Con 2,7 miliardi di pizze sfornate nel mondo e un fatturato che supera i 15 miliardi di euro all’anno, la pizza si conferma un tesoro del Made in Italy, simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo. La Giornata internazionale della pizza si celebra domani, martedì 17 gennaio, all’insegna di tutte le forme di questo alimento-sinonimo dell’Italia.
Rotonda, quadrata, con o senza “cornicione”, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice, con mozzarella e pomodoro o con fiori di zucca e alici, o con verdure grigliate, la pizza si conferma uno dei piatti storici più versatili della cucina italiana. Tanto che l’Unesco ha proclamato nel 2017 l’Arte dei pizzaiuoli napoletani Patrimonio immateriale dell’Umanità.
LA PIZZA È PATRIMONIO UNESCO
L’Arte, come ricorda la stessa Unesco, è nata a Napoli, dove vivono e lavorano circa 3 mila pizzaiuoli, suddivisi in tre categorie in base all’esperienza e alle capacità. Ogni anno l’Accademia dei Pizzaiuoli Napoletani organizza corsi sulla storia, gli strumenti e la tecnica del’arte con lo scopo di assicurarne la sopravvivenza, ma gli apprendisti possono fare pratica anche nelle loro case, dove l’arte è ampiamente diffusa.
Un alimento, come ricorda Coldiretti alla vigilia del Pizza Day 2023, che è anche la colonna portante di un sistema economico costituto da 121 mila locali in Italia dove si prepara e si serve grazie ad una occupazione stimata dalla Coldiretti in 100 mila addetti a tempo pieno e a di altrettanti 100.000 nel weekend. I 2,7 miliardi di pizze sfornate all’anno, in termini di ingredienti, si traducono in 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
PIZZA E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Un lavoro quotidiano, sul quale pesano però gli effetti dei cambiamenti climatici con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo in Italia, che hanno tagliato le produzioni degli alimenti base della dieta mediterranea. Il crollo è stato del 30% per l’extravergine di oliva, del 10% per passate, polpe e salse di pomodoro. Fino al -15% per il grano tenero, da cui si ricava la farina per la pizza.
La passione per la pizza è anche planetaria. Gli americani sono i maggiori consumatori, con 13 chili a testa. Gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno e staccano spagnoli (4,3), francesi, tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci. La corte di Vienna, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiude la classifica.
«Una diffusione – rileva Coldiretti alla vigilia del Pizza Day 2023 – che ha favorito lo sviluppo di ricette che nulla hanno a che fare con l’originale, attraverso l’uso degli ingredienti più fantasiosi, a partire proprio dai frutti tropicali come ananas, banane o noce di cocco. Ma anche di dolci, come i marshmellow americani o il creme caramel, di specialità locali come le haggis, le interiora di pecore scozzesi, la carne australiana di canguro e coccodrillo o quella di renna finlandese, fino alle versioni con insetti, dai grilli alle cicale e agli scorpioni».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Nella più grande area terrazzata vitata d’Italia, dove l’arte dei muri a secco è patrimonio Unesco dal 2018, nasce la Rete dei Giardini Sospesi. Innovativa rete di imprese della filiera del vino con un approccio unico per il settore in Valtellina.
L’iniziativa, voluta dall’azienda Mamete Prevostini, unisce nove viticoltori storici. Scopo dell’iniziativa è dar vita a una virtuosa filiera nella quale condividere competenze, risorse e visioni. L’obiettivo è valorizzare la storia e la qualità della viticoltura del territorio portandola verso alti standard di sostenibilità, sia a livello ambientale che agro ecologico e economico.
«Con la Rete dei Giardini Sospesi, – spiega Mamete Prevostini – diamo valore a una figura professionale, ormai rara nel nostro territorio: il viticoltore a tempo pieno. Offriamo la possibilità generale, soprattutto ai giovani, di diventare produttori di uva a pieno titolo».
«Questo lavoro deve essere economicamente sostenibile e permettere a chi lo intraprende di rimanere in Valtellina, migliorare la qualità della propria vita e accrescere le eccellenze del territorio. Vogliamo dare un messaggio ottimistico alle nuove generazioni. Scommettere sulla bellezza del vino significa investire nell’estetica futura del paesaggio», conclude Prevostini.
