«Auguri di Natale» inattesi e amari per Terre d’Oltrepò. Attraverso una “lettera di auguri”, l’ex presidente Andrea Giorgi comunica all’attuale dirigenza della cooperativa oltrepadana la sentenza del Tribunale di Milano che annulla la querela mossa nei suoi confronti dal Cda e cancella la delibera di esclusione da socio votata all’unanimità nel mese di luglio.
«Sono felice della sentenza del Tribunale di Milano che annulla la delibera del consiglio di Amministrazione di Terre d’Oltrepò e impone la mia reintegrazione nella Compagine sociale. Il Tribunale – commenta l’ex presidente Andrea Giorgi – ha accolto completamente le richieste portate avanti dai miei legali e ha fatto emergere come la decisione consigliare fosse unicamente una persecuzione nei miei confronti».
Ringrazio i miei avvocati per la loro professionalità e tutti i numerosi soci che mi sono restati vicini in questi mesi. Con forza in questi anni ho difeso gli interessi di Terre d’Oltrepò come Presidente, ora, con altrettanta forza difendo e difenderò i miei interessi.
È molto Triste che in un momento cosi difficile il consiglio di amministrazione di Terre d’Oltrepò sperperi denari in improbabili cause nei miei confronti quando la cooperativa attraversa un duro momento sotto tutti i punti di vista».
«In particolare – conclude Andrea Giorgi – il mio pensiero va ai dipendenti a cui viene imposto un contratto di solidarietà che, in linea con altre discutibili decisioni, segnerà in negativo le sorti della cooperativa. Con l’occasione porgo a tutti i miei auguri di Buon Natale».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
In fondo, basta un po’ di fantasia. A ovest il Torrente Scuropasso: la Garonne. A est il Torrente Versa: la Dordogne. Con le dovute proporzioni, Buttafuoco storico e Bordeaux condividono l’abbraccio di due corsi d’acqua. Ma è l’approccio alla singola vigna, più unico che raro in Oltrepò pavese, a rendere meno azzardato il parallelismo tra lo “Sperone di Stradella” – l’areale di produzione del Buttafuoco Storico – e una porzione della mitica regione vinicola francese.
Solo 22 ettari, compresi nei comuni di Canneto Pavese, Montescano, Castana e parte dei comuni di Broni, Stradella, Cigognola e Pietra de’ Giorgi. Tutti in provincia di Pavia, a sud del fiume Po. Si trovano qui le vigne del Buttafuoco Storico, molte delle quali presentano pendenze esasperate e basse rese, tipiche della viticoltura eroica.
Una zona di eccellenze, tanto nel calice quanto nel piatto. La riprova grazie al (provocatorio) menu ideato dallo chef Alessandro Folli del Ristorante Ad Astra di Santa Maria della Versa. Piatti a base di pesce, crostacei e molluschi, ingredienti lontani dalla tradizione locale, dimostrano una certa poliedricità nell’abbinamento del Buttafuoco storico, oltre a confermare il buon livello della ristorazione pavese.
UNA «DOCG PRIVATA» ALLA SFIDA DEI TEMPI
Ad accettare la sfida, uscendo dalla comfort zone della classicità del pairing, sono i 17 produttori aderenti al Club del Buttafuoco Storico, desiderosi di allargare i confini di un vino prodotto in tiratura limitatissima – appena 90 mila bottiglie all’anno – assimilabile, per definizione degli stessi vignaioli pavesi, a una sorta di «Docg privata» (se ne era parlato prima del Covid-19).
La guida del Club, prossimo a inaugurare una nuova sede con wine-bar proprio accanto a quella attuale, in frazione Vigalone a Canneto Pavese (PV), è affidata al produttore Davide Calvi. Una mente curiosa e lucida, affiancata nella direzione dal manager Armando Colombi e dall’esperienza del vice presidente Giulio Fiamberti.
Per l’abbinamento, Club e chef hanno scelto due annate (2017 e 2012) della bottiglia consortile “Vignaioli del Buttafuoco storico“, frutto della volontà dei produttori di condensare, in un unico vino, le caratteristiche delle vigne iscritte al rigido “disciplinare” di produzione.
Una “cuvée speciale” ambasciatrice del Buttafuoco storico, assemblata ogni anno, sin dal 2011, da un enologo italiano esterno (l’ultima in commercio, la 2017, è firmata da Michele Zanardo, vicepresidente vicario del Comitato Nazionale Vino Dop e Igp). Per il dolce, un’altra chicca: il Buttafuoco storico chinato.
LE VIGNE DEL BUTTAFUOCO STORICO: GHIAIE, ARENARIE E ARGILLE
I 20 “cru” sono suddivisi da nord a sud in tre macro areali, definiti dalle caratteristiche del suolo. Ghiaie a nord, Arenarie al centro e Argille nella parte meridionale. Sei le espressioni delle Ghiaie: Badalucca, Casa del Corno, Solenga, Beccarie-Carì, Pianlong e Sacca del Prete.
