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Muoia Sassicaia, con tutti i Ben Ryé

Muoia Sassicaia, con tutti i Ben Ryé report i furbi del passito di pantelleria editoriale davide bortone winemag
EDITORIALE –
Caro Report ti scrivo, così mi distraggo un po’. E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò. Muoia Sassicaia, con tutti i Ben Ryé. Ma prima puoi spiegarci, una volta per tutte: perché? Fra citazioni letterali e rivisitazioni in salsa Rai, “L’anno che verrà” di Lucio Dalla calzerebbe a pennello per commentare la puntata I furbi del passito, andata in scena domenica 2 febbraio sulla tv nazionale. Se non fosse che, nel testo della canzone del 1979, la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione. Il nuovo anno è arrivato. Ma la litania di Report non è cambiata: sceglie uno stagno bello grande e lancia dentro una pietra di mezze informazioni e allusioni spacciate per scandali. Più per sentire il tonfo che fa, che per fare vera informazione. A meno che l’obiettivo non sia quello di portare avanti la battaglia dei “vinnaturisti”. Già perché di tutto si può accusare Report, tranne che di mancanza di coerenza.

REPORT E IL PARTITO DEI VINNATURISTI

Anche l’ultimo show del duo Ranucci-Bellano ha avuto come baricentro un atto di accusa, bello pesante, contro due brand che hanno scritto – stanno scrivendo e scriveranno, piaccia o no a Report – la storia del vino italiano nel mondo. Ovvero Donnafugata, che produce l’icona Ben Ryé, presente in gran parte dei ristoranti stellati (e non solo), italiani ed internazionali, così come in alcune insegne Gdo. E Cantine Pellegrino, nota per il Marsala e per il passito di Pantelleria, disponibile in varie fasce prezzo e tipologie, in supermercati ed enoteche. A fine 2024 era toccato a Sassicaia – mostro sacro di Bolgheri, di proprietà della famiglia Incisa della Rocchetta – finire sotto accusa. Nelle scorse ore è stato il turno delle due icone dell’industria vinicola della Sicilia. Il nodo della questione – lo ripeterò finché non mi stanco – dev’essere proprio questo.

RAI 3, REPORT E L’ODIO VINNATUISTA SPACCIATO PER INCHIESTA GIORNALISTICA

Chiunque bazzichi per fiere del settore, o abbia a che fare con produttori e amanti del vino naturale, sa che aziende-brand come Tenuta San Guido, Donnafugata e Pellegrino sono considerate alla stregua del diavolo in un segmento che innalza ad emanazioni di divinità alcuni difetti come brett, volatili e puzze di merda di stalla riscontrabili in più d’un “vino naturale”. Sfottere Sassicaia e Ben Ryé è un atto di rivoluzione tra vinnaturisti, paragonabile a quello dell’adolescente che fuma al parchetto coi coetanei, in sfregio ai genitori. Il ridicolizzare il successo commerciale di un vino o di una intera denominazione, per il solo gusto di farlo, è il sintomo più fieramente palesato dell’onanismo vinnaturista. Fenomeno di nicchia, che dilaga sempre più anche grazie a chi, per canone preso, ha deciso di parteggiare per questi ultras del vino, sulla tv nazionale.

IL SILENZIO DEI “VINNATURISTI DELL’EDITORIA”

Mentre vien da chiedersi quali saranno le prossime etichette commerciali nel mirino, emergono però due conclamati fatti. Sul cemento delle “serre” in cui appassisce il Ben Ryé, versato sui terreni del Parco Nazionale isola di Pantelleria – vincolo che, fino a prova contraria, dovrebbe preservare da qualsivoglia colata di calcestruzzo ed opere murarie – il titolare di Donnafugata, Antonio Rallo, tace. Trincerandosi, interpellato da Winemag attraverso il proprio ufficio stampa, dietro un laconico «no comment». Un vero peccato per l’occasione persa, che sarebbe stata utile a chiarire l’unico vero punto dolente (presumibilmente) toccato da Report nel servizio. A far ancora più “rumore” è il silenzio dei tromboni siciliani: ovvero quella stampa (di settore) che si spaccia per “nazionale”, appena può. Ma che quando si tocca l’isola, con argomenti scomodi o pericolosi per equilibri e adv, non ha neppure la decenza di scribacchiare due righe.

L’EX SINDACO 5 STELLE: «LE SERRE DI DONNAFUGATA? COME FORNI»

Vinnaturisti dell’editoria di vicinato, con la penna che funziona a targhe provinciali alterne, a seconda del vento che tira sull’isola: emuli di molti altri, dal centro al nord Italia. Nel servizio I furbi del passito, spazio infine per una vecchia conoscenza di Winemag: l’ex sindaco 5 Stelle di Pantelleria, Vincenzo Campo (2018-2023), a cui il duo Ranucci-Bellano si è sentito in dovere di dare la parola – sulla tv nazionale! – per consentirgli di paragonare (sentite bene…) le serre di Donnafugata a dei «forni». Alludendo, così, a un mancato rispetto del disciplinare di produzione del Passito di Pantelleria, da parte della nota cantina dei Rallo (ipotesi che risulta, carte alle mano, del tutto infondata). Un intervento utile ad introdurre una delle beghe più assurde dell’Italia del vino dei nostri tempi: la cosiddetta «sicilianizzazione dello Zibibbo». Un’altra storia di provincia, da scolarsi insieme a un buon Sassicaia, o Ben Ryé. Nella speranza di distrarsi un po’. I furbi del passito Report

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30 anni di Prima del Torcolato nel 2025: così Breganze sfida la crisi dei vini dolci


Nel 2025, Breganze celebra il suo vino dolce all’insegna dei 30 anni della Prima del Torcolato.
Domenica 19 gennaio, nella cittadina della provincia di Vicenza si taglierà l’importante traguardo dei trent’anni dell’iconico evento che rende omaggio al Torcolato, il vino passito Doc che ha saputo conquistare appassionati e intenditori, diventando simbolo del territorio e della denominazione Breganze.

LA STORIA DEL TORCOLATO DI BREGANZE

Il Torcolato affonda le sue radici nella storia contadina della Pedemontana Vicentina, un territorio in cui tradizione e innovazione convivono in armonia. La prima menzione del termine “Torcolato” risale al 1890, quando venne usato per descrivere il prezioso vino passito ottenuto dall’uva Vespaiola, autoctona di questa zona. Trent’anni fa, questa tradizione secolare ha trovato una nuova espressione nella “Prima del Torcolato”, una manifestazione che celebra pubblicamente il momento della prima spremitura dell’uva appassita. Dopo quattro mesi di paziente appassimento nei fruttai delle cantine, i grappoli vengono torchiati in piazza per ottenere il primo mosto della nuova annata. Un rito che, tra folklore e comunità, rappresenta il cuore pulsante della viticoltura locale.

BREGANZE, 30 ANNI DI PRIMA DEL TORCOLATO: IL PROGRAMMA

La “Prima del Torcolato” 2025 si arricchisce di eventi unici, nel segno della cultura e dell’arte. Le celebrazioni saranno accompagnate dalle note del “Violino Torcolato”, uno strumento artigianale creato dal liutaio Fabio Dalla Costa, un omaggio musicale alla tradizione del vino passito. Non mancherà una parentesi teatrale, curata dall’attore e drammaturgo Diego Dalla Via, che proporrà uno spaccato della vita e delle tradizioni contadine. A rendere ancora più speciale questa edizione sarà la nomina del fumettista vicentino Ivan Bigarella a nuovo Ambasciatore del Torcolato nel mondo per il 2025. Noto per il suo stile narrativo originale, Bigarella avrà il compito di promuovere il Torcolato e il suo territorio. Continuando una tradizione che unisce radici locali e prospettive internazionali.

LE SFIDE DEL TORCOLATO DOC BREGANZE

«Raggiungere i 30 anni della Prima del Torcolato – commenta Giuseppe Vittorio Santacatterina, presidente del Consorzio per la Tutela della Doc Breganze – è motivo di grande orgoglio per tutto il Consorzio e per le cantine associate. Il Torcolato Doc Breganze ha saputo affrontare a testa alta la crisi dei vini dolci in Italia negli ultimi anni, mantenendo una domanda stabile sul mercato. La sua forza risiede nell’unicità, espressione autentica del nostro territorio e dei migliori grappoli di uva Vespaiola». Santacatterina guarda al futuro con determinazione: «La sfida per i prossimi cinque anni sarà portare il nome del Torcolato ancora più in alto, sia in Italia che all’estero. Un obiettivo che potremo raggiungere solo grazie alla collaborazione tra le cantine DOC Breganze e a una comunicazione efficace del valore unico del nostro territorio».

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Südtirol Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2021 “Cresta”, Rottensteiner


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Südtirol Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2021 “Cresta”, Rottensteiner (10%).

Fiore: 9
Frutto: 9.5
Spezie, erbe: 8.5
Freschezza: 8.5
Sapidità: 7
Tannino: 0
Percezione alcolica: 5.5
Armonia complessiva: 10
Facilità di beva: 8.5
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Miglior vino dolce italiano 2024: il Colli Piacentini Passito 2016 “Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno” de La Conchiglia – Claudio Terzoni Vini


Il Miglior vino dolce italiano 2024 è il Colli Piacentini Doc Malvasia Passito 2016Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno” della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni Vini. Il punteggio assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 (acquistabile a questo link) è di 96/100. Un passito che conferma le grandissime potenzialità del territorio dei Colli piacentini, chiaramente in provincia di Piacenza, in Emilia Romagna, nella produzione di grandissimi vini dolci da uve Malvasia.

LE VIRTÙ DELLA PIOGGIA – SENSAZIONI D’INVERNO MIGLIOR PASSITO ITALIANO 2024

Alla vista, il Passito 2016 “Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno” della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni Vini si presenta di uno splendido colore ambrato carico, luminoso. Conquista sin dal primo naso con i suoi ricordi di frutta fresca, dall’albicocca sotto sciroppo alla pesca, passando per note più esotiche di ananas, papaia. A fare da sfondo, elegantissime erbe mediterranee come mentuccia, salvia e timo, con accenni di verbena. Concerto di spezie come cardamomo e coriandolo, che poi virano su memorie di liquirizia fusa e rintocchi di rabarbaro, cola e zenzero.

Il miglior vino dolce italiano 2024 per la Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it è in continuo mutamento nel calice. Sfodera un ingresso di bocca e uno svolgimento di equilibrio magistrale. Densità da vendere, srotola una dopo l’altra le note già avvertite al naso, sul filo di una decisa freschezza e di una marcata  e corroborante vena sapida. La beva del passito Le Virtù della Pioggia – Sensazioni d’Inverno della cantina La Conchiglia – Claudio Terzoni è tattile, carezzevole e decisa, morbida come cotone e al contempo verticale. Persistenza infinita.


Terzoni Claudio – La Conchiglia
Località Paolini, 5
29010 Bacedasco Alto (PC)
Tel. +39 0523 895476
Mob. +39 3338212979
Email: info@terzonivini.it
www.terzonivini.it

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Altro che «sicilianizzazione»: crescono le bottiglie di Zibibbo a Pantelleria


«Lo Zibibbo è un vitigno antico, presente in provincia di Trapani da secoli, con due piccolissime eccezioni poco significative in termini di superfici coltivate e questa è l’unica provincia in cui per legge ne è ammessa la coltivazione». Benedetto Renda, presidente del Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei Vini Doc dell’Isola di Pantelleria, replica ai contenuti controversi del convegno organizzato dall’amministrazione comunale pantesca, lo scorso weekend.

A dimostrare che non è in atto una «sicilianizzazione» del vitigno – ovvero, nell’idea dei promotori dell’iniziativa, uno scippo dell’isola “madre” nei confronti della terra d’origine del vitigno – è l’elenco delle varietà idonee dell’Irvo, che stabilisce come lo Zibibbo sia coltivabile esclusivamente nella provincia di Trapani e – dal 13/09/2007 – anche nell’isola di Ustica, nonché nelle isole Pelagie (D.A. 30/06/2015 anche). «Crediamo fermamente che l’elemento più importante, unico e distintivo, sul quale concentrare la tutela e promozione sia in ogni caso quello dell’origine “Pantelleria” più che il vitigno».

Basti pensare – aggiunge Benedetto Renda – che ci sono produttori australiani che vinificano Nero d’Avola o Glera, imbottigliando quest’ultima come Prosecco. Il Consorzio è fortemente impegnato nel racconto e nella valorizzazione della viticoltura eroica e dell’Isola di Pantelleria: un unicum con un grande primattore, lo Zibibbo.

Dai progetti destinati alla formazione agli operatori della ristorazione e della ricettività, i primi “ambasciatori” dell’Isola, all’ organizzazione di educational dedicati alla stampa fino al lancio campagne di comunicazione sui media nazionali».

CRESCE LA PRODUZIONE DI BIANCO FERMO, SPUMANTE E PASSITO A PANTELLERIA

«Coltivare la terra qui è un atto d’amore – continua il presidente del Consorzio pantesco – che chiama tutti noi a un sempre maggiore impegno, ma ci sono dati che confermano come la Doc Pantelleria sia viva ed in evoluzione. Se paragoniamo i dati di imbottigliamento del 2018 con quelli del 2022, si registra un +25% per la denominazione doc Pantelleria bianco, un +68% per la denominazione Pantelleria Moscato spumante e un +10% per il Passito».

Sul banco degli imputati, anche la modifica del disciplinare della Doc Sicilia, contestata in quanto consente di menzionare in etichetta il vitigno “Zibibbo”, anche se presente in maniera inferiore, nell’uvaggio, rispetto ad altri vitigni. «Teniamo presente – replica a winemag.it il Consorzio presieduto da Antonio Rallo – che si tratta solo del caso dei bivarietali e, ad oggi, nella Doc Sicilia i bivarietali con lo Zibibbo non sono mai stati prodotti».

Le repliche dei due Consorzi confermano, dati alla mano, come l’attacco dell’amministrazione comunale di Pantelleria non trovi conferme nei numeri. Una mossa, quella dalla giunta guidata dal sindaco Vincenzo Campo, arrivata peraltro a pochi giorni dalle elezioni comunali, che vedono il primo cittadino ricandidarsi in una lista sostenuta dal Movimento 5 Stelle. Per organizzare la tre giorni di convegni utile a lanciare l’attacco alla Doc Pantelleria e alla Doc Sicilia, Campo ha avallato uno stanziamento di 25 mila euro. Soldi pubblici in cambio di un pizzico di visibilità?

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“DiVin Nosiola, quando il vino si fa santo”: in Trentino si celebra il tradizionale passito


È l’unico vitigno autoctono a bacca bianca del Trentino e dà vita, in una delle sue interpretazioni, a uno dei vini simbolo della regione: il Vino Santo del Trentino. La Nosiola e il suo
straordinario passito saranno protagonisti, dal 30 marzo all’8 aprile, di “DiVin Nosiola: quando il Vino si fa Santo“, edizione 2023 dell’annuale appuntamento che raggiungerà il culmine con il tradizionale Rito della Spremitura delle uve Nosiola. Il tutto nella splendida cornice della Valle dei Laghi, a circa un quarto d’ora da Trento.

Da non perdere, a “DiVin Nosiola: quando il vino si fa santo” 2023, anche il Trekking tra i vigneti della Nosiola e le degustazioni in diverse location. Oltre a quelle in cantina e nella Casa Caveau Vino Santo di Padergnone (TN), da non mancare i tasting a Palazzo Roccabruna di Trento, sede dell’Enoteca Provinciale del Trentino. Un’occasione unica per testare la longevità della Nosiola e del Vino Santo, indietro nel tempo anche di 30 anni.

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Allarme Prošek, il vino passito croato che «minaccia il Prosecco e l’Italia»

Levata di scudi dell’Italia contro il Prošek, il vino dolce croato che Zagabria vorrebbe vedere riconosciuto dall’Ue come Menzione tradizionale. La richiesta è stata avanzata dalla Croazia ai servizi della Commissione europea. L’obiettivo è la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che darebbe il via libera all’etichettatura del vino.

Nello specifico, il Prošek è un vino dolce da dessert prodotto nella sud della Dalmazia, da uve appassite. L’uva Glera non è prevista nel disciplinare. L’uvaggio stabilito riguarda i vitigni Bogdanuša, Maraština, Vugava e Plavac Mali.

Si tratta di uve autoctone croate (le prime tre a bacca bianca, l’ultima a bacca rossa), che danno vita a un passito generalmente molto costoso. Qualcosa di simile al Vino Santo, dunque.

In Croazia se ne producono complessivamente circa 60 milioni di litri all’anno, ovvero circa 80 milioni di bottiglie. Ma per Coldiretti, visto il nome, si tratta comunque di «un attacco al Made in Italy e al Prosecco nazionale».

L’IRA DI COLDIRETTI E FEDERVINI

«Il vino più esportato nel mondo è anche il più imitato – continua il sindacato degli agricoltori – e la decisione rischia di indebolire la stessa Ue nei rapporti internazionali e sui negoziati per gli accordi di scambio dove occorre tutelare la denominazione Prosecco dai falsi, come in Argentina e Australia».

Dura anche la reazione di Federvini sul Prošek. «Riteniamo questa richiesta inaccettabile – dichiara Albiera Antinori, presidente del Gruppo Vini di Federvini – e appare incomprensibile l’atteggiamento della Commissione Europea che sta lasciando andare avanti il dossier.

Il Regolamento europeo in materia (1308/2013) stabilisce che ogni denominazione di origine, come il nostro Prosecco, deve essere difesa da ogni tentativo di imitazione, anche attraverso la semplice traduzione linguistica. E il termine croato Prošek è semplicemente la traduzione di Prosecco».

Federvini chiede «con forza» che il Governo italiano si faccia «garante della protezione della denominazione e faccia pressione sulla Commissione affinché riconosca l’inammissibilità della richiesta».

«Ogni tentativo di indebolimento della nostra denominazione – aggiunge spiega Micaela Pallini, presidente di Federvini – deve essere respinto con forza. È fondamentale che il sistema Paese si muova unito e in maniera coordinata. Il pericolo è la proliferazione di prodotti che sembrano italiani ma non lo sono».

FEDERVINI: «PROŠEK COME IL PARMESAN»

«Evitiamo di ripetere con il Prošek il caso del Parmesan – ammonisce ancora Pallini – che tanti danni ha arrecato al nostro export caseario. Difendere oggi Prosecco significa tutelare le denominazioni italiane ed europee sul mercato Ue e nei mercati internazionali. Non farlo sarebbe un boomerang ed un grave danno per tutto il sistema vinicolo, italiano ed europeo».

Intanto il Prosecco vola sui mercati. Nel primo trimestre del 2021, lo spumante italiano più venduto nel mondo ha visto un + 8% delle bottiglie esportate nel mondo. Dati che, secondo Coldiretti, «ingolosiscono i falsari con imitazioni diffuse in tutti i continenti».

La confederazione cita per esempio Meer-secco, Kressecco, Semisecco e Consecco. Ma Coldiretti ha smascherato e denunciato anche la vendita di altri prodotti italian sounding, come Whitesecco e Crisecco.

Il falso Made in Italy alimentare vale 100 miliardi nel mondo. Sugli scaffali internazionali, due prodotti su tre che richiamano all’Italia non hanno in realtà nulla a che vedere con l’agroalimentare italiano.

L’ORIGINE DEL PROSEK E LA MENZIONE TRADIZIONALE UE

È l’articolo 112 del regolamento Ue n. 1308/2013 del Consiglio a chiarire quali caratteristiche debba avere una
Menzione tradizionale nell’Unione europea. L’espressione usata negli Stati membri indica «che il prodotto reca una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta dal diritto unionale o nazionale».

Oppure, «il metodo di produzione o di invecchiamento, la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento particolare legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta». Sono due i tipi di menzioni tradizionali riferite ai vini prodotti nell’Ue.

La prima è utilizzata «al posto di / in aggiunta al riferimento a una Dop», come «appellation d’origine controlee (Aoc in Francia)», «denominación de origen protegida (Do in Spagna)», «denominazione di origine controllata (Doc in Italia)», o per quei prodotti enologici che rechino un’Indicazione geografica protetta (Igp) come «Vin de Pays», «Vino de la Tierra», «Indicazione Geografica Tipica», «Vinho Regional», «Landwein».

La seconda tipologia autorizza la presenza in etichetta di parole come «château», «grand cru», «añejo», «clásico», «crianza», «riserva», «fino», «Federweisser». Secondo l’Ue, «le menzioni tradizionali per i vini trasmettono ai consumatori informazioni circa le specificità e la qualità dei vini, in linea di massima integrando le informazioni fornite dalle denominazioni di origine e dalle indicazioni geografiche protette».

Un esempio è la «Gran Reserva de Fondillón» per vino di uve stramature della Dop Alicante, o il «Cru bourgeois» per vino della Dop Médoc. Sarà l’Ue a stabilire se il Prošek rientra in queste categorie.

