colline teramane vini bianchi. Vini che reggono la sfida del tempo, a volte in modo inaspettato. È ormai sdoganata l’idea che anche i vini bianchi possano invecchiare, ma gli esempi di “bianchi da invecchiamento” sono, bene o male, sempre gli stessi. Si è soliti pensare a determinati vitigni in determinate regioni. L’ultima edizione di Focus Colline Teramane è stata l’occasione per sperimentare come (anche) i bianchi di questa porzione d’Abruzzo sappiano “dare del tu” alle lancette dell’orologio. Due aziende storiche del territorio, Cerulli Spinozzi e Faraone. Due vitigni territoriali, Trebbiano di Teramo (nome locale della Passerina) e Pecorino. Dieci vini in tutto, per un arco temporale di 25 anni. Un quarto di secolo racchiuso nella scorrevolezza e nella semplicità.
Per Cerulli Spinozzi, già Miglior Cantina Sud-Italia per la Guida Winemag 2023, Pecorino 100% da singola vigna. La vinificazione avviene in acciaio, legno e fermentazione malolattica sono state abbandonate nel 2012 per preservare freschezza ed identità del vitigno. Affinamento sulle fecce fini per circa 8 mesi. colline teramane vini bianchi.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2022
Immediato e invitante. Naso intenso su note di fiori freschi e frutta bianca. Molto ricca la componente agrumata che spazia dal limone al cedro al bergamotto. In bocca è pieno ma scorrevole. Morbido e molto sapido con una spiccata vena acida, quasi citrica.https://www.cerullispinozzi.it/
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2020
L’evoluzione rispetto al 2022 è leggera e già lascia presagire la longevità di questo vino. Le note di frutta si fanno più importanti. Pesca e albicocca che accompagnano le note agrumate già sentite nel 2022. In bocca l’acidità è più integrata mantenendo una viva freschezza.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2019
Un calice coinvolgente. Naso che si arricchisce di note tropicali con la fresca pungenza dell’ananas che in parte sostituisce la componente agrumata. Appaiono le prime note di evoluzione che strizzano l’occhio alla pietra focaia o al porfido bangato. In bocca non cede il passo con una freschezza sempre più integrata ma vibrante.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2018
Colore dorato, molto più carico dei precedenti. L’evoluzione si avverte anche al naso, forse agevolato in questo dall’andamento stagionale. Tanta frutta al naso, una vera e propria macedonia di frutta matura. Leggera nota di idrocarburo. In bocca resta fresco e “leggero” nella sua pienezza. Probabilmente il punto di svolta della batteria.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2015
Fresco! Fresco!! Fresco!!! Il naso e la bocca che non ti aspetti dopo il 2018. Sembra quasi di aver mandato indietro le lancette dell’orologio. Frutta tropicale fresca e macchia mediterranea. Sorso pieno, morbido e sapido.
Pecorino Colli Aprutini Igt Cortalto 2013
Colore scarico. L’età si sente ma il vino è tutt’altro che stanco. Al naso prevalgono le note evolute di frutta molto matura e idrocarburo ma il sorso resta agile e coinvolgente. colline teramane vini bianchi.
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC, FARAONE
Ufficialmente etichettato “Trebbiano” questo vino è in realtà 100% da uve Passerina da vigneti registrati nel 1971, quando il disciplinare non divideva chiaramente il “Trebbiano” dalla “Passerina”. Motivo della sovrapposizione in nomenclatura. D’altro canto, la Passerina è nota in Abruzzo anche come Trebbiano di Teramo.https://www.faraonevini.it/
Colli Aprutini Trebbiano Igt Le Vigne di Faraone 2023
Solo 11%, motivo del declassamento ad Igt. Nonostante il basso tenore alcolico risulta ricco sia al naso, dove prevalgono le note floreali di sambuco e fruttate di pesca, che in bocca dove risulta fresco e molto sapido. La chiusura leggermente amaricante lo rende pericolosamente beverino.
Trebbiano d’Abruzzo Doc Le Vigne Di Faraone 2019
Più ricco del fratello minore. Al naso prevalgono note di frutta bianca ed un accenno di tropicale. Sorso pieno e soddisfacente.
Trebbiano d’Abruzzo Doc Santa Maria dell’Arco 2013
Colore molto più carico dei precedenti che strizza l’occhio al dorato. Al naso si fa evidente l’evoluzione con note di miele d’acacia, tocco di idrocarburi ed un sentore di zafferano. Altrettando complesso al palato dove regala un sorso pieno e coinvolgente
Trebbiano d’Abruzzo Doc Le Vigne Di Faraone 2000
Un quarto di secolo porato con la dignità di una Diva. Il naso gioca su note di macchia mediterranea ed un sentore balsamico-mentolato che dona freschezza e smorza i sentori di miele ed idrocarburo. Sorso è pieno e forse leggermente stanco, ma è un difettuccio che gli si perdona volentieri. colline teramane vini bianchi.
Si è spento nel giro di pochi giorni l’allarme “politically correct” che ha visto protagonista la Passerina. Dopo le Abissine del pastificio La Molisana, l’incubo del “politicamente corretto” ha rischiato di riversarsi sul noto vitigno italiano, diffuso nelle Marche e in Abruzzo ma anche nel Lazio, in provincia di Frosinone, e in Umbria.
Quella che doveva essere solo una boutade si è però trasformata in una mezza polemica social, ambientata nel centro Italia. Tutto per via del video mandato in onda da Striscia la Notizia l’1 gennaio 2021, in cui la giornalista televisiva Veronica Gentili (La7 – Rete 4) si finge «indignata» per il «nome allusivo del vitigno».
Io sono davvero sconcertata all’idea che nel Terzo Millennio ci siano ancora delle persone che facciano dei riferimenti sessuali, piuttosto volgari è inutile dirlo, per vendere delle bottiglie di vino. Mi sento veramente mortificata. Le persone che mercificano il corpo della donna dovrebbero riflettere».
L’inviato del noto programma Mediaset si presenta come “Funzionario della Regione Marche, settore Pari opportunità” in due attività commerciali di Urbino e mostra le immagini dell’irritata giornalista, scelta non a caso per i suoi studi di recitazione.
La reazione dello chef Tiziano Rossetti dell’Osteria L’Angolo Divino è stizzita: «Se le donne si sentono offese perché un vitigno storico, dei tempi dei Romani, si chiama così… Queste due bottiglie che mi sono rimaste le tolgo dal menu, le porto a casa e da domani non ci sarà più questo vino qui, perché si chiama Passerina!».
Sembra invece scioccato Valentino Gostoli di Raffaello Degusteria, che finisce addirittura per scusarsi con la Gentili: «Io non voglio mercificare nulla, sono pienamente d’accordo con voi che ci sia questa allusione. Siamo consapevoli di questa cosa del doppio nome, noi non sapevamo che si potesse incorrere in queste cose. Capiamo che può essere fortemente discriminatoria e quindi chiediamo scusa».
Scuse che, tuttavia, non sembrano «sentite», tanto da costringere il finto ispettore di Striscia la Notizia a «procedere con il verbale», poco prima di rivelare la propria vera identità.
Uno sketch (eccolo, a questo link) finito con un «brindisi alla Passerina», leggiadro e assieme amaro. Un po’ come il politically correct: l’apostrofo sbiadito tra la libertà e il fanatismo interessato.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Terra d’Aligi, in una parola l’Abruzzo. Non poteva scegliere nome migliore, la famiglia Spinelli, per celebrare l’attaccamento alle proprie origini: “È la regione d’Italia in cui viviamo, la Terra d’Aligi, la terra dei nostri vini”.
Un riferimento al pastore Aligi, protagonista de “La Figlia di Iorio”, celebre tragedia in tre atti di Gabriele D’Annunzio, eterno poeta abruzzese. Come pastori, anche gli Spinelli dimostrano di sapersi muovere “con i piedi per terra e lo sguardo avanti”.
“I piedi per terra sono l’amore per il territorio e la profonda conoscenza di ciò che può produrre: sono la tradizione, la capacità innata di tastare il terreno, di sentire l’aria, di scovare vigne nuove e sfruttare al massimo le potenzialità dei terroir”.
Nei vini Terra d’Aligi, prodotti con le uve della Val di Sangro, si ritrovano tradizione e futuro, “pastorizia” e abilità imprenditoriale. Lo dimostrano gli otto assaggi della linea riservata all’Horeca dalla famiglia Spinelli.
LA DEGUSTAZIONE
Terre di Chieti Igt Cococciola 2019, Terra d’Aligi (13%): 90/100 Giallo paglierino non particolarmente carico, ma luminoso. Naso intenso, che lascia grande spazio agli agrumi: lime, pompelmo, bergamotto, tra buccia e polpa. Poi pesca e melone bianco ed ananas, in un incedere prezioso e preciso di note esotiche, circoscritte in un quadro marino, iodico, incomplessito da ricordi di macchia mediterranea sempre più presenti, con l’ossigenazione
Il sorso è teso, vibrante, animato da una gran freschezza e salinità che giocano sulla frutta matura. Più che sufficiente anche la persistenza, su tinte ammandorlate. Un vino che non stanca mai e si presta anche ad ottimi abbinamenti a tavola, in particolar modo con piatti a base di pesce e sushi.
Terre di Chieti Igt Passerina 2019, Terra d’Aligi (13%): 88/100
Giallo paglierino. Naso sul frutto esotico, tropicale, con ricordi minerali e calcarei. Sorso connotato da una freschezza agrumata, veriticale. Buon apporto di frutto in un calice che si rivela sorprendentemente giovane, per affilatezza dei sentori. Una Passerina di carattere, insomma, che non rinuncia alla consueta vena fruttata, ma che mostra al momento più la sua anima “marina”. Perfetto, di fatto, l’abbinamento col pesce.
Terre di Chieti Igt Pecorino 2019 “Zite”, Terra d’Aligi (13,5%): 91/100
Naso intrigante per questo Pecorino che tinge il calice di un giallo paglierino acceso. Al bel bouquet di fiori di campo di abbinano ricordi di nocciola tostata e di una succosa pesca a polpa gialla. Intensa anche la macchia mediterranea, con rosmarino, timo e alloro in primissima vista.
Il sorso denota una buona struttura e un buon corpo, oltre che una freschezza e una salinità capaci di giocare sull’equilibrio dei ritorni di frutta matura. Lungo e intenso il finale, per un nettare di buona gastronomicità.
Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2019, Terra d’Aligi (13%): 92/100
Colore tipico della Denominazione, un bel cerasuolo per l’appunto, luminoso, quasi psichedelico e carico di profumi. Si avverte la piccola frutta a bacca rossa perfettamente matura, come la ciliegia, il lampone e la fragolina, ma anche un ribes ancora croccante.
Il palato è quello di un vino di assoluta dignità propria, quello che non tutti i rosati italiani riescono ad avere. La frutta è pienamente matura, in perfetto equilibrio con la freschezza.
Tra le voci del “cesto” palesatosi al naso domina quella della ciliegia matura, ben sostenuta da ricordi erbacei, che accompagnano verso un finale disteso, giustamente amaricante e preziosamente “vinoso”. Vino con cui divertirsi a tavola, anche in accompagnamento a zuppe di pesce o, ancor meglio, legumi.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2017, Terra d’Aligi (13,5%): 89/100
Rosso rubino impenetrabile, dalla bell’unghia violastra. Naso intenso, in cui frutto e vegetale convivono all’unisono, in armonia, lasciando il giusto spazio ai terziari. Primo naso effettivo del frutto, che sfiora la confettura di ciliegia e di mora.
Al palato una bella tensione di freschezza e salinità, in pregevole contrasto (ed equilibrio) coi i ritorni di frutta già avvertita al naso. Lungo il finale, con sorprendenti ricordi d’agrume rosso (arancia sanguinella) a dimostrare quanto la pienezza del sorso e la struttura non siano affatto “sedute” sulla glicerina dei 13,5 gradi di percentuale d’alcol in volume. Vino importante e serio, che necessita di altrettanta consistenza nel piatto, per l’abbinamento.
Abruzzo Doc Rosso 2015 “Zurle”, Terra d’Aligi (14%): 88/100
Rosso rubino intenso, con unghia violacea. Primo naso e palato sui terziari, accostati un po’ troppo prepotentemente ai sentori di frutta, coprendoli. Vino che piace certamente all’estero, segno di una gamma costruita sì sulla tipicità, ma che tiene conto anche delle esigenze (e dei gusti) del mercato internazionale.
Tanta spezia, dunque, calda ed orientaleggiante: cumino e curcuma, oltre alla vaniglia Bourbon. Bei ritorni di confettura in chiusura, sul filo sospeso dell’alcol. Del resto, come ricorda la retro etichetta, “Zùrle” è la parola che, nel dialetto abruzzese, descrive il divertimento dei bambini nel saltellare e rincorrersi. L’ebrezza e il distacco dalla quotidianità che non guastano mai, anche nella vita degli adulti.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2016 “Tatone”, Terra d’Aligi (14%): 94/100
Rosso rubino impenetrabile e denso che inizia già a disegnare, sin dal colore e dalle prime movenze, le fattezze di un monumento: quello a nonno Spinelli, chiamato appunto “Tatone”. Al naso e al palato, in perfetta corrispondenza, un tesoro di frutta e di terra, di mani pulite del lavoro in vigna e dei suoi risultati più attesi.
C’è la mora, l’amarena, il ribes. Note precise, senza sbavature. E poi c’è la polvere di cacao, la radice di rabarbaro e di liquirizia, l’avena tostata. C’è la macchia mediterranea, immancabile in un rosso del centro Italia che ha così tanto da raccontare. La chiusura è tesa, come il sorso. Col tannino che tenta, in cravatta, di asciugare un succo grondante. “Tatone” è il vino della domenica. Un contadino con la giacca.
Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2014 “Tolos”, Terra d’Aligi (14,5%): 92/100
Rosso rubino dall’unghia ancora una volta violacea, a denotarne una gioventù tutt’altro che scontata. Al naso è un vino prezioso, ricercato, tipico. Capace di esaltare la grande Denominazione abruzzese e la denominazione dell’uva Montepulciano.
Tanta mora, di quelle che si trovano d’estate ancora appese alle piante, in campagna: nere come la pece con qualche pois rosso, segno di una maturazione non ancora compiuta nella propria interezza. C’è poi il ribes, in tutta la sua croccantezza. Tanta macchia mediterranea (rosmarino, alloro, su tutti), unita a risvolti di terra bagnata, di muschio, terra bagnata. Di fungo, oltre che di resina di pino.