LA RETE DEI GIARDINI SOSPESI
La Rete dei Giardini Sospesi nasce per ribadire il rapporto di fiducia che lega da sempre Mamete Prevostini ai viticoltori e alle loro famiglie. Donne e uomini che vivono i terrazzamenti vitati come giardini a tutela della bellezza del paesaggio e del territorio. Perché dall’amore, dalla cura e dalla passione nasce l’eccellenza dell’interpretazione del Nebbiolo tipica della Valtellina.
La scelta, razionale e lungimirante, è quella di investire sul “saper fare” e sull’originale interpretazione delle uve nebbiolo. Uve coltivate per il 50% da parte dei viticoltori della rete e per l’altro 50% da parte dei collaboratori che gestiscono i vigneti di proprietà dell’azienda Mamete Prevostini.
Grazie alla Rete dei Giardini Sospesi la filiera godrà di un continuo miglioramento della qualità dei suoi prodotti, di uno sviluppo delle proprie capacità produttive e dell’efficienza dei processi di coltivazione dei vigneti.
LA CONDIVISIONE DELLE COMPETENZE
Gli obiettivi verranno raggiunti grazie all’integrazione delle risorse e alla condivisione del know-how fra gli aderenti, diffondendo così una cultura orientata ai valori della sostenibilità ambientale, economica e sociale.
La Rete metterà a disposizione dei propri soci le pratiche di vigna condivise in anni di lavoro e sperimentazione. I produttori aderenti garantiranno assistenza agronomica mirata alla salvaguardia degli impianti dei vigneti e al continuo miglioramento dei prodotti ottenuti.
Verrà fornita assistenza nei principali processi di coltivazione e innovazione per ottimizzare così costi e risultati. Un’idea concreta di economia circolare che renderà la produzione di uva un’attività economicamente vantaggiosa e ne incentiverà la produzione sul territorio.
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(4 / 5) Prezzi su, prezzi giù, Brexit, confusione sulle denominazioni nella battaglia tra Doc e Docg, Patrimonio Unesco. Sul Prosecco si sentono spesso notizie in contraddizione fra loro. Fatto sta che per il consumatore “Prosecco” è sinonimo di “Spumante”. Sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper il Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg “Le Fade“, Extra Dry dell’Azienda Agricola Luca Ricci.
LA DEGUSTAZIONE Giallo paglierino con una bella spuma fine che svanisce rapidamente, lasciando posto a un perlage piuttosto fine e persistente. Gentile al naso, dove dominano i sentori floreali e una nota di frutta, pera, piuttosto marcata. Un vena agrumata chiude il quadro, dando una certa spinta olfattiva.
Fresco e morbido in bocca, il Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg “Le Fade”. La buona freschezza dona spinta al sorso, dove ritroviamo ciò che avevamo sentito al naso. In chiusura si avverte l’abboccatura data dal residuo zuccherino, che viene bilanciata dalle leggera ruvidezza della bollicina. Un sorso equilibrato.
Semplice, ben fatto e non scontato nel calice (spesso invece scontato a scaffale, nei supermercati Esselunga). Non molto persistente, al limite di quello che si definirebbe tecnicamente un vino “corto” di persistenza, è un ottimo calice da aperitivo o da abbinare a piatti leggeri di pesce.
LA VINIFICAZIONE
Composto al 95% da Glera e per il 5% da Verdiso e Bianchetta coltivati sui terreni argillosi di Collalto di susegana (tv), vinificato in acciaio e spumantizzato in metodo Martinotti-Charmat.
L’Azienda Agricola Luca Ricci si trova a Conegliano (TV). Nasce ufficialmente nel 1999, dal terreno fertile di una “lunga tradizione familiare fatta di esperienza e passione”. Una storia che inizia dal nonno enologo, continua con il padre coltivatore e adesso si arricchisce di nuove pagine.
Tra le novità proprio “Le Fade“, ovvero “Le Fate” in dialetto veneto: una tenuta agricola a Collalto di Susegana, nel cuore del Veneto. Circondata dai vigneti, la tenuta dispone anche di una Country House, dove è possibile soggiornare.
