione rispetto al 2022 è leggera e già lascia presagire la longevità di questo vino. Le note di frutta si fanno più importanti. Pesca e albicocca che accompagnano le note agrumate già sentite nel 2022. In bocca l’acidità è più integrata mantenendo una viva freschezza.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2019
Un calice coinvolgente. Naso che si arricchisce di note tropicali con la fresca pungenza dell’ananas che in parte sostituisce la componente agrumata. Appaiono le prime note di evoluzione che strizzano l’occhio alla pietra focaia o al porfido bangato. In bocca non cede il passo con una freschezza sempre più integrata ma vibrante.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2018
Colore dorato, molto più carico dei precedenti. L’evoluzione si avverte anche al naso, forse agevolato in questo dall’andamento stagionale. Tanta frutta al naso, una vera e propria macedonia di frutta matura. Leggera nota di idrocarburo. In bocca resta fresco e “leggero” nella sua pienezza. Probabilmente il punto di svolta della batteria.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2015
Fresco! Fresco!! Fresco!!! Il naso e la bocca che non ti aspetti dopo il 2018. Sembra quasi di aver mandato indietro le lancette dell’orologio. Frutta tropicale fresca e macchia mediterranea. Sorso pieno, morbido e sapido.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2013
Colore scarico. L’età si sente ma il vino è tutt’altro che stanco. Al naso prevalgono le note evolute di frutta molto matura e idrocarburo ma il sorso resta agile e coinvolgente. colline teramane vini bianchi.
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC, FARAONE
Ufficialmente etichettato “Trebbiano” questo vino è in realtà 100% da uve Passerina da vigneti registrati nel 1971, quando il disciplinare non divideva chiaramente il “Trebbiano” dalla “Passerina”. Motivo della sovrapposizione in nomenclatura. D’altro canto, la Passerina è nota in Abruzzo anche come Trebbiano di Teramo.https://www.faraonevini.it/
Colli Aprutini Trebbiano Igt Le Vigne di Faraone 2023
Solo 11%, motivo del declassamento ad Igt. Nonostante il basso tenore alcolico risulta ricco sia al naso, dove prevalgono le note floreali di sambuco e fruttate di pesca, che in bocca dove risulta fresco e molto sapido. La chiusura leggermente amaricante lo rende pericolosamente beverino.
Trebbiano d’Abruzzo Doc Le Vigne Di Faraone 2019
Più ricco del fratello minore. Al naso prevalgono note di frutta bianca ed un accenno di tropicale. Sorso pieno e soddisfacente.
Trebbiano d’Abruzzo Doc Santa Maria dell’Arco 2013
Colore molto più carico dei precedenti che strizza l’occhio al dorato. Al naso si fa evidente l’evoluzione con note di miele d’acacia, tocco di idrocarburi ed un sentore di zafferano. Altrettando complesso al palato dove regala un sorso pieno e coinvolgente
Trebbiano d’Abruzzo Doc Le Vigne Di Faraone 2000
Un quarto di secolo porato con la dignità di una Diva. Il naso gioca su note di macchia mediterranea ed un sentore balsamico-mentolato che dona freschezza e smorza i sentori di miele ed idrocarburo. Sorso è pieno e forse leggermente stanco, ma è un difettuccio che gli si perdona volentieri. colline teramane vini bianchi.
Si è tenuta ad Atri (Teramo) l’Anteprima Colline Teramane 2025. Un evento che, per la prima volta dalla fusione del Consorzio Colline Teramane con il Consorzio Vini d’Abruzzo, ha abbracciato non solo il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg, ma anche gli altri vini del territorio: Cerasuolo, Trebbiano e Pecorino che, nella versione Superiore, portano la sottozona Colline Teramane in etichetta. Un format innovativo, che mette al centro i vini bianchi, rosati e rossi del territorio in occasione delle celebrazioni dei 30 anni dall’istituzione della sottozona Colline Teramane, riconosciuta nel 1995 e promossa Docg nel 2003. Una prima edizione – dopo le “prove generali” dell’Anteprima 2024 – a cura del Comitato di denominazione Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg. Un organismo che opera sotto l’egida del Consorzio Vini d’Abruzzo, nel nome di un’autonomia che esalta le peculiarità dei vini prodotti tra il massiccio del Gran Sasso e il mare Adriatico. In sinergia con la Camera di Commercio Gran Sasso, del Gal Terreverdi Teramane e con il patrocinio del Comune di Atri.
FOCUS COLLINE TERAMANE
“Focus” il termine voluto dal Consorzio per descrivere l’Anteprima Colline Teramane 2025. Scelta che deriva dal desiderio di presentare il territorio non solo attraverso “la nuova annata”, ma come un mosaico di espressioni figlie di annate differenti, e vitigni differenti. Libertà, quindi, per i produttori di presentare vini dell’annata che intendono mettere in commercio, non necessariamente quella “da disciplinare”. Ecco in batteria etichette che coprono un arco temporale di ben 5 anni. Tanto per i “base” quanto per i “riserva”.
«Il valore sono la storia, le persone e l’ambiente di questa porzione d’Abruzzo. Punto centrale è l’identità, il nostro saper lavorare insieme». È lo stesso presidente del Comitato di denominazione Colline Teramane Enrico Cerulli Irelli a rimarcare come il futuro della sottozona sia «da ricercarsi nel territorio e non nel vitigno».
“Sei personaggi in cerca d’autore” verrebbe da dire, scomodando Pirandello. Una denominazione che nella sua riscoperta territorialità sta, forse, ancora cercando la propria rotta. Sono solo 4, infatti, i Trebbiano presentati. Lo stesso vale per i Pecorino. Mentre il numero di campioni di Cerasuolo si ferma ad 8. Sintomo di come la nuova estensione “non rossista” non sia ancora così fortemente sentita e vissuta da chi, il vino, lo produce.
I restanti 41 campioni, i “Montepulciano”, raccontano storie differenti e, a tratti, discordanti tra loro. Fra chi marca un po’ più la botte e chi meno, chi punta più al frutto e chi più sui terziari. Fra concentrazioni e scorrevolezze, il panorama è a macchia di leopardo. Appare però evidente, rispetto alle edizioni precedenti, il desiderio e la ricerca di un’identità più moderna del Montepulciano. Identità fatta di meno “pesantezze” ed un approccio più vicino agli attuali trend del mercato enoico.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Apollo 2022, Ausonia
Naso pimpante che apre fresco ed invitante. Frutto rosso maturo e note floreali di geranio e ginestra. In bocca è croccante, agile, gioioso. Il tannino è ben presente e forse un po’ troppo astringente, ma è un errore di gioventù. Persistenza pulita.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Colle Sale 2022, Barone di Valforte
Naso su note di frutta rossa e spezie, con quel tocco di pepe che fa da contorno a prugna, ribes e mora. Fresco in bocca con un tannino vellutato che rende il sorso pieno ma scorrevole.
Campione da vasca che si presenta già particolarmente pronto. Forse ancora leggermente chiuso al naso lascia intuire belle note di frutta rossa e nera ed una piacevole presenza speziata. In bocca è già assolutamente godibile col suo tannino ben integrato e la freschezza che guida la bevuta.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Verso Sera 20222, Velenosi
Naso fresco di frutta matura e spezie morbide. In bocca è croccante e scorrevole. Forse più semplice dei precedenti ma è in questo che risiede la sua forza. Piacevole la persistenza.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg Terra Bruna 2021 (cdv), Podere Colle San Massimo
Altro campione da vasca che dimostra grande agilità e prontezza. Freschezza e complessità da botte entrambi presenti e ben armonizzati. Un assaggio da ripetere post imbottigliamento.
Naso “scuro” con note di frutta molto matura, ricchezza di spezie e cuoio. Sorso pieno, importante, asciutto. Tannino molto presente, quasi insistente, ma comunque non aggressivo.
Apre immediatamente su note terziarie. Spezie, tabacco, cacao. Ciò nonostante il naso resta verticale e fresco grazie ad una componente di frutto rosso (ribes) non soffocata dal passaggio in legno. Sorso vellutato ed elegante.
Agile, fresco. Belle note fruttate ed un piacevole terziario che non sovrasta gli altri sentori. In bocca si comporta bene con una bella nota di geranio nel retro olfattivo. Bel frutto maturo a centro bocca ed una leggera spezia a contornare il tutto. Tannino educato.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Riserva Docg Luigi Lepore 2020, Lepore
Altrettanto ricco al naso rivela note maggiormente orientate al frutto. Tannino vellutato ed una freschezza agile a croccante accompagnano il sorso.
Incuriosisce già dal naso. Si avverte la maggiore evoluzione e sono ben chiare le note date dal passaggio in legno. Legno però ben integrato nel quadro olfattivo. La componente fruttata vira verso note di marmellata di prugne e more. Composto ed equilibrato in bocca.
Note di radice di rabarbaro che catturano subito il naso. Seguono note di susina, mirtillo, rosa passita. Elegante al sorso invita alla bevuta e all’abbinamento gastronomico.
Colline Teramane Trebbiano d’Abruzzo Superiore Doc Le Murate 2024, Nicodemi
Naso che gioca su note di fiori bianchi e gialli e frutta fresca. Molto sapido in bocca, pulito, invogliante al sorso successivo. Vino a suo modo semplice ma goloso.
Naso ricco. Pienezza del frutto tanto a livello olfattivo quanto gustativo. Sapido quanto basta per renderlo goloso.
MIGLIORI COLLINE TERAMANE CERASUOLO D’ABRUZZO DOC
Colline Teramane Cerasuolo d’Abruzzo Superiore Doc Le Murate 2024, Nicodemi
Colore carico e luminoso. Naso ricco di frutti rossi. Lampone e melograno. Ricco e pieno nel centro bocca gioca più sulle morbidezze che sulle durezze.
Naso coinvolgente su sentori terziari ed una particolare fragranza di brace. Leggermente torbido si dimostra di gran corpo in bocca.
Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva Colline Teramane Luigi Lepore 1998, Lepore
Frutta surmatura e marmellata al naso. Naso che trae in inganno, ci si aspetta un sorso piacione ed invece lui si rivela verticale al sorso nonostante l’età.
Se è vero che ogni giorno è buono per aprire una bottiglia di Champagne, un po’ meno scontato è il suggerimento del Bureau du Champagne Italia, che per lo Champagne Day di oggi, venerdì 25 ottobre, suggerisce l’abbinamento delle pregiate bollicine francesi con i formaggi italiani. Niente Camembert, Roquefort o Brie. In occasione della giornata internazionale dedicata allo Champagne, l’Italia gioca in casa con alcuni dei suoi pezzi da novanta del settore caseario. Formaggi facilmente reperibili anche al supermercato, perfetti per alcune tipologie precise di Champagne. Provare per credere: Gorgonzola Dolce, Fontina, Taleggio, Caciocavallo, Pecorino, Robiola, Bitto e Burrata sposano benissimo l’iconico spumante d’Oltralpe.
CHAMPAGNE E FORMAGGI ITALIANI: 8 ABBINAMENTI DA PROVARE
Champagne Blanc de Blancs brut nature e Gorgonzola Dolce
Il Gorgonzola Dolce è un formaggio erborinato a pasta molle, con una texture cremosa e un sapore delicato, dolce e leggermente burroso, arricchito dalle note della muffa nobile nelle sue venature blu-verdi. Il contrasto tra la freschezza minerale e l’austerità del Blanc de Blancs in versione Brut Nature e la dolcezza untuosa del Gorgonzola crea un equilibrio gustativo perfetto.
Champagne Blanc de Blancs brut e Fontina di alpeggio
La Fontina di alpeggio è formaggio estivo, delicato, con richiami alla flora alpina, di consistenza quasi fondente; la scelta di un Blanc de Blancs intenso, sfaccettato ma estremamente fine, serve a esaltarne la luminosità, in un continuo gioco di rimandi tra formaggio e vino, che si equilibrano in un finale dove convergono le note di tostatura di entrambi. Abbinamento di luminosità e charme.
Champagne Rosé brut e Taleggio
Il Taleggio è un formaggio a crosta lavata, morbido e dalla consistenza cremosa, con aromi leggermente pungenti, ma un sapore dolce, burroso e con un retrogusto acidulo. Uno Champagne rosé brut contrasta e bilancia il carattere grasso e fondente del Taleggio. Il profilo del rosé si armonizza con la dolcezza del formaggio, mentre l’acidità dello Champagne si bilancia con grassezza e consistenza.
Champagne Rosé brut e e Caciocavallo Silano di Grotta
Formaggio deciso, dove la dolcezza del caciocavallo, durante la stagionatura in grotta, si sviluppa i sentori di bosco e frutta secca, con leggeri richiami speziati. Il rosé va ad aggiungere una serie di note di freschezza, agrumata, con un tocco di lampone, per mantenere la tensione ed esaltare la complessità del formaggio. Abbinamento di intensità e dinamismo.
Champagne Blanc de Noirs brut e Pecorino Fiore Sardo
Il Pecorino Fiore Sardo è un formaggio ovino sardo tradizionale, dal gusto sapido, leggermente affumicato e ricco di note lattiche e vegetali. Se non troppo stagionato, mantiene un buon equilibrio tra dolcezza e sapidità, con una texture compatta, ma ancora morbida. Il Blanc de Noirs offre corpo e intensità che contrastano e allo stesso tempo esaltano il carattere complesso del Pecorino. Le note di frutta matura di un Blanc de Noirs evoluto si legano perfettamente al sapore deciso del formaggio, senza sovrastarlo.
Brut Sans Année e Robiola di Roccaverano
La Robiola è cremosa, molto minerale e con punte di acidità. Un gusto complesso che si può abbinare a un Brut sans année dal gusto bilanciato, pieno ed elegante, capace di non sovrastare il gusto del formaggio.
Champagne Brut Millesimato e Bitto
Il Bitto è un formaggio d’alpeggio con una pasta dura e granulosa che varia di intensità a seconda della stagionatura. Un Bitto più giovane ha sapori di latte, erba e burro, mentre uno più stagionato sviluppa note di frutta secca, caramello e un sapore deciso e persistente. Uno Champagne millesimato, ampio e aromatico, può essere un accompagnamento in grado di esaltare la profondità e la complessità del formaggio aggiungendo freschezza.
Demi-Sec e Burrata
Le note dolci dello Champagne Demi-Sec accompagnano la morbidezza della burrata e in particolare della panna. Un abbinamento per assonanza che trasforma l’assaggio quasi in un dessert senza rinunciare ad acidità e sapidità.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Operazione congiunta contro contro il falso formaggio Fiore Sardo da parte delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Cagliari e dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari Icqrf del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, tra Sardegna e Toscana.
Nella rete delle forze dell’ordine, tra dicembre 2021 e marzo 2022 – la notizia viene data oggi, a conclusione dei rilievi processuali – sono finite oltre 67 mila forme di formaggio, presenti in diversi magazzini di stoccaggio dislocati in Sardegna e in un deposito in Toscana.
SEQUESTRATE 270 TONNELLATE DI FALSO FIORE SARDO
Il peso complessivo è stimato in oltre 270 tonnellate di pecorino generico, marchiato e proposto al mercato come Fiore Sardo. Se immesso sul mercato, avrebbe fruttato un guadagno indebito stimato pari a oltre 1,6 milioni di euro, frutto della notevole differenza di prezzo tra il Fiore Sardo e il pecorino comune.
Sette i produttori indagati per contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origina dei prodotti agroalimentari. Il prodotto non ha evidenziato danni alla salute o pericoli connessi al consumo alimentare.
LATTE TRATTATO TERMICAMENTE NEL FALSO FORMAGGIO DOP SARDO
La scoperta del falso Fiore Sardo è avvenuta nell’ambito delle attività a tutela del “Made in Italy”, volte a garantire la salvaguardia della qualità dei prodotti nazionali dalle frodi. A incastrare i produttori sono state le analisi del Laboratorio I.C.Q.R.F. di Perugia.
È stato così possibile acclarare, tra l’altro, l’utilizzo di latte trattato termicamente al posto del latte “crudo” prescritto dal disciplinare di produzione del formaggio sardo. Analisi confermate dal Tribunale del Riesame di Cagliari, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da tre indagati, per “carenza di legittimazione”.
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L’Offida Docg Pecorino 2020 di Moncaro è un vino presente in diverse insegne di supermercati. Nel calice si presenta di un giallo paglierino luminoso, con riflessi verdolini.
Al naso è piuttosto elegante e tipico. Spazia dalla frutta a polpa bianca alle erbe tipiche della macchia mediterranea.
Al palato conferma le buone impressioni: buona freschezza, abbinata a una gentile morbidezza, sui ritorni fruttati. Persistenza sufficiente.
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
Terra d’Aligi, in una parola l’Abruzzo. Non poteva scegliere nome migliore, la famiglia Spinelli, per celebrare l’attaccamento alle proprie origini: “È la regione d’Italia in cui viviamo, la Terra d’Aligi, la terra dei nostri vini”.
Un riferimento al pastore Aligi, protagonista de “La Figlia di Iorio”, celebre tragedia in tre atti di Gabriele D’Annunzio, eterno poeta abruzzese. Come pastori, anche gli Spinelli dimostrano di sapersi muovere “con i piedi per terra e lo sguardo avanti”.
“I piedi per terra sono l’amore per il territorio e la profonda conoscenza di ciò che può produrre: sono la tradizione, la capacità innata di tastare il terreno, di sentire l’aria, di scovare vigne nuove e sfruttare al massimo le potenzialità dei terroir”.
Nei vini Terra d’Aligi, prodotti con le uve della Val di Sangro, si ritrovano tradizione e futuro, “pastorizia” e abilità imprenditoriale. Lo dimostrano gli otto assaggi della linea riservata all’Horeca dalla famiglia Spinelli.
LA DEGUSTAZIONE
Terre di Chieti Igt Cococciola 2019, Terra d’Aligi (13%): 90/100 Giallo paglierino non particolarmente carico, ma luminoso. Naso intenso, che lascia grande spazio agli agrumi: lime, pompelmo, bergamotto, tra buccia e polpa. Poi pesca e melone bianco ed ananas, in un incedere prezioso e preciso di note esotiche, circoscritte in un quadro marino, iodico, incomplessito da ricordi di macchia mediterranea sempre più presenti, con l’ossigenazione
Il sorso è teso, vibrante, animato da una gran freschezza e salinità che giocano sulla frutta matura. Più che sufficiente anche la persistenza, su tinte ammandorlate. Un vino che non stanca mai e si presta anche ad ottimi abbinamenti a tavola, in particolar modo con piatti a base di pesce e sushi.
Terre di Chieti Igt Passerina 2019, Terra d’Aligi (13%): 88/100
Giallo paglierino. Naso sul frutto esotico, tropicale, con ricordi minerali e calcarei. Sorso connotato da una freschezza agrumata, veriticale. Buon apporto di frutto in un calice che si rivela sorprendentemente giovane, per affilatezza dei sentori. Una Passerina di carattere, insomma, che non rinuncia alla consueta vena fruttata, ma che mostra al momento più la sua anima “marina”. Perfetto, di fatto, l’abbinamento col pesce.
Terre di Chieti Igt Pecorino 2019 “Zite”, Terra d’Aligi (13,5%): 91/100
Naso intrigante per questo Pecorino che tinge il calice di un giallo paglierino acceso. Al bel bouquet di fiori di campo di abbinano ricordi di nocciola tostata e di una succosa pesca a polpa gialla. Intensa anche la macchia mediterranea, con rosmarino, timo e alloro in primissima vista.
Il sorso denota una buona struttura e un buon corpo, oltre che una freschezza e una salinità capaci di giocare sull’equilibrio dei ritorni di frutta matura. Lungo e intenso il finale, per un nettare di buona gastronomicità.
Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2019, Terra d’Aligi (13%): 92/100
Colore tipico della Denominazione, un bel cerasuolo per l’appunto, luminoso, quasi psichedelico e carico di profumi. Si avverte la piccola frutta a bacca rossa perfettamente matura, come la ciliegia, il lampone e la fragolina, ma anche un ribes ancora croccante.
Il palato è quello di un vino di assoluta dignità propria, quello che non tutti i rosati italiani riescono ad avere. La frutta è pienamente matura, in perfetto equilibrio con la freschezza.
Tra le voci del “cesto” palesatosi al naso domina quella della ciliegia matura, ben sostenuta da ricordi erbacei, che accompagnano verso un finale disteso, giustamente amaricante e preziosamente “vinoso”. Vino con cui divertirsi a tavola, anche in accompagnamento a zuppe di pesce o, ancor meglio, legumi.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2017, Terra d’Aligi (13,5%): 89/100
Rosso rubino impenetrabile, dalla bell’unghia violastra. Naso intenso, in cui frutto e vegetale convivono all’unisono, in armonia, lasciando il giusto spazio ai terziari. Primo naso effettivo del frutto, che sfiora la confettura di ciliegia e di mora.
