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Inaugurato il Museo Luxardo: 200 anni di storia per la distilleria dei Colli Euganei

Inaugurato il Museo Luxardo 200 anni di storia per la distilleria dei Colli Euganei

FOTONOTIZIA – È stato inaugurato nelle scorse ore il Museo Luxardo, adiacente alla sede dell’azienda di Torreglia, in provincia di Padova. Un percorso coinvolgente lungo i 200 anni della storia di una delle famiglie italiane simbolo nella produzione di liquori ed ingredienti per la pasticceria artigianale, nonché tra le più antiche  distillerie del mondo.

Un’azienda che, nel 2021, ha celebrato i suoi 200 anni di attività. Grazie al Museo Luxardo, il visitatore viene accompagnato in un viaggio dalle origini a Zara, in Dalmazia, fino ai Colli Euganei, dove dal 1947 ha sede la produzione.

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Concorso Miglior Enotecario d’Italia: i sei finalisti, da Milano a Jesi

La sfida per i sei posti in finale del Concorso Miglior Enotecario d’Italia si è svolta lo scorso 28 aprile e la giuria ha scelto i migliori valutando le loro competenze teoriche e tecniche. «Finalmente la figura dell’enotecario in Italia si sta sempre più definendo», commenta Francesco Bonfio, Presidente di Aepi – Associazione Enotecari Professionisti Italiani.

Durante la semifinale – aggiunge – commenta abbiamo avuto il piacere di vedere tutta la professionalità rappresentata dai partecipanti. Tra i venti enotecari professionisti provenienti da Nord a Sud del paese abbiamo scelto i migliori.

Oltre ad accedere alla finale di giugno, prenderanno parte ad un’esperienza di formazione immersiva presso due realtà d’eccellenza, una nazionale e l’altra internazionale».

Il riferimento è al Comité Champagne e al Consorzio del Brunello, dove gli enotecari potranno sperimentare e scoprire le caratteristiche peculiari di questi vini prestigiosi.

«La finale a Roma – conclude Bonfio – celebrerà l’esperienza degli enotecari in concorso, la loro attitudine a relazionarsi con il consumatore, dimostrando grande attenzione e cura. Siamo pronti a scoprire cosa avranno in serbo».

Ecco la lista dei finalisti, tre per la categoria bottiglierie classiche e tre per la categoria dei pubblici esercizi specializzati nella mescita di vino e distillati:

Bottiglierie classiche
  • Filippo Carraretto, Padova, La mia Cantina
  • Andrea Lauducci, Ferrara, Enoteca Botrytis
  • Mattia Manganaro, Brescia, Biessewine
Enoteche con mescita
  • Luca Civerchia, Jesi AN, Enoteca Rossointenso
  • Pietro Palma, Prato, To Wine
  • Luca Sarais, Milano, Cantine Isola
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L’incredibile viaggio della birra senza accisa: da Padova in Germania, per finire ad Avellino

Un carico di circa 15 mila litri di birra sprovvisto dei documenti d’accisa e sottoposto a un incredibile viaggio da Padova alla Germania, con destinazione Avellino. È quanto hanno scoperto nei giorni scorsi i militari della Guardia di Finanza di Vipiteno, in provincia di Bolzano. Gli uomini delle Fiamme gialle si trovavano alla barriera autostradale dell’A22 quando hanno intimato l’alt e ispezionato un autoarticolato proveniente dalla Germania.

Il mezzo, intestato a una società di spedizioni polacca, era condotto da un cittadino bielorusso. Alla richiesta del Documento di Accompagnamento Semplificato (Das) che attestasse l’avvenuto pagamento dell’imposta di fabbricazione (la cosiddetta accisa che grava sulle bevande alcoliche), l’uomo ha risposto di esserne sprovvisto.

IL LUNGO VIAGGIO DELLA BIRRA SENZA ACCISA

Dai successivi controlli è emerso quello che i finanzieri definiscono «un vorticoso giro di passaggi della merce». Alcuni dei quali, probabilmente, solo “cartolari”. In particolare, la birra è stata prodotta da una società padovana e, dopo un periodo trascorso all’interno di un deposito fiscale di Genova, è stata acquistata da una ditta rumena con sede in Germania.

Da qui, il carico è nuovamente partito alla volta dell’Italia, diretto a un commerciante all’ingrosso di prodotti alimentari della provincia di Avellino. Un viaggio che è stato interrotto dal controllo delle Fiamme Gialle di Vipiteno, che hanno constatato l’omesso pagamento dell’accisa. L’intera partita di birra – 15 mila litri suddivisi in 45 mila bottiglie da 0.33 centilitri – è stata posta sotto sequestro.

Il conducente del mezzo è stato denunciato a piede libero alla Procura della Repubblica di Bolzano per il reato di «Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa» previsto dall’art. 43 del Testo Unico sulle Accise. L’uomo ora rischia la reclusione da sei mesi a tre anni, oltre a una multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, per una cifra non inferiore a 7.746 euro.

