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Denny De Vito e il Classese dell’Oltrepò: il Metodo classico Pavese al cinema


denny de vito classese. Mille dubbi e una certezza assoluta. Per l’Oltrepò pavese che, ieri pomeriggio, ha scelto il nome Classese per rilanciare il Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, oggi è un risveglio “da vigilia di Natale”. Nel toto-nomi da affibbiare solo e solamente alle bollicine Docg, quello prescelto dall’assemblea del Consorzio ha già un ambasciatore d’eccezione. Sua maestà Denny De Vito. In una scena centrale di Ops! È già Natale – A Sudden Case of Christmas, remake di Improvvisamente Natale diretto da Peter Chelsom, l’attore e regista statunitense, di chiare origini italiani, imbraccia una magnum di Classese di Quaquarini. E la stappa, per celebrare la (presunta) notizia dell’arrivo di un altro bebè in famiglia. Non importa se la trama svelerà un’altra storia. La Magnum di Classese esplode. E la spuma schizza sul volto dei protagonisti, seduti a tavola. Una scena che, oggi, brilla negli occhi di Umberto Quaquarini, patron della cantina-gioiello di Canneto Pavese che ha deciso di cedere quel nome al Consorzio. «Per il bene del territorio».

UMBERTO QUAQUARINI: «HO DONATO IL CLASSESE, UN PEZZO DI FAMIGLIA, ALL’OLTREPÒ»

«Il nome Classese – spiega il vignaiolo a Winemag – è storico per lo spumante dell’Oltrepò pavese. Negli ultimi anni, tuttavia, siamo rimasti solo in due ad utilizzarlo: noi dell’Azienda agricola biologica Francesco Quaquarini e l’azienda Monterucco della famiglia Valenti. Un nome bellissimo, secondo me, che è sempre piaciuto anche a mio padre. Negli anni abbiamo proposto molte volte al Consorzio Oltrepò di utilizzarlo come nome collettivo degli spumanti Metodo classico Docg da uve Pinot Nero, come brand collettivo, ma ci hanno sempre detto di no. Le ultime ricerche affidate dal Consorzio ad enti esterni, per trovare un nuovo nome con cui chiamare la Docg, non hanno convinto. E così, prima con l’ex direttore Carlo Veronese e poi con il benestare dell’attuale direttore Riccardo Binda, abbiamo trovato la quadra».

Quaquarini e Monterucco hanno così ceduto al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese il “marchio”. Il gruppo di aziende oltrepadane guidato dal presidente Fabiano Giorgi ha poi ceduto, a sua volta gratuitamente, il nome al Consorzio. Classese è diventato così il nome assunto ieri pomeriggio dall’assemblea dei soci del Consorzio per lo spumante Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese. «Non volevo diventasse una transizione economica a nessun livello – garantisce Umberto Quaquarini a Winemag – bensì una cosa per tutti. Classese è un nome nato liberamente e tale deve rimanere. L’unica cosa che ho chiesto è fosse strettamente legato alle sole bollicine metodo classico da Pinot Nero, ovvero alla gemma del nostro territorio. E così è stato. Qualcuno, invece, proponeva di poterlo usare anche per il Vsq o per gli spumanti con lo Chardonnay». denny de vito classese.

DUBBI (FUGATI) SULL’APPROVAZIONE DEL NOME CLASSESE DA PARTE DEL MINISTERO

«Oggi mi sento un po’ strano – ammette Quaquarini, evidentemente commosso – perché è come se avessi “ceduto” qualcosa di famigliare, a cui ero molto legato, insieme a mio padre. In realtà, se ci penso bene, ho donato a tutti i produttori un nome che diventerà ancora più importante e conosciuto. Simbolo degli spumanti metodo classico di qualità dell’Oltrepò pavese, solo da uve Pinot Nero. I produttori pavesi hanno così un nome unitario, così come altri grandi territori dediti alla produzione di spumanti come Franciacorta, Alta Langa e Trento Doc». Del resto, il Classese di Quaquarini resta una chicca. Prodotto al massimo in 15 mila bottiglie annue, è ottenuto da solo due vigneti selezionatissimi. In commercio c’è l’annata 2016, che lascerà spazio al millesimo 2017 a Vinitaly 2025.

«Il nome Classese – assicura il produttore – rimane in testa facilmente. È facile da ricordare e da pronunciare, anche se non abbiamo particolare evidenze all’estero, vendendolo poco fuori dai confini italiani».y de vito classese.      Quanto alla possibile censura del nome da parte del Ministero, che potrebbe bloccare l’iter di approvazione del provvedimento, il Consorzio guidato da Francesca Seralvo si è già mosso per trovare garanzie legali. «Anni fa – rivela Umberto Quaquarini – il Ministero dell’Agricoltura aveva bocciato il nome Classese perché era troppo uguale a “metodo classico” e creava confusione. Il Consorzio fece ricorso e lo perse, ma nessuno portò avanti la discussione. Già con Carlo Veronese, negli anni scorsi, l’argomento fu ripreso in mano. Il nuovo direttore Riccardo Binda assicura di aver già effettuato i controlli legali necessari, per assicurarsi che nessuno possa bloccare più questo nome».

IL CONSORZIO: LA FAMIGLIA QUAQUARINI HA GARANTITO LA CONTINUITÀ DEL CLASSESE

«La continuità commerciale del Classese – conferma Riccardo Binda – è stata garantita dalla caparbietà della famiglia Quaquarini nel tenerlo vivo negli anni. Sul nome non ci sono dubbi. Il Ministero aveva dato un parere contrario, nel 1991, perché ammiccava a “metodo classico”, ma il Classese è ora esclusivamente Metodo classico! La certezza, quando si fanno modifiche di nomi di denominazione, non c’è mai. Ma niente, in questo momento, può dare più garanzie di Classese. Ed era l’unica scelta praticabile – conclude il direttore del Consorzio -. Tutte le altre sono boutade lanciate da chi non ha ben chiari tutti i meccanismi del sistema delle Doc». Mal che vada, uno squillo a Denny De Vito. E via.

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Una Doc Lombardia per rilanciare l’Oltrepò pavese ed altre regioni vinicole


L’Oltrepò pavese guarda al futuro con ambizione e prepara il terreno per una vera e propria rivoluzione, che potrebbe stravolgere gli equilibri geopolitici del vino nel nord Italia. Dopo aver contribuito in maniera determinante a mettere da parte gli imbottigliatori, sempre più isolati dal Consorzio, una delle maggiori cooperative lombarde, Terre d’Oltrepò, sta vagliando la possibilità di promuovere l’istituzione di una Doc Lombardia del vino. A parlarne con Winemag è Umberto Callegari, a margine di un’intervista sullo stato di salute della cooperativa, che opera negli stabilimenti di Broni, Casteggio e Santa Maria della Versa, in provincia di Pavia.

In seguito all’harakiri di diverse aziende imbottigliatrici, il ruolo di Terre di d’Oltrepò nel Consorzio guidato dalla vignaiola Francesca Seralvo e dal nuovo direttore Riccardo Binda – giunto a fine estate 2024 da Bolgheri – è divenuto ancora più centrale. Ma non basta. Il cuore del piano industriale di rilancio della cooperativa, in difficoltà per la scarsità dei conferimenti di uve della vendemmia 2024, c’è la spinta sul fronte dei servizi conto terzi.

DOC LOMBARDIA «PER SPINGERE IL VINO SUI MERCATI INTERNAZIONALI»

Una Doc Lombardia potrebbe ulteriormente spingere alcune cantine ad affidare a Terre d’Oltrepò l’imbottigliamento delle proprie linee di spumanti, così come vini fermi, bianchi e rossi, senza dimenticare la nuova frontiera dei dealcolati. «Per mettere gli spumanti La Versa accanto a Berlucchi, Cà del Bosco e Ferrari, in termini di prestigio e riconoscibilità, ci vogliono 25 anni. Sarebbe bellissimo, ma richiede, tra le altre cose, un investimento di marketing importante. Un’altra cosa è prendere le piccole, medie, grandi aziende che, magari con un progetto lombardo, vogliono fare metodo classico in Lombardia, e prepararlo qui per loro. La nostra cooperativa potrebbe così fungere da centro di pressatura, imbottigliamento e lavorazione, come succede in Champagne da 150 anni, diventando un polo di servizio».

L’istituzione di una Doc Lombardia, sempre secondo il manager di Terre d’Oltrepò, «potrebbe creare una leva operativa, sia per noi sia per altre aziende lombarde, con scambi interconsortili basati su brand locali che, ovviamente, non interferiscono con le Doc o Docg già esistenti». Lo stesso vale per l’Oltrepò. «Se tu sei un’azienda che ha un grande brand e una grande reputazione, che vende tutto, ma che ha costi alti – evidenzia Callegari – si pone un problema. Centri condivisi che possano abbassare il costo medio della produzione e avere effetto positivo sulla marginalità delle aziende e sui loro fatturati non è solo la strada giusta. Ma anche quella necessaria e fondamentale. Sperando che questo sia sufficiente».

VINO, VERSO UNA DOC LOMBARDIA? I PROTAGONISTI

Suggestione o ipotesi concreta, quella di una Doc Lombardia? «Stiamo cercando di lavorarci – replica il Ceo – ma non solo noi, perché ovviamente una Doc Lombardia non può girare solo attorno a Terre d’Oltrepò. Se ci sarà una Doc Lombardia ci sarà una zona vocata i bianchi che produrrà bianchi: se dovessi decidere io, immaginerei per esempio la zona del Garda. La parte di Metodo classico, che coinvolgerebbe di più la Franciacorta e l’Oltrepò. Per il rosso: se è il Pinot Nero, avrebbe senso farlo in Oltrepò».

«Il punto – continua – è che ci sono tanti piccoli Consorzi che lavorano benissimo, all’interno di Ascovilo per esempio, ma che sono molto piccoli. Ma portarli in giro per la promozione non è semplice, perché un conto è la forza di una Doc da 10 mila bottiglie, un’altra sarebbe quella di una Doc regionale. Lo Champagne fa 350 milioni di bottiglie e sono bravissimi. L’estero conosce Champagne e Prosecco. In mezzo c’è un buco che potrebbe essere una grande opportunità per questa tipologia. Il sistema italiano sta perdendo tempo e rischiando che qualcun altro si inserisca in quel segmento».

Dalla Doc Lombardia spostiamoci in Oltrepò pavese, dove si mette in discussione la legittimità della Spa Terre d’Oltrepò, nata sul finire del 2024 sul modello operativo già visto con Nosio Spa di Mezzacorona. Cosa risponde a chi avanza dubbi?

L’operazione Spa è pienamente legittima. È stata deliberata dal consiglio di amministrazione senza voti contrari, con l’astensione del presidente, e successivamente ratificata in assemblea da circa l’80% dei soci con l’approvazione del bilancio. Non comprendo come si possa mettere in dubbio la legittimità di un processo approvato non solo dagli organi interni, ma anche da figure indipendenti come sindaci, revisori e un perito del Tribunale di Milano, che ha giurato la perizia di conferimento, garantendo che il valore rappresentasse appieno gli interessi dei soci.

Anche il Notaio, figura indipendente, ha supervisionato e garantito la correttezza dell’intera procedura. L’obiettivo dichiarato, condiviso e approvato, è stato proprio quello di dare alla cooperativa una governance strutturata, un’esigenza che non riguarda solo Terre d’Oltrepò, ma gran parte delle cooperative vinicole italiane. Si tratta di un’operazione necessaria per difendere e valorizzare il patrimonio dei soci, attraverso un modello gestionale moderno e attrattivo per investitori.

Ci sono stati momenti di tensione e lei è stato accusato di episodi di violenza, quantomeno verbale. 

Abbiamo già respinto categoricamente queste accuse, supportati dalle firme dei dipendenti e delle RSU. Inoltre, è importante sottolineare che queste accuse provengono esclusivamente dalla CISL, che sembra più interessata a creare tensioni personali con me che a occuparsi del reale benessere dei lavoratori. Con la UILA, invece, i rapporti sono sempre stati costruttivi e cordiali. Mi lascia perplesso il tentativo di personalizzare il rilancio di un’azienda in difficoltà, tentando di far passare un progetto strutturale e condiviso come una questione di simpatia o antipatia personale.

Questo approccio irrazionale strumentalizza e banalizza il lavoro di tanti professionisti coinvolti nel cambiamento. I fatti rimangono fatti. La costituzione della Spa, con un consiglio di amministrazione collegiale e professionisti di altissimo livello, parla da sé. Per la prima volta, Terre può contare su un team qualificato che ha scelto di assumersi la responsabilità legale e operativa per il benessere dell’azienda e dei soci. Questo non dovrebbe suscitare diffidenza, ma fiducia.

L’impressione è che diversi soci della cooperativa Terre d’Oltrepò contestino l’operazione Spa perché “calata dall’alto”, senza la necessaria illustrazione condivisione del progetto, pur demandato al Cda.

Non condivido questa interpretazione. Il dialogo c’è stato ed è stato strutturato in tutte le sedi opportune. Il progetto S.p.A. è nato da un’esigenza chiara, espressa dal Cda, che mi ha chiesto di rimanere per portare avanti il piano di turnaround di un’azienda ereditata al collasso. Ricordo che la costituzione della Spa è stata approvata dal Cda senza voti contrari, con l’astensione del presidente, e successivamente ratificata in assemblea da circa l’80% dei soci in sede di approvazione del bilancio. In quell’occasione, si è discusso a lungo della struttura e del progetto, garantendo un dialogo trasparente e costruttivo. Inoltre, la presenza di un consiglio di amministrazione collegiale, composto da professionisti di assoluta esperienza, smentisce qualsiasi accusa di personalismo. È un sistema trasparente e orientato a garantire il bene comune.

La Spa però le consente di operare, in accordo con il Cda, in maniera più agile rispetto all’assemblea della cooperativa. Per questo, tra le accuse che le vengono rivolte, c’è anche quella di aver ulteriormente accentrato “potere” attorno alla sua figura.

La Spa non è stata pensata per favorire la mia figura, ma per creare un modello di governance più adatto a gestire le complessità del mercato odierno. La scelta di un organo collegiale con responsabilità legali e operative è la prova che il rilancio dell’azienda non è centrato su una singola persona, ma su una visione strutturata e condivisa. Questo sistema rafforza l’indipendenza e la solidità dell’azienda.  

Con la Spa, Terre d’Oltrepò si apre alla possibilità di attrarre investimenti esterni. È un’ipotesi concreta?

Sì, Terre d’Oltrepò, attraverso la Spa, potrà attrarre investitori strategici. Questo è stato confermato da esperti internazionali e manager di prestigiose università come INSEAD e LUISS. L’obiettivo è portare risorse per rafforzare la filiera e rendere l’Oltrepò un punto di riferimento per il settore vinicolo. Avere una struttura moderna e credibile è un prerequisito per ottenere la fiducia degli investitori.

Nel frattempo, mi risulta che siano sorte alcune difficoltà sul fronte della partnership con Mack & Schühle Italia Spa, per la fornitura di 9-12 milioni di bottiglie. Un accordo che difficilmente Terre d’Oltrepò riuscirà a rispettare. Conferma?

È uno degli accordi firmati per modificare il modello di business dell’azienda. Come dichiarato sia da me che da Fedele Angelillo, si tratta di un accordo che valorizza la produzione e amplia le opportunità commerciali, sia a livello nazionale che internazionale. L’idea alla base è quella di lasciare che sia il mercato a indirizzare la produzione, mantenendo sempre al centro il valore del prodotto e del territorio. Ricordo che la responsabilità di una cooperativa parte dal vigneto e dai soci, e arriva alla sua struttura commerciale, con una visione integrata e sostenibile. Purtroppo, la terribile vendemmia di quest’anno (2024) ha rallentato i nostri comuni piani, ma resta chiara la volontà di proseguire con determinazione in questa direzione, per garantire stabilità e valore ai nostri soci e al territorio.

Spostiamo l’attenzione al segmento della Grande distribuzione italiana. Nei supermercati Esselunga è “comparsa” una referenza, Testarossa Principio 2008, dal costo davvero importante (350 euro), che supera anche lo Champagne. Può spiegare l’operazione e definire l’andamento commerciale del prodotto?

Il Principio Testarossa 2008 rappresenta un simbolo della qualità assoluta del nostro territorio e un esempio di ciò che l’Oltrepò può esprimere ai massimi livelli. La sua presenza sugli scaffali di Esselunga a 350 euro non è solo un traguardo, ma la dimostrazione del valore aggiunto che possiamo creare attraverso una visione strategica e un posizionamento chiaro. Le politiche di pricing riflettono la qualità straordinaria del prodotto e il target luxury a cui si rivolge. La Versa è l’unica azienda in Italia, e una delle pochissime in Europa, a vantare una collezione di Jeroboam di Metodo Classico di oltre 40 anni.

Per creare la linea Principio, utilizziamo una liqueur speciale prodotta con uno Jeroboam del 1986, che aggiunge unicità e valore al prodotto. Si tratta di un prodotto di nicchia, realizzato in pochissime centinaia di bottiglie e riservato a un segmento esclusivo, come dimostrato dal successo ottenuto recentemente nel prestigioso membership club londinese dedicato al vino, 67 Pall Mall. Venderlo a poche decine di euro sarebbe come vendere una Ferrari a poche decine di migliaia di euro: un errore sotto ogni punto di vista, che sminuirebbe la sua unicità e il valore intrinseco di un prodotto creato per rappresentare l’eccellenza.

Altra nota dolente è quella degli impianti di depurazione: si parla di decreti ingiuntivi. Cosa succede?

Succede che dal 2015 non avevamo le AUA (Autorizzazione unica ambientale, ndr) per scaricare. Le abbiamo quindi rifatte, insieme a certificazioni legate agli imbottigliamenti ed altre autorizzazioni che erano state lasciate scadere. Tra l’altro si poneva un problema con i limiti degli scarichi, in quanto le AUA precedenti erano “domestiche”: chi farebbe mai AUA domestiche per una cantina? Allo scopo di aumentare la capitalizzazione delle cantine, ci sarà un sistema di microfiltrazione che, a tendere, renderà il riutilizzo dell’acqua circolare, abbassando i costi. Una scelta utile in termini di sostenibilità. Fortunatamente abbiamo risolto la questione senza conseguenze legali.