In bocca si ritrova tutto questo, in un quadro di perfetta corrispondenza che segna un sorso materico e cerebrale. Terziari un po’ troppo pronunciati sul tannino, specie in chiusura, appiattiscono tale vigoria su note polverose, di cacao. Un bel bere, in compagnia di piatti di selvaggina e carni alla griglia.
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∗DISCLAIMER L’articolo e la degustazione non sono stati commissionati dall’inserzionista
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3,5 / 5) Un vino dall’ottimo rapporto qualità prezzo, in vendita al supermercato. È il Terre di Chieti Igt Passerina 2019 di Cantine Spinelli, in linea col resto della gamma di vini della cantina abruzzese.
LA DEGUSTAZIONE
Il nettare si presenta nel calice di un colore giallo paglierino. Il naso è tropicale, con ricordi di ananas e pesca gialla. Non manca un accenno minerale, sottile. In bocca la Passerina Spinelli è fresca e agrumata, sul bel gioco di corrispondenze di frutta tropicale.
Il sorso invoglia il successivo. Un vino tutto sul frutto, semplice e molto ben fatto, che in cucina può essere abbinato a tutto pasto. Perfetto come aperitivo, accompagna in particolare pesce, crostacei e frutti di mare anche crudi, formaggi non stagionati e carni bianche.
LA VINIFICAZIONE
La tecnica di vinificazione del Terre di Chieti Igt Passerina 2019 di Cantine Spinelli prevede una breve macerazione a freddo del pigiato (per conservare gli aromi) e la fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox. Il vino viene commercializzato dal primo bimestre dell’anno successivo alla vendemmia.
La zona di produzione è nel cuore della provincia di Chieti, tra il Parco Nazionale della Maiella e il mare Adriatico. Le uve Passerina crescono su terreni collinari, con altitudine media di 230 metri sul livello del mare, prevalentemente argillosi e calcarei.
Prezzo: 3,99 euro Acquistabile presso: Carrefour, Despar
***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta è stata richiesta a Vinialsupermercato.it dall’inserzionista, ma è stata redatta in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza i nostri giudizi***
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Si scrive Tullum Docg, si legge Cantina Tollo. La cooperativa della provincia di Chieti, attraverso la Srl gioiello Feudo Antico, fa la parte del leone nella Denominazione di origine controllata e garantita istituita in Abruzzo il 4 luglio 2019. Ieri l’esordio dei teatini a Milano. A contribuire al parco vigneti, appena 18 ettari, sono (solo) altre tre cantine. Con ruoli del tutto marginali nella produzione delle circa 130 mila bottiglie complessive.
Si tratta dell’altra cooperativa locale, la Coltivatori Diretti Tollo (che non ha neppure un sito webdefinibile come tale, ma rivendica circa 7 ettari a Docg), della Di Pillo (società del segretario del Consorzio, Domenico Di Pillo, che opera solo come conferitore) e dell’Azienda Agricola Giacomo Radica – nota come Vigneti Radica.
Una cantina, quest’ultima, che investe molto nel marketing ed imbottiglia circa 10 mila “pezzi”. Ma con meno di un ettaro rivendicato nella Docg Tullum (0,6 per l’esattezza), non può che avere “interessi locali”. Il capostipite della cantina, Rocco Radica (per tutti, a Tollo, “Zì Rock”) è tra l’altro uno dei fondatori della stessa Coltivatori Diretti.
Non a caso, dunque, al ristorante vista Duomo dello chef abruzzese Niko Romito, è stato possibile degustare solo 4 etichetteDop, ormai prossime ad essere etichettate come Docg. Tutte prodotte dalla sola Cantina Tollo, che le presenterà nella nuova veste, “controllata e garantita”, a Vinitaly 2020.
“Le spese per la promozione della nuova Denominazione – si è affrettato a precisare Andrea Di Fabio, Direttore commerciale e Marketing di Feudo Antico (nella foto)- sono di fatto affidate all’iniziativa privata delle singole cantine aderenti, in autofinanziamento. Non contiamo molto sui contributi esterni”. Excusationon petita. Ma tant’è.
Un viaggio, quello nel capoluogo lombardo della piccola Docg abruzzese, segnato peraltro dalla (pesante, ma evidentemente improrogabile) assenza del presidente del Consorzio di Tutela della neonata Denominazione di origine controllata e garantita Tullum, nonché di Cantina Tollo, Tonino Verna. A farne le veci, proprio il segretario (e produttore) Domenico Di Pillo.
“Oltre al prerequisito della qualità – ha spiegato Andrea Di Fabio – per dare avvio al procedimento utile all’ottenimento di una Docg che valorizzasse il territorio è stato necessario dimostrare la storicità della produzione e della commercializzazione del vino a Tollo, unico Comune ricompreso nella Denominazione”.
In età romana, nelle terre racchiuse nel triangolo fra le attuali città di Pescara, Chieti e Ortona, con Tollo al centro, la coltivazione della vite si è sviluppata in maniera florida. Lo dimostra il rinvenimento di “dolia” da vino e celle vinarie. Alcuni reperti sono oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Chieti.
“A consentirci l’upgrade dalla Doc/Dop alla Docg – precisa Di Fabio – è stata insomma una cultura di produzione e di vendita profonda e radicata nel tempo. Non si tratta dunque di un’operazione autoreferenziale, anzi auspichiamo la nascita di nuove realtà nei 300 ettari potenziali della Denominazione”.
LE 5 TIPOLOGIE DELLA DOCG TULLUM
Cinque le tipologie di vino previste dalla Docg Tullum. Passerina, Pecorino, Montepulciano per dar vita a “Rosso” e “Rosso Riserva” e, infine, Chardonnay per lo Spumante Metodo Classico (minimo 36 mesi sui lieviti, esclusivamente nella tipologia Brut).
I vini bianchi Docg saranno sul mercato da gennaio 2020. Ancor più drastica la scelta sui rossi: la prima annata in commercio sarà la 2015, nonostante sia possibile venderli dall’anno successivo alla vendemmia. Tutti i vini saranno disponibili da aprile 2020, quando faranno il loro esordio ufficiale alla kermesse di Verona Fiere.
“In termini di rese – sottolinea a WineMag.it Andrea Di Fabio – il passaggio dalla Dop alla Docg non ha segnato grandi differenze, essendo già molto selettive nell’ambito della Dop nata nel 2008. Sui bianchi, Pecorino e Passerina, siamo sui 90 quintali per ettaro, contro i 140 quintali della Dop Abruzzo e i 220 quintali dell’Igp Abruzzo”.
Sul Montepulciano, che non potrà essere nominato come tale nella Docg (essendo già una Dop regionale) le rese saranno di 110 quintali per ettaro, contro i circa 150 quintali della Dop. Nel passaggio alla Docg è stato escluso l’uso del Trebbiano e stralciata la tipologia ‘passito’.
Le etichette saranno destinate al solo segmento Horeca (ristorazione e hotel), escludendo la Grande distribuzione organizzata (Gdo), ovvero il mondo dei supermercati (canale moderno). “Il posizionamento – annuncia Di Fabio – sarà quello premium e super premium“.
Sul fronte dei prezzi franco cantina, ad oggi Passerina, Pecorino e Rosso Tullum Docg escono da Tollo (o meglio da Feudo Antico) a 8,50 euro. Più costoso lo spumante Docg, che risulta a listino a circa 12 euro a bottiglia. Il mercato di riferimento è l’estero, con particolare attenzione ai Paesi emergenti, sul fronte orientale.
LA DEGUSTAZIONE
– Tullum Dop Spumante Metodo classico Brut 2014: 90/100
Buona prova con lo Champenoise per Cantina Tollo (Feudo Antico) in una terra non certo conosciuta per la produzione di “bollicine”. Valutazione ancor più positiva se si tiene conto del millesimo 2014. Alla vista, bel giallo paglierino accesso e brillante. Il perlage risulta mediamente fine e mediamente persistente.
Buona presenza di questo Blanc de Blancs al palato, su note cremose tipiche dello Chardonnay. Sorso burroso, giocato sulla pasticceria e sull’esotico. Finale asciutto, fruttato di pesca, come il centro bocca. Persistenza sufficiente e finale asciutto.
Chardonnay 100% da vigneti coltivati in collinare nel comune di Tollo, a 130 metri sul livello del mare. Terreno sciolto, sabbioso e lievemente calcareo. Vendemmia manuale, in piccole cassette, a metà agosto.
Fermentazione in serbatoi di acciaio inox, a temperatura controllata. Permanenza sui lieviti in vasche di vetrocemento e acciaio, per almeno 6 mesi. Rifermentazione in bottiglia, secondo i canoni del Metodo Classico. Sosta minima di 30 mesi.
– Tullum Dop Passerina 2018: 92/100
Giallo paglierino, naso floreale fresco, frutta esotica e agrume come arancia e pompelmo rosa. Una Passerina di rara precisione, capace di sfoderare oltre all’attesa frutta anche accenni minerali, marini e di spazia bianca.
Al palato si fa ricordare per un’ottima freschezza. Centro bocca giocato sulla frutta e chiusura salina. Discrete potenzialità di ulteriore affinamento in bottiglia. Si tratta di una Passerina in purezza, ottenuta da vigneti in collina nel comune di Tollo, in località Santa Lucia e Pedìne, a 230 metri sul livello del mare.
Terreno sciolto, sabbioso, tendenzialmente calcareo. Vendemmia a metà ottobre, macerazione a freddo a contatto con le bucce e fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Affinamento sui lieviti, in vasche di vetrocemento per 6 mesi.
– Tullum Dop Pecorino biologico 2018: 89/100
Primo approccio non ottimale. Il vino rivela una netta riduzione e un marcatore selvatico, che tende a non svanire mai del tutto. Con l’ossigenazione si fanno largo, al naso, agrumi e fiori freschi. In bocca il vino rivela una bella consistenza, dettata dal gioioso gioco tra agrumi e sale.
Allungo sulla frutta matura, esotica, sostenuta da una buona freschezza. Scaldandosi, il nettare guadagna una nota netta di liquirizia, corrispondente tra naso e palato. I vigneti di Pecorino si trovano a Tollo, in località San Pietro, San Biagio, Piane Mozzone, Sabatiniello e Macchie, tra i 120 e i 200 metri sul livello del mare.
Vendemmia nella prima decade di settembre, starter fermentativo spontaneo ad opera dei lieviti non selezionati e successiva fermentazione e affinamento in vasche di cemento. Il vino viene imbottigliato senza essere filtrato né stabilizzato.
– Rosso Tullum Dop 2014: 90/100
Rosso rubino pieno, impenetrabile. Naso gioioso, dominato da frutta rossa come ribes e lampone maturo, tendenti alla confettura. Leggeri sbuffi di spezia. In bocca il vino mostra un corpo medio e una buona freschezza, tale da rispondere alla rotondità e morbidezza delle note fruttate.
Il tannino, di cacao, allunga il sorso, contribuendo a complessità e persistenza. Montepulciano 100% da vigneti coltivati in collinare, a Tollo, in località Sterpari, Piane Mozzone, Colle Cavalieri, Vaccareccia, San Biagio, Macchie e Colle Secco, da 190 a 250 metri sul livello del mare.
Vendemmia nella seconda decade di ottobre, macerazione delle bucce a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox e affinamento in vasche di cemento vetrificato, per 14 mesi. Leggero appassimento in cella per un 10-15% delle uve.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
MILANO – L’Abruzzo a Milano. Lo ha portato lunedì 18 febbraio al Westin Palace Hotel il Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo, con la collaborazione dell’Associazione italiana sommelier (Ais). L’evento “We Are. d’Abruzzo: vini e territori diversi, un’unica importante regione vinicola” ha posto l’accento sulle tante uve allevate in Abruzzo, al centro dell’attenzione della nuova generazione di vignaioli.
Si tratta solo del primo appuntamento per il Consorzio di Tutela Vini, fuori dall’Abruzzo. Il primo marzo si terrà infatti a Roma il Seminario “Abruzzo, un patrimonio in bottiglia“, in collaborazione con Fis (Fondazione italiana sommelier), dedicato alla stampa e agli addetti del settore (su invito).
L’evento avrà luogo all’Hotel Rome Cavalieri e sarà dedicato al Montepulciano d’Abruzzo, portabandiera dei vini della regione e tra i più grandi vitigni a bacca rossa diffusi nel mondo.
A guidare l’assaggio Daniela Scrobogna, esperta docente Fis, e il professor Attilio Scienza, che in anteprima assoluta illustrerà i suoi ultimissimi e innovativi studi condotti sul Montepulciano d’Abruzzo presso l’Università degli Studi di Milano.
In degustazione le cantine Azienda Tilli, Il Feuduccio di S. Maria d’Orni, Cantine Mucci, Buccicatino, Terzini, Chiarieri, Cerulli Spinozzi, Tenuta Torretta, Pietrantonj e Citra Vini.
I NUMERI
Disteso tra il mare Adriatico e i massicci del Gran Sasso e della Majella, la produzione vitivinicola abruzzese conta 32 mila ettari vitati, con una produzione annua di 3,5 milioni di ettolitri. Al Montepulciano la parte del leone, con circa l’80% della produzione totale.
Seguono poi il Trebbiano e gli autoctoni Pecorino, Passerina, Cococciola e Montonico. Le aree produttive si concentrano per la quasi totalità nella zona collinare, in particolare nella provincia di Chieti dove ricade il 75% del territorio vitato. Pescara e Teramo interessano il 10%, l’Aquila il 4%.
Clima mite sul versante appenninico, più continentale nei versanti interni. Buona l’esposizione e il clima risulta generalmente mite. I massicci del Gran Sasso e della Majella assicurano escursioni notturne e buona ventilazione, garantendo un microclima unico e straordinario per i viticoltori.
VINI E TERROIR D’ABRUZZO Variegate, invece, le tipologie di terroir. Il sottosuolo di Teramo e Pescara è composto da arenarie e quarzi misti a calcare, che conferiscono vini di grande eleganza e struttura. Quello di Chieti, con terreni argillosi, arenacei e sabbiosi, porta a vini più semplici e di immediata beva.
Il comprensorio Aquilano, meno adatto alla viticoltura, trova aree ideali nelle zone delle marne calcaree della conca Peligna, che conferisce maggior austerità ai vini. La tradizione vitivinicola abruzzese, così antica, variegata e peculiare, è stata raccontata bene, lunedì 18 febbraio, anche attraverso un grande banco d’assaggio.
Ben 43 cantine partecipanti al Westin Palace di Milano, oltre un centinaio di etichette tra Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo, ma anche Pecorino, Passerina, Cococciola e Montonico. Ecco i nostri migliori assaggi.