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Coronavirus e vino, ritorno alla normalità a Vo’: riapre il Consorzio Colli Euganei

Il Consorzio Tutela Vini Colli Euganei ha riaperto questa mattina, dopo una settimana di chiusura imposta dall’allarme Coronavirus. Un “ritorno alla normalità“, come lo definiscono i dipendenti, che assume un significato importante per tutta la filiera del vino italiano. L’ente ha infatti sede a Vo’, paesino alle porte di Padova finito agli onori delle cronache internazionali per il focolaio di Covid-19 più numeroso in Italia (88 casi accertati).

Per i 6 dipendenti del Consorzio, distribuiti su tre diversi uffici, sono stati giorni difficili. In contatto diretto con l’Asl resta solo l’enologo, residente in Trentino: nessun sintomo, come dimostrano le costanti rilevazioni della temperatura, richieste dalle autorità sanitarie competenti in materia.

La situazione, secondo quanto racconta a WineMag.it Lisa Chilese, responsabile Promozione del Consorzio Tutela Vini Colli Euganei, è quella di un “sostanziale ritorno alla normalità“. “Le prime avvisaglie – sottolinea Chilese – si sono verificate nel pomeriggio di venerdì 21 febbraio, durante un incontro con i produttori, proprio qui in Consorzio”.

Stavamo programmando le fiere, gli eventi e la promozione delle attività, quando qualcuno ha iniziato a ricevere sul cellulare le prime notizie relative al Coronavirus. All’inizio abbiamo tutti sorriso, ma nel giro di un’ora e mezza la situazione è precipitata: uscendo dal Consorzio abbiamo trovato i bar chiusi e le prime transenne”

“Sono rientrata in Consorzio – racconta Lisa Chilese – per recuperare il computer e poter continuare a comunicare da casa con le aziende. Sino ad oggi abbiamo cercato di farci sentire il meno possibile, per non alimentare questa bolla mediatica gonfiata alla grandissima, nostro malgrado”.

Oggi la riapertura della sede consortile. “Venerdì 28 febbraio è arrivata l’attesa autorizzazione del Prefetto, che si è mantenuto in stretto contatto con il Consorzio e sta continuando a monitorare la situazione. A Vo’ è tornata la serenità: la gente gira per strada, senza mascherina, con il sorriso a 32 denti stampato! La mia collega Lorella, questa mattina, ha portato un mazzo di bellissime mimose, perché è già primavera sugli Euganei!”.

“Si può dire che il paese sia tornato finalmente alla normalità – commenta ancora Lisa Chilese a WineMag.it – il dramma e il panico sembrano superati. Vo’ sembra ancora attrezzato per una gara ciclistica, con le transenne ancora presenti in alcuni punti. Ma molte persone sono state autorizzate a entrare e uscire, per lavoro”.

Quali conseguenze per le cantine? “A un produttore – risponde la responsabile del Consorzio Tutela Vini Colli Euganei – sono stati respinti i vini inviati all’estero, perché i clienti pensavano erroneamente che la merce potesse veicolare il virus. Ma le aziende più strutturate hanno continuato a lavorare, nella quasi totale normalità”.

Una chat privata, tra Consorzio e produttori, tiene costantemente informati gli associati all’ente sull’evolversi della questione. Vo’ resta chiuso ancora fino a venerdì, in un Veneto che non vede l’ora di tornare a pieno regime.

Lo dimostra, non a caso, la conferma delle date di Vinitaly 2020 da parte di Veronafiere. Lo slittamento delle date di ProWein 2020, posticipata a data da definirsi da Messe Düsseldorf, non dovrebbe avere riflessi sulla più importante fiera del vino italiano.

A Verona vengono smentite voci di accordi possibili tra i due enti fieristici, mentre si fa largo l’ipotesi di una ProWein Trade Fair nel mese di maggio 2020. Un’opzione più probabile, al momento, dei mesi di giugno o luglio.

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Radicchio al posto della coca in Colombia: così il Rosso di Treviso soppianta i narcos

TREVISO – Altro che armi, polizia e squadre d’assalto. In Colombia i narcos si combattono a colpi di Radicchio Rosso di Treviso Igp. C’è anche il pregiato ortaggio del Veneto, immancabile sulle tavole degli italiani a Natale e Capodanno, tra le colture utili a soppiantare le piantagioni di coca, nello stato sudamericano. Paga il Governo.

L’iniziativa del presidente Juan Miguel Santos, in carica fino all’agosto 2018, prevede un sussidio di 330 dollari al mese ai contadini che decidono di convertirsi al Radicchio, così come ad altri ortaggi o frutti. Estirpando la coca.

Un modo per togliere linfa ai narcos, attraverso un provvedimento che riguarda 50 mila ettari di terreno e 75 mila famiglie di campesinos cocaleros, costretti a vivere tra l’incudine della Stato e il martello dei guerriglieri.

