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Giù Chianti, Pinot Grigio e Barolo: vino italiano in crisi negli Stati Uniti


Le vendite di alcuni dei vini più iconici d’Italia stanno registrando un preoccupante calo negli Stati Uniti. Chianti, Pinot Grigio e Barolo, denominazioni che hanno fatto la storia del vino italiano all’estero, stanno vivendo una flessione significativa in uno dei mercati più importanti per il settore vinicolo mondiale.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv), il mercato americano risulta in un periodo di contrazione, con i consumi di vino scesi dell’8% in volume nei primi otto mesi del 2024. Le cause principali sono attribuibili alla riduzione del potere d’acquisto dei consumatori americani, unita a un calo della domanda nel canale on-premise (ristoranti e locali). In questo contesto, già anticipato in parte dai dati Nomisma Wine Monitor del primo semestre, le vendite di alcuni dei vini fermi italiani più rinomati stanno subendo pesanti contraccolpi.

CHIANTI, BAROLO E PINOT GRIGIO IN DIFFICOLTÀ

Il Chianti Docg è tra le denominazioni che stanno risentendo maggiormente della crisi dei consumi. In particolare, la denominazione simbolo della Toscana ha registrato un calo del 16% (stabile, invece, il Chianti Classico). Dati particolarmente preoccupanti se consideriamo il ruolo fondamentale del Chianti nel panorama delle esportazioni di vino italiano negli Stati Uniti. Non meno significativa è la battuta d’arresto del Barolo, uno dei vini più pregiati e celebrati del mondo. Il vino delle Langhe ha visto una contrazione del 6% nelle vendite. Un segnale che conferma le difficoltà anche per le denominazioni di fascia alta. I consumatori americani, che tradizionalmente apprezzano il Barolo per la sua eleganza e longevità, sembrano risentire delle difficoltà economiche, orientando i loro acquisti verso vini di fasce prezzo più accessibili.

PINOT GRIGIO IN CALO NEGLI USA: LA VERA SOPRESA DEL 2024

Una delle sorprese più inattese di quest’anno è il calo delle vendite del Pinot Grigio delle Venezie, che ha perso circa il 9% nei primi otto mesi del 2024. Nonostante la sua popolarità storica come vino bianco di facile beva e apprezzato per la sua freschezza, la denominazione paga l’impatto della riduzione dei consumi negli Usa, anche nel segmento di appartenenza. Un segnale preoccupante per un’altra denominazione che ha sempre giocato un ruolo da protagonista nelle esportazioni italiane, soprattutto tra i consumatori americani meno esperti. Quelli, cioè, che tendono a scegliere vini leggeri e immediati.

IL BOOM DEGLI SPUMANTI SALVA IL BILANCIO DEL VINO ITALIANO NEGLI USA

A fronte della crisi dei vini fermi, la situazione appare più positiva per gli spumanti italiani. Nonostante un leggero calo nel mese di agosto, la crescita del comparto spumanti è stata di +1,5% da gennaio ad agosto 2024. In particolare, il Prosecco continua a essere la locomotiva dell’export italiano negli Stati Uniti, sostenendo il comparto con un aumento delle vendite del +6% per la denominazione Prosecco Treviso e addirittura del +15% per l’Asolo Prosecco.

Questi numeri dimostrano come il Prosecco e gli altri spumanti italiani siano diventati sempre più popolari grazie alla loro versatilità, anche nel segmento dei cocktail a base di vino, che continua a guadagnare terreno sul mercato americano. In contrasto, altre bollicine, come lo Champagne, hanno subito un calo più marcato del -13%, lasciando spazio al Prosecco italiano – sostengono alcuni osservatori – per rafforzare la propria posizione.

IL FUTURO DEL VINO ITALIANO NEGLI USA

Il calo delle vendite di Chianti, Pinot Grigio e Barolo evidenzia un momento di incertezza per i vini italiani negli Stati Uniti. Se da un lato il segmento degli spumanti sembra resistere meglio alla crisi, dall’altro i vini fermi italiani, che da sempre rappresentano una fetta significativa delle esportazioni, stanno incontrando ostacoli sempre più grandi. Secondo Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), l’andamento negativo delle vendite negli Stati Uniti è strettamente legato alla diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori.

Decisive anche le incertezze economiche che si fanno sentire sul mercato. «La speranza è che con le imminenti elezioni presidenziali e un possibile taglio dei tassi, si possano registrare segnali di ripresa», commenta Castelletti. Le preoccupazioni riguardano anche il canale on-premise, dove il vino italiano ha registrato un calo del -15% nelle vendite durante il mese di agosto. Un dato che evidenzia la difficoltà nel ripristinare il consumo di vino nei ristoranti e locali dopo la pandemia.

INNOVAZIONE E QUALITÀ PER SUPERARE LA CRISI

Nonostante il contesto difficile, l’Italia mantiene la sua posizione di leader sul mercato del vino negli Usa grazie alla sua diversità e alla continua ricerca della qualità. Tuttavia, per superare la crisi, i produttori italiani dovranno essere in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti nelle abitudini di consumo, puntando su nuove strategie di marketing, investimenti nell’e-commerce e un’ulteriore valorizzazione delle denominazioni. Il successo degli spumanti dimostra che c’è ancora spazio per crescere, anche in un mercato complesso come quello statunitense. Tuttavia, sarà fondamentale sostenere la competitività dei vini fermi, soprattutto nelle denominazioni storiche e portabandiera come Chianti, Barolo e Pinot Grigio, che rappresentano il cuore dell’offerta enologica italiana.

Giù Chianti, Pinot Grigio e Barolo: vino italiano in crisi negli Usa nei primi 8 mesi del 2024. L’analisi di Unione italiana vini

 

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Nuovo aumento costi vetro: produttori vino chiedono aiuto in legge di bilancio


Nuovo aumento dei costi del vetro e nuovo appello dei produttori di vino al governo, questa volta nell’ambito della legge di bilancio. Proprio in questi giorni, l’industria del vetro sta inviando alle cantine nuove modifiche unilaterali dei contratti. La variazione delle tariffe, nell’ordine del +20%, è prevista a partire dal prossimo gennaio: si tratta – sottolinea Unione italiana vini (Uiv) – del quarto aumento imposto alle aziende nel giro di un anno.

Secondo il segretario generale Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti: «Con questa nuova modifica, il conto sul costo del vetro per il settore del vino sale in media di circa il 70% in appena 12 mesi. È un ulteriore fardello difficile da sostenere ma anche da comprendere, sia in ragione di tariffe energetiche stabili che soprattutto per il credito di imposta del 40% accordato ai comparti energivori anche per calmierare i prezzi».

A questo punto sarebbe forse più utile che fossero le imprese del vino a percepire le agevolazioni fiscali se, come riscontrato, l’industria energivora scarica comunque a valle aumenti che ora non sono più sostenibili.

In tal senso, chiediamo al governo di valutare un aiuto ad hoc nell’ambito della legge di bilancio per supportare un aumento dei costi che rischia di compromettere la competitività delle nostre imprese».

Secondo l’Osservatorio Uiv/Vinitaly, l’escalation dei soli costi energetici e delle materie prime secche (vetro, tappi, capsule, carta, cartone) riscontrata dal settore nel 2022 equivale a un aumento dell’83% rispetto ai budget iniziali. Per un totale di circa 1,5 miliardi di euro di spese aggiuntive. Un importo che penalizza i segmenti basic e popular dell’offerta enologica, sempre meno in grado di scaricare sui consumatori il surplus dei costi.

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«Frode all’Ue»: Veronafiere e Unione italiana vini nell’inchiesta

Il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ha effettuato un sequestro per oltre 2 milioni di euro per una presunta frode ai danni dell’Unione Europea nell’ambito di un’inchiesta, coordinata dalla Procura Europea, che vede tra gli indagati anche due società, Veronafiere spa e l’Unione italiana vini società cooperativa, aziende leader nel settore vitivinicolo.

Il provvedimento di sequestro preventivo, come riferisce l’agenzia Ansa, è stato firmato dal gip di Verona. La presunta truffa riguarda la partecipazione ad un bando europeo per la promozione di prodotti agricoli, nel mercato interno e nei Paesi terzi.

La Gdf nell’indagine coordinata dalla Procura Europea ha eseguito un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di oltre 2 milioni e 85mila euro a carico della cooperativa Unione Italiana Vini. Sono indagate anche tre persone fisiche, ossia l’ad di Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti, il direttore finanziario e un consulente della cooperativa.

L’ipotesi è truffa aggravata «per il conseguimento di erogazioni pubbliche di matrice unionale». La presunta frode riguarda «l’ottenimento di un finanziamento diretto di oltre 5 milioni di euro, di cui oltre 2 già erogati, in due tranche una nel 2018 e una nel 2020 dall’Agenzia Esecutiva dell’Unione Europea per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare, incassati dalla cooperativa, in qualità di beneficiario-coordinatore del progetto».

Pronto il commento di Uiv: «Unione Italiana Vini (Uiv), informata sugli sviluppi dell’indagine a carico di Unione Italiana Vini Società Cooperativa e dei suoi vertici, anche alla luce del buon operato e della trasparenza da sempre dimostrata, confida in un rapido chiarimento della vicenda ed esprime piena fiducia nella Magistratura, così come nell’operato del management coinvolto».

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Nutriscore e Beca: l’Italia del vino alza le barricate

Unione italiana vini e Federvini esprimono la loro preoccupazione e dissenso per il Cancer Plan dell’Ue e l’applicazione del sistema Nutriscore alle bevande alcoliche.

Fra una settimana al Parlamento europeo si terrà il voto decisivo sul Piano anticancro che l’Unione adotterà per arginare il male del secolo. Nel report, redatto da una Commissione di europarlamentari (Beca), il vino, come altri prodotti agricoli, è protagonista in negativo. «non esiste una quantità sicura di consumo di alcol», cita il rapporto per una tesi unicamente basata su un controverso studio Lancet di 4 anni fa.

Per Unione italiana vini «Se il Parlamento votasse il testo così com’è il 15 febbraio a Strasburgo andrà in scena l’inizio della fine del vino italiano. Un settore che chiuderà l’ultimo esercizio commerciale con l’ennesimo record storico dell’export a 7,1 miliardi di euro».

«Unione italiana vini – ha detto il Segretario Generale Uiv, Paolo Castelletti – è estremamente preoccupata. Da una parte ritiene doveroso redigere un piano anticancro. Dall’altra è convinta che il report della Commissione Beca rappresenti un mandato in bianco per equiparare una bottiglia di vino a un pacchetto di sigarette, quale prodotto dannoso di per sé, a prescindere dalle quantità».

NUTRISCORE: VOTO “F” PER IL VINO

Serge Hercberg, creatore del sistema Nutriscore, ha espresso la volontà di aggiungere al suo sistema una lettera F in campo nero, per includervi il mondo delle bevande alcoliche. Il sistema Nustriscore, che tante polemiche suscita in Europa e soprattutto in Italia, è basato su una etichettatura a semaforo.

Ogni prodotto alimentare viene schedato e giudicato con una lettera e un colore. Finora comparivano 5 lettere, da A (la migliore, secondo il sistema) alla lettera E (in campo rosso, a significare la pericolosità del prodotto giudicato). Oggi gli inventori di Nustriscore vogliono aggiungere la lettera F e tanto per sottolinearne la concezione negativa, la colorano di nero.

«È un vero affronto all’intelligenza dei consumatori – dice Micaela Pallini, Presidente di Federvini . – Rappresenta inoltre uno schiaffo per un comparto che rappresenta, da secoli, non solo una ricchezza economica, ma soprattutto un modello di vita e di civiltà. Etichettare in rosso, o addirittura in nero, un cibo o una bevanda, significa mettere alla gogna e criminalizzare un prodotto senza associarlo alle modalità o occasioni di consumo».

IL NUTRISCORE CONDANNA L’AGRICOLTURA TRADIZIONALE

Il sistema Nutriscore è stato da sempre condannato dall’Italia in quanto colpevole di disinformare i consumatori e condannare molti prodotti tipici del Belpaese. Con questo sistema vengono penalizzati prodotti come il parmigiano, la mozzarella, il prosciutto di Parma in favore di prodotti spesso sintetici e di scarso valore. Oggi toccherebbe alle bevande alcoliche, senza alcuna distinzione o valutazione nel merito.

«Questa proposta sul Nutriscore – aggiunge Castelletti – conferma un trend, a monte del quale vi è un disegno più largo su scala globale. Si tratta di un attacco al mondo della produzione agricola tradizionale. Il nostro allarme si rivolge non solo alla politica e agli attori del settore, ma a tutti i consumatori. Persone per la stragrande, maggioranza moderati e responsabili, che hanno il diritto all’autodeterminazione alimentare anche in nome della Dieta mediterranea e dei suoi valori identitari».