Al palato una bella tensione di freschezza e salinità, in pregevole contrasto (ed equilibrio) coi i ritorni di frutta già avvertita al naso. Lungo il finale, con sorprendenti ricordi d’agrume rosso (arancia sanguinella) a dimostrare quanto la pienezza del sorso e la struttura non siano affatto “sedute” sulla glicerina dei 13,5 gradi di percentuale d’alcol in volume. Vino importante e serio, che necessita di altrettanta consistenza nel piatto, per l’abbinamento.
Abruzzo Doc Rosso 2015 “Zurle”, Terra d’Aligi (14%): 88/100
Rosso rubino intenso, con unghia violacea. Primo naso e palato sui terziari, accostati un po’ troppo prepotentemente ai sentori di frutta, coprendoli. Vino che piace certamente all’estero, segno di una gamma costruita sì sulla tipicità, ma che tiene conto anche delle esigenze (e dei gusti) del mercato internazionale.
Tanta spezia, dunque, calda ed orientaleggiante: cumino e curcuma, oltre alla vaniglia Bourbon. Bei ritorni di confettura in chiusura, sul filo sospeso dell’alcol. Del resto, come ricorda la retro etichetta, “Zùrle” è la parola che, nel dialetto abruzzese, descrive il divertimento dei bambini nel saltellare e rincorrersi. L’ebrezza e il distacco dalla quotidianità che non guastano mai, anche nella vita degli adulti.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2016 “Tatone”, Terra d’Aligi (14%): 94/100
Rosso rubino impenetrabile e denso che inizia già a disegnare, sin dal colore e dalle prime movenze, le fattezze di un monumento: quello a nonno Spinelli, chiamato appunto “Tatone”. Al naso e al palato, in perfetta corrispondenza, un tesoro di frutta e di terra, di mani pulite del lavoro in vigna e dei suoi risultati più attesi.
C’è la mora, l’amarena, il ribes. Note precise, senza sbavature. E poi c’è la polvere di cacao, la radice di rabarbaro e di liquirizia, l’avena tostata. C’è la macchia mediterranea, immancabile in un rosso del centro Italia che ha così tanto da raccontare. La chiusura è tesa, come il sorso. Col tannino che tenta, in cravatta, di asciugare un succo grondante. “Tatone” è il vino della domenica. Un contadino con la giacca.
Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2014 “Tolos”, Terra d’Aligi (14,5%): 92/100
Rosso rubino dall’unghia ancora una volta violacea, a denotarne una gioventù tutt’altro che scontata. Al naso è un vino prezioso, ricercato, tipico. Capace di esaltare la grande Denominazione abruzzese e la denominazione dell’uva Montepulciano.
Tanta mora, di quelle che si trovano d’estate ancora appese alle piante, in campagna: nere come la pece con qualche pois rosso, segno di una maturazione non ancora compiuta nella propria interezza. C’è poi il ribes, in tutta la sua croccantezza. Tanta macchia mediterranea (rosmarino, alloro, su tutti), unita a risvolti di terra bagnata, di muschio, terra bagnata. Di fungo, oltre che di resina di pino.
In bocca si ritrova tutto questo, in un quadro di perfetta corrispondenza che segna un sorso materico e cerebrale. Terziari un po’ troppo pronunciati sul tannino, specie in chiusura, appiattiscono tale vigoria su note polverose, di cacao. Un bel bere, in compagnia di piatti di selvaggina e carni alla griglia.
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∗DISCLAIMER L’articolo e la degustazione non sono stati commissionati dall’inserzionista
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un vino rosato fuori dagli schemi per numero di vitigni assemblati, ben 7, che regala un sorso di grande freschezza, ampio e persistente, nonostante i quattro anni trascorsi dal suo imbottigliamento. Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it l’annata 2016 del Colline Pescaresi Igp Rosato “Plenus Rosa Rosae” prodotto dall’azienda Marina Palusci.
Una tipologia di vino, quella dei rosati, che negli ultimi anni sta vivendo un trend positivo di crescita, che incontra sempre più il favore dei consumatori grazie alla facilità di abbinamento e alla fresca beva. Caratteristiche ritrovate anche in questo calice.
LA DEGUSTAZIONE Dall’assemblaggio dei 7 vitigni nasce un vino di un colore rosa piuttosto scarico, ma di buona consistenza. Il naso è dominato al primo impatto da chiari sentori fruttati di fragoline di bosco e ciliegie, per poi virare su sentori più floreali, intensi e nitidi, con un filo di fumè in sottofondo.
In bocca è ampio, avvolgente, fresco e in perfetto equilibrio grazie all’ottima struttura e alla buona acidità. A tratti al palato ricorda la tessitura e l’austerità del Montepulciano d’Abruzzo ma mantiene una sua identità, con un finale che ricorda la rosa.
Davvero versatile negli abbinamenti in cucina. Plenus Rosa Rosae si accosta bene a fritture di pesce o a pizze gourmet. Si tratta infatti di un rosato che ben sostiene piatti anche mediamente strutturati, grazie alla sua ampiezza e alla sua persistenza.
LA VINIFICAZIONE Questo particolare rosato di Marina Palusci è prodotto con uve Montepulciano d’Abruzzo, Sangiovese, Malvasia, Pecorino, Lambrusco Salamino, Trebbiano e Moscato Rosa. La fermentazione avviene in maniera spontanea, con lieviti indigeni presenti naturalmente sulle bucce.
Le uve raccolte, diraspate e pressate, vengono messe in serbatoi di acciaio dove sostano fermentando per circa 18 giorni. Segue un periodo sulle proprie fecce di circa 10 mesi. Prima dell’immissione in commercio, il Colline Pescaresi Igp “Plenus Rosa Rosae” affina 6 mesi in bottiglia, imbottigliato con tappo a vite.
L’azienda Marina Palusci si trova a Pianella sulle dolci colline dell’entroterra pescarese ed è capitanata da Massimiliano D’Addario, un giovane dalle idee chiare e vincenti. Produce principalmente olio extravergine di oliva di grande qualità (12 tipi) in regime di agricoltura biologica e biodinamica.
Dal 2008 l’azienda ha avviato anche la produzione di vini, in un raggio di vigneti che si estendono complessivamente per circa 2 chilometri. Otto appezzamenti allevati principalmente a Montepulciano, Passerina e Pecorino dai quali nascono vini non filtrati, non stabilizzati e senza nessun additivo chimico in cantina.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Sesto appuntamento con le mete enoturistiche per le vacanze estive 2020. Dopo Oltrepò Pavese, Lazio, Campania, Emilia Romagna ed Etna è la volta dell’Abruzzo, regione ricca di biodiversità, animata da una profonda cultura contadina e montanara.
Una terra che può offrire davvero molto ai visitatori, grazie al connubio tra mare, collina e montagna con diversi itinerari naturalistici, gastronomici e culturali. Sfruttare la leva dell’enoturismo potrebbe contrastare la flessione di presenze registrata già nel 2019 (-2,5%) contando sui flussi dalle regioni vicine come Lazio, Marche, Umbria, Molise e Campania. Arrivi che potrebbero sopperire alla mancanza di turisti stranieri.
Dal punto di vista del vino, il Montepulciano d’Abruzzo, declinato in rosa con il Cerasuolo d’Abruzzo, è il protagonista assoluto della produzione con l’80% dell’intero raccolto cui si affianca lo “storico” Trebbiano d’Abruzzo, oltre che gli emergenti autoctoni Pecorino, Cococciola e Passerina.
La specializzazione del canale distributivo moderno, ha contribuito alla crescita delle vendite anche nel primo trimestre 2020, con un + 10% per il Montepulciano ed un + 6% per gli altri vini.
Si tratta di una filiera che, per l’Abruzzo, rappresenta il traino dell’intero settore agricolo, con l’export che ha segnato, negli ultimi 5 anni, un + 50% su base nazionale. Quinta regione vinicola italiana per volumi ha però ancora da fare per la valorizzazione dell’identità territoriale.
Siamo a Casacanditella, ad una quindicina di chilometri da Guardiagrele, culla dell’enogastronomia regionale abruzzese. Lo scenario è dominato da uno splendido palazzo baronale del 600’ di proprietà della famiglia Masciarelli, il Castello di Semivicoli.
La struttura è stata fortemente voluta dal compianto Gianni Masciarelli, riconosciuto all’unisono come uno dei
pionieri dello sviluppo vitivinicolo regionale moderno e che, nel caso specifico, conferma l’arguta intuizione
avuta negli anni 2000. Voler collegare il vino al territorio con la cultura che esso esprime. Le redini sono oggi nelle mani della moglie, Marina Cvetic.
Il Castello di Semivicoli, “Dimora di Charme” facente parte dell’associazione “Châteaux & Hôtels Collection“ offre undici incantevoli ed eleganti camere con un panorama senza eguali: direttamente sulle vigne, sugli uliveti, sul giardino baronale o sulla piscina. Sarà indimenticabile dormire nella “double servitù”, con vasca idromassaggio a vista.
Il rilassante soggiorno sarà accompagnato da una elegante colazione del territorio servita nelle sale baronali o, a richiesta, in camera nel romantico giardino. Le degustazioni dei vini Masciarelli saranno memorabili. Dalla classica linea Villa Gemma alle etichette di Marina Cvetic fino alle bottiglie targate Castello di Semivicoli, in onore della tenuta.
Castello di Semivicoli Via San Nicola, 24 66010 – Semivicoli Casacanditella (Ch) +39 0871890045 info@castellodisemivicoli.it
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Più all’interno della provincia teatina, sorge la l’azienda agricola fondata dalla famiglia Di Camillo, immersa tra le colline e i profumi della campagna. Qui, l’incrocio tra la brezza marina e le correnti montane crea il microambiente ideale per la coltivazione delle uve Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano e Pecorino.
Il progetto di ospitalità della Tenuta, oggi gestita dai fratelli ed enologi Valentina e Luigi, si ispira ad una delle etichette prodotte: “Baldovino“. L’agriturismo è stato ricavato dalla ristrutturazione del casolare di famiglia ad Ari, poco distante dall’azienda e mette a disposizione degli ospiti quattro camere curate nei minimi particolari oltre ad una piscina.
Tra i servizi gratuiti c’è anche la possibilità di utilizzare e-bike per passeggiate in collina o in montagna. Ottima la colazione bio e con prodotti a chilometro zero. Durante la permanenza di potranno degustare i vini dell’azienda, l’omonima linea Baldovino Doc che comprende Cerasuolo, Montepulciano d’Abruzzo o Trebbiano d’Abruzzo oppure il più caldo Rosso dei Fauri da uve Montepulciano, vino fermentato in cemento ed affinato 18 mesi in botti di rovere.
Tenuta I Fauri Via Foro, 19 66010 Ari +39 3478290117 info@baldovino.it
In contrada Villa Baccile, nel Comune di Crecchio, si trova l’elegante resort Borgo Baccile by Vini Fantini che si incastona alla perfezione tra vigneti ed uliveti ed è il frutto di un ampio progetto di recupero di un borgo.
Le sei camere e le quattro mini dimore sono dotate di ogni comfort e sono una perfetta combinazione di antico e moderno tra pareti in pietra, soffitti a volta in mattoni o con travi a vista. La bellissima piscina a sfioro sul vigneto poi riflette il paesaggio boschivo.
I nomi delle camere si ispirano alla storia di famiglia. Si potrà optare, ad esempio, per la camera del Dottore, quella di zia Melina o quella di nonna Felicetta oppure per la casa del Peparo o la villa del Toro. L’ospitalità familiare sarà arricchita da degustazioni di prodotti regionali, accompagnati dall’ampia gamma dei vini Fantini.
Borgo Baccile By Vini Fantini Contrada Villa Baccile, 34 66014 – Villa Baccile, Crecchio (Ch) Tel. +39 3917220563 Infob@orgobaccile.com
La famiglia Ciavolich è un etichetta storica della viticoltura d’Abruzzo. Le testimonianze del loro primo insediamento a Miglianico in provincia di Chieti risalgono al 1560. Produttori di vino dal 1700 circa, negli anni Sessanta iniziarono ad impiantare uve Montepulciano, Trebbiano e Cococciola anche nelle campagne di Loreto Aprutino in provincia di Pescara.
Ed è qui, in questo fazzoletto di terra conosciuto in tutto il mondo anche per le eccellenti produzioni olearie, che sorge la struttura ricettiva: una vera e propria masseria del vino nel segno della migliore tradizione.
Quattro le camere disponibili arredate con stile e richiami antichi oltre ad un appartamento. Completa l’offerta la colazione agricola, da consumare nell’ampio giardino esterno oppure al piano terra, sotto l’elegante porticato.
Quotidianamente sarà possibile organizzare degustazioni guidate direttamente da Chiara Ciavolich. Tra le proposte più rappresentative della cantina meritano una menzione il Montepulciano d’Abruzzo Dop Antrum o Divus, oppure la linea Fosso Cancelli frutto di fermentazioni spontanee in terracotta, legno e cemento.
Nella stessa casa dove è nato il super attivo Emidio Pepe, a Torano Nuovo, sorge oggi un bellissimo bio-resort, eco sostenibile, circondato da un panorama che solo il massiccio del Gran Sasso può regalare.
L’offerta enoturistica si articola in sette camere doppie e due appartamenti con eleganti decorazioni oltre al ristoro di campagna dove vengono utilizzati in parte i prodotti provenienti dall’orto biodinamico e il menù ruota in base alle stagioni. La bio piscina è stata realizzata con prodotti naturali e quarzo e la sanificazione avviene tramite l’utilizzo di sali minerali.
Le degustazioni sono curate da Sofia, Chiara ed Elisa che sapranno raccontare magistralmente la storia degli iconici Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo Doc spiegando nel dettaglio le singole annate, per far meglio comprendere come il clima ne abbia influenzato caratteristiche e qualità.
L’inconfondibile etichetta dell’azienda Emidio Pepe è famosa in tutto il mondo ed è un simbolo assoluto dell’enologia abruzzeze. Emidio Pepe, precursore dell’invecchiamento dei vini, conserva almeno la metà della produzione in cantina e la rilascia solo quando ritenuta espressiva della filosofia aziendale. Una vera e propria “biblioteca” di annate che oggi conta circa 350.000 bottiglie in affinamento.
Azienda Agricola Emidio Pepe Via Chiesi, 10 64010 Torano Nuovo (Te) +39 0861856493 info@emidiopepe.com
L’azienda vitivinicola San Lorenzo fa parte del Consorzio di Tutela Vini Colline Teramane ed è ubicata a Castillenti nei territori ricompresi in una delle due docg regionali. Qui, di fianco alla cantina si trova il Contado San Lorenzo B&B &Wine che si compone di due edifici ristrutturati risalenti ai primi del ‘900: la Cascina il Giglio Rosso e La Masseria.
Tra le soluzioni abitative stanze o abitazioni tra cui spicca l’appartamento Lilium ricavato da un vecchio silos circolare: una location davvero suggestiva. Non manca la piscina, ottimo compromesso in campagna per combattere le temperature più calde.
Il B&B offre servizio anche servizio di ristorazione al piano terra della Cascina il Giglio Rosso e propone piatti della cucina tipica abruzzese accompagnati dalle migliori produzioni dell’azienda come il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg Escol Riserva o il Montepulciano d’Abruzzo Doc Aldebaran.
Contado San Lorenzo B&B & Wine C.da Casabianca, 21 64035 Castilenti (Te) +39 0861999325 info@contadosanlorenzo.it
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“Va beh, dai. Ci dedicheremo a qualcos’altro”. È il commento di uno sconvolto Nico Speranza, nel video che testimonia la devastazione causata dalla grandine che si è abbattuta sul vigneto di Monsampietro Morico, in provincia di Fermo, nelle Marche. Il fatto risale alla notte tra martedì 19 e mercoledì 20 maggio. Nel giro di 10 minuti, i tralci di Sangiovese e Montepulciano dell’Azienda agricola Vittorini sono stati spazzati via da una furia di ghiaccio, pioggia e vento.
“Le Marche hanno sempre avuto un clima mite – spiega Nico Speranza a WineMag.it – queste cose non si sono mai verificate. Non siamo in zone di agricoltura eroica, per cui sono ancora più scioccato. Gli anziani del posto non hanno mai provato una cosa del genere”.
“Ma è così – aggiunge sconsolato il vignaiolo Fivi – c’è e ci sarà la volontà di andare avanti, consapevoli che la natura si rigenera. Ci metterà un po’ di tempo, certo. Perderemo un paio di stagioni su alcune varietà, utili a ripristinare la situazione vegetativa precedente. Ma poi tutto comincerà di nuovo”.
Il vortice depressionario che ha sferzato il centro Italia, sfogandosi in particolare sulle Marche, non ha risparmiato neppure il vigneto di Sant’Elpidio Morico, dove Nico Speranza alleva Pecorino, Trebbiano e Traminer dell’Azienda agricola Vittorini: 4 ettari complessivi raccolti in eredità dal nonno, nel 2005.
Ha riportato danni pari al 100% anche il vigneto di Montelparo, sempre sulle colline fermane. Tralci e frutti in piena allegagione delle varietà Pecorino e Sangiovese sono stati completamente distrutte dalla grandine.
Una catastrofe che ha coinvolto dunque tutti i terreni di Speranza, dislocati tra i 286 e i 500 metri sul livello del mare, impiantati tra il 2004 e il 2012, con rese molto basse. Si seguito i contatti per aiutare il vignaiolo marchigiano ad affrontare il futuro, acquistando i suoi vini direttamente, oppure tramite il distributore di Verona.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Si scrive Tullum Docg, si legge Cantina Tollo. La cooperativa della provincia di Chieti, attraverso la Srl gioiello Feudo Antico, fa la parte del leone nella Denominazione di origine controllata e garantita istituita in Abruzzo il 4 luglio 2019. Ieri l’esordio dei teatini a Milano. A contribuire al parco vigneti, appena 18 ettari, sono (solo) altre tre cantine. Con ruoli del tutto marginali nella produzione delle circa 130 mila bottiglie complessive.
Si tratta dell’altra cooperativa locale, la Coltivatori Diretti Tollo (che non ha neppure un sito webdefinibile come tale, ma rivendica circa 7 ettari a Docg), della Di Pillo (società del segretario del Consorzio, Domenico Di Pillo, che opera solo come conferitore) e dell’Azienda Agricola Giacomo Radica – nota come Vigneti Radica.
Una cantina, quest’ultima, che investe molto nel marketing ed imbottiglia circa 10 mila “pezzi”. Ma con meno di un ettaro rivendicato nella Docg Tullum (0,6 per l’esattezza), non può che avere “interessi locali”. Il capostipite della cantina, Rocco Radica (per tutti, a Tollo, “Zì Rock”) è tra l’altro uno dei fondatori della stessa Coltivatori Diretti.
Non a caso, dunque, al ristorante vista Duomo dello chef abruzzese Niko Romito, è stato possibile degustare solo 4 etichetteDop, ormai prossime ad essere etichettate come Docg. Tutte prodotte dalla sola Cantina Tollo, che le presenterà nella nuova veste, “controllata e garantita”, a Vinitaly 2020.
“Le spese per la promozione della nuova Denominazione – si è affrettato a precisare Andrea Di Fabio, Direttore commerciale e Marketing di Feudo Antico (nella foto)- sono di fatto affidate all’iniziativa privata delle singole cantine aderenti, in autofinanziamento. Non contiamo molto sui contributi esterni”. Excusationon petita. Ma tant’è.
Un viaggio, quello nel capoluogo lombardo della piccola Docg abruzzese, segnato peraltro dalla (pesante, ma evidentemente improrogabile) assenza del presidente del Consorzio di Tutela della neonata Denominazione di origine controllata e garantita Tullum, nonché di Cantina Tollo, Tonino Verna. A farne le veci, proprio il segretario (e produttore) Domenico Di Pillo.
“Oltre al prerequisito della qualità – ha spiegato Andrea Di Fabio – per dare avvio al procedimento utile all’ottenimento di una Docg che valorizzasse il territorio è stato necessario dimostrare la storicità della produzione e della commercializzazione del vino a Tollo, unico Comune ricompreso nella Denominazione”.
In età romana, nelle terre racchiuse nel triangolo fra le attuali città di Pescara, Chieti e Ortona, con Tollo al centro, la coltivazione della vite si è sviluppata in maniera florida. Lo dimostra il rinvenimento di “dolia” da vino e celle vinarie. Alcuni reperti sono oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Chieti.
“A consentirci l’upgrade dalla Doc/Dop alla Docg – precisa Di Fabio – è stata insomma una cultura di produzione e di vendita profonda e radicata nel tempo. Non si tratta dunque di un’operazione autoreferenziale, anzi auspichiamo la nascita di nuove realtà nei 300 ettari potenziali della Denominazione”.
LE 5 TIPOLOGIE DELLA DOCG TULLUM
Cinque le tipologie di vino previste dalla Docg Tullum. Passerina, Pecorino, Montepulciano per dar vita a “Rosso” e “Rosso Riserva” e, infine, Chardonnay per lo Spumante Metodo Classico (minimo 36 mesi sui lieviti, esclusivamente nella tipologia Brut).
I vini bianchi Docg saranno sul mercato da gennaio 2020. Ancor più drastica la scelta sui rossi: la prima annata in commercio sarà la 2015, nonostante sia possibile venderli dall’anno successivo alla vendemmia. Tutti i vini saranno disponibili da aprile 2020, quando faranno il loro esordio ufficiale alla kermesse di Verona Fiere.