Il ruolo di Terre d’Oltrepò nel Consorzio Oltrepò è sempre più centrale. E così, indirettamente o direttamente, lo è la sua figura. Una grande responsabilità, ora che gli imbottigliatori sembrano quasi fuorigioco.

Anche in questo caso, la rinascita del Consorzio si basa sull’attrazione di competenze di altissimo livello. Partendo dalla nuova presidente, Francesca Seralvo, una donna straordinariamente competente e forte, che rappresenta un’eccellenza italiana. La sua esperienza in Mazzolino, che è una realtà da Fortune 100, e il riconoscimento come “Personaggio dell’Anno” di Ais Lombardia nel 2024 dimostrano quanto siamo fortunati ad avere una figura del suo calibro alla guida del Consorzio. A questo si aggiunge il lavoro di Riccardo Binda, il direttore, che ritengo essere uno dei migliori in Italia.

Condivide con noi la passione per questa missione ambiziosa e sta contribuendo in modo significativo al rilancio del territorio e alla crescita qualitativa della denominazione. Collaboriamo attivamente per garantire coesione tra i produttori, lavorando fianco a fianco con Regione Lombardia per sostenere il rilancio del territorio. È importante sottolineare che, anche qui, spesso si tenta di svilire il lavoro di squadra preferendo una visione personalizzata o polarizzata. Ma la realtà è diversa: stiamo lavorando come un team, uniti da una missione comune, per riportare l’Oltrepò al posto che merita nel panorama vinicolo nazionale e internazionale.

Che futuro vede per l’Oltrepò pavese?

L’Oltrepò deve puntare su denominazioni che uniscano tradizione e innovazione. Pinot nero e Metodo Classico sono i pilastri, ma è fondamentale investire anche su vitigni autoctoni per preservare e valorizzare la nostra identità. Il futuro risiede nella qualità, nella sostenibilità e nell’integrazione tra filiera produttiva e mercato. Il cambiamento rappresenta un problema solo per chi tenta di opporvisi, mentre per gli altri è una fonte continua di opportunità. Così come la Francia ha saputo evolversi e continua a farlo, dobbiamo imparare da chi ha avuto successo e applicare modelli economici e produttivi più sostenibili e remunerativi. Questo significa evitare speculazioni di breve periodo e focalizzarci su strategie di medio-lungo termine che garantiscano valore e solidità sia per i produttori che per il territorio.

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Bonarda (pardon, “Red Bolla”) o Pinot Nero? Retroscena dell’infinita guerra d’Oltrepò


EDITORIALE –
Bonarda o Metodo classico? Sangue di Giuda o Pinot Nero? La scelta dei vini da promuovere
è al centro del dibattito del Consorzio Oltrepò Pavese, che si ritrova a dover affrontare nel 2025 l’ennesimo ribaltone. Nove cantine, tra cui diversi imbottigliatori e aziende con ingenti interessi nel mondo del Bonarda e di altre tipologie di vini locali – quasi tutte caratterizzate da grandi volumi e prezzi aggressivi sugli scaffali dei supermercati – hanno deciso di uscire dal Consorzio a fine 2024. Non a caso, tra le recriminazioni (ufficiali) fornite dalle nove aziende dimissionarie, l’enfasi maggiore viene data alla presunta mancanza di «proporzionalità tra contributi versati e promozione delle singole denominazioni». «Ormai da mesi – denunciano le 9 cantine uscite dal Consorzio – è stata azzerata quella su prodotti ritenuti “minori”, ma che in realtà sono quelli su cui oggi vive l’intero territorio».

Per accorgersi che al centro del dibattito ci sia soprattutto la Bonarda, apparentemente “accantonata”, di recente, da un Consorzio che – sotto la guida della presidente Francesca Seralvo e del direttore Riccardo Binda – sembra invece voler puntare più sul Pinot Nero (in primis Metodo classico, ma anche rosso fermo), basta analizzare le ultime mosse della precedente gestione dell’ente. Il duo Gilda Fugazza – Carlo Veronese, espressione vicina al mondo degli imbottigliatori oltrepadani (ovvero alla gran parte delle aziende oggi dimissionarie) aveva dato il via a una massiccia operazione di marketing sulla Bonarda, con numerosi post social e affissione di manifesti pubblicitari in città come Milano.

BONARDA, ALIAS “RED BOLLA”: UNA CAMPAGNA… DIMENTICABILE

Toni piuttosto discutibili quelli scelti, a suo tempo, per promuovere la Bonarda. Sul profilo Instagram del Consorzio Oltrepò, accompagnate da immagini e grafiche finanziate da un contributo Masaf, appaiono frasi come: «Equilibrismo enologico: quando l’amore per la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc raggiunge nuovi livelli!»; «Chi ha detto che il multitasking è difficile? Ecco a voi l’arte della ‘Bonarda balancing‘!»; «Dalle campagne pavesi con furore, la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc merita un selfie anche quando scollina su Milano»; o ancora: «Ogni volta che entro in un locale, incrocio le dita… nella speranza di trovare la mia adorata Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc», che sembrano non aver fatto molta presa, se si considerano le recenti recriminazioni dei dimissionari, già preoccupati dalla “distrazione” di fondi su altre denominazioni.

I (TANTI) VOLTI (ED INTERESSI) DELLA BONARDA

Da notare che all’epoca (era il 2023) nessuna piccola azienda del Consorzio si era opposta (almeno ufficialmente) a una così massiccia promozione di una denominazione sulla quale si concentrano principalmente interessi di imbottigliatori e grandi cantine. Vero, poi, che il territorio è ormai storicamente diviso anche sulla Bonarda: da un lato quella “di massa”, di aziende come Losito e Guarini (tra le dimissionarie, che più volte l’ha proposta in Gdo a prezzi promozionali davvero stracciati). E dall’altra la “Bonarda dei produttori”, nota anche come “Bonarda perfetta” realizzata per “statuto” – dell’ormai silente “Distretto dei vini di qualità” dell’Oltrepò pavese – da aziende di filiera, con uve Croatina in purezza e rese contenute rispetto ai limiti stabiliti dal disciplinare. Qualcosa, insomma, che non può essere sintetizzato, anzi – diciamola tutta – “sbeffeggiato” dall’assurdo claim “Red Bolla”, affibbiato dalla precedente gestione del Consorzio Oltrepò alla Bonarda, in stile “Milanese imbruttito”.

LO SCONTRO POLITICO: A CHI GIOVA?

Ma ci sono anche altri aspetti da sottolineare e analizzare, rispetto al tempismo dell’uscita di nove aziende dall’ente oltrepadano. La recente elezione di Michele Zanardo a presidente del Comitato nazionale vini Dop e Igp è una di queste. Si tratta infatti di una figura molto vicina all’Oltrepò pavese. Zanardo è enologo di Bosco del Sasso, la cantina dell’Oltrepò fondata e guidata da Manuela Elsa Centinaio, sorella del vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio. L’esponente della Lega, pavese di nascita, è da mesi protagonista di uno scontro diretto sui social con il Ceo e figlio del presidente di Terre d’Oltrepò, Umberto Callegari – membro del Cda del Consorzio – che non risparmia critiche feroci al gruppo guidato da Matteo Salvini, definendolo pubblicamente un «troglodita».

Con gli imbottigliatori fuori dai giochi del Consorzio, la centralità della cooperativa di Santa Maria della Versa negli equilibri dell’ente è ancora più evidente. E così lo sono le responsabilità della famiglia Callegari nei confronti di tutti i soci della cooperativa (che di recente si è dotata di una Spa, non senza polemiche). Lo scontro con il senatore Centinaio, che dal fronte politico si sposta su quello dirigenziale, toccando uno dei “nervi scoperti” oltrepadani, è una delle chiavi di lettura del futuro del territorio. Da considerare che, nel suo nuovo ruolo, Michele Zanardo sarà chiamato a “vidimare” – tra gli altri – le modifiche al disciplinare del Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese: un altro motivo del contendere tra dimissionari e attuale Cda dell’ente di Torrazza Coste. Ammesso (e concesso) il ruolo super partes del numero uno del Comitato Vini, a chi giova uno scontro politico così acceso?

RIVOLUZIONE O AUTOGOL: L’OLTREPÒ DEI “PICCOLI” PUÒ FUNZIONARE?

Neppure troppo sullo sfondo c’è però una gigantesca opportunità per il Consorzio. Francesca Seralvo e l’ex Bolgheri Riccardo Binda, decisi a tirare dritto e a «governare l’ente anche senza erga omnes» sulla maggior parte delle denominazioni (i conti esatti si faranno a giugno 2025), potrebbero ritrovarsi a capo di uno dei pochi Consorzi del vino italiano realmente guidati da aziende di filiera. Un organismo “modello Fivi”, che da anni tenta di promuovere una modifica dei meccanismi di rappresentatività dei Consorzi del vino italiano.

In altre parole, quello che si sta profilando nel pavese è un Consorzio (per lo più) a “conduzione famigliare”, in cui le piccole e medie aziende hanno la meglio sugli imbottigliatori nelle logiche di promozione, come quelle che vedono appunto “contrapposto” Bonarda e Metodo classico. Ma anche, e soprattutto, nella stesura dei disciplinari di produzione, nella programmazione. E nella necessaria identificazione di una piramide della qualità ben definita, che oggi manca ai vini dell’Oltrepò. Alla finestra, tra l’altro, gli ultimi arrivati: i siciliani di Ermes, che hanno acquistato Cantina di Canneto e che hanno già dato parecchio filo da torcere al tessuto cooperativo locale, in occasione della vendemmia 2024 (la prima nel pavese).

IL PESO DELLA STORIA: BERLUCCHI TRA GLI “AGHI DELLA BILANCIA” IN OLTREPÒ

«Non ci sentiamo più rappresentati da un Consorzio che sta inoltre cercando in tutti i modi di modificare lo Statuto con lo scopo di accentrare i poteri decisionali al Cda», denunciano non a caso le cantine dimissionarie. Nel silenzio, più di nove aziende sono pronte a rimpiazzare – non quantitativamente, ma più che mai qualitativamente – quelle fuoriuscite. E si tratta proprio di piccole medie aziende di filiera, tra cui spicca il nome – pesantissimo – di Vigne Olcru: la cantina oltrepadana fortemente voluta dalla famiglia Ziliani (Berlucchi), profonda conoscitrice delle dinamiche pavesi e nuovo, prestigioso protagonista di un territorio che, sino ad oggi, con le “scelte a metà” – quelle alla Tancredi nel Gattopardo – ha raccolto poco, anzi nulla rispetto al proprio potenziale. Perché non è detto che “piccolo è bello”. Ma che fascino provarci, se non hai (quasi) nulla da perdere.

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«Ecco perché»: parlano le nove cantine uscite dal Consorzio Oltrepò


«È stata una decisione sofferta, ma non più prorogabile». Così, in una nota stampa, le nove cantine che hanno deciso di uscire dal Consorzio Oltrepò. Una presa di posizione netta, che fa seguito alle dimissioni rassegnate da cinque consiglieri, nel corso del mese di luglio 2024; alcuni dei quali alla guida di cantine che hanno abbandonato l’ente di Torrazza Coste. Si tratta di Azienda agricola Luciano Brega, Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda agricola Maggi Francesco (Marco Maggi), Mondonico Azienda vitivinicola di Gilda Fugazza, Azienda agricola Orlandi Marco, Prago Vini e Spumanti (alias Azienda Agricola Prago Testori Giuseppe & Fratelli) e Società agricola Vercesi Nando e Maurizio. Insieme, le cantine rappresenterebbero il 27% dei voti dell’assemblea del Consorzio Tutela Vini Oltrepò. Quali sono le ragioni dell’abbandono?

NOVE CANTINE ESCONO DAL CONSORZIO VINI OLTREPÒ: ECCO PERCHÈ

«Siamo stati costretti a uscire dal Consorzio Oltrepò – spiegano nella nota le cantine dimissionarie – anche per non apparire corresponsabili di scelte da cui ci dissociamo radicalmente. Alcuni esempi sono le mancate attuazioni di delibere assembleari ad oggi completamente affossate, fatto di per sé già molto grave, che fanno presumere la volontà di non applicare la fascetta Ministeriale sulle Igt». Sul banco degli imputati anche la presunta «decisione del Consorzio di non procedere con il disciplinare della Docg, per il cambio del nome della nostra Denominazione». Un altro esempio? «Ormai da mesi – denunciano le nove cantine dissidenti – è stata azzerata la promozione su prodotti ritenuti “minori”, ma che in realtà sono quelli su cui oggi vive l’intero territorio».

«AZZERATA LA PROMOZIONE DI VINI CONSIDERATI MINORI»

Il tutto, sempre secondo il gruppo che rappresenta per lo più imbottigliatori, ma anche vinificatori, «senza minimamente preoccuparsi di uno dei caposaldi dei “Consorzi”, che prevede proporzionalità tra contributi versati e promozione delle singole denominazioni». Aggiungono le cantine uscite dal Consorzio Oltrepò: «Non ci sentiamo più rappresentati da un ente che sta inoltre cercando in tutti i modi di modificare lo Statuto che è stato da poco approvato da tutta la filiera, dopo un ampio confronto con Regione, con le Associazioni di Categoria e con i Tavoli delle Denominazioni, con lo scopo di accentrare i poteri decisionali al Cda a discapito dei soci (grandi e piccoli) e dell’intero territorio dell’Oltrepò Pavese».

«L’obiettivo di un Consorzio – concludono le aziende – dovrebbe essere quello di rappresentare, promuovere e tutelare tutto il territorio cercando coesione e dialogo con tutta la filiera. Condividendo un progetto concreto, ad oggi mai divulgato, e non quello di cercare dissennatamente di rimpiazzare aziende uscite con altre». Intanto, il cda guidato dalla presidente Francesca Seralvo non si nasconde e, in una nota, ha pressoché ringraziato le nove cantine per essere uscite. «Rafforzando la coesione» delle aziende rimaste e di quelle pronte a rientrare in Consorzio.

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“Salvate il soldato erga omnes”: Consorzio Oltrepò in mano alle aziende di filiera?


Per nove fuori, nove (o più) dentro. Per far quadrare i conti. E proseguire la promessa “conversione” dell’Oltrepò, da terra di grandi volumi, a terra di grandi vini. Si muove sottotraccia l’ennesima storia di rinascita della terra del vino più martoriata d’Italia. C’è voluta l’uscita dal Consorzio di nove cantine della categoria “imbottigliatori” e “vinificatori” per rendere pubblica la “controffensiva” delle piccole-medie cantine; le cosiddette “aziende di filiera“. Una decina sarebbero infatti intenzionate a rientrare nell’ente, portando quote utili a dare ossigeno al Cda guidato da Francesca Seralvo.

La battaglia si gioca sul terreno minato delle percentuali necessarie per esercitare l’erga omnes sulle denominazioni, senza il quale il Consorzio perderebbe una delle sue funzioni principali, pur potendo ancora “governare” legittimamente. «I calcoli ufficiali si faranno a giugno 2025», si è affrettato a precisare il consiglio di amministrazione dell’ente, nella sua (piccata) replica alle cantine uscite. L’ennesima dimostrazione che disegni, congetture, trattative e tentativi di persuasione siano già in corso, in un territorio che si appresta a vivere i primi mesi del 2025 come in una sala poker.

MATTIA GRAZIOLI A WINEMAG: ECCO PERCHÉ RIENTRO IN CONSORZIO

Secondo indiscrezioni, le aziende intenzionate a rientrare sarebbero Cantine Bertelegni, Vini Buscaglia, Corte Fabbri, Cantina Scuropasso / Roccapietra, Andrea Picchioni, Bisi, Vigne Olcru (l’azienda di Berlucchi Franciacorta in Oltrepò), Percivalle Vini Biologici e Bisio Devis. Non ancora ufficializzata, ma già dichiarata, anche l’intenzione dell’Azienda agricola Grazioli di frazione Poggiolo, a Montù Beccaria (Pavia). Raggiunto da Winemag, Mattia Grazioli spiega così la sua decisione: «Quello che succede da troppi anni in una terra baciata dal Signore per fare vino è quantomeno peculiare. Siamo figli di scelte di comodo, di scorciatoie, di occasioni. Siamo quelli che hanno una storia enorme da raccontare, ma non abbiamo la voglia di farlo. Siamo quelli dei controsensi, anche enologici. Oggi – continua il produttore – fare impresa agricola in Oltrepò non è sostenibile. Lo diventa solo se si vinifica e la competenza umana nobilita frutti prodotti con uno scopo sensato.

Non voglio giudicare il passato, anche perché vivendo di un altro lavoro (Mattia Grazioli è titolare di un’agenzia immobiliare, ndr) sono in una situazione di enorme privilegio. Quello che sta accadendo nel nostro territorio assomiglia un po’ a quello che accade nel settore automotive. È necessario un cambiamento ed una maggiore interazione tra modi di lavorare. Non ho nulla contro le aziende che hanno fatto la scelta di uscire da un Consorzio dal quale non faccio ancora ufficialmente parte. E capisco le motivazioni e le paure di colleghi che producono centinaia di migliaia di bottiglie: programmazione, investimenti, paure, calo dei consumi, marginalità, aumento dei costi, annate difficili».

«PER SALVARE L’OLTREPÒ SERVE PROGRAMMAZIONE»

Tutto questo, secondo Mattia Grazioli, «rende ancora più doloroso il cambiamento». «Ragionando sulle attività che possono portare benessere alla filiera – continua il produttore, che nel 2019 ha dato nuova linfa all’azienda famigliare – mi vengono in mente solo cose che possono essere messe in pratica da produttori medio piccoli, disposti a sacrificare tempo e lavoro nelle proprie aziende per lo sviluppo comune. Quello che serve oggi non sono le grandi vendite o i proclami di rinascita, ma pochi concetti, ben chiari ed una programmazione a medio termine che è quello di cui si sta discutendo ora in Consorzio. Ed è quello che assomiglia molto ai concetti originari di altre associazioni di cui faccio parte. Sarà dura, onerosa, piena di intoppi e potenziali errori – conclude Grazioli – ma non vedo altra strada da intraprendere».