LE MOTIVAZIONI DEL COMPARTO VINO

Per Uiv, che assieme agli imprenditori europei del Comité Vins contesta gli assunti scientifici di un piano che accomuna i consumi compulsivi con quelli moderati, i paradossi a cui va incontro l’indirizzo politico sono numerosi.

Non si spiega, per esempio, come si voglia mettere in ginocchio un comparto che contribuisce a tenere vive le comunità rurali. Comunità che la stessa Ue sostiene con gli strumenti della Politica agricola comune. Un settore che in Europa vale 2,5 milioni di aziende con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti e sempre più all’avanguardia nelle pratiche ecosostenibili.

Per l’Italia il vino è cultura ed economia, ma soprattutto rappresenta uno dei simboli dell’Italian style riconosciuto in tutto il Pianeta. Il paradosso dato dai nuovi dogmi alimentari si scontra infine con i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità sull’aspettativa di vita.

In Europa, secondo l’Oms, Svizzera, Spagna, Italia e Francia – tra i principali consumatori di vino – sono nella top 5 europea per longevità. Inoltre il Belpaese ha diminuito i consumi di vino del 70% negli ultimi 50 anni , imboccando da tempo la strada della qualità e della moderazione.

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Vino: export da record nel primo semestre 2021

Nel primo semestre 2021 l’export italiano di vino supera per la prima volta quota 3 miliardi di euro (3,3 per la precisione). Un valore che proietta le aspettative per questo primo anno post-pandemico oltre la soglia dei 7 miliardi. Un record assoluto nella storia dell’industria vinicola italiana.

«Ora è necessario assecondare questa crescita, anche attraverso l’ausilio della promozione e del nuovo plafond di 25 milioni di euro ai nastri di partenza entro l’autunno», dichiara Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana Vini .

IL RIMBALZO DELL’EXPORT

Secondo le elaborazioni dell‘Osservatorio del vino di Uiv sui dati Istat del primo semestre di quest’anno rilasciati oggi, il rimbalzo delle spedizioni tricolori nel mondo è stato favorito dalla ripresa dei consumi nei principali Paesi clienti.

Rimbalzo evidente non solo sul 2020 (+16% il valore, ma +6% anche i volumi, sopra quota 10 milioni di ettolitri), ma anche sulla media del periodo pre-Covid (2015/18). Il segmento dei vini confezionati nel primo semestre 2021 eguaglia le performance del 2019 (+6%). Gli spumanti girano a regimi più che doppi, con ritmi straordinari negli Usa e in Germania.

Negli Stati Uniti gli spumanti italiani segnano +75% sulla media 2015/18, contro +45% della Francia. Sui vini confezionati, sempre in rapporto alla media pre-pandemia, in Usa il 2021 segna +12% contro +2% del 2019. In Germania +18% contro +5% e in Canada +19% contro +4%.

Debolezze diffuse invece in UK, dove vi è un peggioramento rispetto ai ritmi già negativi del 2019 (-8% contro -4%). In Giappone si scende in terreno leggermente negativo contro una crescita del 12% registrata prima dello scoppio della pandemia.

L’ANDAMENTO DEI VARI SEGMENTI

Venendo ai dati di confronto annuo, grazie a un balzo poderoso registrato soprattutto tra aprile e giugno, tutti i principali segmenti ad alto valore aggiunto segnano crescite. Vini spumanti a +26% (780 milioni di euro), vini frizzanti sopra soglia 200 milioni (+3%), vini fermi confezionati a +16%.

Top per i rossi a denominazione, a +23% (860 milioni di euro). In regresso solo i bag-in-box (-7%), vini che avevano fortemente beneficiato dalle restrizioni imposte dai lockdown nel 2020, e gli sfusi, che soffrono della impietosa concorrenza spagnola sulle principali destinazioni.

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Riaperture, Uiv: «Futuro del vino legato al destino della ristorazione»

«I lockdown hanno fortemente penalizzato la ristorazione e con essa il mondo del vino, che solo in Italia registra nell’ultimo anno crediti non corrisposti dall’horeca per 500 milioni di euro e mancate vendite nel “fuori casa” per 1,5/1,8 miliardi di euro», ha dichiarato il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, commentando la discussione sul Dl Riaperture all’ordine del giorno oggi in Consiglio dei ministri.

«Ora – ha aggiunto Castelletti – con le riaperture a singhiozzo previste nelle bozze del Dl Riaperture, la normalità è ancora lontana e le tensioni finanziarie si fanno sempre più forti. Per questo chiediamo al Governo di attivare con il “Fondo filiere in crisi” anche misure di sostegno per far fronte alla sofferenza dei mancati pagamenti e strumenti a sostegno della ristorazione».

Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini, la maggior presenza di vino in cantina (+3,6% sul pari periodo del 2020) è determinato da un’ultima vendemmia in crescita del 3,2%. Ne consegue che gli attuali 200 mila ettolitri in eccedenza rispetto allo scorso anno siano quasi totalmente un effetto della maggior produzione.

Lo scorso anno il mercato interno (-24% a valore) ha perso dieci volte più dell’export (-2,3%, a 6,3 miliardi di euro), con l’horeca a -38%, le enoteche a -23%, la vendita diretta a -19% a fronte di una crescita del 12% delle vendite nella grande distribuzione.

I numeri nel complesso, attenuati dalle performance delle grandi aziende che lavorano con la Gdo, non svelano però le forti difficoltà di migliaia di piccoli e medi produttori da sempre legati al comparto della ristorazione.

«Uiv ritiene – ha concluso Castelletti – che in vista delle riaperture, in particolare le più imminenti degli Stati Uniti e del Regno Unito, il settore necessiti anche di una forte azione di promozione per capitalizzare la propria immagine nel mondo e intercettare il ‘rimbalzo’ dei consumi che dovrebbe arrivare più velocemente in alcuni mercati internazionali. È necessario, dunque, aumentare il budget della misura Ocm promozione e semplificare le regole».

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Export vino: -6% negli Stati Uniti nel 2020

Brutta caduta dell’export di vino italiano negli Stati Uniti nel 2020, ma per Unione italiana vini si prospettano ampie schiarite a partire dai prossimi mesi sul primo buyer al mondo, per effetto di un rinnovato atlantismo e per gli stimoli all’economia annunciati dalla nuova amministrazione Biden.

Secondo i dati ufficiali europei, il 2020 negli Usa si è chiuso per l’export italiano con un calo a valore del 6% (a 1,425 miliardi di euro) e un significativo decremento del prezzo medio (-5%). A perdere sono in particolare gli spumanti, che dopo anni interrompono la loro corsa negli Usa, complice in particolare al Prosecco (-9%). Giù anche i fermi imbottigliati (-6%).

«Il dato – dichiara Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv – è negativo, come previsto, ma a consolare, più della crescita delle quote di mercato ai danni della Francia per l’effetto combinato dell’emergenza sanitaria e dei dazi aggiuntivi, sono le prospettive all’orizzonte nel nostro primo mercato della domanda di vino».

«Le reciproche aperture – prosegue Castelletti – per una risoluzione della questione Boeing-Airbus per sospendere le guerre commerciali incrociate e l’avvio del dialogo in materia di Digital Tax con la possibilità di accordo multilaterale fanno ben sperare».

«Altrettanto importante – conclude il segretario Uiv – sarà l’approvazione al Senato americano del piano da 1,9 trilioni di dollari per il rilancio dell’economia statunitense messo in piedi dalla nuova presidenza americana. Una “manovra” che potrebbe rilanciare l’economia americana e quindi i consumi nei prossimi anni».

Secondo Uiv sarà fondamentale per il Governo italiano favorire il processo di rilancio della partnership con gli Stati Uniti attraverso un duplice impegno: in ambito Ue per la sospensione dei dazi e a livello di G20, presieduto dall’Italia, per trovare intesa su Digital Tax. Contestualmente, in attesa del rilancio dei consumi sarà necessario investire sul mercato americano attraverso le risorse della promozione e del Patto per l’Export.

Su questi due fronti Uiv attende un cambio di marcia, nel primo caso con l’intervento del ministro alle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, in materia di semplificazione della misura dell’Ocm Promozione; nel secondo con il rilancio del “Patto per l’export” dove ancora il vino non ha trovato una sua specifica azione di piano di comunicazione istituzionale.

Per Andrea Sartori, Presidente di Casa Vinicola Sartori, sarà inoltre decisivo gestire al meglio i 2,5 miliardi di euro per l’agricoltura sostenibile previsti dal Recovery Plan. «Il futuro del nostro Paese – dice Sartori – dipende da come questi fondi verranno utilizzati con il fine di promuovere il consumo dei nostri prodotti, la sicurezza alimentare, valorizzando anche la sostenibilità ambientale. L’obiettivo è quello di riportare l’agroalimentare al centro dell’economia italiana come motore del Pil».

A preoccupare infatti non è solo l’export ma anche il calo dei consumi interni. «A causa delle restrizioni imposte – prosegue Sartori – sono stati persi 11,5 miliardi di euro in vendite di vino e, sempre nel 2020, circa 200 milioni di bottiglie di vino non sono giunte sulle tavole dei locali, per non parlare del ridotto consumo dei prodotti alimentari. Auspichiamo al più presto, quindi, che ci sia una riapertura delle attività quali bar e ristoranti, anche nelle ore serali».

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Vino italiano ancora salvo dai dazi Usa

Ancora salvo il vino italiano e immutato lo stato dell’arte dei Paesi europei colpiti da dazi aggiuntivi americani per la vicenda Airbus. È il verdetto, annunciato nella tarda serata di ieri dall’associazione statunitense degli importatori di bevande (Nabi), del rappresentante per il commercio Usa (Ustr), che non proporrà quindi revisioni alle attuali tariffe sulle merci Ue nella controversia commerciale Airbus.

Ufficialmente Ustr ha invocato un’eccezione giuridica per sospendere l’imminente “carosello” atteso per questo mese perché Ustr «e l’industria statunitense interessata concordano sul fatto che una revisione non è necessaria».  Secondo Unione italiana vini si tratta di un primo importante segnale di disgelo della nuova Amministrazione americana.

«Da giorni nei corridoi di Bruxelles si discute di una possibile mutua sospensione dei dazi Airbus-Boeing come primo atto di distensione delle relazioni transatlantiche – dice Paolo Castelletti, segretario generale Uiv – Per ora, scampato pericolo per un nuovo carosello e importante segnale da parte dell’Amministrazione Biden. Auspichiamo che i prossimi giorni segnino una svolta ancora più netta: il vino europeo confida in una rinnovata stabilità del mercato americano».

Citando le ultime revisioni nel gennaio 2021 (che hanno visto colpiti ulteriori prodotti, tra cui i vini, provenienti da Francia e Germania) il Commercio Usa ha affermato che «continuerà a considerare ulteriori azioni». In altre parole Ustr ha deciso di prendere tempo.

Secondo la National Association of Beverage Importers (Nabi), la decisione dell’Ustr di non aumentare i danni subiti dagli importatori di vino è infatti una buona notizia, tenuto conto che questi prodotti non sono in alcun modo collegati alla disputa.

La cronistoria sulla disputa Airbus-Boeing risale alla fine del 2019, quando in sede di Wto gli Stati Uniti sono stati autorizzati a imporre dazi su quasi 7,5 miliardi di dollari di beni e servizi europei importati ogni anno. Un anno dopo, la stessa Organizzazione mondiale per il Commercio ha autorizzato l’Ue a imporre tasse sui prodotti importati dagli Stati Uniti per 4 miliardi di dollari.

I dazi americani erano stati estesi a fine 2020 pochi giorni prima del termine del mandato Trump e riguardano prodotti francesi e tedeschi: +25% sui vini non frizzanti, il mosto d’uva e il cognac, e +15% su alcuni componenti aerei.

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Uiv: «Inaccettabile e fuorviante assimilare il vino al fumo»

Dura reazione di Unione Italiana Vini (Uiv) alla pubblicazione del Piano di azione della Commissione europeaEurope’s Beating Cancer Plan“, presentato oggi a Bruxelles.

«La comunicazione del Piano di azione della Commissione europea per combattere il cancro è preoccupante. Troviamo forviante – si legge nel comunicato di Uiv – il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda».

«Ancora più inique di questa premessa sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo – prosegue – con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni a volume».

«Siamo preoccupati dalle ricette proposte da DG Sante: claim obbligatori che demonizzano il vino, da un lato, e, dall’altro, le proposte di rivedere la tassazione sull’alcol e la restrizione degli acquisti transfrontalieri che rischiano di creare fenomeni di mercato nero e di contrabbando», ha dichiarato Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv.

«Non sono misure risolutive a favore di un consumo responsabile – ha aggiunto Castelletti – che rimane l’unica vera ricetta contro i rischi alcol-correlati. L’intenzione, di modificare la policy in materia di promozione potrebbe avere un serio impatto sugli strumenti della politica agricola comune che hanno l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese sui mercati internazionali».