“In termini di rese – sottolinea a WineMag.it Andrea Di Fabio – il passaggio dalla Dop alla Docg non ha segnato grandi differenze, essendo già molto selettive nell’ambito della Dop nata nel 2008. Sui bianchi, Pecorino e Passerina, siamo sui 90 quintali per ettaro, contro i 140 quintali della Dop Abruzzo e i 220 quintali dell’Igp Abruzzo”.
Sul Montepulciano, che non potrà essere nominato come tale nella Docg (essendo già una Dop regionale) le rese saranno di 110 quintali per ettaro, contro i circa 150 quintali della Dop. Nel passaggio alla Docg è stato escluso l’uso del Trebbiano e stralciata la tipologia ‘passito’.
Le etichette saranno destinate al solo segmento Horeca (ristorazione e hotel), escludendo la Grande distribuzione organizzata (Gdo), ovvero il mondo dei supermercati (canale moderno). “Il posizionamento – annuncia Di Fabio – sarà quello premium e super premium“.
Sul fronte dei prezzi franco cantina, ad oggi Passerina, Pecorino e Rosso Tullum Docg escono da Tollo (o meglio da Feudo Antico) a 8,50 euro. Più costoso lo spumante Docg, che risulta a listino a circa 12 euro a bottiglia. Il mercato di riferimento è l’estero, con particolare attenzione ai Paesi emergenti, sul fronte orientale.
LA DEGUSTAZIONE
– Tullum Dop Spumante Metodo classico Brut 2014: 90/100
Buona prova con lo Champenoise per Cantina Tollo (Feudo Antico) in una terra non certo conosciuta per la produzione di “bollicine”. Valutazione ancor più positiva se si tiene conto del millesimo 2014. Alla vista, bel giallo paglierino accesso e brillante. Il perlage risulta mediamente fine e mediamente persistente.
Buona presenza di questo Blanc de Blancs al palato, su note cremose tipiche dello Chardonnay. Sorso burroso, giocato sulla pasticceria e sull’esotico. Finale asciutto, fruttato di pesca, come il centro bocca. Persistenza sufficiente e finale asciutto.
Chardonnay 100% da vigneti coltivati in collinare nel comune di Tollo, a 130 metri sul livello del mare. Terreno sciolto, sabbioso e lievemente calcareo. Vendemmia manuale, in piccole cassette, a metà agosto.
Fermentazione in serbatoi di acciaio inox, a temperatura controllata. Permanenza sui lieviti in vasche di vetrocemento e acciaio, per almeno 6 mesi. Rifermentazione in bottiglia, secondo i canoni del Metodo Classico. Sosta minima di 30 mesi.
– Tullum Dop Passerina 2018: 92/100
Giallo paglierino, naso floreale fresco, frutta esotica e agrume come arancia e pompelmo rosa. Una Passerina di rara precisione, capace di sfoderare oltre all’attesa frutta anche accenni minerali, marini e di spazia bianca.
Al palato si fa ricordare per un’ottima freschezza. Centro bocca giocato sulla frutta e chiusura salina. Discrete potenzialità di ulteriore affinamento in bottiglia. Si tratta di una Passerina in purezza, ottenuta da vigneti in collina nel comune di Tollo, in località Santa Lucia e Pedìne, a 230 metri sul livello del mare.
Terreno sciolto, sabbioso, tendenzialmente calcareo. Vendemmia a metà ottobre, macerazione a freddo a contatto con le bucce e fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Affinamento sui lieviti, in vasche di vetrocemento per 6 mesi.
– Tullum Dop Pecorino biologico 2018: 89/100
Primo approccio non ottimale. Il vino rivela una netta riduzione e un marcatore selvatico, che tende a non svanire mai del tutto. Con l’ossigenazione si fanno largo, al naso, agrumi e fiori freschi. In bocca il vino rivela una bella consistenza, dettata dal gioioso gioco tra agrumi e sale.
Allungo sulla frutta matura, esotica, sostenuta da una buona freschezza. Scaldandosi, il nettare guadagna una nota netta di liquirizia, corrispondente tra naso e palato. I vigneti di Pecorino si trovano a Tollo, in località San Pietro, San Biagio, Piane Mozzone, Sabatiniello e Macchie, tra i 120 e i 200 metri sul livello del mare.
Vendemmia nella prima decade di settembre, starter fermentativo spontaneo ad opera dei lieviti non selezionati e successiva fermentazione e affinamento in vasche di cemento. Il vino viene imbottigliato senza essere filtrato né stabilizzato.
– Rosso Tullum Dop 2014: 90/100
Rosso rubino pieno, impenetrabile. Naso gioioso, dominato da frutta rossa come ribes e lampone maturo, tendenti alla confettura. Leggeri sbuffi di spezia. In bocca il vino mostra un corpo medio e una buona freschezza, tale da rispondere alla rotondità e morbidezza delle note fruttate.
Il tannino, di cacao, allunga il sorso, contribuendo a complessità e persistenza. Montepulciano 100% da vigneti coltivati in collinare, a Tollo, in località Sterpari, Piane Mozzone, Colle Cavalieri, Vaccareccia, San Biagio, Macchie e Colle Secco, da 190 a 250 metri sul livello del mare.
Vendemmia nella seconda decade di ottobre, macerazione delle bucce a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox e affinamento in vasche di cemento vetrificato, per 14 mesi. Leggero appassimento in cella per un 10-15% delle uve.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Pecorino Romano, Pecorino Sardo o Fiore Sardo? Quale Pecorino scegliere? Qual è la differenza? Di certo, i Consorzi che tutelano i tre noti formaggi italiani, hanno deciso deciso di unirsi per la comunicazione e promozione all’estero.
Dal 5 al 9 ottobre il Consorzio per la Tutela del formaggio Pecorino Romano Dop, il Consorzio per la Tutela del formaggio Pecorino Sardo Dop e il Consorzio per la Tutela del formaggio Fiore Sardo Dop si presentano ad “Anuga“, il salone biennale leader del food & beverage che rappresenta da anni un appuntamento irrinunciabile per gli operatori del settore agroalimentare in Germania. L’edizione 2019 di Colonia è quella del centesimo anniversario.
Riuniti in un unico stand, C/068nel padiglione 10.1, i tre Consorzi dei pecorini avranno l’opportunità di interfacciarsi con gli operatori di settore presenti in questa importante manifestazione.
Un’occasione unica per valorizzare il progetto di comunicazione “3 Pecorini”, nato grazie all’unione delle tre realtà consortili volto a promuovere le caratteristiche e le virtù delle tre denominazioni sul mercato europeo e negli Stati Uniti. Diversi paesi, un unico messaggio: “Non le solite pecore, non i soliti formaggi”.
Lo chef Matteo Barbarossa animerà lo stand collettivo, creando delle stuzzicanti ricette a base di questi tre formaggi, capisaldi indispensabili nella buona riuscita dei principali piatti della cucina italiana. I visitatori potranno anche scoprire la qualità e il gusto unico dei tre prodotti al naturale.
Con questo evento si dà il via alla terza annualità della campagna voluta dai tre consorzi Pecorino Romano, Pecorino Sardo e Fiore Sardo. Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti sono i mercati target. In ciascuno di questi paesi e fino a giugno 2020 continueranno le attività di valorizzazione volte a diffondere la conoscenza e le caratteristiche dei 3 Pecorini attraverso eventi, giornate di degustazione, attivazione digitale per citarne alcune.
LE DIFFERENZE TRA IL PECORINO ROMANO, SARDO E IL FIORE SARDO
Con oltre tre milioni di capi, la Sardegna è la principale regione di allevamento ovino. I tre tipi di formaggio sardo Pecorino Romano DOP, Pecorino Sardo DOP e Fiore Sardo DOP sono prodotti con latte di pecora al 100% e sono contraddistinti dal marchio di qualità europeo DOP – Denominazione di Origine Protetta. Questi formaggi a pasta dura uniscono tradizione antica, alta qualità e un forte radicamento nella loro regione d’origine.
Pecorino Romano Aop: questo formaggio di peso compreso tra i 20 e i 35 chili viene prodotto in Sardegna, nel Lazio o nella provincia toscana di Grosseto. Rappresenta l’80% della produzione italiana e il 50% della produzione europea di formaggio di pecora. Nel periodo compreso tra ottobre 2017 e luglio 2018 sono state prodotte più di un milione di forme.
Il 95% del latte da cui si ottiene il Pecorino Romano DOP proviene da pecore di razza sarda, note per la loro robustezza e adattabilità. Già nell’antica Roma il Pecorino Romano DOP è stato elogiato per il suo metodo di produzione tradizionale, rispettato scrupolosamente da secoli. Il Pecorino Romano è riconoscibile per il suo tipico sapore aromatico e speziato, e per la crosta marchiata su tutta la superficie, che identifica il nome e la DOP.
Pecorino Sardo Dop è uno dei più antichi formaggi italiani. Il latte utilizzato per la sua produzione proviene esclusivamente da pecore sarde, che pascolano sulle abbondanti praterie della regione. Questo formaggio delizia i suoi amanti con due varianti, differenziate per metodo di produzione, dimensioni, grado di maturazione e qualità organolettiche.
Mentre il “Dolce” pesa circa due chili ed è aromatico e delicato, il “Maturo” pesa tra i tre e i quattro chili ed è più speziato e piccante. Tutte le forme al momento dell’immissione al consumo sono identificate con un contrassegno alfa-numerico posto sull’etichetta che le identifica una ad una.
Il contrassegno verde viene utilizzato per il Pecorino Sardo Dolce, il contrassegno blu per il Pecorino Sardo Maturo. Nel 2018 sono state prodotte 651.951 forme, con un incremento di oltre il 12% rispetto all’anno precedente. Circa il 60% è rappresentato dal Pecorino Sardo Maturo, mentre il 40% dal Pecorino Sardo Dolce.
Fiore Sardo Aop: è sempre stato il formaggio dei pastori sardi. Le sue forme da 3,5 chili sono prodotte con latte di pecora Sarda al 100%. Questa razza locale è ancora oggi allevata all’aria aperta in determinate zone d’Italia. Il formaggio, che può essere consumato anche grattugiato, è una delizia per gli amanti dei formaggi dai forti aromi.
Il nome Fiore pare derivi dall’uso del cardo per favorire la fermentazione, oppure dall’uso di stampi in legno sul cui piatto veniva intagliato un fiore per ornamento e distinguo del formaggio. Tra gennaio e settembre 2018 sono state prodotte 166.350 forme, la maggior parte delle quali sono state consumate nel mercato interno italiano.
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MILANO – L’Abruzzo a Milano. Lo ha portato lunedì 18 febbraio al Westin Palace Hotel il Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo, con la collaborazione dell’Associazione italiana sommelier (Ais). L’evento “We Are. d’Abruzzo: vini e territori diversi, un’unica importante regione vinicola” ha posto l’accento sulle tante uve allevate in Abruzzo, al centro dell’attenzione della nuova generazione di vignaioli.
Si tratta solo del primo appuntamento per il Consorzio di Tutela Vini, fuori dall’Abruzzo. Il primo marzo si terrà infatti a Roma il Seminario “Abruzzo, un patrimonio in bottiglia“, in collaborazione con Fis (Fondazione italiana sommelier), dedicato alla stampa e agli addetti del settore (su invito).
L’evento avrà luogo all’Hotel Rome Cavalieri e sarà dedicato al Montepulciano d’Abruzzo, portabandiera dei vini della regione e tra i più grandi vitigni a bacca rossa diffusi nel mondo.
A guidare l’assaggio Daniela Scrobogna, esperta docente Fis, e il professor Attilio Scienza, che in anteprima assoluta illustrerà i suoi ultimissimi e innovativi studi condotti sul Montepulciano d’Abruzzo presso l’Università degli Studi di Milano.
In degustazione le cantine Azienda Tilli, Il Feuduccio di S. Maria d’Orni, Cantine Mucci, Buccicatino, Terzini, Chiarieri, Cerulli Spinozzi, Tenuta Torretta, Pietrantonj e Citra Vini.
I NUMERI
Disteso tra il mare Adriatico e i massicci del Gran Sasso e della Majella, la produzione vitivinicola abruzzese conta 32 mila ettari vitati, con una produzione annua di 3,5 milioni di ettolitri. Al Montepulciano la parte del leone, con circa l’80% della produzione totale.
Seguono poi il Trebbiano e gli autoctoni Pecorino, Passerina, Cococciola e Montonico. Le aree produttive si concentrano per la quasi totalità nella zona collinare, in particolare nella provincia di Chieti dove ricade il 75% del territorio vitato. Pescara e Teramo interessano il 10%, l’Aquila il 4%.
Clima mite sul versante appenninico, più continentale nei versanti interni. Buona l’esposizione e il clima risulta generalmente mite. I massicci del Gran Sasso e della Majella assicurano escursioni notturne e buona ventilazione, garantendo un microclima unico e straordinario per i viticoltori.
VINI E TERROIR D’ABRUZZO Variegate, invece, le tipologie di terroir. Il sottosuolo di Teramo e Pescara è composto da arenarie e quarzi misti a calcare, che conferiscono vini di grande eleganza e struttura. Quello di Chieti, con terreni argillosi, arenacei e sabbiosi, porta a vini più semplici e di immediata beva.
Il comprensorio Aquilano, meno adatto alla viticoltura, trova aree ideali nelle zone delle marne calcaree della conca Peligna, che conferisce maggior austerità ai vini. La tradizione vitivinicola abruzzese, così antica, variegata e peculiare, è stata raccontata bene, lunedì 18 febbraio, anche attraverso un grande banco d’assaggio.
Ben 43 cantine partecipanti al Westin Palace di Milano, oltre un centinaio di etichette tra Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, ma anche Pecorino, Passerina, Cococciola e Montonico. Ecco i nostri migliori assaggi.
I MIGLIORI ASSAGGI
Lunaria Cantina Orsogna (CH) Pecorino Civitas 2018: 86/100
Raccolta tardiva intorno alla metà di settembre, altitudini di 500 metri, vinificazione e affinamento in acciaio. Nessun inoculo di lieviti e temperature controllate. Giallo paglierino, naso espressivo con agrume, salvia, ginestra, frutta a polpa bianca, pera, uva spina. In bocca sapidità e freschezza, con buona corrispondenza olfattiva.
Cantina Frentana, Rocca San Giovanni (CH)
Abruzzo Pecorino Doc 2018 “Costa del Mulino”: 86/100
Immediata freschezza all’olfazione, rimandi salmastri, poi frutta bianca, pera e agrumi, misti a erbe aromatiche. In bocca buona acidità e medio corpo. Giusta persistenza e gradevolezza al sorso che fanno di questo Pecorino un ottimo vino da abbinamento gastronomico.
Sciarr – Az.Agr. D’Alesio, Città Sant’Angelo (PE) Pecorino Superiore 2015: 86/100 Vendemmia in settembre, vinificazione in bianco con spremitura soffice delle uve, decantazione statica a freddo e fermentazione in acciaio. Affinamento finale in bottiglia per almeno 3 mesi. In bocca fiori di campo, zagara, frutta come il pompelmo. Chiude con finale erbaceo vegetale. In bocca fresco, sapido, di medio corpo e di buon equilibrio gustativo.
Trebbiano d’Abruzzo Doc 2013 “Tenuta del Professore”: 90/100 Fermentazione in acciaio e affinamento per 18 mesi in botti di rovere di allier. Vigne di più di 30 anni su suoli argillosi a medio impasto. Giallo paglierino carico, note di cerale, camomilla, fieno e mallo di noce. Bocca corrispondente, sapidità appena accennata, caldo. Ben equilibrato e di estrema finezza.
Az. Agr. Valori, Sant’Omero (TE) Abruzzo Pecorino Doc 2018: 86/100 Trecento metri sul livello del mare, vendemmia leggermente tardiva a metà settembre. Fermentazione e affinamento in acciaio per un Pecorino classico, schietto, dai sentori marcatamente erbacei e agrumati. Sapido e con una lunghezza e coerenza molto territoriale.
Az. Agr. Rapino Emilio, Francavilla (PE) Trebbiano d’Abruzzo Doc 2016: 92/100
Età dei vigneti di circa 20 anni, a 150 metri sul livello del mare. Ottenuto dal solo mosto fiore, non filtrato. Si presenta paglierino, con naso floreale, erbe di campo, fieno, paglia, mallo di noce, frutta gialla matura, quasi un sentore di litchi. Bocca piena, corrispondente e con un bel finale.
Az. Agr. Barone Cornacchia, Torano Nuovo (TE) Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018: 92/100
Vinificazione a fine settembre, pigiadiraspatura e pressatura soffice, decantazione statica del mosto a 8 gradi centigradi per 24 ore. Poi fermentazione a temperatura controllata in acciaio. Un vino dal colore ipnotico: rosso cerasuolo,. E dai profumi intensi fruttati di fragolina, lamponi, ribes e poi di ciliegia. Sapore fresco, intenso, persistente e fine.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2015 “Vigna le Coste”: 92/100
Vendemmia nella seconda metà di ottobre, selezione manuale dei grappoli per questo vino ottenuto da una piccola antica vigna di varietà Montepulciano. Età media delle piante intorno ai 40-50 anni. Macerazione sulle bucce per 8-9 giorni a temperatura controllata.
Successivo affinamento in botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri per 14 mesi e poi in bottiglia per 6 mesi. Colore rosso rubino carico. Profumo intenso, complesso con sentori di prugna matura, visciola, fino alla confettura. In bocca morbido, persistente, equilibrato ed armonico. Spinge un po’ ancora il tannino ma il sorso è molto piacevole.
Ciavolich Azienda Agricola, Loreto Aprutino (PE) Cerasuolo d’Abruzzo Dop 2018 “Fosso Cancelli”: 93/100
Ottenuto da uve di Montepulciano raccolte a mano, il cui mosto viene lasciato a contatto con le bucce per 24-36 ore. Segue un salasso, prelevando del mosto in fermentazione che viene trasferito in anfora di terracotta. Qui continua la fermentazione spontanea, senza controllo della temperatura.
L’affinamento prosegue sulle fecce nobili in anfora fino all’imbottigliamento. Vino rotondo, morbido, dai sentori confettati e dai profumi fruttati che rimandano al melograno, alla fragolina di bosco e al melone bianco. Intenso, con persistenza da vendere.
Montepulciano d’Abruzzo 2015 “Divus”: 93/100
Ottenuto dai vigneti più vecchi della tenuta, effettua una fermentazione in acciaio per poi affinare in botti da 20 hl e in barrique di vari passaggi, per circa un anno. Dal colore rosso rubino intenso e dal naso intenso e fitto. Forse ancora un po’ chiuso ma dalla prospettiva immensa.
Spiccano sentori di confettura di frutta rossa come ciliegia e prugna con cenni speziati, balsamici e di sottobosco. Frutto polposo e succoso. Lungo e pieno il sorso, ben equilibrato e dalla trama tannica, molto morbida. Finale ampio e persistente.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della Doc Rosso Piceno, un territorio da sempre sottostimato, nonostante le potenzialità pedoclimatiche e la qualità dei vini di molti vignaioli, anche emergenti.
Siamo andati sul posto, percorrendo il triangolo Offida, Ripatransone, Castorano. Abbiamo raccolto sensazioni tattili, olfattive e gustative, direttamente tra i filari e tra le mura delle cantine.
Abbiamo trovato grandi equilibri e grandi finezze, vini complessi e molto territoriali influenzati dal mare e dalla montagna.
Ritorneremo per continuare il tour: in agenda altre piccole ma grandi realtà. Per il momento prendete carta e penna e segnatevi queste.
PODERI SAN LAZZARO L’azienda Agricola Poderi San Lazzaro nasce nel 2003. Paolo Capriotti porta avanti la tradizione di famiglia, nella coltivazione della vite e nella produzione del vino di qualità e si cimenta in quella che a tutt’oggi è diventata la sua principale occupazione.
Ci troviamo nel comune di Offida, il cuore del Rosso Piceno Superiore una delle DOC storiche Italiane. Ottima posizione, in piena collina a circa 300 metri sul livello del mare e a circa 15 Km dall’Adriatico e 25 Km dai monti Appennini. Suoli argillosi su questi crinali ed esposizioni a sud, sud-ovest e nord-ovest.
Qui si risente dell’influenza del mare e delle giuste variazioni termiche tra il caldo diurno e le brezze serali. Si lavora in biologico e la filosofia dell’azienda è rivolta all’estrema cura dei vigneti per ottenere uve di qualità e per garantire il massimo del prodotto in bottiglia.
Paolo Capriotti produce attualmente circa 50 mila bottiglie divise tra uve bianche con Passerina e Pecorino e uve rosse come Montepulciano e Sangiovese in prevalenza ma anche uve Bordò.
Rese sempre intorno ai 70/80 quintali/ettaro , uso di legni vecchi e nuovi francesi , grande pulizia e espressività di un territorio molto vocato per la viticultura che nulla ha da invidiare alla vicina Toscana. Questa realtà del Piceno merita per passione, dedizione e grande intuito di questo “giovane” produttore.