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Botti di fine anno al Consorzio Oltrepò: escono nove cantine, addio erga omnes?


Sono veri e propri botti di fine anno quelli in corso al Consorzio Oltrepò pavese. Nove cantine hanno deciso recedere dall’ente guidato da marzo 2024 dalla presidente Francesca Seralvo e dal direttore Riccardo Binda. Le conseguenze sono gravissime. Il Consorzio Oltrepò pavese, secondo i calcoli dei dimissionari, avrebbe perso l’erga omnes su tutte le denominazioni tutelate tranne la Docg, ovvero il Metodo classico ottenuto in maggioranza da uve Pinot Nero. Addio quindi alla tutela di importanti Doc come Bonarda dell’Oltrepò pavese, Barbera, Riesling, Pinot Grigio, Croatina e Moscato, fondamentali per la stessa sussistenza della viticoltura alle porte di Pavia, già messa a grave rischio dal clima e dalla bassa reddittività per ettaro.

Il comunicato ufficiale delle nove aziende è atteso per domani. Ma circolano già i nomi dei dimissionari, confermati a Winemag dal responsabile di una cantine che hanno presentato ufficialmente il recesso al Consorzio. Si tratta di Azienda agricola Luciano Brega, Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda agricola Maggi Francesco (Marco Maggi), Mondonico Azienda vitivinicola di Gilda Fugazza, Azienda agricola Orlandi Marco, Prago Vini e Spumanti (alias Azienda Agricola Prago Testori Giuseppe & Fratelli), Società agricola Vercesi Nando e Maurizio.

CONSORZIO OLTREPÒ NEL CAOS: IL FRONTE IMBOTTIGLIATORI SI ALLARGA AI VINIFICATORI

Per alcune aziende, rappresentanti del mondo degli imbottigliatori, si tratta di un ulteriore passo contro l’attuale Consorzio, dopo le dimissioni dal Cda di luglio 2024. Sembra essersi defilato dal gruppo dei cinque imbottigliatori dimissionari solo Pierpaolo Vanzini, che – forse per strategia – ha deciso di non recedere dal Consorzio con la propria azienda, l’Azienda vitivinicola Vanzini. Non sorprende, invece, l’uscita di Gilda Fugazza, ex presidente del Consorzio tutela Vini Oltrepò pavese, silurata dalla base dell’ente proprio in occasione delle elezioni di marzo 2024, insieme al direttore Carlo Veronese. Nel gruppo di aziende che hanno comunicato il recesso, a sorpresa, anche la Maggi Francesco guidata oggi dall’ex presidente del  Consorzio Club del Buttafuoco Storico, Marco Maggi. Il fronte degli imbottigliatori si è dunque definitivamente allargato ad aziende che rappresentano la categoria vinificatori.

ERGA OMNES: COS’È E COSA RISCHIA CONSORZIO OLTREPÒ CON USCITA NOVE CANTINE 

Se in occasione delle dimissioni degli imbottigliatori la presidente Francesco Seralvo aveva risposto a muso duro, procedendo alla surroga dei dimissionari con altrettanti nuovi consiglieri, la recente uscita delle nove aziende potrebbe avere conseguenze sull’intero corso del mandato. Per garantire l’erga omnes, funzione principale dei Consorzi del vino italiano secondo l’ordinamento, l’ente deve dimostrare di rappresentare una quota minima della produzione pari ad almeno il 40/66% – a seconda dei casi specifici – dei viticoltori, vinificatori e imbottigliatori coinvolti nelle singole denominazioni.

Nel dettaglio, l’erga omnes dei Consorzi del vino italiano è un principio giuridico introdotto per rafforzare il ruolo dei Consorzi nella tutela e promozione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini italiani Doc, Docg e Igt. Si traduce dal latino come “nei confronti di tutti” e si riferisce alla capacità di un consorzio di estendere alcune delle sue attività e decisioni non solo ai propri membri, ma anche a tutti i produttori che operano nell’ambito della denominazione protetta.

Attraverso il principio erga omnes, i consorzi riconosciuti dal Ministero, come quello dell’Oltrepò pavese, possono applicare determinate decisioni e regolamenti (previsti dalla legge) a tutti i produttori di quella denominazione, anche se non sono membri del consorzio. È una deroga al principio di libertà associativa, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 61/2010 e successive modifiche. Il riconoscimento del principio erga omnes avviene previa verifica da parte del Ministero dell’Agricoltura (MASAF), che assicura che il consorzio rappresenti una quota significativa della filiera produttiva della denominazione.

OLTREPÒ PAVESE: QUALI CONSEGUENZE CON EVENTUALE PERDITA DELL’ERGA OMNES?

Con l’eventuale perdita dell’erga omnes, il Consorzio Vini Oltrepò pavese perderebbe non solo la propria funzione di tutela e promozione delle denominazioni, ma non potrà più proporre modifiche ai disciplinari e gestire eventuali regolamenti produttivi. Per garantire la competitività e l’unità del settore, è cruciale che il Consorzio guidato da Francesca Seralvo cerchi di recuperare il riconoscimento o trovi nuove strategie per collaborare con tutti i produttori, associati e non.Senza l’erga omnes, il consorzio rappresenterà solo i suoi associati. Questo limita la capacità di coordinare e gestire le politiche produttive e promozionali per l’intera denominazione.

Ma c’è di più. Solo gli associati sarebbero tenuti a contribuire economicamente alla sussistenza del Consorzio, versando la propria quota annuale di “iscrizione”. Questo ridurrebbe le risorse finanziarie dell’ente, limitando le attività di promozione, tutela e controllo dei vini dell’Oltrepò pavese. Ricadute gravissime graverebbero anche sul fronte dell’anti-contraffazione, con la tutela delle denominazioni che hanno perso l’erga omnes consortile affidata esclusivamente ad organi pubblici come l’Icqrf. Non è da escludere, dunque, che il recesso delle nove aziende possa portare a nuove elezioni al Consorzio Vini Oltrepò pavese nel 2025. Al tempo stesso, il Consorzio potrebbe decidere di proseguire senza erga omnes. Allargando la platea degli associati a nuove cantine.

QUI LA REPLICA DEL CONSORZIO

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Oltrepò, senti il sommelier stellato: «Vini top ma listini troppo bassi. Serve più squadra»


Classe 1989. Romagnolo d’origine. In giro per lo stivale ormai da 6 anni. Luca Giuliano Salvigni è il sommelier dell’unico ristorante stellato dell’Oltrepò pavese, nonché uno dei due stellati dell’intera provincia di Pavia: il Villa Naj di Stradella. Numeri da capogiro per la carta vini: circa 400 etichette, che la “Rossa” sintetizza come «un’approfondita selezione di bollicine locali e francesi e un’ottima scelta di Marsala». «
Vengo da una famiglia di ristoratori, mamma e babbo sono entrambi chef», racconta Salvigni a Winemag. Un’intervista esclusiva che abbraccia la sfera professionale del 35enne sommelier, ma soprattutto riguarda il futuro del vino dell’Oltrepò pavese.

Luca Giuliano Salvigni, sommelier dello stellato Villa Naj. Quali sono le tappe che ti hanno portato in Oltrepò pavese?

Sostanzialmente ho seguito le orme dei miei genitori, innamorandomi della sala. Tant’è che il primo piatto in sala l’ho portato a 4 anni, durante la cena per la comunione di mia sorella. Nonostante gli studi informatici, sentivo che comunque la mia strada era nei ristoranti. Così, tra le stagioni estive – che in Romagna vogliono dire o bagnino al mare o ristorazione – durante gli studi e le esperienze nei locali come primi lavori, ho preso in gestione il mio primo ristorante nel 2012, con mia sorella. Ristorante che abbiamo tenuto fino al 2018, quando mi sono trasferito a Milano, chiamato da Felix Lo Basso per gestire la sala del suo ristorante stellato, in Duomo.

Terminata quell’esperienza, ho fatto consulenze un anno in Piemonte, durante la pandemia, per poi approdare a maggio 2021 a Stradella, chiamato da Lella e Marco Viglini per seguire la Cantina del loro ristorante e mia attuale casa, Villa Naj. Negli anni ho seguito il percorso Ais e Wset. Sono sempre stato curioso nella vita e nelle due formazioni ho trovato metodo ed ispirazione per le mie ricerche e l’accrescimento culturale. Non mi sento mai arrivato e son sempre alla ricerca di qualcosa che non conosco.

Chi sono, oggi, i clienti di Villa Naj?

Non essendo in una località turistica, lavoriamo quasi esclusivamente con clientela nazionale. Qualche tavolo estero al mese c’è, con Svizzera e Francia in testa sul fronte della provenienza. Abbiamo tanta clientela lombarda, ma la cosa che ci rende molto orgogliosi è vedere sempre più clienti che si fanno anche due ore di viaggio per venirci a trovare. L’altra cosa che notiamo è tanta clientela “fidelizzata”. Clienti che tornano più volte durante l’anno, tanto da considerarli ormai amici, più che clienti. L’età media, ultimamente, si sta abbassando tanto. Vediamo tanti giovani e giovanissimi approcciarsi al fine dining, che è una notizia bellissima per la ristorazione “gourmet”. Vuol dire che c’è voglia di scoprire, di fare un’esperienza. Voglia di conoscenza.

Con quanta probabilità i clienti chiedono una bottiglia di vino, un calice o un percorso di abbinamento cibo-vino a Villa Naj?

Quello che ho notato in questi tre anni e mezzo a Villa Naj è che nella clientela cresce sempre più la voglia e la curiosità del menù degustazione (90% della scelta) e di affidarsi a me nel percorso di abbinamento cibo-vino, che oramai copre il 60% delle comande. In ogni caso, la parte restante, difficilmente guarda la carta dei vini. Si affida piuttosto a me per la scelta della bottiglia.

Parliamo appunto della carta vini di Villa Naj: quali sono le linee guida?

La mia carta è molto variabile. Attualmente ho circa 400 etichette divise fra locale (Oltrepò pavese), nazionale ed estero. Ho cercato di aver zone più “classiche”, ma anche zone in Italia e nel mondo più particolari, sconosciute, per far divertire ed emozionare i clienti, con vini che meriterebbero più visibilità per qualità e territorialità. Quello che cerco in un vino è il suo carattere. Il calice mi deve raccontare chi è, il territorio, mi deve raccontare dell’amore e dei sogni di chi quel vino l’ha prodotto. Amo la storytelling e, tendenzialmente, ho conosciuto di persona tutti i produttori dei vini che ho in carta. Amo raccontare proprio quello, il “backstage” del vino.

E restringendo il campo all’Oltrepò pavese?

Per quanto riguarda  l’Oltrepò pavese, ho scelto una settantina di referenze tra bolle, bianche e rossi. Sono le etichette che ritengo dare una grande espressione del territorio. Oltre a questo, sono tutti produttori che in qualche modo sono legati alla mia “storia” nella sommellerie. Non ho comunque limiti, se mi innamoro di un prodotto, di uno stile o di una storia, se supportati dalla qualità, lo spazio in carta c’è sempre.

Come è cambiata negli anni, se è cambiata, la tua selezione Oltrepò? Su che direttive ti sei mosso?

Quando sono arrivato da Villa Naj c’era una carta veramente ampia dell’Oltrepò. Negli anni ammetto di averla ridotta. Non per una questione di qualità, ma per una questione di feeling con stili e idee.

Proporre vini dell’Oltrepò pavese alla clientela di Villa Naj è complicato?

Nessun problema nel proporre il nostro territorio, anzi. Parto sempre consigliando un “tour” locale. Avendo tanta clientela che viene da fuori, credo sia parte del mio ruolo quello di far conoscere un territorio che non ha da invidiare niente a nessuno. Mettendoci la faccia in prima persona, anche i clienti più diffidenti alla fine rimangono colpiti. Poi, certo, se un cliente mi chiede di muoversi dall’Oltrepò, allora andiamo insieme ad esplorare altre zone.

La clientela conosce i vini dell’Oltrepò?

La clientela è sempre più informata e sempre più curiosa. Quindi sì, conosce già qualcosa in Oltrepò, cosa che ritengo essere sempre positiva. Magari conoscono le etichette più famose o più presenti nel territorio nazionale, ma le persone stanno iniziando a capire che non solo in Oltrepò si fa vino, ma che si fa anche vino di alta qualità.

Qual è la tua opinione sulla zona? Punti di forza, debolezze?

La zona non avrebbe da invidiare niente alle zone più blasonate. Ha colline splendide, scorci bellissimi, ha varietà di climi e terreni, ha tanti produttori con una gran mano. Quello che manca, forse, è un’idea comune per venire fuori, per farsi conoscere veramente per quello che questo territorio è. Manca una rete vera e delle strutture per l’hospitality, per fare arrivare gli enoturisti e far loro conoscere questo territorio. E far conoscere questa zona al di fuori, per la qualità che ha.

Qual è la tua opinione sulla qualità media dei vini dell’Oltrepò pavese?

Ogni anno che passa la qualità media migliora. Anche quest’anno ho assaggiato calici ai vertici dell’enologia nazionale. Hanno tanta potenzialità non ancora sfruttata al massimo. E questo è un segnale forte di dove possono arrivare i vini.

Quali sono le tipologie che, a tuo avviso, possono aiutare il territorio ad affermarsi?

L’Oltrepò pavese è la terza zona al mondo per produzione di Pinot Nero di qualità. Questo basta, secondo me, per capire quale sia la cosa su cui puntare per farsi conoscere al mondo. Ritengo che l’Oltrepò meriti di essere considerata la “Bollicina d’Italia”. Non che le altre zone spumantistiche italiane non meritino, o non abbiano la qualità. Ma qui c’è qualcosa in più, oltre al fatto che il Pinot Nero vinificato in rosso incontra molto i gusti dei consumatori attuali, nelle tavole di casa e nei locali. C’è questa fortuna di avere questo vitigno e di saperlo lavorare. Bisogna continuare su questa strada.

Il vino dell’Oltrepò molto “battuto” anche dalla Grande distribuzione organizzata: qual è la tua opinione a riguardo?

La Gdo ha fatto fortune con territori come l’Oltrepò, perché ci sono esigenze diverse di clienti diversi. Il problema è che se non hai un territorio forte nel comunicare che in zona si fanno sì vini da 3 o 4 euro a scaffale, ma soprattutto una viticoltura di altissima qualità, ti trovi ad essere considerato una grande vasca da sfuso. E non passa quello che sei, in realtà Ti ritrovi ad essere la zona dei vini da tavola dove si spende poco.

Con estrema franchezza, come piace a me: i listini delle cantine oltrepadane da te selezionate sono conformi alla qualità del prodotto, o il “rapporto qualità prezzo” è sbilanciato anche nell’Horeca?

Questo è un problema enorme in Oltrepò, ne parlo spesso con le cantine quando ci incrociamo. I listini delle cantine sono troppo bassi. Ho trovato prodotti pazzeschi sotto i 7 euro ivati. Vini che, in altre zone, sarebbero venduti ad almeno il doppio. Secondo me, facendo così, si svaluta il proprio lavoro e la propria qualità. Ma capisco anche che si venga da un passato in cui c’era la guerra del prezzo. E ci vuol tempo ad invertire la rotta.

Il nodo dei listini e dei prezzi è centrale, a mio avviso. Mi risulta che ci siano diverse cantine oltrepadane che vendono vini a prezzi molto aggressivi. E non mi riferisco agli imbottigliatori e alle cooperative, ma soprattutto a cantine medio-piccole. Perché, a tuo avviso, l’Oltrepò pavese non riesce ad affermarsi e a costruire vero “valore comune” attorno alle proprie produzioni, preferendo troppo spesso “svendere” a “vendere”? Di chi è la responsabilità? Come risolvere questo problema, che interessa in maniera preoccupante anche le nuove generazioni di produttori pavesi?

Come dicevo prima, se tu costruisci negli anni (involontariamente) la tua immagine come “la terra dei vini da poco” non è semplice cambiare il percepito. La responsabilità è di tutti, dai produttori di uva all’ultimo dei sommelier e dei vari comunicatori di vino. Non è giusto attribuirle le colpe a qualcuno in particolare. La colpa è comune. Bisogna invece cercare il modo per invertire questo trend. E lo si inverte facendo rete, facendo squadra in maniera seria, vera e collaborativa. E facendolo su tutta la linea. Ognuno deve fare il proprio. Ci vorranno anni, ma son sicuro che prima o poi, e spero molto “prima”, il mondo capirà quale tesoro vitivinicolo c’è qui.

Vedi dunque un futuro roseo per l’Oltrepò pavese del vino, della ristorazione e dell’alta ristorazione?

Ogni giorno che passa l’Oltrepò cresce. E credo che lo farà per tanto. Poi, per quanto in alto arriverà, bisognerà vedere quanta squadra sarà in grado di fare.

Per costruire un’identità di territorio occorrono una base solida e idee chiare. Se potessi costruire una ideale “piramide della qualità” del vino dell’Oltrepò, quali tipologie di vino inseriresti dai vertici alla base? Punteresti più sul nome delle varietà o su quello del territorio?

Io sono sempre dell’idea che sia il territorio che deve venire fuori, non la varietà. Guardiamo le zone più importanti d’Italia: leggi Barolo e sai che è Nebbiolo; leggi Brunello e sai che è Sangiovese. Anche al sud è cosi. Bisogna arrivare a leggere Oltrepò e sapere che è Pinot Nero, sia che parliamo di bollicine, sia che parliamo di rosso, senza scriverlo in etichetta. Se parlassimo di bianco, vorrei leggere Oltrepò e che tutti sapessero che si parla di Riesling. Penso che prima di parlare di “piramidi di qualità” bisognerebbe insegnare al mondo questo. Le piramidi vengono di conseguenza.