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Cantine e Ospitalità news news ed eventi visite in cantina

Rottensteiner e quel Maso appeso al cielo di Bolzano, tra le vigne del passito Cresta

Si chiama Maso Kristplonerhof ed è il perfetto connubio tra “ospitalità” e “dolcezza”. Non tanto per la particolare cura assicurata agli ospiti di uno dei più antichi “masi” altoatesini, le cui prime tracce risalgono all’anno Mille. Quanto perché le finestre del moderno boutique hotel da esso ricavato si affacciano sul vigneto che dà vita a un passito di Gewürztraminer tra i più interessanti (e qualitativamente costanti) dell’Alto Adige: il “Cresta“, che figura nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it 2021.

Il “miracolo” si compie in località Guncina, proprio sopra Bolzano. Merito di una famiglia che ha saputo dividersi i compiti, quasi genealogicamente. Mentre papà Toni, il figlio Hannes Rottensteiner e la moglie Judith si occupano della cantina, Evi ha preso in mano le chiavi dell’ospitalità di Maso Kristplonerhof.

«I lavori di risanamento per la realizzazione di tre appartamenti nel vecchio fienile – spiega – si sono conclusi sul finire del 2019. La struttura era di proprietà del vescovo di Trento, motivo per cui la zona ancora oggi viene chiamata “Welschwinkel”, ovvero “Angolo italiano”».

Probabilmente il nome deriva dalla formulazione latina “Cresta piana“, che rimanda alla posizione del Maso, davanti al quale il vigneto scende leggermente, creando una stretta terrazza sul quartiere Gries di Bolzano.

Non solo Gewürztraminer tra le varietà allevate. Oltre al passito “Cresta”, nasce infatti qui l’omonima Schiava “Vigna Kristplonerhof”. La storia di Maso Kristplonerhof, peraltro, è tutta al femminile: passa di madre in figlia ormai da tre generazioni.

«Lo ho ereditato dai nonni materni – racconta Evi Rottensteiner – mia madre Rosl, primogenita di sei sorelle, col matrimonio si trasferì a Bolzano, nel maso Hofmannhof di proprietà di mio padre. Qui abitano ancora i miei genitori ed è il luogo dove hanno costruito insieme la cantina, gestita oggi da mio fratello Hannes. Anch’io sono nata e cresciuta là, trasferendomi al Kristplonerhof quando sono nati i miei figli Jan e Nora».

L’attuale “boutique hotel” è da sempre circondato da pascoli, vigneti e frutteti. A partire dal 1930 la famiglia ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla viticoltura, per produrre il vino da vendere direttamente nella trattoria di proprietà.

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Non essendoci più il bestiame, il fienile, tutelato dai beni culturali, è stato riconvertito in agriturismo, ma senza modificarne troppo l’aspetto, così da mantenerne intatto l’antico fascino. Sono stati ricavati tre appartamenti la cui progettazione e realizzazione è stata oggetto di particolare cura.

Ogni unità si trova su 2 piani, per una totale di 38 metri quadrati (quindi ideale per 2-4 persone) ma due unità sono collegate internamente e possono ospitare dalle 4 alle 8 persone.

Tutti i balconi sono esposti a sud, con vista sulle Dolomiti e sulla città di Bolzano, nonché sul vigneto tanto caro a Tenuta Rottensteiner, che si estende per 3,4 ettari. All’esterno è a disposizione degli ospiti un giardino molto curato.

Frutta e verdura vengono coltivate per uso privato, ma anche per gli ospiti che abbiano il desiderio di dedicarsi alla raccolta delle erbe e di vari tipi di verdura. Nel punto vendita ricavato in quella che era la cantina del maso, sono in vendita prodotti fatti in casa come marmellate, sciroppi, succhi, tisane, sale aromatizzato alle erbe, sughi e pesto.

E gli animali non sono scomparsi: ci sono gatti, conigli e galline che producono ottime uova per la colazione, punto di forza del Kristplonerhof. Il cestino del risveglio, preparato con cura in base alle preferenze dei singoli ospiti, è composto di pane fragrante, caffè o tè, latte, nonché dei prodotti del maso e della regione.

Prelibatezze locali come burro, marmellata, miele, uova, yogurt, succo di frutta e frutta fresca di stagione, vengono posizionate all’alba all’interno di una cassapanca, all’esterno dei tre appartamenti, pronte per essere consumate a colazione.

Giocoforza Maso Kristplonerhof è anche il punto di partenza di gite, passeggiate, escursioni in alta montagna, itinerari in mountain bike, equitazione e wellness, nonché della visita guidata e degustazione dei vini della Tenuta Rottensteiner.

ROTTENSTEINER: TRE VINI DA NON PERDERE

Alto Adige Doc Pinot Bianco 2019 “Carnol”
Due vigne contribuiscono all’assemblaggio delle uve di Pinot Blanc. La prima si trova a 850 metri, l’altra a 650 metri sul livello del mare. Vino che esalta il terreno ricco di porfido, la sapidità. Entra dritto come una lama e chiude fresco, con un accento di pietra bagnata e fil rouge sulla salinità, ben accostata alla pienezza del frutto.

Alto Adige Doc St. Magdalener Classico 2019 Vigna Premstallerhof
Rosso rubino, bellissimo nella sua brillantezza. Naso di frutti rossi, fiori di rosa freschi, lampone, e tocco di spezia. Perfetta corrispondenza in bocca. Allungo amaricante che invoglia la beva.

Alto Adige Doc Gewurztraminer 2018 “Cresta”
Giallo dorato. Naso freschissimo, sorso pure. Grandissima precisione sia nella parte olfattiva che gustativa. Frutta tropicale matura, miele, crema pasticcera che cedono il passo ad una beva scorrevole e soddisfacente. L’assaggio delle vecchie annate conferma la straordinarietà di questo nettare.

La 2017 conferma gran equilibrio acido-zuccherino, mentre la 2009, dopo qualche minuto di ossigenazione nel calice, sfodera con grande generosità le note tipiche del vitigno. La vena dolce, da annata calda, è esuberante. Ma la freschezza la controbilancia ancora una volta in maniera ineccepibile.

Il primo naso di Cresta 2004 è invece più diretto, molto franco: conserva le venature di frutta sciroppata e porta in dote una nota di caramello accompagnata da un tocco fumé. Vira poi su frutta secca, noci, arachidi, vivo e pieno.

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Approfondimenti

Decreto fermentazione e riferimentazione vini: intesa in Conferenza Stato-Regioni

Come ogni anno il Mipaaf ha individuato, d’intesa con le Regioni, le tipologie di vini per le quali possa essere consentita la fermentazione o la rifermentazione oltre il termine ultimo del 31 dicembre. L’accordo, riguardante la campagna viticola 2020-2021, è stato raggiunto oggi in Conferenza Stato-Regioni.

L’intesa sul decreto ministeriale fissa al 30 giugno il periodo entro i quali sono consentite le fermentazioni e le rifermentazioni in deroga al normale periodo di vendemmia. La deadline riguarda i vini a denominazione di origine e indicazione geografica con le menzioni “passito“, “vin santo“, “vendemmia tardiva” oppure quelli prodotti con uve appassite o stramature, nonché per i mosti di uve parzialmente fermentati con sovrapressione.

Per i vini senza Denominazione di origine (Do) e Indicazione geografica (Ig), quali i vini ottenuti da uve appassite o vini per i quali il processo di vinificazione avviene in contenitori di terracotta o altre tipologie di recipienti riempiti di uva pigiata unitamente alle bucce, il termine ultimo per le fermentazioni e rifermentazioni è fissato ancora una volta al 30 giugno.

Per il vino a Denominazione Colli di Conegliano “Torchiato di Fregona”, infine, la data ultima per il procedimento è fissata al 31 agosto.

«Il decreto ottempera ad una specifica disposizione del Testo Unico sul vino», commenta il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate che ha partecipato all’odierna seduta della Conferenza Stato Regioni.

«Abbiamo sostanzialmente confermato le previsioni dei precedenti decreti ministeriali che hanno normato la materia in passato – conclude L’Abbate – dando continuità al lavoro portato avanti dal Ministero delle Politiche Agricole a tutela delle produzioni di qualità del nostro Paese».

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degustati da noi vini#02

Cinque vini dolci per Natale dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it

Cinque vini dolci per Natale dalla Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida Vini edita dalla nostra testata indipendente, grazie a una rigorosa degustazione alla cieca.

  • Alto Adige Doc Gewurztraminer Passito 2018 “Cresta”, Rottensteiner
    Giallo dorato. Naso freschissimo, sorso pure. Grandissima precisione sia nella parte olfattiva che gustativa. Frutta tropicale matura, miele, crema pasticcera che cedono il passo ad una beva scorrevole e soddisfacente.
  • Colli Orientali del Friuli Docg 2012 Picolit, Valentino Butussi
    Se sai dove “andrà a finire” negli anni, con l’evoluzione, non lo bevi oggi. Il consiglio, dunque, è quello di acquistare più di una bottiglia, per valutarne i positivi effetti del lungo affinamento. Perfetto oggi, con le suadenti note dolci ed equilibrate, grandioso domani, quando inizierà a virare su note ben più complesse.
  • Moscato d’Asti Docg 2018 Vigna Manzotti “Matot”, Simone Cerruti
    Un Moscato tipico. Identitario. Elegante ed equilibrato, non si concede agli eccessi in nessun verso, rimanendo fedele a se stesso e alla terra unica in cui nasce. Sorso affilato che asseconda la dolcezza, senza nasconderla.
  • Toscana Igt Passito rosso biodinamico “Sine Felle”, Podere Casaccia
    Vino che si distingue, accendendo la luce sui vini dolci. Si aggiunga il recupero di vecchi cloni di Sangiovese e Canaiolo da parte dell’azienda guidata da Roberto Moretti, per la produzione (in sole 600 bottiglie) di un nettare che sa di fico maturo, di dattero e – soprattutto al naso – si comporta come un rosso secco. In bocca, la freschezza risulta perfettamente integrata con la dolcezza e suggerisce abbinamenti avventurosi.
  • Marsala Vergine Riserva Doc 1995 “La Villa Araba”, Martinez
    Un pezzo di storia di Marsala nel calice, in tutti i sensi. La cantina di Carlo Martinez è uno degli emblemi della grandezza eterna di Marsala, che con questo vino tiene alta la bandiera di una denominazione sciaguratamente snobbata. Rapporto qualità prezzo eccezionale.

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Mandrarossa sbarca a Pantelleria con il Passito Doc 2019 Serapias

Sempre più organica l’offerta, tutta siciliana, di Mandrarossa, Dopo l’Etna, la cantina-brand di Menfi, punta di diamante di Cantine Settesoli nel segmento Horeca, sceglie Pantelleria. Il nuovo capitolo delle “Storie ritrovate” riguarda il Passito Doc Serapias. Una chicca, prodotta con uve Zibibbo in purezza, in un numero limitato di 6 mila bottiglie per l’annata 2019.

Perché Mandrarossa ha deciso di produrre un Passito di Pantelleria Doc? “La risposta è semplice – commenta il presidente di Mandrarossa, Giuseppe Bursi – si sta cercando di indagare e approfondire le potenzialità dei territori più importanti della Sicilia e Pantelleria rientra di diritto tra queste”.

“L’ambizione di Mandrarossa – continua Bursi – è crescere sempre più di livello e proporsi sempre più nella ristorazione che conta. Abbiamo quindi ritenuto di poter affrontare questa sfida, perché tale la riteniamo, per cercare di fare un prodotto sicuramente importante che chiude la nostra gamma con un vino dolce di sicuro valore”.

Il debutto sul mercato è avvenuto da pochi giorni. Il progetto di Mandrarossa, nato con l’obiettivo di “produrre vini da uve autoctone siciliane in purezza che raccontino la vera essenza dei territori in cui nascono”, trova dunque una nuova casa nell’isola gioiello del Mediterraneo.

L’etichetta è frutto della rinnovata collaborazione con Nancy Rossit, già autrice delle altre quattro etichette della linea “Storie Ritrovate”. Riprende l’immagine dell’orchidea autoctona chiamata Serapias Cossyrensis o Orchidea Pantesca. Un fiore raro e delicatissimo che cresce solo in un’area limitata dell’isola di Pantelleria.

Le uve Zibibbo destinate alla produzione del Passito di Pantelleria Doc Serapias crescono su una superficie di 2 ettari, che si estende su tre contrade isolane: Bukkuram, Monastero e Piana di Ghirlanda. I vigneti si ritrovano su terrazzamenti che poggiano su suoli di origine vulcanica a grande prevalenza sabbiosa.

Qui, la presenza di scheletro e di affioramenti rocciosi è massiccia. Sono suoli poveri di sostanza organica, a causa delle elevate temperature estive: scarse quantità di azoto, di fosforo e di calcio, ma grande abbondanza di potassio.

Le uve sono state raccolte a mano nella quarta settimana di agosto e riposte in piccole cassette. Una parte è stata appassita per circa 20/22 giorni. Successivamente, l’uva Zibibbo passita è stata aggiunta al mosto in fermentazione in acciaio, ottenuto dalle uve fresche. Il vino ha affinato per circa 10 mesi in silos di acciaio e per tre mesi circa in bottiglia.

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Bianchi e rossi: i migliori assaggi all’Anteprima Sagrantino 2016

Dal nuovo logo del Consorzio alla prova del calice, passando per la “formula” della degustazione, aperta per la prima volta ai vini bianchi. Mai così ricca di novità l’Anteprima Sagrantino, andata in scena lunedì 24 e martedì 25 febbraio in Umbria. Protagonista la vendemmia 2016 del Montefalco Sagrantino Docg 2016 secco e passito, oltre a Montefalco Rosso Doc (2013/2018), Montefalco Rosso Doc Riserva (2014/2017), Montefalco Bianco Doc (2018-2019), Montefalco Grechetto Doc (2018-2019) e agli altri bianchi rientrati di recente sotto l’egida del Consorzio Tutela Vini Montefalco: Spoleto Doc Trebbiano Spoletino (2018-2019) e Spoleto Doc Trebbiano Spoletino Superiore (2017).

Dagli assaggi traspare lo “sguardo dritto verso il futuro” dei produttori che hanno preso parte ad Anteprima Sagrantino 2016. Nei calici tante interpretazioni, più o meno convincenti, di una modernità stilistica che non vuole “tralasciare radici e storia”.

Cifra riassunta nel restyling del logo consortile affidato a Michela Bastianelli, con l’obiettivo di “conservare e rafforzare l’identità dell’ente, attraverso una veste grafica contemporanea”. Il tutto riassunto nella fierezza del falco, animale scelto per comunicare la solidità e affidabilità di un ente che si pone grandi obiettivi per il futuro.

Il primo è certamente quello di continuare sul percorso di affermazione di un Sagrantino godibile sin dai primi 4-5 anni dalla vendemmia, a dispetto delle grandi “concentrazioni” del passato. Il lavoro sul tannino di aziende simbolo del territorio come Arnaldo Caprai la dice lunga sull’argomento.

Un fenomeno che avvicina l’Umbria al Veneto, coi produttori di Amarone della Valpolicella impegnati da anni nella stessa direzione, sul loro vino “da appassimento”. Tra le sfide delle aziende associate al Consorzio anche la consacrazione dell’anima bianchista, col Grechetto che si conferma su buoni livelli all’Anteprima, nella media.

È ancora tutta da scrivere, invece, la storia del Trebbiano Spoletino. Impossibile, al momento, tracciarne un profilo univoco, tra macerazioni più o meno spinte e la possibilità di ascriverlo – da un minimo del 50% fino alla vinificazione in purezza – anche nel Montefalco Bianco (come ha fatto Tenuta Alzatura con “Aria di Casa“).

“La vera forza del Trebbiano Spoletino è proprio questa, la diversità”, dice senza mezzi termini a WineMag.it Devis Romanelli. “Andranno piuttosto risolti i problemi dell’imbottigliamento fuori zona – continua il vignaiolo di Colle San Clemente – dal momento che il percorso per l’ottenimento delle deroghe è lungo e insidioso”.

Godono comunque di buona salute i vini di Montefalco, che rappresentano il 16,7% della produzione di vino in Umbria. Posizione dominata in particolare da Montefalco Sagrantino Docg (6,3%) e Montefalco Doc (10,4%).

Non a caso, la superficie di vigneto iscritta a Docg ha visto un incremento significativo dal 1992 al 2018, pasando da 66 ettari a 760 ettari. Dal 2000 ad oggi la produzione del Sagrantino è quasi triplicata: da 660 mila a circa 1.5 milioni di bottiglie.

Sul territorio operano 164 viticoltori e 75 imbottigliatori, sempre più interessati anche alla produzione di Sagrantino Passito, aumentata del 17% nel 2019, rispetto all’anno precedente (7% del totale della Docg).

Interessante la crescita dei bianchi, che rappresentano il 10% della Doc: 8% Montefalco Grechetto e 2% Montefalco Bianco. Vini, quelli perugini, che registrano tassi di export del 35%, con Stati Uniti (13%), Germania (5%), Giappone (3%), Inghilterra (3%), Svizzera (3%), Cina (3%), che si dividono i primi gradini del podio, seguiti da altri 40 Paesi nel mondo.

BIANCHI E ROSSI: I MIGLIORI ASSAGGI ALL’ANTEPRIMA SAGRANTINO 2016

  • Montefalco Bianco Doc 2018 Scacciadiavoli: 90/100
    Vino che gioca sulla larghezza, più che sulla verticalità. Frutto preciso e bella salinità su note burrose.
  • Montefalco Bianco Doc 2018 “Aria di Casa”, Tenuta Alzatura: 91/100
    Naso complesso, tra fiori di campo e richiami esotici, di frutta a polpa bianca e gialla. Non mancano ricordi di nocciola, derivanti dal legno. Gran salinità e freschezza su ritorni cremosi. Vino di prospettiva.
  • Montefalco Grechetto Doc 2018 “Nido del falco”, Vignabaldo Group (Broccatelli Galli): 90/100
    Direttamente dalla linea “Selezioni”, un Grechetto a dir poco sorprendente. Naso complesso, tra il frutto esotico e i freschissimi ricordi di mentuccia, finocchietto, anice e salvia. Al palato un bel frutto, pieno, polposo, supportato da mineralità e freschezza. Ottima la persistenza.
  • Montefalco Grechetto Doc 2019, Colle Ciocco – Agricola Spacchetti: 89/100
    Una interpretazione ben riuscita, che nobilita il vitigno nel suo impiego a tavola: un vino di gran gastronomicità.
  • Montefalco Grechetto Doc 2019, Scacciadiavoli: 88/100
    Bella materia al sorso, polpa, succo. Non disdegnerà qualche mese in più sulle spalle.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Anteprima Tonda” 2018, Antonelli: 93/100
    Giallo dorato, anice, finocchietto, frutto. Gran materia al palato, lungo, corrispondente, sale dosato sul frutto. Un bianco che, come pochi, riesce a coniugare percezioni marine a ricordi “montani”.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Trebium”, Antonelli: 91/100
    Tra le espressioni più schiette di Trebbiano Spoletino dell’Anteprima Sagrantino 2016: portabandiera del vitigno, utile a comprenderne le ottime doti “immediate” e quelle d’allungo.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018, Terre di San Felice: 91/100
    Sorso pieno, di struttura, eppure cremoso: ottimo compromesso tra durezze e morbidezze. Sale, frutto, materia. Giovanissimo.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc Superiore 2017, Le Cimate: 89/100
    Vino che ha tutto. Bella l’espressione del frutto, pieno e carnoso, sulla mineralità. Vino di gran gastronomicità.
  • Montefalco Rosso Doc 2018, Agricola Mevante: 89/100
    Gran prova sul frutto, per un vino che troverà la sua migliore forma solo dopo essersi stiracchiato per bene in bottiglia, al termine dell’ulteriore (necessario) affinamento. Etichetta, però, su cui scommettere sin d’ora.

