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I Roero Days tornano a Milano a giugno 2024: «Oltre l’Arneis c’è di più»

I Roero Days tornano a Milano a giugno 2024 «Oltre l'Arneis c'è di più»
Oltre sessanta produttori, 500 vini, due laboratori di degustazione, la presentazione di un volume sulla zona e la mostra delle nuove etichette istituzionali, all’ombra del Duomo di Milano. Il 3 giugno i
 Roero Days tornano a Milano (Palazzo Giureconsulti) per la seconda volta nella storia della denominazione piemontese, che quest’anno festeggia l’ingresso nel secondo decennio dalla fondazione del Consorzio: il momento giusto per iniziare a promuoversi tra professionisti e grande pubblico in tutte le sfaccettature. A dispetto di quanto si ritenga – in Italia come all’estero – il Roero non è solo la terra del vitigno bianco Arneis, ma anche di grandi vini rossi prodotti con uve Nebbiolo.

La stretta vicinanza con i territori di Barolo e Barbaresco, giusto al di là del fiume Tanaro, è un indizio. Ma i suoli del Roero Docg sono diversi, molto più ricchi di sabbie. I vini che nascono in questa fetta del Piemonte di 1.750 ettari godono di un’autenticità propria. I vini rossi del Roero risultano generalmente fini e meno tannici rispetto all’espressione delle vicine denominazioni, come dimostrato dal Roero Doc 2000 “Printi” di Monchiero Carbone, abbinato insieme ad altri tre vini al menu del Ristorante Sadler di Milano, dove ieri si è tenuta la presentazione dei Roero Days 2024. Il volto “rossista” della zona sarà dunque il filo conduttore dell’evento.

GRANDE LONGEVITÀ ANCHE PER L’ARNEIS NEL ROERO

Solo la prima tappa individuata dal Consorzio Tutela Roero, che vuole rendere la manifestazione itinerante per l’Italia. Una giornata di assaggi insieme ai produttori del Roero con i loro vini Docg e due laboratori di degustazione, durante i quali verranno proposte due verticali di Roero Bianco e Roero Rosso, in un viaggio tra vecchie e nuove annate (la lista delle cantine partecipanti è disponibile qui).

Da non perdere, ovviamente, anche i vini bianchi base Arneis, tra cui il Roero Docg Metodo classico 2018 “Giovanni” di Angelo Negro, il Roero Docg 2022 “San Michele” di Deltetto e il Roero Docg “Renesio” di Malvirà, presente in occasione del pranzo da Sadler con l’annata 2013, a riprova della longevità dei bianchi della denominazione, oltre che dei vini rossi.

IL PROGRAMMA DEI ROERO DAYS 2024

La location scelta dal Consorzio del Roero, oggi guidato da Massimo Damonte, riflette le ambizioni delle oltre 260 cantine associate. Palazzo degli Affari ai Giureconsulti sorge sulle mura dell’antico palazzo della Credenza di Sant’Ambrogio di Milano. A partire dall’Ottocento, è sede della Borsa Valori, poi del Telegrafo, della Banca Popolare di Milano e della Camera di commercio. Porte aperte al pubblico ai Roero Days lunedì 3 giugno, dalle 11 alle 19, con i banchi d’assaggio (ultimo ingresso alle ore 18).

Alle 11 è prevista la presentazione del volume “Un mare nel Roero” Trenta Editore, nel Parlamentino del palazzo. Alle ore 12 l’inaugurazione della mostra dedicata alle nuove etichette istituzionali del Consorzio, con la premiazione degli artisti vincitori in Sala Colonne. Doppia verticale guidata di Roero Docg in bianco e in rosso in Sala Esposizioni, alle ore 14. Alle 15.30 presentazione del volume “Roero, terra del Nebbiolo e dell’Arneis” edito da DeAgostini, ancora una volta nel Parlamentino. Alle 17 spazio per la seconda doppia verticale guidata di Roero Docg in bianco e in rosso, in Sala Esposizioni.


Roero Days 2024

3 giugno – Palazzo Giureconsulti
Piazza dei Mercanti, 2 Milano
Qui le info sui biglietti

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Tutto il Gavi a Milano: verticale per i 20 anni della Docg

MILANO – Giovane e di pronta beva. Oppure con qualche anno in più sulle “spalle”. Ma sempre sulla cresta del calice. Il Consorzio di Tutela del Gavi sbarca a Milano per festeggiare i 20 anni dal riconoscimento della Docg. E la verticale utile a dimostrare la longevità del Cortese è un successo assoluto.

I festeggiamenti sono andati in scena lunedì 26 marzo, nel cuore del capoluogo lombardo. A due passi da Piazza Duomo. Una bella location come Palazzo Giureconsulti, storico “Collegio dei Nobili Dottori”, oggi raffinato Centro Congressi, si è rivelata luogo ideale per parlare di un vino buono nei primi anni di bottiglia, capace al contempo di affinarsi (e raffinarsi) se dimenticato in cantina.