Della stessa opinione Sandro Sartor, responsabile tavolo vino e salute Uiv e presidente di Wine in Moderation, l’associazione europea che promuove la cultura del consumo consapevole e del bere responsabile. “Sono sorpreso – ha dichiarato – nel leggere che non venga fatta distinzione tra uso e abuso in questo testo”.

«Siamo del tutto convinti – ho proseguito Sartor – che il consumo moderato e responsabile del vino, in particolare all’interno della dieta mediterranea e combinata con un sano stile di vita, sia del tutto compatibile con una vita sana e, come confermato da numerose evidenze scientifiche a tutti disponibili ed accessibili, non sembra far aumentare il rischio di cancro».

Unione italiana vini sostiene il senso generale dell’iniziativa della Commissione ed è pronta a collaborare, come già fa nell’ambito del programma Wine in Moderation. La convinzione dell’associazione che rappresenta l’85% dell’export italiano di vino, è che il rischio di cancro non possa essere valutato in maniera isolata ma nel contesto del modello culturale, alimentare, delle quantità del bere e dello stile di vita.

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Posticipata al 2022 la 29° edizione di Simei

È stata posticipata al prossimo anno la 29° edizione di Simei, la manifestazione di Unione italiana vini (Uiv) dedicata alle tecnologie per enologia e l’imbottigliamento. Inizialmente programmata dal 16 al 19 novembre 2021, si svolgerà dal 15 al 18 novembre 2022 sempre a Fiera Milano.

Il rinvio e la riprogrammazione della rassegna sono frutto di un’attenta riflessione e condivisione con Anformape, l’associazione di riferimento per il settore, e con le imprese del comparto e sono diretta conseguenza dell’emergenza sanitaria. Allo stato attuale non è infatti possibile garantire la consueta qualità del business che ha permesso a Simei di diventare negli anni la manifestazione internazionale di riferimento per il settore.

«Simei – ha detto il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – è un evento b2b complesso anche sul piano logistico e a forte propensione internazionale: diventa perciò difficile garantire con diversi mesi di anticipo un’adeguata risposta di business agli importanti investimenti degli espositori e alle attese degli operatori. Stiamo comunque studiando occasioni di analisi e incontri professionali on e off line nel corso di quest’anno per mantenere forte il legame con il comparto».

La Fiera biennale Simei, cresciuta molto anche sul fronte di tecnologie per l’imbottigliamento di altre bevande (birra, olio, spirits, succhi), ha chiuso l’edizione 2019 con 33.000 operatori provenienti da oltre 90 Paesi e più di 500 espositori. L’Italia è leader mondiale del settore con un fatturato di circa 2,9 miliardi di euro l’anno: di questi, il 70% è destinato all’export per una bilancia commerciale attiva di circa 1,8 miliardi di euro.

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Digital tax, Unione italiana vini: «Saggio rinvio del Governo»

Lo stop temporaneo alla Digital tax da parte del Governo è una decisione «tanto saggia quanto importante per il mondo del vino italiano». Parole del segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti, sul rinvio del termine per i versamenti relativi all’imposta sui servizi digitali per il 2020 dal 16 febbraio al 16 marzo 2021 e il rinvio del termine per la presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo 2021 al 30 aprile 2021.

«Il rischio di vedere, ancora una volta, i prodotti vitivinicoli travolti da una disputa internazionale e da potenziali misure penalizzanti in un momento di estrema indecisione per il contesto economico internazionale era alto», ha aggiunto Castelletti.

La tassa sui servizi digitali (Dst) era destinata ad avere definitivamente i suoi effetti in Italia a partire dal 16 febbraio. Sul tema ha fatto seguito il report del Rappresentante per il Commercio Usa (Ustr) che ha ritenuto discriminatoria l’imposizione italiana nei confronti delle imprese digitali americane, che rappresentano i 2/3 delle aziende da tassare.

Niente dazi Usa su vino italiano, esultano Uiv e Coldiretti. Ora spettro Digital tax

Secondo Unione italiana vini (Uiv), tale impostazione sarebbe stata a forte rischio di azioni ritorsive già arrecate (e poi sospese) ai danni della Francia, anch’essa promotrice della stessa imposta.

Con la tassa sui servizi digitali l’Italia prevede di concretizzare un corrispettivo di circa 700 milioni di euro; il vino italiano, che negli Stati Uniti vende il 30% del proprio export a valore (circa 1,7 miliardi di euro), sarebbe uno dei maggiori indiziati tra i prodotti tricolore a rischio ritorsione.

Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (base dogane), le importazioni di vini fermi italiani hanno chiuso i primi 11 mesi del 2020 in sostanziale pareggio (-0,1%) sul pari periodo 2019, per un corrispettivo di quasi 1,35 miliardi di dollari.

Un risultato che ha permesso al Belpaese di allungare su Francia (-31,3% a valore), Spagna (-12,3%) e Germania (-33,4%), su cui gravano i dazi aggiuntivi del 25% sui vini disposti dall’Ustr per la vicenda Airbus.

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Digital tax e dazi Usa, Uiv: «Italia a rischio ritorsioni»

È di pochi giorni fa il report del Rappresentante per il Commercio Usa (Ustr) che ritiene discriminatoria l’imposizione italiana della tassa sui servizi digitali (Dst) nei confronti delle imprese americane che rappresentano i 2/3 delle aziende da tassare. Secondo Unione italiana vini (Uiv), da qui a eventuali azioni ritorsive da parte del Commercio statunitense il passo potrà essere breve e seguire quanto già fatto ai danni della Francia, anch’essa promotrice della stessa imposta.

Pericolo doppio, quindi, per il vino italiano negli Stati Uniti, con il dossier relativo alla Dst, destinata ad avere definitivamente i suoi effetti in Italia a partire dal 16 febbraio, che si aggiunge alla controversia Aribus per la quale si attende la nuova lista di prodotti oggetto di dazi aggiuntivi a metà febbraio.

Una tensione commerciale, avviata sotto l’amministrazione Trump ma che rischia di trovare una linea di continuità anche con il mandato Biden, pesante per il vino italiano che negli Stati Uniti vende circa il 30% del proprio export a valore (oltre 1,7 miliardi di euro) e potrebbe essere ancora una volta tra i prodotti a rischio ritorsione.

Ciò che preoccupa – ha detto il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – è che se da una parte la vicenda Airbus è tutt’altro che definita per il vino italiano e si dovrà attendere il prossimo carosello di metà febbraio, dall’altra si aggiunge un altro fattore di rischio legato alle imprese digitali statunitensi, forti sostenitrici della nuova amministrazione che si insedierà a breve».

«Occorre prudenza in questa fase così delicata della politica americana, come l’Italia aveva auspicato prima dell’azione su Boeing da parte della Commissione UE a novembre. Serve – prosegue il segretario – sospendere temporaneamente gli effetti dell’imposta sui servizi digitali alla luce dei lavori in corso in ambito Ocse, anche cogliendo l’opportunità della presidenza italiana del G20 nel 2021 che potrebbe farsi promotrice di un accordo multilaterale e tendere una mano verso la nuova amministrazione Biden».

«Una finestra di opportunità – ha concluso Castelletti – potrebbe essere il decreto milleproroghe nell’ambito dell’iter di conversione del decreto-legge in Parlamento. È necessario evitare che il settore vitivinicolo, come altri prodotti simbolo dell’agroalimentare e del made in Italy siano coinvolti, come successo in Francia, in una disputa commerciale che ci vede completamente estranei».

Secondo quanto indicato dalla Farnesina, seppur in uno scenario incerto, una eventuale decisione sulle misure di ritorsione contro l’Italia sarà lasciata alla prossima amministrazione Usa, che avrà tempo fino alla scadenza dell’indagine fissata nel giugno prossimo per valutare la questione. Con la tassa sui servizi digitali l’Italia prevede di concretizzare un corrispettivo di circa 700 milioni di euro.

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Analisi e Tendenze Vino

Uiv-Ismea: tengono i consumi di spumante nelle feste nonostante il Covid

Nonostante la situazione legata alla pandemia da Covid-19 e la conseguente chiusura del canale Horeca i consumatori italiani dimostrano di non voler rinunciare alle “bollicine“, da sempre simbolo delle feste, che registrano però un effetto di sostituzione: calano i consumi dei top di gamma, Champagne in testa, a favore di prodotti più accessibili.

Secondo le stime dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv) e di Ismea, il consumo di bollicine nelle prossime festività sarà in linea con lo scorso anno sul fronte dei volumi, con 273 milioni di bottiglie tricolore vendute nel mondo sotto le feste (+1,3% sul 2019) di cui quasi 74 milioni in Italia (-2,3%), per un totale su scala globale di oltre 1,6 miliardi di calici made in Italy alzati. Diverso invece il trend a valore, segnalato complessivamente in contrazione del 9% tra domanda interna ed estera.

“Le stime sulle vendite in Italia e all’estero in questa particolare congiuntura – ha detto il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti – premiano la maggior versatilità di gamma delle bollicine italiane, in grado di reagire con più elasticità alle dinamiche di mercato. Occorre però ricordare come a fronte di una sostanziale tenuta dei volumi, anche i nostri sparkling stiano pagando un caro prezzo sulla partita del valore, all’estero come in Italia”.

Uiv – ha concluso Castelletti – ritiene quindi fondamentale monitorare un fenomeno da una parte ascrivibile al minor potere di acquisto dei consumatori e a un conseguente effetto sostituzione, dall’altra a inaccettabili condotte speculative riscontrate lungo le catene commerciali off e on line”.

Dei 77 milioni le bottiglie di bollicine consumate in Italia tra Natale e Capodanno (-2,8% rispetto al 2019), solo 3,5 milioni saranno di provenienza straniera, con un calo dell’import pari a -12,5% rispetto all’anno scorso. Va meglio l’export tricolore, in crescita del 2,7% con quasi 200 milioni di spumanti italiani prossimi al consumo.

Secondo le stime Uiv-Ismea le prossime feste varranno circa il 35% delle vendite annuali di sparkling in Italia, grazie alle vendite in Gdo e nei canali off-trade che terranno a galla un mercato del fuori casa in coprifuoco. Un effetto sostituzione della domanda italiana che se da un lato mitiga notevolmente la variazione in volume, in valore potrebbe creare al sistema una flessione del fatturato di oltre il 12%, previsto a circa 199 milioni di euro.

La produzione totale di spumanti tricolore nel 2020 si dovrebbe confermare sugli stessi livelli dello scorso anno, a 776 milioni di bottiglie a fronte di un mercato d’importazione che non arriva a 10 milioni di pezzi. L’incidenza dell’export a volume supera il 73% e quest’anno ha premiato soprattutto le denominazioni più orientate all’export, mentre quelle a metodo classico, il cui mercato è più indirizzato all’horeca italiana, hanno avuto maggiori problemi.

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Castelletti (Uiv): “Preoccupano i nuovi dazi UE su prodotti USA”

Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), si dice contrario ai nuovi dazi Ue su prodotti americani. “Riteniamo che la posizione italiana di attesa fosse la più saggia – ha dichiarato Castelletti – ma non è prevalsa”.

“La Commissione Ue, anche sostenuta da alcuni importanti Paesi dell’Unione, ha deciso di applicare i dazi contro i prodotti americani, anche in questa delicata fase di transizione, e rischia ora di provocare un’ulteriore escalation della guerra commerciale in atto con il principale buyer al mondo, gli Usa, che lo scorso anno ha importato vino dall’Ue per un controvalore di circa 4,7 miliardi di dollari“.

“A maggior ragione – ha proseguito il segretario – dopo l’esito del voto presidenziale statunitense, sarebbe stato opportuno attendere l’insediamento ufficiale della nuova amministrazione democratica prima di dare seguito alla vicenda Airbus-Boeing“. Il commento è giunto a seguito della videoconferenza del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri (Commercio) dell’Unione con all’ordine del giorno le relazioni commerciali tra Ue e Usa.

Conferenza che ha dato l’ok formale dei ministri del commercio Ue alla decisione comunitaria di imporre dazi sui prodotti importati dagli Usa per un valore di 4 miliardi di dollari come ‘rappresaglia’ alle tariffe punitive da 7,5 miliardi di dollari che Washington impone da circa un anno ai prodotti europei, in conseguenza della disputa Wto Airbus-Boeing. La lista europea comprende, oltre al settore aeronautico, anche prodotti agricoli a stelle e strisce, replicando l’approccio di Washington.

Per Castelletti “è ora possibile un rischio di ‘retaliation’ da parte degli Stati Uniti, che potrebbero così decidere di aumentare le tariffe in vigore o includere altri prodotti come il vino italiano, che sino a oggi è stato escluso dal paniere dei dazi aggiuntivi”.