  • Montefalco Rosso Doc 2017, Montioni: 90/100
    Vino profumatissimo e dalla gran beva. Sorprende appunto al palato, per la capacità di coniugare una gran presenza e un tannino di prospettiva a una freschezza assoluta, che chiama un sorso dopo l’altro, oltre all’abbinamento con i piatti della migliore tradizione locale e italiana.
  • Montefalco Rosso Doc 2017, Fongoli: 89/100
    Gran lavoro sui primari e sulla maturità del tannino. Ne risulta un vino gradevolissimo, tutto frutto (preciso), materia, succo. Uno di quei rossi da bere col secchio, capaci di rispecchiare l’anima gentile di un territorio tendenzialmente ruvido, grazie a una grande capacità agronomica ed enologica.
  • Montefalco Rosso Doc 2017, Arnaldo Caprai: 88/100
    Gran bel naso complesso, tra frutto maturo e radice, talco, mentuccia. In bocca una gran scorrevolezza, tutt’altro che banale. Tannino elegante e di prospettiva.
  • Montefalco Rosso Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 91/100
    Naso molto intrigante, tra frutto succosissimo e accenni goudron. Ottima corrispondenza gusto olfattiva per una beva piena, su un frutto precisissimo. Tannino disteso ma ancora in grado di dire la sua nel sorso, prima di una chiusura vagamente salina. Complessità ed eleganza.
  • Montefalco Rosso Doc 2016, Romanelli: 89/100
    Grandissimo lavoro sul tannino, di estrema eleganza. Allungo sul frutto, succosissimo. Ritorni goudron e liquirizia in chiusura. Beva instancabile.
  • Montefalco Rosso Doc 2016 “Boccatone”, Tabarrini: 90/100
    Bel naso, tutto sull’espressività assoluta del frutto, rinvigorito dalla spezia. In bocca un tannino fitto, elegante. Nettare capace di abbinare una certa robustezza a una gran freschezza e bevibilità. Gastronomico.
  • Montefalco Rosso Riserva Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 92/100
    Vino di gran pienezza, importante, godibile oggi ma di prospettiva. Frutto maturo, succoso (amarena, prugna) tannino in integrazione, elegantissimo. Bei ritorni speziati, in chiusura, su un allungo fresco.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016 2016 “Colle alla Cerqua”, Tabarrini: 95/100
    Chicca assoluta dell’intera Denominazione. Naso e palato si litigano le lodi su un frutto carnoso, tutto da mordere e succhiare. Non viene assolutamente meno l’eleganza, tratteggiata da una certa mineralità e ancor più da un tannino pregevolissimo. Ritorni speziati in un allungo di gran persistenza.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016, Romanelli: 92/100
    Splendida interpretazione, a cavallo fra tradizione e modernità. Un Sagrantino pieno ed elegante: frutto di grandissima precisione, così come il tannino. Fresca e lunga la chiusura.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016 “Valdimaggio”, Arnaldo Caprai: 91/100
    Naso suadente, tutto su un frutto preciso, tra la ciliegia, il lampone e la fragolina, oltre a sbuffi speziati, preziosi. Ottima la corrispondenza gusto olfattiva. In bocca gran pienezza, ma soprattutto un tannino di estrema eleganza.
  • Montefalco Sagrantino Passito Docg 2016, Il Torrione: 94/100
    Parola d’ordine “equilibrio” per questo splendido passito, unico a rientrare tra le nostre menzioni: freschezza da vendere sull’esplosività e concentrazione del frutto. Persistenza infinita.

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Approfondimenti

Torna la Festa del Moscato di Scanzo. La Docg più piccola d’Italia si fa “grande”

Si terrà dal 6 al 9 Settembre 2018 a Scanzorosciate la Festa del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi giunta ormai alla sua 13esima edizione.

Protagonista indiscusso della manifestazione sarà il Moscato di Scanzo, rinomato passito a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (l’unica della bergamasca e la più piccola d’Italia).

Per tutti e quattro i giorni dell’evento, i produttori associati alla Strada del Moscato di Scanzo proporranno ai visitatori il proprio passito, oltre ad altri vini,  miele, olio, formaggi, gelato e prodotti da forno in un suggestivo percorso nell’affascinante borgo storico di Rosciate.

Una festa che sarà ricca di sapori, arte, cultura, folclore, laboratori, musica e che ospiterà anche illustri personaggi. Il carattere distintivo  della manifestazione, come ogni anno, sarà l’abbinamento del Moscato di Scanzo, eccellenza del territorio, ad altre importanti “eccellenze” provenienti dal mondo dello spettacolo, dello sport, della cultura e dell’enogastronomia.

IL PROGRAMMA
Il giorno di apertura, giovedì 6 settembre, sarà illuminato dai giochi di luce dell’artista brasiliano Gustavo Ollitta con la performance luminosa “Equilibra”. Nel corso della serata, brindisi in piazza con alcuni giocatori della Foppapedretti e dell’Atalanta. Inoltre, presso la Sala Galizzi, si inaugurerà uno spazio culturale in cui tutte le sere si terranno proiezioni di opere di Ermanno Olmi.

Venerdì 7, vedrà in scena la simpatia del carismatico Omar Fantini con lo spettacolo comico/musicale “Uomini con le meches”.

Sabato 8, appuntamento con il Palio del Moscato di Scanzo, una gara di pigiatura dell’uva tra i bambini delle contrade. Il pomeriggio della Festa sarà poi animato dall’estro dello Chef e conduttore televisivo Andrea Mainardi, che si cimenterà in uno show-cooking con “Mistery Box Terre del Vescovado”, all’insegna della buona cucina e del divertimento.

La mattina di domenica 9, grande appuntamento con la terza edizione della “Moscato di Scanzo Trail”, una gara di corsa tra colline, vigne e cantine di Scanzorosciate, alla scoperta di paesaggi mozzafiato (per le famiglie verrà proposta una versione “soft” del percorso). Durante la mattinata si terranno, su prenotazione, anche le tradizionali camminate guidate lungo gli itinerari della Strada del Moscato.

Esperte guide del territorio accompagneranno i visitatori tra borghi, chiese, vigne e cascine alla scoperta del suggestivo territorio di Scanzorosciate e dei luoghi del Moscato. Alle 16:30  tutti a “scuola di cucina” con lo Chef della Nazionale Italiana Cuochi Francesco Gotti, che presenterà, in un laboratorio all’aperto, una nuova creazione di pasta fresca, tutta dedicata ai Sapori delle Terre del Vescovado.

Il  pomeriggio sarà come sempre all’insegna del folclore bergamasco con il teatro dialettale del Sottoscala, il gruppo Costom de Par e la Commedia dell’Arte di Mario Rota.

A fare da cornice alla festa del Moscato di Scanzo sarà il tradizionale binomio tra vino d’eccellenza e musica di qualità: per tutta la durata della festa, le vie del borgo saranno animate dai ritmi di 15 gruppi musicali che spazieranno dal rock al pop internazionale fino alla musica leggera italiana e alla nuova proposta di musica underground.

Oltre agli angoli musicali che saranno allestiti lungo le vie del borgo, sul palco principale di P.zza Alberico si esibiranno 4 big: giovedì, il folk celtico degli “Fba e il tributo agli U2 con i “Daydream”; sabato, “2 Mondi” – tributo a Lucio Battisti & “Vent Symphony Orchestra” nel 20° anniversario della morte del cantautore; domenica, tributo alle donne della musica italiana con i “Nails”.

Piazza degli Orti e l’area verde delle scuole medie ospiteranno la rassegna musicale underground originale e di qualità “In vino Veritas”, con la direzione artistica dell’associazione Sotto Alt(r)a Quota, nelle figure di Michela Benaglia e Andrea Manzoni.

Due palchi, due atmosfere ben distinte e tantissimi musicisti dalla ricerca artistica personale ed innovativa si alterneranno tra l’elettrico e l’acustico per dar vita a una nuova rassegna musicale tra le vie del Moscato di Scanzo. Quest’anno saranno coinvolte anche quattro band giovanili di Scanzorosciate in una giornata di audizioni.

Queste, insieme ad alcuni giovani Dj, apriranno i concerti del palco di via degli Orti. Il palco delle scuole medie sarà utilizzato per la sperimentazione di altre attività e progetti musicali che coinvolgeranno il pubblico: cantautorato, jazz, blues, musica classica, giochi di luce e giocoleria.

Dal cuore di piazza Alberico la festa continuerà in via degli Orti: nel parco della scuola media, sede dell’Orto didattico più grande d’Italia, si terranno spettacoli e concerti, mentre nella struttura scolastica verranno proposti laboratori per bambini e ragazzi e la fattoria didattica.

Sabato e domenica, ci saranno i giochi in legno di una volta a cura dell’associazione Dindoca. Venerdì e domenica presso l’oratorio di Rosciate, sarà proposto il laboratorio “3×3: i formaggi orobici incontrano il Moscato di Scanzo DOCG” a cura di ONAF (Organizzazione Nazionale degli Assaggiatori di Formaggio).

DOVE MANGIARE
Sarà presente anche quest’anno un ristoro principale con piatti tradizionali e grigliate affiancato da altri tre punti Food: un’Area Ristoro a km0 (parcheggio di via Don Giulio Calvi) con piatti e prelibatezze del territorio, dove sarà possibile fare spuntini e pasti veloci a cura di alcuni ristoratori scanzesi; il Ristoro degli Orti (area scuole – via degli Orti), dove si potranno consumare veloci taglieri accompagnati da buon vino locale; e novità 2018, il Ristoro Terre del Vescovado con proposte di street food di alta qualità.

UNA FESTA ANCHE PER L’ARTE
Dopo il successo degli scorsi anni, la 13ª Festa del Moscato di Scanzo ospiterà anche una pluralità di linguaggi artistici con la direzione artistica dell’associazione Sotto Alt(r)a Quota.

Forme artistiche che troveranno sede lungo le strade della Festa e nella quattrocentesca Chiesa di Santa Maria Assunta: “Abitare l’incontro” installazioni, interventi artistici e videoproiezioni, “Le rughe sono come strade” mostra fotografica, “Cinemoscato” la proiezione nella Chiesa di Santa Maria Assunta di due documentari del regista bergamasco Ermanno Olmi, “Moscans” l’originale gioco da tavolo del Moscato di Scanzo, “Habita(r)t” laboratori nomadi destinati ai giovani. Non mancheranno anche in questa edizione numerosi concorsi: addobbi case e vetrine e MoscaT-shirt, le magliette d’artista del Moscato.

ALTRE INFORMAZIONI UTILI
Confermato anche per questa edizione il servizio navetta gratuito messo a disposizione dal Comune di Scanzorosciate in collaborazione con ATB, che permetterà ai visitatori di lasciare la macchina nei parcheggi convenzionati e di raggiungere comodamente la Festa (per maggiori informazioni www.festadelmoscato.it).

Continua l’importante collaborazione con Oriocenter per la promozione e la divulgazione del programma della 13ª Festa del Moscato di Scanzo: dal 31 agosto al 2 settembre, sarà presente presso il centro commerciale Oriocenter lo stand informativo della Festa.

Il programma dettagliato della Festa, tutte le iniziative collaterali, gli ospiti, i concerti e tutte le informazioni utili ai visitatori (parcheggi, servizio navetta, aree ristoro, prevendite e iscrizioni) sono disponibili sul sito dell’associazione Strada del Moscato di Scanzo www.stradamoscatodiscanzo.it e sulla pagina www.festadelmoscato.it.

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Vini al supermercato

Luca Maroni, punteggi astrali ai vini Schenk di Md Discount: meritati?

Fiano del Salento Igt passito 2016 Galadino. E Croatina Provincia di Pavia Igt 2016 Cantina Clairevue. Cos’hanno in comune questi due vini in vendita negli Md discount? Entrambi si sono aggiudicati 96 dei 99 punti sulla scala di valutazione del noto critico Luca Maroni, autore dell’Annuario dei Migliori Vini Italiani.

“Galadino” e “Cantina Clairevue”, inoltre, sono due linee del colosso Schenk Italian Wineries di Ora (Bolzano), che figura sulle retro etichette come Casavin. Schenk imbottiglia sia il Fiano sia la Croatina pavese, prodotta tuttavia dal Consorzio Vitivinicolo Piemontese-Lombardo-Veneto, con sede a Pavia.

Come accade sempre più spesso, è su richiesta degli attenti lettori di viniasuper che ci siamo spinti nella degustazione di questi due vini. “Sono stati recensiti bene da Luca Maroni, voi cosa ne pensate?”, ci scriveva Giacomo, il 24 gennaio scorso.

Una domanda che ci inorgoglisce. Consci che, nella giungla del web, sia passato il concetto che i degustatori di vinialsuper non abbiano padroni. Lungi da noi, al contempo, giudicare il giudice.

Ma questo è quello che pensiamo di due etichette, il Fiano e la Croatina, in vendita da Md discount rispettivamente a 4,99 euro e 2,99 euro. Punteggi meritati quelli assegnati da Luca Maroni?

FIANO DEL SALENTO IGT PASSITO 2016, GALADINO
(5 / 5) Giallo dorato limpidissimo, nel calice, questo Fiano del Salento Igt ottenuto da uve leggermente appassite. Al naso l’impronta netta di questa tecnica, che consiste nel raccogliere le uve leggermente in ritardo rispetto alla completa maturazione. Con la conseguente presenza di una maggiore concentrazione zuccherina negli acini.

Dunque frutta esotica (melone giallo e ananas su tutti), ma anche pesca a polpa gialla matura, papaya e banana, uniti a richiami salini e vegetali importanti. Passiamo all’assaggio, insomma, dopo un’analisi olfattiva davvero suadente.

L’ingresso in bocca rispetta le attese: morbido, sulla scia dei sentori di frutta matura avvertiti all’olfatto. Poi, questo Fiano sembra vivere un moto d’orgoglio. Accendendosi di un’acidità calda e regalando, infine, una chiusura dominata da piacevolissime note a metà tra il salmastro e il fruttato maturo di banana.

Bel vino, insomma. Soprattutto nel rapporto qualità prezzo. Se “la qualità del vino è la piacevolezza del suo sapore, ovvero la sua fruttosità”, assunto da cui prende il via il metodo di valutazione dei vini di Luca Maroni, anche noi di vinialsuper ci troviamo perfettamente in linea con la valutazione di 96/99.

CROATINA PROVINCIA DI PAVIA IGT 2016, CANTINA CLAIREVUE
(2,5 / 5) Rosso carico con riflessi violacei impenetrabili per questa Croatina che, all’esame visivo, mostra una certa consistenza. Al naso, il piatto forte non è certo l’eleganza. Ma da un vitigno ruvido come questo, e per 2,99 euro, si può anche non aspettarsela.

Il punto è che naso e bocca paiono piuttosto corrispondenti. Frutti rossi come amarena e mora vengono sotterrati da richiami di cuoio, tabacco e incenso, pesanti come macigni. L’ossigenazione fa guadagnare qualcosa a questa Croatina, che pare davvero molto chiusa in se stessa.

Interessante, forse, riassaggiarla tra qualche anno. Ma senza troppe velleità, al cospetto di un vino che lascia a desiderare in quanto a “consistenza” del sorso. Ingresso e beva esile, su cui si innesta – peraltro – una vena vagamente zuccherina, pensata forse per alleggerire la beva.

Una vena “bonardizzante”, per usare un neologismo, che certamente apprezza il consumatore medio. Il retro olfattivo è fruttato e presenta una chiusura leggermente speziata, con gli sbuffi di pepe nero tipici del vitigno.

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Non solo Prosecco nei “Weekend in Cantina”: il calendario

TREVISO – Conoscere e degustare, nei fine settimana, i pregiati vini che nascono nelle storiche colline a nord della città di Treviso.

Non solo Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg e Cartizze Docg, ma anche il Bianco e Rosso dei Colli di Conegliano Docg,  i passiti Docg Refrontolo e Torchiato di Fregona e l’autoctono Verdiso Igt.

Un’opportunità per scoprire una terra unica, candidata a sito patrimonio dell’umanità UNESCO e iscritta nel Registro Nazionale del paesaggio rurale storicocustode di un ricco patrimonio culturale ed artistico, ottima cucina ed ospitalità.

Weekend in Cantina” sulla Strada del Prosecco e dei Vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene si svolge tutto il corso dell’anno ed è un’iniziativa della Strada del Prosecco. Un calendario (qui le date e le cantine aderenti) che prevede alcune cantine aperte ogni weekend con la possibilità di visite guidate e degustazioni.

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Torcolato di Breganze: alla scoperta del passito dolce non dolce

BREGANZE – Undici produttori, un solo obiettivo: la promozione di un’eccellenza veneta e italiana, il vino passito Torcolato. Denominazione di origine controllata dal 1996. E’ un quadro di grande unità quello che emerge dalla giornata di degustazione organizzata ieri alla cantina Maculan di Breganze.

Un tasting organizzato nell’ambito della “Prima del Torcolato 2018“, kermesse che oggi animerà il centro storico del paese della provincia di Vicenza, con la cerimonia della spremitura delle uve Vespaiola.

Tante le sfumature negli undici calici in degustazione. Tutte interpretazioni del terroir vicentino. Una fotografia delle zone più vocate e di quelle meno storiche per la produzione del Torcolato, come le colline di Bassano del Grappa.

“Ma non siamo qui per decidere qual è il buono – ha ricordato il padrone di casa, Fausto Maculan – bensì per mostrare la straordinarietà del passito di Breganze. Un vino di cui si trovano le prime tracce ufficiali nel 1870, che da allora è cambiato molto”.

“I produttori – ha evidenziato Maculan – hanno investito negli anni in tecniche che hanno permesso di trasformare il Torcolato in un’eccellenza, risolvendo per esempio i problemi di ossidazione. Basti pensare che negli anni Cinquanta questo passito era marrone, oggi invece è contraddistinto da un bel giallo dorato. In passato, i breganzesi regalavano questo vino agli amici o agli ospiti: oggi lo bevono anche loro”.

LA TECNICA DI PRODUZIONE
Fondamentale, per la produzione del Torcolato, è l’appassimento delle uve. Un processo che avviene ancora come un tempo, all’interno di “fruttai” ricavati in vecchi granai dotati di abbaino e finestra per il ricircolo dell’aria.

I grappoli spargoli di Vespaiola vengono legati tra loro con lo spago: in una parola “torcolati”. Formano così vere e proprie trecce d’uva, legate alle travi di legno delle soffitte. Un’altra tecnica prevede la messa a riposo delle bacche di Vespaiola su graticci e cassette, simili a quelle utilizzate per la produzione del Recioto.

Dopo circa quattro mesi, il risultato sono acini pressoché disidratati, in cui la concentrazione degli zuccheri è molto elevata. E’ gennaio quando vengono “torchiati”, ovvero “pigiati”, “strizzati”. Terminata la fermentazione, il vino matura in piccole botti anche per più di due anni, prima di essere imbottigliato. Il Torcolato, infatti, non può essere venduto prima del 31 dicembre dell’anno successivo alla vendemmia.

La produzione si assesta attorno alle 50 mila bottiglie annue. Nella pedemontana vicentina, su un totale di 600 ettari vitati, circa 60 sono destinati alla Vespaiola. Solo i migliori terreni concorrono alla produzione del Torcolato.

Un passito affascinante come la striscia collinare che si estende per una ventina di chilometri, tra i fiumi Astico e Brenta. Al centro, Breganze. A Ovest l’area è delimitata da Thiene e a Est da Bassano del Grappa. Una zona che dà vita a gemme della gastronomia italiana.

Basti pensare al formaggio Asiago Dop, alla Sopressa Vicentina Dop, all’asparago bianco di Bassano Dop e alla ciliegia di Marostica Igp. Ma anche al mais Marano e a piatti della tradizione come il Bacalà alla Vicentina, il Toresan allo spiedo e i Bigoi co’ l’arna (i Bigoli con l’anatra).

I NOSTRI MIGLIORI ASSAGGI
Tutti buoni, i Torcolati di Breganze. Ma non possiamo non segnalare i nostri tre migliori assaggi in occasione dell'(Ante)Prima di ieri mattina:

1) Torcolato Breganze Doc 2015, Cantina Col Dovigo. Giallo dorato, naso pulitissimo e intenso: miele, albicocca, fichi e una leggera vena balsamica ad elegantire le prime “snasate”. Con una prolungata ossigenazione nel calice, questo Torcolato arriva ad accarezzare delicate distese di lavanda e a richiamare la liquirizia dolce.

In bocca tiene alla grande e non subisce grandi variazioni tra l’inizio e il termine della degustazione. Palato agile ma struttura consistente, tutta giocata su note corrispondenti all’olfatto e su una chiusura tra il sapido e il fresco balsamico. Tremila bottiglie totali. Una chicca, prodotta con passione da Stefano Bonollo.

2) Tocolato Breganze Doc 2014, IoMazzucato. Colore oro con riflessi ambrati. Colpisce al naso per una nota speciale, che richiama la nafta (idrocarburo). Un sentore che impreziosire il corredo olfattivo tipico della Denominazione.

Un Torcolato, quello di IoMazzucato, sugli scudi anche per un palato di grande limpidezza, giocato più sul sapido e sull’acido che sul dolce. Buona anche la persistenza, da giudicare in virtù della prevalenza delle durezze sulle morbidezze zuccherine. Un’etichetta, osiamo dire noi oggi, che rende onore a chi definì il Torcolato “dolce non dolce”.

3) Torcolato di Breganze Doc 2012, Maculan. Uno dei simboli della Doc Breganze, la cantina Maculan. Il genio di Fausto, vero e proprio “guru” dell’enologia italiana moderna – oggi affiancato dalle preparatissime figlie Angela e Maria Vittoria – brilla nel Torcolato 2012.