I MIGLIORI ASSAGGI
Lunaria Cantina Orsogna (CH) Pecorino Civitas 2018: 86/100
Raccolta tardiva intorno alla metà di settembre, altitudini di 500 metri, vinificazione e affinamento in acciaio. Nessun inoculo di lieviti e temperature controllate. Giallo paglierino, naso espressivo con agrume, salvia, ginestra, frutta a polpa bianca, pera, uva spina. In bocca sapidità e freschezza, con buona corrispondenza olfattiva.
Cantina Frentana, Rocca San Giovanni (CH)
Abruzzo Pecorino Doc 2018 “Costa del Mulino”: 86/100
Immediata freschezza all’olfazione, rimandi salmastri, poi frutta bianca, pera e agrumi, misti a erbe aromatiche. In bocca buona acidità e medio corpo. Giusta persistenza e gradevolezza al sorso che fanno di questo Pecorino un ottimo vino da abbinamento gastronomico.
Sciarr – Az.Agr. D’Alesio, Città Sant’Angelo (PE) Pecorino Superiore 2015: 86/100 Vendemmia in settembre, vinificazione in bianco con spremitura soffice delle uve, decantazione statica a freddo e fermentazione in acciaio. Affinamento finale in bottiglia per almeno 3 mesi. In bocca fiori di campo, zagara, frutta come il pompelmo. Chiude con finale erbaceo vegetale. In bocca fresco, sapido, di medio corpo e di buon equilibrio gustativo.
Trebbiano d’Abruzzo Doc 2013 “Tenuta del Professore”: 90/100 Fermentazione in acciaio e affinamento per 18 mesi in botti di rovere di allier. Vigne di più di 30 anni su suoli argillosi a medio impasto. Giallo paglierino carico, note di cerale, camomilla, fieno e mallo di noce. Bocca corrispondente, sapidità appena accennata, caldo. Ben equilibrato e di estrema finezza.
Az. Agr. Valori, Sant’Omero (TE) Abruzzo Pecorino Doc 2018: 86/100 Trecento metri sul livello del mare, vendemmia leggermente tardiva a metà settembre. Fermentazione e affinamento in acciaio per un Pecorino classico, schietto, dai sentori marcatamente erbacei e agrumati. Sapido e con una lunghezza e coerenza molto territoriale.
Az. Agr. Rapino Emilio, Francavilla (PE) Trebbiano d’Abruzzo Doc 2016: 92/100
Età dei vigneti di circa 20 anni, a 150 metri sul livello del mare. Ottenuto dal solo mosto fiore, non filtrato. Si presenta paglierino, con naso floreale, erbe di campo, fieno, paglia, mallo di noce, frutta gialla matura, quasi un sentore di litchi. Bocca piena, corrispondente e con un bel finale.
Az. Agr. Barone Cornacchia, Torano Nuovo (TE) Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018: 92/100
Vinificazione a fine settembre, pigiadiraspatura e pressatura soffice, decantazione statica del mosto a 8 gradi centigradi per 24 ore. Poi fermentazione a temperatura controllata in acciaio. Un vino dal colore ipnotico: rosso cerasuolo,. E dai profumi intensi fruttati di fragolina, lamponi, ribes e poi di ciliegia. Sapore fresco, intenso, persistente e fine.
Montepulciano d’Abruzzo Doc 2015 “Vigna le Coste”: 92/100
Vendemmia nella seconda metà di ottobre, selezione manuale dei grappoli per questo vino ottenuto da una piccola antica vigna di varietà Montepulciano. Età media delle piante intorno ai 40-50 anni. Macerazione sulle bucce per 8-9 giorni a temperatura controllata.
Successivo affinamento in botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri per 14 mesi e poi in bottiglia per 6 mesi. Colore rosso rubino carico. Profumo intenso, complesso con sentori di prugna matura, visciola, fino alla confettura. In bocca morbido, persistente, equilibrato ed armonico. Spinge un po’ ancora il tannino ma il sorso è molto piacevole.
Ciavolich Azienda Agricola, Loreto Aprutino (PE) Cerasuolo d’Abruzzo Dop 2018 “Fosso Cancelli”: 93/100
Ottenuto da uve di Montepulciano raccolte a mano, il cui mosto viene lasciato a contatto con le bucce per 24-36 ore. Segue un salasso, prelevando del mosto in fermentazione che viene trasferito in anfora di terracotta. Qui continua la fermentazione spontanea, senza controllo della temperatura.
L’affinamento prosegue sulle fecce nobili in anfora fino all’imbottigliamento. Vino rotondo, morbido, dai sentori confettati e dai profumi fruttati che rimandano al melograno, alla fragolina di bosco e al melone bianco. Intenso, con persistenza da vendere.
Montepulciano d’Abruzzo 2015 “Divus”: 93/100
Ottenuto dai vigneti più vecchi della tenuta, effettua una fermentazione in acciaio per poi affinare in botti da 20 hl e in barrique di vari passaggi, per circa un anno. Dal colore rosso rubino intenso e dal naso intenso e fitto. Forse ancora un po’ chiuso ma dalla prospettiva immensa.
Spiccano sentori di confettura di frutta rossa come ciliegia e prugna con cenni speziati, balsamici e di sottobosco. Frutto polposo e succoso. Lungo e pieno il sorso, ben equilibrato e dalla trama tannica, molto morbida. Finale ampio e persistente.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della Doc Rosso Piceno, un territorio da sempre sottostimato, nonostante le potenzialità pedoclimatiche e la qualità dei vini di molti vignaioli, anche emergenti.
Siamo andati sul posto, percorrendo il triangolo Offida, Ripatransone, Castorano. Abbiamo raccolto sensazioni tattili, olfattive e gustative, direttamente tra i filari e tra le mura delle cantine.
Abbiamo trovato grandi equilibri e grandi finezze, vini complessi e molto territoriali influenzati dal mare e dalla montagna.
Ritorneremo per continuare il tour: in agenda altre piccole ma grandi realtà. Per il momento prendete carta e penna e segnatevi queste.
PODERI SAN LAZZARO L’azienda Agricola Poderi San Lazzaro nasce nel 2003. Paolo Capriotti porta avanti la tradizione di famiglia, nella coltivazione della vite e nella produzione del vino di qualità e si cimenta in quella che a tutt’oggi è diventata la sua principale occupazione.
Ci troviamo nel comune di Offida, il cuore del Rosso Piceno Superiore una delle DOC storiche Italiane. Ottima posizione, in piena collina a circa 300 metri sul livello del mare e a circa 15 Km dall’Adriatico e 25 Km dai monti Appennini. Suoli argillosi su questi crinali ed esposizioni a sud, sud-ovest e nord-ovest.
Qui si risente dell’influenza del mare e delle giuste variazioni termiche tra il caldo diurno e le brezze serali. Si lavora in biologico e la filosofia dell’azienda è rivolta all’estrema cura dei vigneti per ottenere uve di qualità e per garantire il massimo del prodotto in bottiglia.
Paolo Capriotti produce attualmente circa 50 mila bottiglie divise tra uve bianche con Passerina e Pecorino e uve rosse come Montepulciano e Sangiovese in prevalenza ma anche uve Bordò.
Rese sempre intorno ai 70/80 quintali/ettaro , uso di legni vecchi e nuovi francesi , grande pulizia e espressività di un territorio molto vocato per la viticultura che nulla ha da invidiare alla vicina Toscana. Questa realtà del Piceno merita per passione, dedizione e grande intuito di questo “giovane” produttore.
I MIGLIORI ASSAGGI Pecorino Pistillo 2016. 14%vol , stessa densità di impianto a 4000 ceppi/ettaro ma resa più bassa. Qui siamo sui 70 q/ett. Lo scatto rispetto al bianco di apertura è notevole. Esposizione a Nord , terreno argilloso.
Il Pecorino 2016 dopo la fermentazione il 30% della massa affina in legno grande per 7/8 mesi . poi dopo un successivo passaggio in acciaio viene imbottigliato. Il colore è giallo paglierino carico con intensi riflessi dorati. Al naso agrume, cedro, pesca, pera e le caratteristiche note varietali del pecorino come erbe di campo e fiori. In bocca l’attacco è deciso.
Le note fruttate rilevabili al naso, lasciano il posto a sensazioni più mature, note di salvia, sfumature ammandorlate e mineralità. Nel finale torna l’agrumato a sottolineare tipicità e caratteri varietali.
Un vino da tutto pasto che con il salire della temperatura di servizio può offrire sensazioni organolettiche davvero interessanti e complesse. Da bere fresco non freddo. Ottimo rapporto q/p per un vino davvero divertente. Da preferire forse in annate più fresche dove la carica alcolica ben si bilancia con le durezze.
Podere 72 , Rosso Piceno Superiore Doc 2015 . 14.5% vol , Taglio di 50% Montepulciano e 50% sangiovese , il vino perfetto da bere sempre estate fresco e inverno a temp ambiente. Qui rese un po’ più alte sugli 80q/ett per un totale di 15000 bottiglie.
Il Vino della casa per Paolo Capriotti. Vendemmiato prima il sangiovese che porta a maturazione il grappolo con qualche settimana di anticipo rispetto al montepulciano. Le uve vengono vinificate e affinate separatamente passando circa un anno e mezzo in barrique usate e nuove e successivamente assemblate per fare un passaggio in acciaio e quindi arrivare in bottiglia.
Vinificazione a cappello emerso con rimottaggi frequenti. Colore rubino carico , al naso visciola , prugna , spezia e cacao. Ottimo bilanciamento tra le parti morbide e dure è un vino dalla struttura e dalla beva non impegnativa ma golosa. Tannini leggeri e ottima persistenza del reto olfattivo.
Grifola 2013 , Marche rosso Igt. 15%vol Montepulciano 100%. Bassissime rese, siamo circa sui 50 q/ett per un totale di 5000/6000 bottiglie a seconda dell’annata. Vigne di circa 40 anni. Vendemmia a metà Ottobre fermentazione in acciaio con cappello emerso e fino a 4 rimottaggi al giorno.
Verso Dicembre o Gennaio viene portato il barrique nuove di rovere Francese dove rimane per circa 2 anni, successivamente un dopo un passaggio in acciaio rimane in bottiglia altri 18 mesi. Il colore è un rubino intenso , impenetrabile . Il naso è un misto di frutta rossa matura, liquirizia, cacao, il tannino e morbido e non per niente ruvido.
La leggerezza del sorso non fa pensare alla gradazione alcolica in etichetta. Un vino che appare ancora giovane, con una acidità e un corpo che ne garantiscono longevità. Struttura , tanta struttura . Un vino da sorseggiare con calma, da rispettare nei tempi.
Bordo 2014, Marche rosso Igt. Bordò è il nome con cui è chiamato nelle Marche il vitigno grenache. Si tratta di un vitigno tipicamente mediterraneo, che nella zona picena ha trovato un habitat perfetto. Un uva difficile ci racconta Paolo, dall’acino delicato.
In fermentazione bastano 3 giorni di contato che le bucce si rompano e si possa gia svinare. Una caratteristica intrinseca dell’uva questa. Siamo sulle 600 bottiglie prodotte, una vera chicca. Dopo la vendemmia manuale, le uve sono portate in cantina per la fermentazione, che avviene in acciaio a cappello sommerso con frequenti rimontaggi.
Il vino matura poi per metà in legno nuovo e per metà in legno vecchio per circa 2 anni. Dopo un veloce passaggio in acciaio viene imbottigliato. Nel calice ha un colore granato. Il profilo olfattivo è caratterizzato da eleganti note floreali, sentori di macchia mediterranea, aromi di piccoli frutti a bacca rossa, cioccolato bianco, spezie orientali come la cannella e in minor misura la china.
Il sorso è piacevolmente fresco e gustoso anche se non ampissimo, di buona struttura, con tannini maturi e aromi ricchi e complessi. Finale da scorza d’arancia essiccata. Un vino elegante , fine , raffinato che accarezza il palato.
AZIENDA AGRICOLA VALTER MATTONI Valter Mattoni detto “la Roccia” è un personaggio meraviglioso. Decoratore e imbianchino di professione, nel 2006 ha deciso di iniziare sul serio a fare vino, non solo per goderne lui e la sua famiglia come da anni facevano ma per far godere anche noi. Ed ecco la prima annata in commercio, la 2006 appunto.
La sua idea, fare un vino semplice, diretto, senza troppe decorazioni, come il nonno e il padre prima di lui hanno sempre fatto. Una produzione minuscola, siamo nell’ordine delle 7500/8000 bottiglie anno. Artigianali. Preziose. Emozionanti.
I vigneti di proprietà sono Montepulciano, Trebbiano, Sangiovese e Bordò (la grenache marchigiana). Sì, anche Valter fa parte di quel piccolo gruppo di produttori che in un fazzoletto di Piceno coltivano e vinificano l’uva Bordò con grandissimi risultati.
La produzione maggiore è per il Montepulciano, Arshura esce in circa 4000 bottiglie/anno, 1500/1600 bottiglie sono di Trebbiano e solo qualche centinaio per Sangiovese e Bordò. Tre ettari e mezzo la proprietà, esposizioni a sud-est e sud-ovest, a circa 300 metri sul livello del mare , in faccia all’Adriatico.
Terreni argillosi alluvionali come tutta la zona di Castorano (AP) Le piante più vecchie hanno età fino ai 50/60 aa e sono il trebbiano e il montepulciano. In cantina si predilige l’uso di legni usati anche di oltre 4 passaggi. Tutte barrique di legni Francesi .
I MIGLIORI ASSAGGI Arshura, Marche rosso Igt 2015. 15%vol. Fermentazione in acciaio, poi un anno in barrique usate francesi. Rubino profondo con unghia accennata viola, naso su note di visciole, frutta rossa e cacao. Un naso ricco, che evolve con la leggera areazione del calice.
Al palato il tannino è morbido e il finale persiste su note di marasca e su note balsamiche mai stucchevoli. Il sorso è caldo ma i 15 % vol non appesantiscono la beva. L’utilizzo chirurgico del legno lo rende allo stesso tempo ricco e setoso.
Mai invadente in bocca. Verticale ed orizzontale, un sorso pieno su tutti i campi sensoriali. Un grandissimo Montepulciano in purezza. Un puledro adesso, che diventerà un campione di razza tra qualche anno.
Rossobordò 2015. Produzione esigua di circa 300 bott anno. Stessa vinificazione dell’Arshura, fermentazione in acciaio, poi via in barrique vecchie per 2 anni. Nel calice di un rosso rubino, luminoso, quasi trasparente.
I profumi rimandano alla spezia mista al frutto rosso piccolo, fragole appena colte, alternate a cannella e alla cioccolata. Poi un sentore di rose e infine china e rabarbaro. E’ un naso affascinante per eleganza, che si scopre come una timida donna. Non ti stancheresti mai di annusare il calice.