Il successo dell’operazione “Radicchio di Treviso Igp” in Colombia, evidenziato in occasione del Radicchio d’Oro 2019, è ancora tutto da dimostrare. Ma una delegazione di uomini d’affari colombiani ha visitato il “Triangolo d’oro” compreso tra Treviso, Padova e Venezia. Con l’obiettivo di comprendere la fattibilità dell’operazione.

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Da queste parti, il Radicchio è una gallina dalle uova… biancorosse. Il giro d’affari è di 50 milioni di euro l’anno. Diverse le varietà, ma le più pregiate sono il Radicchio Rosso di Treviso Igp, che si divide in Tardivo e Precoce, il Radicchio Variegato di Castelfranco Veneto e il Radicchio di Chioggia.

Cinquecento le imprese dell’indotto, si apprende da Cesare Bellò del direttivo Opo – Ortoveneto, l’Organizzazione Produttori Ortofrutticoli Veneto di Zero Branco (TV): “Un fenomeno incredibile: vent’anni fa si parlava di 2,5 milioni euro di fatturato e di appena 2 mila ettari, diventati ormai duemila per il nostro radicchio. Un ortaggio umile e buono“.

Un fermento che non passa inosservato nelle cabine di regia dell’Unione Europea, che nel triennio 2018/2020 promuove una campagna tra i consumatori, per ribadire l’importanza dei marchi sinonimo di eccellenza e di alta qualità.

In Italia, il progetto vede protagonista anche l’Asparago verde d’Altedo Igp, la Ciliegia di Vignola Igp, la Pesca e la Nettarina di Romagna Igp, l’Insalata di Lusia Igp e la Pera dell’Emilia Romagna Igp.

IL RADICCHIO D’ORO 2019
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Organizzato dal Consorzio Ristoranti del Radicchio, il Radicchio d’oro” è la più importante celebrazione annuale del noto ortaggio del Veneto. Protagonista è il “Fiore che si mangia” e tutto il territorio trevigiano, dove convergono per due giorni alcuni tra i maggiori esponenti del Gusto, dello Spettacolo, dello Sport e della Cultura italiana. Una rassegna giunta alla 21° edizione che, in questo 2019, si è tenuta il 18 e 19 novembre.

Quanto sia prezioso il radicchio, del resto, lo testimoniano i numeri. Quasi l’80% della pianta, al momento della raccolta, viene scartata in favore del solo “cuore” del prodotto, tenero al contempo croccante. Fondamentale un elemento, su tutti: l’acqua, in particolare quella del fiume di sorgiva Sile.

Importante saper riconoscere quello autentico. Il Radicchio Rosso di Treviso Igp Tardivo ha foglie lunghe e affusolate di colore rosso vinoso intenso e una costa bianca centrale. La varietà Precoce si distingue per il cespo voluminoso di colore rosso intenso, con la nervatura principale bianca e molto accentuata.

Al gusto, risultano gradevolmente amarognoli. In cucina, le due varietà sono perfette nelle preparazioni a crudo. Eccezionali nelle loro declinazioni, dagli antipasti ai primi piatti, passando per i secondi e i sorprendenti dessert.

Accanto al Radicchio di Treviso Igp, il Radicchio Variegato di Castelfranco Igp si caratterizza invece per foglie espanse con nervature poco accentuate, bordo frastagliato e lembo leggermente ondulato. Il sapore varia dal dolce al gradevolmente amarognolo, sempre molto fresco e delicato.

Come indicato nel Disciplinare di Produzione, il Radicchio di Treviso Igp e il Radicchio di Castelfranco Igp possono essere infatti coltivati solo in  comuni delle province di Treviso, Padova e Venezia per garantire la provenienza, le caratteristiche peculiari e tutta la qualità del prodotto. Per la Colombia si farà un’eccezione. Pur col divieto di immetterlo sul mercato come Igp.

IL RISTORANTE DOVE PROVARLO
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Tra le tappe imperdibili per scoprire la bontà del radicchio, nel suo territorio d’elezione, c’è il Ristorante Ca’Amata Golf Club di Castelfranco Veneto (TV). E non è un caso se Egidio Fior, patron di questo vero e proprio scrigno del gusto, tra i promotori del Radicchio d’Oro, abbia scelto per la sua cucina un giovane chef, nato e cresciuto nella zona per la sua cucina.

Si tratta del 24enne Simone Pozzebon (nella foto sotto),capace di condensare Davide Oldani e Massimo Bottura in un percorso tra tempura, marinatura, saor, fino a culminare negli Zaeti (i biscotti tipici veneti e veneziani) e nel dessert celebrativo “Ops, mi si è rotta la crostata”, torta al limone con marmellata di radicchio.

Alla base del menu studiato da Fior e Pozzebon, una filosofia che guarda alla sostenibilità. Incollata alla tradizione, ma proiettata nel futuro. “Non ammetto gli sprechi – spiega il giovane chef – anzi tendo a riciclare moltissimo. Un modo per dare sfogo alla mia fantasia e creatività, fondamentali nel mia idea di cucinare il Veneto”.