Ottenuto dalle colline vulcaniche e tufacee del paese, matura un anno in barrique di rovere francese per 1/3 nuove e per 2/3 di secondo passaggio. Nel calice si presenta di un giallo dorato luminoso. Come solo altri due campioni in degustazione, oltre ai tipici profumi, sfodera una leggera nota di idrocarburo.

Altro perfetto esempio della definizione “dolce non dolce”, non stanca mai. Tiene incollato il naso al vetro. E quando finalmente riesci a staccarti, la stessa (buona) sorte tocca alle labbra. I sorsi si rincorrono, fino all’ultima goccia. Lungo anche il retro olfattivo.

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Vini al supermercato

Sauternes 2011 Grande Réserve, Chateau Haut Monteils

(4,5 / 5) Si avvicina al massimo dei voti – pardon, dei “cestelli della spesa” – il Sauternes 2011 Grande Réserve di Chateau Haut Monteils, passito francese in vendita nei supermercati Carrefour Italia. Già perché “passito”, in Francia, è sinonimo di Sauternes.

Un vino unico, ottenuto grazie a particolari condizioni microclimatiche e all’azione di una muffa “buona”, la Botrytis Cinerea. Dei dettagli parleremo tra poco, quando approfondiremo la tecnica di vinificazione di questa etichetta. Facciamo prima parlare il calice.

LA DEGUSTAZIONE
Un bell’oro sgargiante, limpido, luminoso, colora il vetro che si riempie del Sauternes 2011 Grande Réserve di Chateau Haut Monteils. Al naso è più complesso che intenso. La nota principale è quella della frutta a polpa gialla matura, sotto sciroppo: pesca, albicocca. La vena dolce, mielosa, è quella attesa.

Buona la finezza dei sentori che, man mano, emergono dal calice. Primi fra tutti quelli che portano la mente alla terra bagnata, al muschio e al sottobosco, appena dopo la pioggia. Ma anche alla maggiorana.

Percezioni che “rinfrescano” il naso, in piacevole contrasto con quelle “calde” del miele millefiori e dei frutti maturi. Un corredo, quest’ultimo, reso ancora più ricco dai richiami ai datteri freschi e al burro d’arachidi e di nocciole.

E anche se non manca una certa pungenza, riconducibile a spezie come lo zafferano, sono i ricordi di idrocarburo a rendere ancora più tipico questo Sauternes Grande Reserve 2011. Della componente Sauvignon del blend percepiamo chiaramente il caratteristico “bosso” e il floreale di ginestra.

Al palato, il nettare entra con meno incisività rispetto al previsto. Il calore è contenuto e l’intensità dei sentori (oltre alla loro natura, a metà tra la frutta matura e il balsamico) risulta corrispondente al naso: non certo esplosiva. Nel retro olfattivo, ricordi di camomilla in infusione e richiami erbacei freschi, di angelica.

Un Sauternes garbato, in definitiva, questo Grande Réserve di Chateau Haut Monteils, che di corrispondente ha anche il prezzo, commisurato al suo valore. Pochi euro per un prodotto “d’ingresso” in un mondo infinitamente complesso, soprattutto per i portafogli dei più.

Consigliamo di abbinare questo Sauternes a dei bocconcini di pane e gorgonzola, a formaggi erbonati oppure a dolci come le crostate di frutta, anche se a fine pasto non stanca da solo. Perfetto con foie gras, pollame, carni bianche, pesce in salsa e Roquefort.

LA VINIFICAZIONE
Come tutti i Sauternes, anche il Grande Réserve 2011 è ottenuto da uve Sémillon, Sauvignon e Muscadelle. La tecnica di vinificazione prevede un parziale affinamento delle uve in barrique. Uve che vengono pressate mediante l’utilizzo di una pressa pneumatica. Il succo ottenuto viene raffreddato, al fine di conservare gli aromi e facilitare la sedimentazione, senza l’apporto di solfiti.

Una parte del raccolto viene vinificata in tini di acciaio a temperatura controllata. Un’altra parte affina minimo 24 mesi in vasche di cemento. La terza ed ultima, proveniente dalle vigne migliori, è interamente vinificata in botte.

Ancora più importante sono le condizioni di arrivo delle uve in cantina. La raccolta, fatta esclusivamente a mano, inizia di solito a metà settembre e può concludersi a novembre.

A seconda della stagione sono necessari da 3 a 6 tentativi per selezionare solo le uve migliori, colpite dalla Botrytis Cinerea, la cosiddetta “muffa nobile”.

Giornate soleggiate e notti umide favoriscono il proliferare di questo fungo, che attaccando la buccia contribuisce ad “asciugare” gli acini e a concentrare gli zuccheri. La Botrytis, tuttavia, non si sviluppa in maniera omogenea su tutto il grappolo.

Per questo sono necessari diversi passaggi di raccolta. Alla fine della vendemmia, ogni vite produce da 1 a un massimo di 3 bicchieri di vino. Solo cinque Comuni della zona Sud di Bordeaux possono fregiarsi dell’Aoc: Sauternes, per l’appunto, Fargues-de-Langon, Bommes, Preignac (dove si trova Chateau Haut Monteils) e Barsac.

Prezzo: 12,99 euro
Acquistato presso: Carrefour

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Vini al supermercato

I migliori vini in promozione al supermercato fino a Capodanno

Secondo appuntamento con i volantini delle maggiori insegne Gdo italiane. Questa volta diamo i voti ai vini in promozione dal 14 dicembre al 24 o al 31 dicembre. I supermercati presi in considerazione – per ora – restano Auchan, Bennet, Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Il Gigante, Ipercoop e Iper la Grande I.

Invitiamo i lettori a fare grande attenzione ai prezzi pubblicati sui volantini, specie in quelli natalizi. Il prezzo di alcuni vini, infatti, non risulta sottoposto a sconti o promozioni. Si tratta dunque di etichette messe in evidenza, sul volantino, al solo scopo di spingerne le vendite, in abbinamento a specialità dei reparti Salumeria, Gastronomia o Pasticceria. Un esempio? Eccolo qui sotto.


Incredibile, in tal senso, la scelta del “marketing natalizio” dell’insegna Bennet, che si presenta ai clienti con un volantino senza prezzi “barrati”. Su “Tavola in festa – per un Natale perfetto”, si trova un 95% di vini al prezzo consueto di vendita. Solo per un 5% il prezzo indicato è concorrenziale: se siete abituati a fare la spesa da Bennet, più in basso troverete le etichette più convenienti da acquistare per Natale o Capodanno.

Il voto assegnato ad ogni etichetta è espresso – come di consueto per vinialsuper – in “cestelli della spesa“. Da un minimo di 1 a un massimo di 5: una valutazione che tiene conto soprattutto dell’ottica qualità prezzo. Un motivo in più per seguirci sui nostri canali social: Facebook e Twitter.

 fino al 24 dicembre

Chianti Classico Docg, Cecchi: 4,79 euro (4 / 5)
Rosso di Montalcino Doc, Frescobaldi: 6,99 euro (4,5 / 5)
Bianco Umbria Igt Desiata / Rosso Umbria Igt Vocante, Terre de la Custodia: 3,59 euro (3,5 / 5)
Vini Friuli Doc Bianchi, Tenimenti Civa: 5,49 (4,5 / 5)


Spumante Muller Thurgau Dolomiti Igt, Cavit: 2,99 euro (3 / 5)
Trento Doc Spumante Metodo Classico, Rotari: 6,49 (4,5 / 5)


dal 16/12 al 31/12

Chianti Riserva Docg, Piccini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante dolce / secco, Rocca dei Forti: 1,99 euro (1,5 / 5)
Cuvee 910 millesimato Extra Dry, Cantine Pirovano: 2,49 euro (2,5 / 5)
Spumante Gransec / Gran Cinzano, Cinzano: 2,69 euro (2,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, La Gioiosa: 4,89 euro (3,5 / 5)
Champagne Cordon Rouge, Mumm: 19,90 euro (4 / 5)
Prosecco Docg, Carpenè Malvolti: 5,99 euro (5 / 5)

Dal 20/12 al 31/12

Trebbianino Doc Colli Piacentini, Cantine Bonelli: 2,99 euro (4 / 5)
Gutturnio Colli Piacentini Doc, Vicobarone: 2,59 euro (3 / 5)
Bonarda / Barbera Oltrepò pavese Doc, Cantine Montagna: 2,90 euro (3,5 / 5)


Spumante Asti Docg, Martini: 2 pezzi 8,45 euro (4 / 5)
Spumante Metodo Classico Trento Doc Brut, Ferrari 2 pezzi 16,80 euro (4,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc, Terre da Vino: 2 pezzi 8,85 (3,5 / 5)
Spumante dolce / secco, Rocca dei Forti: 2,39 euro (1 / 5)
Spumante Brachetto d’Acqui Docg, Bersano: 4,79 (3 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Aragosta, Santa Maria La Palma: 3,85 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau Alto Adige Doc, St. Magdalena Gries: 6,29 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer Trentino Doc Mastri Vernacoli, Cavit: 5,40 euro (3 / 5)
Rosso Toscana Igt Manero, Tenute del Cerro: 3,89 euro (4 / 5)
Barbaresco Docg, Terre da Vino: 8,70 euro (3,5 / 5)
Passito di Pantelleria Doc, Pellegrino: 5,50 euro (5 / 5)


fino al 25/12

Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg, Astoria: 3,98 euro (4 / 5)
Spumante Docg Cartizze Oro, Valdo: 8,30 (4,5 / 5)
Spumante Pinot de Pinot, Gancia: 3,40 (3 / 5)
Malvasia Doc secco / dolce Il Grappolo, Cantina Valtidone: 2,70 (3,5 / 5)
Bianco Falerio Doc, De Angelis: 2,90 (3,5 / 5)
Fiano di Avellino Docg, Mastroberardino: 7,50 (5 / 5)
Muller Thurgau Doc Mastri Vernacoli, Cavit: 3,29 euro (3,5 / 5)
Seligo Bianco Doc Sicilia, Settesoli: 4,30 euro (4,5 / 5)
Gutturnio Superiore Doc Riserva, Cantina Valtidone: 3,95 euro (4 / 5)
Lambrusco rosso / rosato La Brusca, Lini: 3,19 (4,5 / 5)
Ripasso Valpolicella Doc Superiore Valdimezzo, Sartori: 7,50 (4 / 5)
Cannonau Doc, Cantina Dolianova: 3,40 euro (3,5 / 5)
Cabernet Sauvignon Igt, Le Cascine: 2,49 euro (1,5 / 5)
Passito di Pantelleria Doc, Pellegrino: 5,50 euro (5 / 5)


Franciacorta Docg, Berlucchi: 7,98 euro (4 / 5)
Spumante Metodo Classico Millesimato, Cesarini Sforza: 7,13 euro (5 / 5)
Gewurztraminer, Cantina di Bolzano: 7,63 euro (4 / 5)
Vermentino di Gallura Docg, Cantina del Giogantinu: 3,55 euro (4 / 5)
Pecorino, Citra: 2,75 (3,5 / 5)
Champagne Cordon Rouge, Mumm: 19,90 euro (4 / 5)
Cabernet Franc / Friulano, Zorzettig: 4,47 euro (4,5 / 5)
Rubrato / Aglianico / Falanghina, Feudi di San Gregorio: 6,99 euro (4,5 / 5)
Valpolicella Ripasso, Cantina di Negrar: 5,38 euro (4,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo, Umani Ronchi: 4,89 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg, Cecchi: 3,99 euro (4,5 / 5)
Chianti Classico Docg, Giulio de’ Medici: 4,78 euro (3,5 / 5)
Barbaresco Docg, Nervo: 6,79 euro (5 / 5)
Primitivo di Manduria San Gaetano, Due Palme: 3,12 (5 / 5)
Asti Spumante Docg, Casa Sant’Orsola: 2,99 euro (3,5 / 5)
Brachetto d’Acqui Docg, Duchessa Lia: 4,14 euro (3,5 / 5)
Benuara, Cusumano: 5,90 (4 / 5)
Moscato di Pantelleria Doc, Cantine San Pellegrino: 4,49 euro (4,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg, Cantina di Valdobbiadene: 4,73 (3,5 / 5)


Chianti Superiore Docg Borgo Ser Ristoro, La Pieve: 3,69 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc, Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi: 3,99 euro (4,5 / 5)
Rosso Calabria Igt, Nicotera Severisio: 4,79 euro (4,5 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Campone, Frescobaldi: 14,99 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg La Torre, Frescobaldi: 4,79 euro (4,5 / 5)
Barbera / Dolcetto d’Alba Doc, Cantina Produttori Portacomaro: 4,19 euro (4 / 5)
Negroamaro / Primitivo Salento Igp Villa Elena, Due Palme: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Colli Senesi Docg, Castel di Pugna: 5,29 euro (4 / 5)
Salento Igp Pilu Niuru, Taurosso: 4,54 euro (4 / 5)
Barbaresco Docg, Cantina Produttori Portacomaro: 9,99 euro (4 / 5)
Lambrusco / Lambrusco Nero Vecchia Modena, Chiarli: 3,24 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc, Giacosa: 5,89 euro (4 / 5)
Bonarda Oltrepò pavese Doc, Giorgi: 4,49 euro (4,5 / 5)
Lambrusco Scuro Igt Notturno, Righi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Syrah-Cabernet Sauvignon / Viognier-Catarratto Igt, Feudo del Sole: 4,79 euro (4 / 5)
Montepulciano / Cerasuolo / Trebbiano d’Abruzzo Doc Collezione, Casalbordino: 2,49 euro (3,5 / 5)
Rosso di Torgiano Doc Anteo / Bianco di Torgiano Doc Kirnao, Antignano: 2,99 euro (3,5 / 5)
Barbera / Riesling Oltrepò pavese Doc, Commendator Pastori: 3,39 (3,5 / 5)
Teroldego Rotaliano / Muller Thirgau / Marzemino Mastri Vernacoli, Cavit: 3,98 (3,5 / 5)
Cirò rosso / rosato / bianco Doc, Caparra e Siciliani: 2,99 euro (4 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico, Tenuta Marcasanta: 2,99 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau Igp delle Venezie / Barbera d’Asti Docg, Coste Regale: 2,39 (2,5 / 5)
Roero Arneis Docg, Produttori di Portacomaro: 4,99 euro (4,5 / 5)
Gewurztraminer / Pinot Nero Trentino Doc, La Vis: 4,99 euro (3,5 / 5)
Soave Classico / Bianco Custoza, Sartori: 2,99 euro (4 / 5)
Corvo Bianco / Rosso, Duca di Salaparuta: 3,79 euro (4 / 5)
Soave Classico Doc Corte Memini, Azienda Agricola Le Mandolare: 4,19 euro (5 / 5)
Vin Santo del Chianti Doc, Tenuta La Pieve: 7,19 euro (3,5 / 5)
Recioto di Soave Docg, Azienda Agricola Le Mandolare: 9,59 euro (4,5 / 5)
Spumante Brut / Dolce, Gancia: 2,39 euro (3 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg, Coste Petrai: 7,99 euro (4 / 5)
Prosecco Vadobbiadene Superiore Cartizze Docg, Coste Petrai: 10,49 euro (4 / 5)
Spumante / Fragolino, Rocca dei Forti: 1,99 euro (1,5 / 5)
Spumante Pinot / Chardonnay, Cinzano: 3,59 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, Santa Margherita: 6,29 euro (5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg, Porta Leone: 5,49 euro (4 / 5)
Spumante Moscato, Tosti: 2,69 euro (3 / 5)
Spumante Brut Ribolla Gialla, Porta Leone: 4,79 euro (4 / 5)
Spumante Brut Franciacorta Docg, Terra Riva di Franciacorta: 7,69 euro (4 / 5)
Prosecco Doc Millesimato Extra Dry, Aneri: 5,69 euro (4 / 5)


Nebbiolo d’Alba Doc, Duchessa Lia: 5,79 euro (3,5 / 5)
Spumante Metodo Classico Trento Doc, Cesarini Sforza: 7,99 euro (5 / 5)
Spumante Riesling Oltrepò pavese Doc, Martini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg, Leonardo: 4,69 euro (3,5 / 5)
Moscato di Pantelleria Doc, Pellegrino: 4,55 euro (4,5 / 5)
Spumante Brut / Dolce, Gancia: 2,39 euro (3 / 5)
Sagrantino di Montefalco Docg, Duca Odoardo: 10,99 euro (4,5 / 5)
Spumante Moscato, Tosti: 2,85 euro (3 / 5)
Spumante Pinot / Chardonnay, Cinzano: 4,75 euro (2,5 / 5)
Spumante Blanc de Blancs, Duchessa Lia: 2,59 euro (3 / 5)
Gewurztraminer / Lagrein / Pinot Bianco Alto Adige Doc, St. Magdalena Gries: 6,99 euro (4 / 5)
Lambrusco Otello Etichetta Nera, Ceci: 4,35 (4 / 5)
Montepulciano / Trebbiano / Cerasuolo d’Abruzzo Doc, Rocca Ventosa: 2,15 euro (3 / 5)
Falanghina / Fiano /Greco Igt, Ante Hirpis: 2,79 euro (3 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc, Sella e Mosca: 3,85 euro (4 / 5)


Valdobbiadene Prosecco Docg, Grandi Vigne: 4,95 euro (4,5 / 5)
Spumante Brut / Dolce, Rocca dei Forti: 1,99 euro (1,5 / 5)
Asti Docg / Riesling Oltrepò pavese Doc, Martini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Muller Thurgau-Durello Brut / Maximilian I, Cantina di Soave: 2,99 euro (2,5 / 5)
Trento Doc Brut, Rotari: 6,49 euro (4,5 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore, Ca’ Val: 4,59 (3 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore / Vino Frizzante, Mionetto: 6,39 euro (3,5 / 5)
Asti Docg Secco, Duchessa Lia: 4,80 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau Igt Dolomiti Spumante Brut, Cavit (magnum): 8,99 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Sardegna Doc Aragosta, Santa Maria La Palma: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Trentino Mastri Vernacoli, Cavit: 3,39 (3,5 / 5)
Chianti Docg, Banfi: 4,49 euro (4 / 5)
Ripasso Valpolicella Doc Superiore Valdimezzo, Sartori: 5,99 euro (4,5 / 5)
Amarone della Valpolicella Docg, Sartori: 14,90 euro (4,5 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Campone, Frescobaldi: 15,90 euro (4 / 5)
Champagne Cordon Rouge, Mumm: 19,90 euro (4 / 5)

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I migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017

Due giorni di degustazioni al Merano Wine Festival 2017. E l’imbarazzo della scelta nello stilare una “classifica” dei migliori assaggi. Si è chiusa martedì pomeriggio in grande stile, al Kurhaus, con Catwalk Champagne (100 etichette di 40 aziende francesi tra le più note e prestigiose) l’edizione 2017 del “salotto bene” del vino italiano.

Organizzazione pressoché impeccabile nelle varie location che hanno ospitato il ricco calendario di eventi. Tanti professionisti, pochi curiosi. Biglietti da visita che finiscono in poche ore, tra un assaggio e l’altro.

Perché il Wine Festival di Helmuth Köcher, per il vino italiano, sta al business quasi quanto il Prowein di Dusseldorf. Per le sale, a caccia di “chicche”, tanto importatori, distributori ed enotecari quanto buyer della Gdo (segnalata la presenza, tra gli altri, dell’attento buyer di Coop).

Peraltro, con un occhio alla sostenibilità delle pratiche agricole in vigna, visto l’ampio spazio dedicato ai vini naturali, biologici, biodinamici e Piwi dall’evento d’apertura “Bio&Dynamica”. Una classifica, quella dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival 2017 da vinialsuper, che tiene conto anche di questo aspetto.

I MIGLIORI SPUMANTI
1) Riserva Extra Brut Alto Adige Doc 2011 “1919”, Kettmeir. Sul podio una bollicina altoatesina da vertigini. A produrla è Kettmeir, azienda del gruppo vinicolo Santa Margherita di stanza in via Cantine 4, a Caldaro.

Sessanta ettari complessivi, per una produzione che si aggira attorno alle 400 mila bottiglie: 120 mila sono di spumante, di cui 70 mila metodo classico. Il progetto, come spiega l’enologo Josef Romen, è quello di incrementare ulteriormente gli sparkling nei prossimi anni, “senza perdere territorialità”.

Naso fine ed elegante per la Riserva Extra Brut 2011 “1919”, tra il candito d’arancia e l’arnica. Il blend di Chardonnay (60%) e Pinot Nero (40%) funziona, al palato, al ritmo di una bollicina che esalta nuovamente note d’agrumi, questa volta in grado di ricordare la buccia del lime. E una balsamicità tendente alla spezia.