In bocca il tannino è morbido, l’acidità presente, minerale e sapido. Lunghissimo. Ritornano prepotenti le note speziate, con un finale che si addolcisce e chiude in freschezza. Mai pesante.
Il retro olfattivo è un campo aromatico incredibile per armonicità. Un vino giovane ma preciso, chiaro, che non lascia spazio ai tecnicismi, da ascoltare e degustare dentro e fuori dal pasto.
AZIENDA AGRICOLA CAMELI IRENE
La famiglia Allevi, sulle colline del paese di Castorano (AP), riparate dai venti del mare, esposte a sud e particolarmente adatte per la coltivazione e la cura di vitigni, coltiva da oltre 40 anni Sangiovese, Montepulciano, Passerina e Pecorino, vitigni autoctoni di questo territorio con l’aggiunta di un piccolo vitigno di Chardonnay e da pochi anni di uva Bordò (non ancora vinificata).
Una produzione totale di 20000 bottiglie anno. Tre gli ettari totale dell’azienda tutti a circa 200 metri sul livello del mare. Esposizioni a sud e sud est. Un piccolo produttore che fa della semplicità il suo punto di forza.Una bella realtà di una famiglia di vignaioli come una volta, quelli per cui siamo innamorati del vino.
I MIGLIORI ASSAGGI Pecorino Gaico 2016. 13,5 % vol, densità di 6 mila ceppi/ettaro per resa 60 q/ettaro. Vigne giovani. Fermentazione e affinamento sempre in acciaio per 6-8 mesi. Poi una sosta di altri 6 mesi minimo in bottiglia.
Colore giallo paglierino carico, sentori di frutta a pasta gialla, note che con la sosta nel bicchiere e il lieve rialzo della temperatura sconfinano quasi in un leggero tropicale. Erbe aromatiche sul finale. In bocca è rotondo, acidità ben bilanciata, finale lungo.
Conte 2017, Rosso Piceno Doc. 14%vol. 50 % Montepulciano, 50% Sangiovese. Fermentazione malolattica e affinamento sempre in acciaio. Sosta di 6-8 mesi in vasca poi assemblate le masse e imbottigliato.
Rosso Rubino carico con riflesso violaceo. La nota olfattiva è caratterizzata da profumi complessi di fiori, con una nota predominante di rosa e violetta poi frutta rossa ciliegia, fragola ma anche more e susina.
Finemente tannico al palato e con un’acidità perfettamente bilanciata. Un vino quotidiano che unisce il corpo del montepulciano all’eleganza del Sangiovese. Un best buy.
Paià 2016 , Rosso Piceno superiore Doc. 13,5 % vol. Montepulciano 70 %, Sangiovese 30 %. Vinificazione in acciaio poi affinamento in barrique usate solo per il Montepulciano. Il Sangiovese affina sempre in vasca di acciaio.
Colore Rubino carico e naso potente. Frutta rossa matura , caffè e una nota di spezia. Un vino dal corpo e dalla freschezza armoniose. Bello il tannino che si fa sentire senza invadere.
In bocca in prevalenza le durezze sulla parte morbida non stancano il palato. Un vino da pasto, da grigliata. Ottimo servito qualche grado sotto i canonici 18°.
AZIENDA AGRICOLA LE CANIETTE La realtà della famiglia Vagnoni è sicuramente una delle più conosciute qui nel territorio Piceno. Giovanni Vagnoni, seguendo le orme del nonno prima e del padre poi, nei primi anni ’90 entra in azienda e inizia a introdurre tutte quelle novità tecnologiche ed imprenditoriali che hanno reso Le Caniette conosciute ed apprezzate sul territorio e nel mondo.
Attualmente l’Azienda si estende per un totale di 20 ettari di cui vitati circa 16. Siamo a Ripatransone (AP) in una posizione limitrofa e perpendicolare al mare, le vigne godono di molti elementi favorevoli che le rendono uniche perché particolare è il microclima, come lo è la conformazione del terreno, composto da depositi sabbiosi e conglomeratici di tetto (Pleistocene inferiore). Un’azienda certificata biologica dal 1996.
I MIGLIORI ASSAGGI Lucrezia 2017 , Marche Passerina Igt. 12,5% vol. Bassa densità di impianto , siamo sui 400 ceppi per ettaro ma rese da 90/100 q/ettaro. dopo la vendemmia viene mantenuta per 10 gg a 0° C, sussegue diraspatura e spremitura molto soffice in assenza di ossigeno, pulizia dei mosti statica, fermentazione a temperatura controllata di circa 15 °C per circa 30 giorni. Affinamento in acciaio per circa 3 mesi.
E’ una Passerina diversa dalle solite scialbe e anonime che spesso si trovano in zona. E’ una bella bottiglia da ingresso di serata. Il colore è un giallo paglierino scarico ma il naso è intenso, ricco di frutta bianca fresca. In bocca sapidità e mineralità preparano la bocca e la stuzzicano. Discreta persistenza.
Chiediamo a Giovanni qual è quel tocco che rende questa Passerina una bottiglia che non passa inosservata e lui ci confida che dopo la spremitura del mosto fiore del pecorino circa 10/15 % della massa rimasta viene aggiunta alla Passerina conferendole quella struttura aromatica che per natura alla varietà manca. Piaciuta molto.
Morellone 2013 , Rosso Piceno Sup Doc. 13,5% vol ; 30% Sangiovese – 70% Montepulciano. Macerazione dai 6 ai 9 giorni in acciaio, affinamento e malolattica in barrique usate per 2 anni, un passaggio in cemento per fare la massa e poi ulteriori 2 anni di nuovo in acciaio. Terreno misto sciolto con presenza di calcare dai 280 ai 380 metri di altitudine.
Siamo sui 5000 ceppi per ettaro con rese di 60 quintali per ettaro. Rubino intenso, naso esplosivo caratteristico del montepulciano , marasca, prugna e spezia fino al cacao. In bocca è rotondo con corpo e struttura ben bilanciata dalla freschezza del Sangiovese.
Armonico al palato. Tannino giustamente levigato. Bella persistenza. Un gran vino, che si gusta meglio con qualche anno di bottiglia che lo rende ulteriormente armonico e leggero alla beva.
Cinabro 2013 , Marche Rosso Igt. 13,5 % vol. 100% Uva Bordò, (clone di Grenache) con piante di oltre 100 anni da un vigneto riscoperto poco distante dalla cantina. Vendemmia a fine agosto breve macerazione in tini di legno per 8 giorni, affinamento e malolattica in mezze barrique ( da 115 l) per 3 anni.
Poi sosta di un anno minimo in bottiglia. Cinquemila ceppi per ettaro a cordone speronato per una resa irrisoria di circa 12 quintali. Granato da manuale nel calice. Naso affascinante, mai sentita una china cosi netta.
Rabarbaro, chinotto, spezia, erba medicinale, poi agrume e un accenno di frutta rossa. E’ splendida l’evoluzione . In bocca è un fazzoletto di seta, entra elegante ed esplode. Sorso verticale dalla persistenza infinita.
La nota aranciata quasi da scorza essiccata ritorno sul finale donando freschezza e pulizia. Una bottiglia da bere con calma, senza fretta, anche fuori dal pasto. Una meraviglia.
Medico per vocazione e sommelier per passione. Mi sono poi riscoperto medico per passione e sommelier per vocazione. Sostieni il nostro progetto editoriale con una donazione a questo link.
Sono aperte le iscrizioni per la quinta edizione della Mangialonga Picena, la passeggiata gourmet lungo i vigneti e le campagne di Offida (AP) alla scoperta dei vini e dei prodotti tipici del territorio in compagnia di chef, vignaioli, piccoli produttori e tanta musica. L’edizione 2018 della manifestazione è in programma domenica 22 luglio e proporrà dieci golosissime tappe lungo un affascinante percorso di 6,5 km tra paesaggi incontaminati e sapori genuini.
IL PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE
Il punto di ritrovo sarà la Piazza de Popolo di Offida: da qui si partirà in piccoli gruppi, dalle 10.30 alle 14, dopo aver ricevuto il kit ufficiale della passeggiata. Una sfiziosa composizione di prosciutto, fichi e pecorino del Ristorante Attico sul Mare abbinata ai vini della cantina San Giovanni di Offida sarà l’aperitivo di inizio giornata che i partecipanti potranno gustare nella vicina Enoteca Spazio Vino (Chiostro San Francesco) prima di salire a bordo del bus navetta che li condurrà alla Tenuta Cocci Grifoni.
Da qui il percorso continuerà a piedi tra i filari dell’Offida Docg, non prima però di aver assaporato la pizza “L’orto estivo” del Morrison’s Pub e le pallottine di quinoa, cacio, ovo e datterini dello chef Luca De Cesaris (Ristorante Al Piccolo Teatro) sorseggiando un calice di vino della cantina ospitante. La terza tappa della Mangialonga Picena 2018 vedrà protagonisti alla cantina Ciù Ciù i tradizionali fritti ascolani reinterpretati in chiave moderna dagli chef Sabrina Tuzi (Degusteria del Gigante) e Gianmarco Di Girolami (Blob Caffè&Ristorant) che proporranno rispettivamente una parmigiana e maionese di mare e un pollo, zenzero, olive e anguria sulle note e suggestioni musicali e artistiche di DueDarte.
Due primi d’autore, vini eccellenti, il folk e lo swing del Trio Fidanza accoglieranno gli enogastronauti all’azienda agricola Aurora. Lo chef Roberto Di Sante (Caffè Meletti) servirà una rosetta al ragù bianco con pomodoro alla brace, piselli, parmigiano liquido e terra di oliva tenera, mentre Alcide Andrea Romani (Ristorante La Croisette) presenterà la sua interpretazione della pasta al tonno.
Tra il verde del Boschetto del Fiobbo il mastro gelatiere Fabio Bracciotti (Sorbetteria Crème Glacée) proporrà il suo Sharbat, un gelato al pistacchio e caffè in versione alcolica (con cocco e Anisetta) o analcolica (con cocco rapè) prima della salita che condurrà alla cantina Paolini e Stanford. Qui, seduti nella splendida terrazza panoramica e sulle note swing della band I Pinguini, si potranno gustare il “Rosbif” con cicoria e piselli dello chef Daniele Citeroni Maurizi (Osteria Ophis) e il “Coniglio” dello chef Nikita Sergeev (Ristorante L’Arcade) prima di passare alla selezione di formaggi marchigiani d’eccellenza proposta dalle aziende agricole Fontegranne, Caprì e Campagnolo da abbinare ai vini dell’azienda San Filippo nel giardino dell’omonima chiesa.
Dopo questo pieno di sapori il bus navetta trasporterà i partecipanti fino al borgo di Offida per il gran finale della manifestazione. Davanti al locale Vi/Strò lo chef Andrea Mosca (Ristorante Marili) servirà un aspic di frutta con meringa, timo e basilico da gustare con i vini di Tenuta La Riserva, mentre al Ciù Ciù showroom a deliziare i camminatori saranno la cheesecake al caffè su frolla all’anice della chef Maria Elena Cicchi (Villa Cicchi) servita con il Meletti Mule (Amaro Meletti, succo di lime e Ginger beer Bibite Paoletti) dell’azienda Meletti Silvio.
Nel punto di arrivo in Piazza del Popolo sarà allestita una galleria di eccellenze picene: il vin cotto dell’azienda Colline Offidane, il liquore de Il Caffè del Marinaio, il funghetto offidano di Fior di Farina, le bionde e le rosse del Birrificio artigianale Carnival, l’elisir di lunga vita dell’Anisetta Rosati e il caffè di Orlandi Passion. Ogni tappa prevede varianti vegetariane e senza glutine da richiedere al momento dell’iscrizione alla Mangialonga Picena 2018, i vini proposti sono la Passerina, il Pecorino, il Montepulciano e altre tipologie dell’Offida Docg e del territorio.
E’ già possibile iscriversi alla manifestazione – fino a esaurimento posti – direttamente sul sito web www.mangialongapicena.it. Sconti per le iscrizioni entro il 31 maggio. In caso di maltempo l’evento si terrà domenica 29 luglio con lo stesso programma.
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Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo sul podio dei vini più venduti nei supermercati italiani. E’ quanto emerge dalla ricerca elaborata per Vinitaly dall’istituto di ricerca IRI sui consumi di vino nella Grande distribuzione nel 2017.
Gli italiani hanno acquistato 648 milioni di litri nella Grande distribuzione, il canale di vendita principale del vino, per un valore che vede il traguardo dei 2 miliardi di euro (1 miliardo e 849 mila milioni di euro), dati inclusivi dei Discount.
Vini bianchi fermi, vini a denominazione d’origine, vini regionali, spumanti secchi. Questi i vini preferiti nel 2017. I rossi più richiesti provengono da Toscana, Emilia Romagna, Piemonte. I bianchi da Veneto, Trentino, Sicilia.
I NUMERI
Tra i vini i cui acquisti crescono a doppia cifra: Grillo (Sicilia), Primitivo (Puglia), Ortrugo (Emilia Romagna), Ribolla (Friuli Venezia Giulia), Valpolicella Ripasso (Veneto), Cortese (Piemonte), Passerina (Marche), Chianti Classico (Toscana), Cannonau (Sardegna), Pecorino (Abruzzo/Marche), Falanghina (Campania). Mentre i campioni assoluti rimangono Lambrusco, Chianti e Montepulciano d’Abruzzo.
Le bottiglie da 0,75 a denominazione d’origine crescono nel 2017 del 2% rispetto all’anno precedente con 280 milioni di litri venduti. Gli spumanti (e champagne) aumentano del 4,9% con 68 milioni di litri. Da notare anche la performance del rosato frizzante che cresce del 3,9%.
Prosegue il trend negativo dei “bottiglioni” (fino a 2 litri) che perdono un ulteriore 2,5%, mentre i brick registrano una flessione dello 0,6%. In crescita il formato “bag in box”, ancora di nicchia: +5,4%.
In forte crescita le vendite di vino e spumante biologico che superano i 4 milioni di litri venduti, confermando un percorso che ha ancora ampi margini di crescita.
“Se la quantità di vino acquistato nella Grande Distribuzione è stabile da anni – spiega Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI, coordinatore della ricerca – i consumatori mostrano di apprezzare le novità, accogliendo favorevolmente le proposte delle cantine”.
“I vini a denominazione d’origine vendono 5,5 milioni di litri in più nel 2017 – continua Romano – così come crescono bollicine e vini bianchi, inoltre aumentano le tipologie regionali che si fanno apprezzare ogni anno per i tassi di crescita. I Vini emergenti si fanno apprezzare per posizionamenti di prezzo non bassi (oltre la metà superiore a 4 euro) e questo è un aspetto positivo perché dimostra la disponibilità del consumatore a premiare novità e valore“.