I MIGLIORI ASSAGGI Pecorino Pistillo 2016. 14%vol , stessa densità di impianto a 4000 ceppi/ettaro ma resa più bassa. Qui siamo sui 70 q/ett. Lo scatto rispetto al bianco di apertura è notevole. Esposizione a Nord , terreno argilloso.
Il Pecorino 2016 dopo la fermentazione il 30% della massa affina in legno grande per 7/8 mesi . poi dopo un successivo passaggio in acciaio viene imbottigliato. Il colore è giallo paglierino carico con intensi riflessi dorati. Al naso agrume, cedro, pesca, pera e le caratteristiche note varietali del pecorino come erbe di campo e fiori. In bocca l’attacco è deciso.
Le note fruttate rilevabili al naso, lasciano il posto a sensazioni più mature, note di salvia, sfumature ammandorlate e mineralità. Nel finale torna l’agrumato a sottolineare tipicità e caratteri varietali.
Un vino da tutto pasto che con il salire della temperatura di servizio può offrire sensazioni organolettiche davvero interessanti e complesse. Da bere fresco non freddo. Ottimo rapporto q/p per un vino davvero divertente. Da preferire forse in annate più fresche dove la carica alcolica ben si bilancia con le durezze.
Podere 72 , Rosso Piceno Superiore Doc 2015 . 14.5% vol , Taglio di 50% Montepulciano e 50% sangiovese , il vino perfetto da bere sempre estate fresco e inverno a temp ambiente. Qui rese un po’ più alte sugli 80q/ett per un totale di 15000 bottiglie.
Il Vino della casa per Paolo Capriotti. Vendemmiato prima il sangiovese che porta a maturazione il grappolo con qualche settimana di anticipo rispetto al montepulciano. Le uve vengono vinificate e affinate separatamente passando circa un anno e mezzo in barrique usate e nuove e successivamente assemblate per fare un passaggio in acciaio e quindi arrivare in bottiglia.
Vinificazione a cappello emerso con rimottaggi frequenti. Colore rubino carico , al naso visciola , prugna , spezia e cacao. Ottimo bilanciamento tra le parti morbide e dure è un vino dalla struttura e dalla beva non impegnativa ma golosa. Tannini leggeri e ottima persistenza del reto olfattivo.
Grifola 2013 , Marche rosso Igt. 15%vol Montepulciano 100%. Bassissime rese, siamo circa sui 50 q/ett per un totale di 5000/6000 bottiglie a seconda dell’annata. Vigne di circa 40 anni. Vendemmia a metà Ottobre fermentazione in acciaio con cappello emerso e fino a 4 rimottaggi al giorno.
Verso Dicembre o Gennaio viene portato il barrique nuove di rovere Francese dove rimane per circa 2 anni, successivamente un dopo un passaggio in acciaio rimane in bottiglia altri 18 mesi. Il colore è un rubino intenso , impenetrabile . Il naso è un misto di frutta rossa matura, liquirizia, cacao, il tannino e morbido e non per niente ruvido.
La leggerezza del sorso non fa pensare alla gradazione alcolica in etichetta. Un vino che appare ancora giovane, con una acidità e un corpo che ne garantiscono longevità. Struttura , tanta struttura . Un vino da sorseggiare con calma, da rispettare nei tempi.
Bordo 2014, Marche rosso Igt. Bordò è il nome con cui è chiamato nelle Marche il vitigno grenache. Si tratta di un vitigno tipicamente mediterraneo, che nella zona picena ha trovato un habitat perfetto. Un uva difficile ci racconta Paolo, dall’acino delicato.
In fermentazione bastano 3 giorni di contato che le bucce si rompano e si possa gia svinare. Una caratteristica intrinseca dell’uva questa. Siamo sulle 600 bottiglie prodotte, una vera chicca. Dopo la vendemmia manuale, le uve sono portate in cantina per la fermentazione, che avviene in acciaio a cappello sommerso con frequenti rimontaggi.
Il vino matura poi per metà in legno nuovo e per metà in legno vecchio per circa 2 anni. Dopo un veloce passaggio in acciaio viene imbottigliato. Nel calice ha un colore granato. Il profilo olfattivo è caratterizzato da eleganti note floreali, sentori di macchia mediterranea, aromi di piccoli frutti a bacca rossa, cioccolato bianco, spezie orientali come la cannella e in minor misura la china.
Il sorso è piacevolmente fresco e gustoso anche se non ampissimo, di buona struttura, con tannini maturi e aromi ricchi e complessi. Finale da scorza d’arancia essiccata. Un vino elegante , fine , raffinato che accarezza il palato.
AZIENDA AGRICOLA VALTER MATTONI Valter Mattoni detto “la Roccia” è un personaggio meraviglioso. Decoratore e imbianchino di professione, nel 2006 ha deciso di iniziare sul serio a fare vino, non solo per goderne lui e la sua famiglia come da anni facevano ma per far godere anche noi. Ed ecco la prima annata in commercio, la 2006 appunto.
La sua idea, fare un vino semplice, diretto, senza troppe decorazioni, come il nonno e il padre prima di lui hanno sempre fatto. Una produzione minuscola, siamo nell’ordine delle 7500/8000 bottiglie anno. Artigianali. Preziose. Emozionanti.
I vigneti di proprietà sono Montepulciano, Trebbiano, Sangiovese e Bordò (la grenache marchigiana). Sì, anche Valter fa parte di quel piccolo gruppo di produttori che in un fazzoletto di Piceno coltivano e vinificano l’uva Bordò con grandissimi risultati.
La produzione maggiore è per il Montepulciano, Arshura esce in circa 4000 bottiglie/anno, 1500/1600 bottiglie sono di Trebbiano e solo qualche centinaio per Sangiovese e Bordò. Tre ettari e mezzo la proprietà, esposizioni a sud-est e sud-ovest, a circa 300 metri sul livello del mare , in faccia all’Adriatico.
Terreni argillosi alluvionali come tutta la zona di Castorano (AP) Le piante più vecchie hanno età fino ai 50/60 aa e sono il trebbiano e il montepulciano. In cantina si predilige l’uso di legni usati anche di oltre 4 passaggi. Tutte barrique di legni Francesi .
I MIGLIORI ASSAGGI Arshura, Marche rosso Igt 2015. 15%vol. Fermentazione in acciaio, poi un anno in barrique usate francesi. Rubino profondo con unghia accennata viola, naso su note di visciole, frutta rossa e cacao. Un naso ricco, che evolve con la leggera areazione del calice.
Al palato il tannino è morbido e il finale persiste su note di marasca e su note balsamiche mai stucchevoli. Il sorso è caldo ma i 15 % vol non appesantiscono la beva. L’utilizzo chirurgico del legno lo rende allo stesso tempo ricco e setoso.
Mai invadente in bocca. Verticale ed orizzontale, un sorso pieno su tutti i campi sensoriali. Un grandissimo Montepulciano in purezza. Un puledro adesso, che diventerà un campione di razza tra qualche anno.
Rossobordò 2015. Produzione esigua di circa 300 bott anno. Stessa vinificazione dell’Arshura, fermentazione in acciaio, poi via in barrique vecchie per 2 anni. Nel calice di un rosso rubino, luminoso, quasi trasparente.
I profumi rimandano alla spezia mista al frutto rosso piccolo, fragole appena colte, alternate a cannella e alla cioccolata. Poi un sentore di rose e infine china e rabarbaro. E’ un naso affascinante per eleganza, che si scopre come una timida donna. Non ti stancheresti mai di annusare il calice.
In bocca il tannino è morbido, l’acidità presente, minerale e sapido. Lunghissimo. Ritornano prepotenti le note speziate, con un finale che si addolcisce e chiude in freschezza. Mai pesante.
Il retro olfattivo è un campo aromatico incredibile per armonicità. Un vino giovane ma preciso, chiaro, che non lascia spazio ai tecnicismi, da ascoltare e degustare dentro e fuori dal pasto.
AZIENDA AGRICOLA CAMELI IRENE
La famiglia Allevi, sulle colline del paese di Castorano (AP), riparate dai venti del mare, esposte a sud e particolarmente adatte per la coltivazione e la cura di vitigni, coltiva da oltre 40 anni Sangiovese, Montepulciano, Passerina e Pecorino, vitigni autoctoni di questo territorio con l’aggiunta di un piccolo vitigno di Chardonnay e da pochi anni di uva Bordò (non ancora vinificata).
Una produzione totale di 20000 bottiglie anno. Tre gli ettari totale dell’azienda tutti a circa 200 metri sul livello del mare. Esposizioni a sud e sud est. Un piccolo produttore che fa della semplicità il suo punto di forza.Una bella realtà di una famiglia di vignaioli come una volta, quelli per cui siamo innamorati del vino.
I MIGLIORI ASSAGGI Pecorino Gaico 2016. 13,5 % vol, densità di 6 mila ceppi/ettaro per resa 60 q/ettaro. Vigne giovani. Fermentazione e affinamento sempre in acciaio per 6-8 mesi. Poi una sosta di altri 6 mesi minimo in bottiglia.
Colore giallo paglierino carico, sentori di frutta a pasta gialla, note che con la sosta nel bicchiere e il lieve rialzo della temperatura sconfinano quasi in un leggero tropicale. Erbe aromatiche sul finale. In bocca è rotondo, acidità ben bilanciata, finale lungo.
Conte 2017, Rosso Piceno Doc. 14%vol. 50 % Montepulciano, 50% Sangiovese. Fermentazione malolattica e affinamento sempre in acciaio. Sosta di 6-8 mesi in vasca poi assemblate le masse e imbottigliato.
Rosso Rubino carico con riflesso violaceo. La nota olfattiva è caratterizzata da profumi complessi di fiori, con una nota predominante di rosa e violetta poi frutta rossa ciliegia, fragola ma anche more e susina.
Finemente tannico al palato e con un’acidità perfettamente bilanciata. Un vino quotidiano che unisce il corpo del montepulciano all’eleganza del Sangiovese. Un best buy.
Paià 2016 , Rosso Piceno superiore Doc. 13,5 % vol. Montepulciano 70 %, Sangiovese 30 %. Vinificazione in acciaio poi affinamento in barrique usate solo per il Montepulciano. Il Sangiovese affina sempre in vasca di acciaio.
Colore Rubino carico e naso potente. Frutta rossa matura , caffè e una nota di spezia. Un vino dal corpo e dalla freschezza armoniose. Bello il tannino che si fa sentire senza invadere.
In bocca in prevalenza le durezze sulla parte morbida non stancano il palato. Un vino da pasto, da grigliata. Ottimo servito qualche grado sotto i canonici 18°.
AZIENDA AGRICOLA LE CANIETTE La realtà della famiglia Vagnoni è sicuramente una delle più conosciute qui nel territorio Piceno. Giovanni Vagnoni, seguendo le orme del nonno prima e del padre poi, nei primi anni ’90 entra in azienda e inizia a introdurre tutte quelle novità tecnologiche ed imprenditoriali che hanno reso Le Caniette conosciute ed apprezzate sul territorio e nel mondo.
Attualmente l’Azienda si estende per un totale di 20 ettari di cui vitati circa 16. Siamo a Ripatransone (AP) in una posizione limitrofa e perpendicolare al mare, le vigne godono di molti elementi favorevoli che le rendono uniche perché particolare è il microclima, come lo è la conformazione del terreno, composto da depositi sabbiosi e conglomeratici di tetto (Pleistocene inferiore). Un’azienda certificata biologica dal 1996.
I MIGLIORI ASSAGGI Lucrezia 2017 , Marche Passerina Igt. 12,5% vol. Bassa densità di impianto , siamo sui 400 ceppi per ettaro ma rese da 90/100 q/ettaro. dopo la vendemmia viene mantenuta per 10 gg a 0° C, sussegue diraspatura e spremitura molto soffice in assenza di ossigeno, pulizia dei mosti statica, fermentazione a temperatura controllata di circa 15 °C per circa 30 giorni. Affinamento in acciaio per circa 3 mesi.
E’ una Passerina diversa dalle solite scialbe e anonime che spesso si trovano in zona. E’ una bella bottiglia da ingresso di serata. Il colore è un giallo paglierino scarico ma il naso è intenso, ricco di frutta bianca fresca. In bocca sapidità e mineralità preparano la bocca e la stuzzicano. Discreta persistenza.
Chiediamo a Giovanni qual è quel tocco che rende questa Passerina una bottiglia che non passa inosservata e lui ci confida che dopo la spremitura del mosto fiore del pecorino circa 10/15 % della massa rimasta viene aggiunta alla Passerina conferendole quella struttura aromatica che per natura alla varietà manca. Piaciuta molto.
Morellone 2013 , Rosso Piceno Sup Doc. 13,5% vol ; 30% Sangiovese – 70% Montepulciano. Macerazione dai 6 ai 9 giorni in acciaio, affinamento e malolattica in barrique usate per 2 anni, un passaggio in cemento per fare la massa e poi ulteriori 2 anni di nuovo in acciaio. Terreno misto sciolto con presenza di calcare dai 280 ai 380 metri di altitudine.
Siamo sui 5000 ceppi per ettaro con rese di 60 quintali per ettaro. Rubino intenso, naso esplosivo caratteristico del montepulciano , marasca, prugna e spezia fino al cacao. In bocca è rotondo con corpo e struttura ben bilanciata dalla freschezza del Sangiovese.
Armonico al palato. Tannino giustamente levigato. Bella persistenza. Un gran vino, che si gusta meglio con qualche anno di bottiglia che lo rende ulteriormente armonico e leggero alla beva.
Cinabro 2013 , Marche Rosso Igt. 13,5 % vol. 100% Uva Bordò, (clone di Grenache) con piante di oltre 100 anni da un vigneto riscoperto poco distante dalla cantina. Vendemmia a fine agosto breve macerazione in tini di legno per 8 giorni, affinamento e malolattica in mezze barrique ( da 115 l) per 3 anni.
Poi sosta di un anno minimo in bottiglia. Cinquemila ceppi per ettaro a cordone speronato per una resa irrisoria di circa 12 quintali. Granato da manuale nel calice. Naso affascinante, mai sentita una china cosi netta.
Rabarbaro, chinotto, spezia, erba medicinale, poi agrume e un accenno di frutta rossa. E’ splendida l’evoluzione . In bocca è un fazzoletto di seta, entra elegante ed esplode. Sorso verticale dalla persistenza infinita.
La nota aranciata quasi da scorza essiccata ritorno sul finale donando freschezza e pulizia. Una bottiglia da bere con calma, senza fretta, anche fuori dal pasto. Una meraviglia.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Sono aperte le iscrizioni per la quinta edizione della Mangialonga Picena, la passeggiata gourmet lungo i vigneti e le campagne di Offida (AP) alla scoperta dei vini e dei prodotti tipici del territorio in compagnia di chef, vignaioli, piccoli produttori e tanta musica. L’edizione 2018 della manifestazione è in programma domenica 22 luglio e proporrà dieci golosissime tappe lungo un affascinante percorso di 6,5 km tra paesaggi incontaminati e sapori genuini.
IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE
Il punto di ritrovo sarà la Piazza de Popolo di Offida: da qui si partirà in piccoli gruppi, dalle 10.30 alle 14, dopo aver ricevuto il kit ufficiale della passeggiata. Una sfiziosa composizione di prosciutto, fichi e pecorino del Ristorante Attico sul Mare abbinata ai vini della cantina San Giovanni di Offida sarà l’aperitivo di inizio giornata che i partecipanti potranno gustare nella vicina Enoteca Spazio Vino (Chiostro San Francesco) prima di salire a bordo del bus navetta che li condurrà alla Tenuta Cocci Grifoni.
Da qui il percorso continuerà a piedi tra i filari dell’Offida Docg, non prima però di aver assaporato la pizza “L’orto estivo” del Morrison’s Pub e le pallottine di quinoa, cacio, ovo e datterini dello chef Luca De Cesaris (Ristorante Al Piccolo Teatro) sorseggiando un calice di vino della cantina ospitante. La terza tappa della Mangialonga Picena 2018 vedrà protagonisti alla cantina Ciù Ciù i tradizionali fritti ascolani reinterpretati in chiave moderna dagli chef Sabrina Tuzi (Degusteria del Gigante) e Gianmarco Di Girolami (Blob Caffè&Ristorant) che proporranno rispettivamente una parmigiana e maionese di mare e un pollo, zenzero, olive e anguria sulle note e suggestioni musicali e artistiche di DueDarte.
Due primi d’autore, vini eccellenti, il folk e lo swing del Trio Fidanza accoglieranno gli enogastronauti all’azienda agricola Aurora. Lo chef Roberto Di Sante (Caffè Meletti) servirà una rosetta al ragù bianco con pomodoro alla brace, piselli, parmigiano liquido e terra di oliva tenera, mentre Alcide Andrea Romani (Ristorante La Croisette) presenterà la sua interpretazione della pasta al tonno.
Tra il verde del Boschetto del Fiobbo il mastro gelatiere Fabio Bracciotti (Sorbetteria Crème Glacée) proporrà il suo Sharbat, un gelato al pistacchio e caffè in versione alcolica (con cocco e Anisetta) o analcolica (con cocco rapè) prima della salita che condurrà alla cantina Paolini e Stanford. Qui, seduti nella splendida terrazza panoramica e sulle note swing della band I Pinguini, si potranno gustare il “Rosbif” con cicoria e piselli dello chef Daniele Citeroni Maurizi (Osteria Ophis) e il “Coniglio” dello chef Nikita Sergeev (Ristorante L’Arcade) prima di passare alla selezione di formaggi marchigiani d’eccellenza proposta dalle aziende agricole Fontegranne, Caprì e Campagnolo da abbinare ai vini dell’azienda San Filippo nel giardino dell’omonima chiesa.
Dopo questo pieno di sapori il bus navetta trasporterà i partecipanti fino al borgo di Offida per il gran finale della manifestazione. Davanti al locale Vi/Strò lo chef Andrea Mosca (Ristorante Marili) servirà un aspic di frutta con meringa, timo e basilico da gustare con i vini di Tenuta La Riserva, mentre al Ciù Ciù showroom a deliziare i camminatori saranno la cheesecake al caffè su frolla all’anice della chef Maria Elena Cicchi (Villa Cicchi) servita con il Meletti Mule (Amaro Meletti, succo di lime e Ginger beer Bibite Paoletti) dell’azienda Meletti Silvio.
Nel punto di arrivo in Piazza del Popolo sarà allestita una galleria di eccellenze picene: il vin cotto dell’azienda Colline Offidane, il liquore de Il Caffè del Marinaio, il funghetto offidano di Fior di Farina, le bionde e le rosse del Birrificio artigianale Carnival, l’elisir di lunga vita dell’Anisetta Rosati e il caffè di Orlandi Passion. Ogni tappa prevede varianti vegetariane e senza glutine da richiedere al momento dell’iscrizione alla Mangialonga Picena 2018, i vini proposti sono la Passerina, il Pecorino, il Montepulciano e altre tipologie dell’Offida Docg e del territorio.
E’ già possibile iscriversi alla manifestazione – fino a esaurimento posti – direttamente sul sito web www.mangialongapicena.it. Sconti per le iscrizioni entro il 31 maggio. In caso di maltempo l’evento si terrà domenica 29 luglio con lo stesso programma.
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Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo sul podio dei vini più venduti nei supermercati italiani. E’ quanto emerge dalla ricerca elaborata per Vinitaly dall’istituto di ricerca IRI sui consumi di vino nella Grande distribuzione nel 2017.
Gli italiani hanno acquistato 648 milioni di litri nella Grande distribuzione, il canale di vendita principale del vino, per un valore che vede il traguardo dei 2 miliardi di euro (1 miliardo e 849 mila milioni di euro), dati inclusivi dei Discount.
Vini bianchi fermi, vini a denominazione d’origine, vini regionali, spumanti secchi. Questi i vini preferiti nel 2017. I rossi più richiesti provengono da Toscana, Emilia Romagna, Piemonte. I bianchi da Veneto, Trentino, Sicilia.
I NUMERI
Tra i vini i cui acquisti crescono a doppia cifra: Grillo (Sicilia), Primitivo (Puglia), Ortrugo (Emilia Romagna), Ribolla (Friuli Venezia Giulia), Valpolicella Ripasso (Veneto), Cortese (Piemonte), Passerina (Marche), Chianti Classico (Toscana), Cannonau (Sardegna), Pecorino (Abruzzo/Marche), Falanghina (Campania). Mentre i campioni assoluti rimangono Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo.
Le bottiglie da 0,75 a denominazione d’origine crescono nel 2017 del 2% rispetto all’anno precedente con 280 milioni di litri venduti. Gli spumanti (e champagne) aumentano del 4,9% con 68 milioni di litri. Da notare anche la performance del rosato frizzante che cresce del 3,9%.
Prosegue il trend negativo dei “bottiglioni” (fino a 2 litri) che perdono un ulteriore 2,5%, mentre i brick registrano una flessione dello 0,6%. In crescita il formato “bag in box”, ancora di nicchia: +5,4%.