Domanda da grande appassionato di Riesling italico internazionale: cosa pensi dell’espressione di questa varietà in Oltrepò pavese? Non pensi che sia arrivato il momento di fare chiarezza, nei disciplinari, tra “Riesling italico” e “Riesling renano”, dal momento che la maggior parte degli ettari presenti in Oltrepò sono  di “Italico” (oltre 1.200) e che la quota di “Renano” è pari a circa a un terzo?

Penso che il Riesling sia il grande bianco in Oltrepò e ci sono espressioni splendide. Andrebbero valorizzate le due varietà per quello che sono, valorizzandone la vigna e la tipicità nel territorio, senza confronti d’Oltralpe. Dei Renani dell’Oltrepò, quello che amo è la capacita di beva e di essere immediato. Amo la nota agrumata e piacevole dei renani giovani e la sapidità dei Renani pi evoluti fatti, soprattutto, ad Oliva Gessi. Trovo il Renano oltrepadano estremamente sottile. Mentre dell’Italico amo la freschezza, che mantiene per tanti anni. L’Italico meriterebbe più spazio. Da qualche tempo ho in mente un’idea, ma per ora non posso svelare nulla!

Abbiamo dimenticato qualche tematica a te cara?

Abbiamo parlato di Pinot nero, di Renano ed Italico. Ma vorrei ricordare a tutti un altro vino enorme dell’Oltrepò: non dimentichiamoci mai del Buttafuoco! Negli anni, i produttori, soprattutto sullo storico, hanno portato tanta eleganza e tanta modernità su un vino enorme come struttura e potenza. Questo è il vino che l’Oltrepò non deve mai dimenticare, perché è una chicca che abbiamo in Italia e di cui dobbiamo sempre parlare.

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Quattro Pinot nero per capire (bene) l’Oltrepò pavese


EDITORIALE –
Quattro Pinot Nero per capire l’Oltrepò pavese, senza complicare troppo il concetto. Anzi, rendendo chiaro a tutti perché il territorio (o, meglio, il “nuovo” Consorzio tutela vini guidato da Francesca Seralvo) stia puntando in primis sulla valorizzazione di questo vitigno. Quattro Pinot Nero, ovvero quattro versioni. La prima: spumantizzato, rigorosamente con il Metodo classico, “in bianco” (Blanc de Noir, direbbero i francesi). La seconda: ancora una volta spumantizzato col Metodo classico, ma “in rosa” (Rosé, direbbero i francesi; Cruasé, si dice – o si dovrebbe dire – secondo un vecchio progetto mai davvero decollato tra i produttori di bollicine rosate dell’Oltrepò pavese).

Terza versione del tema: vinificazione in rosso, in solo acciaio. Quarta ed ultima tesi: vinificazione in rosso e affinamento in legno, a completare quel quadro che porta qualcuno – avventurosamente, anzi avventatamente – a parlare non di Pinot Nero ma di Pinot Noir, paragonando l’Oltrepò pavese a Borgogna e Champagne. Chi vuole davvero bene a questo territorio, non lo fa ancora. Magari, domani. Magari mai. E sarebbe, questa, una vittoria ancora più grande.

I PINOT NERO DELL’OLTREPÒ PAVESE DI CALATRONI, TRAVAGLINO, FRECCIAROSSA E LE FRACCE

  • Oltrepò pavese Docg Metodo classico Pinot Nero Pas Dosé 2019 Riva Rinetti, Calatroni

L’etichetta prende vita da un vigneto a 400 metri di altitudine, ma l’altimetria non è l’unico fattore determinante: lo sono ancor più i suoli di questo cru, situato nel comune di Montecalvo Versiggia. I suoli bianchi, ricchi di calcare, regalano un Metodo classico da uve Pinot Nero principesco, teso, sapido, dalla solidissima colonna vertebrale minerale, su cui danzano agrumi e piccoli frutti rossi. Un Docg di terroir, come pochi. Sua maestà il Pinot Nero dell’Oltrepò pavese, ai livelli che gli competono. Da notare la relativa gioventù del vigneto, che ha da poco superato il decennio. Dietro a questa etichetta, un’intera storia ancora da scrivere. 

  • Oltrepò pavese Docg Metodo classico Pinot Nero Rosé Extra Brut 2020 Montecérésino, Tenuta Travaglino

Dai vigneti di Travaglino che portano il nome del “Monte Ceresino”, collina di quasi 450 metri nel comune di Calvignano, ecco un “rosé” coi fiocchi. Tutto tensione e croccantezza, ma col garbo e l’eleganza estrema dei grandi. Ancora una volta, la differenza la fanno i suoli. Quelli del Pinot Nero da cui nasce questa etichetta di Tenuta Travaglino sono argilloso-calcarei, su marne e arenarie.

Convince per la gran pulizia del sorso, pur concreto e dinamico grazie alla breve macerazione a freddo e a una pressatura soffice che dimezza la resa succo d’uva-vino. Buona la struttura e l’allungo, tanto da fare di Montecérésino un Metodo classico dell’Oltrepò pavese ambidestro: capace di giocare sull’antipasto, quanto nell’area di rigore dell’abbinamento gourmet.

  • Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc 2023 Carillo, Tenuta Frecciarossa

“Frecciarossa” e “Pinot nero dell’Oltrepò pavese vinificato in rosso”: se non un sinonimo, poco manca (e qualcuno, un giorno, dovrà pur dirlo a Treccani, Zingarelli, Devoto-Oli e compagnia bella). Quel che piace di questa etichetta è il binomio modernità-territorio. Frecciarossa resta uguale a se stessa, insieme al suo Pinot Nero 2023 Carillo, che definire “d’entrata” è poco, se non si precisa che si tratta delle arcate del Colosseo, non dell’uscio d’un condominio di borgata.

Alcol contenuto, ad appena 12,5%; carezza di spezia lussuosa, leggera, dal naso al retro olfattivo. Profilo rivolto come un girasole al frutto del vitigno. Alla sua estrema croccantezza, succosità e all’espressione sincera dei suoli argilloso-calcarei delle prime colline di Casteggio, restituiti con sapienza al calice grazie alla vinificazione in soli serbatoi d’acciaio. Se non lo conosci, Carillo è il vino che avresti voluto scoprire prima. Insieme alla sua reggia: l’Oltrepò pavese.

  • Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc Riserva 2018, Le Fracce

Forse è solo un caso. Fatto sta che nella (stratificata) gamma de Le Fracce, il Pinot Nero Riserva è l’unico vino senza “nome di fantasia”. Come a dire che basta se stesso, a chi lo assaggia. Come a dire che “togliere” o, quantomeno, non aggiungere, è di per sé aver già vinto a metà. Sulla linea di partenza. Come a dire che l’originalità vince su tutto, se l’obiettivo è farsi ricordare. Il Pinot Nero dell’Oltrepò pavese Doc Riserva 2018 de Le Fracce è capolavoro e manifesto di un territorio. In primis, per la palese, assoluta, estrema, qualità della materia prima: uve raccolte nel comune di San Biagio di Casteggio, a 200 metri sul livello del mare.

Poi, per la sapienza e la visione con cui, quelle stesse uve, sono state lavorate in cantina. Maneggiate “coi guanti bianchi” – pare quasi di vederli, un sorso dopo l’altro – per non rovinarle. Per preservarle intatte, dando loro una nuova “casa”: 24 mesi in barriques, derivanti da un assemblaggio di legni di rovere francese provenienti da tre diverse foreste, prima di trascorrere 6 mesi in acciaio ed essere imbottigliato. Dove vuole (e dove può?) arrivare l’Oltrepò pavese col suo Pinot Nero vinificato in rosso? Speriamo qui. Preghiamo, qui.

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Terre d’Oltrepò, vendemmia bollente: Callegari minaccia i soci e chiude Casteggio


EDITORIALE –
Estate bollente per le cooperative vinicole in Italia, con i casi di Moncaro, nelle Marche, e Cantine Europa, in Sicilia, che paiono sempre meno isolati. Nonostante le rassicurazioni del mese di luglio, la situazione starebbe rischiando di giungere a un punto di non ritorno anche a Terre d’Oltrepò, in vista della vendemmia 2024. La notizia è delle scorse ore. La cantina sociale, che opera su tre stabilimenti, si ritrova a dover fare i conti con «
un’ulteriore riduzione delle quantità presenti nei vigneti e una diminuzione dei pesi» conferiti nei primi due giorni di raccolta delle uve. Per questo motivo, l’ad Umberto Callegari ha comunicato ai soci la chiusura dello stabilimento di Casteggio.

«Sebbene il clima (inteso come meteo, ndr) sia fuori dal nostro controllo – scrive l’amministratore delegato in una missiva inviata ai soci di Terre d’Oltrepò – possiamo gestire la cantina in modo più efficiente, nell’interesse di tutti. Per questo motivo, a partire da venerdì 23 agosto compreso, la raccolta sarà concentrata esclusivamente nello stabilimento di Broni, anche per i soci di Casteggio (a 12 km di distanza, ndr). Questa decisione ci consentirà di risparmiare oltre 25 mila euro al giorno (equivalenti a circa 500 mila euro nell’arco della vendemmia). Ottimizzando così l’efficienza delle operazioni. Le attività nello stabilimento di Santa Maria continueranno regolarmente».

Inoltre, il management della cooperativa oltrepadana ha deciso di posticipare di una settimana la produzione dei vini kosher. Ufficialmente, si legge, «per permettere la maturazione ottimale delle uve». «Agire con razionalità per massimizzare i guadagni dei soci – continua la missiva – è la scelta più corretta. Siamo certi della vostra collaborazione». La chiusura dei cancelli dello stabilimento di Casteggio per le operazioni di vendemmia – ovvero di uno dei tre poli di Terre d’Oltrepò/La Versa in provincia di Pavia – non sarebbe tuttavia dettata solo dal «clima fuori controllo».

CALLEGARI ACCUSA I SOCI E MINACCIA: «TOLLERANZA ZERO»

Ad ammettere ufficialmente il malumore dei soci della cooperativa Terre d’Oltrepò è nientemeno che l’ad Umberto Callegari, figlio del presidente in carica, Lorenzo Callegari. In un lungo comunicato apparso su un sito-web della provincia di Pavia, l’amministratore delegato della cantina sociale ipotizza comportamenti definiti nell’articolo «irresponsabili», ad opera di alcuni viticoltori della zona.

«Per i disonesti e gli sparlatori – minaccia testualmente Callegari – ci sarà tolleranza zero. Stiamo parlando di pochi casi, ma non è giusto che rischino anche solo di depotenziare i risultati dell’onesto lavoro della maggioranza dei soci onesti e responsabili». L’ipotesi, avvalorata dal comunicato, è che i primi giorni di vendemmia abbiano «portato alla luce alcuni casi di pirateria ad opera di una minoranza che continua a minare la solidità del mondo cooperativo».

UMBERTO CALLEGARI A MUSO DURO CON GLI INFEDELI. POI VA AL MEETING DI RIMINI

«Alcuni viticoltori – si legge ancora – stanno già cercando di eludere l’obbligo di conferimento totale, vendendo le uve al di fuori dei circuiti cooperativi. Questi comportamenti irresponsabili, oltre a violare il patto che lega i soci alle loro stesse cooperative, rischiano di compromettere seriamente gli sforzi di rilancio intrapresi da Terre d’Oltrepò, la principale cooperativa vitivinicola del territorio». Le conseguenze a cui potrebbero andare incontro questi viticoltori? Sanzioni e azzeramento del saldo 2025. Nei mesi scorsi, come già riportato da winemag.it in un articolo finito duramente nel mirino della cooperativa, erano state decine le richieste di disdetta dei soci di Terre d’Oltrepò, per la stragrande maggioranza respinte dalla cantina.

Nel frattempo, il Ceo di Terre d’Oltrepò è intervenuto ieri, 21 agosto, al Meeting di Rimini (qui il video integrale). Sostanzialmente, per parlare di sé. «Invitato» dagli organizzatori a dire la sua durante uno dei talk, Callegari ha raccontato la propria conversione da «manager mondiale» di una multinazionale dell’informatica ad amministratore delegato di Terre d’Oltrepò. Dopo una sorta di folgorazione sulla via di Damasco, dettata dal richiamo della (bisognosa, ha lasciato intendere senza mezzi termini) azienda della zona natia, il 42enne avrebbe accettato di «ridursi dell’80% lo stipendio». Un viaggio di ritorno (nelle terre dei padri) che rischia ora d’esser vano, se non arriverà uva in cantina. Ma, sempre da Rimini, ecco la rassicurazione: «Non credo che rischierò il burnout». Prosit.

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Ribaltone Consorzio Vini Oltrepò, gli imbottigliatori: «Ecco perché ci siamo dimessi»


Con le dimissioni di cinque consiglieri dal Cda del Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese, «il 30%» della produzione perde la rappresentatività nell’ente di Torrazza Coste (Pavia) e a rischio finisce l’Erga Omnes, ovvero il senso stesso dell’esistenza dell’ente di tutela. Ne sono ben consapevoli i dimissionari, rappresentanti di
Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda Vitivinicola Vanzini e Società Agricola Vercesi Nando e Maurizio, che in un comunicato si definiscono «in polemica con una gestione del Consorzio poco trasparente, guidata da interessi di parte e caratterizzata da una condotta non sempre rispettosa delle regole statutarie».

«Sono mesi che assistiamo a una gestione del Consorzio, da parte della presidenza e di alcuni membri del Cda, opaca e governata da logiche riconducibili a interessi particolari di qualche azienda, contrarie al rispetto dell’interesse collettivo di tutto il territorio che il Consorzio dovrebbe tutelare – dichiarano i dimissionari – dove è stato mortificato il ruolo del CdA, ridotto a mero luogo di ratifica di decisioni prese in altre sedi, e sono stati adottati provvedimenti che rischiano di portare verso un preoccupante dissesto finanziario».

OLTREPÒ: CHI SONO I CINQUE CONSIGLIERI CHE HANNO RASSEGNATO LE DIMISSIONI

Con queste motivazioni, Quirico Decordi, Federico Defilippi, Renato Guarini, Pierpaolo Vanzini e Valeria Vercesi hanno rassegnato oggi le proprie irrevocabili dimissioni da Consiglieri del Consorzio con una missiva inviata alla presidente del Consorzio, Francesca Seralvo e al presidente del Collegio Sindacale. «È stata una decisione sofferta e un passo importante – dichiarano ancora i dimissionari – che abbiamo cercato in tutti i modi di evitare e che non avremmo voluto adottare, ma che oggi diventa necessaria non solo per tutelare le nostre persone in quanto componenti dell’organo di gestione del Consorzio davanti a pratiche e comportamenti contrari alle regole dettate dallo statuto, ma anche per dare un segnale inequivocabile sulla necessità di cambiare rotta, restituendo al Cda il ruolo di governo del Consorzio che deve mirare alla tutela e salvaguardia degli interessi collettivi di tutti i produttori del territorio».

Sempre secondo i cinque consiglieri che oggi hanno rassegnato le dimissioni dal Cda del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, «sono state molte in questi mesi le domande lasciate senza risposta, le contestazioni ignorate – relative anche a scelte importanti operate dal Consorzio quali il cambio di direzione, la verifica dello stato finanziario, il corretto utilizzo dei fondi per la promozione, l’adempimento di alcune deliberazioni assembleari – così come i comportamenti adottati da parte del presidente e di alcuni consiglieri che rischiano di compromettere la relazione del consorzio con istituzioni quale ASCOVILO e la Regione Lombardia».

DIMISSIONI DAL CDA: A RISCHIO L’ERGA OMNES DEL CONSORZIO VINI OLTREPÒ

«Atteggiamenti non più tollerabili – continuano i dimissionari – che ci obbligano ad una presa di distanza netta soprattutto quando si arriva addirittura a negare la stessa possibilità del confronto, rigettando l’istanza di convocazione di Cda, da noi formulata nei giorni scorsi nel rispetto delle disposizioni statutarie, che è stata respinta con motivazioni pretestuose». Si apre adesso una fase difficile perché i numeri produttivi e dell’imbottigliato delle aziende dimissionarie sono decisivi per mantenere l’Erga Omnes e la rappresentatività del Consorzio, cioè la possibilità di ricevere ed utilizzare i fondi per la promozione e gestire le attività di tutela che rappresentano i due asset primari dell’attività consortile.

«Per senso di responsabilità verso il territorio e la tutela della denominazione – concludono i rappresentanti dimissionari – non siamo usciti dal Consorzio con le nostre imprese, consapevoli che questo gesto avrebbe potuto portare al tracollo del Consorzio stesso. Ma se il governo del Consorzio non cambia indirizzo e non ritorna sui binari della correttezza formale e del rispetto delle regole statutarie, recuperando in primis il Cda alle sue prerogative, ci vedremo costretti a prendere ulteriori provvedimenti».

REGIONE LOMBARDIA: TAVOLO DI CONFRONTO CON L’OLTREPÒ DOPO DIMISSIONI

«Il sistema vitivinicolo dell’Oltrepò Pavese rappresenta un pilastro dell’agroalimentare lombardo e credo sia nell’interesse di tutti che quanto accade in queste ore all’interno del Consorzio di Tutela sia il prima possibile oggetto di un confronto con le istituzioni. Regione Lombardia è da sempre a fianco di questo mondo e per questo ci attiveremo da subito per un confronto rapido e mi auguro risolutivo con i rappresentanti del settore vinicolo pavese» Lo dichiara l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi, commentando la notizia delle dimissioni di cinque rappresentanti dal CdA del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.

«Già nei prossimi giorni – prosegue Beduschi – mi recherò presso la sede del Consorzio per fare sentire la presenza di Regione Lombardia e soprattutto per proseguire con l’ascolto e il sostegno, che da parte nostra non è mai mancato. Il mondo del vino lombardo sta vivendo un periodo di crescita, soprattutto sui mercati internazionali, che è simbolo di quanto potenziale è ancora in grado di esprimere. Lo deve fare insieme, ragionando come sistema: un sistema di cui l’Oltrepò è parte integrante».