IL FENOMENO SPUMANTI “Il successo degli Spumanti ha spinto molte cantine a dedicarsi a questo prodotto – conclude Romano – ormai sulla via della destagionalizzazione nella versione Secco. Infine, i prezzi nel 2018 dovranno sostenere una sfida non banale a causa della vendemmia 2017 poco generosa ed al conseguente rialzo atteso”.
“La grande distribuzione organizzata si mantiene un canale di vendita molto importante per il mercato italiano – commenta Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – capace di far emergere nuovi vini e territori e di assecondare nel tempo la richiesta di prodotti di maggiore qualità anche per il consumo quotidiano”.
“Un’evoluzione che Vinitaly sta seguendo negli anni, diventando il luogo di analisi e confronto tra Gdo e settore enologico e soprattutto proponendo alle cantine espositrici incontri B2B con i buyer delle insegne della distribuzione organizzata. Con l’International Packaging Competition Vinitaly da oltre venti anni promuove la cultura del comunicare con efficacia attraverso l’etichetta e la confezione il valore del prodotto”.
L’appuntamento a Vinitaly è per il 16 aprile, alla tavola rotonda di approfondimento sulle vendite di vino nella Gdo, con focus quest’anno sul mercato del vino italiano nei supermercati Usa. Il 16 e 17 aprile in calendario gli incontri B2B del Gdo Buyers’ Club.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5) Quattro anni sulle spalle, per un vino bianco come la Passerina, rischiano di essere davvero tanti. Ma non per la Passerina 2013 “D’Orobianco” di Fulvia Tombolini.
Una che, del resto, mastica Verdicchio (uno dei vini bianchi italiani più longevi) al posto del pane. Troviamo questo Marche Igt in offerta, al 50%, in un negozio Auchan della provincia di Milano. Prendere o lasciare. Preso. Per cinque “euri”, vale la pena rischiare.
LA DEGUSTAZIONE
Primo colpo a vuoto, in questa roulette russa con il tempo. Il calice, di fatto, si veste di un giallo paglierino con riflessi dorati. Il nettare ha tenuto bene la prova degli scaffali del supermercato (vallo a spiegare ai detrattori della Gdo e a chi crede che i vini, proprio tutti, vadano conservati “esclusivamente in cantine climatizzate e al buio”: cazzata).
Premiamo il grilletto per la seconda volta: mettiamo la Passerina 2013 “D’Orobianco” sotto al naso. Sopravvissuti. Fortunati? No. Questo è un gran vino. Punto. La freschezza fruttata tipica del vitigno vira su quella delle erbe aromatiche. Alloro e rosmarino, dunque, in primo piano. Non mancano i fiori come il gelsomino, che si fanno largo in un sottofondo di muschio.
Terzo clic: l’assaggio. Un altro colpo a vuoto in questo apparente gioco al massacro con le lancette. Siamo ancora vivi. Come l’acidità di questo vino bianco, dal sorso ancora pieno e di croccante sapidità. Capace di tingersi ancora d’esotico. E non è saudade.
La Passerina “Orobianco” di Fulvia Tombolini ha retto quattro anni il confronto con quel “mostro” della Gdo. Le diamo un premio? I nostri cinque “cestelli della spesa”. E la promessa di altri assaggi della stessa cantina, da raccontare ai nostri più affezionati lettori.
Non dimentichiamo l’abbinamento. Le nuove annate di “D’Orobianco” accompagnano alla perfezione le portate leggere di un aperitivo. Questa 2013 fa il paio – alla grande – con un’orata al sale, cotta al forno in maniera del tutto nature, senza aggiunta di erbe aromatiche. Solo pesce e sale. Il resto ce lo mette il vino.
LA VINIFICAZIONE
Salta all’occhio l’etichetta di “Vino Libero”, a mo’ di bandiera, sul collo della bottiglia. Un vero e proprio biglietto da visita. L’Associazione Vino Libero raggruppa 12 produttori vinicoli e una distilleria di otto diverse regioni italiane, “impegnati ad applicare un modello di agricoltura che sia allo stesso tempo economicamente vantaggioso e rispettoso dell’ambiente”.
Tradotto: in vigna si utilizzano solo concimi organici. Banditi i diserbanti. E in cantina “si adottano tecniche evolute per abbattere l’uso dei solfiti, pur mantenendo la perfetta conservazione. La dose massima di solfiti è inferiore almeno del 40% rispetto al limite previsto per legge”.
Sulla “conservabilità” del “Vino libero” di Fulvia Tombolini, non abbiamo più dubbi, dopo l’assaggio. Passerina in purezza, allevata sulle colline di Campofilone, nelle Marche. Le viti affondano le radici in terreni di tipo argilloso, con un densità d’impianto di 3.300 ceppi per ettaro.
La vendemmia avviene nella terza decade del mese di settembre. Le uve vengono vinificate esclusivamente in acciaio. Fulvia Tombolini porta avanti nelle Marche una tradizione vitivinicola di famiglia, avviata nel 1921. La scelta odierna è quella di coniugare la dimensione contadina con la necessità di rimanere al passo coi tempi e col mercato.
Prezzo: 9,99 euro
Acquistato presso: Auchan / Eataly
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) È spumantizzata nella patria del Prosecco (in provincia di Treviso) la Passerina Brut Spumante di Velenosi oggi sotto la nostra lente di ingrandimento.
Un vitigno autoctono tipico di Marche, Abruzzo e Lazio riscoperto negli ultimi anni, che (fonte Coldiretti) nel 2016, con un incremento vendite del 24,4%, si è piazzato al secondo posto della classifica “Top 5 wines” venduti nella regione Marche. Primo incontrastato ancora il Verdicchio che resta il vino più consumato.
La Passerina resta seconda anche sul podio nazionale dei vini emergenti dopo la Ribolla Gialla e prima del Ripasso (fonte Vinitaly). Che il successo sia dovuto anche all’ambiguità del nome?
Insomma, ordinare una bottiglia di Passerina mette già allegria, anche se l’etimologia del nome (stessa del vitigno) ha ben altra origine e deriva dagli acini ad elevata concentrazione di zuccheri e di quercitina (flavonoide) di cui vanno ghiotti i passeri.
LA DEGUSTAZIONE Di colore giallo paglierino scarico, si presenta nel calice con un perlage mediamente fine e persistente, apprezzabile per un metodo charmat. Il profilo olfattivo è poco intenso, tra il vegetale e il minerale, con lievi note agrumate di pompelmo giallo.
Al palato l’ingresso è ruvido, per una carbonica non adeguatamente bilanciata da altre sensazioni. Un effetto che sommato a una freschezza citrina rende il sorso un po’ sopra le righe della moderatezza e poco morbido.
Il finale, disimpegnato e con rimandi agrumati, si delinea sapido e pulito. Il che lo rende certamente perfetto in abbinamento ad un fritto di paranza.
LA VINIFICAZIONE Dieci anni dalla prima vendemmia per la Passerina Brut Spumante (2007). Prodotta con uve 100% Passerina allevate a guyot a circa 200-300 metri sul livello del mare, su terreni in parte sabbiosi, con densità di impianto di 5 mila ceppi, resa per ettaro 80 quintali (1,5 Kg per ceppo). La vendemmia è effettuata manualmente, in cassette da 20 kg.
Il vino base viene rifermentato in autoclave con sosta sulle fecce per oltre 90 giorni, secondo il metodo charmat. Velenosi vini nasce nel 1984 come idea imprenditoriale di Ercole e Angela Velenosi. La cantina si trova ad Ascoli Piceno e i vigneti nella circostante zona del Tronto.
Prezzo : 8,79 euro Acquistato presso: Sì con Te Supermercati
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
È tutto pronto per Prowein 2017, la prestigiosa fiera internazionale dedicata ai vini e distillati e riservata ai soli operatori del settore, in programma a Düsseldorf da domenica 19 a martedì 21 marzo 2017. Schenk Italian Wineries sarà presente nello stand Schenk (Halle 16, Stand J03) insieme alle aziende del Gruppo provenienti da tutta Europa e proporrà in degustazione alcune tra le proprie migliori etichette.
“Prowein è per noi uno degli appuntamenti più attesi dell’anno – spiega Daniele Simoni (nella foto), Amministratore Delegato di Schenk Italian Wineries -.Non solo una vetrina internazionale altamente qualificata ma anche un’occasione di scambio e confronto con colleghi produttori e buyer, che ogni anno arricchisce la nostra esperienza con spunti utili ad individuare nuove strategie di mercato o nuove soluzioni produttive. Saremo presenti con le nostre più prestigiose etichette. In particolare, presenteremo tre new entry della linea Bacio della Luna: il Cartizze DOCG Dry, il Prosecco DOCG Millesimato Extra Dry e il Prosecco DOCG Millesimato Brut”.
“Altra novità per il pubblico internazionale di Prowein – continua Simoni – uno dei fiori all’occhiello della nostra produzione: il Nobile di Montepulciano Lunadoro Riserva 2013 ‘Quercione’, già molto apprezzato nel corso della recente Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano, con il quale puntiamo a sorprendere tutti gli esperti e gli operatori presenti in fiera”.
I MARCHI DEL TERRITORIO PRESENTI Kellerei Auer – linea di vini decisi, caratterizzati da mineralità, struttura ed aromi unici in tutto il mondo, frutto di uve eccellenti e della grande passione di esperti enologi legati al territorio dell’Alto Adige. A Prowein con Gewurztraminer Alto Adige DOC, Pinot Grigio Alto Adige DOC (entrambi appena premiati con medaglia d’Oro al Berliner Wein Trophy 2017) e Lagrein Alto Adige DOC.
Lunadoro – azienda agricola situata nella zona di Montepulciano con i suoi vini raffinati e sinceri, è naturale espressione di un forte legame con la terra e di costante ricerca di qualità. A Prowein con tutta la linea: Rosso di Montepucliano ‘Prugnanello’; Nobile di Montepulciano ‘Pagliareto’; Nobile di Montepulciano Riserva ‘Quercione’.
Bacio della Luna – nel cuore dell’area del Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene DOCG, le viti sono coltivate in modo sostenibile, rispettando la natura e controllando accuratamente ogni lavorazione per offrire un prodotto esclusivo, sinonimo di eccellenza e di identità. A Prowein con tutti i 7 vini della linea, in particolare verranno presentati: Cartizze DOCG Dry, Prosecco DOCG Millesimato Extra Dry e Prosecco DOCG Millesimato Brut.
Gergenti – una selezione di due vini, ottenuti da vitigni nobili siciliani, il Grillo e il Nero d’Avola. A Prowein con Grillo Pinot Grigio Terre Siciliane IGT e Nero d’Avola Sangiovese Terre Siciliane IGT.
I MARCHI PREMIUM Brunilde di Menzione (Aglianico del Vulture), Amicone (Edizione Nero, Pinot Rosè e Prosecco), Masso Antico (Primitivo appassimento), Francoriani (Pa sserina, Pinot Grigio e Prosecco).
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Crescita significativa delle vendite delle bottiglie di vino a denominazione d’origine e degli spumanti; il vino biologico prosegue il suo percorso di uscita dalla nicchia di mercato; flessione dei vini nel brik di cartone e in tutti quei formati che non siano la bottiglia da 75 cl. Queste le anticipazioni della ricerca sull’andamento del mercato del vino nella Grande distribuzione nel 2016 svolta dall’istituto di ricerca IRI che sarà presentata a Vinitaly (a Verona 9/12 aprile).
Quello della Grande distribuzione si conferma il canale di vendita di gran lunga più grande nel mercato del vino con 505 milioni di litri venduti nel 2016 per un valore di un miliardo e mezzo di euro. In un anno di sensibile contrazione dei consumi familiari, il mercato italiano del vino gode di una relativamente buona salute, come testimoniato anche dalle vendite nei supermercati.
I vini a denominazione d’origine (in bottiglia da 0,75lt) aumentano del 2,7% in volume (e del 4,4% in valore) con 224 milioni di litri venduti, proseguendo nel trend già promettente del 2015 (+1,9%). Per il secondo anno consecutivo le vendite in promozioni rimangono statiche ed i prezzi medi sono in risalita. Va sottolineato il successo degli Spumanti che fanno segnare nel 2016 una crescita di oltre il 7% con 54 milioni di litri venduti, bissando l’ottimo risultato del 2015.
“La crescita degli spumanti riflette una destagionalizzazione delle vendite di bollicine conseguenza di un crescente uso nel consumo quotidiano – fa notare Virgilio Romano, Business Insight Director di IRI -. Tale aspetto ci permette di dedurre che lo spumante attira nuovi consumatori e potrebbe rappresentare una tendenza di rottura nelle tradizionali abitudini del bere italiano”.
I VINI BIOLOGICI
I vini biologici fanno registrare una crescita a due cifre impressionante per un mercato ancora giovane, soprattutto nella Grande distribuzione: +25,7% in volume con 2 milioni e mezzo di litri venduti.
“I primi dati sul mercato del vino nella Grande Distribuzione confermano la ripresa del mercato interno del vino in Italia – ha commentato Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere -. I consumatori cercano sugli scaffali sempre più il vino di qualità, con un conseguente aumento dei prezzi medi. E’ un processo che è sempre stato sostenuto da Vinitaly che da 13 anni organizza e promuove l’incontro tra cantine e Grande distribuzione in convegni e incontri B2B”.
VINI IN PROMOZIONE AL SUPERMERCATO Nonostante la leva delle promozioni, che tuttavia si mantiene ferma al 50% da due anni, i valori del vino venduto continuano a salire: le bottiglie a denominazione di 75cl hanno un prezzo medio di poco inferiore ai 5 euro (4,81 euro al litro). Ancora un anno negativo per le vendite del vino in brik (- 2,5%) ed un crollo per tutti gli altri formati: – 8,6% per il vino confezionato da 0,76 a 2 litri e – 9,7% per formati diversi da questi (tutti dati in volume).
Questi dati condizionano il dato complessivo del vino confezionato, che è di -1% a volume e + 1,1% a valore. Tra i formati differenti dalla bottiglia di 75cl si afferma soltanto il Bag in Box con 12 milioni di litri venduti ed una crescita dell’11,7% in volume.
Sul podio dei vini più venduti d’Italia si piazzano i tre inattaccabili campioni, nell’ordine: Lambrusco, Chianti, Montepulciano d’Abruzzo. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (Sicilia), Vermentino (Sardegna), Muller Thurgau e Gutturnio (Lombardia) (che crescono in percentuale più del 4%).