Prezzo pieno: 7,99 euro Acquistabile presso: Esselunga
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Dopo più di quarant’anni di attività, Merotto ha inaugurato sabato 7 settembre il “Merotto Space“. Una vera e propria finestra sulle colline del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, divenute patrimonio Unesco.
Non solo un punto vendita, ma uno spazio in cui accogliere i visitatori, enoturisti, winelover e clienti abituali, in modo informale e coinvolgente. Merotto Space, a Col San Martino (TV), nasce in una vecchia casa contadina in pietra locale, risalente a circa 200 anni fa.
Un progetto di recupero in linea con la direttiva della Regione Veneto, che non prevede nuove edificazioni nell’area ma una riconversione e riqualificazione di strutture già esistenti: le tipiche case coloniche tradizionalmente composte da un unico ambiente in cui abitazione, stalla e fienile erano integrati in un unico edificio.
IL MEROTTO SPACE
Una struttura collegata alla storica cantina di vinificazione, attraverso un sentiero di poche centinaia di metri, che attraversa le vigne. Al piano inferiore un piccolo ma completo show room e un angolo adibito a wine bar. Luogo dal design minimal e pulito, in cui conoscere ed acquistare i prodotti aziendali.
Al piano superiore una grande sala degustazione e ricevimenti; un ambiente unico e spazioso con grandi vetrate ai lati in cui la vista apre sulle colline vitate italiane che danno vita allo spumante italiano più bevuto al mondo. Un unicum visivo in cui il “dentro” ed il “fuori” si fondono coinvolgendo il visitatore a 360 gradi.
È Graziano Merotto, patron e fondatore dell’azienda, a fare gli onori di casa e ad introdurre alla degustazione delle etichette della cantina. Sguardo sereno, sorriso appena accennato, ma nel quale leggi grande apertura d’animo.
Mani grandi, dalla stretta possente ma accogliente. Una storia che parte da lontano la sua, legata al territorio come le radici di quelle viti che fanno l’occhiolino da sotto la pioggia.
Diploma alla Scuola Enologica di Conegliano e una avventura che inizia nel 1972, quando Graziano Merotto fonda la sua cantina, anche se l’amore per la terra gli era già stato trasmesso tempo addietro, dal nonno Agostino.
Già l’anno seguente, nel 1973, l’acquisto di un appezzamento, la Particella 86, ancora oggi fiore all’occhiello dell’azienda. Anni a produrre vini col fondo a rifermentazione naturale in bottiglia, rigorosamente da uve Glera, fino all’introduzione, nel 1979, della prima autoclave in azienda.
Sempre con un obiettivo, allora come oggi – ci tiene a precisare Graziano Merotto – che è quello di fare un prodotto di una certa qualità…”
Un totale di 600 mila bottiglie annue, divise fra le varie etichette commercializzate al 70% sul mercato italiano. L’estero si concentra in Europa, Stati Uniti e Russia con una recente apertura verso Giappone e Messico.
Trenta ettari, suddivisi in 9 località differenti (tutte collinari), croce e delizia di questa realtà come dice Mark Merotto enologo della cantina. La fortuna di poter vinificare da areali diversi, la sfortuna di non poter gestire tutto in un’unica soluzione.
Alle uve di proprietà si affiancano quelle acquistate dai conferitori, seguiti dallo stesso perito agrario per garantire uniformità qualitativa. Parlare con Mark è un modo per conoscere non solo la realtà di Merotto ma anche le differenze e le sfumature di un territorio spesso non compreso fino in fondo dal consumatore.
Diventa così chiaro come forse sarebbe più corretto parlare “dei Prosecchi” più che “del Prosecco“. Perché sono profonde le differenze fra le uve e i vini prodotti in pianura e quelli prodotti nell’area collinare e prealpina (quella ormai famosa come patrimonio Unesco).
Differenze legate a terreni, clima, età delle viti, tecniche di coltivazione e raccolta. Differenze fondamentali che generano, inevitabilmente, vini diversi. Non solo macro differenza fra collina e pianura, ma anche micro differenze fra i vari mappali in collina.
Ecco quindi la scelta di Merotto di vinificare separatamente per zona di provenienza delle uve. Macerazione pellicolare direttamente in pressa per evitare l’intervento di organi meccanici, decantazione statica e 30 ora di ossidazione.
