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Se il Sassicaia non piace alla cieca. Il bordolese toscano bocciato a “Cortaccia Rossa”


BOLZANO –
 Nel 2015 era toccato ai vini di Bordeaux. Degustati alla cieca da una trentina di professionisti del settore, in un confronto con i tagli bordolesi altoatesini del team “Cortaccia Rossa“, i vini di Cantina Kurtatsch, Peter Dipoli, Baron Widmann e Tiefenbrunner avevano sbaragliato le etichette di Pomerol, St. Emilion, Pauillac, Margaux e St. Estèphe.

L’ascia del blind tasting, dopo aver falcidiato la Francia dei Cabernet Sauvignon, dei Cabernet Franc e dei Merlot premiati e strapagati a livello mondiale, ha mietuto una vittima eccellente nell’edizione 2019 di “Cortaccia Rossa”, andata in scena ieri pomeriggio al Centro di Sperimentazione Laimburg di Ora, in provincia di Bolzano.

Si tratta del Sassicaia 2016 di Tenuta San Guido, a cui la giuria internazionale – tra cui anche noi di WineMag.it – composta da stampa, sommelier e buyer, ha assegnato la (misera) media di 87,5 punti. Nulla di strano, se non fosse che si tratta della stessa vendemmia giudicata 100/100 da Robert Parker.

Bottiglia sfortunata? Non si direbbe, dal momento che il numero dei giurati è tale da giustificare l’apertura di almeno tre bottiglie della stessa etichetta. Allora, il sospetto, è proprio che la degustazione alla cieca giustifichi la défaillance del “mostro sacro” firmato Tenuta San Guido.

Come è facile intendere, l’edizione 2019 di “Cortaccia Rossa” ha visto protagonista il confronto tra i vini delle quattro cantine altoatesine unite per promuovere le varietà bordolesi dell’areale di Cortaccia (BZ) e il territorio di Bolgheri, ben più affermato a livello nazionale e internazionale.

Quattro “flight”, ovvero quattro sessioni di degustazione alla cieca, in ognuna delle quali si celava un solo vino dell’Alto Adige, accanto a tre vini provenienti dalla nota Denominazione toscana e – nuovamente – dalla Francia (Saint-Émilion, Pessac-Léognan e Saint Estéphe).

Nel primo flight la spunta l’Alto Adige Südtirol Doc 2016 “Frauenriegel” di Weingut Peter Dipoli (Merlot e Cabernet Franc). La media complessiva finale è di 89,3. Naso spiccatamente erbaceo, profondo, sulla spezia nera più che sul frutto. Presenza di Merlot piuttosto preponderante (55% a fronte di un 43% di Franc).

In bocca corrispondente, con frutto rosso e la rinnovata verve erbacea. Gran freschezza, ma un alcol che si deve integrare meglio in un palato in cui la maturità del frutto domina l’ingresso, per poi lasciare spazio alla spezia.

Secondo posto per il Bolgheri Doc 2016 “Camarcanda” (media “Cortaccia Rossa” 88,4/100). Medaglia di bronzo, a pari merito con 87/100, per l’Aoc Saint-Émilion Premier Grand Cru Classé 2016 “Chateau Canon La Gaffelière” e l’Igt Toscana 2016 “Oreno” di Tenuta Sette Ponti.

Interessante il risultato del secondo flight, dove a spuntarla è il Bolgheri Doc Superiore 2016 “Guado al Tasso” (90/100 la media dei degustatori di “Cortaccia Rossa” 2019). Secondo posto per l’Igt Toscana Cabernet Sauvignon 2016 dell’Azienda agricola Isole e Olena (media di 89,1/100).

Terzo l’Alto Adige Südtirol Doc 2016 “Auhof” di Weingut Baron Widmann (88,9 di media): bello il gioco tra morbidezza alcolica, spezie calde e vena erbacea. Vino di grande godibilità e prontezza al palato, dove manca però, per via i un frutto piuttosto maturo (fragola e lampone), un po’ di freschezza.

Quarto ed ultimo, sempre nel terzo flight, l’Aoc Pessac-Léognan 2016 “La Chapelle de la Mission Haut-Brion” con una media di 88,2/100 assegnata dai degustatori di “Cortaccia Rossa” 2019.