I VINI IN ASCESA Tra i vini ’emergenti’, cioè con una maggiore progressione di vendita a volume salgono sul podio, nell’ordine: Ribolla Gialla (Friuli Venezia Giulia), Passerina (Marche), Valpolicella Ripasso (Veneto). Si conferma la crescita del Pignoletto (Emilia), del Pecorino (Marche/Abbruzzo) e della Passerina (Marche), mentre rientrano in classifica il Grillo (Sicilia) e il Cannonau (Sardegna). Va segnalata la crescita dell’8,2% in volume del Chianti Docg, quindi il top delle denominazioni, che vende quasi 10 milioni di litri per un valore di oltre 45 milioni di euro. I dettagli della ricerca effettuata da IRI per conto di Veronafiere saranno presentati a Vinitaly 2017, lunedì 10 aprile.
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L’estate è alle porte e porterà sulle nostre tavole piatti freschi e leggeri, anche in vista dell’agognata “prova costume”. Con l’aumentare delle temperature crescono, notoriamente, anche le vendite dei vini bianchi ed è per questo che oggi, a finire sotto la nostra lente di ingrandimento, è un Falerio Pecorino Dop, vendemmia 2015, prodotto ed imbottigliato dalle cantine Ciù Ciù della località Santa Maria in Carro ad Offida (Ap). Un vino marchigiano il Pecorino del quale abbiamo fatto altre degustazioni e che sta veramente diventando un “cult”: all’ Enoteca Regionale delle Marche di Offida è tra quelli più richiesti insieme alla Passerina, più del Verdicchio che pure è tanto amato dagli italiani. La vendemmia nel nostro calice è l’ultima, la 2015 ed infatti nel calice il Falerio Pecorino Dop prodotto dalle cantine Ciù Ciù si presenta giovane, giallo paglierino con riflessi verdolini, molto trasparente e cristallino. Un vino poco denso e non particolarmente sconvolgente come intensità di profumi, ma che comunque regala note fruttate e floreali di fiori d’acacia e gradevoli sentori minerali. Al palato è di discreta struttura, caldo, rotondo, secco ed apprezzabile per la freschezza e la chiusura leggermente sapida e fruttata che regala una beva davvero stuzzicante. Un rapporto qualità prezzo ottimo per un vino che si presta ad essere bevuto come aperitivo, in abbinamento a piatti di pesce non particolarmente strutturati, a carni bianche, ma anche da provare con il brodetto alla sanbenedettese, una zuppa di pesce con peperoni e pomodori, come consigliano al Consorzio di Tutela dei Vini Piceni. La gradazione è di 13% di alcol in volume, ma davvero si beve con estrema facilità. Un vino “easy to go”, fresco e beverino.
LA VINIFICAZIONE La zona geografica di produzione del Falerio Pecorino Dop prodotto dalla cantina Ciù Ciù sone le colline tra il comune di Offida e Acquaviva Picena in provincia di Ascoli Piceno. I vigneti si trovano ad un’altezza di 250/300 mt sul livello del mare, su terreni di medio impasto e sono allevati a cordone speronato. La vendemmia è manuale e viene effettuata a metà settembre. Prodotto con un blend di uve Pecorino e Trebbiano vinificate in bianco tradizionalmente e con un breve affinamento in bottiglia prima della messa in vendita è pronto al consumo dalla primavera successiva alla vendemmia. La cantina Ciù Ciù è stata fondata negli anni settanta da Natalino Bartolomei e sua moglie Anna a pochi chilometri dal meraviglioso borgo di Offida, uno tra i borghi più belli d’Italia. I poderi Ciù Ciù si estendono su 150 ettari dislocati sulle colline marchigiane che beneficiano della vicinanza del mare della costa adriatica. Attualmente l’azienda è gestita dai fratelli Massimiliano e Walter Bartolomei che sono riusciti a portare l’azienda a livelli di qualità che l’hanno resa famosa nel mondo.
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Nomi affermati della viticoltura italiana, presenti o meno in Gdo, accanto a piccoli produttori per lo più sconosciuti al “grande pubblico”. Abbiamo affrontato così, ovvero “decidendo di non decidere” in anticipo le cantine a cui far visita, l’edizione 2016 di Vinitaly, andata in scena a Veroa dal 10 al 13 aprile scorsi. Una scelta da curiosi (ma ipercritici) turisti del vino, quella che abbiamo compiuto quest’anno. Con risultati davvero sbalorditivi. Citeremo di seguito le cantine e i prodotti che ci hanno lasciato qualcosa: un ricordo, un’emozione, una storia da raccontare. Il tour inizia dalla Lombardia. Tradotto: alle 9.15, il calice si tinge già del rosso intenso e impenetrabile delle Bonarda dei Fratelli Agnes. Una piccola realtà di Rovescala (Pavia) che in Gdo (Esselunga e Carrefour) distribuisce alcune (ottime) varianti del rosso più bevuto dai pavesi. Centotrentamila bottiglie l’anno per 21 ettari vitati esclusivamente a bacca rossa, allevati con rese che vanno dai 45 ai 70 quintali ettaro. Ci guida nella degustazione Sergio Agnes, appassionato e colto viticoltore, titolare assieme al fratello della cantina oltrepadana. Cresta del Ghiffi, vendemmia 2015, è un Bonarda frizzante, profumato e persistente, caldo e beverino. Sale l’asticella della qualità con il Bonarda fermo La Possessione del Console, cru 2013. Ottenuto da viti di 65 anni, risulta meno profumato ma di grande corpo, struttura e persistenza. Da provare anche Millennium 2009, un 100% Croatina che sull’etichetta ripercorre la storia millenaria della viticoltura a Rovescala, citando i passi salienti di un contratto di mutuo di epoca medioevale (anno 1192), saldato in vino piuttosto che in denaro: “Un attestato di qualità e vocazione alla produzione del vino a Rovescala”, commenta Sergio Agnes, uomo tanto colto e schivo quanto appassionato della sua terra. Un prodotto, Millennium 2009,affinato in barrique da 15 ettolitri, che regala un’ottima fotografia della longevità del vitigno autoctono pavese Croatina. Ancora vivo il tannino, fresca l’acidità, per un prodotto che sarà in grado di mostrare i denti ancora un paio d’anni, conferendo al contempo una grande centralità al frutto. Solo legno nuovo, invece, per Poculum 2011. Un vino 100% Croatina destinato principalmente al mercato estero, ma che piace anche in Italia. Loghetto 2013, ottenuto da una vigna che quest’anno compie i suoi 110 anni, subisce una macerazione di 60 giorni a freddo su lieviti autoctoni, prima della svinatura. Le vigne antiche pescano sino a 30 metri le sostanze nutritive, regalando al calice di questa Croatina una complessità aromatica e una mineralità notevole. Si parte invece dalle bollicine con il vicino Fiamberti, notissimo produttore dell’Oltrepò Pavese. Cruasè (24 mesi sui lieviti) e Brut (30 mesi) Metodo Classico convincono tutti, ma il dialogo si concentra sul rapporto con la grande distribuzione organizzata. “Siamo presenti in Esselunga, Carrefour, Iper e, solo in Umbria e nelle Marche, con Famila e A&O – commenta un raggiante Giulio Fiamberti – e devo ammettere che sono molto soddisfatto dal rapporto con questi gruppi. Abbiamo avuto la grande fortuna di entrare in questo mondo dalla porta principale, in due sensi: il primo è che non ci siamo proposti noi ma siamo stati avvicinati dai buyer, il secondo è che la prima catena che ci ha contattato è stata Esselunga, non appena aperto il suo punto vendita di Broni. Caprotti era alla ricerca di un produttore che gli garantisse tutta la gamma dell’Oltrepò e la cosa ci ha allettato, avendo queste caratteristiche. Per di più, Esselunga è una catena che premia e ricerca produttori più che semplici imbottigliatori. E dunque capisce cosa sta dietro alla singola bottiglia: ovvero il lavoro di chi produce vino, a cui sa dare il giusto valore. Quello ragionevole, pur trattandosi di Gdo”.
Pochi passi ed eccoci da un altro “mostro sacro” dell’Oltrepò Pavese. Fabiano Giorgi, il titolare, ed Enrico Rezzani, responsabile vendite della F.lli Giorgi di Canneto Pavese, ci guidano nell’assaggio di Cruasé, Crudoo e Giorgi 1870, annata 2011. Lascia il segno, in particolare, quest’ultimo: una bollicina tecnicamente perfetta, che non a caso fa incetta di premi: da 7 anni consecutivi “tre bicchieri” Gambero Rosso, da 4 anni “cinque grappoli” Ais, per citarne solo alcuni. Un Pinot Nero Metodo Classico che custodisce la memoria storica dell’azienda pavese, che conta su 75 ettari vitati nei terroir tra i più vocati dell’Oltrepò orientale. Ci spostiamo dunque in Valtellina, per l’esattezza a Castione Andevenno, Sondrio. Incontriamo ‘qui’ Walter Menegola, che ci fa assaggiare il suo Sforzato Riserva 2011. Dodici mesi di barrique “non sempre nuove”, più dodici mesi in botte grande. Milletrecento bottiglie totali per uno Sforzato che alza in cielo la bandiera dell’alta qualità e del rispetto dell’ambiente in Valtellina. “La nostra zona – evidenzia Menegola – merita solo e soltanto questo: qualità. In particolare lo Sforzato Riserva, nel nostro piccolo, ci sta dando grandi soddisfazioni, essendo di recente finito addirittura nell’enoteca di un ristorante stellato. Trattiamo il Nebbiolo come un bambino, che necessita di tempo per iniziare a parlare. Lo aspettiamo, fino a che esprime tutto il suo potenziale, senza commercializzare nemmeno una bottiglia prima che non sia come la vogliamo”. Alti standard qualitativi, grande rispetto per il vitigno. E un occhio di riguardo anche all’uso dei solfiti: “I nostri vini – dichiara ancora Menegola – registrano 24 milligrammi per litro di solforosa. Potremmo certificarci Bio, ma non lo facciamo perché questo è semplicemente il nostro modo di lavorare e di rispettare chi apprezza la pulizia dei nostri vini”. Accanto a Menegola troviamo Marco Triacca dell’azienda La Perla di Tresenda di Teglio, Sondrio. Ottimo anche il suo Sforzato Quattro Soli, in cui le note fruttate fresche costituiscono la peculiarità. “La filosofia – spiega il viticoltore – è quella di favorire l’impatto aromatico con il lavoro agronomico in vigna. A discapito di un po’ di struttura, caratteristica di tutti gli Sforzati, cerco di fare un vino che piaccia innanzitutto a me, dove la frutta sia messa al centro, oltre la botte”. Marco Triacca è modesto, struttura e complessità sono ben presenti, così come corpo e persistenza retro olfattiva. “Cerco di vinificare il prima possibile – precisa il viticoltore – per limitare il tasso alcolico e dare vita a un vino più fresco, di facile beva, che non stanchi dopo pochi sorsi”. Missione compiuta, grazie a una vinificazione che prevede 2 anni in botte grande e 12 mesi di affinamento in bottiglia.
Il viaggio il Lombardia fa tappa nella micro Doc Botticino, Comune della Provincia di Brescia noto al mondo per i suoi marmi più che per i suoi vini. Prendete nota, dunque. E andate a trovare i coniugi Cristian e Alessandra Noventa, che producono assieme ai suoceri (di lui) Pierangelo e Serena, degli interessantissimi blend costituiti almeno al 50% da Barbera, con Marzemino, Sangiovese e Schiava a fare da cornice. Certificata Bio dalla vendemmia 2014, anche se dagli anni 70 non utilizza diserbi, la Noventa Bioviticoltori in Alta Collina fa rimanere sbalorditi con Privilegio 50, ottenuto da vigne di 70-80 anni, affinato in botte vecchia per 50 mesi. La raccolta delle uve a fine ottobre e la lunga macerazione regalano uno straordinario rosso a una provincia, quella di Brescia, nota soprattutto per le bollicine Franciacorta. “Lavoriamo in una piccola zona vocata alla produzione dei vini rossi – evidenzia Cristian Noventa – e abbiamo la grande fortuna di poter coltivare una terra ricca di ‘marna’, ovvero calcare disgregato. Col marmo di Botticino, per intenderci, è stato realizzato l’Altare della Patria di Roma e la Casa Bianca negli Stati Uniti. Questo calcare, la nostra esposizione a sud, un anfiteatro di montagne, l’altitudine dei terreni tra i 300 e i 500 metri sul livello del mare, le rese basse di queste terre, tra i 30 e i 60 quintali per ettaro, oltre alla mano dell’uomo, eseguendo in campo potature verdi per tenere basse le rese e ottenere uve sane, sono gli elementi alla base dei nostri vini, che sono grandi vini. Tutti da scoprire”. Come dare torto a Cristian Noventa? Pià della Tesa e Privilegio 50 sono da assaggiare almeno una volta nella vita. Dieci ettari totali per l’azienda agricola Noventa Pierangelo, per 30 mila bottiglie annue totali. E una grande sfida per il futuro. “I margini di miglioramento sono ancora moltissimi – ammette il viticoltore – ma oltre a confermarci sul mercato con i nostri storici Botticino, abbiamo la grande ambizione di produrre una Barbera in purezza, a cui conferire assieme la morbidezza e l’eleganza del nostro terroir. Ma, soprattutto, intendiamo introdurre il Nebbiolo. Ho la sensazione netta che questo vitigno possa adattarsi alla grande alla nostra zona”. Piemontesi, siete avvisati.