Il tutto alla ricerca della pienezza del frutto e dei suoi sentori. Differenze di terroir, tecniche di vinificazione e scelte produttive che ci attendono al varco perchè, al solito, è “il calice” ad avere l’ultima parola.
LA DEGUSTAZIONE Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut 2018 “Integral”. Ultimo nato in casa Merotto, presentato a Vinitaly 2019, rappresenta la sfida delle cantina nel voler produrre un Prosecco dallo scarsissimo residuo zuccherino: solo 2,7 g/l, praticamente un Pas Dosè. Integaralmente Glera da un unico vigneto di oltre 40 anni, fermentazione in autoclave di 60 giorni ed ulteriori 120 giorni di permanenza sui lieviti per cercare struttura anche in assenza di zuccheri aggiunti.
Paglierino e brillante ha naso fresco e floreale ma è in bocca che da il meglio di se dove si dimostra più ricco e generoso. Perlage piacevole, quasi croccante, un buon retro nasale di frutti bianchi ed un chiusura sapida e minerale che le rendono pericolosamente beverino.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Bareta”. Espressione Brut (8 g/l) della gamma Merotto prende il nome da un nomignolo locale, essendo “Merotto” un cognome assai comune in zona. Si presenta delicato al naso con note di fiori bianchi ed un piacevole fruttato di mela verde. Sapido e ben equilibrato, aromatico quanto basta, è una bolla che può trovare piacevole collocazione a tavola.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry “Colbello”. Extra Dry “alto” da 16 g/l è forse quello che nell’immaginario collettivo è l’idea del “Prosecco”. Delicato al naso e dai sentori primaverili, dal sapore abboccato quel tanto da non essere stucchevole. Morbido e non molto persistente incarna il concetto di “aperitivo”, di “vino dell’accoglienza”.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry 2018 “Castè”. Nome preso dalla zona di produzione nota come “Colle il Castello”, collina dalle forti pendenze in cui la Glera ha ricavato il proprio spazio vitale. Extra Dry “basso” (12 g/l) è ottenuto con un’unica vinificazione. È il mosto infatti ad essere direttamente vinificato in autoclave eseguendo in un unica ripresa vino base e presa di spuma.
Più pieno di Colbello, più coinvolgente col suo naso più intenso dai vivi richiami alla mela golden ed alla pera matura. Facile e scorrevole al sorso ha un buon corpo ed una viva acidità che maschera piacevolmente il residuo zuccherino. Piacevole ed ordinata la persistenza.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Dry 2018 “La Primavera di Barbara”. Dedicato alla figlia di Graziano, Barbara per l’appunto, si compone al 90% di Glera ed al 10% di Perera. Un Prosecco dall’importate residuo zuccherino di 21 g/l pensato per essere morbido ed avvolgente. E cosi è, con profumo dolci di frutta matura ed un sorso in cui è la morbidezza a vincere sull’acidità senza però sforare nella grassezza, senza perdere di nerbo.
Valdobbiadene Prosecco Superiore di Cartizze Docg Dry 2018. Vellutato e fragrante come un Cartizze deve essere se la gioca sulle note di pesca e pera Williams. Viva freschezza che sposa i 26 g/l rendendolo largo ma non pastoso ne tanto meno stucchevole.
LA VERTICALE DI “CUVEE DEL FONDATORE” Vino emblema della volontà di Graziano Merotto di creare un Prosecco d’alto livello, un brut che non abbia nulla da invidiare ai più blasonati Metodo Classico. Anni di prove e ricerche culminati nella prima vendemmi utile nel 2009, proprio l’anno di creazione della Docg.
Le uve provengono da un unico vigneto, proprio quella Particella 86 proprietà aziendale dal 1973 e parte della storia della cantina. Uve che subiscono un processo particolare di maturazione noto come DMR (Doppia Maturazione Ragionata), una tecnica nata in Nuova Zelanda e qui adottata ed adattata alla Glera.
In sintesi il 20 giorni prima della vendemmia il 20% dei tralci viene reciso lasciando però i grappoli in pianta. Questi grappoli subiscono così un leggero processo di appassimento concentrando gli aromi senza però perdere di acidità.