In forte crescita le vendite di vino e spumante biologico che superano i 4 milioni di litri venduti, confermando un percorso che ha ancora ampi margini di crescita.
“Se la quantità di vino acquistato nella Grande Distribuzione è stabile da anni – spiega Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI, coordinatore della ricerca – i consumatori mostrano di apprezzare le novità, accogliendo favorevolmente le proposte delle cantine”.
“I vini a denominazione d’origine vendono 5,5 milioni di litri in più nel 2017 – continua Romano – così come crescono bollicine e vini bianchi, inoltre aumentano le tipologie regionali che si fanno apprezzare ogni anno per i tassi di crescita. I Vini emergenti si fanno apprezzare per posizionamenti di prezzo non bassi (oltre la metà superiore a 4 euro) e questo è un aspetto positivo perché dimostra la disponibilità del consumatore a premiare novità e valore“.
IL FENOMENO SPUMANTI “Il successo degli Spumanti ha spinto molte cantine a dedicarsi a questo prodotto – conclude Romano – ormai sulla via della destagionalizzazione nella versione Secco. Infine, i prezzi nel 2018 dovranno sostenere una sfida non banale a causa della vendemmia 2017 poco generosa ed al conseguente rialzo atteso”.
“La grande distribuzione organizzata si mantiene un canale di vendita molto importante per il mercato italiano – commenta Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – capace di far emergere nuovi vini e territori e di assecondare nel tempo la richiesta di prodotti di maggiore qualità anche per il consumo quotidiano”.
“Un’evoluzione che Vinitaly sta seguendo negli anni, diventando il luogo di analisi e confronto tra Gdo e settore enologico e soprattutto proponendo alle cantine espositrici incontri B2B con i buyer delle insegne della distribuzione organizzata. Con l’International Packaging Competition Vinitaly da oltre venti anni promuove la cultura del comunicare con efficacia attraverso l’etichetta e la confezione il valore del prodotto”.
L’appuntamento a Vinitaly è per il 16 aprile, alla tavola rotonda di approfondimento sulle vendite di vino nella Gdo, con focus quest’anno sul mercato del vino italiano nei supermercati Usa. Il 16 e 17 aprile in calendario gli incontri B2B del Gdo Buyers’ Club.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
PIACENZA –Da sabato 10 a lunedì 12 febbraio 2018, a Piacenza Expo, 150 vignaioli italiani ed europei presentano i propri vini “da agricoltura biologica, biodinamica e sostenibile”.
Particolare attenzione sarà dedicata ai vini della Calabria. Una regione tutta da scoprire nel panorama enologico italiano.
Gli stand saranno aperti sabato 10 febbraio dalle 12 alle 18, domenica 11 febbraio dalle 10 alle 18 e lunedì 12 febbraio dalle 12 alle 18 (ingresso 15 euro).
Per gli operatori Horeca (ristoratori, enotecari, addetti ai lavori) sono previste modalità di accesso agevolate, previa registrazione entro lunedì 5 febbraio 2018 sul sitowww.sorgentedelvinolive.org.
L’EVENTO Sorgentedelvino Live è dal 2008 sinonimo di assaggi, degustazioni, incontri. Con la possibilità di acquistare direttamente dal produttore. “Il modo migliore per scoprire il vino che si affida alla natura, per arrivare dall’uva alla bottiglia”, assicurano gli organizzatori Paolo Rusconi, Barbara Pulliero e Francesco Amodeo.
“In queste dieci edizioni di Sorgentedelvino Live – continua l’organizzazione – abbiamo fatto conoscere tanti vignaioli, ma sono sempre più numerosi i produttori che scelgono la strada delle ‘vinificazioni all’antica’. Abbiamo osservato anche un netto miglioramento della qualità, segno di una maggiore padronanza delle tecniche di vinificazione sia da parte dei vignaioli più affermati che da parte dei tanti giovani che si sono avvicinati a questo lavoro”.
Gli oltre 800 vini proposti in assaggio a Sorgentedelvino Live rappresentano “un vero e proprio viaggio del gusto capace di sorprendere anche i winelover con più esperienza”. Ma perché portare in tavola vini naturali?
“Sono più buoni sia in bocca che con l’ambiente, tutto qui!”, risponde il team di Sorgentedelvino Live. Oltre ai vini sono stati selezionati prodotti tipici di “artigiani del cibo”: formaggi, salumi, conserve, dolci e tante altre golosità.
FOCUS SULLA CALABRIA: I PROTAGONISTI La punta dello stivale d’Italia è sulla scena enologica nazionale con un ruolo sempre più di rilievo, con una produzione vinicola dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, estremamente legata al territorio.
Quest’onda di cambiamento, partita dai vignaioli della Cirò Revolution, ha contagiato tutta la Calabria. E a Sorgentedelvino Live si potranno gustare i vini dei principali territori calabresi: da Cirò all’Aspromonte e al Pollino, i prodotti tipici di agricoltori e allevatori che hanno scelto “il rispetto per l’ambiente e il recupero delle tradizioni”.
La Calabria si presenterà al gran completo con i suoi vini, accompagnati da ‘nduja, ciccìa, maccarruni, pecorino, formaggi di capra e molto altro. E insieme ai sapori, il ritmo dei tamburelli e dalla musica “arcaica” della zampogna, con il suonatore popolare Giuseppe Ranieri in trio e le struggenti e impressionanti immagini fotografiche di Marco Zanella (Cesura), uno dei più interessanti collettivi fotografici sulla scena italiana.
Da San Marco Argentano (CS) in arrivo i vignaioli L’Acino, Ciavola Nera e Masseria Perugini. Dalle terre di Saracena, ancora in provincia di Cosenza, portano i propri vini Cantine Viola, Diana e Giuseppe Calabrese.
Ed ecco anche i protagonisti della Cirò Revolution, accompagnati da nuovi compagni di strada: ‘A Vita, Sergio Arcuri, Cataldo Calabretta, Cote di Franze, Fezzigna, Scalae Tenuta del conte.
Scendiamo verso la punta dello stivale per incontrare i vini di Altomonte e Cantine Lucà dalla provincia di Reggio Calabria. Accanto a loro i sapori tipici di Agriturismo il Biscardino, l’olio extravergine d’oliva di Timpa dei Lupi e i formaggi dei piccoli caseifici Santanna e Masseria de Tursi.
Nella giornata di domenica, a Sorgentedelvino Live è prevista una degustazione guidata attraverso i vini calabresi condotta da Matteo Gallello di Porthos (posti limitati, prenotazione consigliata) e un incontro di approfondimento dedicato all’antica tradizione del “Moscato di Saracena” a cura di Claudio Viola.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Con 15 mila accessi in 16 ore, il Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi di Piacenza 2017 passerà alla storia come quello della “transizione”. Un passaggio dal “sogno” alla “consapevolezza” per gli oltre 500 produttori riuniti sotto la guida di Matilde Poggi.
Una realtà, Fivi, con la quale il vino italiano ha ormai l’obbligo di confrontarsi. Più che nei due giorni di “Fiera”, nei 363 giorni restanti. Sburocratizzazione, sviluppo dell’enoturismo, riscoperta e valorizzazione dei vitigni autoctoni dimenticati. Le battaglie di Fivi trovano a Piacenza (e da quest’anno, per la prima volta, anche a Roma) un teatro ideale dal quale gettare sfide concrete al Made in Italy enologico.
Non a caso, il Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017 è stato contraddistinto dal motto “Scarpe grosse, cervello Fivi“. Come a sottolineare l’appartenenza alla “terra” delle battaglie portate avanti da Poggi&Co. A Roma come a Bruxelles, spesso al posto di sindacati blasonati, ma attenti più agli equilibri di potere che agli interessi della “base”.
Eppure, qualche scaramuccia interna ha preceduto anche il Mercato dello scorso weekend. Gli esiti più evidenti nell’assemblea di domenica mattina, quando la maggioranza dei vignaioli ha votato per l’estromissione dalla Federazione delle Srl “partecipate” da altri gruppi.
Di fatto, come precisa la stessa Fivi, “non è stato (ancora, ndr) fatto fuori nessuno. E’ stato approvato il nuovo regolamento e ora la Federazione nazionale valuterà le situazioni caso per caso, con l’aiuto delle delegazioni regionali”. Tradotto: per belle realtà come Pievalta, c’è ancora da sperare.
VINI E VIGNAIOLI Che qualcosa sia cambiato, lo si avverte pure dall’altra parte dei banchetti. Osservando alcuni vignaioli e raccogliendo i loro commenti. Se un “bravo ragazzo” come Patrick Uccelli di Tenuta Dornach arriva a proporre sui social: “Tra 5 anni… Mercato dei vini FiVi solo per privati. Vinitaly solo per operatori. Sogno o realtà?”, ci sarà un motivo.
“Non stavo pensando a me – precisa poi il produttore altoatesino – pensavo a come poter far convergere le diverse aspettative/necessità delle due categorie, che solitamente in queste manifestazioni si sovrappongono per sommo dispiacere di entrambe”. Nulla di più sbagliato.
L’episodio (ben più grave) vede invece protagonista Nunzio Puglisi della cantina siciliana Enò-Trio. Che alla nostra richiesta di precisazioni sulle caratteristiche del vigneto di Pinot Noir sull’Etna, risponde stizzito: “Per un’intervista prendete un appuntamento per telefono o via mail e veniteci a trovare in cantina”.
“Ma siamo di Milano!”, precisiamo noi. “Sto lavorando, non ho tempo”, la risposta del fighissimo vignaiolo Fivi che ci scansa, rivolgendo la parola a un altro astante. Una macchia indelebile sull’altissimo tasso di “simpatia” e umiltà tangibile tra i vignaioli dell’intera Federazione.
Per fortuna, oltre agli incontri-scontri con vignaioli evidentemente troppo “fighi” per essere “Fivi”, il Mercato 2017 è stato un vero e proprio concentrato di “vini fighi”. Ve li riassumiamo qui, in ordine sparso. Ognuno meritevole, a modo suo, di un posto sul podio.
I MIGLIORI ASSAGGI 1) Bianco Margherita 2015, Cantine Viola (Calabria): Guarnaccia bianca 65%, Mantonico bianco 35%. Una piccola parte di Guarnaccia, a chicco intero e maturazione leggermente avanzata, viene aggiunta in acciaio a fermentazione partita. Bingo. Nota leggermente dolce e nota iodica perfettamente bilanciate. Vino capolavoro.
2) Verdicchio dei Castelli di Jesi 2015 “San Paolo”, Pievalta (Marche): Un tipicissimo Verdicchio, che matura 13 mesi sulle fecce fini e altri 7 in bottiglia, prima della commercializzazione. Lunghissimo nel retro olfattivo. Vino gastronomico. Nel senso che fa venir fame.
3) Vigneti delle Dolomiti Igt 2015 “Maderno”, Maso Bergamini (Trentino): Bellissimo esempio di come si possa produrre un vino “serio” e tutt’altro che “scimmiottato”, con la tecnica del “Ripasso” o del “Rigoverno”, veneto o toscano. Un vino prodotto solo nelle migliori annate, facendo rifermentare le uve Lagrein (già vinificate) sulle vinacce ancora calde di Teroldego appassito su graticci per 60 giorni.
Teroldego e Lagrein affinano poi assieme per un anno, in barrique di rovere francese, prima di essere imbottigliate nell’estate successiva. Il risultato è Maderno: vino di grandissimo fascino e di spigolosa avvolgenza.
4) Erbaluce di Caluso Spumante Docg Brut 2013 “Calliope”, Cieck (Piemonte): C’è chi fa spumante per moda e chi lo fa perché, a suggerirlo, sono territorio e uvaggio allevato. Dopo Merano, premiamo la splendida realtà piemontese Cieck anche al Mercato Fivi 2017.
Tra i migliori assaggi, questa volta, lo sparkling dall’uvaggio principe della cantina: l’Erbaluce di Caluso. La tipicità del vitigno è riconoscibile anche tra i sentori regalati dai 36 mesi di affinamento sui lieviti. Uno spumante versatile nell’abbinamento, ma più che mai “vero” per quello che sa offrire nel calice.
5) Sannio Rosso Doc 2010 “Sciascì”, Capolino Perlingieri (Campania): La bella e la bestia in questo fascinoso blend prodotto da Alexia Capolino Perlingieri, donna capace di rilanciare un marchio di prestigio della Campania del vino, come cantina Volla.
“Sciascì” coniuga la struttura “ossea” dell’Aglianico e la frutta avvolgente tipica dell’autoctono Sciascinoso. Rosso rubino, bel tannino in evoluzione, frutto elegante. Due anni in botte grande e tre in bottiglia per un vino di grande prospettiva futura.
6) Pecorino Igt Colline Teatine 2016 “Maia”, Cantine Maligni (Abruzzo): Forse l’azienda che riesce a colpire di più, al Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi, per la completezza dell’offerta e lo sbalorditivo rapporto qualità-prezzo (6 euro!).
Cantine Maligni – realtà che ha iniziato a imbottigliare nel 2011 e lavora 10 ettari di terreno, sotto la guida di Fabio Tomei – porta al tavolo un fenomeno su tutti: il Pecorino Maia, non filtrato.
Giallo velato con riflessi verdolini, profuma di frutta matura, mela cotogna, pera Williams. Note morbide che traggono in inganno, materializzando la possibilità di un’alcolicità elevata.
Maia si assesta invece sui 12,5% e regala un palato stupefacente, pieno, ricco, “ciccione”, con frutta e mineralità iodica perfettamente bilanciate. Un altro vino che fa venir fame del corretto abbinamento gastronomico.
7) Spumante Metodo Classico Pas Dosè 2010, Vis Amoris (Liguria): E’ il primo spumante metodo classico prodotto al 100% da uve Pigato. E la scelta pare più che azzeccata. Una “chicca” per gli amanti di vini profumati ma taglienti come il Pigato.
Coraggioso, poi, produrre un “dosaggio zero”. Segno del rispetto che Roberto Tozzi nutre nei confronti dei frutti della propria terra, che non stravolge nel nome delle leggi di un mercato che avrebbe preferito – certamente – più “zucchero” e più facilità di beva.
Intendiamoci: il Pigato Pas Dosè di Vis Amoris va comunque giù che è una bellezza. Ammalia al naso, come in Italia solo i migliori Pigato sanno fare. Per rivelare poi una bocca ampia, evoluta, di frutti a polpa gialla e mandorla. Sullo sfondo, anche una punta di idrocarburo (al naso) e un filo di sentori tipici del lievito, ben contestualizzati nel sorso.
8) Terre Siciliane Igp 2014 “Sikane”, Baronia della Pietra (Sicilia): Altra bellissima realtà fatta di passione e competenza, già incontrata da vinialsuper al Merano Wine Festival 2017. Tra i migliori assaggi del Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017 brilla anche il vino rosso “Sikane”, blend di Nero d’Avola e Syrah (60-40%). Dieci mesi in barrique, minimo 3 in bottiglia prima della commercializzazione.
Altro vino dall’ottimo rapporto qualità-prezzo, prodotto in zona Agrigento dalla famiglia Barbiera. Un rosso che si fa apprezzare oggi per l’eleganza: del tannino, nonché delle note fruttate pulite e nette. Una bottiglia “Made in Sicilia” da dimenticare in cantina e riscoprire tra qualche anno.
A dicembre sarà invece imbottigliato il Nero d’Avola-Merlot passito di Baronia della Pietra, in commercio a partire da marzo 2018. Bottiglie da 0,50 litri, “rotondeggianti”. Vendemmia 2015, 16-17% d’alcol in volume. Viste le premesse, si preannuncia una scommessa vinta in partenza. Ma ne parleremo nei prossimi mesi, dopo averlo testato.
9) Lappazucche, Berry And Berry (Liguria): “Pietra, fatica e passione” costituiscono il fil rouge di questa curiosa cantina di Balestrino, in provincia di Savona, condotta da Alex Beriolo. Un marketing fin troppo “spinto” sul packaging, forse, rischia di incuriosire il consumatore in maniera troppo “leggera”. Alla Berry And Berry, invece, si fa davvero sul serio. Si sperimenta e si valorizza vitigni autoctoni a bacca rossa come il Barbarossa, che rischiano di scomparire.
Lappazucche è appunto un blend, composto all’80% da Barbarossa e al 20% da Rossese, vinificati in acciaio. Le uve di Barbarossa, sulla pianta, sembrano Gewurztraminer per il loro colore rosa. Una nuance leggera, che ritroviamo anche nel calice.
Una tonalità che comunica la delicatezza del vitigno Barbarossa e del fratello Rossese, dotato di buccia poco spessa e particolarmente esposto al rischio malattie. Questo, forse, il senso di un calice che sembra parlare della fragilità della terra, in balia delle scelte dell’uomo.
Se è vero che Fivi è anche filosofia, Lappazucche potrebbe esserne il simbolo ideale. E quei richiami speziati, percettibili nel retro olfattivo e tipici del Rossese, la metafora perfetta delle battaglie ancora da intraprendere. Con coraggio.
10) Falanghina del Sannio Doc 2012 “Maior”, Fosso degli Angeli (Campania): Poche parole per descrivere un capolavoro. Un vino completo, a cui non manca davvero nulla. Neppure il prezzo, ridicolo per quello che esprime il calice. Naso tipico, giocato su richiami esotici.
Palato caldo, ricco, ampio, corrispondente, con l’aggiunta di una vena minerale che conferisce eleganza e praticità alla beva. Di Fosso degli Angeli, ottimo anche il Sannio Rosso Dop Riserva 2012 “Safinim”, ottenuto da Aglianico e Sangiovese cresciuti a 420 metri d’altezza sul livello del mare.
11) Azienda Agricola Alessio Brandolini (Lombardia): Dieci ettari ben distribuiti in due aree, suddivise con rigore scientifico per la produzione di Metodo Classico e vini rossi. L’Azienda Agricola Alessio Brandolini è una di quelle realtà tutte da scoprire in quel paradiso incastonato a Sud di Milano che è l’Oltrepò Pavese.
Alessio ci fa assaggiare in anteprima un Pas Dosè destinato a un futuro luminoso. Chiara l’impronta di un maestro come Fabio Marazzi, vero e proprio rifermento oltrepadano per tanti giovani che, come Brandolini, lavorano nell’umile promozione di una grande terra di vino, capace di sfoderare spumanti Metodo Classico degni dei più prestigiosi parterre enologici.
Di Brandolini, ottima anche la Malvasia secca “Il Bardughino” Provincia di Pavia bianco Igt: un “cru” con diverse epoche di maturazione che dimostra la grande abilità in vigna (e in cantina) di questo giovane vigneron pavese.
Da assaggiare anche il Bonarda Doc “Il Cassino” di Alessio Brandolini. Sì, il Bonarda. Quello che in pochi, in Oltrepò, sanno fare davvero bene come lui.
12) Calabria Igp 2013 “Barone Bianco”, Tenute Pacelli (Calabria): Chi è il Barone Bianco? Di certo un figuro insolito per la Calabria. Ma così “ambientato”, da sembrare proprio calabrese. Parliamo di Riesling, uno dei vitigni più affascinanti al mondo. Giallo brillante, frutta esotica matura e una mineralità che, già al naso, si pregusta prima dell’assaggio.
Al palato, perfetta corrispondenza con il naso. Un trionfo d’eleganza calabrese, per l’ennesimo vino Fivi “regalato”, in vendita a meno di 10 euro. “Barone bianco” è anche la base di uno spumante, “Zoe”, andato letteralmente a ruba a Piacenza.
Interessantissimo, di Tenute Pacelli, piccola realtà da 20 mila bottiglie che opera a Malvito, in provincia di Cosenza, anche il “taglio bordeaux-calabrese”, la super riserva 2015 “Zio Nunù”: Merlot e Cabernet da vigne di oltre 40 anni che, come per il Riesling, fanno volare la mente lontana da Cosenza. Verso Nord, oltre le Alpi.
13) Frascati Docg Superiore Riserva “Amacos”, De Sanctis (Lazio): Altro vino disorientante, altra regione italiana dalle straordinarie potenzialità, molte delle quali ancora da esprimere. Dove siamo? Questa volta nel Lazio, a 15 chilometri da Roma. Più esattamente nei pressi del lago Regillo. Per un Frascati da urlo, ottenuto dal blend tra Malvasia puntinata e Bombino bianco.
Un invitante giallo dorato colora il calice dal quale si sprigionano preziosi sentori di frutta matura. E’ l’antipasto per un palato altrettanto suadente e morbido, ma tutt’altro che banale o costruito. Anzi. I terreni di origine vulcanica su cui opera De Sanctis regalano una splendida mineralità a un Frascati fresco, aristocratico e nobile.
14) Verticale Valtellina Superiore Sassella Docg “Rocce Rosse”, Arpepe: Ve ne parleremo presto dell’esito, entrando nel merito di ogni calice, della verticale “privata” condotta a Piacenza Expo da Emanuele Pelizzatti Perego, “reggente” di quello scrigno enologico lasciato in eredità dal padre Arturo. Un vino, “Rocce Rosse”, già entrato di diritto nella storia dell’enologia italiana e mondiale. Un rosso proiettato nel futuro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(4 / 5) Sotto la lente di vinialsuper il Pecorino Terre di Chieti Igt 2016 Val di Fara di cantine Spinelli, già affrontata per la recensione del rosso Montepulciano.