Chi invece non ha bisogno di annunci è la casa vinicola Silvestroni di Camerata Picena (Ancona), che si è presentata a Vinitaly 2016 forte di un nuovo ingresso nella famiglia fashion della “Linea Travenasca”: dopo la Passerina “50 Sfumature”, ecco due splendide ragazze davanti allo stand della casa vinicola, a lanciare la new entry, ovvero il Pecorino “50 sfumature”. “Abbiamo avuto sin da subito un ottimo riscontro – evidenzia Francesco Patrignani, responsabile vendite della Silvestroni – anche grazie alla spinta delle nostre promoter”. Due catwoman in tuta “mimetica” nera, attillata, non potevano certo passare inosservate all’assetato pubblico del Vinitaly. E il vino in sé merita un assaggio: come aperitivo, in ogni occasione di convivialità, ma anche in abbinamento a piatti leggeri di pesce. Più strutturati i vini degustati da Masciarelli Tenute Agricole Srl, nota casa vinicola di San Martino Sulla Marrucina, Chieti, che a Vinitaly 2016 condivide un ampio spazio espositivo con Marina Cvetic, moglie del grande Gianni Masciarelli. Sono di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, i vigneti da cui si ottiene un buon Montepulciano d’Abruzzo a marchio Masciarelli (vendemmia 2014): vinificazione tradizionale in rosso, con temperature iniziali di fermentazione di 20 gradi, che salgono poi a 28, per conservarne la freschezza. Prima dell’affinamento in acciaio per un periodo di 10 mesi, il vino subisce la fermentazione malolattica. Passiamo dunque a due prodotti realizzati dall’azienda Luigi Valori (Sant’Omero, Teramo), di cui Masciarelli è distributore. Il Montepulciano biologico si fa apprezzare per la grande pulizia e le note spiccatamente fruttate. E anche Inchiostro, un Merlot 2010, prodotto in vigneti attualmente in conversione bio, è da provare: caldo e persistente, dotato di un tannino elegante e ancora “frizzante”. Passiamo dunque al padiglione dedicato ai vini pugliesi, dritti al banco del Consorzio Tutela Vini Dop Salice Salentino. Degustiamo qui il Selvarossa Riserva 2012 Due Palme, vino introdotto da qualche mese dalla catena Esselunga nei suoi store più prestigiosi. Naso fruttato caratteristico dei vini di Puglia, intenso, esprime anche al palato la gran carica fruttata di lamponi e fragole, in un concerto spiccatamente speziato, molto caldo, rotondo. Anche il retro olfattivo gioca tutto sulle note speziate. Buon vino, che per la sua sostanza risulta tuttavia difficile da bere se non accompagnato dal giusto abbinamento culinario. Così come risulta un po’ troppo caldo, a livello di alcolicità, Metiusco Salento Igp Rosso dell’azienda vinicola Palamà Srl di Cutrofiano, Lecce.
Sempre in Puglia, ci facciamo ospitare da Giacomo Di Feo, direttore commerciale delle Cantine Due Palme – Viticoltori del Salento (Cellino San Marco, Brindisi), per una dichiarazione sul rapporto con la Gdo. “Come cooperativa e azienda ormai di dimensioni medio grandi – evidenzia Di Feo – siamo in grado di produrre circa 10 milioni di bottiglie l’anno e, dunque, di avere rapporti con la grande distribuzione. Avendo però noi un orientamento fortissimo al marchio, attualmente privilegiamo nel rapporto con la Gdo la produzione di etichette dedicate e linee di private label. I prodotti principali vengono dunque destinati al mercato d’elezione, che è quello della ristorazione, mentre con prodotti specifici o creati ad hoc ci affacciamo alla grande distribuzione. Cosa che tra l’altro in questo momento è molto richiesta, soprattutto per un discorso di margine. Per il futuro, la cosa da migliorare è il controllo del prezzo. Una tematica che all’estero è molto più sentita rispetto all’Italia. Quasi mai, fuori dai nostri confini nazionali, un vino viene utilizzato come specchietto per le allodole, attirando i consumatori con prezzi stracciati, in maniera così sistematica. E la pressione sul promozionale, quando esiste, è molto limitata nel tempo, all’estero. In Italia, invece, registra anche punte del 90%: vuol dire che su 10 bottiglie vendute in Gdo, 9 sono in promo. In Paesi come la Svizzera, le vendite promozionali riguardano solo il 10% delle vendite. Ciò contribuisce ad alzare il livello di consapevolezza del consumatore, che paga il vino quanto vale davvero. Riducendo i prezzi con le promozioni, invece, avremo sempre da un lato una catena Gdo scontenta, perché non marginalizza abbastanza, e dall’altro un produttore soffocato dalla richiesta del prezzo”. Cantina Due Palme lavora con Esselunga, Il Gigante (Selex), Carrefour, Auchan, Sma: tutti player di livello nel panorama italiano. E del prezzo di vendita corretto fa una questione di orgoglio. Non a caso Selvarossa Riserva 2012 si sta riposizionando su cifre che si aggirano attorno ai 14,50 euro – destinate a crescere ancora – a fronte di un iniziale sell out di 13 euro. Sempre non a caso, il 90% del fatturato della cantina su questo prodotto va fatto risalire al canale Horeca. “Una catena che ben lo espone – ammette il direttore commerciale Di Feo – non può che essere per noi un valore aggiunto”. Tra i prodotti di punta della cantina brindisina c’è anche il Susumaniello Serre, premiato tra l’altro a Vinitaly 2014. Ma a proposito di quest’uvaggio autoctono non potevamo mancare una sorta di “verticale” da chi, il Susumaniello, lo ha fatto riscoprire al grande pubblico di appassionati del vino.
Parliamo delle Tenute Rubino di Brindisi. Romina Leopardi, responsabile Marketing e Comunicazione dell’ottima realtà pugliese, membro dell’associazione Donne del Vino, ci guida alla scoperta di questa splendida bacca rossa, che meriterebbe quotidianamente l’onore delle cronache. Tenute Rubino vinifica il Susumaniello in quattro versioni. Si comincia con Sumarè, metodo classico 2013, 24 mesi sui lieviti, 12% di alcol in volume. Un Rosè con cui darsi un appuntamento almeno una volta nella vita, prima che finisca: ogni anno la casa vinicola brindisina ne produce circa 3.200 bottiglie, dal 2012. Uno spumante di grande complessità aromatica, con un perlage fine, delicato al palato, che gioca tutto su note fruttate di bacche rosse. Si prosegue con Torretesta Rosè 2015, Susumaniello rosè presentato lo scorso anno a Vinitaly. Delicato per le note floreali di rosa, ciliegia e amarena, esprime calore nonostante gli 11,5% gradi. Punto forte? Un naso profumatissimo, inebriante. E una persistenza degna di nota, sulle note di lampone. Ecco dunque Oltremé, rosso classico a base Susumaniello, vinificato in acciaio. Rosso rubino impenetrabile, naso intenso, comunica anche in bocca la piacevolezza di un prodotto “piacione”, pensato appositamente per essere gustato da un pubblico vasto, non esclusivamente costituito da intenditori. Missione più che compiuta. E’ il preludio all’esplosione di gusto di Torretesta 2013, Susumaniello di 16% difficile da dimenticare, che ricorda (con i dovuti distinguo del caso) un Amarone della Valpolicella. Di una densità pesante, ruota nel calice diffondendo note di frutti rossi sotto spirito, anche in questo caso inebrianti e balsamiche. Tannino avvolgente, regala al palato un mix esemplare di frutta e spezie per il quale vale la pena amare il Susumaniello. “La gradazione alcolica così elevata, anche se non fastidiosa – evidenzia Romina Leopardi – è una caratteristica della particolare vendemmia 2013, mentre solitamente questo vino non supera i 13 gradi. E il segreto è l’appassimento di una parte delle uve per circa 15-20 giorni, poi unite al resto del mosto durante la vinificazione”. Chapeau. Da chi un uvaggio ha riscoperto passiamo a chi, di una terra, è ormai portabandiera nel mondo. Siamo da Gianfranco Fino, forse uno dei pochi che al Vinitaly 2016 è riuscito a concludere affari veri. Se ne sono accorti anche gli appassionati presenti allo stand del produttore pugliese, quando il tagliere con affettati e formaggi destinati ad accompagnare la degustazione di Es Primitivo di Manduria e Salento Negromaro 2014, è stato bruscamente sfilato per essere (prontamente) servito al vincino tavolo di un businessman giapponese, accompagnato dalla sua interprete. Questioni di stile. Un po’ come quella del vino di Fino, anche se declinata in altre forme: unica ed esemplare, anche per il Passito. Le lancette dell’orologio corrono impietose e ci spostiamo in altri padiglioni, tra il fiume di visitatori. Scopriamo così Paraxo (“Palazzo” in genovese) dell’Azienda Agraria Anfossi di Bastia d’Albenga, Savona. Lo avrete capito: siamo al padiglione Liguria. E Anfossi è uno dei pochi produttori a vinificare in bianco il vitigno Rossese. Ottimo prodotto, ben presentato da Luigi Anfossi, figlio del titolare dell’azienda nota alla Gdo anche per il pesto. Al padiglione Piemonte incontriamo una vecchia conoscenza di vinialsupermercato.it, Daniele Chiappone, dell’azienda Erede di Chiappone Armando di Nizza Monferrato, Asti. Manca l’ottima Freisa Sanpedra, ma al Vinitaly Daniele si presenta con Brentura 2010 e Ru 2010, i best seller della cantina: rispettivamente Barbera d’Asti e Barbera d’Asti Superiore Nizza Doc. Il produttore piemontese aderisce al “Giro del Nizza”, in programma domenica 17 aprile e vale la pena di passare a conoscerlo.
Il nostro Vinitaly 2016 si chiude dunque in bellezza, con la scoperta dell’Azienda Agricola Ricci di Costa Vescovato (Alessandria). Qui, Carlo Daniele Ricci, si è ormai specializzato nella produzione di un Timorasso eccezionale. Il viaggio tra i sapori (e i colori) di questo uvaggio a bacca bianca autoctono piemontese inizia con Terre del Timorasso 2013, vinificato in acciaio. Vino di un giallo dorato, sfodera un naso non particolarmente intenso, preludio tuttavia di un palato molto caldo e persistente. Si passa dunque a San Leto 2009, ottenuto mediante fermentazione e affinamento in acacia. San Leto 2006 stupisce per l’intensità olfattiva, che sfiora tinte balsamiche. Giallo di Costa 2011 scorre nel calice tingendolo di un ambra allettante, che in bocca diventa piacere tanto risulta morbido e rotondo, nonostante il calore dei suoi 14 gradi di alcol in volume. Giallo di Costa 2007, è l’eleganza fatta vino. E San Leto 2004 la ciliegina su una torta di una produzione di altissimo livello. “Lavorare bene in vigna – commenta il produttore Carlo Daniele Ricci – è il primo passo per ottenere vini di grande equilibrio. Conosco ogni singolo componente dei terreni che coltivo, avendo effettuato per anni delle ricerche accuratissime che mi permettono di capire come sarà il vino ancor prima di produrlo. Nell’area di produzione del Timorasso c’è grande rispetto per l’ambiente e unità. Siamo partiti come carbonari, contro tutti i commercianti di vino e le cantine sociali. Dopo 20 anni di fatiche e battaglie, possiamo finalmente affermare che il territorio ce l’abbiamo in mano noi, produttori attenti alla terra e all’ambiente”. Uno spirito battagliero che Vinitaly 2016 ha saputo valorizzare.
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Grande successo dei vini Piceni al Vinitaly che hanno registrato interesse ed apprezzamento dai visitatori dello stand. Successo che viaggia di pari passo con quello del suo vino Passerina che nel 2015 ha segnato un incremento del +34,2 % , seguita, nel trend positivo dal vicino Pecorino con un +19,9%. ”Un risultato straordinario ed inaspettato che vede ripagati gli sforzi di questi ultimi anni di investimento. Il Consorzio Vini Piceni ha puntato molto sulla promozione di questi vitigni autoctoni di origine picena, qualche tempo fa sconosciuti, ed ora con questi risultati impensati vedono ripagati gli sforzi dei nostri soci, che hanno creduto in noi attraverso una promozione intelligente e ritengo di dover dare merito a coloro che nei tempi recenti hanno avuto la lungimiranza di puntare su vitigni Piceni invece di farsi ammaliare dalle sirene delle varietà internazionali. Sono felice per me e per tutti i produttori del Consorzio ” ha dichiarato a Picenotime Angela Velenosi Presidente del Consorzio di tutela vini Piceni commentando i dati di Coldiretti esposti a Verona. ”Non credo sia campanilistico affermare che la Passerina è la base esclusiva di una tipologia della più importante Docg delle Marche quale l’Offida. Il Consorzio vini Piceni in questi ultimi tre anni ha investito quasi quattro milioni di Euro tra promozioni nazionali, europee e presso i paesi terzi, numeri impensabili per un territorio quale il Piceno, ovvero il sud delle Marche, ai più sconosciuto sia come bellezza sia come produzione vitivinicola. Pur esprimendo soddisfazione anche per gli amici abruzzesi tengo a precisare che il Pecorino, al terzo posto come incremento di bottiglie in Italia con quasi il 20% di crescita ed appena sotto il prestigioso Valpolicella, è di origine picena, grazie alla lungimiranza del compianto Guido Cocci Grifoni che credette in questo vitigno a rischio di estinzione, prelevandolo dalle falde del Monte Vettore, in pieno Parco dei Sibillini, nel comune di Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) agli albori degli anni ’80 per portarlo nelle colline di Offida e Ripatransone, in provincia di Ascoli. Il prestigio di questo vitigno è stato suggellato poi dal riconoscimento della Docg Offida, tipologia Pecorino appunto, e nella Dop “Falerio”, tutelate entrambe dal nostro Consorzio. Questi dati impensabili suggellano lo straordinario successo avuto negli stand Piceni da parte dei visitatori al Vinitaly 2016. Questa felice conclusione avvalora lo slogan scelto proprio per la Kermesse veronese ovvero “orgoglio piceno”, cioè la consapevolezza di appartenere ad un territorio straordinario dove le montagne vicino al mare producono bianchi autoctoni di grande livello ora riconosciuti anche dal mercato”, ha aggiunto Armando Falcioni, direttore Consorzio di Tutela Vini Piceni.
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Non mancherà il palcoscenico del Vinitaly anche il Consorzio Tutela Vini Piceni presieduto dal cavaliere del lavoro Angela Velenosi. L’ente riunisce ad oggi 43 produttori marchigiani impegnati nella promozione e nella tutela vini e dei vitigni provenienti dall’area picena. Al Vinitaly racconteranno la tradizione di una terra unica attraverso assaggi delle loro eccellenze tra
cui Offida DOCG, nelle tipologie Pecorino, Passerina e Rosso, Rosso Piceno DOC, anche nella tipologia Superiore e Falerio DOC, anche nella tipologia Pecorino. Un appuntamento specifico dedicato anche al Pecorino, vitigno autoctono prestigioso che festeggerà il suo 25mo anniversario. Non solo vini durante la manifestazione, come ormai prassi consolidata di molti Consorzi, ma anche promozione del territorio. Per l’occasione il presidente del Consorzio Tutela Vini Piceni ha coinvolto giornalisti, esperti, persone legate al territorio che guideranno i visitatori alla scoperta del Piceno.”Abbiamo deciso di allestire per conto nostro lo spazio a disposizione, con l’intento di vedere rappresentata la nostra identità territoriale, le nostre istanze, il saper fare della nostra cultura territoriale, reinterpretata in chiave contemporanea come innovare nel solco della tradizione” ha dichiarato il presidente Armando Falcioni. Il Consorzio Tutela Vini Piceni è nato nel 2002, sull’onda del successo della produzione enologica del Piceno, grazie al riconoscimento di vini eccellenti provenienti da vitigni autoctoni. Obiettivo del Consorzio difendere l’impegno degli imprenditori, promuovere e valorizzare le DOC e DOCG del territorio, controllando che vengano prodotte nel rispetto del disciplinare. Il Consorzio Vini Piceni sarà al padiglione 7 insieme alla Collettiva Regione Marche. Le cantine che troverete all’interno della Collettiva saranno Vitivinicola d’angelo, Le Caniette, Azienda Agrobiologica Centtani, Carminucci Vini, Azienda Santa Liberata, Domodimonti, Cantina Offida, Cantie di Castigliano, La Pila, La Canosa, Terra Fageto, Vinicola Carassanese, Viniscola Costadoro Azienda Agrobiologica san Giovanni, Poderi dei colli , San Savino di Capecci Simone. Saranno con il loro stand, sempre all’interno del padiglione Velenosi ,Tenuta cocci grifoni, La Cantina dei Colli Ripani, Ciù Ciù, Tenuta de Angelis, Saladini pilastri, Collevite, Tenute del borgo, Vigneti Bonaventura, Poderi San Lazzaro, Cameli Irene e Il Conte Villa Prandone.