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Consorzio Oltrepò: si dimettono dal Cda cinque consiglieri imbottigliatori


Come preannunciato nei giorni scorsi da winemag.it, non c’è pace per l’Oltrepò pavese. È di poche ore fa la notizia delle dimissioni di cinque consiglieri della categoria imbottigliatori dal Consiglio di amministrazione del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Un vero e proprio ribaltone ai piedi della nuova presidente Francesca Seralvo, che ancora attende di poter annunciare il nome del nuovo direttore Riccardo Binda, dopo l’addio a Torrazza Coste di Carlo Veronese, conseguente alla mancata rielezione della presidente uscente, Gilda Fugazza. I cinque consiglieri dimissionari sono rimasti in carica meno di cinque mesi. Il nuovo Cda che ha poi scelto Seralvo alla presidenza era stato eletto mercoledì 28 febbraio 2024.

I nomi dei dimissionari fanno rumore. Si tratta del vicepresidente Renato Guarini (Losito e Guarini Srl), Federico Defilippi (Agricola De Filippi Fabbio), Pier Paolo Vanzini (Az. Vitivinicola Vanzini Sas), Valeria Vercesi (Società Agricola Vercesi Nando e Maurizio SS) e di Quirico Decordi (Vinicola Decordi del Borgo Imperiale Cortesole Spa). I cinque esponenti della categoria imbottigliatori lasciano così soli in Consorzio Paolo Tealdi (Castello del Poggio Sarl – Zonin) e Luca Bellani (Azienda agricola Cà di Frara).

CDA CONSORZIO VINI OLTREPÒ: CHI RESTA CON SERALVO

Insieme a loro, in attesa del rimpasto, restano in carica nel ruolo di consiglieri del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese per la categoria viticoltori: Cristian Calatroni (Calatroni di Calatroni Cristian), Caterina Cordero (Cordero SSA), Camillo Dal Verme (Az.Agr. Dal Verme Camillo e Filippo SS), Luigi Gatti (Legoratta), Daniele Passerini (Molino di Rovescala),  Valeria Radici Odero (Frecciarossa Srl Società Agricola) e Paolo Verdi (Az.Agr. Verdi Paolo).

Per la categoria vinificatori: Antonio Achilli (Az. Agr. Manuelina SSA), Massimo Barbieri (Torrevilla Vit. Associati Soc. Coop Agr), Umberto Callegari (Terre d’Oltrepò Scapa), Fabiano Giorgi (Giorgi Srl), Ottavia Giorgi Vimercati di Vistarino (Conte Vistarino SS), Roberto Lechiancole (Prime Alture Srl), Francesca Seralvo (Agricola Mazzolino Srl). Al collegio sindacale siedono attualmente Vittorino Orione (presidente), Elena Cavallotti e Giovanni Giorgi.

Ribaltone Consorzio Vini Oltrepò, gli imbottigliatori: «Ecco perché ci siamo dimessi»

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Peronospora, soci e Cda in fuga: trema Terre d’Oltrepò


Trema Terre d’Oltrepò, a poche settimane dall’inizio della vendemmia 2024. Due membri del Cda, l’agronomo Alessandro Fiamberti e il viticoltore Giulio Romanini, hanno dato le dimissioni nelle scorse ore. Spaventa anche la peronospora, che secondo dati raccolti in Oltrepò pavese starebbe falcidiando la zona, limitando di parecchio la capacità produttiva di molti vigneti. Dall’inizio dell’anno, inoltre, decine di soci conferitori – una sessantina – avrebbero chiesto di liberarsi dal vincolo che li lega alla cooperativa di Casteggio – con sedi a Broni e Santa Maria della Versa – a quanto pare senza averne pienamente diritto. Poche le disdette andate effettivamente a buon fine, mentre lo scorso anno – giugno 2023 – la cantina aveva già perso una sessantina di soci.

CDA TERRE D’OLTREPÒ: DIMISSIONI DI DUE CONSIGLIERI

Le acque, insomma, rimangono molto turbolente a Terre d’Oltrepò, nonostante la presentazione di un piano industriale che avrebbe dovuto rilanciare l’azienda e dare fiducia a soci e investitori. I due consiglieri dimissionari non intendono comunque rilasciare dichiarazioni alla stampa in merito alla propria decisione. Alessandro Fiamberti risponde al telefono con un «no comment», mentre Giulio Romanini è irraggiungibile. In un recente comunicato, il Ceo Umberto Callegari, che dirige la cantina sotto l’ala del padre presidente, Lorenzo Callegari, il Cda si era scagliato contro la precedente gestione, con parole molto pesanti che potrebbero aver scatenato reazioni a catena.

IL COMMENTO DI TERRE D’OLTREPÒ

“Terre d’Oltrepò – commenta il direttore generale – rassicura tutti i propri stakeholder che l’azienda è in una posizione finanziaria estremamente solida, sostenuta da un piano industriale robusto e da un’esecuzione operativa che rispetta pienamente le aspettative prefissate. È importante sottolineare che Tdo si è prontamente attivata per affrontare l’emergenza climatica e fitosanitaria, collaborando attivamente sul punto con l’Assessore Beduschi e con Regione Lombardia. Questo dimostra l’impegno proattivo e il ruolo di leadership di Terre d’Oltrepò nel settore».

«Per quanto riguarda l’uscita dei consiglieri Romanini e Fiamberti – continua Callegari – si desidera esprimere il ringraziamento dell’azienda e dei soci per l’impegno e la dedizione dimostrati nell’ultimo anno. Tali dimissioni sono attribuibili esclusivamente a motivazioni personali e non riflettono in alcun modo la stabilità e la solidità della nostra azienda. Vogliamo inoltre chiarire che non esiste alcun esodo di Soci; la nostra azienda continua a operare con il pieno supporto e la fiducia di tutti i membri del nostro team. Rinnoviamo il nostro impegno verso i soci e auguriamo a tutti buon lavoro, ringraziandoli per la continua fiducia e collaborazione».

CONSORZIO VINI OLTREPÒ: VIA VERONESE, ARRIVA BINDA MA…

L’uscita dei due consiglieri è solo l’ultimo segnale dell’irritazione di alcune cantine oltrepadane, stuzzicate dal recente sbarco in Oltrepò del colosso siciliano Cantine Ermes, che a marzo 2024 ha finalizzato l’acquisto all’asta della Cantina Sociale di Canneto pavese (a proposito: ai soci sarà liquidato il 27,6% del credito). Venti bollenti anche nei corridoi del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, che ha da poco salutato il direttore Carlo Veronese, pur tardando ad annunciare il suo sostituto. Come già pubblicato da winemag.it lo scorso 4 giugno, si tratta di Riccardo Binda, che potrebbe essere ufficializzato all’inizio del mese di settembre nonostante le resistenze di Bolgheri, Consorzio toscano dal quale Binda – originario di Voghera, in provincia di Pavia – proviene.

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Nuovo direttore Consorzio Oltrepò pavese: arriva Riccardo Binda da Bolgheri?


È giallo sul nome del nuovo direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Riccardo Binda avrebbe accettato l’incarico da oltre una settimana. L’annuncio ufficiale da parte dell’ente di Torrazza Coste (Pavia) tarda però ad arrivare. Lo stesso vale per la smentita del direttore (potenzialmente) uscente, Carlo Veronese, che preferisce non rilasciare commenti, tanto sul suo presente quanto sul suo futuro. Secondo verificate indiscrezioni raccolte da winemag.it, l’arrivo del nuovo direttore Riccardo Binda e l’annuncio ufficiale del suo nuovo incarico di direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese sarebbero in bilico per via delle resistenze del Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, dal quale proviene.

BINDA IN OLTREPÒ? BOLGHERI NON MOLLA

L’ente toscano presieduto da Albiera Antinori non vorrebbe privarsi di Binda, che ricopre il ruolo di direttore dal gennaio 2014 ma che ha origini oltrepadane, per l’esattezza di Voghera. Da qui il giallo sul nuovo direttore del Consorzio Oltrepò pavese, dopo le rivoluzionarie elezioni dello scorso marzo che hanno portato all’elezione della nuova presidente Francesca Seralvo (Tenuta Mazzolino). Una scelta che ha fatto vacillare – sin dalle prime ore – la possibile riconferma del direttore Carlo Veronese, uomo ritenuto da molti vicino alla corrente che ha sostenuto – senza successo – il terzo mandato della presidente uscente Gilda Fugazza, considerata la figura più apprezzata dal mondo degli imbottigliatori operanti in Oltrepò.

LE SFIDE DI RICCARDO BINDA IN OLTREPÒ PAVESE

Di certo, per Riccardo Binda, l’avventura in Oltrepò pavese costituirebbe una sfida professionale dalle tinte completamente differenti rispetto a quelle di Bolgheri e Sassicaia. Non solo dal punto di vista della percezione delle denominazioni a livello di marketing nazionale e internazionale, ma anche del valore medio di mercato effettivo della produzione, sostenuta nel pavese da molti meno brand blasonati e da cantine che operano in assenza di una chiara piramide della qualità, ancora tutta da costruire nel pavese. Altro nodo che attenderebbe il nuovo direttore Riccardo Binda è quella dell’export dei vini dell’Oltrepò pavese, per via del peso meno rilevante della produzione oltrepadana rispetto a quella di Bolgheri e Sassicaia. Elementi che portano l’ennesimo “giallo pavese” ad infittirsi. Giorno dopo giorno.

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ESCLUSIVA winemag.it, parla Berlucchi: «In Oltrepò per il Pinot Nero: ci piace un sacco»

Il telefono squilla alle 15.43. Dall’altra parte della cornetta c’è Cristina Ziliani. Una telefonata cordiale, per spiegare in esclusiva a winemag.it i contorni dell’acquisizione di Vigne Olcru, boutique winery dell’Oltrepò pavese, da parte di Berlucchi, nota casa spumantistica della Franciacorta di cui Cristina Ziliani è consigliere delegato. Per cominciare, il closing dell’operazione non è stato ancora effettuato. «È tutto deciso ma si terrà a novembre – precisa la più grande dei tre figli di Franco Ziliani, compianto pioniere degli spumanti Metodo classico della provincia di Brescia – in una data che dobbiamo ancora stabilire insieme alla famiglia Brambilla, da cui abbiamo acquistato Vigne Olcru».

Perché Berlucchi investe in Oltrepò pavese? Le ragioni sono diverse. «Innanzitutto – spiega Cristina Ziliani a winemag.it – il Pinot Nero dell’Oltrepò pavese ci piace un sacco. In secondo luogo, si tratta di un vino spumante metodo classico Docg, come Franciacorta e Alta Langa. C’è poi da considerare la vicinanza alla nostra terra di origine. Pavia e Brescia sono vicine, quindi si tratta di un territorio comodo da raggiungere; certamente più vicino della Toscana e di Bolgheri, dove abbiamo l’altra cantina del gruppo, Caccia al Piano».

BERLUCCHI-VIGNE OLCRU: DALLA CUVÉE IMPERIALE A UN PINOT NERO OLTREPÒ

Praticità, pragmatismo e schiettezza tutta bresciana, certo. Ma gli Ziliani – e con loro il grande brand internazionale Berlucchi – non sono nuovi in Oltrepò pavese. Risale al 2009 la dismissione del centro di pressatura nella frazione Mairano di Casteggio (PV), fortemente voluto e utilizzato per anni, quando Berlucchi sedeva addirittura nel Consorzio Tutela Vini Oltrepò, in qualità di vinificatore. Proprio sulle colline pavesi crescevano le uve di Pinot nero destinate alla celebre Cuvée Imperiale, ai tempi non etichettata come “Franciacorta Docg” (oggi questo non sarebbe possibile).

La ricerca di un’azienda che rispondesse ai requisiti è stata lunga (nel mirino era finita anche Monsupello della famiglia Boatti). «Quello che cercavamo – spiega Cristina Ziliani – era una piccola cantina, una boutique winery dunque, con bella prospettiva e modernità. Il nostro intento non è quello di stravolgere un territorio o strafare. Vogliamo portare il nostro know-how spumantistico in una terra che già conosciamo piuttosto bene, come l’Oltrepò pavese, e provare a fare bene. Non abbiamo ancora, comunque, un piano strategico e di marketing legato a Vigne Olcru: potremmo decidere di utilizzare il loro brand, oppure crearne un altro. Di certo non utilizzeremo “Berlucchi” per i vini che produrremo in Oltrepò».

CRISTINA ZILIANI: «CI SIAMO FIDANZATI CON L’OLTREPÒ»

Intanto, i tecnici di Berlucchi e lo stesso Arturo Ziliani sono pronti ad affiancare la famiglia Brambilla di Vigna Olcru nella vendemmia 2023. «A giorni raccoglieremo i nostri primi grappoli in Franciacorta e nell’altra nostra cantina franciacortina Antica Fratta. Poi toccherà alla cantina toscana Caccia al Piano. In Oltrepò, per quest’anno, saremo osservatori. Mio fratello Arturo è uno sperimentatore. Ci va sempre con i piedi di piombo: pur conoscendo già il Pinot nero oltrepadano, vorrà prima toccare con mano i frutti dei terreni di Vigne Olcru prima di sbilanciarsi. Lo stesso sta facendo in Franciacorta con l’Erbamat: decine di prove di vinificazione in purezza. Non ama azzardare».

«Arturo – conclude Cristina Ziliani – dice sempre che ci vuole tempo per conoscere terra e uve. Non pretendiamo di arrivare come maghi in Oltrepò, ma in modo serio e con coerenza, senza voler fare numeri pazzeschi. Aderiremo al Consorzio? Dobbiamo ancora valutarlo, proprio perché il piano strategico di Vigne Olcru, sia dal punto di vista commerciale che di marketing, è ancora da mettere a punto. Per sintetizzare, possiamo dire che ci siamo di sicuro fidanzati con l’Oltrepò. Ma non abbiamo ancora deciso se ci sposeremo, se avremo dei figli e a che università speriamo di poterli iscrivere, un giorno». Prosit.

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Berlucchi Franciacorta sbarca in Oltrepò pavese: acquistata Vigne Olcru

Berlucchi, noto marchio del Franciacorta, sbarca in Oltrepò con l’acquisto di Vigne Olcru, cantina di Santa Maria della Versa. Gli Ziliani decidono così di ampliare (ulteriormente) il proprio raggio di azione, portando il proprio know how nel settore Metodo Classico in provincia di Pavia, con una nuova acquisizione. Il protocollo di intesa con la Famiglia Brambilla, titolare della Vigne Olcru, è stato siglato nelle scorse ore. L’azienda vinicola si estende su circa 8 ettari di vigneti, in prevalenza impiantati a Pinot Nero. Recente la costruzione di una moderna cantina di vinificazione, affacciata sulle colline dell’Oltrepò, affiancata da ampi spazi per l’ospitalità per una esperienza dell’ospite a 360°.

Vigne Olcru, come Berlucchi, è attiva sia nell’Horeca che in Gdo, con una linea di vini nell’insegna Carrefour. Una notizia, quella dell’acquisto di una cantina da parte di Berlucchi in Oltrepò pavese, che non coglie del tutto di sorpresa. Negli scorsi mesi si erano rincorse a lungo le voci di un possibile interessamento degli Ziliani per Monsupello, prestigiosissimo marchio oltrepadano di proprietà degli Eredi di Carlo Boatti, la moglie Carla e i figli Pierangelo e Laura Boatti. Rumors mai confermato ufficialmente dalla cantina di Torricella Verzate. Tantomeno dai Berlucchi.

BERLUCCHI – VIGNE OLCRU, ACCORDO CHIUSO IN OLTREPÒ PAVESE

«Siamo molto felici di aver trovato un accordo con la famiglia Brambilla – dichiara Paolo Ziliani, presidente e direttore Export della Guido Berlucchi – e di poterci così cimentare in un altro territorio lombardo vocato per il metodo classico. Grazie alla nostra lunga esperienza, che abbiamo costruito in oltre sessant’anni, da quando nel 1961 nostro padre, con gli amici Guido Berlucchi e Giorgio Lanciani, creò la prima bottiglia di metodo classico in Franciacorta siamo fiduciosi che sapremo affrontare questo nuovo progetto con l’impegno e la passione di sempre, ma anche con l’umiltà di chi deve imparare a conoscere un territorio nuovo».

Così Massimiliano e Matteo Brambilla: «Non potevamo trovare partner migliore che la Famiglia Ziliani, per la chiusura di questo deal. Abbiamo la certezza e l’entusiasmo di sapere che la nostra azienda sarà in mani sicure, che il suo cammino futuro e quello di tutto il territorio sarà verso l’eccellenza, per portare l’Oltrepò e le sue produzioni al livello di apprezzamento internazionale che gli spettano». La cantina Vigne Olcru si affianca così alle altre aziende del Gruppo della Famiglia Ziliani che include, oltre all’ammiraglia Guido Berlucchi e alla boutique winery Antica Fratta, in Franciacorta, la Tenuta Caccia al Piano (Bolgheri Doc).

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degustati da noi vini#02

Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc 2019, Azienda Agricola Martilde

Il Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc 2019 dell’Azienda Agricola Martilde è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Uve Croatina in purezza. Tipico colore impenetrabile. Naso che si apre piano, regalando le note tipiche della Croatina, in una versione quasi “densa”, materica.

Al palato è un concerto di frutta perfettamente matura ed erbe, sulle sferzate di un tannino altrettanto tipico, ottimamente estratto e integrato, oltreché di prospettiva. Chiude lunghissimo, su note di marasca e cioccolato fuso, su cui gioca una vena sapida pregevole.

Guida top 100 – 2023

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Analisi e Tendenze Vino

Via “pavese” dall’Oltrepò Docg Metodo Classico: raccolta manuale e Riserva 48 mesi sui lieviti


Regole di produzione più restrittive e un nuovo nome: Oltrepò Docg Metodo Classico, senza “pavese“. Se da un lato l’Assemblea dei soci del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese semplifica la comunicazione delle proprie “bollicine”, dall’altro introduce importanti novità verso il riconoscimento qualitativo internazionale. In particolare, la raccolta delle uve atte alla spumantizzazione (Pinot Nero e Chardonnay, ma anche Pinot Grigio e Pinot Bianco) dovrà essere manuale e in cassetta. Introdotta poi la tipologia “Riserva“, con almeno 48 mesi di permanenza sui lieviti.