Un’azienda nata nel 1973 grazie a Vincenzo Spinelli, oggi nelle mani dei figli Carlo e Adriano. Attualmente i volumi produttivi si attestano attorno ai 5 milioni di bottiglie.
La zona di produzione è l’Abruzzo, nel cuore della provincia di Chieti, tra il massiccio della Maiella e il mare Adriatico. Un territorio particolarmente vocato alla coltivazione della vite. Cinquanta gli ettari di proprietà di cantine Spinelli, che può anche contare su 30 in affitto.
LA DEGUSTAZIONE Nel calice, Pecorino Terre di Chieti Igt Val di Fara 2016 si presenta di un giallo paglierino brillante e abbastanza consistente. Al naso è intenso e complesso, con un bouquet che spazia dalla frutta esotica matura (ananas) alla pesca a polpa bianca, passando per i fiori gialli come la mimosa.
Al gusto, il Pecorino Igt di cantine Spinelli si rivela caldo, morbido, ma con una piacevole freschezza nel finale. Un vino abbastanza persistente che potremmo definire “pronto”: capace dunque di evolversi ulteriormente in bottiglia. Ottimo come aperitivo, si abbina bene con tutta la cucina a base di pesce, pietanze delicate a base di carne e verdure con cotture semplici.
LA VINIFICAZIONE Pecorino in purezza, vitigno autoctono abruzzese, coltivato in terreni collinari di tipo argilloso e calcareo, con altitudine media di 250 metri. Dopo una breve macerazione a freddo del mosto, si procede con la pigiatura soffice e la fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox. La commercializzazione inizia dal gennaio dell’anno successivo a quello di vinificazione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Record storico nelle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy che nel 2017 hanno fatto segnare un balzo del 10%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata all’apertura di Tuttofood, alla Fiera di Milano, sulla base dei dati Istat sul commercio estero a gennaio 2017 che migliora il dato mensile dello scorso anno dopo che nell’intero 2016 era stato raggiunto il massimo di sempre di 38,4 miliardi di euro.
Il prodotto alimentare italiano piu’ apprezzato all’estero – sottolinea la Coldiretti – è il vino con un valore di 5,6 miliardi nel 2016, seguito dalla frutta fresca e trasformata con 4,6 miliardi, dagli ortaggi freschi e trasformati per 3,7 miliardi, da animali, carni e salumi per 3 miliardi, latte e derivati per 2,7 miliardi, la pasta con 2,3 miliardi e olio di oliva per 1,2 miliardi
Quasi i due terzi delle esportazioni nel 2017 interessano i Paesi dell’Unione Europea con il mercato comunitario che aumenta del 6%, ma il Made in Italy a tavola continua a crescere su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania. Un balzo del 59% si registra in Russia dove tuttavia i valore restano contenuti a causa dell’embargo che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta ma gli Stati Uniti – sottolinea la Coldiretti – sono di gran lunga con una crescita dell’11% il principale mercato fuori dai confini dall’Unione, ed il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.
LA POLITICA INTERNAZIONALE Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero pesano dunque in misura rilevante i cambiamenti in atto nella politica internazionale che potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche.
Se il risultato delle elezioni francesi – con la vittoria dell’ europeista Emmanuel Macron – dovrebbe scongiurare scossoni, nel rapporto con la Gran Bretagna si attendono gli effetti della Brexit mentre si attendono gli effetti degli annunci del successore di Barack Obama alla guida degli Stati Uniti.
Il neopresidente Donald Trump, sempre secondo quanto sostiene Coldiretti, starebbe infatti per scegliere i prodotti dell’Unione Europea da colpire come risposta alla controversia generata dalla questione della mancata importazione di carne dagli Usa in Europa, per la disputa sugli ormoni iniziata con il ricorso al Wto nel 1996.
Nella black list all’interno della quale scegliere pubblicata dall’United States Trade Representative sul Registro federale ci sono – precisa la Coldiretti – le acque minerali che complessivamente hanno fatto segnare un valore dell’export in Usa di 147 milioni di euro nel 2016 seguite dalle polpe e dai pomodori pelati per 78,9 milioni di euro, i tartufi freschi o refrigerati per 9,7 milioni di euro, le castagne per 5 milioni e le barrette di cioccolata per appena un milione di euro.
“MERCE DI SCAMBIO”
ll settore agroalimentare troppo spesso è considerato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una piu’ efficace tutela nei confronti della ‘agropirateria’ internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”.
All’estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso ‘clonati’, ma anche gli extravergini di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i ‘leader’ della falsificazione, le imitazioni sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.
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Crescita significativa delle vendite delle bottiglie di vino a denominazione d’origine e degli spumanti; il vino biologico prosegue il suo percorso di uscita dalla nicchia di mercato; flessione dei vini nel brik di cartone e in tutti quei formati che non siano la bottiglia da 75 cl. Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella Grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca IRI che sarà presentata a Vinitaly (a Verona 9/12 aprile).
Quello della Grande distribuzione si conferma il canale di vendita di gran lunga più grande nel mercato del vino con 505 milioni di litri venduti nel 2016 per un valore di un miliardo e mezzo di euro. In un anno di sensibile contrazione dei consumi familiari, il mercato italiano del vino gode di una relativamente buona salute, come testimoniato anche dalle vendite nei supermercati.
I vini a denominazione d’origine (in bottiglia da 0,75lt) aumentano del 2,7% in volume (e del 4,4% in valore) con 224 milioni di litri venduti, proseguendo nel trend già promettente del 2015 (+1,9%). Per il secondo anno consecutivo le vendite in promozioni rimangono statiche ed i prezzi medi sono in risalita. Va sottolineato il successo degli Spumanti che fanno segnare nel 2016 una crescita di oltre il 7% con 54 milioni di litri venduti, bissando l’ottimo risultato del 2015.
“La crescita degli spumanti riflette una destagionalizzazione delle vendite di bollicine conseguenza di un crescente uso nel consumo quotidiano – fa notare Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI -. Tale aspetto ci permette di dedurre che lo spumante attira nuovi consumatori e potrebbe rappresentare una tendenza di rottura nelle tradizionali abitudini del bere italiano”.
I VINI BIOLOGICI
I vini biologici fanno registrare una crescita a due cifre impressionante per un mercato ancora giovane, soprattutto nella Grande distribuzione: +25,7% in volume con 2 milioni e mezzo di litri venduti.
“I primi dati sul mercato del vino nella Grande Distribuzione confermano la ripresa del mercato interno del vino in Italia – ha commentato Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere -. I consumatori cercano sugli scaffali sempre più il vino di qualità, con un conseguente aumento dei prezzi medi. E’ un processo che è sempre stato sostenuto da Vinitaly che da 13 anni organizza e promuove l’incontro tra cantine e Grande distribuzione in convegni e incontri B2B”.
VINI IN PROMOZIONE AL SUPERMERCATO Nonostante la leva delle promozioni, che tuttavia si mantiene ferma al 50% da due anni, i valori del vino venduto continuano a salire: le bottiglie a denominazione di 75cl hanno un prezzo medio di poco inferiore ai 5 euro (4,81 euro al litro). Ancora un anno negativo per le vendite del vino in brik (- 2,5%) ed un crollo per tutti gli altri formati: – 8,6% per il vino confezionato da 0,76 a 2 litri e – 9,7% per formati diversi da questi (tutti dati in volume).
Questi dati condizionano il dato complessivo del vino confezionato, che è di -1% a volume e + 1,1% a valore. Tra i formati differenti dalla bottiglia di 75cl si afferma soltanto il Bag in Box con 12 milioni di litri venduti ed una crescita dell’11,7% in volume.
Sul podio dei vini più venduti d’Italia si piazzano i tre inattaccabili campioni, nell’ordine: Lambrusco, Chianti, Montepulciano d’Abruzzo. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (Sicilia), Vermentino (Sardegna), Muller Thurgau e Gutturnio (Lombardia) (che crescono in percentuale più del 4%).
I VINI IN ASCESA Tra i vini ‘emergenti’, cioè con una maggiore progressione di vendita a volume salgono sul podio, nell’ordine: Ribolla Gialla (Friuli Venezia Giulia), Passerina (Marche), Valpolicella Ripasso (Veneto). Si conferma la crescita del Pignoletto (Emilia), del Pecorino (Marche/Abbruzzo) e della Passerina (Marche), mentre rientrano in classifica il Grillo (Sicilia) e il Cannonau (Sardegna). Va segnalata la crescita dell’8,2% in volume del Chianti Docg, quindi il top delle denominazioni, che vende quasi 10 milioni di litri per un valore di oltre 45 milioni di euro. I dettagli della ricerca effettuata da IRI per conto di Veronafiere saranno presentati a Vinitaly 2017, lunedì 10 aprile.
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Trovarsi alla Terra Trema ogni anno è come passare una serata con gli amici lontani, con cui ti ritrovi raramente. Legno. Luci soffuse. Musica in sottofondo. Un buon bicchiere di vino. E chiacchiere. Tante chiacchiere. In particolar modo se, per te, è il sesto anno consecutivo. Ma siamo alla 12° edizione. La numero 10 al Leoncavallo di Milano. E si vede. Finalmente il bicchiere non è quello classico, da degustazione della festa del paese. E’ un calice!
Gli amici sono quelli di sempre, ma ogni anno conosci qualcuno di nuovo. Perché la manifestazione conta ben 90 produttori, in media, all’anno. Tutti Vignaioli, contadini, amanti della terra. Del suo profumo e del suo calore. Lo trasmettono. Anche solo da come ti parlano. Tutto attorno, un ambiente che li mette a loro agio. Come in campagna. Nulla di sfarzoso.
Niente distoglie il visitatore da quei faretti. Puntati solo su di loro. I protagonisti. Al fianco dei loro vini. Bisogna solo avvicinarsi e parlare. Non aspettano altro che raccontarti la loro passione. La loro fatica.
LA DEGUSTAZIONE
L’inizio è quello di sempre, con i vignaioli che poi si incontrano anche in cantina, durante l’anno. Si parte col Pecorino dell’Azienda Agricola Fiorano di Cossignano (AP), il Donna Orgilla 2015. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, naso floreale ed erbaceo, caldo figlio di un’annata tosta. In bocca sapido e molto minerale. E’ capitato negli anni di degustare magnum con qualche anno sulle spalle. E questa vigna riesce col tempo a sfoderare evoluzioni Riesliniane.
Da lasciare a bocca aperta. Peccato che Paolo, co-titolare dell’azienda, non ne abbia portate in degustazione. Altro Pecorino di casa è il Giulia Ermina, con fermentazione in tonneaux francese e maturazione “sur lies” per 12 mesi, più 8 di affinamento in bottiglia. Una piccola chicca, per chi ama il sentore terziario appena percettibile del legno, sempre ben bilanciato da una buona acidità. Vero e proprio contraltare della freschezza di Donna Orgilla.
Nuova tappa ma ancora Pecorino. Stavolta Il Fiobbo di Vini Aurora ad Offida (AP). Questo è un gioiellino e basta. Perfetto, intrigante, complesso nei sentori gusto-olfattivi ma allo stesso tempo beverino. Anche qui riflessi verdognoli tipici del vitigno. Naso di mela verde, agrumi, fieno ed erbe aromatiche. Finale rinfrescante.
Facciamo un passo più a nord, sempre Marche. Stavolta quella del Verdicchio. Corrado Dottori di Cupramontana (AN). Azienda La Distesa, è in ritardo. Il banchetto è ancora vuoto. E allora ne approfittiamo per assaggiare i Verdicchio di La Marca di San Michele, che porta il Capovolto 2015 e il PassoLento 2014, in magnum. Capovolto 2015 è quello che non ti aspetti. Annata calda, siccitosa. Ma la vendemmia è stata anticipata di più di un mese, con inizio a fine agosto. E qui si trova la chiave di tutto. Qui non c’è macerazione e non c’è passaggio in legno.
Solo acciaio. E 8 mesi sulle fecce nobili. E’ un vino che esprime il varietale del Verdicchio. Da bere a secchi in estate. PassoLento 2014 è invece il fratello maggiore… inizia la fermentazione in acciaio poi passa in botti di rovere da 10 hl dove finisce la fermentazione e matura per 9 mesi sulle fecce fini. Poi attende altri 9 mesi in bottiglia. E’ molto più complesso e strutturato con un corpo caldo nonostante l’annata fresca, di 13% vol. Un vino che ancora deve evolvere.
Lasciamo le Marche e andiamo in Sicilia, regione rappresentata a La Terra Trema da ben 15 produttori. Nino Barraco e Marilena Barbera fanno da capofila. Barraco schiera una batteria di 10 e forse più vini in degustazione. Uno più buono dell’altro. Merita una nota particolare il rosso Milocca 2006 da vendemmia tardiva di Nero D’Avola. Una perla. Affinato in castagno da 205 litri per 24 mesi. C’e tutto: pepe, cacao, ciliegie, anice stellato. In bocca dolce e sapido, suadente. Tra i bianchi, non si può scegliere. Ognuno ha le proprie peculiarità. Il Catarratto, lo Zibibbo in secco, il Grillo. Sono tutti deliziosi. Acidità e sapidità la fanno da padrona, ma non coprono mai i varietali. Qui Nino Barraco ha trovato la giusta alchimia.
Da Marilena Barbera è facile perdere la testa. Per lei, per il suo amore per il proprio lavoro, per la sua terra. E per i suoi vini. Inzolia 2015 è quasi salmastro. E per Marilena questa è la chiave. Ammette infatti che il sale stimola le papille gustative e le rende più recettive ai sentori. Rendendo la beva molto più interessante e appagante. Ma da Marilena Barbera, quest’anno, c’è una sorpresa: l’Arèmi, blend con una piccola percentuale di Zibibbo. Vino imbottigliato quella stessa mattina, come racconta entusiasta la vignaiola, proprio per portarne un campione alla fiera. Niente vendita. Ma è facile immaginare che chiunque l’abbia assaggiato si sia appuntato il numero della cantina. Per ordinarne un bancale. Un vino che non puoi non amare: fresco, sapido, con quella nota aromatica dello Zibibbo di Menfi, nel sud più profondo.
Lasciamo Marilena Barbera ma rimaniamo in Sicilia. Per una scoperta. 2012 Etna Rosso – Eno-trio, Nerello Mascalese in purezza da vigne a piede franco in contrada Calderara. Versante nord-ovest dell’Etna. E’ amore a prima olfazione.
Età media delle piante: 80-90 anni. Rese da 600g/1kg per pianta. Siamo al top. Affinamento in tonneaux e barrique di secondo, terzo passaggio per 12-18 mesi, più altri 6 in bottiglia. Boom. Naso commovente, con frutto dolcissimo e speziato, ciliegia, china, noce moscata, carbone, fumo e questa dolcezza intossicante che fa pensare alle pesche mature.
Notevole, veramente notevole. Bocca (per fortuna) idem: il tannino morbido accarezza il palato, poi è dolce, setoso e lungo. Poi un Traminer Aromatico, da vigne a 1000m d’altezza sull’Etna. Anche qui siamo su rese bassissime, ma con densità di impianto leggermente superiore al Nerello. Vino elegante, aromatico, delicato. Con note floreali, fruttate e con sentori di spezie. Altra bel prodotto.
Risalendo lo stivale cadiamo nella tentazione di qualche bella bollicina. Di Lambrusco, però. Il vino giusto, per spezzare e preparare il palato ai rossi corposi. Denny Bini è un personaggio da amare. Un Emiliano Doc, di Reggio. La Rosa dei Venti lo puoi bere anche a colazione. Lambrusco varietà Grasparossa, rosato rifermentato in bottiglia. Macerazione di 2 ore senza controllo. Secco, leggermente amaro, con un accenno di tannino. Bellissimo. Ponente 270 Lambrusco dell’Emilia, “come lo si fa a Reggio”, ci racconta. Cinque giorni di macerazione, mischiando tutte le varietà di Lambrusco: Lambrusco Grasparossa, Malbo Gentile, Lambrusco Salamino, Lambrusco di Sorbara. Pieno, ma morbido. Libeccio 225, il suo Lambrusco, il Grasparossa. Qui siamo a 10 giorni di macerazione , il colore lo rivela. Rifermentato in bottiglia. Bel corpo e una bevibilità che non ti stanca mai. Un po’ come La Terra Trema. Imperdibile, l’anno prima. Come l’anno dopo.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Un confronto sui metodi alternativi di vinificazione e affinamento del vino e sette importanti master class: è un’offerta quanto mai ricca per gli appassionati di vino quella che Davide Paolini sta preparando per la quinta edizione di Milano Golosa, la manifestazione gastronomica in programma dal 15 al 17 ottobre a Palazzo del Ghiaccio. Il momento di dibattito più atteso è certamente quello di lunedì 17 ottobre alle ore 11 con l’incontro dal titolo Pietra, vetro, porcellana: nuove vie per il vino? Tre produttori di frontiera porteranno le loro esperienze di vinificazione e affinamento in contenitori diversi dal legno e dall’acciaio. Benjamin Zidarich, vignaiolo del Carso, racconterà della tradizione millenaria di conservare vino e olio in vasi di pietra ricavata dalle cave della zona. Contenitori che ha ripensato per la vinificazione sulle bucce della Vitovska, grazie alla naturale capacità di controllare la temperatura della pietra. Stefano Amerighi porterà l’esperienza maturata sui Monti Sibillini ad Arquata del Tronto, oggi devastata dal terremoto, dove dal 2012 fa affinare il Pecorino in damigiane di vetro da 54 litri, un contenitore che definisce semplicemente “perfetto”. Con il piemontese Fabio Gea si potrà invece conoscere un percorso iniziato nel 2010 per la sperimentazione di innovativi contenitori vinari progettati ad hoc per le sue specifiche esigenze, realizzati in particolari ceramiche cotte ad alte temperature, come i grès e le porcellane. Al termine del dibattito si potranno degustare i vini affinati in pietra, vetro e ceramica.
LE DEGUSTAZIONI Sette le degustazioni che animeranno i tre giorni di Milano Golosa 2016 con un calendario organizzato in collaborazione con WineMi, la rete che raggruppa 5 enoteche storiche milanesi, simbolo della cultura del bere bene meneghino: Enoteca Eno Club, Cantine Isola, La Cantina di Franco, Enoteca Ronchi, Radrizzani Drogheria Enoteca, in partnership con alcune importanti cantine italiane. Ci sarà quindi l’occasione per assaggiare le espressioni più significative della viticoltura nazionale con un’intensa incursione nello Champagne con la Maison Thiénot.
Di calice in calice, si farà tappa nel Salento, nella Val d’Orcia, nella Valpolicella, nel Collio, nella Valtenesi, nel Pomino con Feudi San Marzano, Col d’Orcia, Marion, Jermann, Costaripa, Frescobaldi. Le degustazioni avranno una durata di circa un’ora e mezza e saranno guidate dagli esperti delle case vinicole in questione: non si tratterà di semplici introduzioni al vino, ma di veri e propri approfondimenti che avvicineranno i visitatori alle più pregiate etichette ed annate. Completa l’offerta enologica la presenza tra i banchi d’assaggio di numerose cantine di alto livello, provenienti da tutta Italia.
GLI ORARI DI MILANO GOLOSA
Milano Golosa sarà aperta al pubblico sabato 15 ottobre (dalle 13 alle 21), domenica 16 ottobre (dalle 10 alle 20) e lunedì 17 ottobre (dalle 10 alle 17). Tanti gli eventi che coinvolgeranno anche altri luoghi – ristoranti ed enoteche del centro – con il programma di Fuori Milano Golosa. Il biglietto d’ingresso, come nelle passate edizioni sarà di 10 euro a persona, 5 euro per i bambini dai 6 ai 12, bambini minori di 6 anni gratuito. Il programma sarà presto disponibile sul sito della manifestazione (www.milanogolosa.it).
IL PROGRAMMA COMPLETO
SABATO 15 OTTOBRE 14.30 Il primitivo: dal frutto ai lunghi affinamenti (Feudi San Marzano)
Un percorso di degustazione con protagonista prodotti 100% Primitivo: da primitivi di frutto e freschezza, passando per medi e lunghi affinamenti in botte, fino ad arrivare alla DOCG Primitivo di Manduria Dolce Naturale e alla grappa, per esplorare le potenzialità di un uno dei vitigni principe della Puglia.
16.30 Poggio al Vento: la perla bruna di Montalcino (Col d’Orcia)
Verticale di grandi annate di Brunello Riserva Poggio al Vento, uno dei primi crù di Montalcino, massima espressione della tradizione e del rispetto del territorio dell’azienda.
18.30 Thiénot – Une grande Maison d’aujourd’hui
25 anni fa, Alain Thiénot fondava in Champagne una nuova azienda, fedele ai valori essenziali della qualità, della modernità e del lusso. Questa intraprendente scommessa chiarisce perfettamente la personalità di un imprenditore volitivo grazie ai suoi valori del «terroir», alla sua abilità e alla sua capacità comunicativa.