“Uno scenario – ha aggiunto – che potrebbe arrivare nel momento peggiore colpendo un mercato di sbocco che quest’anno ha contribuito ad alleggerire le perdite nell’export globale del vino made in Italy, proprio ora che è costretto a subire anche pesantissimi lockdown in Italia e all’estero”. Gli Usa nel 2019 hanno importato vino italiano per un valore di 2 miliardi di dollari. Complessivamente gli Stati Uniti ordinano dall’Europa oltre il 75% delle proprie importazioni di vino, che a livello globale valgono 6,2 miliardi di dollari.

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Confesercenti Lombardia e Uiv contro l’ordinanza anti Covid di Regione Lombardia

Confesercenti Lombardia e Unione Italiana Vini (Uiv) si schierano apertamente contro l’ordinanza anti Covid di Regione Lombardia che prevede, fra l’altro, il divieto della vendita per asporto di qualsiasi bevanda alcolica da parte di tutte le tipologie di esercizi pubblici, nonché da parte degli esercizi commerciali, compresa la grande distribuzione, e delle attività artigianali dalle ore 18.00 e l’anticipo alle ore 23 del ‘coprifuoco antimovida‘ già disposto dalle ore 24.

Siamo convinti che le scelte relative alle limitazioni sui consumi degli alimenti e dei vini dovrebbero essere adottate secondo il principio di proporzionalità, con l’obiettivo di evitare ulteriori penalizzazioni a migliaia di imprese vitivinicole e a un settore già fortemente penalizzato dalle restrizioni dei mesi precedenti e, in generale, dalla pandemia che ha fortemente limitato i consumi”, si legge nella lettera inviata oggi da Uiv al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.

“Siamo fermamente sostenitori di una stretta collaborazione tra mondo imprenditoriale e istituzioni regionali nell’attuale contesto – commenta Paolo Castelletti, segretario generale Uiv – ma questa limitazione, oltre a non avere impatto sulla possibilità di aggregazione, priva il settore di una fonte di reddito alternativa e compensativa a quella derivante dai consumi nella ristorazione e infligge un nuovo colpo al settore già fortemente provato”.

Gianni Rebecchi, Presidente di Confesercenti Lombardia, descrive il disappunto di una categoria che negli scorsi mesi ha investito molto per elevare i livelli di sicurezza dentro e fuori i propri locali, nella consapevolezza di dover fare la propria parte nella lotta contro la pandemia.

Ci aspettavamo dalla autorità degli interventi più puntuali e circoscritti alle situazioni dove le regole non vengono rispettate, anziché un intervento a tappeto che colpisce tutti indistintamente – prosegue Rebecchi – Bar, pub e ristoranti, alberghi e strutture ricettive hanno investito molto per garantire la sicurezza dei cittadini, dei consumatori e dei lavoratori”.

Solo con l’annuncio di una nuova stretta nei giorni scorsi è stato perso il 20% del fatturato, che tradotto significa circa un miliardo di euro sfumato in un solo mese. Percentuale che nei prossimi 30 giorni, secondo Confesercenti, salirà fino a toccare il 40%.

Si tratta di un ulteriore colpo per un settore estremamente provato dalla crisi economica, dal lockdown e dallo smart-working – afferma il portavoce Fiepet-Confesercenti Lombardia, Vincenzo Butticé – Occorre ricordare che dietro a queste attività ci sono famiglie di imprenditori e lavoratori che vivono grazie alle loro aziende. Il tessuto socio-economico di ogni città è gravemente in pericolo”.

“Chiudere in anticipo e in maniera indiscriminata le attività potrebbe portare poi più danni che benefici, con operatori sempre più in difficoltà e cittadini che lasceranno la sicurezza dei locali per andare in strada, dove sarà minore la possibilità di controllare distanziamento e rispetto delle regole”.

“Chiediamo di rendere disponibili da oggi nuovi aiuti economici – conclude Butticé – Interventi di sostegno certi, rapidi e adeguati, destinati alle imprese che entrerebbero in crisi per effetto delle restrizioni. Un ritardo è inammissibile: significherebbe la morte delle attività e un sistema economico che rischia di collassare. Occorre agire sui costi fissi, come affitti, Tari e Cosap, con interventi decisi ma troppo spesso lasciati alla libera iniziativa di amministratori locali e quindi disomogenei sul territorio e del tutto insufficienti”.

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Castelletti (Uiv): “Sentenza Wto-Boing non sia boomerang per il vino italiano”

La sentenza ufficializzata ieri dal Wto che ha autorizzato l’Unione Europea a imporre dazi per 4 miliardi sugli Usa per gli aiuti concessi alla Boeing rischia paradossalmente di rivelarsi un boomerang per il vino italiano se non si dovesse trovare una soluzione negoziata.

Confidiamo – ha dichiarato oggi Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv) – nel buon senso dell’Ue e dell’Italia nel ritenere opportuno attendere lo svolgimento delle elezioni americane e soprattutto chiediamo di mantenere agricoltura e vino fuori dalla lista dei prodotti statunitensi da sanzionare. Il pericolo di ritorsione americana su questi comparti, e quindi sui vini italiani, è allo stato dell’arte più che probabile”.

Risoluzione che segue un’analoga decisione a parti invertite relativa ad Airbus, con gli Usa autorizzati lo scorso anno ad applicare sanzioni per un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari all’Unione europea.

“I prossimi giorni – ha aggiunto Castelletti – saranno decisivi per capire quale sarà l’orientamento Ue e se prevarrà la scelta di adottare ‘contro-dazi a specchio‘ rispetto a quelle americane, e quindi anche ai vini e all’agroalimentare. Opzione che consideriamo molto pericolosa per il futuro commerciale delle etichette tricolore che attualmente primeggiano nelle vendite verso gli Usa, principale buyer mondiale di vino”.

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Abbona (uiv): appello all’Ue, per la Brexit serve un paracadute normativo sugli scambi

“Il nulla di fatto nell’ultimo ciclo di negoziati sulla Brexit è motivo di forte preoccupazione per il futuro del vino italiano in un mercato fondamentale per il nostro export”, ha detto oggi il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Ernesto Abbona, in merito alla chiusura senza risultati dei negoziati tra Ue e Regno Unito sulle future relazioni in regime di Brexit.

“Con un no deal – prosegue Abbona – si rischia, nella migliore delle ipotesi, una babele burocratica senza precedenti negli scambi; nella peggiore, diverse regole per l’etichettatura fino all’adozione di possibili dazi. Per questo ci appelliamo all’Unione europea affinché sia disposto un paracadute normativo transitorio per mantenere lo status quo negli scambi per un periodo di 12-18 mesi, vista l’impossibilità un adeguamento normativo in tempi così stretti”.

Per, Paolo Castelletti, segretario generale Uiv, “L’incertezza sulle regole da adottare in tempi brevissimi sta generando fortissime preoccupazioni tra le imprese del vino in un mercato che rappresenta il terzo sbocco al mondo per il nostro export e che sta già pagando un prezzo molto alto al Covid-19. Nel primo semestre 2020, secondo i dati Istat rilasciati ieri ed elaborati dal nostro Osservatorio, la contrazione export a valore del vino made in Italy in Gran Bretagna è stata pari a quasi il 10% sullo stesso periodo 2019, con gli sparkling a -19,8%”.

Nel periodo in calo anche il prezzo medio, per un valore delle esportazioni che Oltremanica ha sfiorato i 310 milioni di euro. Nel 2019 il Regno Unito – secondo Paese importatore al mondo dopo gli Usa – ha acquistato vino dall’estero per quasi 4 miliardi di euro complessivi.

Secondo il Wsta, che rappresenta il mercato del vino in Uk, ad oggi il prodotto enologico proveniente dall’Europa non è soggetto ai test di laboratorio e ai controlli per il certificato export vino (VI-1) previsti per i Paesi terzi – il 55% del vino consumato nel Regno Unito è importato dall’Ue – ma tutte le regole di certificazione cambieranno, con o senza accordo, dal 1 gennaio 2021, quando tutto il vino importato dall’Europa sarà invece soggetto a questi controlli.

Si prevede che l’aumento di burocrazia che ne deriverà genererà più di 600 mila documenti cartacei – un incremento triplo per gli ispettori del settore – e costerà al commercio di vino britannico 70 milioni di sterline in più all’anno, con conseguenti rincari sul prezzo del vino e una caduta del potere di scelta dei consumatori. Secondo l’Osservatorio Uiv, che ha elaborato i dati Istat del primo semestre, anche l’Italia, come la maggior parte dei Paesi produttori di vino, sperimenta a giugno un arretramento delle esportazioni.

Da gennaio a giugno il saldo a volume segna infatti -2,1%, a 10 milioni di ettolitri, per un valore sceso del 4,1%, a 2,9 miliardi di euro. Dal 2010, è la prima volta che il valore delle spedizioni registra il segno negativo nel primo semestre, accompagnato per ora da una meno drastica limatura dei listini, scesi in media del 2%. A soffrire è proprio la componente valore, che intacca sia gli spumanti (-8%), sia i vini fermi (-3%), in particolare quelli veicolati sul settore Horeca, che ha patito in questi mesi i lockdown decisi dai vari Paesi.

Se Spagna e soprattutto Francia sommano al Covid-19 le problematiche in America (tariffe) e Cina, l’Italia – meno esposta sulla piazza cinese e per ora graziata dall’applicazione di nuove imposte in Usa – sconta per ora i soli effetti della pandemia sui consumi, che si stanno traducendo nella penalizzazione dei vini destinati alla ristorazione compensata in parte dall’aumento dei prodotti più presenti sul circuito della grande distribuzione, con l’effetto”insicurezza” che spinge il consumatore a ricercare vini e brand già noti, a discapito della voglia di nuovo o di speciale.

Ecco spiegati gli impatti pesanti per i rossi Dop, in particolare toscani e piemontesi, che segnano cali anche sulla componente volumica (-7%), mentre per ora i bianchi a denominazione compensano sul valore con l’aumento delle forniture a volume (+5%), trainati dalle buone performance del “rassicurante” Pinot grigio in Usa e UK. Discorso analogo per la spumantistica, dove se il Prosecco contiene le perdite a valore a -4% (con cali sia in Usa che in UK), i Dop – quindi metodo classico e affini – vanno sotto addirittura del 40%. In controtendenza positiva i frizzanti (+5% volumico e +2% valore), che si confermano prodotto domestico e da tutti i giorni, indenne quindi dalle vicissitudini del canale Horeca.

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Web Tax 2020 e ritorsioni Usa: timori per nuovi dazi sul vino. Agosto mese “caldo”

Prevenire anziché combattere. C’è preoccupazione nella filiera del vino italiano per l’apertura di nuove indagini degli Stati Uniti sulla Web Tax, provvedimento al vaglio di molti Paesi dell’Unione europea per regolamentare la tassazione di colossi americani del web come Google, Amazon e Facebook.

L’Italia ha già inserito la Web Tax nel testo della Legge di Bilancio 2020, prevedendo maggiori introiti per oltre 100 milioni di euro. Alto, dunque, il rischio di ritorsioni. Donald Trump potrebbe infatti imporre nuovi dazi sul vino e su altri prodotti Made in Italy, come successo in Francia con lo Champagne.

Sarebbe una vera e propria stangata per il Bel paese in un momento già drammatico per le esportazioni, che risultano in calo del 43,4% ad aprile a causa del lockdown utile ad arginare la pandemia Coronavirus.

A condividere la preoccupazione dei produttori del settore vitivinicolo sono Coldiretti e Unione italiana vini (Uiv). La federazione guidata da Ettore Prandini è stata la prima a fare esplicito riferimento all’apertura di nuove indagini sulle tasse sui servizi digitali da parte dell’Ufficio del Rappresentante al Commercio degli Stati Uniti.

Si tratta appunto dell’Ustr, lo stesso organismo che ad agosto 2020, alla scadenza del Docket Ustr-2019-0003 relativo al contenzioso Boeing-Airbus, potrà nuovamente mettere in discussione la lista di prodotti italiani da sottoporre a una tassazione maggiore. Includendo questa volta anche il vino italiano.

“Le difficoltà economiche – denuncia Coldiretti – sembrano far riemergere tentazioni protezionistiche da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, già in difficoltà per le proteste in atto in tutto il paese per la morte dell’afroamericano George Floyd, soffocato durante un arresto a Minneapolis il 25 maggio scorso”.

La minaccia riguarda direttamente l’Italia e l’Unione Europea che nell’ambito del nuovo piano di aiuti da 750 miliardi di euro, il cosiddetto Fondo per la Ripresa o ‘Next Generation Eu, potrebbe anche includere una nuova tassa sul digitale, la cosiddetta Web Tax”.

La nuova guerra commerciale rischia di avere effetti devastanti sul settore agroalimentare Made in Italy, già penalizzato dall’entrata in vigore dei dazi il 18 ottobre 2019, con l’applicazione di tariffe aggiuntive del 25% su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari nazionali.