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Dire che era già tutto scritto, diciott’anni fa, sarebbe troppo. Ma che nel Dna di Ciao Darwin, uno dei programmi Mediaset più seguiti in prima serata, ci sia il vino: beh, forse non è del tutto sbagliato.
Da una saga nata “in una sera di chiacchiere da ubriachi, davanti a una bottiglia di Barolo”, tra Bonolis e l’autore Stefano Magnaghi, ci si poteva aspettare – prima o poi – la partecipazione di un vignaiolo vero. In carne e ossa. Ecco allora spuntare tra i concorrenti Francesco Patrignani, il re della Passerina “50 Sfumature“.
Uno che, addosso, ha più carne che ossa. Scelto infatti per partecipare alla puntata andata in onda ieri sera: “Integratori contro Bucatini”. I palestrati da creatina e amidi ramificati per colazione.
Contro quelli che, per colazione, non disdegnerebbero un palestrato. Scherzi a parte, ecco l’intervista concessa in esclusiva al nostro wine blog.
Francesco (nella foto, a sinistra), dì la verità: meglio il vino o i bucatini?
Direi che sono fatti l’uno per gli altri. Un buon piatto di bucatini s’abbina a un buon calice di vino. E un buon calice di vino lo si può affiancare a un buon piatto di bucatini.
Ma allora ti senti davvero “Bucatino”!
Certo, un bucatino allegro e simpatico!
Come è nata l’idea di partecipare a Ciao Darwin?
E’ nata per gioco. Sono andato al casting con la mia fidanzata Stefania Nocella e la mattina stessa ho partecipato alle selezioni
Eri un fan di Ciao Darwin?
Ho seguito tutte le edizioni precedenti, da spettatore televisivo. E penso sia uno dei migliori programmi, in cui ci si fanno grosse risate!
Come è stato l’impatto iniziale con gli studi televisivi Elios?
L’impatto con gli studi davvero emozionante, tanta gente e riflettori addosso a cui non si è abituati. Un ambiente davvero caloroso e piacevole. Ero il numero 49, potete ancora votarmi!
Il mondo della televisione potrebbe fare per te?
Mi sono trovato molto bene nella puntata, senza paura e vergogna: la cosa mi piace!
Su Paolo Bonolis e Luca Laurenti, cosa ci racconti?
Bonolis: grande persona, umile, sorridente e dalla battuta sempre pronta. Una persona grande. Laurenti, inaspettatamente, l’ho sentito parlare solo in registrazione televisiva. Una persona molto riservata.
E sulle madrine di Integratori e Bucatini, Maddalena Corvaglia e Francesca Cipriani?
Maddalena Corvaglia è troppo “asciutta”, le donne devono avere le curve! Quanto a Francesca Cipriani: beh, qui abbiamo tutte le curve! Una bella signorina dal seno accentuato, grazie alla mano artistica del chirurgo. Ma, oltre a questo, ha quei chili in più che la rendono armoniosa e molto femminile.
Ammettilo: hai promosso anche a Roma la tua Passerina 50 Sfumature?
Beh certo! Fra i partecipanti della categoria sì. Abbiamo un gruppo Whatsapp e anche lì ho potuto inviare qualche foto di questa nuova etichetta che sta facendo impazzire il web e i consumatori. Inoltre la qualità, insieme all’accattivante grafica, sta producendo i risultati sperati.
Cosa ti lascia questa esperienza da ‘portare a casa’, nelle tue Marche?
Mi lascia delle note positive e anche dei piccoli accorgimenti a cui prestare attenzione. Le note positive sono l’ottimismo e la voglia di vivere che dominava fra tutti noi.
Ci siamo fatti grandi risate lasciando i problemi di tutti giorni alle spalle. Abbiamo pensato a staccare la spina e vivere questa esperienza nel migliore dei modi.
Gli accorgimenti sono quelli di non farsi trasportare troppo dal cibo e da tutto ciò che ci tenta, rischiando di compromettere fortemente la nostra salute.
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Torna a crescere il volume e il valore delle vendite di vino nei supermercati italiani. Aumentano anche i prezzi medi, mentre la pressione promozionale rimane invariata. Sono queste le prime anticipazioni dell’istituto di ricerca Iri, in vista di Vinitaly 2016. Tra i vini più venduti d’Italia crescono Nero d’Avola, Vermentino e Trebbiano. Passerina, Valpolicella Ripasso e Nebbiolo sono gli outsider. Bene anche gli spumanti e il vino biologico. Dopo anni di stasi, insomma, si registra una crescita più decisa delle vendite di vino italiano sugli scaffali della grande distribuzione organizzata (Gdo), sia in volume che a valore. In attesa della 50° edizione di Vinitaly, che si terrà a Verona dal 10 al 13 aprile, Iri ha elaborato in esclusiva per Veronafiere i dati sull’andamento di mercato nel 2015. Le vendite delle bottiglie da 75cl aumentano del 2,8% a volume rispetto al 2014, e le bottiglie da 75cl a denominazione d’origine (Doc, Docg, Igt) del 1,9%. Rispettivamente le vendite a valore crescono del 4,0% e del 3,8%. “Una crescita doppiamente positiva – ha commentato Virgilio Romano, Client Solutions Director di Iri – perché non è stata stimolata né dalla crescita promozionale né da prezzi in calo. La pressione promozionale, infatti, rimane su livelli alti ma inalterati rispetto all’anno precedente, mentre i prezzi sono in aumento: i vini a denominazione di origine, ad esempio, hanno prezzi medi in crescita dell’1,9%. Dopo un lustro di assenza, la crescita contemporanea di volumi e valori ci lascia ben sperare per gli anni futuri”. Risultati positivi anche per gli spumanti venduti in Gdo: + 7,8% a volume e +7,5% a valore, anche se il prezzo medio è leggermente ridimensionato rispetto al 2014. I vini biologici crescono a volume del 13,2% (a valore del 23%), ma i litri venduti sono ancora limitati: un milione e 630 mila.
“IL CONSUMATORE E’ PIU’ MATURO”
“A poco più di un mese dal via del 50° Vinitaly – spiega Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere – si tratta di anticipazioni che fanno ben sperare in una crescita più strutturale del mercato interno del vino. Da sottolineare il continuo aumento delle vendite a valore, segno che il consumatore è più maturo: ricerca e sceglie la qualità. Si tratta di una strada che con Vinitaly abbiamo sempre sostenuto e promosso a livello commerciale e culturale, nelle nostre iniziative e negli incontri b2b tra Gdo, aziende e buyer”. Il vino più venduto in assoluto nei supermercati italiani rimane il Lambrusco con 12 milioni e 771 mila litri venduti, sempre tallonato dal Chianti, che vince però la classifica a valore. Al terzo posto sale lo Chardonnay, un bianco di vitigno internazionale, che cresce del 9% a volume. Si fanno notare le performance del Nero d’Avola (+4,6%), del Vermentino che cresce dell’8,5% e del Trebbiano (+5,6%). Tra i vini “emergenti”, cioè quelli che hanno fatto registrare nel 2015 un maggior tasso di crescita, il primo posto va alla Passerina marchigiana, con una progressione del 34,2% che va a bissare il successo registrato negli anni scorsi dal Pecorino (Marche e Abruzzo), classificatosi stavolta 3°. Due bianchi con prezzi medi a bottiglia di circa 4 euro. Da notare la seconda posizione del veneto Valpolicella Ripasso e la quarta posizione del piemontese Nebbiolo, che costano mediamente 7,69 euro il primo e 5,91 euro il secondo, a conferma che le crescite si leggono anche su vini importanti in termini di prezzo e di complessità. La ricerca completa verrà presentata nel corso della tavola rotonda su vino e grande distribuzione che si terrà a Vinitaly lunedì 11 aprile, alle ore 10.30 nella sala Vivaldi del PalaExpo, con la partecipazione di produttori e distributori.
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(3,5 / 5)Un vino fresco, sapido, che sembra quasi dedicato al mare e all’estate. E’ la Passerina Villa Angela Velenosi Igt di Ascoli Piceno, con i suoi richiami di frutta e la sua acidità spiccata. Di colore giallo luminoso, colpisce al naso per l’eleganza dei sentori di pera e mela, a braccetto con le fragranze di timo, biancospino, cedro e sambuco. Una leggera vena vinosa, alcolica, completa il quadro olfattivo, rendendolo ancora più complesso e deciso. Al palato, Passerina Villa Angela Velenosi è innanzitutto sapida, fresca. Le note citriche la fanno da padrona, ingentilite (di nuovo) dalla mela e dalla pera. Nel complesso, un vino adatto come aperitivo o all’abbinamento minestre di verdura, zuppe di pesce o formaggi di medio-lunga stagionatura. La Passerina deve il suo nome al buon grado zuccherino presente negli acini, aspetto che la rende particolarmente gradita dai passeri; inoltre, la forma “alata” dell’acino di questo vitigno sembra ricordare le sembianze di un passero. Autoctono delle Marche, viene lavorato dall’azienda Velenosi nei propri vigneti di Ascoli Piceno, sin dal 2007, ad un’altezza di 200-300 metri sul livello del mare. Gli acini vengono raccolti a mano dalla metà di settembre, la mattina presto o all’imbrunire, in piccole cassette che vengono immediatamente riposte all’interno di celle frigorifere. In cantina si procede quindi alla selezione dei migliori grappoli, che subiscono una soffice pressatura, a temperatura controllata. La fermentazione avviene in vasche di acciaio, tra i 13 e i 15 gradi. E’ a 10 gradi che la Passerina Villa Angela Velenosi matura (all’interno di altre vasche di acciaio) il proprio bagaglio aromatico fino al mese di febbraio, quando viene imbottigliata e commercializzata. Si differenzia rispetto altre Passerine per la propria spiccata acidità e freschezza.
Prezzo pieno: 6,50 euro
Acquistato presso: Esselunga
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) Nomi curiosi per questa accoppiata di vini che, secondo dati nazionali, sta scalando la classifica di gradimento ed è sempre più presente sulla tavola degli italiani. Passerina e Pecorino sono due vitigni autoctoni delle Marche, in particolare della zona del Piceno, entrambi a bacca bianca, che si trovano tuttavia anche in alcune zone dell’Abruzzo. La Passerina deve il suo nome al fatto che i passeri vanno ghiotti di quest’uva, particolarmente zuccherina e quindi molto gradita ai volatili. Il Pecorino, a discapito del nome, non ha nulla a che fare col noto formaggio. E’ piuttosto chiamato così in quanto un altro animale se ne ciba: le pecore, che nel periodo di transumanza spesso sostano nei pressi delle piante di uva della varietà Pecorino, razziandone le pregevoli bacche. Si tratta di due vini bianchi beverini e leggeri, che presentano tuttavia sostanziali differenze. Potrebbero essere considerati vini perfetti per un aperitivo, soprattutto nella stagione estiva. Ma se la Passerina è di più facile lettura, con le sue note molto fruttate e i sentori floreali ben ravvisabili al naso e all’assaggio, il Pecorino si mostra vino ben più complesso – oserei dire “strutturato”. Personalmente ho ravvisato addirittura note di nocciola nel finale, in grado di conferire un sapore molto più secco, deciso e caparbio, rispetto alla conterranea Passerina. Attenzione alla temperatura di servizio ottimale: 10 gradi. Entrambe le bottiglie degustate sono della casa vitivinicola Casalbordino, che produce una Passerina dei Colli Aprutini e un Pecorino Terre di Chieti, a indicazione geografica tipica, per l’annata 2013 (12,5 gradi).
Prezzo pieno: 5 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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Le vendite nella Grande Distribuzione di vino confezionato fino a 75cl nel 2014 hanno segnato un +1,5% a/a a valore e un +0,2% a/a a volume. Le bottiglie da 75cl a denominazione d’origine hanno registrato un +1,3% a/a a valore e un -0,7% a/a a volume. Queste le prime anticipazioni della ricerca dell’Iri che verra’ presentata a Vinitaly, a Verona dal 22 al 25 marzo.
La ricerca indica quali sono i vini piu’ amati dagli italiani nel 2014, grazie alla classifica dei vini piu’ venduti nella Grande Distribuzione. In vetta si trovano Chianti e Lambrusco, che da anni conquistano le prime posizioni del podio, ma che mostrano una flessione delle vendite a volume. Al terzo posto Il Vermentino, un bianco che continua a crescere di anno in anno. Tra i vini “emergenti”, cioe’ con maggior tasso di crescita nel corso del 2014, si trovano ai primi posti i vini marchigiani/abruzzesi Pecorino e Passerina, e il siciliano Inzolia.
Entra in questa classifica, per la prima volta, il laziale Orvieto. “La questione fondamentale per il 2015 ed i prossimi anni è la difesa del valore da parte delle cantine e della Grande Distribuzione – ha commentato Virgilio Romano, direttore servizio clienti Iri -. La rincorsa dei volumi come prevalente obiettivo di crescita rischia di rivelarsi controproducente”.
“Quindi sì alle promozioni, ma con intelligenza strategica. La difesa del ‘valore’ – ha spiegato Romano – passa dalla difesa dei prezzi. Ogni prezzo deve riflettere un sano equilibrio di bilancio, bilancio in cui alle principali voci di costo deve aggiungersi sempre piu’ quello della comunicazione, che deve avere tra i suoi obiettivi anche quello di trovare i consumatori di vino del domani”. Fonte: Corriere Economia
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