Il restante 80% dei grappoli per contro matureranno ricevendo più sostanze nutrienti dovendo la pianta “distribuirle” a 20 grappoli su 100 in meno. Una doppia maturazione che porta le uve allo stato ideale per un processo di vinificazione e presa di spuma in unico passaggio, direttamente da mosto come per Castè.
Lunga giacenza sui lieviti per arricchire il vino grazie all’auto lisi, dosaggio di 6,9 g/l ed un contenuto di solforosa fra i più bassi (inferiore agli 80 g/l) per un Prosecco che si accinge a sfidare il tempo. Cinque le annate proposte: 2018, 2016, 2014, 2012, 2010.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2018. Figlio di un’annata climaticamente “normale” è un Prosecco potente, aromatico, ricco. Colpisce subito al naso mostrando non solo una certa presenza di aromi ma anche una leggera nota verde, acerba, che fa subito pensare che si tratti ancora di “un bambino”. Sensazione confermata in bocca dove l’acidità seppur non fastidiosa risulta viva e quasi “dura”.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2016. L’annata si rivelò un poco calda sul finale in generale dall’andamento regolare. In questo calice tutta la potenza e l’eleganza che la Glera può offrire.
Il colore leggermente più marcato rispetto al ’18 e gli aromi vivi e freschi di frutta bianca ed agrumi confermano l’impressione precedente: forse questo Fondatore ha bisogno un paio d’anni di bottiglia per potersi esprimere al meglio, a dispetto di ciò che solitamente si dice dei prosecchi.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2014. Annata notoriamente difficile, bestia nera per la maggior parte di vignaioli ed enologi specialmente da queste parti. Ne risulta il vino più minerale della batteria carico di quelle note che i sommelier amano definire di “pietra focaia” o “idrocarburo”. Nonostante tutto morbido ha una chiusura di sorso lievemente amaricante.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2012. Caratterizzata da un ritardo in fioritura, come il 2019, l’annata ha generato il vino più coinvolgente della batteria. Naso ricco di note evolute come miele d’acacia e frutta molto matura con una leggera nota di marmellata d’arancia. Rotondo in bocca ma supportato da una buona acidità e da grande mineralità che donano una verticalità non trascurabile. La prova provata che anche un Prosecco può invecchiare e può farlo bene.
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2010. Al naso risulta un po’ stanco, come se si stesse approntando alla sua parabola discendente. Ricco di note mielose e fruttate non ha difetti o cattivi sentori ma manca un pizzico di slancio. In bocca invece si mantiene vivo. Le note terziarie donano calore e rotondità, la freschezza resta presente anche se meno vivace. Piacevolissima la persistenza.
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L’arte dei muretti a secco è Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. Oltre all’Italia, sono interessati altri sette Paesi europei: Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Lo ha deciso l’apposito Comitato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, riunito dal 26 novembre al 1 dicembre 2018 a Port Louis, nelle isole Mauritius.
L’Unesco evidenzia che “l’arte dei muretti a secco consiste nel costruire sistemando le pietre una sopra l’altra, senza usare altri materiali se non, in alcuni casi, la terra asciutta”. Un patrimonio riscontrabile da Nord a Sud della penisola: dalla Valtellina a Pantelleria, passando le Cinque terre, la Costiera amalfitana e la Puglia, con Salento e Valle d’Itria.
Per l’Italia si tratta del nono riconoscimento Unesco, il terzo transnazionale dopo la Dieta Mediterranea e la Falconeria. Un premio a un’arte “realizzata e conservata nel tempo grazie al lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe”, come evidenzia Coldiretti.
Di fatto, queste conoscenze e pratiche vengono conservate e tramandate nelle comunità rurali, in cui hanno radici profonde, oltre che tra i professionisti del settore edile. Le strutture con muri a secco vengono usate come rifugi, per l’agricoltura o l’allevamento di bestiame. Testimoniano i metodi usati dalla preistoria ai nostri giorni per organizzare la vita e gli spazi lavorativi ottimizzando le risorse locali umane e naturali.
Costruzioni che, per l’Unesco, “dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione”.
LA TECNICA DEI MURETTI A SECCO
La tecnica del muretto a secco riguarda la realizzazione di costruzioni con pietre posate una sull’altra senza l’utilizzo di altri materiali, se non un po’ di terra. La stabilità delle strutture è assicurata dall’attenta selezione e posizionamento dei sassi.