Si parla di prodotti come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Provolone, Asiago, Fontina, ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.

“Gli Stati Uniti sono il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e il terzo a livello generale dopo Germania e Francia – denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – occorre dunque impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza Coronavirus”.

Sulla possibilità di nuovi dazi sul vino italiano vigila anche Unione italiana vini (Uiv). “Siamo molto preoccupati dall’apertura negli Usa della nuova indagine sulle tasse sui servizi digitali Web Tax perché rischia di colpire i nostri vini, come successo con gli Champagne nell’analoga vicenda subita dalla Francia”, commenta il segretario generale Paolo Castelletti (nella foto) interpellato da WineMag.it

La coincidenza temporale tra questa nuova ‘indagine’ e la riapertura della public consultation del rappresentante del commercio americano (Ustr) sulla vicenda Airbus-Boeing, che porterà a metà agosto al prossimo ‘carosello’ daziario al quale il vino italiano è scampato lo scorso febbraio, rischia di creare una situazione ulteriormente sfavorevole, che dobbiamo in ogni modo disinnescare“.

“Il vino non può pagare il prezzo di dispute estranee al settore – aggiunge Castelletti – tanto più in questa fase così delicata dei mercati, in cui dobbiamo ricostruire in tempi rapidi quel posizionamento internazionale che la vicenda Covid ha indebolito”.

Unione Italiana Vini si è mobilitata con i suoi partner importatori americani. L’obiettivo è quello di pianificare una serie di interventi nelle prossime settimane, utili a scongiurare l’ipotesi di nuovi dazi.

“Siamo in contatto, altresì, con il nostro governo e l’Ambasciata d’Italia a Washington per avere maggiori informazioni sullo stato dell’arte di queste nuove iniziative che potrebbero creare nuovi ostacoli al commercio dei nostri prodotti negli Stati Uniti”, annuncia ancora Paolo Castelletti a WineMag.it.

Non hanno abbassato la guardia neppure i vignaioli italiani promotori di una raccolta firme durante la prima tornata di paventati dazi, a inizio 2020. Le firme dei produttori, giunte a Roma e Bruxelles, sono servite a fare pressioni sul governo americano e oggi tornano utili.

Così la portavoce Marilena Barbera a WineMag.it: “La nuova tornata di investigazioni da parte dell’Amministrazione Trump sulle digital tax non ci coglie di sorpresa, come accadde invece all’inizio di quest’anno. L’esperienza acquisita sul campo, nell’attività di sensibilizzazione e mobilitazione dell’opinione pubblica e degli esponenti politici sia italiani che europei, gioca a nostro favore”.

Giocano a nostro favore anche i risultati positivi che abbiamo ottenuto: quasi 25 mila firme sulla nostra petizione, consegnata a metà gennaio nella mani della Ministra Teresa Bellanova, la risposta diretta e positiva del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, il coordinamento con un gruppo molto attivo di importatori americani, con i quali abbiamo condiviso la battaglia sulle due sponde dell’oceano. Risultati importanti, che hanno contribuito a risparmiare al vino italiano l’imposizione di dazi che ancora gravano, invece, sui vini francesi”.

“Il fatto che la procedura sia ancora agli inizi – ammonisce Marilena Barbera – non deve far assopire la nostra attenzione, al contrario! È proprio questo il momento di agire, coinvolgendo nuovamente tutti gli attori che hanno reso possibile il successo della nostra prima iniziativa, presentandoci compatti ai tavoli delle trattative e chiedendo ai nostri rappresentanti istituzionali di essere determinati, oggi come ieri, in difesa del Made in Italy e del nostro lavoro”.

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Analisi e Tendenze Vino

Andrea Verlicchi è il nuovo presidente di Med.&A.

Rinnovo dei vertici per Med.&A. L’Associazione Nazionale Agenti d’Affari in Mediazione e Agenti di Commercio, in un’inedita assemblea virtuale svoltasi in conference call, ha eletto il nuovo consiglio direttivo e il presidente per il triennio 2020/23.

A prendere in mano le redini dell’Associazione è Andrea Verlicchi, che raccoglie l’eredità di Carlo Repetto, alla guida dal 2013. Ad affiancare Verlicchi saranno i due vicepresidenti, Patric Lorenzon (vicario) e Andrea Braconi. Completano il consiglio direttivo Carlo Miravalle e Federico Repetto.

“Desidero ringraziare tutti i soci e i consiglieri per la fiducia che hanno riposto nella mia persona – sono le prime parole del neopresidente – In particolare, inoltre, voglio ringraziare due persone: la prima ovviamente è Carlo Repetto, per il lavoro svolto in tutti questi anni a favore della nostra associazione e del ruolo dell’agente mediatore. Se oggi la nostra figura si muove in un perimetro certo e riconosciuto da tutti è proprio grazie all’abnegazione con cui Carlo si è adoperato in tutte le sedi”.

“E siccome le sedi sono importanti – ha proseguito Verlicchi – arrivo alla seconda persona che merita un particolare ringraziamento: Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini, che per primo ha davvero capito l’importanza del nostro lavoro a fianco del settore vitivinicolo, spendendosi per far sì che Med.&A. fosse sempre più integrata e partecipe della vita associativa, e dotandola per questo di un vero statuto. Questo connubio, che da presidente mi impegnerò a coltivare e rafforzare ancor di più, è un bene prezioso per noi e per la stessa Unione Italiana Vini, e a Paolo va dato merito di aver lavorato per questo obiettivo”.

“Dal nostro punto di vista – ha concluso il neopresidente – non faremo mancare impegno e partecipazione, soprattutto sul fronte dell’etica professionale: non dobbiamo mai dimenticare che forniamo un fondamentale servizio di cerniera ed equilibrio tra differenti esigenze del mondo industriale e di quello agricolo”.

Med.&A. conta 25 società affiliate, in rappresentanza di un centinaio di operatori del settore, che trattano circa 15 milioni di ettolitri di vino l’anno per un giro d’affari che sfiora il miliardo di euro. “Un’associazione strategica per Unione Italiana Vini e per tutta la filiera – ha affermato Paolo Castelletti – che negli anni, con l’evolversi continuo degli scenari in cui si trovano a operare i suoi affiliati, ha sentito sempre più pressante l’esigenza di dotarsi di una vera governance e di regole interne”.

“Un’esigenza che come UIV avevamo l’obbligo di raccogliere e che – conclude Castelletti – grazie anche al lavoro profuso da Carlo Repetto, siamo riusciti a portare a termine. Oggi, questa elezione dei vertici è inedita sotto più punti di vista: si è fatta a distanza e soprattutto, per la prima volta, secondo uno statuto depositato”.

“Sono felice di aver dato un contributo fattivo alla crescita di questa nostra associazione – ha infine detto Carlo Repetto – è stato un piacere collaborare con tutti e sarà un piacere collaborare ancora. Abbiamo gettato le basi per crescere, soprattutto perché abbiamo creato all’interno, tra di noi, uno spirito di leale collaborazione e di rispetto reciproco. Sono certo che sotto la guida di Andrea potremo fare bene anche nei prossimi anni”.

Romagnolo Doc, Andrea Verlicchi nasce nel 1965, in una famiglia di mediatori, sia il nonno che il padre, che hanno sempre posseduto vigneti. Perito agrario, ha iniziato l’attività lavorativa con suo padre nel 1987. Nel 1989 ha creato la Impex, società di mediazione, allargandone il raggio d’azione nel giro di pochi anni da nazionale a internazionale, occupandosi oggi di trattative sia sullo sfuso che sull’imbottigliato, con all’attivo sei persone.

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“Vendemmia verde con risarcimento”: la filiera del vino scrive ancora a Bellanova

ROMA – “Uso dell’alcol di emergenza, distillazione controllata, vendemmia verde con risarcimento al viticoltore e ammasso privato”. Queste le richieste che la filiera del vino intende portare all’attenzione del Ministro delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali, Teresa Bellanova, per superare lo stallo del comparto generato da Covid-19. Ecco dunque la terza lettera indirizzata al governo da Confagricoltura, Cia, Alleanza delle Cooperative Italiane, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi.

È attesa da giorni anche una risposta di Bellanova alla proposta avanzata da WineMag.it in merito a un potenziale “soccorso” della Gdo al settore Horeca, con la mediazione del Ministero, per stilare un “Patto sul vino di qualità” nella Grande distribuzione organizzata. Un’idea che piace a Coldiretti nazionale e che gode del favore del segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti.

Patto sul vino di qualità, sì di Unione italiana vini a storico accordo Gdo-Horeca

Le nuove richieste delle associazioni di filiera convergono con quelle contenute nel Piano Salva Vigneti di Coldiretti, nonché sulla proposta di Assodistil relativa alla distillazione volontaria. Un’ipotesi, quest’ultima, ormai al vaglio del Mipaaf, come confermato proprio ieri da Bellanova.

“Per il settore vitivinicolo – ha annunciato il ministro – stiamo valutando un intervento per la distillazione volontaria. La priorità è utilizzare i fondi Ocm, chiedendo l’attivazione della misura distillazione di crisi a livello Ue”.

“Prima però – ha aggiunto Bellanova – occorre verificare quante risorse dell’Ocm non saranno spese entro il 15 ottobre 2020. Nel caso l’intervento non dovesse essere sufficiente proporremo nel DL una misura specifica integrativa”.

La crisi del settore del vino al cospetto di Covid-19, del resto, unisce in un unico coro piccoli e grandi produttori. Lo dimostrano i recenti appelli a Bruxelles della Confédération européenne des vignerons indépendants (Cevi, a cui per l’Italia aderisce Fivi) e dell’European Federation of Origin Wines (Efow).

LE PROPOSTE DELLA FILIERA

“In questo momento la priorità è garantire liquidità, fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa e dei suoi dipendenti, in attesa della ripartenza delle attività economiche”, ribadiscono le organizzazioni dopo la prima lettera in materia di misure economiche e fiscali a sostegno della liquidità delle imprese e la seconda sulla concessione di proroghe nella tempistica delle domande Ocm e di deroghe nell’esecuzione dei programmi, investimenti e promozione.

Le proposte riguardano il sostegno del mondo agricolo e vitivinicolo in particolare per il quale la filiera chiede l’avvio di un confronto immediato con l’obiettivo di individuare al più presto una strategia di sostegno e rilancio del settore, uno dei comparti agricoli più rilevanti per l’economia italiana.

Nello specifico, sono quattro le ipotesi avanzate dal mondo del vino per far fronte all’impatto dell’emergenza sul mercato vitivinicolo, in particolare nel segmento on-trade e nella vendita diretta in cantina, caratterizzato da una riduzione delle vendite.

La prima proposta riguarda l’uso dell’alcol per l’emergenza con l’opportunità per i produttori vinicoli di destinare vino da tavola in giacenza alla distillazione, al fine di ricavarne alcol ad uso medicale, a disposizione della Protezione Civile.

Le distillerie si dovrebbero fare carico del prelievo del prodotto, del trasporto e della distillazione. Resta inteso che, in questa catena, nessun anello dovrà conseguire un profitto. A ciò si aggiunge la necessità di fissare una misura di distillazione per far fronte alle giacenze e alla potenziale mancanza di capienza nelle cantine per le uve e i mosti per la prossima vendemmia.

Le organizzazioni ritengono però che debbano essere poste alcune specifiche condizioni per l’attivazione che, innanzitutto, “deve restare volontaria e non obbligatoria“. “Inoltre dovrà essere finanziata da adeguate risorse economiche, preferibilmente all’interno di un nuovo budget di emergenza per il settore a livello europeo”.

Con l’obiettivo, spiega la filiera del vino italiano, “di porre rimedio allo shock di mercato e alle conseguenze patite dai produttori, evitando distorsioni nel segmento dell’alcol uso bocca“.

Allo stesso tempo, “la misura della distillazione dovrà essere seguita, già a partire dalla prossima campagna vitivinicola, da una modifica delle disposizioni nazionali in materia di rese massime di uva per ettaro per i vini non a indicazione geografica, che tenga tuttavia conto delle diverse specificità produttive territoriali.

VENDEMMIA VERDE CON RISARCIMENTO

Tra le proposte più significative avanzate dalla filiera del vino a sostegno del settore agricolo c’è anche la misura della vendemmia verde. La filiera auspica che la misura possa essere attivata dalle regioni, con l’obiettivo di ridurre la produzione per la successiva campagna vendemmiale e che il Ministero proceda a una rimodulazione dell’attuale dotazione del Pns.

“In via generale – spiega la filiera – lo strumento della vendemmia verde, è destinato all’eliminazione del prodotto mentre si potrebbe esplorare la possibilità di introdurre una nuova misura transitoria destinata alla riduzione volontaria delle rese con un risarcimento al viticoltore o procedere con una modifica della misura stessa”.