Il Pinot Nero, raccolto in un vigneto circondato dai boschi, a 700 metri sul livello del mare, ci mette i muscoli e la “zappa” sulla lingua. Lo Chardonnay la cravatta e il savoir-faire. Immaginate una Ricola buttata in un bicchiere d’acqua e sale: eccolo lì, questo tagliente Extra Brut. Sul gradino più alto del podio. “E’ una prova – chiosa Romen – per capire fino a dove possiamo arrivare”. Di questa cantina se ne sentirà parlare bene e a lungo. Purché si decida a cambiare colore alla Riserva in questione: sembra quella di uno spumante rosè.

2) Blanc de Blanc Extra Brut Franciacorta Docg 2011 “Elite”, Mirabella. Interessante realtà della Franciacorta “alternativa”, la cantina Mirabella. Si presenta ai banchi di Merano con un “Senza Solfiti” che ti sfida sin dall’etichetta, essenziale ma pretenziosa, con quel nome di fantasia che chiama i tempi dei cavalieri. Ma è una dama dalla chioma bionda, l’export manager Marta Poli, a servire la sfida nel calice.

Sboccatura 2016, 48 mesi sui lieviti per questo Chardonnay in purezza. “Elite” si presenta di un giallo invitante. Al naso crema pasticcera, burro, arancia candita, liquirizia. Palato pieno, secco, corrispondente nei sentori. Chiusura di gran pulizia su una bocca di pompelmo, prima del nuovo capolino della crema pasticcera. A colpire è l’evoluzione di questo spumante nel calice, sensibilissimo alle temperature di servizio.

Gioca col termometro questo figlio della Franciacorta che avanza, giovane e dinamica. Scaldandosi, libera note di erbe aromatiche e di macchia mediterranea. E la crema pasticcera, mista a quella speziatura dolce di liquirizia, diventa crème brûlée: la parte alta, quella col caramello elegantemente bruciacchiato. Chapeau.

Aggiungi al curriculum che si tratta di un “Senza Solfiti” (fra 3 e 6 mg/l). Che è il frutto di 10 anni di sperimentazioni da cui sono scaturite quatto tesi universitarie. Che è il “primo metodo classico italiano Docg senza solfiti e senza allergeni”. E il quadro è davvero completo.

3) Alto Adige Doc Extra Brut 2012 “Cuvée Marianna”, Arunda. Sessanta mesi sui lieviti per questo metodo classico altoatesino della nota casa di Molten (Meltina, BZ), 4 g/l di dosaggio: 80% Chardonnay elaborato al 100% in barrique (dal primo al quinto passaggio), più un 20% di Pinot Nero vinificato in bianco, che fa solo acciaio.

Vini base da Terlano e Salorno, vendemmie 2009, 2010 e 2011. E’ lo sparkling dedicato a “Marianna”, moglie di Joseph Reiterer: i due decidono assieme come bilanciare la cuvée, prima di metterla in commercio. Cinque, massimo 6 mila bottiglia totali.

Giallo dorato nel calice, naso di frutta a polpa gialla (albicocca non matura), lime, bergamotto. Non manca una vena balsamica, che porta il naso tra le montagne: in particolare ai sentori mentolati tipici dei semi dell’angelica. Una gran freschezza, insomma, che al palato si tramuta in un gran carattere: buccia di arancia, ricordi di menta, una punta di liquirizia.

Piacevolmente tagliente il gioco tra l’acidità e la sapidità spinta. Poi, d’un tratto, “Cuvée Marianna” sembra ammorbidirsi: siamo tra il finale e il retro olfattivo, che assume tinte di vaniglia bourbon. Un signor spumante, dal rapporto qualità prezzo eccezionale.

Segnalazioni
Bianco dell’Emilia Igt Frizzante Secco 2016 “L’Ancestrale nativo”, Terraquila:
Sboccatura à la volée per questo frizzante di Terraquila. Siamo in Emilia Romagna, per un blend di Pignoletto e Trebbiano che non può mancare nella cantina degli amanti dei vini dritti, diretti, “salati”.

Moscato Giallo Igt Veneto 2016, Maeli: Vino frizzante dei Colli Euganei, più esattamente ottenuto sui Colli di Luvigliano, tra le Dolomiti e Venezia. Una realtà, Maeli, che punta tutto sul Fior d’Arancio, nome locale del Moscato Giallo che, nell’occasione, si presenta in un calice capace di sfoderare note sulfuree, di grafite e fruttate di nettarina matura. Corrispondente al palato, tra il sale e la frutta.

VINI BIANCHI
1) Vigneti delle Dolomiti Igt 2008 “Julian”, Weingut Lieselehof. E’ l’edizione del Merano Wine Festival che segnerà la definitiva consacrazione sul mercato di molti vini Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, riferito alle “viti resistenti” a malattie come oidio, peronospora e botrite, tutte originate da funghi.

Weingut Lieselehof, cantina della famiglia Werner Morandell situata a Caldaro, in Alto Adige, è all’avanguardia da questo punto di vista. E sul podio dei vini bianchi di viniasuper finisce proprio “Julian”, vendemmia 2008: un blend tra due varietà Piwi qualità hyperbio: Bronner (60%) e Johanniter (40%).

Se il Bronner, per certi versi, ricorda lo Chardonnay, è il Johanniter a dare l’impronta (soprattutto olfattiva, ma anche gustativa) del Riesling. Un sinonimo di longevità che ritroviamo appunto anche nella degustazione del blend Julian, straordinariamente vivo. A partire dal colore: un giallo dorato stupendo.

Alle note di idrocarburo fanno eco richiami di erbe di montagna, camomilla e miele. Di primo acchito, al naso, questo bianco di casa Lieselehof sembra aver fatto barrique. In realtà è solo chiuso e necessita tempo per aprirsi, scaldandosi un poco tra le mani.

Acidità ancora viva (rinvigorita da ricordi di agrumi come il pompelmo, ingentiliti da quelli della pesca matura) per un vino destinato a durare ancora a lungo nel tempo. Lungo il retro olfattivo, tutto giocato sul rincorrersi di freschi sentori di erbe mediche.

2) Secondo posto nella nostra speciale classifica per due vini, pari merito. Li elenchiamo in ordine di assaggio. Il primo è il Grillo Terre Siciliane Igt Canaddunaschi 2016, della Società agricola Le sette Aje di Cannata Rosalia e S.lle. Biodinamico non certificato per questa piccola cantina di Santa Margherita di Belice, in provincia di Agrigento, che utilizza i principi dell’omeopatia in vigna, sottoponendo le piante a veri e propri “vaccini” contro le malattie.

Una realtà tutta al femminile, presa sotto l’ala “protettiva” da una delle donne del vino simbolo della regione: Marilena Barbera, presso la quale avviene la vinificazione delle uve Grillo de Le Sette Aje, in vasche d’acciaio di proprietà. Il risultato è eccezionale. Tremilacinquecento bottiglie in totale per l’annata 2016. Qualcuna di più per la 2017.

Giallo dorato ammaliante e naso intrigante, tutto giocato sulle erbe aromatiche. Macchia mediterranea in primo piano, ma anche mentuccia. In bocca è una vera e propria esplosione: un Grillo pieno, ricco, carico, caldo: corrispondente al naso per le sensazioni che conferiscono una freschezza e un corpo da campione, assieme a una bilanciata sapidità.

Chiude lungo, riuscendo a sorprendere ancora nello sfoderare inattese note di burro e crema pasticcera. Un contrasto interessantissimo tra le durezze e le morbidezze, che regala un sorso unico. A 15 euro circa (al consumatore) uno dei migliori bianchi in circolazione in Italia, per l’annata 2016.

Gli mettiamo accanto un altro vino difficile da dimenticare. Per farlo saliamo dalla Sicilia alla Campania. Raggiungiamo il beneventano per il racconto della Falanghina 2016 “Donnalaura” di Masseria Frattasi. Siamo nella terra d’elezione della Falangina, a Montesarchio, dove la cantina coltiva il biotipo campano e un altro clone, ancora più raro, dotato di una vena acida ulteriormente accentuata. Siamo poco sotto i 920 metri sul livello del mare, per un vino estremo, di “montagna”.

Donna Laura è la nonna di Pasquale Clemente, patron di Masseria Frattasi a cui è dedicato questo bianco dalle caratteristiche uniche. Si tratta infatti di una Falanghina da vendemmia tardiva. Le uve restano sulla pianta fino al 15 novembre, concentrando così zuccheri e aromi. Vengono poi vinificate in acciaio e, prima dell’imbottigliamento, passano 6 mesi in barrique nuove di rovere francese.

Una scommessa perfettamente riuscita quella di compensare con la concentrazione su pianta la vena tipicamente acida della Falanghina. Il risultato è un vino che si presenta di un giallo paglierino molto carico. Naso eccezionalmente fine e “montano”: arnica, resina di pino, liquirizia, una lieve nota dolciastra che ricorda per certi versi quelle della veneta Glera e un richiamo sottile di vaniglia, assimilabile al legno della barrique.

In bocca, l’ingresso è di quelli tipici dell’uvaggio: caldo, acido, quasi tagliente. Una sensazione accentuata dal sollevarsi delle note balsamiche già percepite al naso, che rinfrescano ulteriormente il sorso. Grande lunghezza per un retro olfattivo che fa emergere note delicate di surmaturazione, con ricordi di miele d’eucalipto.

3) Frühroter Veltliner 2015, Schmelzer Weingut. Ci spostiamo in Austria per questo “orange” capace di regalare vere e proprie emozioni. Più esattamente a Gols, piccolo Comune a sud est di Vienna, non lontano dai confini con Slovacchia e Ungheria.

Il vitigno in considerazione è il Frühroter Veltliner, autoctono austriaco nato dall’incrocio spontaneo tra Grüner Sylvaner (Silvaner verde) e Roter Veltliner (Veltliner Rosso). Solo una delle ottime etichette prodotte da Georg ed Elisabeth Schmelzer, in stretto regime biodinamico.

Cinque settimane di fermentazione in barrique di rovere aperte, con batonnage due volte al giorno. Il succo viene poi trasferito in altre barrique, a riposare per un anno. Quindi, il Frühroter Veltliner di Schmelzer viene imbottigliato. Ne risulta un orange velato, che sprigiona sentori pieni, intensi, di zenzero e arancia candita, ma anche di frutta tropicale matura: ananas, papaya.

Bocca corrispondente, ma con bella vena sapida: le note agrumate dominano il palato, ben bilanciate da quelle dolci, esotiche. Un vino gastronomico di grande interesse. Rimanendo tra i “bianchi” di casa Schmelzer, ottimo anche il Gruner 2016, con le sue note di fiori secchi e una vena sapida, rude.

4) Trentino Doc Gewurztraminer 2016, Cantina Endrizzi. Medaglia di “legno” per il coraggio di questa cantina di San Michele all’Adige. Capace di andare controcorrente, proponendo sul mercato un Gewurztraminer dal taglio serio, senza la stucchevolezza “piaciona” in voga tra i tanti competitor (grandi nomi compresi). Per di più, il rapporto qualità prezzo è eccezionale.

E’ ottenuto dai vigneti Masetto e Maso Kinderleit, situati in zona collinare, attorno alla cittadina della provincia di Trento. Un Gewurz, quello di Endrizzi, che conserva tutta l’aromaticità tipica del vitigno, svestita di qualsiasi risvolto pacchiano. Gran pienezza in un sorso che risulta caldo, visti i 14 gradi, tutti di “sostanza”, quasi di “materia tattile”, e non della morbida lascivia dello zucchero. Un bianco che non stanca mai.

Segnalazioni
Langhe Doc Nascetta 2013 “Se'” e 2016, Poderi Cellario: le potenzialità di “invecchiamento” dell’autoctono piemontese sono evidenti nella mini verticale proposta da Fausto Cellario, appassionato vignaiolo che sa trasmettere entusiasmo e amore per la propria terra;

Bianco fermo 2016 “89-90”, La Piotta: si discosta in maniera elegante dalla media dei vini bianchi passati in barrique questo vino bio e vegan dell’Azienda Agricola La Piotta. Utilizzo ineccepibile del legno sullo Chardonnay, a smorzare le asperità del Riesling. Luca Padroggi è un giovane che farà parlare (bene) dell’Oltrepò pavese, a lungo.

Lugana Dop Bio 2016, Perla del Garda: “Cru” di 4 ettari per dare vita a una Lugana potente, tanto piena e intensa quanto fine, con fresche note di mentuccia ad accostare la vena tipicamente sapida.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2016, Fattoria di Pancole: Come molte delle aziende presenti al Merano Wine Festival 2017, Fattoria di Pancole fa Gdo (per l’esattezza con Conad in Toscana, 25 mila bottiglie l’anno). Si presenta al banco con la Vernaccia top di gamma, capace di esaltare appieno le caratteristiche del vitigno, presentando ottimi margini di affinamento futuro.

Igt Marche Bianco 2016 “Corniale”, Conventino: Non poteva mancare la segnalazione di un vino bianco quotidiano. Per farlo voliamo nella zona Nord delle Marche, da Conventino. Siamo a Monteciccardo, in provincia di Pesaro e Urbino. Semplice ma tutt’altro che banale il suo Corniale 2016. Acidità al rintocco di sentori di kiwi, mela verde, lime e pompelmo, ben calibrati con una bocca beverina, giustamente sapida. Davvero un bell’Incrocio Bruni 54.


VINI ROSSI
1) Beneventano Igt Aglianico 2015 “Kapnios”, Masseria Frattasi. Di nuovo questa straordinaria cantina campana sul podio del Merano Wine Festiaval 2017 di vinialsuper. Il miglior rosso è ottenuto da uve Aglianico amaro del Taburno in purezza, allevate nella zona di Montesarchio, Tocco e Bonea, a un’altitudine compresa tra i 500 e i 600 metri sul livello del mare.

Le uve, raccolte a metà novembre, vengono appassite in due modi: in parte appese e in parte su graticci, all’interno di un piccolo caseggiato coperto da tegole di terracotta. Passaggio in rovere nuovo, prima dell’ulteriore affinamento in bottiglia, per un anno.

Ne scaturisce un vino dal rosso rubino intrigante, sgargiante. Il naso è di quelli che ti fanno innamorare del bordo del calice: piccoli frutti a bacca rossa e nera, erbe di montagna, ginepro, miele d’eucalipto. Un’infinità di sentori, pronti a spuntare di minuto in minuto. E il palato non delude: caldo, esageratamente pieno, di frutta fragrante e liquirizia dolce, ma anche di caffé tostato. Un vino di cui innamorarsi.

Straordinario – ancor di più in ottica futura – anche il Cabernet Sauvignon 2015 “Kylyx” di Masseria Frattasi. Viti appositamente innestate su portinnesto debole: se ne portano in cantina solo 2 grappoli. Mille bottiglie in totale per la vendemmia 2015 (2016 non prodotto).

Acciaio prima e barrique di rovere francese poi (14 mesi) per questo Cab ottenuto dal recupero di un terreno abbandonato, circondato dal bosco. Naso che esalta appieno le caratteristiche del vitigno, con la sua vena sia vegetale sia piccante. Tannini e acidità di immensa prospettiva, ben corroborati da una mineralità unica.

2) Alto Adige Doc Pinot Nero 2007 “Villa Nigra”, Colterenzio Schreckbichl. Cornell è la linea dei “cru” di cantina Colterenzio, dalla quale peschiamo l’argento della nostra speciale classifica dei migliori vini degustati al Merano Wine Festival. In particolare, a colpire, è il Pinot Nero vendemmia 2007 ottenuto – come tutti i vini della “Selezione” Schreckbichl (Colterenzio) – da vigneti che godono di particolari condizioni d’eccellenza: altitudine di 400 metri, esposizione a sud ovest su terreni ghiaiosi e calcarei di origine morenica, con microclima fresco. Resa di 35 ettolitri per ettaro.

Nel calice, il Pinot Nero 2007 di Colterenzio di presenta ancora come un giovincello: il classico rubino di buona trasparenza, tipico del re degli uvaggi altoatesini a bacca rossa. Un naso finissimo di mirtillo e fragolina di bosco, ma anche di ciliegia, con una punta leggerissima di pepe, anticipa sentori più evoluti tendenti al dolce (miele d’acacia), senza mai trascinare il quadro olfattivo in disomogenee percezioni di marmellata.

Nel calice c’è il bosco. E lo si capisce anche dai richiami “vegetali” al muschio e alla menta. In bocca, questo Pinot Nero è più che corrispondente: la spalla acida è ancora muscolosa, il tannino levigato ma ancora in grado di dire la sua. A completare il quadro, richiami minerali salini che contribuiscono a chiamare il sorso successivo. Beva eccezionale per questo vino che ha ancora davanti diversi anni sulla cresta dell’onda.

3) Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego 2012 “Gran Masetto”, Cantina Endrizzi. Conquista il podio, dopo la medaglia di “legno” tra i vini bianchi, Cantina Endrizzi con il suo prodotto di punta: un Teroldego fatto alla maniera dell’Amarone, col 50% delle uve diraspate e sottoposte per circa tre mesi ad appassimento in celle refrigerate, alla temperatura di 10 gradi.

Uve raccolte nello storico vigneto di Masetto, tra i Comuni di Mezzolombardo e Mezzocorona, in provincia di Trento. Il risultato è un vero e proprio Teroldego alla seconda. Colore rosso purpureo, impenetrabile. Naso tipico, rinvigorito dai sentori affascinanti del parziale appassimento, che non coprono la fragranza della ciliegia e della prugna per il quale si fa apprezzare il re dei vini rossi trentini.

Grande pulizia ed eleganza anche in un palato corrispondente, arricchito da preziosi richiami di polvere di cacao. Un vino che fa venir voglia d’aver davanti un piatto di selvaggina. O, perché no? Un buon libro.

Segnalazioni
Toscana Igt “Argena”, Orlandini Aziende Agricole Forestali (verticale). In degustazione le annate 2000, 2001, 2003, 2004, 2005 e 2006. Un vino unico, prodotto dalla famiglia Orlandini da un vecchio vigneto di Sangiovese con piccole quantità di Cabernet Sauvignon. Un microclima particolare, circondato da boschi, sulle colline situate tra il Castello di Gargonza ed il Castello del Calcione, a metà tra Arezzo e Siena.

Tutte le annate di Argena conservano le caratteristiche dell’annata, a riprova del metodo col quale opera la famiglia Orlandini, che non ama “uniformare” al gusto comune i propri gioielli. Anzi. Tra tutte le etichette, segnaliamo quelle di Argena 2004 e 2005: “nasi” pregevoli, tra la frutta (ciliegia) e la macchia mediterranea (rosmarino) e sapore armonico, corroborato da tannini tutt’altro che mansueti.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2015 Vigna Serraboella, Rivetti Massimo. Siamo a Neive, in provincia di Cuneo, Piemonte. L’azienda agricola Massimo Rivetti sfodera due Barbaresco 2013 diversi ma ugualmente meritevoli di attenzione: il primo, Froi, è di “easy” e di “pronta beva”; il secondo, “Serraboella”, ottenuto da un cru sulla stessa collina di “Froi”, è incredibilmente fine e presenta tannino e acidità di gran prospettiva.

Ma è l’outsider Barbera d’Alba Superiore 2015 “Serraboella” a fare davvero centro nel cuore. Si tratta di una selezione ottenuta da una singola vigna di 75 anni, la più vecchia dell’azienda, nel cru “Serraboella”. Due anni in barrique di rovere francese 1/3 nuove e 2/3 di secondo passaggio. Naso da campione, tra il frutto rosso e la liquirizia dolce, con un accenno di cuoio e un sottofondo di erbe di montagna. Corrispondente al palato, dove si conferma una Barbera destinata ad essere molto longeva.

Zweigelt 2015, Schmelzer Weingut. Abbiamo già incontrato questa cantina austriaca tra i migliori vini bianchi. Tra tutti i vini proposti in degustazione, a colpire c’è anche un rosso: lo Zweigelt. Si tratta di un incrocio tra St. Laurent con il Blaufränkisch, noto anche con il nome di Blauer Zweigelt, Rotburger e Zweigeltrebe.

In sintesi? Un vino da provare, destinato al pubblico (sempre più vasto) degli amanti dei vini naturali. Colore rosso rubino poco trasparente, ovviamente velato, trattandosi di un non filtrato. Alle note di piccoli frutti a bacca rossa, risponde al naso una vena di iodio che ritroveremo al palato: more mature, ribes nero maturo, una nota amarognola tipica di erbe come il rabarbaro. Tannino vigoroso, sapidità straordinariamente bilanciata col resto dei descrittori. Un “vino wow”.

Nebbiolo d’Alba “Il Donato”, La Torricella di Diego Pressenda. Vino di grande prospettiva questo Nebbiolo prodotto a Monforte d’Alba da La Torricella. Frutti rossi, frutta secca, pepe, tabacco dolce. Tannino equlibrato, ma in chiara evoluzione. Ottimo anche il Barolo 2013.