Per le Arenarie ecco gli otto Buttafuoco Storico Bricco in Versira, Pregana, Montarzolo, Canne, Pitturina, Costera, Rogolino e Poggio Ca’ Cagnoni. Meno “congestionata” la sottozona delle Argille con le altre 6 espressioni delle vigne Frach, Catelotta, Garlenzo, Ca’ Padroni, Poggio della Guerra e Casa Barnaba.
Buttafuoco storico dalle Ghiaie: alcolicità e acidità
Territorio più a nord della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di ghiaie inglobate in sabbie. Sottozona caratterizzata da vigne molto ripide che esprimono il meglio a monte della metà collina. Le uve raggiungono elevati gradi di maturazione e si trasformano in vini ricchi, leggermente spigolosi da giovani, ma con elevata longevità.
Producono qui:
Azienda Agricola Fiamberti Giulio
Azienda Agricola Il Poggio di Alessi Roberto
Giorgi
Cantina Scuropasso
Azienda Agricola Bruno Verdi
Buttafuoco storico dalle Arenarie: alcolicità e tannicità
Territorio centrale della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di arenarie compatte in alcuni punti quasi affioranti. Le vigne di questa sottozona sono esposte prevalentemente a Sud-Ovest. La compattezza delle arenarie ostacola la crescita della pianta nei primi anni per dare però alla vite matura una forte resistenza alla siccità. Le uve concentrano la mineralità del sottosuolo e la trasmettono ai vini che si presentano in gioventù leggermente aspri, ma che evolvono in complessa austerità.
Producono qui:
Azienda Agricola Poggio Rebasti
Azienda Maggi Francesco
Azienda Agricola Piovani Massimo
Azienda Agricola Riccardi Luigi
Azienda Vitivinicola Calvi
Buttafuoco storico dalle Argille: alcolicità e corpo
Territorio più a sud della zona di produzione del Buttafuoco Storico con fondo di argille stratificate. In questa sottozona la pendenza delle vigne è inferiore alle altre due, il fondo è generalmente più fresco e dona alla pianta particolare robustezza. Le uve, favorite da un decorso vegetativo di solito costante, maturano perfettamente. I vini si presentano da subito rotondi e intriganti pur evidenziando notevole struttura e corposità.
Producono qui:
Azienda Agricola Diana
Azienda Agricola Quaquarini Francesco
Tenuta La Costa
Azienda Agricola Giorgi Franco
Azienda Agricola Cignoli Doro
Azienda Agricola Colombi Francesco
Piccolo Bacco dei Quaroni
LE UVE DEL BUTTAFUOCO STORICO: CROATINA, BARBERA, UGHETTA E UVA RARA
L’infernòt dell’Azienda agricola Massimo Piovani, a Monteveneroso (PV)
Come a Bordeaux, anche in quest’angolo posto all’estremo nord-est della denominazione oltrepadana si produce un vino rosso da uvaggio. Al posto di Cabernet e Merlot, il Buttafuoco Storico nasce dal sapiente assemblaggio di Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara.
La prima varietà definisce l’impronta tannica, il colore e i sentori di frutta; la seconda apporta acidità. Le ultime due – spesso raccolte in sovra maturazione, per evitare astringenze ed eccessiva rusticità – regalano ricordi pronunciati di spezie, liquirizia e uvetta passa. Un matrimonio tra uve che, almeno sulla carta, rischia di spaventare il consumatore moderno, sempre più alla ricerca di vini che non eccedano in sovraestrazioni e tenore alcolico. Eppure, non sempre è così.
A dispetto del nome, che richiama l’espressione del dialetto pavese «Al buta me al feüg», ovvero “brucia come il fuoco“, il Buttafuoco storico sa essere elegante e fresco. Nelle migliori espressioni, la potenza dell’uvaggio è attenuata dal savoir-faire dei produttori locali, riuniti sin dal 1996 nel Club del Buttafuoco Storico.
BUTTAFUOCO STORICO E ABBINAMENTO COL PESCE
Gioca tra terra e mare il menu pensato dallo chef Alessandro Folli del Ristorante Ad Astra di Santa Maria della Versa. La vendemmia 2017 dei Vignaioli del Buttafuoco storico non sfigura affatto al cospetto dell’entrée. Nel piatto, tre morsi: un bignè ripieno di robiola, con basilico e caviale di salmone; una carotina in Giardiniera, ricotta di pecora filtrata e perlage di basilico; e una polpetta di tonno alletterato, erbette amare e calemansi (calamondino).