“Data la mancanza di forza lavoro nella fase dell’anno nella quale la vendemmia verde è normalmente attivata (mese di giugno), il mondo del vino chiede inoltre lo spostamento del calendario, dando la possibilità di esercitarla anche nel mese di luglio”, continuano le associazioni nella terza lettera inviata alla ministra Teresa Bellanova.

L’ultima richiesta della filiera riguarda invece la possibilità, per alcune produzioni vitivinicole temporaneamente eccedenti o con difficoltà di sbocco sul mercato, di ricorrere all’ammasso privato per una parte del quantitativo in giacenza.

Questa misura, che piace appunto anche ai vigneron europei della Cevi, “potrebbe essere di supporto per alcune produzioni da invecchiamento che non troverebbero subito mercato nei mesi estivi quando auspicabilmente potrebbe riaprire il canale Horeca“.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Patto sul vino di qualità, sì di Unione italiana vini a storico accordo Gdo-Horeca

EDITORIALE –Unione italiana vini è disponibile al confronto e pronta a condividere idee e proposte su come il vino italiano potrebbe essere valorizzato ancora di più attraverso la Grande distribuzione organizzata“. Il segretario Uiv Paolo Castelletti commenta così la proposta di WineMag.it di un tavolo coordinato dalla ministra Teresa Bellanova al Mipaaf, che coinvolga i principali attori della filiera del vino italiano – comprese le realtà al momento estranee dal segmento Gdo come la Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi) o VinNatur – allo scopo di redigere un “Patto sul vino di qualità” nella Grande distribuzione.

Un avallo, quello di Uiv, che arriva a pochi giorni da quello di Coldiretti, che si è detta pronta ad aderire alla discussione attraverso il responsabile nazionale settore Vino, Domenico Bosco. Una soluzione, quella del tavolo ministeriale Gdo-Horeca, che potrebbe avere risvolti positivi anche al termine dell’emergenza Covid-19, preservando almeno in parte le piccole e medie imprese dal pericolo dei dazi internazionali.

“Non dimentichiamo – sottolinea Paolo Castelletti – che già oggi, e sempre di più, la Gdo è orientata a offrire al consumatore la più vasta gamma di prodotti, anche ad alto valore aggiunto. Al contempo, la crisi che stiamo vivendo da più di un mese, oggi mette in ginocchio, più di ogni altra cosa, il canale on-trade, dove si vende il 33% del vino italiano, vale a dire circa 7 milioni di ettolitri solo in Italia. “Un segmento martoriato dal ‘lockdown’ e dall’azzeramento del turismo”.

“Chiediamo perciò al governo misure a favore di queste imprese – aggiunge a WineMag.it il segretario di Unione italiana vini – soprattutto Pmi con una forte propensione al mercato nazionale, che più di ogni altro stanno pagando la crisi, con ingenti interventi di liquidità”.

“Fondamentale, infine, dare ristoro al mondo horeca: temiamo, infatti, che tanti piccoli esercizi (enoteche, ristoranti, wine bar) possano scomparire a seguito della crisi. Quindi diciamo: bene i tavoli con la Grande distribuzione, ma allarghiamo la discussione a tutti gli attori di tutti i segmenti dove le aziende hanno creato valore, altrimenti la ripresa sarà molto dura”.

Mentre è attesa per le prossime ore una presa di posizione ufficiale della ministra Teresa Bellanova, i rumors che arrivano dall’Horeca e dalla Gdo risultano sempre più preoccupanti.

Da un lato centralini intasati dei buyer delle maggiori insegne nazionali della Grande distribuzione organizzata, chiamati a rispondere al pressing di numerose cantine – anche di grandi dimensioni – ora disponibili alla vendita delle linee di vini Horeca sugli scaffali della Gdo (impensabile, prima della crisi Covid-19).

Dall’altro, numerose cantine abituate a operare prevalentemente nei supermercati stanno contattando i pochi operatori Horeca rimasti aperti (prevalentemente enoteche, in importanti città italiane, come Milano) per “piazzare” a prezzi stracciati interi bancali di vino a Denominazione (Doc e Docg).

Una situazione paradossale, che dimostra la necessità di interventi immediati da parte del Governo, utili a evitare intrecci d’interessi incompatibili, se non regolamentati all’interno di un “Patto sul vino” che preservi gli operatori e i vignaioli abituati a dialogare con l’Horeca e offra alla Gdo la possibilità (forse irripetibile) di alzare l’asticella della qualità del vino a scaffale. Nell’interesse assoluto del Made in Italy enologico.

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Fenomeno Pinot Grigio Italia: +83% di superficie in 10 anni. La fotografia

Il Pinot Grigio è tra i vitigni più coltivati in Italia, con una crescita degli impianti che dal 2010 ad oggi ha fatto segnare un + 83% di superficie vitata (dai 17mila ettari del 2010 ai 31mila del 2018), nonché il primo vino Italiano bianco fermo per volumi di esportazione. Per comprendere il “fenomeno” Pinot Grigio Italia è sufficiente evidenziare che dei 67mila ettari mondiali vitati a questa varietà, 31.360 si trovano in Italia (47%), di cui l’87% nel Triveneto, che detiene così il 41% di quella mondiale.

Proprio il Pinot Grigio è stato il tema della riunione congiunta che si è tenuta quest’oggi tra Uiv (Unione italiana vini) e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari per la presentazione dei dati elaborati dall’Osservatorio del Vino di UIV circa la produzione e commercializzazione dei vini imbottigliati base Pinot grigio in Italia nelle diverse aree produttive.

Obiettivo dell’incontro è stato quello di restituire ai produttori del “Pinot Grigio Italia”, che hanno commissionato tale ricerca a Vinitaly 2019, oltre ai dati strutturali legali alle superfici coltivate in tutte le regioni italiane, alcuni spunti di riflessione sul potenziale produttivo e alla “geografia” dei vigneti, sulla produzione, sui volumi di vino imbottigliato e sulle giacenze.

I dati sui quali è stata effettuata l’elaborazione sono stati forniti dall’organismo pagatore nazionale Agea, dai principali organismi di controllo e dal registro telematico SIAN (fonte ICQRF) con riferimento all’anno 2018.

La produzione va di pari passo con 2,2 milioni di ettolitri l’anno di Pinot Grigio Italia, di cui 1,7 milioni di Do-Ig provenienti dal Triveneto (75%), che si traducono in 298 milioni di bottiglie nazionali, di cui 168 milioni delle Venezie.

“È fondamentale – commenta Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini – impostare una strategia di monitoraggio delle produzioni, per comprendere come sta evolvendo la situazione di questo importante vino italiano. Solo così potremo consentire alle imprese di svolgere in maniera consapevole le migliori valutazioni sulla realtà del mercato e intraprendere opportune strategie di governo dell’offerta e le conseguenti scelte commerciali”.

Questa iniziativa, sostenuta da UIV e Alleanza Cooperative Agroalimentari su richiesta e sollecitazione degli stessi produttori di Pinot grigio a livello nazionale, va in questa direzione e il dato messo a disposizione dei produttori potrà certamente essere utile per incoraggiare le scelte dei territori nei prossimi mesi”.

Uiv e Alleanza Cooperative Agroalimentari hanno approfittato dell’incontro odierno per presentare anche un’esclusiva indagine di mercato elaborata da Wine Intelligence sulla percezione e le attitudini di consumo del Pinot grigio italiano sui mercati americano, inglese e tedesco, da cui emergono sia punti di forza, come la profonda conoscenza della varietà, ma anche punti critici, come la difficile associazione alle denominazioni che lo producono.

“Il lavoro condotto sul Pinot grigio – ha dichiarato Luca Rigotti, Coordinatore Vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari – dimostra che nel comparto vitivinicolo possiamo disporre di dati molto importanti per poter leggere l’andamento del settore”.

“Si tratta – ha concluso Rigotti – di un vero e proprio capitale informativo che va poi opportunamente messo a sistema. Il nostro auspicio è che a questa analisi sul Pinot grigio facciano seguito altre rilevazioni sulle principali DO/IG di vino italiane, magari condotte su iniziativa del Ministero delle politiche agricole tramite Icqrf o Ismea e con il necessario coinvolgimento diretto da parte degli operatori e delle organizzazioni nelle fasi di raccolta e sintesi dei dati”.

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Dazi sul vino italiano, Castelletti (Uiv): impossibile per altri Paesi assorbire surplus

In caso di applicazione di dazi al 100% sul vino italiano, per gli altri Paesi sarebbe impossibile assorbire il surplus. È quanto afferma Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv).

Alla vigilia dell’incontro romano tra la Ministra Teresa Bellanova e il Segretario americano all’Agricoltura Sonny Perdue, l’organizzazione che rappresenta la filiera italiana del vino ringrazia per la posizione espressa a Bruxelles.

E invita a “incoraggiare un processo di distensione con il governo americano, per evitare l’inasprimento di una guerra commerciale che danneggerebbe in modo grave non soltanto gli operatori europei, ma anche quelli americani”. “L’obiettivo a cui puntare – sostiene Paolo Castelletti – è distendere i rapporti commerciali con gli Usa, cercando soluzioni condivise a livello internazionale”.

Questo perché, secondo le stime di Uiv, “l’imposizione di un dazio ad valorem al 25% su vini fermi e vini spumanti italiani porterebbe a una contrazione delle vendite di circa il 15% sul mercato americano, equivalente a circa 270/300 milioni di euro e alla perdita in volume di circa 1 milione di ettolitri di vino a livello europeo, difficilmente ricollocabili in altri mercati”.

https://www.winemag.it/dazi-usa-vino-importatore-italiano-catastrofe-in-vista-trump-si-ricreda/

“Infatti – spiega Castelletti – in altri Paesi la capacità di collocare i volumi di vino non assorbiti oltreoceano sarebbe molto inferiore. Inoltre, i dazi sui vini italiani causerebbero un danno molto forte anche all’economia Usa, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro”.

“Il business del vino americano – annota Castelletti – si traduce in opportunità di lavoro importanti, se si considera tutta la catena distributiva sul mercato, quindi importatori, distributori e operatori della ristorazione”.

L’INCONTRO A ROMA

“Facciamo attenzione, le guerre commerciali non fanno mai bene e rischiano di incrinare, come in questo caso, relazioni politiche consolidate. Noi abbiamo sempre considerato gli Stati Uniti un alleato fondamentale e strategico. E vogliamo che sia così”.

Così la Ministra Teresa Bellanova aprendo stamane l’incontro bilaterale con il Segretario Usa all’Agricoltura Sonny Perdue, svoltosi al Ministero delle Politiche agricole. “Sappiamo bene – ha aggiunto – come le questioni in gioco sono di grande sensibilità, non solo per il settore agroalimentare ma per il futuro delle relazioni fra le due sponde dell’Atlantico”.

Durato circa un’ora, l’incontro tra Bellanova e Perdue ha toccato diversi argomenti, dalla centralità dell’agricoltura alle sfide che ha dinanzi a sé per una sostenibilità ambientale, sociale, economica.

Al termine dell’incontro la Ministra Bellanova ha donato a Perdue un cesto con prodotti Dop e Igp colpiti dai dazi, corredato da una copia dell’Atlante Qualivita 2020, che raccoglie tutte le eccellenze del territorio italiano come invito alla conoscenza del nostro immenso patrimonio enogastronomico.

Bellanova si è detta “convinta che l’introduzione o l’aumento di dazi avrà effetti negativi per tutti: i consumatori saranno costretti a pagare a prezzi più elevati i prodotti alimentari, le imprese avranno più difficoltà ad esportare e con costi di approvvigionamento più elevati, i Governi saranno costretti a compensare i maggiori costi con risorse pubbliche”.

“A maggior ragione – aggiunge la ministra – perché i nostri settori rischiano di pagare per questioni cui sono estranei e a cui è peraltro estranea soprattutto l’Italia. Questo non deve accadere: dobbiamo costruire tutte le condizioni e gli spazi per rilanciare l’agenda delle relazioni economiche bilaterali ed è nostro dovere politico e istituzionale cercare e praticare questo spazio fino in fondo”.

“Dopo il nostro recente confronto a Bruxelles con gli altri Ministri europei dell’Agricoltura- ha proseguito la Ministra Bellanova – considero rilevante questa ulteriore occasione di dialogo e mi auguro che possa contribuire al riequilibrio delle nostre relazioni e alle indicazioni da restituire a Washington”.

“Come Ministri dell’Agricoltura abbiamo il dovere di raffigurare al massimo il punto di vista del mondo che rappresentiamo. Lei conosce questo settore, grazie alle sue passate esperienze, in modo approfondito: l’agroalimentare per crescere ha bisogno di regole certe

“I dazi – ha concluso Bellanova – non sono la risposta che i cittadini si attendono da Stati Uniti ed Europa. Dobbiamo lavorare per evitare che ulteriori misure restrittive generino altre ripercussioni negative sui nostri settori agricoli e anche nel quadro delle prossime sfide che entrambi dovremo in modo coeso affrontare”.