DOMENICA 16 OTTOBRE 12.00 La vigna in rosa (Costaripa)
Attraverso la degustazione di “Rosamara”, “Molmenti”(degustazione in anteprima, questo vino verrà commercializzato da marzo 2017), “Mattia Vezzola Brut Rosè” Met. Classico S.A.,“Mattia Vezzola Grande Annata Rosè 2011” Met. Classico, si scopre il profilo sensoriale del Valtènesi Rosè, il vino più nobile e rappresentativo del Lago di Garda, rendendolo unico e contemporaneo.
14.00 Il Collio di Silvio Jermann
Jermann è la storia di una passione che arriva da molto lontano, un marchio che è simbolo di qualità e valorizzazione del territorio. Dagli anni Settanta Silvio Jermann, grazie alla sua genialità e fantasia, dà una svolta epocale all’azienda fondata da Anton nel 1881 e porta i vini ai vertici italiani e mondiali.
16.00 La Valpolicella secondo Marion
Un viaggio nella Valpolicella, attraverso gli eleganti vini di Marion che esprimono le varietà più storiche di questa terra.
18.00 Frescobaldi presenta Leonia e il territorio di Pomino
Un vino che esprime la voglia di intraprendere nuove strade, coraggioso e determinato, dal carattere espressivo ed elegante come la trisavola Leonia che ha ispirato Frescobaldi nella scelta innovativa di impiantare vitigni francesi a Pomino.
LUNEDI 17 OTTOBRE 11.00 Pietra, vetro, porcellana: nuove vie per il vino?
Benjamin Zidarich, Stefano Amerighi e Fabio Gea raccontano i particolari metodi di affinamento in pietra, vetro e porcellana che utilizzano per i loro vini.
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Si è conclusa con l’arrivo a Capri l’avventura de “I pirati del Kalterersee”. Andrea Moser e Gerhard Sanin, rispettivamente responsabili enologici delle cantine Kaltern e Erste+Neue di Caldaro (Bolzano), hanno percorso in dodici giorni 1250 chilometri in tandem dall’Alto Adige alla Campania, affrontando un dislivello di 12000 metri. Hanno portato con sé il vino Kalterersee proponendolo in abbinamento alla cucina locale delle regioni attraversate. Ancora poco conosciuto fuori dal proprio territorio, il Kalterersee viene prodotto con uva Schiava (Vernatsch nella dizione tedesca). Di colore rubino chiaro, ha profumi fragranti e fruttati e una modesta gradazione alcolica. Fresco e con un tannino mai troppo aggressivo, ha tutti i numeri per essere il vino che ricerca oggi il consumatore interessato ad una cucina leggera e moderna. Non manca mai sulle tavole dell’Alto Adige, dove tradizionalmente viene accostato allo speck. Ma il viaggio di Moser e Sanin ha avuto proprio lo scopo di dimostrare la sua straordinaria versatilità: servito fresco (un paio di gradi in più di un vino bianco giovane) si accompagna perfettamente al pesce e ad antipasti leggeri. Ottimo con la pizza. Durante il percorso i due enologi hanno inanellato una serie di abbinamenti che hanno convinto e conquistato gli ospiti incontrati. A partire dal Baccalà alla roveretana nel vicino Trentino, con il pesce di Lago sulle sponde del Garda.
I PIRATI DEL LAGO
Quindi varcato il Po’ il Kalterersee ha fatto conoscenza con la mozzarella preparata con latte di Vacche Rosse a Reggio Emilia; il Parmigiano del Cimone con i mirtilli dopo la salita dell’Appenino, dove i due enologi sono stati accolti dal sindaco di Fanano. A Firenze li attendeva invece pioggia a catinelle prima di abbinare il Kalterersee al Peposo della Trattoria da Burde, a Siena invece con i taglieri di salumi tra la gente in contrada. Un piccolo incidente, la rottura di due raggi, ha costretto i due ciclisti ad una sosta tecnica, prima dell’assaggio del Pecorino a Pienza. Quindi Viterbo per il primo approccio con la cucina romana e Roma per un matrimonio con la pasta all’Amatriciana. A Terracina, finalmente al mare, i Pirati hanno scelto direttamente al mercato del pesce gli ingredienti del pranzo con cui hanno abbinato il vino alla pasta al sugo di scorfano rosso fresco. A Napoli l’immancabile appuntamento con la pizza. Infine Capri, l’isola agognata dai due pirati per nascondere il loro tesoro. Il pretesto per questo viaggio raccontato sul web e i social attraverso una serie di videoclip riunite in un divertente video-diario. Alla fine del tesoro, le bottiglie di Pfarrhof di Cantina Kaltern e il Leuchtenburg di Erste + Neue, non ne era rimasta una sola goccia. “Il vero tesoro – spiegano Andrea Moser e Gerhard Sanin – sono i sorrisi della gente che abbiamo incontrato, il calore dell’accoglienza, il gusto di cibi mai assaggiati prima, la bellezza pacata di alcuni luoghi e la meraviglia di altri, la pienezza di un’esperienza unica”.
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Anfora, bottiglia simbolo del Verdicchio, disegnata nel 1953 dall’architetto Antonio Maiocchi ed entrata a pieno titolo nelle tipologie di bottiglie utilizzate per questo vino. Denominazione, il Verdicchio, molto apprezzata e diffusa sulle tavole degli italiani, presente sia come Doc, che come Docg nella versione Superiore. Ecco quindi, sotto la nostra lente di ingrandimento oggi il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico, vendemmia 2014, prodotto da Colonnara a Cupramontana (An). Azienda, Colonnara, della quale abbiamo molto apprezzato il Marche Rosso Igt Tornamagno 2010 disponibile nel canale horeca, ma un po’ meno questo Verdicchio che risulta certamente bevibile, gradevole, con un adeguato rapporto qualità prezzo, ma non degno di nota. Nel calice cristallino e poco denso, ma di un colore giallo paglierino tendente al dorato che fa immaginare un vino di una certa complessità poi disattesa. Al naso, il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico, prodotto da Colonnara è delicatamente profumato e fruttato. In bocca risulta complessivamente rotondo. Abbastanza caldo, secco, fresco e sapido, caratteristica per la quale si distingue in primis. Sufficientemente elegante e persistente, manca però di un po’ di sprint. Un vino da consumare giovane, adatto alla tavola di tutti i giorni anche perché di soli 12,5% di alcol in volume. Si abbina ad antipasti di pesce, crostacei bolliti, primi piatti con sugo bianco di pesce o di crostacei o di vegetali, pesci bolliti delicatamente salsati, pesci cotti in padella con olio di oliva, rosmarino e stesso vino, carni bianche con cotture delicate, prosciutto crudo di tipo dolce, formaggi pecorini giovani. Da servire a 10-12 gradi.
LA VINIFICAZIONE Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico prodotto da Colonnara è un vino bianco fermo prodotto dal 1964. I vigneti dai quali provengono le uve destinate alla vinificazione si trovano in una zona collinare a 350/550 metri s.l.m, nei comuni di Cupramontana, Monteroberto, Maiolati, Castelbellino, Staffolo e Apiro. I terreni sono di origine marina, di medio impasto, con punte elevate di argilla e sabbia. Le vigne sono allevate secondo il sistema doppio capovolto Sylvoze Guyot. La raccolta delle uve e manuale e la vinificazione è tradizionale in bianco con pressatura soffice, pulizia del mosto e vinificazione in acciaio a temperatura controllata. Colonnara è stata fondata nel 1959, costituita da 110 soci per un totale di 120 ettari produce una vasta gamma di vini bianchi e rossi tipici delle Marche tra cui Verdicchio, Passerina, Pecorino, Bianchello del Metauro ovvero rossi come Montepulciano, Lacrima di Morro d’Alba o Rosso del Conero.
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L’estate è alle porte e porterà sulle nostre tavole piatti freschi e leggeri, anche in vista dell’agognata “prova costume”. Con l’aumentare delle temperature crescono, notoriamente, anche le vendite dei vini bianchi ed è per questo che oggi, a finire sotto la nostra lente di ingrandimento, è un Falerio Pecorino Dop, vendemmia 2015, prodotto ed imbottigliato dalle cantine Ciù Ciù della località Santa Maria in Carro ad Offida (Ap). Un vino marchigiano il Pecorino del quale abbiamo fatto altre degustazioni e che sta veramente diventando un “cult”: all’ Enoteca Regionale delle Marche di Offida è tra quelli più richiesti insieme alla Passerina, più del Verdicchio che pure è tanto amato dagli italiani. La vendemmia nel nostro calice è l’ultima, la 2015 ed infatti nel calice il Falerio Pecorino Dop prodotto dalle cantine Ciù Ciù si presenta giovane, giallo paglierino con riflessi verdolini, molto trasparente e cristallino. Un vino poco denso e non particolarmente sconvolgente come intensità di profumi, ma che comunque regala note fruttate e floreali di fiori d’acacia e gradevoli sentori minerali. Al palato è di discreta struttura, caldo, rotondo, secco ed apprezzabile per la freschezza e la chiusura leggermente sapida e fruttata che regala una beva davvero stuzzicante. Un rapporto qualità prezzo ottimo per un vino che si presta ad essere bevuto come aperitivo, in abbinamento a piatti di pesce non particolarmente strutturati, a carni bianche, ma anche da provare con il brodetto alla sanbenedettese, una zuppa di pesce con peperoni e pomodori, come consigliano al Consorzio di Tutela dei Vini Piceni. La gradazione è di 13% di alcol in volume, ma davvero si beve con estrema facilità. Un vino “easy to go”, fresco e beverino.
LA VINIFICAZIONE La zona geografica di produzione del Falerio Pecorino Dop prodotto dalla cantina Ciù Ciù sone le colline tra il comune di Offida e Acquaviva Picena in provincia di Ascoli Piceno. I vigneti si trovano ad un’altezza di 250/300 mt sul livello del mare, su terreni di medio impasto e sono allevati a cordone speronato. La vendemmia è manuale e viene effettuata a metà settembre. Prodotto con un blend di uve Pecorino e Trebbiano vinificate in bianco tradizionalmente e con un breve affinamento in bottiglia prima della messa in vendita è pronto al consumo dalla primavera successiva alla vendemmia. La cantina Ciù Ciù è stata fondata negli anni settanta da Natalino Bartolomei e sua moglie Anna a pochi chilometri dal meraviglioso borgo di Offida, uno tra i borghi più belli d’Italia. I poderi Ciù Ciù si estendono su 150 ettari dislocati sulle colline marchigiane che beneficiano della vicinanza del mare della costa adriatica. Attualmente l’azienda è gestita dai fratelli Massimiliano e Walter Bartolomei che sono riusciti a portare l’azienda a livelli di qualità che l’hanno resa famosa nel mondo.
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Nomi affermati della viticoltura italiana, presenti o meno in Gdo, accanto a piccoli produttori per lo più sconosciuti al “grande pubblico”. Abbiamo affrontato così, ovvero “decidendo di non decidere” in anticipo le cantine a cui far visita, l’edizione 2016 di Vinitaly, andata in scena a Veroa dal 10 al 13 aprile scorsi. Una scelta da curiosi (ma ipercritici) turisti del vino, quella che abbiamo compiuto quest’anno. Con risultati davvero sbalorditivi. Citeremo di seguito le cantine e i prodotti che ci hanno lasciato qualcosa: un ricordo, un’emozione, una storia da raccontare. Il tour inizia dalla Lombardia. Tradotto: alle 9.15, il calice si tinge già del rosso intenso e impenetrabile delle Bonarda dei Fratelli Agnes. Una piccola realtà di Rovescala (Pavia) che in Gdo (Esselunga e Carrefour) distribuisce alcune (ottime) varianti del rosso più bevuto dai pavesi. Centotrentamila bottiglie l’anno per 21 ettari vitati esclusivamente a bacca rossa, allevati con rese che vanno dai 45 ai 70 quintali ettaro. Ci guida nella degustazione Sergio Agnes, appassionato e colto viticoltore, titolare assieme al fratello della cantina oltrepadana. Cresta del Ghiffi, vendemmia 2015, è un Bonarda frizzante, profumato e persistente, caldo e beverino. Sale l’asticella della qualità con il Bonarda fermo La Possessione del Console, cru 2013. Ottenuto da viti di 65 anni, risulta meno profumato ma di grande corpo, struttura e persistenza. Da provare anche Millennium 2009, un 100% Croatina che sull’etichetta ripercorre la storia millenaria della viticoltura a Rovescala, citando i passi salienti di un contratto di mutuo di epoca medioevale (anno 1192), saldato in vino piuttosto che in denaro: “Un attestato di qualità e vocazione alla produzione del vino a Rovescala”, commenta Sergio Agnes, uomo tanto colto e schivo quanto appassionato della sua terra. Un prodotto, Millennium 2009,affinato in barrique da 15 ettolitri, che regala un’ottima fotografia della longevità del vitigno autoctono pavese Croatina. Ancora vivo il tannino, fresca l’acidità, per un prodotto che sarà in grado di mostrare i denti ancora un paio d’anni, conferendo al contempo una grande centralità al frutto. Solo legno nuovo, invece, per Poculum 2011. Un vino 100% Croatina destinato principalmente al mercato estero, ma che piace anche in Italia. Loghetto 2013, ottenuto da una vigna che quest’anno compie i suoi 110 anni, subisce una macerazione di 60 giorni a freddo su lieviti autoctoni, prima della svinatura. Le vigne antiche pescano sino a 30 metri le sostanze nutritive, regalando al calice di questa Croatina una complessità aromatica e una mineralità notevole. Si parte invece dalle bollicine con il vicino Fiamberti, notissimo produttore dell’Oltrepò Pavese. Cruasè (24 mesi sui lieviti) e Brut (30 mesi) Metodo Classico convincono tutti, ma il dialogo si concentra sul rapporto con la grande distribuzione organizzata. “Siamo presenti in Esselunga, Carrefour, Iper e, solo in Umbria e nelle Marche, con Famila e A&O – commenta un raggiante Giulio Fiamberti – e devo ammettere che sono molto soddisfatto dal rapporto con questi gruppi. Abbiamo avuto la grande fortuna di entrare in questo mondo dalla porta principale, in due sensi: il primo è che non ci siamo proposti noi ma siamo stati avvicinati dai buyer, il secondo è che la prima catena che ci ha contattato è stata Esselunga, non appena aperto il suo punto vendita di Broni. Caprotti era alla ricerca di un produttore che gli garantisse tutta la gamma dell’Oltrepò e la cosa ci ha allettato, avendo queste caratteristiche. Per di più, Esselunga è una catena che premia e ricerca produttori più che semplici imbottigliatori. E dunque capisce cosa sta dietro alla singola bottiglia: ovvero il lavoro di chi produce vino, a cui sa dare il giusto valore. Quello ragionevole, pur trattandosi di Gdo”.
Pochi passi ed eccoci da un altro “mostro sacro” dell’Oltrepò Pavese. Fabiano Giorgi, il titolare, ed Enrico Rezzani, responsabile vendite della F.lli Giorgi di Canneto Pavese, ci guidano nell’assaggio di Cruasé, Crudoo e Giorgi 1870, annata 2011. Lascia il segno, in particolare, quest’ultimo: una bollicina tecnicamente perfetta, che non a caso fa incetta di premi: da 7 anni consecutivi “tre bicchieri” Gambero Rosso, da 4 anni “cinque grappoli” Ais, per citarne solo alcuni. Un Pinot Nero Metodo Classico che custodisce la memoria storica dell’azienda pavese, che conta su 75 ettari vitati nei terroir tra i più vocati dell’Oltrepò orientale. Ci spostiamo dunque in Valtellina, per l’esattezza a Castione Andevenno, Sondrio. Incontriamo ‘qui’ Walter Menegola, che ci fa assaggiare il suo Sforzato Riserva 2011. Dodici mesi di barrique “non sempre nuove”, più dodici mesi in botte grande. Milletrecento bottiglie totali per uno Sforzato che alza in cielo la bandiera dell’alta qualità e del rispetto dell’ambiente in Valtellina. “La nostra zona – evidenzia Menegola – merita solo e soltanto questo: qualità. In particolare lo Sforzato Riserva, nel nostro piccolo, ci sta dando grandi soddisfazioni, essendo di recente finito addirittura nell’enoteca di un ristorante stellato. Trattiamo il Nebbiolo come un bambino, che necessita di tempo per iniziare a parlare. Lo aspettiamo, fino a che esprime tutto il suo potenziale, senza commercializzare nemmeno una bottiglia prima che non sia come la vogliamo”. Alti standard qualitativi, grande rispetto per il vitigno. E un occhio di riguardo anche all’uso dei solfiti: “I nostri vini – dichiara ancora Menegola – registrano 24 milligrammi per litro di solforosa. Potremmo certificarci Bio, ma non lo facciamo perché questo è semplicemente il nostro modo di lavorare e di rispettare chi apprezza la pulizia dei nostri vini”. Accanto a Menegola troviamo Marco Triacca dell’azienda La Perla di Tresenda di Teglio, Sondrio. Ottimo anche il suo Sforzato Quattro Soli, in cui le note fruttate fresche costituiscono la peculiarità. “La filosofia – spiega il viticoltore – è quella di favorire l’impatto aromatico con il lavoro agronomico in vigna. A discapito di un po’ di struttura, caratteristica di tutti gli Sforzati, cerco di fare un vino che piaccia innanzitutto a me, dove la frutta sia messa al centro, oltre la botte”. Marco Triacca è modesto, struttura e complessità sono ben presenti, così come corpo e persistenza retro olfattiva. “Cerco di vinificare il prima possibile – precisa il viticoltore – per limitare il tasso alcolico e dare vita a un vino più fresco, di facile beva, che non stanchi dopo pochi sorsi”. Missione compiuta, grazie a una vinificazione che prevede 2 anni in botte grande e 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Il viaggio il Lombardia fa tappa nella micro Doc Botticino, Comune della Provincia di Brescia noto al mondo per i suoi marmi più che per i suoi vini. Prendete nota, dunque. E andate a trovare i coniugi Cristian e Alessandra Noventa, che producono assieme ai suoceri (di lui) Pierangelo e Serena, degli interessantissimi blend costituiti almeno al 50% da Barbera, con Marzemino, Sangiovese e Schiava a fare da cornice. Certificata Bio dalla vendemmia 2014, anche se dagli anni 70 non utilizza diserbi, la Noventa Bioviticoltori in Alta Collina fa rimanere sbalorditi con Privilegio 50, ottenuto da vigne di 70-80 anni, affinato in botte vecchia per 50 mesi. La raccolta delle uve a fine ottobre e la lunga macerazione regalano uno straordinario rosso a una provincia, quella di Brescia, nota soprattutto per le bollicine Franciacorta. “Lavoriamo in una piccola zona vocata alla produzione dei vini rossi – evidenzia Cristian Noventa – e abbiamo la grande fortuna di poter coltivare una terra ricca di ‘marna’, ovvero calcare disgregato. Col marmo di Botticino, per intenderci, è stato realizzato l’Altare della Patria di Roma e la Casa Bianca negli Stati Uniti. Questo calcare, la nostra esposizione a sud, un anfiteatro di montagne, l’altitudine dei terreni tra i 300 e i 500 metri sul livello del mare, le rese basse di queste terre, tra i 30 e i 60 quintali per ettaro, oltre alla mano dell’uomo, eseguendo in campo potature verdi per tenere basse le rese e ottenere uve sane, sono gli elementi alla base dei nostri vini, che sono grandi vini. Tutti da scoprire”. Come dare torto a Cristian Noventa? Pià della Tesa e Privilegio 50 sono da assaggiare almeno una volta nella vita. Dieci ettari totali per l’azienda agricola Noventa Pierangelo, per 30 mila bottiglie annue totali. E una grande sfida per il futuro. “I margini di miglioramento sono ancora moltissimi – ammette il viticoltore – ma oltre a confermarci sul mercato con i nostri storici Botticino, abbiamo la grande ambizione di produrre una Barbera in purezza, a cui conferire assieme la morbidezza e l’eleganza del nostro terroir. Ma, soprattutto, intendiamo introdurre il Nebbiolo. Ho la sensazione netta che questo vitigno possa adattarsi alla grande alla nostra zona”. Piemontesi, siete avvisati.