Ottima anche la carta dei vini, tra cui figura il “Falconera” di Loredan Gasparini: un Merlot Colli Trevigiani Igt 2015 di gran carattere e pulizia, frutto dell’omonimo vigneto storico di Vergazzù. Solo una delle “chicche” dell’area del Montello, nota per la produzione dell’Asolo Prosecco Superiore, ma capace di regalare anche grandi rossi.

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Food Lifestyle & Travel

TavoleDoc Veneto: un nuovo percorso gastronomico tra le eccellenze del territorio

PADOVA – TavoleDoc Veneto, pronti a partire. Lunedì 2 dicembre, il Ristorante Valbruna di Limena, in provincia di Padova, è stato culla dell’assemblea inaugurale del progetto al quale hanno già aderito 51 ristoranti della regione.

Diversi i temi affrontati nel corso della giornata, presentati da Mario Cucci, editore della guida, Elio Ghisalberti direttore editoriale, e Marco Colognese, autore e curatore del volume.

“TavoleDoc Veneto – ha sottolineato Mario Cucci – si inserisce in un più ampio progetto che, a livello nazionale, vede al suo attivo la Guida TavoleDoc Liguria che ha già ottenuto un grande successo ed è alla sua seconda edizione”.

Elio Ghisalberti ha raccontato la sua esperienza in Lombardia. “Il Veneto – ha precisato Marco Colognese – è caratterizzato da diverse specificità, ognuna in grado di esprimere eccellenze: si passa dal territorio montano e dolomitico all’aria marina di Venezia, apprezzata e nota in tutto il mondo”.

TavoleDoc Veneto diventa così un vero e proprio racconto enogastronomico, volto a promuovere la cucina dei diversi ristoranti aderenti. Ad ogni attività verranno dedicate quattro pagine, contenenti la presentazione del ristorante, un servizio fotografico ad hoc e la ricetta più rappresentativa.

In occasione di due periodi di promozione (15 marzo / 15 aprile e 15 ottobre / 15 novembre), i ristoranti di TavoleDoc Veneto proporranno i loro menu TavoleDoc ad un prezzo concordato e fisso, con l’obiettivo di proporre un’offerta gastronomica di rilievo ad un importo accessibile.

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Asahi Super Dry

È la birra giapponese per definizione, la più venduta nel Paese del Sol Levante. In Italia è facilmente reperibile in Gdo, la si trova praticamente in ogni sushi bar e spesso viene pure regalata come omaggio quando acquistiamo sushi da asporto. Si tratta di Asahi Super Dry, la birra bandiera di Asahi Breweries che da poco più di un anno viene prodotta per l’Italia e l’Europa nello stabilimento Peroni di Padova.

LA DEGUSTAZIONE
Colore biondo, schiuma bianca mediamente persistente. Al naso, sottile e poco intensa, prevale un sentore fresco ed erbaceo. Anche in bocca non si rivela molto intensa, poco luppolata regala la piacevolezza dei sentori di malto-cereali accompagnati da una tattilità scorrevole, quasi sfuggente. Effettivamente “secca” (come il nome lascia supporre) resta costante nei sentori durante la breve persistenza.

Una birra dissetante ma che non lascia memoria di se e forse proprio in questo risiede parte del suo successo. È infatti agilmente abbinabile a molti piatti in quanto non li sormonta, non li “distorce”, pur contribuendo a pulire il palato fra i bocconi o le portate.

ASAHI SUPER DRY
Entrata in commercio nel 1987 fu la prima Dry ad apparire sul mercato giapponese. Il suo successo lo deve probabilmente all’approccio con cui l’azienda sviluppò la ricetta. Sembra infatti che l’idea della Super Dry nacque dall’intervista di oltre 5.000 consumatori per identificare quali fossero le specifiche di un prodotto che potesse pienamente soddisfare il cliente.

Potremmo quasi considerarlo un approccio Kaizen (il “miglioramento continuo” tanto caro all’industria) alla birra. Miglioramento continuo che la porta oggi ad essere una birra non pastorizzata e microfiltrata, una cruda a tutti gli effetti anche se la cosa non viene specificata e forse proprio per questo prodotta sullo stabilimento Peroni che già produce un’altra cruda.

Birra a bassa fermentazione, la ricetta prevede malto d’orzo, amido di mais, mais e riso (questi gli ingredienti dichiarati in etichetta) come miscela di cereali per ricercare le caratteristiche organolettiche tipiche del marchio.

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Bottega Gold e Rosé, l’Ue riconosce la proprietà intellettuale dei marchi

BIBANO – I marchi tridimensionali di Bottega Gold e Bottega Rose Gold sono legittimi e di proprietà esclusiva dell’azienda di Bibano (TV). Lo ha stabilito mercoledì 8 maggio il Tribunale dell’Unione Europea presso la Corte di Giustizia di Lussemburgo, in merito ad alcuni episodi di imitazione di cui è vittima da anni la cantina veneta.