Le modifiche al disciplinare della Denominazione di origine controllata e garantita sono state votate a maggioranza dai soci riunitisi martedì 6 dicembre 2022, presso la sala Gallini di Riccagioia a Torrazza Coste (PV).

IL COMMENTO DI VERONESE E FUGAZZA

«Il territorio – spiega Carlo Veronese, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese – ha approvato modifiche importanti per il futuro della denominazione al vertice della piramide qualitativa dell’Oltrepò, in un’assemblea caratterizzata da un clima sereno e costruttivo. Inizieremo subito a lavorare per dare attuazione alle richieste dei soci e poter inviare, nel più breve tempo possibile, alla Regione Lombardia la documentazione necessaria all’approvazione di Regione Lombardia, Masaf e Commissione Europea».

Soddisfazione anche da parte della presidente del Consorzio, Gilda Fugazza, che tocca anche altri argomenti: «Questo lavoro molto tecnico – ha dichiarato – è frutto di un percorso che parte da lontano, dai Tavoli dedicati alle Denominazioni e non è di fatto ancora finito. Da presidente mi auguro che in futuro la burocrazia che condiziona le “buone” pratiche del mondo della viticoltura e non solo si snellisca. E, soprattutto, sia più connessa alle esigenze dell’attualità, condizionata pesantemente da variabili che ci impongono la vera resilienza e capacità di affrontare gli imprevisti».

La recente modifica al disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò pavese” Metodo classico – Doc dal 1970 e Docg dal 2007 – arriva a distanza di quasi 10 anni dall’ultimo ritocco, approvato dal Mipaaf tramite il D.M. 7/03/2014.

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Riesling renano, opportunità per l’Oltrepò pavese? 28 vini con punteggi

«Il Riesling esiste in due varietà principali, Italico e Renano. Di queste, la varietà che intrinsecamente possiede le migliori caratteristiche enologiche per la produzione di vini riconoscibili, di personalità e con grandi aspettative è senza dubbio il Riesling Renano». È una delle affermazioni scaturite dal Tavolo di Denominazione del Riesling, attivato nel 2019 in collaborazione tra il Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese, i produttori locali e Regione Lombardia.

Un dibattito che sembra essersi spento, non solo per via dell’avvento della pandemia, e che torna utile per introdurre le note di degustazione della maxi degustazione di winemag.it incentrata proprio sulle due “varietà”.

La prima fase del progetto di valorizzazione dell’autonominatasi “Valle del Riesling” (renano?), avrebbe comportato l’istituzione di una menzione geografica, a nome Montalto Riesling, all’interno della Doc Oltrepò pavese.

La menzione avrebbe interessato le zone più vocate delle cosiddette “terre bianche” o “gessi“. L’ambito sarebbe stato quello dei Comuni della parte alta e collinare, centro occidentale, da individuare all’interno di una «strategia di riorganizzazione generale» che, a detta dei promotori, avrebbe dovuto «portare a 4-5 zone territoriali contigue ad alta vocazione e specializzazione».

SÌ ALL’ITALICO, FINCHÈ SERVE

Un progetto avviato in maniera alquanto nebulosa. In questa fase non sarebbe stato infatti imposto «alcun vincolo all’uso delle due varietà, Riesling italico e Riesling renano, per la produzione del Montalto Riesling da menzione geografica. Le ragioni? «Di quantità», recita ufficialmente il documento sottoscritto dai promotori, scatenando un minimo d’ilarità. Nonché «per coinvolgere il maggior numero di produttori possibile» (altra affermazione da solletico).

A distanza di circa 8 anni dall’avvio del progetto, sarebbe stata dunque istituita la Doc Montalto Riesling, «basata sulla varietà Renano al 90 o 95%». Una Denominazione di origine controllata «indipendente da quella generale Oltrepò pavese, all’interno della ideale piramide qualitativa che vede le Doc “territoriali” appena sotto la Docg».

Incredibile ma vero. Nella proposta dei promotori, la nuova Doc avrebbe giovato di 8 anni di sperimentazioni che avrebbero interessato anche il Riesling italico, escludendo poi questo vitigno dal tavolo degli invitati alla Doc. Del resto, la varietà “Italico” non ha nulla a che fare col Riesling Renano. Ma, a livello di numero di ettari coltivati, surclassa in maniera significativa il Renano, in Oltrepò pavese.

L’OLTREPÒ PAVESE VERSO UNA DOCG SUL RIESLING RENANO?

C’è di più. «Gli obbiettivi a lungo termine per la nuova Doc Montalto – riferisce ancora il documento ufficiale rilasciato dai promotori del “Tavolo di lavoro sul Riesling” – potrebbero essere la Docg Montalto, con l’eliminazione del nome del vitigno dalla denominazione». Tre le tipologie: Superiore, Riserva e – giusto per non farsi mancare nulla – Vendemmia tardiva.

Per le tipologie “Riserva” e “Vendemmia tardiva”, i produttori avrebbero utilizzato «una bottiglia comune, individuata con uno studio passato della fondazione Branca-Bussolera nella Renana Club».

Nell’Oltrepò pavese che vuole tutto e, per questo, fatica a identificarsi (e a farsi conoscere) come zona d’elezione di “qualcosa” (se non grazie allo sforzo e alla forza del brand d’un pugno d’aziende), l’esito di un’ampia degustazione di Riesling renano a denominazione (Op) e Igt Provincia di Pavia toglie un po’ di polvere da un quadro piuttosto nebuloso.

Ben 28 campioni, degustati alla cieca e proposti (coraggiosamente) da diversi produttori anche in verticale. Un tasting che fa seguito a quello sul Riesling italico, che ha interessato tutte le aree italiane a maggiore vocazione, in primis l’Oltrepò. L’impressione, tanto generale quanto impopolare, è che se c’è un’opportunità persa dal territorio, quella riguardi proprio il vitigno maggiormente coltivato e difendibile localmente: il Riesling italico.

Una varietà lontana da paragoni a cui invece è soggetto il Riesling renano oltrepadano, relegato a un ruolo di subordinazione (in alcuni casi netta) rispetto ad altri territori internazionali, in cui la fama del vitigno è nota e consolidata (Alsazia e Mosella su tutti). Ecco tutti i vini degustati con i relativi punteggi in centesimi: tra i top Manuelina, Monsupello e Castello di Stefanago.

RIESLING RENANO OLTREPÒ PAVESE: DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI
DENOMINAZIONE CANTINA RATING
1 Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Campo Dottore Mon Carul Calatroni
Uno dei quattro campioni del tasting con il tappo a vite. Bel giallo paglierino. Al naso floreale, mela verde, susina, pesca bianca. Ricordi di mentuccia fresca. Bella vena salina ad accompagnare tutto il sorso, dominato dal frutto croccante. Chiude asciutto, fresco, sapido. Vino “glu glu”, molto ben fatto. Chiama l’estate. 86/100
2 Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Il Bandito Giorgi
Giallo paglierino con riflessi verdolini. Naso sulla frutta a polpa gialla perfettamente matura, con richiami leggeri alle erbe della macchia mediterranea. Vino che cerca la perfezione enologica sul vitigno, l’equilibrio e l’immediatezza. Obiettivo centrato. 85/100
3 Oltrepò pavese Doc Riesling Superiore 2020 Renio Rebollini
Secondo campione del tasting con il tappo a vite. Giallo paglierino pieno. Naso ricco, di buona stratificazione: abbina un frutto pienamente maturo (più polpa gialla che bianca) a note marcatamente verdi, quasi piraziniche. Tocco di idrocarburo, leggerissimo: un vero accenno. Centro bocca ricchissimo, materico, che segue un ingresso teso, salato. La sapidità fa capolino in chiusura, assieme alla stessa frutta con cui ha aperto, generosamente, il naso. Vino di spessore, anche dal punto di vista gastronomico. 89/100
4 Oltrepò pavese Doc Riesling 2018 Filare 52 Manuelina
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso che richiama l’Alsazia. Nota di idrocarburo netta, data dalla positiva evoluzione del nettare. Rintocchi fumé sul frutto pieno e sulle note mielate, che ancora una volta riportano ad alcune delle migliori espressioni francesi del vitigno. In bocca convince per l’equilibrio assoluto tra morbidezze e durezze. Chiude lungo e asciutto, nonostante la pienezza. Vino elegante, manifesto del vitigno. 91/100
5 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019 Alessio Brandolini
Giallo paglierino, riflessi dorati. Leggera nota ossidativa al naso che si riflette anche sul sorso, piuttosto morbido, sul frutto maturo. La pesca sfora nell’ananas, anche in chiusura. 84/100
6 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Gli Orti Frecciarossa
Giallo dai riflessi dorati. Bel naso largo, sui frutti, e al contempo teso, tra leggera spezia e mineralità. In bocca si rivela giovane, ancora una volta nel gioco tra morbidezza del frutto e durezze. Vino al momento in una fase piuttosto chiusa, contratta. Prospettiva garantita: comprare oggi, bere domani. 87/100
7 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Vigna Costa Bruno Verdi
Giallo dorato. Naso puro, concentrato il giusto, sul frutto bianco. Curioso lo sviluppo delle durezze, che alla corretta temperatura di servizio concorrono a centrare un prezioso umami. Chiude salino, prima dei ritorni di frutto bianco. Giovane e di buona prospettiva. 86/100
8 Oltrepò pavese Doc Riesling 2014 Rebollini
Giallo dorato, velato. Naso giustamente evoluto: frutto distratto dal fiore secco, una camomilla netta. Miele millefiori.  Tra le note evolutive, una vena salmastra per la parte minerale e una spezia che si fa quasi liquirizia nera. In bocca ancora freschezza, su tinte agrumate e saline, in equilibrio sulle morbidezze. Vino del tutto godibile, vivo e “da abbinamento”. 89/100
9 Oltrepò pavese Doc Riesling 2016 Rebollini
Giallo dorato. Vino che presenta note ossidative leggere, evidenti più al naso che al palato. Frutto pieno, caldo. Non una grande complessità, ma il nettare si presenta al 2022 assolutamente integro, rispecchiando l’annata in maniera fedele. 87/100
10 Oltrepò pavese Doc Riesling 2018 Rebollini
Giallo paglierino pieno. Naso teso, fresco, agrume e mela gialla. In bocca abbina bene durezze e morbidezze. Vino da bere oggi, con prospettiva media di ulteriore affinamento e positiva terziarizzazione. 85/100
11 Provincia di Pavia Igt Riesling 2017 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino ancora “giovanile”, che non rivela l’anno della vendemmia. Al naso una gran purezza, che chiama il vitigno in maniera inequivocabile. Note citriche, mentolate-balsamiche, umami, minerale, parte fruttata sulla pesca gialla e sull’albicocca appena matura. In bocca ha tutto, in perfetta corrispondenza col palato. Manca un po’ di materia e polpa in centro bocca, peccato. Gioventù da vendere confermata anche dall’assaggio. 88/100
12 Provincia di Pavia Igt Riesling 2018 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino pieno, riflessi dorati. Naso che abbina note dure, minerali, e polpa. In bocca bella presenza di frutto, giustamente maturo, in equilibrio perfetto con le durezze. Buona persistenza e prospettiva. 86/100
13 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019 Lo Sparviero Finigeto
Giallo dorato. Naso e bocca piene, tra frutto e note fresche, balsamiche, che ricordano la mentuccia. Il vino si conferma fresco e di prospettiva anche al palato, con chiusura assoluta sul frutto, polposo e giallo (pesca), pieno. Altro vino con buone chance future. 87/100
14 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino pieno. Naso e bocca sulla scia delle precedenti annate, segnale che la cantina abbia trovato ormai uno stile, una filosofia, un approccio al vitigno. Si tratta ora di leggere bene l’annata e ottenere il massimo da quelle migliori per la varietà. In bocca teso e fruttato, in perfetto equilibrio. 86/100
15 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Campo della Fojada Travaglino
Giallo paglierino pieno, tende al dorato. Naso sulla frutta matura, ricorda in particolare la pesca gialla. In bocca conferma la pienezza assoluta del frutto. Buon allungo. 86/100
16 Oltrepò pavese Doc Riesling Riserva 2018 Campo della Fojada Travaglino
Giallo paglierino, riflessi dorati. Bella freschezza, vena sapido-iodica, abbinata alla pienezza del frutto giallo. Buona prospettiva, anche se manca un po’ di complessità e stratificazione. 85/100
17 Provincia di Pavia Igt Riesling 2010 Monsupello
Giallo dorato. Assoluta vitalità al naso, tra frutto e vena minerale. Note leggere di cera d’api, ancor più che di miele d’acacia. Più netta la vena di pasta di mandorle. Un nettare più che mai integro che si conferma tale anche al palato. Lungo, godibilissimo, gastronomico. 93/100
18 Provincia di Pavia Igt Riesling 2016 Monsupello
Giallo dai riflessi dorati. Bella pienezza naso bocca, tra frutto, nota di idrocarburo netta e vena iodico-sapida, avvolta in una nuance fumé. Il palato è di gran eleganza, in assoluta corrispondenza col naso: garbo, equilibrio, croccantezza, prospettiva. Altro vino manifesto del Riesling renano in Oltrepò pavese. 95/100
19 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Monsupello
Giallo dorato.  Frutto, sale, morbidezze e tensione. Un nettare che risponde “presente” sotto ogni profilo. Giovanissimo, prospettiva assoluta. Comprare e conservare in cantina. 91/100
20 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020  Dezza 1890
Giallo pieno, riflessi dorati. Naso su frutta perfettamente matura, a polpa gialla, bel bouquet di fiore fresco, di campo. Componente agrumata viva. Al palato ritorni di frutta matura sulla freschezza, dominante. Chiude sul frutto. Gran beva. 86/100
21 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019  Dezza 1890
Giallo paglierino. Vino corrispondente alle caratteristiche del precedente campione, giocato tra frutto maturo (un filo più del 2020), freschezza, componente floreale e agrumata. L’anno in più gli fa benissimo: note ancora più intense, con il vino che diventa ancora più profondo. Chiusura asciutta, di buona persistenza. 87/100
22 Provincia di Pavia Igt Riesling 2018  Dezza 1890
Giallo dorato. Vino più morbido dei precedenti e un po’ meno pulito nella componente fruttata (specie al naso) e nel retro olfattivo. Conserva comunque tutti i tratti tipici del vitigno, compresa la freschezza. Chiude asciutto. Netto il lavoro in crescendo della cantina sulla varietà Riesling renano, viste le prove 2019 e 2020. Realtà da tenere in grande considerazione per il futuro. 85/100
23 Provincia di Pavia Igp Riesling  2016 “San Rocco” Castello di Stefanago
Tappo a vite numero 3 del tasting. Giallo dorato, alla vista. Primo naso su note piraziniche, netto peperone verde che ricorda il Sauvignon Blanc. Netta anche l’evoluzione verso la pietra focaia, che accompagna un frutto pieno maturo, tra succo e buccia: note predominanti di polpa gialla, ma anche agrumi. In bocca abbina una buona freschezza a ritorni minerali e fruttati, in un quadro omogeneo, vivo, in evoluzione. Il frutto colpisce per precisione e tendenza all’aromaticità, tanto è maturo. Chiusura asciutta ma aggraziata, piacevolissima. Vino che racconta un Oltrepò unico, attraverso il Riesling renano. 94/100
24 Provincia di Pavia Igp Riesling  2015 “San Rocco” Castello di Stefanago
Ultimo tappo a vite del tasting monovarietale. Alla vista, di un giallo tendente al dorato. Al naso molto simile al precedente, se non fosse che la componente fruttata, per via dell’evoluzione, si arricchisce di venature di miele e cera d’api che alleggeriscono la vena “pirazinica”, avvertita prima in maniera più netta. Una buona ossigenazione apre a note di idrocarburo, prima non avvertite. Al palato i due vini si assomigliano molto, sul fronte dei descrittori: 2015 leggermente più morbido e beverino e un po’ meno stratificato, tra apertura e progressione. Chiusura fresca, lunga, tendente al balsamico. Altra bella prova. 93/100
25 Provincia di Pavia Igp Riesling  2014 “San Rocco” Castello di Stefanago
Alla vista si presenta del tipico colore orange. Vino giocato su note ossidative controllate, frutto dell’annata e dello stile che la cantina ha voluto (sapientemente) utilizzare per interpretare il vitigno nel 2014. Il vino conserva pienezza del frutto, che tende alla mela cotogna, alla pera stramatura e al fico. In bocca perfetta corrispondenza, buona freschezza e chiusura che ricorda  liquirizia dolce e ginger. Più che buona la persistenza. 85/100
26 Oltrepò pavese Doc Riesling  2013 “San Rocco” Castello di Stefanago
Unico campione della verticale a 13,5%, gli altri tutti sui 13% vol. Giallo dorato che inizia a virare verso l’orange. Naso garbato, tra frutto pieno, a polpa gialla, e ricordi speziati, con un accento di balsamico e di zenzero, quasi “piccante”. Palato corrispondente, fresco, gustoso, goloso. Chiude su un bell’umami, in quadro dolce-salato-minerale che riporta al vitigno e al terroir. Buona persistenza. 87/100
27 Provincia di Pavia Igp Riesling  2012 “San Rocco” Castello di Stefanago
Giallo dorato tendente all’orange, ambrato. Vino semplice, tra frutto e una freschezza che tiene banco, pur non sui livelli attesi. Beva agile e buone chance di divertirsi a tavola, con il corretto abbinamento, pur senza esagerare in termini di complessità (suggerite le carni bianche, semplici). Vino arrivato all’apice della sua evoluzione, aggrappato al vertice della parabola discendente. 85/100
28 Provincia di Pavia Igp Riesling  2011 “San Rocco” Castello di Stefanago
Orange, ambrato. Vino piuttosto seduto e poco intenso, sia al naso che al palato. Un nettare che pare avere le “batterie scariche”, pur essendo ancora in grado di reggere il microfono (del vitigno) sul palco. 83/100
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Sfiduciato il Cda di Terre d’Oltrepò. I soci: «Mancanza di trasparenza»

Sfiduciato il Cda di Terre d’Oltrepò, in occasione di una riunione fiume tenutasi dalle 14 alle 20 odierne, venerdì 21 gennaio 2022. Ben 310 i voti favorevoli dei soci. Alcuni testimoni riferiscono di un’esultanza da stadio per il risultato del voto dell’assemblea. Solo 153 i contrari alla proposta che costituisce l’ennesimo uragano interno alla cooperativa dell’Oltrepò pavese.