Chi invece non ha bisogno di annunci è la casa vinicola Silvestroni di Camerata Picena (Ancona), che si è presentata a Vinitaly 2016 forte di un nuovo ingresso nella famiglia fashion della “Linea Travenasca”: dopo la Passerina “50 Sfumature”, ecco due splendide ragazze davanti allo stand della casa vinicola, a lanciare la new entry, ovvero il Pecorino “50 sfumature”. “Abbiamo avuto sin da subito un ottimo riscontro – evidenzia Francesco Patrignani, responsabile vendite della Silvestroni – anche grazie alla spinta delle nostre promoter”. Due catwoman in tuta “mimetica” nera, attillata, non potevano certo passare inosservate all’assetato pubblico del Vinitaly. E il vino in sé merita un assaggio: come aperitivo, in ogni occasione di convivialità, ma anche in abbinamento a piatti leggeri di pesce. Più strutturati i vini degustati da Masciarelli Tenute Agricole Srl, nota casa vinicola di San Martino Sulla Marrucina, Chieti, che a Vinitaly 2016 condivide un ampio spazio espositivo con Marina Cvetic, moglie del grande Gianni Masciarelli. Sono di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, i vigneti da cui si ottiene un buon Montepulciano d’Abruzzo a marchio Masciarelli (vendemmia 2014): vinificazione tradizionale in rosso, con temperature iniziali di fermentazione di 20 gradi, che salgono poi a 28, per conservarne la freschezza. Prima dell’affinamento in acciaio per un periodo di 10 mesi, il vino subisce la fermentazione malolattica. Passiamo dunque a due prodotti realizzati dall’azienda Luigi Valori (Sant’Omero, Teramo), di cui Masciarelli è distributore. Il Montepulciano biologico si fa apprezzare per la grande pulizia e le note spiccatamente fruttate. E anche Inchiostro, un Merlot 2010, prodotto in vigneti attualmente in conversione bio, è da provare: caldo e persistente, dotato di un tannino elegante e ancora “frizzante”. Passiamo dunque al padiglione dedicato ai vini pugliesi, dritti al banco del Consorzio Tutela Vini Dop Salice Salentino. Degustiamo qui il Selvarossa Riserva 2012 Due Palme, vino introdotto da qualche mese dalla catena Esselunga nei suoi store più prestigiosi. Naso fruttato caratteristico dei vini di Puglia, intenso, esprime anche al palato la gran carica fruttata di lamponi e fragole, in un concerto spiccatamente speziato, molto caldo, rotondo. Anche il retro olfattivo gioca tutto sulle note speziate. Buon vino, che per la sua sostanza risulta tuttavia difficile da bere se non accompagnato dal giusto abbinamento culinario. Così come risulta un po’ troppo caldo, a livello di alcolicità, Metiusco Salento Igp Rosso dell’azienda vinicola Palamà Srl di Cutrofiano, Lecce.
Sempre in Puglia, ci facciamo ospitare da Giacomo Di Feo, direttore commerciale delle Cantine Due Palme – Viticoltori del Salento (Cellino San Marco, Brindisi), per una dichiarazione sul rapporto con la Gdo. “Come cooperativa e azienda ormai di dimensioni medio grandi – evidenzia Di Feo – siamo in grado di produrre circa 10 milioni di bottiglie l’anno e, dunque, di avere rapporti con la grande distribuzione. Avendo però noi un orientamento fortissimo al marchio, attualmente privilegiamo nel rapporto con la Gdo la produzione di etichette dedicate e linee di private label. I prodotti principali vengono dunque destinati al mercato d’elezione, che è quello della ristorazione, mentre con prodotti specifici o creati ad hoc ci affacciamo alla grande distribuzione. Cosa che tra l’altro in questo momento è molto richiesta, soprattutto per un discorso di margine. Per il futuro, la cosa da migliorare è il controllo del prezzo. Una tematica che all’estero è molto più sentita rispetto all’Italia. Quasi mai, fuori dai nostri confini nazionali, un vino viene utilizzato come specchietto per le allodole, attirando i consumatori con prezzi stracciati, in maniera così sistematica. E la pressione sul promozionale, quando esiste, è molto limitata nel tempo, all’estero. In Italia, invece, registra anche punte del 90%: vuol dire che su 10 bottiglie vendute in Gdo, 9 sono in promo. In Paesi come la Svizzera, le vendite promozionali riguardano solo il 10% delle vendite. Ciò contribuisce ad alzare il livello di consapevolezza del consumatore, che paga il vino quanto vale davvero. Riducendo i prezzi con le promozioni, invece, avremo sempre da un lato una catena Gdo scontenta, perché non marginalizza abbastanza, e dall’altro un produttore soffocato dalla richiesta del prezzo”. Cantina Due Palme lavora con Esselunga, Il Gigante (Selex), Carrefour, Auchan, Sma: tutti player di livello nel panorama italiano. E del prezzo di vendita corretto fa una questione di orgoglio. Non a caso Selvarossa Riserva 2012 si sta riposizionando su cifre che si aggirano attorno ai 14,50 euro – destinate a crescere ancora – a fronte di un iniziale sell out di 13 euro. Sempre non a caso, il 90% del fatturato della cantina su questo prodotto va fatto risalire al canale Horeca. “Una catena che ben lo espone – ammette il direttore commerciale Di Feo – non può che essere per noi un valore aggiunto”. Tra i prodotti di punta della cantina brindisina c’è anche il Susumaniello Serre, premiato tra l’altro a Vinitaly 2014. Ma a proposito di quest’uvaggio autoctono non potevamo mancare una sorta di “verticale” da chi, il Susumaniello, lo ha fatto riscoprire al grande pubblico di appassionati del vino.
Parliamo delle Tenute Rubino di Brindisi. Romina Leopardi, responsabile Marketing e Comunicazione dell’ottima realtà pugliese, membro dell’associazione Donne del Vino, ci guida alla scoperta di questa splendida bacca rossa, che meriterebbe quotidianamente l’onore delle cronache. Tenute Rubino vinifica il Susumaniello in quattro versioni. Si comincia con Sumarè, metodo classico 2013, 24 mesi sui lieviti, 12% di alcol in volume. Un Rosè con cui darsi un appuntamento almeno una volta nella vita, prima che finisca: ogni anno la casa vinicola brindisina ne produce circa 3.200 bottiglie, dal 2012. Uno spumante di grande complessità aromatica, con un perlage fine, delicato al palato, che gioca tutto su note fruttate di bacche rosse. Si prosegue con Torretesta Rosè 2015, Susumaniello rosè presentato lo scorso anno a Vinitaly. Delicato per le note floreali di rosa, ciliegia e amarena, esprime calore nonostante gli 11,5% gradi. Punto forte? Un naso profumatissimo, inebriante. E una persistenza degna di nota, sulle note di lampone. Ecco dunque Oltremé, rosso classico a base Susumaniello, vinificato in acciaio. Rosso rubino impenetrabile, naso intenso, comunica anche in bocca la piacevolezza di un prodotto “piacione”, pensato appositamente per essere gustato da un pubblico vasto, non esclusivamente costituito da intenditori. Missione più che compiuta. E’ il preludio all’esplosione di gusto di Torretesta 2013, Susumaniello di 16% difficile da dimenticare, che ricorda (con i dovuti distinguo del caso) un Amarone della Valpolicella. Di una densità pesante, ruota nel calice diffondendo note di frutti rossi sotto spirito, anche in questo caso inebrianti e balsamiche. Tannino avvolgente, regala al palato un mix esemplare di frutta e spezie per il quale vale la pena amare il Susumaniello. “La gradazione alcolica così elevata, anche se non fastidiosa – evidenzia Romina Leopardi – è una caratteristica della particolare vendemmia 2013, mentre solitamente questo vino non supera i 13 gradi. E il segreto è l’appassimento di una parte delle uve per circa 15-20 giorni, poi unite al resto del mosto durante la vinificazione”. Chapeau. Da chi un uvaggio ha riscoperto passiamo a chi, di una terra, è ormai portabandiera nel mondo. Siamo da Gianfranco Fino, forse uno dei pochi che al Vinitaly 2016 è riuscito a concludere affari veri. Se ne sono accorti anche gli appassionati presenti allo stand del produttore pugliese, quando il tagliere con affettati e formaggi destinati ad accompagnare la degustazione di Es Primitivo di Manduria e Salento Negromaro 2014, è stato bruscamente sfilato per essere (prontamente) servito al vincino tavolo di un businessman giapponese, accompagnato dalla sua interprete. Questioni di stile. Un po’ come quella del vino di Fino, anche se declinata in altre forme: unica ed esemplare, anche per il Passito. Le lancette dell’orologio corrono impietose e ci spostiamo in altri padiglioni, tra il fiume di visitatori. Scopriamo così Paraxo (“Palazzo” in genovese) dell’Azienda Agraria Anfossi di Bastia d’Albenga, Savona. Lo avrete capito: siamo al padiglione Liguria. E Anfossi è uno dei pochi produttori a vinificare in bianco il vitigno Rossese. Ottimo prodotto, ben presentato da Luigi Anfossi, figlio del titolare dell’azienda nota alla Gdo anche per il pesto. Al padiglione Piemonte incontriamo una vecchia conoscenza di vinialsupermercato.it, Daniele Chiappone, dell’azienda Erede di Chiappone Armando di Nizza Monferrato, Asti. Manca l’ottima Freisa Sanpedra, ma al Vinitaly Daniele si presenta con Brentura 2010 e Ru 2010, i best seller della cantina: rispettivamente Barbera d’Asti e Barbera d’Asti Superiore Nizza Doc. Il produttore piemontese aderisce al “Giro del Nizza”, in programma domenica 17 aprile e vale la pena di passare a conoscerlo.
Il nostro Vinitaly 2016 si chiude dunque in bellezza, con la scoperta dell’Azienda Agricola Ricci di Costa Vescovato (Alessandria). Qui, Carlo Daniele Ricci, si è ormai specializzato nella produzione di un Timorasso eccezionale. Il viaggio tra i sapori (e i colori) di questo uvaggio a bacca bianca autoctono piemontese inizia con Terre del Timorasso 2013, vinificato in acciaio. Vino di un giallo dorato, sfodera un naso non particolarmente intenso, preludio tuttavia di un palato molto caldo e persistente. Si passa dunque a San Leto 2009, ottenuto mediante fermentazione e affinamento in acacia. San Leto 2006 stupisce per l’intensità olfattiva, che sfiora tinte balsamiche. Giallo di Costa 2011 scorre nel calice tingendolo di un ambra allettante, che in bocca diventa piacere tanto risulta morbido e rotondo, nonostante il calore dei suoi 14 gradi di alcol in volume. Giallo di Costa 2007, è l’eleganza fatta vino. E San Leto 2004 la ciliegina su una torta di una produzione di altissimo livello. “Lavorare bene in vigna – commenta il produttore Carlo Daniele Ricci – è il primo passo per ottenere vini di grande equilibrio. Conosco ogni singolo componente dei terreni che coltivo, avendo effettuato per anni delle ricerche accuratissime che mi permettono di capire come sarà il vino ancor prima di produrlo. Nell’area di produzione del Timorasso c’è grande rispetto per l’ambiente e unità. Siamo partiti come carbonari, contro tutti i commercianti di vino e le cantine sociali. Dopo 20 anni di fatiche e battaglie, possiamo finalmente affermare che il territorio ce l’abbiamo in mano noi, produttori attenti alla terra e all’ambiente”. Uno spirito battagliero che Vinitaly 2016 ha saputo valorizzare.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Grande successo dei vini Piceni al Vinitaly che hanno registrato interesse ed apprezzamento dai visitatori dello stand. Successo che viaggia di pari passo con quello del suo vino Passerina che nel 2015 ha segnato un incremento del +34,2 % , seguita, nel trend positivo dal vicino Pecorino con un +19,9%. ”Un risultato straordinario ed inaspettato che vede ripagati gli sforzi di questi ultimi anni di investimento. Il Consorzio Vini Piceni ha puntato molto sulla promozione di questi vitigni autoctoni di origine picena, qualche tempo fa sconosciuti, ed ora con questi risultati impensati vedono ripagati gli sforzi dei nostri soci, che hanno creduto in noi attraverso una promozione intelligente e ritengo di dover dare merito a coloro che nei tempi recenti hanno avuto la lungimiranza di puntare su vitigni Piceni invece di farsi ammaliare dalle sirene delle varietà internazionali. Sono felice per me e per tutti i produttori del Consorzio ” ha dichiarato a Picenotime Angela Velenosi Presidente del Consorzio di tutela vini Piceni commentando i dati di Coldiretti esposti a Verona. ”Non credo sia campanilistico affermare che la Passerina è la base esclusiva di una tipologia della più importante Docg delle Marche quale l’Offida. Il Consorzio vini Piceni in questi ultimi tre anni ha investito quasi quattro milioni di Euro tra promozioni nazionali, europee e presso i paesi terzi, numeri impensabili per un territorio quale il Piceno, ovvero il sud delle Marche, ai più sconosciuto sia come bellezza sia come produzione vitivinicola. Pur esprimendo soddisfazione anche per gli amici abruzzesi tengo a precisare che il Pecorino, al terzo posto come incremento di bottiglie in Italia con quasi il 20% di crescita ed appena sotto il prestigioso Valpolicella, è di origine picena, grazie alla lungimiranza del compianto Guido Cocci Grifoni che credette in questo vitigno a rischio di estinzione, prelevandolo dalle falde del Monte Vettore, in pieno Parco dei Sibillini, nel comune di Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) agli albori degli anni ’80 per portarlo nelle colline di Offida e Ripatransone, in provincia di Ascoli. Il prestigio di questo vitigno è stato suggellato poi dal riconoscimento della Docg Offida, tipologia Pecorino appunto, e nella Dop “Falerio”, tutelate entrambe dal nostro Consorzio. Questi dati impensabili suggellano lo straordinario successo avuto negli stand Piceni da parte dei visitatori al Vinitaly 2016. Questa felice conclusione avvalora lo slogan scelto proprio per la Kermesse veronese ovvero “orgoglio piceno”, cioè la consapevolezza di appartenere ad un territorio straordinario dove le montagne vicino al mare producono bianchi autoctoni di grande livello ora riconosciuti anche dal mercato”, ha aggiunto Armando Falcioni, direttore Consorzio di Tutela Vini Piceni.
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Non mancherà il palcoscenico del Vinitaly anche il Consorzio Tutela Vini Piceni presieduto dal cavaliere del lavoro Angela Velenosi. L’ente riunisce ad oggi 43 produttori marchigiani impegnati nella promozione e nella tutela vini e dei vitigni provenienti dall’area picena. Al Vinitaly racconteranno la tradizione di una terra unica attraverso assaggi delle loro eccellenze tra
cui Offida DOCG, nelle tipologie Pecorino, Passerina e Rosso, Rosso Piceno DOC, anche nella tipologia Superiore e Falerio DOC, anche nella tipologia Pecorino. Un appuntamento specifico dedicato anche al Pecorino, vitigno autoctono prestigioso che festeggerà il suo 25mo anniversario. Non solo vini durante la manifestazione, come ormai prassi consolidata di molti Consorzi, ma anche promozione del territorio. Per l’occasione il presidente del Consorzio Tutela Vini Piceni ha coinvolto giornalisti, esperti, persone legate al territorio che guideranno i visitatori alla scoperta del Piceno.”Abbiamo deciso di allestire per conto nostro lo spazio a disposizione, con l’intento di vedere rappresentata la nostra identità territoriale, le nostre istanze, il saper fare della nostra cultura territoriale, reinterpretata in chiave contemporanea come innovare nel solco della tradizione” ha dichiarato il presidente Armando Falcioni. Il Consorzio Tutela Vini Piceni è nato nel 2002, sull’onda del successo della produzione enologica del Piceno, grazie al riconoscimento di vini eccellenti provenienti da vitigni autoctoni. Obiettivo del Consorzio difendere l’impegno degli imprenditori, promuovere e valorizzare le DOC e DOCG del territorio, controllando che vengano prodotte nel rispetto del disciplinare. Il Consorzio Vini Piceni sarà al padiglione 7 insieme alla Collettiva Regione Marche. Le cantine che troverete all’interno della Collettiva saranno Vitivinicola d’angelo, Le Caniette, Azienda Agrobiologica Centtani, Carminucci Vini, Azienda Santa Liberata, Domodimonti, Cantina Offida, Cantie di Castigliano, La Pila, La Canosa, Terra Fageto, Vinicola Carassanese, Viniscola Costadoro Azienda Agrobiologica san Giovanni, Poderi dei colli , San Savino di Capecci Simone. Saranno con il loro stand, sempre all’interno del padiglione Velenosi ,Tenuta cocci grifoni, La Cantina dei Colli Ripani, Ciù Ciù, Tenuta de Angelis, Saladini pilastri, Collevite, Tenute del borgo, Vigneti Bonaventura, Poderi San Lazzaro, Cameli Irene e Il Conte Villa Prandone.
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In Abruzzo si torna ad imbottigliare direttamente il vino, riducendo il ricorso ad imbottigliatori esterni. Il primo trimestre del 2016 si è aperto con un giro di boa che ha portato all’incremento della quota del vino imbottigliata localmente e che entro la fine dell’anno dovrebbe arrivare al 50% , secondo quanto dichiarato da Nicola Dragani, Presidente di Assoenologi Abruzzo e Molise ad Abruzzoweb. Il timore della liberalizzazioni delle denominazioni da parte dell’Europa ha fatto anche maturare una nuova consapevolezza nei produttori, ora orientati verso produzioni più qualitative che passano anche dallo specificare il luogo di produzione. Pratica già adottata con successo in altri paesi, ma anche in alcune regioni Italiane. La Toscana ha portato Chianti, Brunello di Montalcino o Morellino di Scansano, ad essere famosi nel mondo anteponendo il luogo di produzione al vitigno Sangiovese, idem ha fatto il Piemonte con Barolo, prodotto da uve nebbiolo. Pioniere di questa svolta, il Consorzio di Tutela Montepulciano Colline Teramane, che già dalla prossima vendemmia 2016 imbottiglierà direttamente con l’indicazione della zona di produzione.”Dobbiamo ad esempio essere coscienti del fatto che il Pecorino, sul quale tanto puntiamo, si produce nelle Marche, nel Lazio, in Molise, in Puglia, quindi sul mercato quando arrivi come Pecorino sei uno dei tanti, non emergi” ha spiegato Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio. ”La deroga data dall’Europa deve essere per noi occasione di riflessione e per prepararci a questa metamorfosi, intanto continuiamo a lavorare per utilizzare la denominazione del Montepulciano, guardando con attenzione all’iniziativa del Consorzio Colline teramane che ha anteposto la località al vitigno anche perché è impossibile presentarsi sul mercato con 150 milioni di bottiglie, tanta è la produzione del Montepulciano, dicendo che è di qualità, quando di Barolo o di Brunello se ne producono 15 milioni” ha dichiarato Nicodemi al giornale. Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe, per il quale non solo bisogna incentivare le denominazioni, ma anche lavorare nell’ottica di modifiche al Piano di Sviluppo Rurale che favoriscano l’aggregazione delle aziende produttrici.
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Dallo scandalo del metanolo ad oggi i consumi di vino degli italiani si sono praticamente dimezzati passando dai 68 litri per persona all’anno del 1986 agli attuali 37 litri che rappresentano il minimo storico dall’Unità d’Italia nel 1861. E’ quanto affermano la Coldiretti e la Fondazione Symbola sulla base del Dossier ‘Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità’. Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato all’interno dei confini nazionali è risultata addirittura inferiore a quella nel resto del mondo. In Italia si beve meno, ma si beve meglio con il vino che si è affermato nel tempo come l’espressione di uno stile di vita “lento” attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi in alternativa agli eccessi. In Italia si stima la presenza di 35mila sommelier, ma un numero crescente di giovani ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini e cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole con la proliferazione di wine bar e un vero boom dell’enoturismo, dalle strade alle città del vino, che è una realtà consistente in Italia dal 1994, quando intorno a “Cantine aperte” nacque un movimento che oggi registra circa 3 milioni di turisti l’anno, per un giro d’affari che si attesta intorno ai 4 miliardi. I NUMERI Il 73% dei consumatori di vino lo bevono in casa, prevalentemente durante i pasti, apprezzando in otto casi su dieci più il vino rosso rispetto al bianco o alle bollicine che invece sono preferiti da chi lo consuma fuori casa per il 62%, secondo una recente indagine dell’Osservatorio vino dalla quale emerge che cresceranno di oltre l’8% i consumi di vino al ristorante nei prossimi due anni, per lo più al bicchiere, dove avranno la meglio le etichette locali o regionali per il 94,5% dei consumatori. Il vero cambiamento rispetto al passato si registra infatti nelle scelte di consumo con i vini del territorio che fanno registrare i maggiori incrementi della domanda a livello nazionale dove, a fronte di una stagnazione dei consumi, è boom per gli acquisti di vini autoctoni dal Pecorino al Pignoletto, dalla Falanghina al Negroamaro. Nel tempo della globalizzazione gli italiani bevono locale con il vino a “chilometri zero” che è il preferito nelle scelte di acquisto in quasi tutte le realtà regionali.
L’ENOTURISMO La domanda sostenuta di vini di produzione locale ha spinto la nascita a livello regionale di numerose realtà per favorirne la conoscenza, la degustazione e l’acquisto. Sono molte le aziende vitivinicole che aprono regolarmente o in speciali occasioni le porte ai visitatori per far conoscere la propria attività con i metodi di produzioni dal vigneto alla cantina. Sono oltre 1000 i produttori di vino certificati che fanno parte della rete di vendita diretta di Campagna Amica attraverso punti vendita e mercati degli agricoltori dove vengono offerti vini locali a chilometri zero.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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