Confermata dunque la decisione dell’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (Euipo), che il 14 marzo 2018 aveva riconosciuto la validità dei marchi, la forma della bottiglia e l’effetto specchiato dei colori (oro e rosa) come “elementi propri dei marchi di Bottega, addirittura prevalenti su altre componenti in rilievo” e “l’etichetta a forma di fiammella, propria dei vini Bottega”. Dettagli che, sempre secondo la sentenza, “in quanto tali non possono essere utilizzati da terzi”.

I MARCHI BOTTEGA
“Una decisione importante – commentano i vertici della casa di Bibano – che conferma una volta in più le ragioni di tutela del marchio che Bottega pone alla base delle sue rivendicazioni”. Di contrario avviso il Tribunale di Padova che qualche giorno fa ha assolto dal reato di contraffazione i responsabili dell’azienda vinicola Tombacco di Trebaseleghe (PD) sul presupposto che i marchi di Bottega hanno come unico elemento distintivo la lettera B, posta in rilievo sul collo della bottiglia.

Motivazioni, quelle della sentenza del Tribunale Ue, che non state considerate utili dal Tribunale di Padova nell’orientare e motivare la propria decisione. L’istanza di Bottega è stata infatti rigettata dal giudice padovano, che ha depositato direttamente in udienza le motivazioni della sentenza.

“Poiché la contraffazione è punita sia in sede penale che in sede civile – annuncia Bottega Spa – l’azienda proporrà sicuramente appello contro la sentenza del Tribunale di Padova, riservandosi di agire anche in sede civile considerato che lo stesso Tribunale di Padova ha prospettato l’esistenza di una possibile imitazione servile, per noi poco onorevole”.

Bottega ha ideato le bottiglie verniciate a partire dal 2001. Da allora, la cantina e distilleria trevigiana è stata vittima di diverse imitazioni in tutto il mondo. “La validità dei marchi registrati – ricordano i vertici aziendali – è stata riconosciuta in Italia e in Europa dai diversi organi competenti, anche se nel corso degli anni ci sono state delle difficoltà nella loro protezione che hanno portato Bottega Spa ad adire in diverse occasioni l’autorità giudiziaria per le azioni scorrette di alcune aziende concorrenti”.

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Colli Euganei Pinot Bianco Doc 2015, Conte Emo Capodilista

(4 / 5) Il Pinot Bianco è uno di quei vitigni internazionali che fa discutere gli ampelografi sulla sua origine e che ha trovato dimora in svariati terroir.

Uno di questi luoghi è il Veneto. Assaggiamo oggi il Colli Euganei Pinot Bianco Doc della cantina Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia, annata 2015.

LA DEGUSTAZIONE
Colere giallo paglierino con riflessi verdastri, trasparente, scorrevole nel bicchiere. Al naso sembra poco intenso ma è solo timidezza. Dopo un attimo ecco arrivare piacevoli note di fiori bianchi, un leggero sentore erbaceo e note di frutta a polpa chiara.

Frutta molto matura che, via via che il calice si scalda, tende a prendere il sopravvento. In bocca si esalta subito la sapidità di questo Pinot Bianco, seguita dalla fresca acidità che lo rende veramente facile ed agile in bocca. “Beverino”, come si suol dire.

Delicato nel retro olfattivo, dominato dai ritorni floreali già percepiti al naso. Non particolarmente persistente, si sposa bene con preparazioni di pesce o carni bianche delicate.

In definitiva, un vino giustamente collocato in una fascia prezzo medio-alta, per quello che riesce a esprimere nel calice rispetto ad altre referenze prodotte con lo stesso vitigno.

LA VINIFICAZIONE
Vinificazioni in bianco, in acciaio, a temperatura controllata per le uve di solo Pinot Bianco coltivate su terreno di medio impasto con esposizione sud nel comprensorio della Doc.

Cantina di lunga tradizione, come testimonia la villa cinquecentesca che sovrasta le vigne a Selvazzano Dentro (PD), Conte Emo Capodilista – Azienda Agricola La Montecchia vanta tracce storiche fin dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Ma è recentemente che l’azienda si è distinta per i tanti progetti di eco sostenibilità, anche in collaborazione con le scuole delle province di Padova.

Prezzo: 9,50 euro
Acquistato presso: Alìper – Alì Supermercati

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Triveneto unito “per una viticoltura più sostenibile”

PORDENONE – Rinnovo della piattaforma varietale e del miglioramento delle tecniche di coltivazione della vite, con l’obiettivo primario di migliorare la sostenibilità della viticoltura dal punto di vista ambientale, economico e sociale. È questo l’obiettivo dell’accordo sottoscritto dalle Università degli studi di Padova, Verona e Udine, la Libera Università di Bolzano, l’IGA Udine, la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e il CREA Viticoltura ed Enologia di Conegliano.