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Dazi Usa sul vino italiano, solo 12 mila osservazioni al Dipartimento. L’appello Uiv

Ad oggi le osservazioni arrivate al Dipartimento del Commercio americano (Ustr) in merito ai dazi sul vino italiano sono circa 12 mila. Un numero ancora troppo basso in vista della conclusione delle consultazioni, prevista per il 13 gennaio. Il rischio è che i nuovi dazi interessino fino al 100% del valore della merce proveniente dall’Ue, finita sulla lista di Trump dopo la sentenza AirBus.

“In questo scenario di estrema incertezza – commenta Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini – abbiamo agito da subito presso le istituzioni nazionali ed europee sollecitando la massima attenzione e un dialogo attivo con i nostri partner americani, per scongiurare un danno enorme e ingiustificato nei confronti del mondo del vino italiano”.

Uiv ha destinato un importante investimento economico in un’azione senza precedenti: una campagna di comunicazione social, in coordinamento con gli importatori delle nostre aziende, verso i consumatori americani e gli operatori della filiera (ristorazione, distribuzione, ecc.), affinché partecipino alla public consultation, facendo sentire la propria voce all’Amministrazione USA.

In collaborazione con gli stessi importatori e la loro associazione di rappresentanza (NABI) UIV sta, inoltre, coordinando un’articolata azione di lobbying verso il Congresso.

“La tutela del business e dei posti di lavoro in America dei soggetti che oggi importano i nostri vini e hanno investito nei nostri brand – conclude Abbona – è uno degli argomenti che potrebbe convincere il governo di Trump a esonerare il nostro settore e il nostro Paese da eventuali misure”.

Un appello a tutte le aziende vitivinicole italiane e a tutti gli operatori del vino italiano negli USA – importatori, distributori, ristoratori e addetti ai lavori – affinché si mobilitino e aderiscano alla consultazione pubblica che deciderà le sorti dei prodotti vitivinicoli italiani.

“Uiv – puntualizza Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv – si sta fortemente mobilitando direttamente con gli importatori americani, supportati anche dall’Ambasciata d’Italia a Washington, che ringraziamo, per un’azione di coordinamento con i soggetti che verrebbero direttamente danneggiati dalle misure del governo americano”.

“Quindi bisogna agire subito. L’imposizione di un dazio al 100%, metterebbe completamente fuori mercato i vini italiani con conseguenze disastrose per le imprese, i viticoltori, i territori”, sottolinea Castelletti.

Gli Stati Uniti sono la prima destinazione, in volume e in valore, delle vendite di vino italiano, circa 1,5 miliardi di euro, corrispondenti a oltre 3,3 milioni di ettolitri. Questi numeri, insieme agli investimenti e agli ambiziosi progetti di promozione che le imprese continuano a moltiplicare, dimostrano come il mercato americano sia vitale e insostituibile nel breve-medio periodo.

“Chiediamo pertanto – aggiunge Castelletti – a corredo di un impegno concreto delle associazioni e delle aziende, un’azione diplomatica forte del Governo, appellandoci alla sensibilità ed al senso di responsabilità del presidente del Consiglio Conte e dei ministri Di Maio e Bellanova”.

“Il settore del vino italiano – conclude Castelletti – non può essere chiamato a pagare il prezzo altissimo di una guerra commerciale che potrebbe compromettere irrimediabilmente l’equilibrio della filiera. Nessuna misura di sostegno al settore potrà compensare le gravissime perdite di quote di mercato che potremmo subire”.

Imbarazzi, invece, all’interno della Fivi – Federazione italiana vignaioli indipendenti, dove l’iniziativa un cospicuo numero di associati – nel concreto, una petizione ancora online su Change.org – senza il placet ufficiale della presidente Matilde Poggi e del Cda, ha sottolineato le divisioni tra le correnti.

Aspro il commento del guru del Timorasso, Walter Massa, in esclusiva a WineMag.it: “Fivi faccia più sindacato, non solo il Mercato di Piacenza“. La risposta della presidente Poggi? “No comment”.

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Dazi Usa sul vino, Castelletti (Uiv): “Indispensabile coinvolgere importatori americani”

“In questo scenario di estrema incertezza, oltre alle azioni istituzionali già intraprese da hashtag unioneitalianavini a livello nazionale ed europeo, riteniamo indispensabile coinvolgere gli importatori americani, che verrebbero indirettamente danneggiati dalle misure del loro governo”. Così Paolo Castelletti, Segretario generale Unione italiana vini (Uiv).

Il 6 dicembre 2020, il Dipartimento del Commercio Americano (Uster, United States Trade Representative) ha avviato una consultazione, pubblicando una lista di prodotti che potrebbero essere colpiti da nuovi dazi, fino al 100% del valore della merce.

L’elenco contiene anche i vini italiani. La consultazione si concluderà il 13 gennaio 2020, mentre la revisione della lista dei prodotti interessati dalle tariffe è prevista per il 15 febbraio.

“La tutela del business e dei posti di lavoro in America dei soggetti che oggi importano i nostri vini e hanno investito sui nostri brand – aggiunge Castelletti – è uno degli argomenti che potrebbe convincere il governo di Trump a esonerare il nostro settore e il nostro Paese da eventuali misure”.

“Riteniamo fondamentale un’azione ‘forte’ di tutti gli importatori Usa contro l’imposizione di dazi sui vini italiani ed europei, mediante la loro partecipazione alla public consultation di Ustr”, conclude il Segretario Uiv.

Il silenzio sui dazi Usa di Trump. E i “dazi” della critica enogastronomica italiana

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Assembra Agivi (Uiv): la nuova Presidente è Violante Gardini

PRIOCCA (CN) –  “Voglio ringraziare il consiglio e il presidente uscente per l’ottimo lavoro svolto e dare il benvenuto alla nuova compagine che sono certo saprà portare avanti con continuità e innovazione le attività dell’Associazione. AGIVI rappresenta il futuro di Unione Italiana Vini, la forza giovane dalla quale usciranno i dirigenti UIV di domani. Per questo continueremo a stare al loro fianco con un coinvolgimento sempre maggiore ai nostri tavoli di lavoro, all’interno del nostro CDA e supportando le attività formative che organizzano. Auguro a tutti un buon lavoro”.

Con queste parole Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha introdotto i lavori dell’Assemblea generale di AGIVI che si è tenuta venerdì 29 novembre presso il Gruppo MGM Mondodelvino spa di Priocca (CN), in Piemonte e ha portato alla nomina del nuovo Consiglio di amministrazione e della sua nuova presidente, la toscana Violante Gardini, responsabile commerciale delle cantine della madre Donatella Cinelli Colombini, a sua volta presidente delle Donne del Vino.

Al suo fianco due nuovi vicepresidenti, Enrico Gobino di MGM Mondodelvino spa e Marzia Varvaglione Vigna e Vini, che con lei porteranno avanti i lavori di AGIVI, iniziati già in occasione dell’Assemblea con l’approvazione del proprio statuto che prevede l’apertura dell’associazione, oltre ai produttori e ai manager, anche a nuove figure professionali come sommelier e giornalisti in qualità di soci affiliati.

“Voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno sostenuto AGIVI e hanno contribuito a farla crescere e l’intero consiglio con il quale ho avuto l’onore e il piacere di lavorare – ha commentato Federico Terenzi, presidente uscente di AGIVI – L’Associazione oggi è sempre più forte e rappresentativa, grazie al rafforzamento del rapporto con Unione Italiana Vini, nostra associazione senior, e grazie ai tantissimi eventi che ci hanno visto protagonisti e organizzatori, dagli incontri con la grande critica enologica italiana a quelli formativi, culminati nel Wine Generation Forum che ha visto raccolti oltre 100 giovani imprenditori del settore.”

“Il grande lavoro di ricambio generazionale – conclude Terenzi – con l’ingresso di tanti nuovi giovani soci, 45 solo negli ultimi tre anni, ha dato vita”ad un consiglio che sono certo saprà portare avanti il lavoro fatto fino ad oggi e rendere AGIVI un punto di riferimento ancora più centrale per il settore”.

“Credo moltissimo nel fare squadra – ha esordito Violante Gardini dopo l’elezione avvenuta all’unanimità – e intendo applicare in AGIVI lo stesso metodo di lavoro in gruppo che nelle esperienze precedenti mi ha permesso di aumentare i soci e organizzare iniziative importanti”.

La carica più alta di AGIVI arriva infatti dopo una serie di altre importanti nomine nel mondo dell’associazionismo, quali: la presidenza nel 2008 – 2009 dei Leo Toscana, la presidenza nel 2013 del Movimento Turismo del Vino Toscana e la vicepresidenza di AGIVI dal 2016 ad oggi.

Trentacinquenne toscana, Violante Gardini ha conseguito la laurea in Economia Aziendale all’Università di Firenze e subito dopo è volata a Parigi dove ha frequentato un Master OIV che l’ha portata a visitare tutte le regioni viticole e i principali mercati enologici del mondo. Sulla base di questa formazione, oggi la Gardini è assolutamente intenzionata a continuare “i viaggi di AGIVI nelle regioni del vino estere, che ci servono come stimolo e confronto – ha fatto sapere illustrando il suo programma -. così come i corsi, il primo dei quali a febbraio. Punteremo molto anche sulla comunicazione con l’utilizzo del nuovo sito dell’Associazione e il suo collegamento con un network molto più ampio. La voce dei Millennials del vino italiano deve diventare più forte e portare un messaggio di rinnovamento e sostenibilità”.

All’elezione del nuovo consiglio di amministrazione è seguito un talk show che ha visto seduti al tavolo dei relatori nomi importanti del mondo del vino di oggi, quali: Alfeo Martini, presidente del Gruppo Mondodelvino Spa, Marco Martini a capo del Consiglio di gestione di MGM e Giuseppe Bernocco, fondatore del gruppo TCN, ai quali è stato consegnato il Riconoscimento di Socio Onorario Agivi. Il pomeriggio di lavoro si è concluso con la visita guidata alla Wine Experience – MGM Mondodelvino e l’appuntamento all’indomani per la visita di piccole e grandi aziende vinicole della zona.

IL NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO IN CARICA FINO AL 2021

Presidente:
Gardini Violante (Az. Agr. Donatella Cinelli Colombini)

Vice Presidenti:
Gobino Enrico (MGM Mondodelvino spa)
Varvaglione Marzia (Varvaglione Vigna e Vini srl)

Consiglio di Amministrazione:
Franco Silvia (Nino Franco)
Goretti Giulia (Agr Goretti Prod Vini Srl)
Guidi Nicola (Cantine Guidi 1929)
Magnabosco Matteo (Agenzia Vini Eurovini Sas di Magnabosco Matteo)
Rocca Ernesto Giancarlo (Dezzani SRL)
Rocca Vittoria (Angelo Rocca &figli)
Sorricchio di Valforte Annamaria (Tenute Barone di Valforte)
Tamburini Emanuela (Az. Agricola Tamburini)

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Vino e consumi: a Natale 2019 si brinda con spumanti italiani

ROMA – Gli Spumanti italiani restano i protagonisti indiscussi delle festività natalizie. In Italia durante il periodo di Natale verranno stappate oltre 78 milioni di bottiglie (6% in più rispetto allo scorso anno), di cui 74,7 milioni di produzione italiana (+8%) e il resto importate dall’estero (-25%).

In media, ogni italiano consumerà quasi 3 bottiglie di bollicine (2,7 per la precisione), considerando solo i consumatori abituali di vino che in Italia sono circa 29 milioni di individui. All’estero, invece, le bollicine italiane supereranno i 190 milioni di bottiglie stappate con un aumento del 6% rispetto al Natale 2018.

“I nostri vini spumanti avranno un posto d’onore sulle tavole degli italiani durante le prossime festività natalizie – commenta Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini – I dati sui consumi interni (+ 5,9% rispetto al 2018) ci dimostrano che i nostri prodotti hanno sempre più appeal, tradotto in scelte d’acquisto più orientate sul made in Italy piuttosto che sugli spumanti esteri.”

“Una fiducia che fa bene economicamente all’Italia – prosegue Castelletti – ma che rappresenta anche una crescita culturale molto positiva per guardare al futuro del comparto con ottimismo. Molto soddisfacenti anche i risultati registrati dalle esportazioni (+6% rispetto allo scorso anno) a conferma di come il vino spumante italiano riesca a riscuotere grande apprezzamento anche all’estero, e non solo durante il periodo natalizio, ma anche durante tutto il resto dell’anno.”