Si tratta dell’epilogo della richiesta di sfiducia del Consiglio di amministrazione guidato da Andrea Giorgi, avanzata formalmente da una vasta rappresentanza della base sociale, il 3 dicembre 2021.

La proposta di revoca dei componenti del Cda di Terre d’Oltrepò è stata richiesta «per giusta causa». Secondo i proponenti, tutti i componenti del Consiglio di amministrazione in carica sarebbero «venuti meno a doveri di diligenza, correttezza e trasparenza nell’esercizio del mandato amministrativo loro conferito».

LE MOTIVAZIONI DELLA SFIDUCIA

Le motivazioni di tale presa di posizione sarebbero da ricercare nell’indagine giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, tuttora in corso. Ma ancor più alle decisioni manageriali compiute dal Cda negli ultimi anni, che avrebbero fatto venir meno la fiducia di una larga parte dei soci.

I fatti si riferirebbero al quadriennio 2017-2021 e sarebbero sfociati negli ultimi due bilanci di Terre d’Oltrepò. In particolare, al Cda guidato da Andrea Giorgi viene imputata una valutazione sovrastimata delle rimanenze; la riduzione delle liquidità, da 6,5 a 3 milioni di euro.

Non solo. Nel mirino dei soci, anche il costante aumento della posizione debitoria nei confronti delle banche, che sarebbe passata da 6,6 a 14,7 milioni. Sempre sul fronte della «mancanza di trasparenza», viene citata la fusione per incorporazione di Valle della Versa Srl, i cui effetti non sarebbero ben descritti nel bilancio 30/06/2020.

IL CDA DI TERRE D’OLTREPÒ SOTTO ACCUSA

Il Cda di Terre d’Oltrepò avrebbe inoltre omesso di fornire chiarimenti sulla sanzione di 4,6 milioni accessoria alla confisca dell’autorità giudiziaria, nell’ambito del bilancio 2020 (15 rate da 300 mila euro l’anno).

Tra i punti caldi che hanno portato alla sfiducia del Consiglio di amministrazione della cooperativa dell’Oltrepò pavese, l’assenza dell’indicazione dei prezzi delle uve conferite dai soci in occasione dell’approvazione del bilancio 30/06/2021. «Appuntati in un foglio extra volume con riferimento a prezzi teorici», accusa la base sociale. Un uragano, insomma. L’ennesimo.

Eppure, solo due giorni fa, il presidente Andrea Giorgi sembrava rassicurare l’ambiente. «La cantina si metterà in ascolto degli stakeholder per farsi portavoce dei bisogni dell’Oltrepò». Presenti alla riunione il sottosegretario Gian Marco Centinaio, gli onorevoli Lucchini e Cattaneo, Regione Lombardia e i vertici del mondo agricolo regionale e provinciale.

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Addio a Lino Maga, il “Signor Barbacarlo”

Si è spento all’età di 90 anni Lino Maga, storico produttore dell’Otrepò Pavese. Uomo simbolo di un territorio e di quel vino, il Barbacarlo, entrato nel mito della viticoltura italiana. Classe 1931, personaggio schivo e riservato, ha iniziò ad amare il lavoro in vigna all’età di 6 anni, epoca della sua prima vendemmia.

Amore per il vino ed il territorio che lo portò a lottare fra gli anni ’60 e ’80 per difendere il nome del cru “Barbacarlo“. Nome allora utilizzato in tutto il territorio dell’Oltrepò come sinonimo di vino buono.

Una produzione che non supera le 10 mila bottiglie all’anno perché come diceva Maga “Il vino è una cosa seria. Il vino è un credo”.

Lino Maga si è spento nella notte di Capodanno. Al figlio Giuseppe l’eredità di quello che è un patrimonio culturale prima ancora che enologico.

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Uiv-Ismea: anno record per le bollicine italiane

Saranno feste da record per le bollicine tricolori, con quasi 2 miliardi di brindisi attesi e un valore alla produzione di 236 milioni di euro. Lo stima l’Osservatorio Unione italiana vini (Uiv)-Ismea, nel consueto focus sui consumi degli sparkling italiani, mai così elevati come quest’anno.

Secondo l’Osservatorio, sono oltre 316 milioni le bottiglie italiane pronte per essere consumate durante le feste. Il 18,3% in più dello scorso anno e il 50% in più rispetto a solo 5 anni fa. Di queste, quasi 3 su 4 sono destinate all’estero mentre sono circa 88 milioni le bottiglie (+14%) riservate per le feste alle tavole degli italiani. A queste si aggiungono le bollicine importate, pari a circa 5 milioni di bottiglie, anch’esse mai così numerose (+50% sul 2020).

LA CRESCITA DELLE BOLLICINE ITALIANE

A trainare gli imbottigliamenti sono tutte le principali denominazioni italiane, con crescite quasi ovunque in doppia cifra. Dal Prosecco Doc (+25%) fino all’Asti, dal Franciacorta al Conegliano Dogc, dal Trento all’Oltrepò pavese, dall’Alta Langa al Lessini Durello ai Colli Asolani.

Per Uiv-Ismea, il 2021 è stato l’anno del rimbalzo per lo sparkling tricolore, che chiuderà l’anno a circa 900 milioni di bottiglie e un forte incremento delle vendite all’estero (+20% a volume). Buone notizie, rileva l’analisi, anche dai consumi interni. Secondo Ismea/Nielsen, gli acquisti nella Grande distribuzione, nei primi 11 mesi, segnano un +22% in volume accompagnato da un +26% in valore rispetto al pari periodo 2020.

Complessivamente, nel 2021 il valore alla produzione degli spumanti italiani supererà per la prima volta i 2,4 miliardi di euro. Un incremento a cui si aggiunge un volume produttivo in costante ascesa (+170% nell’ultimo decennio). Oggi le bollicine sono arrivate a rappresentare circa 1/4 del totale delle esportazioni di vino italiano nel mondo.

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Vino contraffatto, operazione Dioniso: sequestri per 700 mila euro in Oltrepò pavese

Guardia di Finanza e Carabinieri di Pavia in azione sulla base degli sviluppi dell’Operazione Dioniso. In corso dall’alba la confisca di immobili e disponibilità finanziarie di tre soggetti finiti nell’indagine, per un importo complessivo di 740 mila euro nelle province di Pavia e Cremona.

Si tratta del risultato delle indagini dirette dal sostituto procuratore Paolo Mazza, coordinate dal procuratore Mario Venditti. Le misure cautelari, disposte dal gip Tribunale di Pavia Luigi Riganti, sono la diretta conseguenza dell’Operazione Dioniso, svolta nel gennaio 2020 dalla Compagnia Carabinieri di Stradella e dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Voghera, con il Gruppo Carabinieri Forestale di Pavia e gli uomini dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressioni Frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf).

Otto gli immobili sottoposti a sequestro preventivo, insieme a numerosi conti correnti e ulteriori disponibilità finanziarie dei tre soggetti indagati a vario titolo indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

Operazione Dioniso (video e foto): ancora vino contraffatto in Oltrepò pavese

LE INDAGINI DELL’OPERAZIONE DIONISO

Già nel gennaio del 2020, nel territorio dell’Oltrepò pavese e in altre 6 province tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino Alto Adige, i militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri avevano eseguito cinque arresti e complessive 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettanti soggetti indagati, aziende vitivinicole – in particolare la Cantina di Canneto – e laboratori analisi.

Le investigazioni, svolte anche attraverso intercettazioni telefoniche e videosorveglianza, avevano consentito di accertare che i vertici della cantina dell’Oltrepò pavese, con il concorso di un mediatore del settore vitivinicolo, enologi e titolari di aziende agricole conferitrici, commercializzavano vini a denominazione di origine controllata e a indicazione geografica protetta, in realtà contraffatti per quantità, qualità e origine.

Oltrepò, Operazione Dioniso: ancora vino contraffatto per quantità, qualità e origine

IL MODUS OPERANDI DEGLI INDAGATI IN OLTREPÒ PAVESE

Il sistema messo in atto, sgominato dall’Operazione Dioniso, era semplice. Durante i conferimenti delle uve post vendemmia, venivano dichiarate differenti varietà di vite, generando falsa documentazione contabile. Inoltre, gli indagati avrebbero acquistato in nero ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme del settore vitivinicolo, come zucchero invertito e anidride carbonica. Irregolarità anche nei parametri di utilizzo del mosto concentrato rettificato.

Le successive analisi della documentazione contabile ed extracontabile, svolta dalle Fiamme Gialle di Pavia, oltre al vaglio dei contenuti dei personal computer e dei telefoni cellulari in uso ai soggetti indagati, avrebbero consentito agli inquirenti di accertare che la Cantina produceva e commercializzava vini ottenuti mediante uve di tipologia diversa da quella indicata in etichetta, utilizzando prodotti non consentiti. Il tutto per assecondare le richieste del mercato.

Il valore dei sequestri preventivi frutto dell’Operazione Dioniso, in corso in queste ore, di fatto, è pari alla stima del presunto illecito profitto dei tre indagati, attraverso la frode in commercio. Il terzetto viene definito dagli inquirenti «direttamente responsabile della creazione della frode, attraverso la falsa documentazione rinvenuta e la gestione fraudolenta dei conferimenti effettuati dai coltivatori indagati».

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Gli Editoriali news news ed eventi

Valore delle uve, mediatori e speculazioni: Valpolicella e Oltrepò pavese così lontani, così vicini

EDITORIALE – Cosa accomuna Valpolicella e Oltrepò pavese? Poco o nulla, a prima vista. Eppure, a poche ore di distanza, dalle due terre del vino si leva lo stesso allarme: quello sui prezzi delle uve, sui mediatori e sulle speculazioni. Cronaca di un caldo 25 agosto, risvolto amaro della medaglia di un’Italia che, proprio in questi giorni, sorride ai dati positivi del primo semestre 2021, tra riaperture e revenge spending.

«Oggi più che mai – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio Vini Valpolicella – il confronto sulle dinamiche produttive e di mercato è fondamentale. Con le aziende e le associazioni di filiera dobbiamo spingere sempre di più su qualità e posizionamento per vincere la guerra contro le speculazioni, a partire dai valori delle uve. Solo così potremo sostenere il sistema Valpolicella e, in generale, il made in Italy enologico».

A parlare per l’Oltrepò, come accade con tale frequenza solo in Oltrepò, è la politica. Nello specifico, l’assessore all’Agricoltura e Sistemi verdi di Regione Lombardia, il bresciano Fabio Rolfi. «La bottiglia deve essere venduta a un prezzo dignitoso – ha sottolineato l’esponente della Lega – e il lavoro agricolo deve essere riconosciuto. Deve essere redditizio».

«Senza un ritorno non ci sono promozione, investimento e ricettività. Da qui – ha aggiunto – la mia proposta di istituire un Osservatorio dei prezzi delle uve, per mettere in chiaro il costo di produzione e il prezzo che deve essere pagato. Per porre fine a fenomeni speculativi favoriti da un sistema nebuloso di mediatori che caratterizza l’attuale sistema di fissazione del prezzo».

UN OSSERVATORIO DEI PREZZI DELLE UVE IN OLTREPÒ PAVESE?

Due affermazioni, quella del presidente Marchesini e dell’assessore Rolfi, che sembrano parte dello stesso convengo, mentre la vendemmia 2021 entra sempre più nel vivo. E invece no. Le parole del presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella arrivano da Villa Brenzoni Bassani.

È lì che si è tenuto il consueto incontro fra i rappresentanti del Consorzio, delle aziende e delle associazioni di categoria. Obiettivo? La «valutazione congiunta sui valori delle uve in vista dell’imminente vendemmia». Qualcosa che potrebbe essere utile, forse, anche all’Oltrepò pavese. Con o senza l’«Osservatorio» calato dal solito palazzo (quello di Regione Lombardia, ça va sans dire).

Sul tavolo, Christian Marchesini ha spalmato i trend degli ettari rivendicati, delle produzioni di uva. Degli imbottigliamenti e delle giacenze. Nonché i prezzi camerali delle uve Valpolicella degli ultimi anni. Tra le priorità del Consorzio, «premiare in termini di prezzo il prodotto di eccellenza».

Un riferimento esplicito all’Amarone della Valpolicella Docg, ma non solo. «Proporre prodotti diversi tra loro e in grado di coprire molti segmenti di mercato» è un’altra priorità emersa nell’incontro del 25 agosto. La Valpolicella, del resto, muove un giro d’affari annuo di oltre 600 milioni di euro, ben segmentati.

AMARONE VS “BONARDONE”

Oltre la metà è da ascrivere alle vendite del vino simbolo di Verona e del veronese, l’Amarone, che viene esportato per il 67%. Tra i paesi target, Usa(14%), Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Germania e Canada (10%). Seguono Svezia (8%), Danimarca (7%), Norvegia e Paesi Bassi (6%).

Cina e Giappone pesano congiuntamente circa il 3%, sebbene il valore dell’export in questi due Paesi sia «cresciuto notevolmente nell’ultimo quinquennio». Dall’incontro tenutosi a Montescano, in Oltrepò pavese, filtrano invece pochi numeri. E tanti proclami. I soliti.

E mentre i prezzi di uve come il Riesling italico scivolano a circa 28 euro al quintale dai circa 32 del 2020 (Riesling renano a circa 45 e Pinot nero a 60 euro), ciò che conta in Oltrepò pavese è la «soddisfazione» della presidente del Consorzio, Gilda Fugazza.

«Di strada ne abbiamo fatta – commenta a Lombardia Notizie – consapevoli di avere tutti i vini che vanno dall’antipasto al dolce, sia per il metodo classico che per altri prodotti come la Bonarda frizzante e il Sangue di Giuda, che ci sta dando buone soddisfazioni commerciali e in questo momento ci rappresentano». Del resto, chi s’accontenta gode. Soprattutto se ha le idee terribilmente confuse. Prosit.

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Vini al supermercato

Vini al supermercato, Pasqua alle spalle: giù prezzi e qualità delle promozioni in Gdo

Torna il consueto appuntamento con i vini al supermercato in promozione, fino alla seconda decade di aprile 2021. Il quadro, con la Pasqua ormai alle spalle, è quello tipico: un déjà-vù dei periodi post festività. Dopo i bagordi di fine Largo a prezzi da “discount” un po’ ovunque, offerte su acquisti multipli e sconti su intere linee di vini di fascia medio bassa.

Unici “fari” in questo fiacco scenario sono le catene Iper, La grande i – numerose offerte e un terzo del volantino dedicato ai Prosecco e agli Spumanti – e Pam che, sia a nord che sul volantino Retail Pro del sud, bilancia bene l’offerta tra prezzi bassi, medi e alti con qualche chicca anche da territori spesso bersagliati dai prezzi all’osso in Gdo (e non solo).

Non manca il focus sui prodotti Calici DiVini, private label studiata da Pam Panorama insieme al Crea, in collaborazione con alcune delle migliori cantine di ciascun territorio. Buona spesa!

Volantino Aldi, dal 12 al 18 aprile “Grandi formati”
Chardonnay Collezione privata Villa Gatti: 1,59 euro (3 / 5)
Toscana Igt Rosso: 1,69 euro (3 / 5)



Volantino Bennet fino al 21 aprile, “Selezione Gourmet”
Nessun vino a volantino


Volantino Carrefour Iper fino al 21 Aprile, “Tutto a 1, 2, 3 euro”
Donna Barbara vino bianco o rosso: 1 euro (1 / 5)
Sangiovese Igt Il Feudo: 1 euro (1 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo o Trebbaino La Calenzana: 2 euro (2,5 / 5)
Terre Siciliane Igt Le Morre: 2 euro (2,5 / 5)

Muller Thurgau Venezie Igt Piera Martellozzo: 3 euro (3,5 / 5)
Nero D’Avola, Syrah o Grillo Terre Siciliane Igt Rialto dei Vespri 3 euro (3,5 / 5)
Tre Venezie Igt Rosato o Rosso: 1,90 euro (1 / 5)
Chardonnay o Rosato Il Roccolo: 1,99 euro (1 / 5)
Pecorino Val di Fara Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Montepulciano Riserva Doc Val di Fara Spinelli: 2,99 euro (5 / 5)

Chianti Docg Torrebona Cecchi: 3,99 euro (4 / 5)
Lambrusco di Modena Doc Campo Maio Terre d’Italia: 4,69 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Coste Alte Soligo: 4,99 euro (3,5 / 5)
Negroamaro Bio Tralcio Antico: 3,85 euro (3 / 5)
Chianti Docg Bio Tralcio Antico: 3,69 euro (3 / 5)



Volantino Carrefour Iper fino al 21 aprile, “Gustati una nuova esperienza di spesa”
Muller Thurgau Doc Nals Margredi: 5,99 euro (3,5 / 5)
Vini Settesoli: 3 euro (5 / 5)
Lambrusco Grasparossa Chiarli: 3 euro (3,5 / 5)

Grechetto Colli Martani Dop Terre di Custodia: 4,39 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Coste Alte Soligo: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Aragosta: 3,99 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau Santa Margherita: 4,69 euro (3,5 / 5)
Aglianico Dop Rubrato Feudi San Gregorio: 8,49 euro (5 / 5)
Amarone Valpolicella Doc Masi: 30,99 euro (5 / 5)

Vini Maschio: 2,29 euro (3 / 5)
Chianti Docg Torrebona Cecchi: 3,99 euro (4 / 5)
Chardonnay Del Veneto Igt Paesaggi Piera Martellozzo: 4,49 euro (4 / 5)


Volantino Carrefour Express fino al 20 aprile, “Offerte di Primavera”
Terre di Chieti Pecorino o Montepulciano d’Abruzzo Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Buttafuoco o Sangue di Giuda Quaquarini: 3,79 euro (4 / 5)
Negroamaro Bio Tralcio Antico: 3,85 euro (3 / 5)