Il protocollo, firmato il 14 dicembre a Pordenone, nell’ambito di Expo Rive 2017, il Salone internazionale dedicato alla viticoltura e all’enologia, è preliminare ad una raccolta di fondi che vedrà tutti gli stakeholder, pubblici e privati, coinvolti nel finanziamento di un piano di lavoro di durata almeno quinquennale. Con questa firma, le università e gli enti di ricerca sulla vite e sul vino del Triveneto hanno dichiarato il loro comune impegno verso lo sviluppo di un progetto di ricerca dal titolo “Viticoltura 4.0”.

Le 7 istituzioni rappresentano eccellenze a livello nazionale ed internazionale che hanno già dato importanti contributi nella ricerca in viticoltura che si sono anche già tradotti in applicazioni con un notevole impatto sul settore vitivinicolo del Triveneto e nazionale. Dieci anni dopo l’importante risultato ottenuto dalla ricerca italiana con il sequenziamento del genoma della vite, che ha visto protagonisti “i magnifici 7 della ricerca”, questo accordo rappresenta un’altra pietra miliare su cui costruire il futuro della viticoltura.

Lavorare da ora in poi congiuntamente su questi temi di ricerca consentirà “di mettere a fattore comune risorse intellettuali e strumentali e grazie a ciò accelerare il processo di trasferimento dei risultati della ricerca dai laboratori ai vigneti con benefici per i viticoltori, per i consumatori e per l’ambiente”.

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Merlot del Veneto Igp 2016, Zaramella

(1,5 / 5) Dire Merlot è un po’ come dire Veneto (e viceversa). Alla base di numerose Doc, Docg, Igp, vinificato in purezza o assemblato con altri vitigni si produce principalmente nella parte centro orientale della regione.

Ma è solo uno e mezzo il “cestello della spesa” nella scala di valutazione di vinialsuper per il Merlot del Veneto Igp della Casa Vinicola Zaramella 2016, oggi sotto la nostra lente di ingrandimento.

LA DEGUSTAZIONE
Un rosso che si presenta limpido nel calice. Al naso è semplice, con sentori di frutti rossi, oltre a una nota vegetale di peperone verde. Una semplicità che si ritrova tutta al palato, dove si conferma un vino moderato dal punto di vista dell’alcolicità (11,5% alcol), della freschezza e della tannicità.

Coerente per fascia prezzo, tecnicamente esente da difetti, è da relegare a quel mondo d’oblio dei vini “ordinari” del supermercato. Il Merlot in cucina si accosta a risotti, paste asciutte, selvaggina, arrosto di pollame ed ai formaggi in genere.

LA VINIFICAZIONE
Il vino Merlot del Veneto Igp prodotto dalla Casa Vinicola Zaramella è ottenuto da una selezione delle uve Merlot, raccolte in Veneto a metà settembre. La fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox con macerazione delle vinacce per 10 giorni.

La Casa Vinicola Zaramella è situata in Veneto, a Cadoneghe, in provincia di Padova. Opera nel settore vinicolo dal 1890.  Da quasi un secolo è condotta dalla famiglia Fabbro, che seleziona e imbottiglia vini ad Indicazione Geografica Tipica (Igp) e a Denominazione di Origine Controllata (Doc) ottenuti da vitigni come Merlot, Raboso, Garganega, Cabernet franc, Chardonnay e Sauvignon provenienti dalle numerose regioni italiane.

Prezzo: 2,49 euro
Luogo d’acquisto: Interspar

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Approfondimenti

Bacaro tour: il bere “ignorante” diventa “slow” con la linea vini Bakari

Metti assieme un vignaiolo, un enologo, un selezionatore, un ristoratore e un artista. Capirai il senso di una linea di “vini spensierati”, adatti alle occasioni più gioviali. Come i “Bacaro tour”, veri e propri viaggi lampo che prevedono andata e ritorno in una sera e un unico filo conduttore: l’alcol.

Una moda che spopola tra i giovani italiani, soprattutto in regioni del Nord Est come Veneto e Friuli. Un esempio? Partenza da Treviso, arrivo a Venezia. Lì, inizia il tour tra un “bacaro” e l’altro: locali, spesso osterie, in cui i ragazzi consumano vini al calice (ómbre) e piccoli spuntini (cichéti).

“L’intento – spiega Raffaele Bonivento, leader del progetto ‘Bakari #socialmentespensierati’ con un passato da vignaiolo nei cirucuiti VinNatur e Porhos – è quello di creare una linea di vini naturali, fatti bene, a un costo accessibile, che rispondessero a dei requisiti specifici: di facile beva, democratici ma non concettuali, laici e frivoli, privi di sovrastrutture etiche e culturali. In poche parole vini buoni e naturali alla portata di tutti”.

LA SQUADRA
Al fianco di Raffaele Bonivento, una squadra di professionisti del mondo del vino. Damiano Peroni, enologo che da oltre dieci anni lavora come consulente per aziende agricole. Stefano Menti, vignaiolo dell’azienda di famiglia a Gambellara (VI), che lavora in regime biodinamico ed è interprete della Garganega vinificata spontaneamente. Il ristoratore Luca Fullin, oggi ideatore e proprietario del Local, realtà emergente della ristorazione veneziana. E infine Emanuela Tortora, sommelier e illustratrice che si è occupata delle etichette.