PASSITI E VINO COTTO
1) Bronner “Sweet Claire”, Weingut Lieselehof. Si tratta di un passito da Bronner, vitigno Piwi di qualità hyperbio. E siamo sempre in casa Lieselehof, già premiata tra i bianchi per lo strepitoso “Julian 2008”.

In questo caso, uve Bronner in purezza essiccate in inverno e pressate a febbraio. Giallo oro luccicante, note di agrumi (lime e limone), pesca e albicocca sciroppata, una punta di idrocarburo. In bocca c’è corrispondenza, arricchita ulteriormente dalla freschezza di note di menta piperita pressata, quasi concentrata. Stra-or-di-na-rio.

2) Erbaluce di Caluso Doc Passito 2009 “Alladium”, Cieck. Cieck è sinonimo di Erbaluce di Caluso, uno dei grandi vini bianchi piemontesi, capaci di prestarsi a un ottimo invecchiamento. Sul podio di vinialsuper finisce nella categoria passiti con “Alladium”. Deliziosamente avvolgente al naso, con le sue note agrumate e candite. Caldo e freddo allo stesso tempo, come quando si mette il naso nel talco. Corrispondente al palato, con un finale fresco.

3) Vino Cotto Stravecchio “Occhio di Gallo”, Cantina Tiberi David. Vera e propria “chicca” al Merano Wine Festival 2017, prossimamente tra i banchi del Mercato dei Vini e dei Vignaioli Fivi 2017. Parliamo della cantina Tiberi David di Loro Piceno (MC), patria del “vino cotto”, localmente chiamato “lu vi cottu”.

Un vino dalle origini nobili, che questa bella realtà a conduzione famigliare (nella foto sopra Emanuela Tiberi con il figlio Daniele Fortuna) è riuscita a far apprezzare nei salotti del Kurahus, con la stessa genuinità del prodotto. Tipico colore “occhio di gallo” (ambra) nel calice per le annate 2003 e 2005, ottenute dalla “cottura” di uve Verdicchio, Trebbiano, Montepulciano e Sangiovese.

Grande complessità in un naso e in un palato corrispondenti, con note di frutta passita e spezie calde. Perfetto accompagnamento per una vasta gamma di dessert, ma anche per i formaggi.

Fotogallery dei migliori assaggi al Merano Wine Festival 2017, compresi fuori classifica

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Il vino a Malta e Gozo: dai vignaioli alle “vigne in franchising”

Sei cantine per raccontare il vino di Malta. Dai due grandi gruppi che si contendono il primato commerciale sull’isola, Delicata e Marsovin. Passando per Meridiana – che ormai parla italiano – azienda di proprietà dei marchesi Antinori.

Proseguendo con Maria Rosa, il “giocattolino” di un milionario ultranovantenne del posto. E chiudendo, a Gozo, con Ta Mena Estate e Tal-Massar. Questo il percorso del wine tour.

Caccia agli autoctoni Gellewza, Girgentina e Serkuzan. Ma anche alle sfumature locali di varietà internazionali come Chardonnay e Sauvignon, tra i bianchi. Cabernet, Merlot e Syrah, tra i rossi. Una viticoltura, quella di Malta, che deve molto agli aiuti giunti dalla Comunità europea, a cui l’ex colonia britannica ha aderito il primo maggio 2004.

Un lasso di tempo che consente oggi all’isola di candidarsi a ruoli di tutto rispetto nel panorama enologico internazionale. Francia e Italia sono i modelli, seppur ancora lontani. Ancor di più se si considerano i 400 ettari liberi per investimenti nel settore, a fronte delle scelte di un governo distratto dai soldi facili delle compagnie assicurative internazionali e, soprattutto, del gaming e del gioco d’azzardo online.

Malta piace sempre di più agli investitori esteri in cravatta e ventiquattrore. Attirati dai vantaggi di una lingua ufficiale internazionalmente parlata, l’inglese. E dagli effetti della Brexit, che la stanno trasformando in una piccola cassaforte dei sudditi della regina.

Nel frattempo, le nuove generazioni maltesi abbandonano la campagna, preferendo i centri urbani disposti a raggio attorno alla capitale La Valletta. L’età media dei lavoratori impiegati nei 750 ettari vitati dell’isola, secondo dati forniti sul posto, si assesterebbe sui 50 anni.

Roba per vecchi, insomma, zappare la terra e godere dei frutti di Bacco, a Malta. D’altro canto, strade sempre più trafficate e in pessimo stato rallentano l’economia della piccola nazione del Mediterraneo.

E rimandano il countdown per l’Olimpo del vino, almeno di qualche anno. Mentre il turismo punta sempre più sui Millennial, la Generazione Y. Quella che si fa andar bene pure le spiagge sporche – oggi più di 10 anni fa – purché il deejay pompi musica a palla, che arrivi tra le onde.

Trovare manodopera qualificata, a Malta, è ormai un’impresa. Spesso sono aziende siciliane ad aggiudicarsi le aste per i lavori nel pubblico. E i privati, come le cantine, faticano addirittura a reperire elettricisti, idraulici, esperti nella catena del freddo e manovalanza in generale. Costi quintuplicati, dunque, per ogni singolo intervento necessario in un’ottica di modernizzazione delle strutture e delle attrezzature enologiche.

Se di mezzo ci si mette pure il cielo, con le ultime vendemmie stroncate da siccità e mancanza di reti idriche adeguate per l’irrigazione di soccorso, si comprende perché grandi gruppi come Delicata e Marsovin stiano tentando di raggiungere accordi col Palazzo del Gran Maestro, sede del nuovo parlamento progettata da Renzo Piano.

Alla viticoltura maltese occorrono denaro fresco, un programma che invogli i giovani a tornare a credere nella terra e investimenti sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni, estirpati in massa nei due secoli di dominazione araba. Basti pensare che sull’isola cresce meno di un ettaro di Gellewza.

Completano il quadro incredibili rivalità commerciali tra l’isola madre, Malta, e la più grande delle due “isole satellite” dell’arcipelago: Gozo. Nella capitale La Valletta è impossibile reperire un vino gozitano al ristorante. Scarseggia l’offerta anche nella maggior parte delle enoteche. Mentre le catene di supermercati sembrano non curarsi dell’antagonismo.

TA MENA ESTATE
Eppure è Gozo a offrire il miglior vino in circolazione a Malta. Un assortimento di etichette di ottimo livello dal produttore Joseph Spiteri, 58enne dagli occhi azzurri come la Blue Lagoon, che ha raccolto l’eredità dei bisnonni Carmela, detta “Mena”, e Frank: a loro si deve l’inizio di un’avventura chiamata Ta Mena Estate. La copertina del wine tour a Malta è tutta sua.

Joseph Spiteri è il guardiano dell’isola di Gozo. Dai 2 ettari del 1986, l’azienda di famiglia è passata negli anni a 25 ettari, quindici dei quali vitati. E Joseph ha ancora voglia comprare terre da convertire alla viticoltura e ad altri progetti in ambito agricolo. Mentre tutt’attorno i giovani sembrano aver perso il nesso con le origini.

A Ta Mena Estate lo staff è internazionale. In cantina anche un enologo italiano, Claudio De Bortoli. Ed è proprio all’Italia che si ispira Spiteri, che ha “imparato a fare il vino in Veneto, sui Colli Euganei, e poi in Toscana”. Un “allievo dell’università della strada”, come ama definirsi, che opera in regime naturale, pur senza alcuna certificazione.

Nel 2017 cade il decennale delle “vendemmie professionali” di Ta Mena, cantina con una capacità produttiva di 150 mila bottiglie. “Servizi finanziari, scommesse, assicurazioni – denuncia Spiteri – sono il nuovo male dell’economia maltese, in crescita di 6,5 punti ogni anno. Ma a che prezzo? Senza investimenti nell’agricoltura si gioca col destino”. Nel frattempo, Joseph, pensa a produrre vini che rappresentino appieno il terroir matese.

Il Vermentino Gozo Dok 2016 “Juel” si fa apprezzare per il naso salino e fruttato e per un palato morbido, pieno, piacevolmente disorientante per la mancata corrispondenza gusto-olfattiva. Il rosè “Grecal”, altro Gozo Dok, vendemmia 2015, è invece una delle chicche di Ta Mena Estate.

Ottenuto al 35% dall’autoctona Gellewza su una base di Merlot (50%) e con l’aggiunta geniale di un 15% di Tempranillo (colore e corpo), regala note floreali dolci al naso, tipiche del vitigno maltese a bacca rossa, e un vegetale prezioso offerto dal Merlot. Bella acidità e persistenza da campione. Incredibile si tratti di un rosato 2015, con altri 3-4 anni davanti, a ottimi livelli.

Sul gradino più alto del podio, però, c’è Gabillott 2009, blend di cinque uve: Merlot, Serkuzan (Nero d’Avola), Cabernet Sauvignon e Franc (15-20%) e Syrah.

Un vino capace di concentrare in bottiglia e riversare poi nel calice il clima di un’isola baciata dal sole 300 giorni l’anno (60 mm totali di pioggia), con venti per l’80% provenienti da Nord Ovest, secchi, e un suolo prettamente calcareo e limoso.

Naso generoso e intenso, dalla frutta alle spezie, con quella costante iodica che caratterizza tutti i vini di Ta Mena Estate. Al palato la mineralità è il tratto distintivo, assieme alle note fruttate, ancora croccanti come un biscotto. Chapeau.

Peccato che gli americani preferiscano la versione “barrique” (9 mesi / 1 anno) di Gabillott, con Carmenere al posto del Cabernet Franc.

Joseph Spiteri ha un’anima d’artista. Dipinge i paesaggi di Malta, la notte, al posto di dormire. Con le canzoni dei Pink Floyd o la musica classica di Beethoven a fare da sottofondo. Vere e proprie tele sono anche i suoi vini. Gli unici capaci di rappresentare davvero la verità del terroir di Malta, senza cercare di piacere per forza. Vini veri, insomma.

MASSAR WINERY
Vini che avrebbe potuto fare “così” anche Anthony Hili di Massar Winery. Il vicino di casa, a Gozo, di Joe Spiteri. Peccato che Hili offra, con le sue etichette, la netta sensazione di non considerare Spiteri alla stregua di un genuino modello da imitare.

A Massar Winery l’obiettivo sembra più il consenso internazionale. E qualche premio (l’ultimo in Spagna) è effettivamente arrivato per la cantina di L-Għarb, Garbo in italiano, paesino situato nella parte Nord Ovest dell’isola satellite di Malta.

Vini come Tanit 2016, San Mitri 2014 e Garb 2013 paiono troppo “pensati” in cantina. Etichette che non riescono a nascondere l’abile mano di un enologo che ha l’intento di colpire il pubblico straniero. Non a caso, i residui zuccherini dei Sirkusian proposti in degustazione fanno impazzire le due turiste del Minnesota presenti al tavolo.

Abile intrattenitore, Anthony Hill racconta come “tutto, a Malta, è stato distrutto dalla politica che non crede nel ‘local’ e che non valorizza le imprese”. Come la sua, 6 ettari complessivi (3 di proprietà), e un record produttivo di 16 mila bottiglie.

A Massar Winery si allevano Vermentino, Sangiovese (importato dall’Emilia), utilizzato per la produzione di un rosso leggero e di un rosè, e l’autoctono Sircusian (anche detto Serkuzan e Sirakuzan il Nero d’Avola giunto proprio dalla Sicilia). A meritare una menzione è proprio quest’ultimo, nella versione simil “passito” di Garb 2013: vendemmia tardiva che sprigiona sentori di mela cotta, ciliegia, liquirizia, cioccolato e rabarbaro.

MERIDIANA WINE ESTATE
Tratti ancora più internazionali alla Meridiana Wine Estate, l’investimento su Malta della famiglia fiorentina dei Marchesi Antinori. Un’azienda vocata principalmente al mercato locale (export al 3%) soprattutto per lo scarso numero di bottiglie prodotte (circa 140 mila) da 17 ettari di terreni, con l’apporto di alcuni conferitori.

Un progetto nato nel 1997, che vede protagonisti vitigni francesi come lo Chardonnay (il più venduto), il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Syrah, accanto a Vermentino, Moscato, Viognier e piccole percentuali di Girgentina.

Vendemmia manuale e pratiche di cantina volte a preservare il “Maltese character” delle uve, non sempre con i risultati sperati – in termini di distintività – per l’utilizzo di un legno che tende a uniformare al gusto internazionale il singolo vitigno utilizzato.

Ma a colpire sono i prezzi di questi vini, letteralmente “regalati” per la qualità che riescono a esprimere (dai 9,20 ai 18,40 euro del Merlot top di gamma). A colpire, in modo particolare, sono i 15,90 euro del blend tra Cabernet Sauvignon (70%) e Merlot (30%). Il vino è Melquart 2014, 10-12 mesi di barrique. Naso splendido, ricco, balsamico, con richiami vegetali puliti, tipici dei due vitigni e in particolare del Merlot.

Grande corrispondenza al palato, dove alle note balsamiche fanno eco venature sapide che invitano la beva. Un calice e una bottiglia che rischia di finire in pochi minuti, davanti al giusto piatto. Più che soddisfacente anche il retro olfattivo, lungo. Il vino di Malta “fatto” meglio, in assoluto.

MARIA ROSA WINE ESTATE
Da Castrofilippo, paesino di 3 mila anime alle porte di Agrigento, passando per Saint-Émilion, vicino Bordeaux. Ha visto il mondo dalle vigne, dopo gli studi in Enologia e Viticoltura a Udine, la 31enne Lorena Molito. E’ atterrata a Malta due vendemmie fa. E la sua mano, a Maria Rosa Wine Estate, si sente eccome.

Poco più di 4 ettari, allevati per la maggior parte a Sirakuzan (Nero D’Avola), Cabernet Sauvignon (8%) e Syrah (2%). La tenuta, situata ad Attard, nel centro dell’isola di Malta, poco lontano dalla cittadina di Mdina, è dal 2006 il gioiellino di proprietà di Joseph Fenech. Un milionario maltese di 93 anni, imprenditore nel settore alberghiero, con la passione per il vino.

Ventimila bottiglie l’anno, zero export. Una piccola produzione di medio alto livello, cresciuta (qualitativamente) negli ultimi anni proprio grazie all’arrivo, in cantina, dell’enologa siciliana Lorena Molito.

“Questa – spiega – è una piccola realtà che punta a produrre vini di qualità. Quando sono arrivata qui, tre anni fa, mancavano però alcuni accorgimenti indispensabili, come il sistema di controllo della temperatura per le vasche in inox. Ho dovuto impormi per far comprendere che occorrevano investimenti senza i quali non si sarebbe mai raggiunto l’obiettivo”.

Nelle vasche riposa l’ultima annata, la 2017, che si preannuncia ottima. Sono pronti per essere imbottigliati il Sirakuzan Dok 2016 – grande facilità di beva, favorita da un bellissimo frutto rosso – e il Cabernet Dok 2016.

Il meglio riposa in barrique: da assaggiare le riserve di Sirakuzan, Syrah e, su tutte, quella di Cabernet Sauvignon. Peccato per il Sirakuzan vinificato in bianco, una chicca di Maria Rosa Wine Estate: non sarà prodotta quest’anno, per via della scarsità della vendemmia.

MARSOVIN WINERY
Un elenco infinito di vini sulla “carta” di Marsovin, uno dei due maggiori gruppi del settore, a Malta. Ben 43 etichette, utili a spaziare dalla base alle linee di medio livello (vini destinati alla Gdo, tutti con un ottimo rapporto qualità prezzo) sino al top di gamma.

Un milione e mezzo le bottiglie prodotte dai 23 ettari di proprietà, cui vanno a sommarsi i 330 ettari dei selezionati e storici conferitori. Mercato locale al 96% e tante richieste dall’estero (per esempio dalla Cina) impossibili da soddisfare, per via dei numeri risicati e dell’andamento climatico delle ultime vendemmie.

I terreni di proprietà, in particolare, sono dislocati nelle aree a maggiore vocazione dell’isola e consentono a Marsovin di offrire un quadro completo dei terroir maltesi. A Marnisi Estate (8,5 ettari a Marsaxlokk, uno degli appezzamenti più grandi dell’isola) su producono vini in stile Bordeaux; a Ghajn Rihana (1.2 ettari a Burmarrad, nella zona di St. Paul Bay) grazie alla competizione radicale (120 centimetri tra una pianta e l’altra), si punta a rese più basse, in grado garantire una maggiore qualità per le varietà di Cabernet Sauvignon e Franc; a Wardjia Valley (1,5 ettari) sempre a nord, vicino a Ghajn, il vento è forte e le vigne sono disposte in suo favore, protette da alberi tra i filari di Chardonnay.

Marsovin, storica realtà maltese, fondata nel 1919 da Anthony Cassar, merita una menzione proprio per il coraggio: è l’unica cantina di Malta a produrre un Metodo Classico, il Cassar De Malte, un Brut ottenuto dal cru in Wardija Valley. Record produttivo di 5 mila bottiglie.

Perlage fine e persistente, naso tipico del vitigno, con richiami alla crosta di pane e al lievito dovuti ai 24 mesi di permanenza sui lieviti. Il bouquet è floreale e fruttato fresco, marcatamente agrumato e tendente all’esotico. Corrispondente al palato, dove il perlage si rivela cremoso. Lungo il retrolfattivo. Passare da Malta e non provarlo è un vero peccato.

Ma Marsovin non si limita alla produzione di un ottimo sparkling. Bernard Muscat, wine specilist che si occupa di PR ed Eventi per il gruppo Cassar Camilleri, guida la degustazioni delle migliori referenze della cantina, nel quartier generale della cittadina portuale di Paola (Pawla o Raħal Ġdid), a Sud della capitale La Valletta.

La famiglia Cassar ama l’Italia e, in particolare, l’Amarone. Per questo, dal 2009, ha pensato di produrre il Malta Dok “Primus”, ottenuto da Gellewza (65%) e Syrah (35%) da appassimento (“Imwadded” in etichetta). Nel calice la vendemmia 2015 presenta il tipico colore concentrato. Così come spessi sono i sentori che si liberano al naso: note di fico, prugna secca, confettura di frutti rossi.

E poi tabacco, miele d’acacia. Note bilanciate tra l’affumicato e il dolce che si ritroveranno anche al palato, dove a colpire è la presenza di una componente minerale salina e un tannino di velluto, coperto da cioccolato, che fa capolino nel retrolfattivo. Un vino perfetto davanti a un libro, oltre che con il giusto abbinamento a tavola.

Molto interessante anche il Passito “Guze” 2014, lanciato sul mercato da Marsovin in occasione del 16° anniversario dalla morte di “Sur Guzi”, “Signor Giusè(ppe)”, Joseph Cassar, uno dei discendenti del fondatore. Si tratta sempre di Syrah appassito, con un residuo zuccherino di 120 g/l tutt’altro che stucchevole. Naso intenso, come quello di “Primus”, con cui lotta in quanto a finezza dei sentori.

Marnisi Old Vines 2015 è invece un blend di Merlot (40%), Carbernet Sauvignon (30%) e Cabernet Franc (30%). Un taglio bordolese tout court, ottenuto dalle vecchie vigne di Marsaxlokk. Il passaggio in legno è evidente, sia al naso che al palato, ma non invasivo.

Rosso rubino poco trasparente, questo rosso di Marsovin Winery sfoggia un naso molto elegante, nonostante la prevalenza di note vegetali spinte: carruba, rosmarino, origano, ma anche frutta rossa come la ciliegia. I terziari sfiorano liquirizia, tabacco e incenso. Il palato completa il quadro con la consueta mineralità, ancora una volta ben bilanciata alle note fruttate. Particolare il gioco tra sale e frutta: componenti tra le quali mette il dito un tannino ancora vivo. Lunga vita davanti a questo taglio, degno di Bordeaux.

Non male, tra i bianchi, la Girgentina Igt Maltese Islands 2016 in purezza della linea “La Torre”, reperibile anche al supermercato. Giallo paglierino, naso tendente all’aromatico, ricorda per certi versi il Moscato secco. Un vino che aspira alla Dok, per la quale Marsovin sta riducendo sempre più le rese, che oggi si assestano sui 90-100 quintali/ettaro.

Un vino dal corpo leggero (10%) ma non banale, adatto all’aperitivo e alle calde estati maltesi. Naso e bocca corrispondenti, giocate soprattutto sulla freschezza acida di agrumi come limone, il lime e il bergamotto. Sorprendente la chiusura sulla nocciola.

EMMANUEL DELICATA WINEMAKER
Sesta ed ultima tappa del wine tour a Malta, alla Emmanuel Delicata Winemaker. Restiamo a Paola, a poche centinaia di metri in linea d’aria da Marsovin. Con 1,2 milioni di bottiglie, Delicata è il secondo gruppo dell’isola.

Storia antica anche per questa grande azienda, fondata nel 1907 da Eduardo Delicata e passata nel 1937 nelle mani del figlio, Emmanuel, all’epoca appena diciannovenne.