Volantino Conad fino al 19 aprile, “50 prodotti al 50%”
Vernaccia Di San Gimignano Docg Sensi: 2,97 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Emilia Cantine Riunite: 1,39 euro (3,5 / 5)
Vino Ortrugo Doc Cantina Valtidone: 2,24 euro (3,5 / 5)

Gutturnio Doc Frizzante Vicobarone: 2,90 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,98 euro Aghera Sarda (3,5 / 5)
Spumante Pinot Chardonnay Donelli: 1,99 euro (3 / 5)
Cannonau Doc Aghera Sarda: 3,98 euro (3,5 / 5)


Volantino Coop fino al 21 aprile, “1+1 gratis”
Le Chiantigiane Vino Chianti Docg Loggia del Sole: 1+1 5,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Emilia Secco Cantine Riunite: 1+1 2,99 euro (3,5 / 5)
Vino Solegro Bianco o Rosato: 1+1 1,99 euro (1 / 5)

Spumante Prosecco Docg Conegliano Valdobbiadene Carpenè Malvolti: 5,49 euro (5 / 5)
Verdicchio Dei Castelli di Jesi Titulus Classico Doc Fazi Battaglia: 3,99 euro (5 / 5)
Terre di Chieti Pecorino Igp Citra Vino: 3,49 euro (3,5 / 5)
Speciale Vini Tenute del Cerro: sconto 30% (3,5 / 5)

Falanghina del Beneventano Igt Terra dei Santi: 2,79 euro (3 / 5)
Primitivo Di Manduria Doc Tenute Rubino: 5,79 euro (5 / 5)
Anthilia Sicilia Bianco Dop Donnafugata: 6,99 euro (5 / 5)
Il Rose Sicilia Doc Planeta: 5,90 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Sangusta Cantina Pedres: 4,59 euro (3,5 / 5)


Volantino Esselunga fino al 17 aprile, “Sconto 30, 40, 50”
Prosecco Zonin: 3,39 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer Cantina di Bolzano: 6,95 euro (5 / 5)
Chardonnay Capsula Viola:  2,99 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau o Pinot Rosa Predon Cantina di Soave: 1,69 euro  (3,5 / 5)
Malvasia o Lambrusco Nero Ariola: 2,87 euro (3,5 / 5)
Vipra Rossa, Bianca O Rosata Bigi: 3,29 euro (3,5 / 5)

Valpolicella Classico Cantina di Negrar: 3,54 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Alba Batasiolo: 4,95 euro (3 / 5)
Chianti Docg Leonardo Da Vinci: 3,54 euro (3,5 / 5)
Salice Salentino Cantina Due Palme: 2,87 euro  (3,5 / 5)


Volantino Il Gigante fino al18 aprile, “0.98 cad”
Colli Piacentini Gutturnio o Ortrugo Manzini: 1,98 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Il Masso: 2,98 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau o Schiava Allegorie: 3,98 euro (3,5 / 5)


Volantino Iper, La grande i fino al 18 apriel, “Sconti di Gusto”
Chianti Docg La Rupe: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Ribolla Gialla Extra Dry Gasparetto: 2,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco DOC Millesimato Brut Terre Nardin: 4,59 euro (3,5 / 5)
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut Gasparetto: 3,99 euro (3,5 / 5)

Villa degli Olmi Spumante Soave Doc Extra Dry: 2,39 euro (3 / 5)
Prosecco Doc Rose Millesimato Extra Dry Casa Sant’Orsola: 4,99 euro (3,5 / 5)
Morellino di Scansano Docg Melandrino Piccini: 4,99 euro Migliosi Tignoso (4,5 / 5)
Ribolla Gialla Igt Borgo Canedo: 3,99 euro (3,5 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Fazi Battaglia: 3,99 euro (5 / 5)

Toscana Rosso o Rosato Igt o Orvieto Classico Piccini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Assisi Rosso o Grechetto Migliosi Tignoso : 4,99 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda o Pinot Crobara: 2,29 euro (3 / 5)
Bardolino Chiaretto La Sorte: 2,49 euro (3,5 / 5)
Cabernet Franc, Merlot o Chardonnay Venezia Falcaia: 3,49 euro (3 / 5)

Lambrusco Emilia Modavin: 1,79 euro (2 / 5)
Montepulciano D’Abruzzo, Trebbiano o Sangiovese Vigne del Colle: 1,79 euro (1 / 5)
Vini Poggio Dei Vigneti: 1,59 euro (1 / 5)
Vini Cantina Valtidone: 2,19 euro (3,5 / 5)
Vini Alpa: 1,99 euro (1 / 5)


 


Volantino Iperal fino al 18 aprile, “Sconto 50 grandi marche”
Casato del Leone Prosecco Doc Treviso Spago: 2,95 euro (3 / 5)
Chianti Docg Piccini: 2,49 euro (3,5 / 5)
Linea Vini Il Gaggio: 1,50 euro (2 / 5)
Tavernello Bianco: 2,29 euro (3,5 / 5)

Vino Est! Est! Est! Bigi: 3,69 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Scolari: 4,99 euro (3,5 / 5)
Corvo Glicine: 3,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Gran Gala o Prestigio sconto 20% (3,5 / 5)
Vini Rue di Piane Spinelli: 3,19 euro (4 / 5)
Vini Le Rovole: 2,59 euro (1 / 5)


Volantino IperCoop fino al 14 aprile, “Sconti 30, 40 e 50”
Linea Vini Terre del Barolo: sconto 30% (3,5 / 5)
Chianti Docg Cortebaldi: 2,19 euro (3 / 5)
Vini Le Cascine: 1,99 euro (1 / 5)

Vini Maschio: 1,99 euro (3 / 5)
Spumante Prosecco DOC Extra Dry Portego Scuro Viticoltori Ponte: 3,29 euro (3,5 / 5)
Montepulciano D’Abruzzo Dop Bio Vegan Tollo: 3,89 euro (3,5 / 5)


Volantino Lidl fino al 18 aprile, “Sottoprezzi”
Corte Aurelio Chardonnay Terre Siciliane Igt: 1,39 euro (2,5 / 5)
Coloeus Catarratto Chardonnay Terre Siciliane Igt: 2,99 euro (3 / 5)
Valpolicella Dop: 2,29 euro (3 / 5)


Volantino Pam fino al 21 aprile, “Qui il meglio costa meno”
Villa degli Olmi Chardonnay o Rose Frizzante: 1,79 euro (2 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Colline del Sole: 1,89 euro (2 / 5)
Vermentino Terre Siciliane Igt Colle del Sole: 2,29 euro (2 / 5)
Le Calleselle Prosecco Doc Extra Dry: 2,99 euro (3 / 5)

Oltrepò Pavese Sangue di Giuda Quaquarini: 3,79 euro (4,5 / 5)
Ca’ di Frara Pinot Nero: 4,99 euro (4 / 5)
Vermentino, Pigato o Ormeasco Azienda Agricola Paolo Deperi: 8,49 euro (5 / 5)
Poggio Dei Vigneti Rubicone: 1,49 euro (1 / 5)
Cabernet Sartori Villa Mura: 2,29 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Bosco ai Salici: 2,29 euro (3 / 5)

Vini Porta Vinaria: 2,79 euro (3 / 5)
Vini Friuli Grave Doc Margherita Bidoli: 3,99 euro (3,5 / 5)
Nero D’Avola Terre Siciliane Igt Passo dei Punici Fazio: 3,99 euro (3,5 / 5)
Pam Spumante Prosecco Extra Dry Millesimato Superiore di Valdobbiadene Docg: 3,99 euro (3,5 / 5)
Vino da Uve Leggermente Appassite Rosso Toscana Igt  Duca di Saragnano: 4,99 euro (3,5 / 5)

Volantino Pam Retail Pro, fino al 15 aprile, “Tutto a 1, 2, 3 euro”
Chianti Docg La Cacciatora: 3 euro (2,5 / 5)
Gragnano Penisola Sorrentina Dop Caldera Marina: 6,59 euro (3,5 / 5)
Crifo Vino Nero di Troia Igp o Malvasia Bianca: 1+1 5,78 (3,5 / 5)
Merlot Beneventano Calcapietra Masseria Frattasi Calici DiVini: 9,99 euro (4 / 5)

Coda di Volpe Taburno Sannio Doc Burnus Cantine Ocone Calici DiVini: 4,99 euro (3,5 / 5)
Primitivo Campania Terra Aminea Calici DiVini Nugnes: 7,99 euro (4 / 5)
Spumante Biologico Brut Rocca dei Forti : 3,49 euro (3 / 5)
Sensi Governato Toscana Rosso Igt: 9,90 euro (3,5 / 5)
Sedara Sicilia Doc Rosso Donnafugata: 7,90 euro (5 / 5)

Negroamaro Salento Igp Notte Rossa: 3,49 euro (5 / 5)
Rosso Piceno Doc Casal Farneto: 3,99 euro (3,5 / 5)
Cinzano Prosecco Doc: 4,49 euro (3 / 5)
Tosti Spumante Moscato: 2,99 euro (3,5 / 5)
La Vinicola del Titerno Solopaca Dop Bianco: 1,79 euro (3 / 5)


Volantino Penny Market, fino al 14 aprile
Bonarda frizzante Oltrepò pavese: 3 pezzi 4,38 euro (0,5 / 5)
Pinot Chardonnay Rubicone frizzante: 1,59 euro (2,5 / 5)
Spumante Dolce: 1,09 euro (1 / 5)
Rosato dell’Emilia: 6 bottiglie 7,74 euro (2 / 5)


Volantino Tigros fino al 19 aprile, “Sconti fino al 50”
Vini Ante Hirpis: 2,99 euro (3 / 5)
Vini Freschello: 1,35 euro (3 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Dop Setanera: 1,69 euro (3 / 5)
Vini Le Vie del Canto: 2,99 euro (3 / 5)

Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Casal Farneto: 3,99 euro (3,5 / 5)
Dolcetto Monferrato Doc Capetta: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Classico Docg Sant’Ilario: 4,49 euro (3,5 / 5)
Spumante Rosè Floral Valdo: 5,90 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Carpenè Malvolti: 5,99 euro (5 / 5)

Vini Tavernello Vetro: 2 pezzi 3 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Il Baluardo Chiarli: 2,79 euro (5 / 5)
Pignoletto Arco Delle Rose Chiarli: 2,79 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Sardegna Dolianova: 2 pezzi 6 euro (3,5 / 5)


Volantino Unes fino al 20  aprile “Grandi Marche a piccoli prezzi”
Dolcetto d’Acqui Capetta: 4,29 euro (3 / 5)
Spumante Rocca dei Forti: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Docg Nipozzano Frescobaldi: 9,90 euro (5 / 5)
Lago di Caldaro Erste+Neue: 4,69 euro (4 / 5)

Pignoletto Decordi: 2,19 euro (3 / 5)
Dolcetto di Monferrato Il Castero: 3,49 euro (2 / 5)
Vini Maschio: 2,39 euro (3 / 5)
Soave Classico Doc Sartori: 2,69 euro (3,5 / 5)

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Gli Editoriali news news ed eventi

La conversione di Ottavia Giorgi Vistarino: da caporivolta a “vicepres” del Consorzio

EDITORIALE – Chi lo ha detto che per sedersi basti piegare le ginocchia e buttarsi in poltrona? A volte, qualche giro attorno al tavolo del salotto, può risultare più salutare di una passeggiata in montagna. Deve pensarla così Ottavia Giorgi Vistarino, la contessa di Villa Fornace (PV) passata da “caporivolta” a vicepresidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese.

Neppure troppo tempo fa, la produttrice lo aveva detto chiaro a WineMag.it, in presenza di tanti colleghi (arrabbiati): «Prima accettano il nostro progetto, poi rientro in Consorzio». La realtà dice che non è andata così. Affatto.

Assieme ad altre cantine, Tenuta Vistarino è rientrata nei ranghi senza che un vero cambio di rotta sia avvenuto. Di fatto non vi è alcuna traccia pubblica del progetto che Ottavia Giorgi Vistarino aveva in mente per i piccoli-medi produttori dell’Oltrepò pavese.

Un territorio che continua a gongolarsi e prodigarsi per le “Far bere Pavia”. Bonarda, s’intende, mica Pinot Nero in rosso o Metodo classico. E allora si dirà che è meglio «cambiare le cose da dentro». Per certi versi qualcosa di vero.

Il problema è che una storia già vista, in Oltrepò. Ma la contessa Ottavia Vistarino merita la fiducia (cieca) di chi è innamorato di questa terra del vino italiano. Se non altro perché, stavolta, la faccia è proprio la sua. Auguri.

Oltrepò modello Cava: 4 fuori dal Consorzio. Ottavia Vistarino: “Serve un progetto”

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Analisi e Tendenze Vino

Consorzio Vini Oltrepò pavese, nominato il nuovo Cda

L’assemblea del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione per il triennio 2021/2023, ovvero la squadra della presidente Gilda Fugazza. Per la categoria viticoltori: Andrea Barbieri, Camillo Dal Verme, Federico Defilippi, Alessio Gaiaschi, Ottavia Giorgi Vistarino, Paolo Verdi, Sara Zambianchi.

Per la categoria vinificatori: Stefano Dacarro, Gilda Fugazza, Andrea Giorgi, Marco Maggi, Mattia Nevelli, Valeria Radici Odero, Francesca Seralvo. Per gli imbottigliatori: Luca Bellani, Quirico Decordi, Giovanna Fugazza, Renato Guarini, Massimo Ornaghi, Pier Paolo Vanzini, Valeria Vercesi.

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Analisi e Tendenze Vino

Distretto EnoAgroalimentare pavese: l’Oltrepò tenta il rilancio in quattro mosse

Presentato il Progetto di Valorizzazione del Distretto EnoAgroalimentare pavese. Prevede quattro ambiti d’azione, con l’obiettivo di dare “nuovo slancio, forte coesione e dinamicità” al comporto enologico, agroalimentare e turistico, in ottica di sviluppo dell’enoturismo.

Un progetto di Regione Lombardia, Camera di Commercio di Pavia e Unioncamere Lombardia in collaborazione con il Consorzio Tutela Vini, il Distretto del Vino di Qualità e il Consorzio Club Buttafuoco Storico.

Tra i progetti, un’applicazione per scoprire il territorio dell’Oltrepò in 15 percorsi mappati e georeferenziati; il potenziamento dell’evento locale denominato Autunno Pavese; una serie di eventi digitali e un “ingente operazione di marketing territoriale”.

Cari milanesi, è ora di scoprire l’ospitalità dell’Oltrepò pavese: vicino, bello e buono

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Monsupello Blanc de Blancs: sfida allo Champagne e dedica a mamma Carla

Saggezza, tenacia, tecnica, emozione. In una parola Monsupello Blanc de Blancs, il nuovo Metodo classico Extra Brut della storica maison di Torricella Verzate (PV). Un’etichetta che condensa la storia centenaria degli eredi di Carlo Boatti e Carla Dallera. E accende la luce sull’Oltrepò pavese del presente e del futuro, sempre più casa dello spumante italiano di gran qualità. Che non teme confronti. Neppure con i francesi della Champagne.

La presentazione del Monsupello Blanc de Blancs – in vendita da questa mattina a 30 euro più Iva – è avvenuta ieri al Castello di San Gaudenzio di Cervesina (PV). Un elegante Albergo Ristorante che dal giorno dell’inaugurazione – avvenuta il 16 dicembre 1977 – brinda con le bollicine oltrepadane della cantina fondata dal compianto Boatti.

La location perfetta per un Metodo classico base Chardonnay di classe assoluta, che ha già fatto incetta di premi dalle maggiori guide enologiche italiane. Inserito nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it, è stato premiato anche da Gambero Rosso e Slow Wine e inserito nella “Top 25” vini italiani del Merano Wine Festival 2020, notizia data ieri dal patron della kermesse altoatesina, Helmuth Köcher.

“Dedico questo spumante a mia madre Carla”, ha commentato un commosso Pierangelo Boatti, insieme alla sorella Laura Boatti: “Questo Metodo classico – ha aggiunto – è la risposta alla sfida lanciataci da alcuni amici e colleghi italiani e francesi, che hanno voluto metterci alla prova con lo Chardonnay, uvaggio tipico in Champagne adottato per la prima volta in purezza da Monsupello, da sempre fedele al Pinot Nero dell’Oltrepò pavese”.

Non a caso l’etichetta, a livello grafico, strizza l’occhio al noto brand di Champagne Salon, produttore di Mesnil sur Oger, Grand Cru della Côte des Blancs. Tinte verde scuro e scritte oro, a richiamare una sfida accettata a tutto tondo. Dal concept al calice.

“Lo Chardonnay non è una novità assoluta per Monsupello – ha precisato l’enologo Marco Bertelegni – dal momento che le stesse uve, provenienti dalla vigna Montagnera, sono da sempre impiegate per completare la cuvée composta al 90% dal Pinot Noir, nel Brut e nel Nature”.

In particolare, la vigna con esposizione a Est, situata di fronte alla sede aziendale, presenta piante con età media compresa fra i 25 e i 30 anni. Il 60% del vino base è d’annata e vinificato in acciaio, mentre il restante 40% affina in barrique usate, scelte per completare e arricchire la verve dello Chardonnay più giovane.

La prima sboccatura del Metodo Classico Blanc de Blancs di Monsupello (novembre 2019) ha riposato sui lieviti 50 mesi. Ne seguiranno altre, sino a un massimo di 70, 80 mesi, come nel caso della Cuvée Ca’ del Tava.

“L’Oltrepò pavese – ha ricordato nel suo intervento Carlo Veronese, direttore del Consorzio Tutela Vini locale – è uno dei pochi territori dove vengono bene praticamente tutte le uve”.

“Quello che manca – ha aggiunto – è riuscire a essere come Monsupello, unica azienda oltrepadana veramente conosciuta in tutta Italia e non solo. È arrivato il momento che anche altri colleghi facciano lo stesso, girando il mondo per rendere ancora più famoso l’Oltrepò”. Chi accetta la sfida?

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