Il nuovo marchio si presenta sul mercato con tre vini: Bianco, Rosso, Confondo. Tutti non filtrati, prodotti in quantità limitate, con l’indicazione di anidride solforosa in retroetichetta. Le uve vengono acquistate da produttori in regime biologico, biodinamico o in conversione verso questi regimi.

DOVE DEGUSTARE I VINI BAKARI
Sono diciannove i locali che i fondatori della nuova linea vini Bakari hanno scelto per presentarsi ai “bevitori socialmente spensierati”. Da sabato 24 giugno a sabato 8 luglio 2017 il pubblico potrà quindi conoscere e assaggiare in anteprima i vini nei locali selezionati al costo consigliato di 3 euro.

I locali coinvolti sono: Bacaro Risorto di Venezia; Estro – Vino e Cucina di Venezia; Osteria Plip di Mestre (Ve); DiningRoom di Mestre (Ve); Ristorante Local di Venezia; Hotel Pensione Wildner di Venezia; Misticanza 54 di Monselice (PD); Abituè di Treviso; Assaggi&Beccofino di Mogliano Veneto (TV); Il Punto della bice di Rovigo; Ca’ Bottona di Costermano (VR); Ai Troeggi di Genova; Banco vini e alimenti di Torino; Ristorante Consorzio di Torino; XI Comandamento di Ferrara; Enoteca Pisacane di Cervia (RA); Viva di Trieste; Vinello di Milano; Pura Vida di Mantova.

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Vini al supermercato

Rosso Riserva Colli Euganei Doc 2010, Vignalta

Ottimo vino, soprattutto nel rapporto qualità prezzo, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc della Società Agricola Vignalta di Arquà Petrarca, Padova. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, la vendemmia 2010. Nel calice si presenta di un rosso intenso con riflessi granati. Buona consistenza e intensità. Al naso questo rosso del Veneto si rivela vino molto intenso. Nonostante due anni in botte, conserva una certa freschezza e vinosità. Eppure riesce a essere molto armonico ed elegante, grazie a note marcate di sottobosco e bacche mature. Il Merlot, vitigno predominante, utilizzato nel blend con il Cabernet Sauvignon, conferisce all’olfatto il giusto spunto vegetale e speziato. Al palato, il Rosso Riserva Colli Euganei Doc Vignalta 2010 conferma le attese: buona struttura, vino avvolgente caldo. Il terreno si fa sentire prepotentemente: il suolo vulcanico dà la giusta mineralità, la botte lo rende rotondo, ma comunque conserva una certa ripetibilità nella bevuta. Un rosso importante, anche nell’alcolicità (14%) che tuttavia non stanca, né risulta pesante. La tannicità ben si lega comunque a una freschezza inaspettata e sorprendente per un vino Riserva. I ritorni di confettura di frutta e peperone verde, oltre alla buona persistenza, sono i tratti distintivi del quadro retro olfattivo. Un rosso che può addentrarsi sicuramente in un medio lungo invecchiamento. Questo importante rosso veneto si abbina a portate di carne, sia bianche sia rosse, servito a una temperatura ideale di 18 gradi.

LA VINIFICAZIONE
L’area di produzione del Rosso Riserva 2010 Vignalta è quella dei Colli Euganei, tra Arquà Petrarca, Baone, Cinto Euganeo e Teolo. Prende vita da vigneti di età media compresa tra i 13 e i 21 anni, con esposizione Sud Sud-Ovest. Il suolo è ricco di calcare e argilla calcarea, con sabbia di lava disgregata. La tecnica d’impianto è quella del cordone speronato e Sylvaz, con una densità di 2000-4000 piante e una resa di 70 quintali per ettaro. Come anticipato, le varietà che compongono il blend sono il Merlot per il 60% e il Cabernet Sauvignon per il 40%. La vinificazione prevede 14 giorni di fermentazione e macerazione in serbatoi d’acciaio con lieviti selezionati. Vengono dunque effettuati quattro rimontaggi al giorno, mentre la temperatura non si discosta dai 27 gradi. L’affinamento del Rosso Colli Euganei Vignalta ha luogo in botte di rovere (Allier e Slavonia) da 500 litri, per 24 mesi. Terminato questo periodo, il vino non subisce alcuna stabilizzazione. La filtrazione grossolana e gli ulteriori 6 mesi di affinamento in bottiglia, anticipano la commercializzazione. Ogni anno, ne vengono prodotte in media 100 mila bottiglie da 750 ml, ma la cantina produttrice lo rende disponibile anche nei formati da 0.375 e da 1.5 litri.