Millecinquecento gli ettari complessivi del vigneto del Gavi Docg, su terre rosse, miste e bianche. L’altitudine dei terreni coltivati a vite Cortese varia dai 180 ai 450 metri sul livello del mare. Tanto da poter definire il Gavi un vino bianco “di montagna”, fortemente condizionato (a livello di terroir e di microclima) dal mare della Liguria, ad appena 30 chilometri in linea d’aria.

Un vino facilmente reperibile anche al supermercato. “I dati in nostro possesso – spiega Maurizio Montobbio (nella foto sopra), presidente del Consorzio di Tutela del Gavi – dicono che le vendite del Gavi si sono concentrate per il 60% nel canale Gdo. Da circa due, tre anni abbiamo lavorato sul riposizionamento e sulla valorizzazione della nostra Denominazione. Un lavoro che ci ha consentito di portare a una sostanziale parità le quote dell’Horeca e della Grande distribuzione”.

“Sono aumentati i prezzi delle uve e dei vini – precisa Montobbio – a partire dallo sfuso. E quindi tutto il comparto ha subito un rialzo. Il Gavi gode poi di un’ottima reputazione all’estero, con una quota superiore all’80 per cento. La parte da leone all’estero, fino a 6 o 7 anni fa, la faceva la Germania: e lì era tutta Grande distribuzione. Ora ci siamo riposizionati sul mercato inglese, dove resta presente una buona quota Gdo di qualità”.

“Siamo il vino bianco che i produttori di Barolo utilizzano come pass passepartout per completare la gamma – evidenzia ancora Montobbio – nonché il vino bianco del Piemonte con i numeri e l’autorevolezza maggiore. Comunicare il Gavi come vino internazionale, che può essere consumato dopo diversi anni, è uno degli obiettivi del Consorzio”.

LA DEGUSTAZIONE
Detto, fatto. Venti i campioni nella verticale guidata dall’agronomo consortile Davide Ferrarese. Una degustazione che ha visto protagoniste 10 vendemmie, dal 2007 al 2016. Undici le cantine coinvolte: La Zerba, La Ghibellina, Tenuta San Pietro in Tassarolo, Broglia, Il Rocchin di Zerbo, Castello di Tassarolo dei Marchesi Spinola.

E ancora: Morgassi Superiore, La Mesma, Marchese Luca Spinola, Tenuta La Giustiniana, La Chiara, Villa Sparina. Ed è proprio quest’ultima a regalare l’etichetta migliore della verticale: il Gavi Docg del Comune di Gavi “Monterotondo” 2007.

Un Cortese che, qui, esprime tutte le sue potenzialità in evoluzione. Di colore giallo dorato, questo Gavi sfoggia al naso un pregevole bouquet di fiori bianchi e agrumi, perfettamente integrato con leggere note boisé (la tecnica di vinificazione prevede 4 mesi in barrique). Non manca una nota speziata, di pepe bianco.

Al palato Monterotondo sfodera un corpo di tutto rispetto, sostenuto dallo scheletro di una spalla acida e di una mineralità di assoluto rispetto. La chiusura è salina, freschissima.

Ottima stabilità, per un vino bianco di 11 anni, anche per l’altro 2007 in degustazione: il Gavi Docg del Comune di Gavi “Tenuta Massimiliana” di Marchese Luca Spinola, che tuttavia perde qualcosa in termini di consistenza al palato. Ottime le potenzialità della stessa etichetta, vendemmia 2012.

Nel complesso, la cantina che è riuscita a mostrare meglio le potenzialità del Gavi Docg, proponendo etichette di diverse annate, è Tenuta la Giustiniana. Splendida forma per le vendemmie 2008 e 2009 de “Il nostro Gavi”, ma è la 2011 a convincere di più.

Broglia, con “Vecchia annata” 2009, fa una gran bella figura, giocandosi addirittura la carta di una balsamicità salata. Tra le annate più recenti, segnalazione per il Gavi Riserva 2013 “Vigna della Rovere Verde” di La Mesma. Il vino più “grasso”, nonostante l’ossatura minerale, degustato alla verticale organizzata a Milano.

Tanto opulento da sembrare “passato” in legno, anche se la vinificazione non lo ha previsto. A sentori di frutta esotica piuttosto matura rispondono i caratteristici richiami salini, esaltati dalla vigna vecchia da cui si ottiene questo vino. Chapeau.

Menzione particolare, tra i Gavi più “giovani” per il Gavi del Comune di Gavi “Mainin” de La Ghibellina di Marina Galli Ghibellini. Mineralità spinta sia al naso sia al palato, con risvolti agrumati molto eleganti. Un corpo presente, ma non esplosivo. E un allungo di tutto rispetto, su note fruttate e salate. Un Gavi garbato, in cravatta, che lasciato nel calice rivela, addirittura, sbuffi di talco.

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