Una politica aziendale completamente diversa rispetto a quella di Marsovin. “Non abbiamo nessun terreno di proprietà – spiega Georges Meekers, da 17 anni a capo dell’Ufficio vendite – sulla base del nostro progetto denominato ‘Vines for Wines’. Lavoriamo con oltre 300 viticoltori maltesi, che seguiamo attentamente con il nostro staff, a disposizione in ogni procedimento in vigna”.

Un progetto più unico che raro di “vigne in franchising”, quello della Emmanuel Delicata Winemaker. “Chiunque decida di diventare nostro conferitore – aggiunge Meekers – viene seguito dall’individuazione dei vigneti alla vendemmia. Siamo diventati così la prima cantina di Malta per quantità di uve e varietà allevate, più di 25 nel 2017. E a differenza dei competitor crediamo da oltre 20 anni nelle potenzialità degli autoctoni Girgentina e Gellewza”.

Cinquanta i vini prodotti da Delicata, “ma tutti in piccole quantità”, tiene a precisare Meekers: “I nostri sono boutique wines”. Export al 5% e grande concentrazione sul mercato maltese, specie in quello della Grande distribuzione, dove Delicata occupa un ruolo di grande rilievo a scaffale.

Nella linea non potevano mancare dei vini “mossi”. Ma non si tratta di Charmat o frizzanti. Delicata produce “aerated wines” con gli autoctoni Gellewza e Girgentina, perfetti per l’aperitivo. Peccato che le “bollicine” siano ottenute mediante aggiunta di anidride carbonica al vino. “Ma solo in piccole quantità – precisa Meekers – in quanto cerchiamo di conservare le bollicine che si creano naturalmente durante la fermentazione”.

Sono tutti vini “leggeri” quelli della Emmanuel Delicata Winemaker, pensati per un pubblico maltese non troppo esigente. A colpire è il solo Merlot Malta Dok Superior 2015 della linea Grand Cavalier, tra i vini più strutturati della casa di Paola. Frutto di un mix di barrique (Slavonia, Francia e Usa) che non sbilancia sui terziari naso e palato. Anzi, il Merlot risulta piuttosto caratteristico per la sua parte minerale-salina, che ben si amalgama alle note tostate di caffè e toffee conferite dal passaggio in legno.

Da provare anche il Moscato Malta Dok 2012 Grand Vin de Hauteville , vino liquoroso (15%) a base Moscato. Lievi e piacevoli note ossidative al naso e richiami all’idrocarburo per questo nettare di grande concentrazione gusto-olfattiva. Al palato per nulla stucchevole, sembra non stancare mai. Perfetto con formaggi e dolci come crostate alla frutta.

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Festa del Moscato di Scanzo: 4 giorni per scoprire la Docg più piccola d’Italia

Si terrà dal 7 al 10 settembre la Festa del Moscato di Scanzo e dei sapori scanzesi. Una festa attesissima nella Bergamasca, capace di raccogliere nel piccolo Comune di Scanzorosciate migliaia di visitatori da tutta Lombardia.

Il famoso e rinomato Moscato di Scanzo, pregiato passito a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (l’unica della bergamasca e la più piccola d’Italia), sarà come ogni anno il protagonista indiscusso della manifestazione, che nel 2017 giunge alla dodicesima edizione.

IL PROGRAMMA
Un suggestivo percorso nell’affascinante borgo storico di Rosciate consentirà ai visitatori di scoprire questa perla color rosso rubino. I produttori associati alla Strada del Moscato di Scanzo proporranno in degustazione il proprio passito, assieme ad altri vini, miele, olio, formaggi e prodotti da forno, tutti provenienti dalle colline scanzesi. Non mancherà anche il prelibato gelato al Moscato di Scanzo.

La Festa del Moscato di Scanzo sarò aperta giovedì 7 settembre dal cabarettista e attore Leonardo Manera, protagonista di uno spettacolo, “Segnali di vita”, che vedrà la partecipazione di alcuni giocatori dell’Atalanta.

Si continua venerdì 8 settembre con le atlete della Foppapedretti Volley. A seguire, lo spettacolo comico dell’artista bergamasco Il Vava77 “TOURnée  Söbet 2017”.

Sabato 9 l’appuntamento sarà con la tradizionale sfilata e con il Palio del Moscato di Scanzo, una gara di pigiatura dell’uva tra contrade, disputata dai bambini delle scuole materne di Scanzorosciate. Sempre per i più piccoli, dalle 17.00, ci sarà la possibilità di incontrare e vedere all’opera il fumettista Luca Rota Nodari, creatore della mascotte del Moscato di Scanzo, il Mosgatto e del suo fumetto.

Alle 18:30, si terrà il consueto momento istituzionale con uno show-cooking nel teatro dell’oratorio di Rosciate, condotto dallo Chef della Nazionale Italiana Cuochi Francesco Gotti e lo Chef della Nazionale Italiana Cuochi Junior Andrea Tiziani: sotto i riflettori i prodotti delle Terre del Vescovado. Durante lo show-cooking il servizio per la degustazione del Moscato di Scanzo sarà gestito da Onav Bergamo.

SAPORI E SPORT
La mattina di domenica 10 grande appuntamento con la seconda edizione della “Moscato di Scanzo Trail”, una gara di corsa tra colline, vigne e cantine di Scanzorosciate, alla scoperta di paesaggi mozzafiato. Verrà proposta anche la “Moscato di Scanzo Family Walk”, versione non agonistica della corsa con un percorso più “soft”.

Durante la mattinata si terranno anche le tradizionali camminate guidate lungo gli itinerari della Strada del Moscato (su prenotazione). Esperte guide del territorio accompagneranno i visitatori tra borghi, chiese, vigne e cascine alla scoperta del suggestivo territorio di Scanzorosciate e dei luoghi del Moscato.

Nel pomeriggio l’associazione culturale musicale Rataplam si esibirà in “Storie bergamasche cantate” e balli popolari, inoltre, nelle vie del borgo si terranno gli interventi teatrali a cura di Erbamil. Alle 18:00, in Piazza Alberico, si terrà in contemporanea mondiale il #Fencingmob 2017 – Flash mob di scherma, a cura di Scherma Bergamo.

LA MUSICA
A fare da cornice della Festa del Moscato di Scanzo sarà poi il tradizionale binomio tra vino d’eccellenza e musica di qualità: per tutta la durata della Festa, le vie del borgo saranno animate dai ritmi di 15 gruppi musicali che spazieranno dal rock al pop internazionale fino alla musica leggera italiana e alla nuova proposta di musica underground.

Oltre ai corner musicali che saranno allestiti lungo le vie del borgo, sul palco principale di Piazza Alberico si esibiranno 3 big: giovedì, musica internazionale con i “BBBand”; sabato, tributo ufficiale ai Pooh con i “Boomerang”; domenica, i grandi successi Pop & Rock con gli “Hi Five”. Grande novità per l’edizione 2017 sarà la nuova rassegna musicale underground “In vino veritas”, con la direzione artistica dell’associazione Sotto Alt(r)a Quota, nelle figure di Michela Benaglia e Andrea Manzoni.

Una proposta originale e di qualità che si dirama su due palchi, elettrico e acustico, per dar vita a una nuova rassegna musicale tra le vie del Moscato di Scanzo. Due atmosfere ben distinte e nove artisti, che alle spalle hanno una ricerca musicale personale e un approccio innovativo e sperimentale.

Dal cuore di piazza Alberico la festa continuerà in via degli Orti, coinvolgendo sia la struttura scolastica sia il piazzale. Nel parco della scuola media l’Orto didattico più grande d’Italia, mentre nella struttura scolastica verranno proposti concerti, corsi e laboratori con Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori), Ais (Associazione Italiana Sommelier) e il Laboratorio del Gusto con Slow Food Bergamo.

Per i visitatori della Festa del Moscato sarà presente anche quest’anno un’area ristoro con piatti tradizionali e grigliate, affiancato da altri 3 punti food dove sarà possibile fare spuntini e pasti veloci a base di prodotti locali.

Per l’edizione 2017 è confermato servizio navetta gratuito messo a disposizione dal Comune di Scanzorosciate in collaborazione con ATB, che permetterà ai visitatori di lasciare la macchina nei parcheggi convenzionati e di raggiungere comodamente la Festa (per maggiori informazioni www.festadelmoscato.it).

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Vini al supermercato

Passito di Pantelleria Doc 2013 Nabil, Miceli

(3,5 / 5) Una chiara nota ossidativa per la bottiglia della vendemmia 2010 ci convince a testare anche la 2013 prima di recensire Nabil, il Passito di Pantelleria Doc delle cantine Miceli. Se nel primo caso il “difetto” è evidente (ma comunque non abbastanza da disturbare in maniera netta la beva) nel secondo è appena percettibile.

Un marchio di fabbrica del produttore? Forse. Di certo c’è che, a conti fatti, il Passito di Pantelleria Nabil è un buon compromesso “qualità prezzo” per chi è a caccia di un vino da abbinare a dolci e prodotti di pasticceria.

Nel calice si presenta di colore ambrato, limpido e trasparente, intenso. Al naso è intenso e tipico. La caccia alla nota ossidativa lascia presto spazio all’albicocca, agli agrumi (arancia candita) e al miele millefiori. Sentori che certamente prevalgono su una leggera balsamicità (finocchietto sotto spirito, anice, mentuccia,) e, soprattutto, sulla percezione di soluzione salina che ritroveremo poi al palato. Un olfatto schietto, dunque, di sufficiente finezza. Ma non certo di elaborata complessità.

In bocca, il Passito di Pantelleria Doc Nabil di Miceli si conferma di corpo, caldo, di buona morbidezza. Le note fruttate mature rendono piacevole la beva, ben calibrate con un’acidità rinfrescante e una salinità che chiama il sorso successivo. Un Passito che, tuttavia, lascia qualcosa a desiderare nel retrolfattivo: leggera la carica aromatica, abbandonata anche dall’acidità. Lo zucchero, così, risulta troppo invasivo e preponderante.

LA VINIFICAZIONE
Nabil è l’etichetta destinata ai supermercati nel quadro della produzione di vini passiti delle Cantine Miceli, che oltre a Sciacca possiedono vigneti e uno stabilimento per l’imbottigliamento dei vini sull’isola di Pantelleria, in contrada Rekale. La base per ottenere il passito Nabil, come da disciplinare, è lo Zibibbo. Uve che vengono lasciate ad appassire sulla pianta e successivamente al sole, prima di essere vinificate.

La Miceli nasce negli anni 30 quando il comandante di Marina Ignazio Miceli smise di ammassare e trasportare con la sua goletta Jasper vino sfuso siciliano da Castellamare del Golfo in diversi porti italiani e francesi. Aprì dunque una rivendita di vino in via Gagini, nel cuore di Palermo. Negli anni Sessanta, il figlio Salvatore e il nipote Ignazio iniziando a produrre in proprio. Una tradizione arrivata sino ai giorni nostri.

Acquistato presso: Auchan
Prezzo: 13,29 euro

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Vini al supermercato

Moscato Veneto Igt 2015 Dindarello, Maculan

(5 / 5) Un delizioso passito, a un prezzo straordinario. E’ il Dindarello 2015 di Maculan – Vignaiuoli in Breganze. Un vino dolce Veneto Igt ottenuto al 100% da uve Moscato. Straordinario il prodotto.  E straordinario il prezzo al pubblico proposto dalla catena francese di supermercati Auchan. Concorrenziale, addirittura, rispetto a tutti i siti di e-commerce: clamoroso il caso di tannico.it, che lo colloca “in promozione” a 16 euro, a fronte di un “taglio prezzo” del 23% rispetto ai 21 euro di partenza.

Per l’ennesima volta, l’invito a tutti i lettori di vinialsupermercato.it a fare grande attenzione alle intricate “trame” dell’e-commerce di vino. Ma torniamo a parlare di questo splendido nettare.

Nel calice, Dindarello 2015 Maculan si presenta di una limpidezza cristallina, di grande luminosità. Le tinte sono quelle di un giallo paglierino che, da solo, chiama il sorso. Scorrevolezza poco densa e “lacrime” piuttosto fitte conducono l’osservatore a immaginare una buona morbidezza la palato. Ma ancor prima dell’assaggio, è il naso a incantare. L’intensità delle note di frutta candita a polpa gialla (albicocca), agrumi (arancia) e miele è netta e si unisce a sentori floreali secchi.

Presente anche una flebile vena balsamica, che richiama la menta. Il tutto in un sottofondo minerale, che sarà poi confermato da una leggera sapidità al palato, piacevolissima. In bocca, di fatto, sembra di assaporare il tipico Moscato che finisce sulla tavola degli italiani in occasione delle feste. Ma senza le “bollicine”.

Dindarello Maculan, per dirla tutta, pare la concentrazione dei sentori tipici del Moscato. La tecnica di vinificazione spinge l’acceleratore sui varietali dell’uvaggio, accentuandone aromaticità. Il segreto, in questo caso, è l’equilibrio. Tutt’altro che stucchevoli le note dolci di miele e frutta candita che, al palato, si fondono con la mineralità già decantata in precedenza e con una spalla acida in grado di tenere “in piedi” il sorso: una beva eretta, fiera, quella del Dindarello 2015 Maculan. Capace di chiamare un sorso dietro l’altro e, al contempo, invitando a divorare le delizie di pasticceria fresca scelte per accompagnarlo. Perfetto, a proposito, l’abbinamento con pasticcini a base di frolla e frutta, ricche di creme come la pasticcera.

LA VINIFICAZIONE
I vigneti nei quali viene cullato il Moscato atto a divenire Dindarello si trovano nella zona di Breganze e Fara, in provincia di Vicenza. Colline vulcaniche e tufacee, che conferiscono alla vite grande nutrimento, consentendo la produzione di vini complessi. Le uve, una volta raccolte, restano per circa un mese in fruttaio. Si tratta di un’operazione fondamentale per l’ottenimento di un buon vino dolce.

In questa fase aumenta in ogni singolo acino la concentrazione dello zucchero, col diminuire della presenza d’acqua. Si giungerà a una presenza zuccherina di 130 g/litro, a prodotto finito. La fermentazione viene condotta in tini di acciaio. E dopo tre mesi di affinamento in bottiglia, Dindarello è pronto per essere commercializzato.

Marchio che rappresenta una vera e propria garanzia per il Veneto e per l’Italia del vino, Maculan Vignaiuoli in Breganze è in realtà la storia di una famiglia appassionata e amante della propria terra d’origine. Opera da tre generazioni a Breganze, ai piedi dell’Altopiano di Asiago.

L’attività ha inizio nel 1947 grazie a Giovanni Maculan. Negli anni passa nelle mani di Fausto Maculan, che contribuisce in maniera decisiva all’affermazione attuale del marchio. Dal 2007, le figlie Angela e Maria Vittoria affiancano il padre nella direzione dell’azienda, che oggi conta 40 ettari con viti e ulivi e controlla direttamente una trentina di viticoltori selezionati.

Prezzo: 8,89 euro
Acquistato presso: Auchan

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Morbegno in Cantina, sabato da record per il vino di Valtellina: i nostri migliori assaggi

Cifre da capogiro per Morbegno in Cantina, nella giornata di sabato 8 ottobre. Sono 5631 i pass staccati ieri, validi per l’accesso alle vecchie cantine della città, fatte rivivere a suon di vino e prodotti gastronomici tipici della Valtellina. Impeccabile l’organizzazione, che è riuscita a tamponare i possibili disagi dovuti alle lunghe code alle porte delle cantine. La manifestazione prosegue quest’oggi e si chiuderà il prossimo weekend: sabato 15 e domenica 16 ottobre, in concomitanza con la Festa del Bitto, uno dei prodotti caseari lombardi più pregiati (il Bitto Storico è un presidio Slow Food). L’edizione 2016 prevede, proprio nel fine settimana conclusivo, un nuovo percorso speciale volto a valorizzare l’enogastronimia locale. “Quest’anno – spiega Paolo Angelone (nella foto, a destra), presidente del Consorzio Turistico di Morbegno – abbiamo cercato di dare all’evento una connotazione ancora più valtellinese. Oltre ai vini, ai banchetti allestiti all’interno delle 31 cantine visitabili è possibile trovare esclusivamente prodotti della nostra Valtellina: dai salumi ai formaggi, senza dimenticare dolci come la Bisciola. Un modo per valorizzare non solo dal punto di vista enologico ma anche gastronomico il nostro splendido territorio”. “Morbegno – aggiunge Alberto Zecca (nella foto, a sinistra), vicepresidente del Consorzio Turistico – gode di una posizione strategica non solo nel contesto della Valtellina, ma anche in quello lombardo. Ogni anno accogliamo una media di 20 mila persone, che giungono anche da altre regioni d’Italia, come per esempio il Piemonte e la Toscana, ma anche da altri Paesi, come la Svizzera, per godere delle nostre tipicità. E il feedback che ci viene offerto è sempre positivo”.

Anche Mamete Prevostini, presidente del Consorzio Vini di Valtellina e di Ascovilo, è soddisfatto dal primo bilancio dell’evento: “C’è continuità rispetto agli altri anni – commenta – e i dati sono molto incoraggianti. Per noi, la vera novità è stata l’introduzione dei wine lab in occasione della domenica d’apertura di Morbegno in Cantina. Un’iniziativa che ha dato lustro e risalto alla manifestazione e che ripeteremo certamente il prossimo anno, in collaborazione con i produttori”. Prevostini anticipa anche qualche cifra sulla prossima vendemmia: “La Valtellina produce in media 3,5 milioni di bottiglie all’anno. Un dato che subirà una lieve flessione con la vendemmia 2016, appena iniziata per le uve dello Sforzato. Nonostante le piogge di inizio stagione, che hanno favorito la peronospora, le uve risultano ad oggi in buono stato”.

I MIGLIORI VINI DEGUSTATI
Davvero ampia l’offerta enologica nelle 31 cantine fatte rivere da Morbegno in Cantina. La scopriamo con la complicità di un ‘Cicerone’ d’eccezione, il sommelier Ais Massimo Origgi, brianzolo, oggi valtellinese d’azione che collabora da tempo con il Consorzio Turistico. Al terzo weekend di degustazione la parte del leone spetta ai medio-grandi produttori, capaci di fornire agli organizzatori un quantitativo più elevato di vino. Di fatto, ieri non v’era traccia dei nuovi ‘monumenti’ della viticoltura valtellinese. Aziende come Dirupi e Rivetti & Lauro, per citarne due su tutte, che per via della limitata produzione sono riuscite a fare bella mostra di sé solo in occasione del fine settimana di apertura dell’evento. L’altra faccia della medaglia è che i mostri sacri di Valtellina – i vari Arpepe, Mamete Prevostini, Nino Negri e Rainoldi – hanno saputo confermare la grandezza della loro stella, degna di un palcoscenico nazionale ed internazionale. Un palco su cui può salire di diritto, nelle sue varie coniugazioni, la Chiavennasca, nome col quale viene chiamata localmente l’uva Nebbiolo (a proposito: secondo alcuni recenti studi, il vitigno sarebbe originario proprio della Valtellina e non del Piemonte).

A vini da non perdere come lo Sforzato di Valtellina Albareda di Mamete Prevostini (in degustazione una vendemmia 2012 succosa, più pronta ad oggi di un vino di luminosa prospettiva come il 5 Stelle Sfursat di Nino Negri 2011, ancora un ‘infante’ nel calice) si affiancano gli ottimi Inferno Carlo Negri Valtellina Superiore Docg 2012 (degustabile sul percorso rosso, ‘fermata’ Gerosa: rivela anch’esso un futuro strabiliante per acidità e tannino) e il Grumello 2011 Arpepe (40 giorni sulle bucce e utilizzo di botti di castagno, come vuole la tradizione, ormai sulla via della definitiva riscoperta). Per completezza e qualità della gamma espressa a Morbegno in Cantina, un riconoscimento speciale va alla Aldo Rainoldi, capaci di spaziare dall’ottimo Inferno in vendita nei supermercati a prodotti di straordinaria freschezza e piacevolezza come il Prugnolo 2012, 13%, criomacerazione e utilizzo di barrique precedentemente utilizzate per lo Sforzato: un “vino quotidiano” d’eccezione il cui prezzo si aggira sui 10 euro.

Senza dimenticare, sempre di Rainoldi, le punte espresse dalle due Riserve di Sassella e Grumello Docg 2010 (interessante da valutare nell’evoluzione in bottiglia il primo, mentre il secondo, ottenuto da un unico vigneto posto a 600 metri sul livello del mare, oltre allo sprint futuro, regala un presente già delizioso), nonché dal Brut Rosè Metodo Classico, ottenuto da uve Nebbiolo vinificate in rosato assieme a una piccola percentuale di uve Pignola e Rossola: letteralmente l’unica bollicina che merita una menzione tra quelle presenti ai banchi d’assaggio. Ottima anche la vendemmia tardiva Crespino, sempre a firma Rainoldi. Da concedersi al termine della degustazione il sorprendente passito Vertemate di Mamete Prevostini, nome che ricorda la splendida villa di Piuro (frazione del Comune di Prosto, nei pressi di Chiavenna, SO) nei cui giardini sorgono le vigne di Riesling e Gewurztraminer da cui prende vita questo vino speciale (residuo zuccherino elevato, pari a 80-90 g/l).