“Il vino italiano – conclude il segretario – nel suo complesso sta per chiudere un anno positivo, pur sapendo che dovrà lavorare sodo per continuare a crescere ed aumentare la propria penetrazione nei mercati extra europei. Non a caso, internazionalizzazione e sostenibilità saranno i temi caldi su cui si concentrerà il comparto del vino italiano nel 2020”.

Andando nel dettaglio, per fine anno sono previste in crescita le vendite di tutte le principali denominazioni a, sia quelle a metodo classico, come Trento, Oltrepò Pavese e Franciacorta (+8% cumulato), che quelle a metodo italiano, come Asti e Prosecco (+7%) o provenienti da areali “minori”, che in questi ultimi anni hanno visto un aumento significativo delle produzioni di bollicine, dall’Abruzzo alla Sicilia, passando per Toscana e Centro Italia.

Sul versante export, stando agli andamenti cumulati da inizio anno, il dato di chiusura 2019 indica ancora una crescita (+6%), con gli Stati Uniti a fare da traino per tutta la spumantistica nazionale. Qualche segnale di rallentamento in UK, limitato agli spumanti non Prosecco, mentre l’export verso il mercato tedesco dovrebbe chiudere l’anno in leggera contrazione. Buone notizie dal mercato russo e soprattutto da quello francese, divenuto quarta piazza a valore, con fortissima crescita delle bollicine targate Prosecco.

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Simei: codificata la “via italiana del legno” per valorizzare il territorio

MILANO – “Dopo un anno di studi promossi da Unione Italiana Vini, culminati in una due giorni di tavoli tematici e un simposio che ne ha tracciato le linee guida, a Simei è stata codificata per la prima volta la ‘via italiana‘ all’uso del legno in cantina che riscopre una tradizione molto antica del nostro Paese: la modalità di maturazione del vino in botti grandi”.

Con queste parole Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha aperto il Simposio internazionale “Vino e legno: strategie di affinamento. Quale futuro?“, promosso da Uiv e dal Corriere Vinicolo e coordinato dal Master of Wine Justin Knock.

“Una modalità – precisa Castelletti – che valorizza ed esprime al meglio il carattere del vino e di conseguenza il territorio che rappresenta. Un modello, quello italiano, che sta prendendo sempre più piede anche all’estero”.

Partendo da una inedita ricerca, commissionata da Uiv, condotta presso alcune delle aziende vinicole più importanti di Francia, Italia, Stati Uniti, Australia, Spagna, Sud Africa, Cile e Argentina, e prendendo spunto dalla serie di interviste pubblicate dal Corriere Vinicolo ai wine maker di celebri aziende vinicole al mondo, ci si è interrogati su come sta evolvendo a livello internazionale la pratica di maturazione del vino nel legno e su quali sono gli stili nell’uso del legno in cantina.

I lavori di questo importante e inedito convegno sono stati inaugurati mercoledì 20 novembre da tre tavoli coordinati da Justin Knock, Franco Battistutta, docente di Scienze e Tecnologie alimentari dell’Università degli studi di Udine, e Gabriele Gorelli, sommelier e professionista in comunicazione visiva.

I risultati di questi workshop – che ha indagato l’utilizzo del legno per migliorare il carattere del terroir, i metodi di invecchiamento in legno e gli atteggiamenti del mercato nei confronti del vino affinato in legno – insieme a quelli della ricerca sono stati presentati al Simposio e commentati da un partecipato panel di relatori.

Tra gli altri Nicholas Vivas, ricercatore in scienza e tecnica dell’affinamento del vino in legno; Niccolò D’Afflitto, direttore tecnico Frescobaldi; Lorenzo Landi, enologo; Stefano Ferrante, Direttore tecnico Zonin1821; Piero Garbellotto, amministratore delegato di Garbellotto Spa; Andrea Lonardi, Direttore operativo Bertani Domains; Benoît Caron, Tonnellerie Bel Air e Anouck Chapuzet Varron, della Tonnellerie Vinea.

Il Simposio è così stata l’occasione per codificare per la prima volta la ‘via Italiana’ all’uso del legno in cantina, dove riemerge la scoperta di una modalità di maturazione del vino in botti grandi, che si differenzia dalla ‘via francese‘ legata a barrique e tonneaux.

Le botti grandi, molto utilizzate in Italia nei territori votati alla grande vinificazione in rosso di qualità, risultano infatti avere meno impatto sul carattere del vino, che resta più autentico ed espressione del territorio. Una pratica di maturazione che il mondo enologico sta sempre più seguendo a livello internazionale, per venire incontro all’esigenza e alla sensibilità legate alla valorizzazione dell’identità territoriale.

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Sostenibilità, Ziliani (Berlucchi): “Mangiate meno carne”. Mipaaf: “Certificazione unica”

MILANO – Una certificazione unica per la sostenibilità in viticoltura. Questa la grande riforma annunciata da Michele Alessi, dirigente del Mipaaf, in occasione del convegno “Bollicine e sostenibilità: la risposta di Franciacorta, Cava e Champagne”, andato in scena questa mattina a Simei 2019. In rappresentanza dei produttori bresciani Arturo Ziliani, amministratore delegato di Guido Berlucchi & C. Spa, protagonista di un intervento senza peli sulla lingua.

“Non so voi – ha esordito Ziliani nella sala convegni del padiglione 15 di Rho Fiera Milano – ma io qui sto morendo di caldo. La prima cosa da fare come cittadini, nell’ambito della sostenibilità, sarebbe quella di abbassare di 5, 6 gradi la temperatura in casa e, in seguito, negli ambienti pubblici”.

“La seconda causa globale di emissioni di gas serra è l’allevamento bestiame – ha aggiunto Ziliani – soprattutto bovini. Dobbiamo ridurre il consumo di carne: mangiare la bistecca una volta a settimana, magari pagandola la stessa cifra. Insomma: ridurre i consumi a parità di spesa. Ma così il Pil va giù: come si fa?”.

Il convegno, moderato da Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini, ha visto anche l’intervento del presidente Uiv Ernesto Abbona e di Roberta Sardone, ricercatrice Centro Politiche e Bio-Economie del Crea.

Per le testimonianze da Spagna e Francia Eva Plazas Torné, enologa di Caves Vilarnau, storica realtà del Penedès, e Pierre Naviaux, chief de projet développement durable del Comité interprofessionnel du vin de Champagne (Civc).

Al termine degli interventi degli esponenti di filiera, che hanno delineato le metodologie con le quali Franciacorta, Cava e Champagne stanno affrontando il tema della sostenibilità, Michele Alessi ha annunciato l’importante novità che riguarderà le aziende del settore vitivinicolo in Italia.

“Nel nostro Paese – ha sottolineato il dirigente del dipartimento condotto da Giuseppe Blasi – i sistemi di certificazione della sostenibilità sono troppi. Creavano e creano tuttora molta confusione nei consumatori: l’obiettivo principale è dar loro un’informazione corretta, che li tuteli dal proliferare di troppe certificazioni”.

“Per questo – ha proseguito Alessi – il Ministero vuole garantire uno standard unico nazionale, prendendo tutto quello che di buono già c’è, ma facendo una sintesi tra pubblico e privato. I pilastri su cui stiamo lavorando sono il sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi), già nel Sian, oltre a Equalitas e Tergeo di Uiv”.

Siamo al lavoro da parecchi mesi – ha continuato il dirigente Mipaaf – e siamo in procinto di fare una summa, con l’obiettivo di non sovraccaricare le aziende di piccole dimensioni. Interessante, in questo senso, l’esempio del Cava, in cui si prendono in considerazione i contatori delle aziende per stilare programmi di riduzione delle emissioni”.

In questo quadro si inserisce un’altra opzione al vaglio del Mipaaf: “Vorremmo creare un quaderno di campagna elettronico – ha evidenziato Michele Alessi – dal momento che ora è cartaceo e ha qualche difficoltà di gestione. Mettendo il quaderno ‘in linea’ si diventa più efficienti e controllabili”.

“Più in generale – ha concluso Alessi – puntiamo su un’adesione massiccia delle imprese al nostro progetto, garantito da una certificazione pubblica e da standard nazionali della sostenibilità in viticoltura, senza che questo causi aggravi nelle spese delle piccole aziende o il bisogno di rivolgersi a figure esterne per i nuovi adempimenti”.

Dobbiamo far fronte alle domande degli appassionati – ha confermato il presidente Uiv, Ernesto Abbona – che sempre più spesso vogliono sapere cosa c’è nel bicchiere, oltre alla gioia che ci restituisce. Serve una norma unica che regoli il concetto di sostenibilità. Una soluzione semplice, netta, coerente, che dia serenità a consumatori”.

“Solo in questo modo – ha sottolineato Abbona – i consumatori sapranno quale condizione agraria è stata utilizzata per la produzione del vino che stanno degustando. Ma c’è di più. A differenza di altri comparti, chi produce vino abita generalmente nell’ambito aziendale o nelle immediate vicinanze. Per questo la sostenibilità diventa ancor più motivo di interesse pressante, perché tocca le famiglie di chi produce e i collaboratori, oltre ai consumatori”.

EMISSIONI DI GAS SERRA IN AUMENTO NEL 2019

Il tutto mentre il Centro studi del Ministero dell’Ambiente, l’Ispra, diffondeva le stime tendenziali delle emissioni di gas serra, nel terzo trimestre del 2019. La previsione è di un incremento rispetto all’anno precedente, pari allo 0,6%, a fronte di una crescita del Pil pari a 0,3% rispetto all’anno precedente.

“Non si verifica l’auspicabile disaccoppiamento tra l’andamento delle emissioni e la tendenza dell’indice economico”, commentano i ricercatori dell’Istituto. “L’incremento stimato – continuano – è principalmente dovuto alla crescita dei consumi di combustibili per la produzione di energia elettrica (4,1%), dovuta prevalentemente alla riduzione della produzione di energia idroelettrica e delle importazioni”.

Risultano in decremento i consumi di carburanti – e quindi le emissioni – nel settore dei trasporti (-0,1%) e di combustibili fossili nel settore del riscaldamento domestico (-0,4%). Quello della produzione di vino, in sé, non è comunque uno dei comparti più incisivi in termini di emissioni.

Lo hanno dimostrato anche i dati snocciolati al convegno di Simei da Pierre Naviaux del Comité interprofessionnel du vin de Champagne (Civc). Nell’ambito della regione francese, la carboon footprint della “viticoltura” tocca quota 10% e quella della voce “vino” il 4%.

Ben più imponente sulle condizioni del pianeta l’indotto dello Champagne: i trasporti aerei per raggiungere la regione e movimentare merci al 13%, quelli navali al 17%. Incidono drasticamente sulla carbon footprint il packaging (32%) e le infrastrutture, due degli elementi nel mirino del Comité, che si è dato come obiettivo di medio termine (2025) la riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 25%, fino al 75% entro il 2050.

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Soft Brexit, Castelletti (Uiv): “Cauto ottimismo, ma occorre validare l’accordo”


C’è cauto ottimismo nel mondo del vino italiano attorno al raggiungimento dell’accordo tra Commissione Europea e governo inglese, sulla Brexit. Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha chiesto alle Istituzioni Europee di” validarlo al più presto, perché in caso di ‘Hard Brexit’ sarebbero a rischio la fluidità delle operazioni commerciali e la tutela delle indicazioni geografiche”.

L’accordo rappresenta un primo passo verso la Soft Brexit consensuale del 31 ottobre 2019, ma restano ancora due step: il voto di domani (19 ottobre) da parte del Parlamento anglosassone e l’approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento Europeo.

“Ci sono state rassicurazioni – continua Castelletti – relativamente all’etichettatura dei prodotti vinicoli (con un periodo di mantenimento dello status quo di 21 mesi anche per i vini biologici) e all’istituzione di un periodo di transizione di 9 mesi per le importazioni di vino dall’Ue verso la Gran Bretagna”.

Nel caso in cui dovesse esserci un passo indietro rispetto a quanto raggiunto ieri “resta alto il rischio circa le operazioni doganali e commerciali più in generale, oltre che grande incertezza sulla tutela delle indicazioni geografiche”.

“Nel corso dell’incontro tenutosi all’Ambasciata inglese a Roma – aggiunge Paolo Castelletti – il Governo britannico non ha fornito, a nostro parere, rassicurazioni sufficienti sul passaggio dall’attuale sistema di protezione delle IG in Europa ad un nuovo schema implementato da Westminster, con un rischio elevato per oltre 500 DOP e IGP italiane”.

“Per il nostro settore – conclude Paolo Castelletti – il mercato UK rappresenta il terzo per importanza con 827 milioni di euro registrati nel 2018, ed è il primo per gli spumanti con un volume di 1,1 milioni di ettolitri esportati e un valore di 434 milioni di euro nel 2018. Anche per tali ragioni una ‘Hard-Brexit’ causerebbe un grave danno al comparto vitivinicolo e, di conseguenza, all’intera economia italiana”.

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