Penultimo flight dominato dal Langhe Doc 2016 “Darmagi” 2016 di Gaja (90/100), seguito dall’Alto Adige Südtirol Doc Riserva 2016 “Frienfeld” di Kellerei/Cantina Kurtatsch (89,8/100) tra i più schietti testimoni dell’attitudine di Cortaccia alla “bordolesità”, non ultimo in termini di potenzialità nel lungo affinamento in bottiglia.

Terzo posto per l’Aoc Saint Estèphe 2016 “Chateau Cos d’Estournel” (89,6/100). Quarto ed ultimo posto della batteria assegnato, appunto, al Sassicaia 2016 di Tenuta San Guido, con 87,5/100.

Quarto ed ultimo flight appannaggio dei cugini d’Oltralpe, che la spuntano con l’Aoc Pauillac Grand Cru Classè 2015 “Ch. Pichon Longueville Baron” (90,3/100 assegnati dalla giuria presente a “Cortaccia Rossa” 2019).

A seguire l’Alto Adige Südtirol Doc Riserva 2015 “Vigna Toren” firmato Tiefenbrunner – Schlosskellerei Turmhof (90/100). Bel frutto e spezia nera al naso, bella succosità al palato: un vino che, senza rinunciare a una grandissima godibilità e bevibilità, eccelle in freschezza e mineralità, in una chiusura lunghissima.

Medaglia di bronzo per il secondo Bolgheri Doc Sassicaia in degustazione a “Cortaccia Rossa” 2019: la vendemmia 2015 dell’etichetta di Tenuta San Guido (89,4/100, contro i 97/100 di Robert Parker e i 98/100 di James Suckling). Quarto ed ultimo piazzamento per l’Igt Vigneti delle Dolomiti 2015 “Tenuta San Leonardo”, unico trentino in gara.

IL COMMENTO

“La cosa importante di Cortaccia Rossa – sottolinea Peter Dipoli – è dimostrare che i quattro produttori aderenti a questa iniziativa non hanno invidia uno dell’altro. Nel mondo del vino, spesso, si ha paura di rimetterci qualcosa agendo in sinergia con i vicini di casa. Per noi non è così”.

“I 45 ettari attuali di varietà bordolesi presenti a Cortaccia – continua Dipoli – dimostrano a noi stessi, agli esperti e agli opinion leader del settore che i nostri vini meritano attenzione e hanno un rapporto qualità prezzo incredibile, se comparati con quelli di altri territori ormai affermati in cui si allevano Cabernet e Merlot”.

Le difficoltà dei produttori altoatesini sono soprattutto legate alla mancanza di un “brand bordolese”. “Devi portare la cartina geografica per vendere nel mondo il taglio bordolese della nostra zona – chiosa Dipoli – soprattutto in una fase come quella attuale, in cui sono i vini bianchi che tirano il mercato dei vini dell’Alto Adige”.

Siamo troppo piccoli per avere visibilità all’estero – conclude il vignaiolo – ma ‘Cortaccia Rossa’, con le sue degustazioni comparative svolte rigorosamente alla cieca, è un piccolo passo per dire al mondo che ci siamo anche noi: abbiamo poco vino in confronto ad altri territori, ma costiamo meno di un terzo di quelli con cui ci confrontiamo”.

Il prezzo medio delle etichette “bordolesi” di qualità dell’Alto Adige, di fatto, si aggira attorno ai 40 euro. Nulla in confronto ai blasonati rossi di Bolgheri come il Sassicaia, il cui valore oscilla al netto dei giudizi delle guide.

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La Cité du Vin de Bordeaux fa infuriare il Movimento Turismo del Vino

“L’enoturismo è tricolore, lo si può dire con certezza. Ma è un tricolore francese, non certo il nostro”. A tuonare così è il presidente nazionale del Movimento Turismo del Vino (Mtv), Carlo Pietrasanta (nella foto), a commentato delle “recenti importanti iniziative” intraprese dai “cugini” francesi “in favore dell’enoturismo”.