Tra i ‘volti’ meno noti al pubblico non residente in Valtellina, da non perdere il Valtellina Superiore Valgella Docg 2009 di Cantina Motalli (Teglio, SO): vino di grande complessità, ottenuto in purezza da uve Chiavennasca del singolo cru ‘Le Urscele’. Anche il Valtellina Superiore Docg Grumello 2011 Red Edition di Plozza Vini Tirano, con il suo doppio passaggio in legno (prima rovere, poi castagno) svela ottime potenzialità di evoluzione, con un tannino e un’acidità stuzzicanti, in prospettiva. E’ invece di Triacca (Tenuta La Gatta di Bianzone, SO) il Valtellina Superiore Docg 2011 “Prestigio”, 14%, 100% Chiavennasca che affina 12 mesi in barrique di rovere francese nuove: un altro ottimo aspirante al trono della longevità.

De La Perla di Marco Triacca, invece, è il Valtellina Superiore Docg 2011 “La Mossa”: ottenuto dal vigneto situato in Valgella, affina due anni in botti grandi di rovere e un anno in bottiglia, prima della commercializzazione. Degno di nota anche il Valtellina Superiore Docg Riserva 2009 “Giupa” di Caven, azienda agricola del gruppo Nera Vini. Prodotto in edizione limitata dalla vendemmia tardiva di uve Nebbiolo, affina per circa 6 mesi in piccole botti di rovere, per poi maturare per ulteriori 18 mesi in botte grande, sempre di rovere. Da provare, infine, “Le Filine”, il Valtellina Superiore Docg 2011 di Vini Dei Giop, realtà di Villa di Tirano che opera in regime biologico, pur non certificato. Ennesimo vino di prospettiva, ottenuto da piccoli appezzamenti di vigna, “Le Filine” appunto, strappati letteralmente alle rocce, che fanno da contorno.

NON SOLO VINO
Due, in assoluto, gli incontri da non mancare con la gastronomia Valtellinese a Morbegno in Cantina. Il pilastro locale, vera e propria istituzione in città, è il negozio di alimentari Fratelli Ciapponi di Piazza III Novembre 23. Una di quelle botteghe d’altri tempi, in cui trovare delizie enogastronomiche non solo locali. Del posto sono certamente le forme di formaggio Bitto in bella mostra nelle ‘segrete’ del negozio, aperte al pubblico. Tra queste, si potrà scorgere anche qualche forma di Bitto Storico di 15 anni. Fornitissima anche l’enoteca, che oltre a offrire una panorama pressoché completo della viticultura Valtellinese, non dimentica di annoverare le più prestigiose case vinicole italiane, passando addirittura per alcune tra le più note maison di Champagne francese. I più fortunati riusciranno anche a conoscere il signor Ciapponi, anima e cuore della storica attività, pronto a regalare sorrisi e battute geniali.

Per i più giovani, invece, l’appuntamento è con il modernissimo food truck Marco Gerosa e Massimo Rapella “L’idea è quella di proporre ai nostri tempi i sapori che avevano in bocca i nostri nonni – spiega Marco Gerosa -. Pertanto è nata l’idea del cibo ‘bio-grafico’, che riprende ricette storiche tradizionali, mediante utilizzo di materia prima esclusivamente locale. Un esempio su tutti è quello delle farine: è più facile trovarne di estere, anche nel nostro territorio. I nostri prodotti sono invece ottenuti da farina di grano saraceno e segale nata, cresciuta e macinata in Valtelina, in particolare nei comuni di Ponte e Morbegno. I nostri nonni di certo non compravano saraceno in Cina! Il valore aggiunto è la valorizzazione della territorialità e della tipicità dei prodotti ottenuti dall’arco alpino, unici al mondo. E anche i nostri salumi vengono trattati come li trattavano i nostri nonni”. Un evento al mese per Il Carretto Valtellina Street Food, che a Morbegno propone, oltre agli sciatt, un panino di segale della Valtellina spalmato con burro aromatizzato al timo selvatico, ripieno di slinzega di codone.

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Pancake alle fragole

Ecco i Pancake con purea di fragole “In Cucina con Fede”, per una colazione fresca e golosa. Ma anche per una merenda diversa dal solito, da gustare in compagnia dei vostri ospiti!

Quantità per: circa 20 pancake in base a quanto li farai grossi
Realizzazione: facile
In abbinamento: perché non un centrifugato di fragole e lamponi?

TI SERVE

  • 1 uovo
  • 450 ml di latte fresco
  • 50 gr di burro
  • 2 cucchiai di zucchero
  • Il succo di mezzo limone
  • 260 gr di farina (00 o di riso)
  • 1 bustina di lievito
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 250 gr di fragole
  • Qualche lampone per guarnire
  • Zucchero a velo

PREPARAZIONE

  1. In una ciotola rompi l’uovo, aggiungi il latte, il burro fuso (ma lascialo raffreddare) e il succo del limone. Con una frusta o una planetaria mescola il tutto.
  2. Ora unisci gli ingredienti secchi: lo zucchero, la farina, il lievito e il bicarbonato e continua a mescolare.
  3. Fai scaldare una padella per crepes (è larga almeno 20 cm e piatta) a fuoco medio/basso. Io uso una padella antiaderente così non necessita di essere unta con il burro.
  4. Comincia a cuocere i pancake: con un mestolo (o un dosatore) prendi un po’ d’impasto e mettilo al centro della padella. Quando cominceranno a formarsi delle bolle significa che il lievito sta facendo il suo dovere e il pancake si sta gonfiando quindi lo può girare dall’altra parte.
  5. Continua così finché non termini l’impasto. A me piacciono i contorni irregolari, ma se vuoi dare una forma perfettamente tonda al pancake o una forma di cuore etc. puoi acquistare le formine in silicone.
  6. Mentre i pancake raffreddano con un frullatore a immersione riduci in purea le fragole. A piacere puoi aggiungere dello zucchero e filtrare i semini.
  7. Puoi comporre il dolce: un pancake, purea di fragole, lamponi e sopra lo zucchero a velo.
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Il miglior Vino del Sindaco 2016 è pugliese. Ecco i premiati

E’ prodotto a Novoli, in provincia di Lecce, il miglior vino della XV edizione de La Selezione del Sindaco, il concorso enologico delle Città del Vino, che quest’anno ha visto protagonista come sede delle commissioni di assaggio la città dell’Aquila, in Abruzzo. Con 94,50 punti su 100 si è affermato al primo posto conquistando una Gran Medaglia d’Oro il Falco Nero Salice Salentino Riserva 2009, prodotto con uve Negroamaro dalle Cantine De Falco. Da oltre mezzo secolo questa realtà pugliese si propone di realizzare “vini di qualità, unendo alla tradizionale arte del fare buon vino l’uso delle migliori tecnologie innovative”. La sede è a Novoli mentre i vigneti dai quali si ricavano i vini sono dislocati fra le province di Lecce, Brindisi e Taranto, tutte “terre vocate alla grande e affermata produzione dei vini del Salento”. L’esperienza del capostipite Salvatore De Falco, la passione e l’impegno costante del figlio Gabriele sono gli elementi che hanno reso notevoli apprezzamenti nel mondo vinicolo nazionale e posto le basi “per orizzonti più vasti verso i mercati esteri ove sono particolarmente affermati il Primitivo e il Negroamaro”. Non a caso, un’altra annata di Falco Nero Salice Salentino Riserva, la 2013, si è di recente aggiudicata la medaglia d’oro al Concours Mondial de Bruxelles.

Al secondo posto a pari punteggio (94 punti) l’Arbaria Passito di Pantelleria Dop da uve Zibibbo, annata 2011, dell’azienda Vinisola, di Pantelleria (Tp); e il vino pugliese Rivo di Liandro Salice Salentino Doc Riserva 2012, prodotto dalla cooperativa dei produttori agricoli di San Pancrazio Salentino (Brindisi). Quarto posto per un altro pugliese: il Selvarossa Salice Salentino Doc di Cantina Due Palme. In generale il concorso ha visto protagonisti i grandi vitigni italiani: Negroamaro, Montepulciano, Gaglioppo, Raboso, Zibibbo e Corvina. Ma ai primissimi posti anche tre vini portoghesi, che si aggiudicano  tre Gran Medaglie d’Oro. Al primo posto tra le 108 Medaglie d’Oro con 91,80 punti il Clematis, un vino dolce annata 2011 da uve Montepulciano, prodotto in Abruzzo con la denominazione Igt Colline Pescaresi dall’azienda agricola Ciccio Zaccagnini. Al secondo posto tra gli Ori un vino portoghese, il Venanzio da Costa Lima Moscatel Reserva Doc Setubal 2008. Invece tra le 215 Medaglie d’Argento al primo posto il Morellino di Scansano Docg 2012 della cantina Conte Guicciardini Castello di Poppiano (86,80 punti).

I PROTAGONISTI
Biologici, passiti, autoctoni, in argilla, kosher, spumanti e sempre e comunque “piccole partite di vino di qualità, prodotte nelle Città del Vino”. Sono questi i protagonisti dell’ultima edizione de La Selezione del Sindaco, organizzato dall’associazione che aggrega 450 Comuni in Italia e un migliaio in Europa attraverso Recevin. La Selezione del Sindaco è un concorso enologico unico perché le cantine possono partecipare solo in alleanza con il Comune di riferimento.  Inoltre perché il concorso è pensato per piccole partite di vino (minimo 1.000 massimo 50.000 bottiglie) e con un’attenzione particolare a vitigni autoctoni, anche a vini passiti, vini maturati in argilla e produzioni di qualità delle cantine sociali. Anche in questa edizione non sono state previste Medaglie di Bronzo, mentre il limite inferiore delle Medaglie d’Argento è stato innalzato dal punteggio minimo di 82 a 84,40, segno di ulteriore distinzione e qualità per i vini premiati. “La Selezione del Sindaco si conferma il primo concorso enologico internazionale organizzato in Italia – commenta Floriano Zambon, presidente di Città del Vino -. Con la realizzazione del concorso all’Aquila abbiamo voluto mantenere viva l’attenzione sulle problematiche che ancora permangono dopo il terremoto in Abruzzo e dare un segnale di come attraverso la viticoltura di qualità sia possibile rilanciare un’area con forti vocazioni anche enoturistiche. Il 4 luglio – conclude Zambon – torniamo all’Aquila per un grande evento di degustazione che consentirà al pubblico di assaggiare le 1.100 etichette partecipanti”. Dalle Città del Vino i ringraziamenti alla Regione Abruzzo, alla Camera di Commercio, al comune dell’Aquila e all’Istituto Alberghiero Leonardo da Vinci – O. Solecchi dell’Aquila per l’ottima organizzazione e l’ospitalità. Un benvenuto particolare all’Aquila che diventa Città del Vino.

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Vini al supermercato

Vermentino di Gallura Docg Vigne Storiche 2014, Cantina Giogantinu

(3,5 / 5)E’ la versione “passito” del Vermentino di Gallura quella che finisce oggi sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it. Le uve atte alla produzione del Vermentino di Gallura Docg Amabile Vigne Storiche 2014 della cantina Giogantinu vengono appositamente ‘dimenticate’ sulle viti. E raccolte solo nel mese di novembre. Di colore giallo paglierino con riflessi dorati e verdolini, scorre poco denso nel calice. I profumi, intensi e fini, richiamano la frutta (pesca gialla, albicocca matura), nonché una macchia mediterranea (salvia, timo) che, con l’ossigenazione, assume tinte di zafferano. In bocca, il Vermentino di Gallura Docg Vigne Storiche vendemmia tardiva della cantina Giogantinu è amabile, di corpo e di alcolicità calda. Conferma le note minerali già sfoderate all’olfatto, accostate a una buona sapidità. A dominare, però, è la freschezza data da un’acidità viva, che invita al sorso successivo.

La persistenza è sufficiente, in un retro olfattivo intenso e fine. Questa versione “passita” del Vermentino di Gallura Docg si abbina con i dolci più svariati: dalla torta alla Sacher alla Millefoglie, passando per i gelati, sino ai Savoiardi e agli amaretti. Ma anche a pietanze come il paté di fegato grasso (foie gras), i formaggi erborinati, la cheesecake e la pizza ai quattro formaggi. Giogantinu è una cantina sociale che raggruppa 350 viticoltori della Gallura. La zona di produzione è quella di Berchidda e Oschiri, a nord della Sardegna, in provincia di Olbia Tempio. La superficie vitata è di 320 ettari totali, con una produzione che va dai 40 quintali per ettaro del Vermentino di Gallura Docg Amabile Vigne Storiche sino ai 60-80 quintali del resto della produzione, con una capacità di trasformazione di 25 mila quitali annui.

Prezzo pieno: 10,49 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Vini al supermercato

Ben Ryé Passito di Pantelleria Dop 2012, Donnafugata

(5 / 5) E’ dal 1992 che Ben Ryé passito di Pantelleria Doc Donnafugata si aggiudica premi e riconoscimenti a livello mondiale. Si tratta di un bianco naturale dolce da uve Zibibbo, ovvero Moscato, che assume tinte uniche nel suo genere, prodotto sin dal 1989. Non a caso lo troviamo sulla carta dei vini dei più rinomati ristoranti, in Italia come all’estero. Ed è anche reperibile in diverse catene della grande distribuzione organizzata.

In particolare da Iper Coop, dove registra un prezzo sino a 6-7 euro inferiore rispetto ad altre catene della grande distribuzione organizzata italiana: un aspetto che sottolineiamo solo per “dovere di cronaca”, dal momento che ogni singolo centesimo è speso bene per pezzi pregiati come Ben Ryé.

Eccolo dunque finire sotto la nostra lente di ingrandimento la vendemmia 2012. A colpire per primo è lo straordinario colore di questo Passito di Pantelleria Doc: di un ambrato cristallino, trasparente e intenso, che scorre denso, oleoso e invitante nel calice.

LA DEGUSTAZIONE
Al naso regala emozioni – più che sentori – di uvetta, albicocca e pesca sotto sciroppo, scorza d’arancia candida. E ancora: melassa, caramello, brioche. Il tutto sostenuto da una mineralità evidente, regalata a questo prezioso nettare dai terreni vulcanici di Pantelleria. Ben Ryé Donnafugata 2012, intenso e di grande finezza, sontuoso al naso, si conferma tale anche all’esame gustativo.

Di struttura tale da conferire una sensazione di pienezza mai appagata, di alcolicità calda, risulta rotondo al palato, di una dolcezza chiara ed evidente ma perfettamente bilanciata con la freschezza di un’acidità ben vestita, che va a braccetto con una piacevolissima sapidità. Ed è proprio questo che distingue Ben Ryé passito di Pantelleria Doc Donnafugata da molti altri prodotti della stessa tipologia: la capacità di non stancare mai, di non risultare mai stucchevole, anzi di invitare al sorso successivo per riassaporare il quadro di perfetto equilibrio sensoriale. L’armonia del dolce con l’acido, del salato col fruttato.

Ma, come sappiamo, un buon vino si giudica anche dopo averlo deglutito. Cosa resta al palato? Risponderemmo “tutto”. Quella che tecnicamente vengono definite “sensazioni retro olfattive”, in Ben Ryé non sono altro che la riproduzione fedele del primo sorso e dell’ultimo. La fotocopia di un’emozione, di cui resterà un ricordo indelebile. Appagante. Un passito infinito, profondo, di pregevole eleganza. Molto persistente, per tornare ai tecnicismi, e soprattutto con margini di evoluzione futura impressionanti, sino a 30 anni.

Provatelo a 14 gradi circa – banalmente – con il cioccolato fondente o la pasticceria a base di pasta di mandorla, le crostate alla frutta fresca o con granella di frutta secca. Ma anche, raffinatamente, con formaggi alle erbe freschi o stagionati. Senza dimenticare che siamo al cospetto di uno straordinario vino da meditazione, da degustare ascoltando musica o leggendo un buon libro.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione di Ben Ryé è ovviamente quella dell’isola di Pantelleria, situata nella Sicilia sud-occidentale. Le uve provengono dalle contrade Khamma, Mulini, Mueggen, Serraglia, Gibbiuna, Barone, Martingana, Bukkuram, Favarotta, Punta Karace, Bugeber, Monastero, tutte situate a un’altitudine variabile tra i 20 e i 400 metri sul livello del mare. Un’area dall’orografia complessa, tipicamente vulcanica, con terreni coltivati prevalentemente su terrazzamenti. E suoli sabbiosi, di origine lavica a reazione sub-acida o neutra, profondi e fertili, molto ricchi di minerali. Le viti sono coltivate all’interno di conche, ad alberello pantesco basso.

La vite ad alberello di Pantelleria è stata iscritta nella Lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco, in quanto pratica “creativa e sostenibile”. “Per la prima volta una pratica agricola viene considerata bene immateriale e culturale”, come sottolinea la stessa casa vitivinicola siciliana. La densità d’impianto è da 2.500 piante per ettaro, con una resa di circa 40 quintali per ettaro: circa 1,6 Kg a pianta. La raccolta delle uve destinate alla produzione del Ben Ryè 2012 è iniziata a partire dal 17 agosto, con le uve destinate all’appassimento. Le buone escursioni termiche tra il giorno e la notte hanno contribuito a dar vita a una carica aromatica fine ed elegante dello Zibibbo.

La fermentazione è avvenuta in acciaio, a temperatura controllata, con aggiunta al mosto in fermentazione – a più riprese – di uva passa sgrappolata a mano e selezionata. Durante la macerazione l’uva passa rilascia il suo straordinario patrimonio di dolcezza, freschezza e personalissima aromaticità. L’affinamento è stato condotto in vasca per 7 mesi e almeno 12 mesi in bottiglia prima di essere commercializzato. E, come di consueto, Donnafugata ama mescolare arte e vino. Ecco che Ben Ryé significa in arabo “Figlio del vento”.

“Perché il vento che soffia fra i grappoli – spiega la casa siciliana – è una costante a Pantelleria. Ed il vento dell’isola porta con sé un carico di profumi così intensi da poterli toccare. L’etichetta d’autore celebra l’amore, la cura e la fatica della viticoltura eroica su un’isola unica e affascinante. Un ritratto dolce ed avvolgente che ne svela l’essenza”.

Prezzo pieno: 23,90 (37,5 cl)
Acquistato presso: Iper Coop

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Vini al supermercato

Nes Passito di Pantelleria Dop 2013, Cantine Pellegrino 1880

(4 / 5) Natale è ormai alle porte e sulla tavola degli italiani non potrà certo mancare un passito. Sotto la lente di vinialsupermercato.it finisce quindi Nes Passito di Pantelleria Dop 2013 delle Cantine Pellegrino 1880. Si tratta di uno dei prodotti top di gamma presente sugli scaffali dei supermercati, come denota lo stesso prezzo, che supera anche di tre volte quello di altri prodotti della stessa ‘famiglia’: e lo fa a buona ragione. Il Passito di Pantelleria 2013 Nes si presenta nel calice di un giallo dorato, tendente all’ambrato. Al naso è ricco, persistente, carico. Si evidenziano in successione note di miele, frutta candita, uvetta, albicocca e pesca sciroppata. All’olfatto anche note di pera matura glassata e fichi. Il palato è altrettanto armonioso. Dolce, ma non stucchevole. Morbido, rotondo e vellutato. Ecco nuovamente le note sciroppate di albicocca e pesca, miele, pera cotta e, nel finale, l’arancia stramatura. Nes Passito di Pantelleria Dop delle Cantine Carlo Pellegrino è l’accompagnamento perfetto per i dolci da forno della tradizione natalizia, panettone e pandoro, ma anche con la pasticceria secca. Suggerito anche l’accostamento a formaggi piccanti a pasta dura, in modo da creare un coraggioso contrasto. Da provare. Nes è ottenuto mediante la vinificazione in purezza di uve Zibibbo di Pantelleria, conosciute anche come Moscato di Alessandria. La pressatura avviene in maniera delicata, a temperatura controllata. Durante questo passaggio viene aggiunta uva precedentemente lasciata ad appassire al sole. La fermentazione viene quindi interrotta a freddo. Segue il periodo di affinamento, prima in vasca e infine in bottiglia. Nes Passito di Pantelleria Dop presenta una percentuale alcolica in volume di 14,5 gradi ed è uno dei prodotti di punta della Cantina Carlo Pellegrino, giunta ormai alla sesta generazione con l’ingresso in azienda dei giovani Maria Chiara Bellina e Sebastiano Renda.

Prezzo pieno: 11,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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