Acquistato presso: Alìper Ipermercati
Prezzo: 12.90 euro

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Docg Wine Experience all’Abbazia di Praglia

Nella splendida cornice dei Colli Euganei, più precisamente nel monastero benedettino dell’Abbazia di Praglia di Teolo, in provincia di Padova, è  andata in scena una bella ed interessante manifestazione vinicola sulle 74 Docg italiane, alla quale abbiamo partecipato anche noi di vinialsupermercato.it. Un evento rivolto sia ad esperti di settore sia a winelovers che con un ticket di ingresso da 12 euro, fino a 18 euro, hanno avuto la possibilità di accedere illimitatamente a tutte le degustazioni. Al banco di assaggio presenti oltre 200 cantine, tra cui grandi nomi come La Scolca, Marina Cvetic, Pellegrino, Sengiari, Arnaldo Caprai, Bartolomiol, Banfi, Mastroberardino, solo per citarne alcuni, che hanno presentato l’ultima annata dei loro prodotti di punta, ma anche realtà minori, in prevalenza provenienti dal Sud Italia. Un Meridione che, come dimostra quest’iniziativa, ha ormai intrapreso un percorso di comunicazione dei propri prodotti in via sempre più strutturata. Il servizio è stato organizzato e curato da Ais Veneto, che ha messo a disposizione 150 sommelier capaci di assicurare un servizio davvero impeccabile, nonostante le numerose presenze ad affollare i banchi. Professionisti che hanno anche saputo dare informazioni e spiegazioni puntuali sui prodotti in somministrazione. Durante la manifestazione è stato inoltre possibile visitare la cantina del monastero, nel quale si coltivano circa 10 ettari di vigneto tutti a Denominazione di origine controllata, tra filari di Garganega, Friularo, Moscato fior d’arancio e varietà internazionali. Un luogo nel quale si respira storia, l’arte antica di fare bene le cose fusa a moderne tecnologie.

Sono stati proposti anche tre seminari con degustazioni guidate, sempre a cura di Ais Veneto. Una bellissima manifestazione gestita anche con un ottimo servizio di catering per una food&wine experience a 360°, con diverse specialità enogastronomiche sempre a disposizione degli utenti, tutto compreso nel ticket di ingresso.  Un bilancio, quello della nostra visita, davvero molto positivo. Un’iniziativa apprezzabile per i vini e le cantine proposte, per l’ineccepibile organizzazione, ma anche per il pubblico di ”real winelovers”, interessato alle degustazioni non per il gusto di bere ”fine a se stesso”, come purtroppo accade in altre manifestazioni dove capita, a volte, di assistere a scene ”becere”. Un appuntamento, questo della Docg Wine Experience che, se riproposto nel 2017 come auspichiamo, è tassativamente da segnare in agenda.

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Il Moet & Chandon del finanziere era Prosecco. Scoperta maxi truffa a Padova

Succede che una bottiglia di Moet & Chandon finisca nelle mani di un finanziere “navigato”, che noti l’assenza della menzione obbligatoria del lotto di produzione e da lì faccia partire un’indagine che ha portato a Padova al sequestro di 9200 bottiglie di Champagne contraffatto, 40.000 etichette pronte per essere apposte, 4200 scatole taroccate per un servizio di tutto rispetto. E addirittura un macchinario per falsificare i tappi. Con tutta questa dovizia di particolari è il caso di dire che i truffatori si sono proprio persi in un bicchier d’acqua. Un dettaglio, quello del lotto di produzione, che è costato davvero caro a questo “genio” della truffa veneto che smerciava, un buon Prosecco, per “Champagne”. Per il momento otto persone indagate, ma non “ingabbiate” come il tappo dello spumante vorrebbe. E mentre la casa di produzione Moet & Chandon, molto attenta ad evitare falsificazioni, ha già intrapreso le vie legali, noi ci siamo chiesti ma che fine ha fatto poi questo vino? Se lo saranno portato a casa i finanzieri? No, è stato regalato ad associazioni venete che lo smerceranno per quello che è, un buon Prosecco per farci tanti spritz. Della serie lo Champagne è stato declassato a “Prosecchino” da circolino. Cronaca a parte, una riflessione. Quanti consumatori conoscono la differenza tra uno champagne e uno spumante? Sareste stati in grado di riconoscerlo una volta nella flûte. Abbiamo trovato in rete un curioso test per verificare le proprie competenze in materia di Champagne. Noi lo abbiamo fatto e purtroppo con le prestigiose “bolle”, anche contando sul fattore fortuna, ci è andata maluccio. Sapete quale politico inglese ha bevuto oltre 42.000 bottiglie di champagne? Quanti ettari di vigneti per la produzione dello champagne sono stati distrutti durante la seconda guerra mondiale? Conoscete i tempi di maturazione sulle fecce di uno champagne? Le uve impiegate? Quanti anni ha impiegato Moet & Chandon per realizzare il blend prestige di Champagne lanciato quest’anno? Dunque se anche per voi come per noi queste domande sono troppo difficili, le cose sono due: o saremmo caduti vittime della truffa oppure ci meritiamo “solo” Prosecco.

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