Questi manufatti, diffusi per la maggior parte delle aree rurali e su terreni scoscesi, hanno modellato numerosi paesaggi, influenzando modalità di agricoltura e allevamento, con radici che affondano nelle prime comunità umane della preistoria.
I muretti a secco svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione delle frane, delle inondazioni e delle valanghe e nella lotta all’erosione e alla desertificazione della terra, aumentando la biodiversità e creando condizioni microclimatiche adeguate per l’agricoltura in un rapporto armonioso tra uomo e natura.
“Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo – sottolinea Coldiretti – si abbattono i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più violente e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire”.
“Il risultato – continua Coldiretti – è che sono saliti a 7.275 i comuni italiani, ovvero il 91,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni su dati Ispra. Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Lunedì 12 febbraio il Consorzio del vino Orcia accoglierà a San Quirico d’Orcia un gruppo di importatori esteri alla scoperta del vino Orcia Doc e del suo territorio, patrimonio Unesco e destinazione del vino 2018 per Wine Enthusiast.
L’incoming è inserito nel programma di Buy Wine 2018, la più grande iniziativa commerciale per il settore vitivinicolo in Toscana giunto alla sua ottava edizione e organizzato dalla Regione Toscana, in collaborazione con PromoFirenze.
IL PROGRAMMA
Il programma di quest’anno prevede ben 6 educational tour della durata di 2 giorni in cui i buyers avranno la possibilità di conoscere i territori del vino con degustazioni e visite guidate in azienda, grazie all’organizzazione dei Consorzi del vino toscani.
Nelle splendide e originali sale affrescate di Palazzo Chigi a San Quirico d’Orcia, il Consorzio del vino Orcia accoglierà circa 20 importatori di ben 10 nazionalità diverse, fra cui Azerbaijan, Taiwan e Messico.
“Si tratta della quinta esperienza di incoming di buyers nel nostro territorio e riteniamo che sia di grande utilità per le cantine che fanno parte della denominazione Orcia per avvicinarsi ai mercati esteri e per ampliare il proprio portafoglio clienti” spiega Donatella Cinelli Colombini, Presidente del Consorzio vino Orcia.
Ad aprire la giornata di lunedì, patrocinata dal Comune di San Quirico d’Orcia, ci sarà la presentazione della denominazione a cura della Presidente del Consorzio Orcia e una masterclass di 9 vini Orcia guidata dalla sommelier professionista Suzanne Branciforte.
A seguire, i buyers incontreranno le aziende partecipanti (Atrivm, Bagnaia, Campotondo, Capitoni Marco, Donatella Cinelli Colombini, Loghi, Roberto Mascelloni, Poggio Grande e SassodiSole) in una degustazione “around the table” accompagnata da assaggi di prodotti tipici preparati dalla Bottega delle Carni (Sapore di Valdorcia) di San Quirico d’Orcia. E ancora, i buyers andranno in visita nelle cantine del vino Orcia insieme ai produttori.
Una sinergia fra più soggetti che condividono gli stessi obiettivi volti alla promozione del territorio (dal 2004 riconosciuto Patrimonio dell’Umanità Unesco e inserito recentemente nella Top 10 della classifica 2018 delle destinazioni del vino della rivista statunitense Wine Enthusiast) e delle sue eccellenze.
IL CONSORZIO DEL VINO D’ORCIA
La denominazione Orcia è nata il 14 febbraio 2000, comprende le varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e Orcia “Sangiovese” con almeno il 90% di questo vitigno, entrambe anche nella tipologia “Riserva” oltre a tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo.
I vini nascono in una quarantina di cantine e manifestano l’impegno e la passione dei produttori che nella stragrande maggioranza fanno tutto direttamente: dalla vigna alla vendita delle bottiglie. In un’epoca di globalizzazione, il vino Orcia è ancora un prodotto familiare, fatto da chi vive in mezzo alle vigne, nel rispetto della natura e con ottime competenze di enologia e viticultura.
Il vino Orcia è prodotto in uno dei comprensori agricoli più belli del mondo e in parte iscritto nel patrimonio dell’Umanità Unesco. Dodici comuni: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.
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