“Come in un film già visto – dichiara Pietrasanta – la Francia ci sovrasta in quanto a programmazione e managerialità della cosa pubblica. E quello che è successo nell’ultimo anno è sotto gli occhi di tutti: Parigi ha messo in piedi un portale che raccoglie tutta l’offerta enoturistica del Paese e che funziona benissimo, nonostante non sia costato milioni di euro come i nostri, inutili, siti vetrina. E non è un caso che il portale, che punta ad attirare 4 milioni di nuovi enoturisti stranieri entro il 2020, anche attraverso prenotazioni dirette dal sito – sia stato presentato dal ministro degli Esteri”. Pietrasanta fa riferimento all’inaugurazione, avvenuta a fine maggio a Bordeaux, de La Cité du vin, “La città del vino”.

“E non è un caso neppure che, giusto un anno fa – prosegue il presidente del Movimento del Turismo del Vino – lo stesso ministro francese Laurent Fabius abbia annunciato un piano speciale con un fondo nazionale in favore del comparto. Detto, fatto. E mentre in Italia, da Expo in poi, in tutti i grandi comizi sul vino nessun politico dimenticava di citare l’enoturismo, in Francia si stanziavano decine di milioni di euro per investire veramente”.

Per il presidente del Movimento Turismo del Vino, che conta circa mille cantine associate, gli 81 milioni di euro impiegati per costruire La Cité du vin de Bordeaux “sono la ciliegina su una torta che nella regione fattura, sotto la voce turismo, ben 4 miliardi di euro l’anno e che negli ultimi 15 anni ha triplicato i propri visitatori da 2 a 6 milioni, con 50 mila posti di lavoro diretti”. Una ciliegina che, secondo le stime, porterà altri 450 mila visitatori l’anno. “Tutto ciò – aggiunge Carlo Pietrasanta – mentre da noi non si trova nemmeno la quadra per fare un nuovo regolamento comune”.

Il riferimento è all’an­nosa questione della vecchia legge sulle Strade del Vino del 1999, “che non ha mai contemplato la possibilità di fattu­rare visite, attività e mescita di vini in cantina, nonostante siano ormai diventate pratiche comuni e voci importanti di bilancio”.

E se Cantine Aperte spopola, con un numero di persone pari agli spettatori di 50 partite di Serie A, “noi – attacca Pietrasanta – ci sentiamo come una provinciale tra i giganti del calcio internazionale”. “Siamo in attesa, per esempio, di un testo unico sul vino – spiega il presidente del Mtv – che doveva essere presentato al Vinitaly 2015 e poi al Vinitaly 2016, dove è passata solo una bozza. E in cui, deo gratias, è inclusa una mini postilla che dovrebbe aprire almeno alle degustazioni in cantina. Ma tant’è – conclude Pietrasanta – la grandeur francese partorisce le montagne. Noi purtroppo nemmeno un topolino”.

LE CITÈ DU VIN DE BORDEAUX
L’idea di rendere l’area di Bordeaux un “magnete per l’enoturismo in Francia”, come ha spiegato Philippe Massol (nella foto), direttore della Fondazione per la Cultura e civiltà del vino francese, il giorno dell’inaugurazione de La Citè du Vin, “è nata osservando i visitatori arrivati a Bordeaux, interessati al vino ma senza un posto per soddisfare le loro aspettative”.

Un discorso iniziato nel 2008, germogliato nell’ambito della campagna elettorale locale, per un progetto condiviso da entrambi gli schieramenti politici, che poi hanno finito per opporsi.

Infine, Alain Juppé (LR) ha prevalso sul socialista Alain Rousset. Pochi anni prima, un tentativo meno ambizioso ristrutturazione di una cantina sul Quai des Chartrons non aveva sollevato particolare interesse. L’incontro tra Massol e Sylvie Cazes, poi eletto a sindaco di Bordeaux, co-proprietario del Château Lynch – Bages a Pauillac e creatore dell’agenzia di turismo del vino di Bordeaux Saveurs, servì a catalizzare le energie verso il risultato finale.

Il sostegno del sindaco di Bordeaux ha fatto il resto. Un progetto, Le cité du Vin, che si basa su altri illustri esempi di enoturismo virtuoso in Europa, come il Museo Vivanco della cultura del vino in Rioja, Spagna , e l’Hameau Duboeuf di Romanèche Thorins, nel Beaujolais, in grado di attirare quasi 100 mila visitatori all’anno.

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