Si osa ancora di più con la portata successiva: capesante scottate con ‘Nduja, mela marinata nel limone, caviale di acciughe, cedro candito e nasturzio. Sorprendente la risposta del Buttafuoco storico alla leggera piccantezza e al gusto delicato ma deciso del mollusco, nella sua componente “dolce”. Chiave del pairing è l’acidità, oltre al lavoro sottile di tannini già piuttosto amalgamati.
Il carico aumenta quando nei calici viene viene versato il millesimo 2012 dei Vignaioli del Buttafuoco storico. Qui spazio alla carne al posto del pesce, come a suggerire che siano le versioni più “recenti” del Buttafuoco storico quelle più adatte ai pairing meno convenzionali. Perfetto, di fatto, l’abbinamento con gli agnolotti che lo chef Alessandro Folli definisce «tra passato e presente».
Per la preparazione ha fatto ricorso a due tecniche di cottura. Il ripieno cucinato in maniera classica, ottenendo il brasato. Il sugo cuoce invece a bassa temperatura, sottovuoto, per 16 ore. Viene poi passato a mano, a coltello, prima di essere unito alla pasta con olio all’alloro macerato 20 giorni e il fondo ottenuto dalle ossa. Un tocco di agrume lega ancor più il piatto al vino.
Perfetto anche l’abbinamento tra il Buttafuoco storico Chinato, vera e propria chicca del territorio, e il gelato al Pepe di Timut, noto anche come Pepe selvatico di Szechuan. Un omaggio dello chef Alessandro Folli al suo maestro Alain Ducasse e al suo sorbetto al limone. Il vino, vendemmia 2017 con infusione di spezie e affinamento per 6 mesi in legno, convince anche con il secondo dessert.
Si tratta di una Mela di Soriasco rivisitata. Dell’originale conserva la forma e il tipico colore rosso dell’involucro di cioccolato bianco e burro di cacao. All’interno uno strudel ottenuto dalla varietà di mele tipica della zona di Santa Maria della Versa e dall’emulsione di tutti gli ingredienti tipici del dolce austro-ungarico.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il maltempo, con trombe d’aria, nubifragi, grandinate di dimensioni anomale e precipitazioni violente ha colpito a macchia di leopardo le campagne dal Lazio alla Campania, dalla Puglia alla Sicilia provocando vittime e danni. Le perdite, in alcune zone, sarebbero fino all’80% dei raccolti, come nelle scorse settimane in Lombardia, in particolare nell’Oltrepò pavese.
È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti che esprime cordoglio per il quarantenne agricoltore siciliano morto colpito da un fulmine mentre andava a controllare le pecore mentre scatta l’allerta della protezione civile in 5 regioni del Sud in riferimento all’ultima ondata di perturbazioni che si è abbattuta sulla Penisola.
Campi allagati e raccolti devastati sono gli effetti del maltempo rilevati nelle campagne dal monitoraggio della Coldiretti con la grandine che è stata l’evento climatico più grave per i danni irreversibili che ha provocato ai raccolti, visto che in una manciata di minuti è in grado di distruggere il lavoro di un anno intero.
CINQUE GRANDINATE IN 3 GIORNI IN CAMPANIA
In Campania negli ultimi tre giorni ci sono state almeno cinque violente grandinate che hanno devastato uva, olive e verdure di stagione tra Avellino, Benevento e Caserta con perdite fino all’80% mentre nel Salernitano una bomba d’acqua ha provocato l’allagamento dei campi di cipollotto azzerando la produzione.
La Puglia ha dovuto fare i conti con un tornado che ha colpito il Salento nel Capo di Leuca e con un nubifragio nel Foggiano. «Oltre a uva e olive – spiega Coldiretti – il maltempo ha colpito anche ortaggi e legumi sono state le coltivazioni più colpite dal maltempo che non ha risparmiato vere e proprie eccellenze del territorio come i fagioli e lenticchie della Tuscia in provincia di Viterbo».
Gli eventi estremi – sottolinea la Coldiretti – si sono abbattuti nel centro sud su terreni secchi che non riescono ad assorbire con l’acqua che cade e tende ad allontanarsi per scorrimento, provocando frane e smottamenti e facendo salire il conto dei danni».
Ma a preoccupare sono anche gli incendi, favoriti dal mix esplosivo caldo e siccità con danni incalcolabili dal punto di vista economico ed ambientale. Tanto che, stima la Coldiretti, ci vorranno almeno 15 anni per ricostruire l’habitat nei boschi andati distrutti dalle fiamme.
E ad essere colpite sono state anche aziende agricole e campi coltivati. «Siamo di fronte – conclude la Coldiretti – a un impatto devastante con danni all’agricoltura che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Un Bonarda tra i migliori vini d’Italia. Ebbene sì, se si tratta del Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2018Il Giubellino di Bagnoli. La cantina di San Damiano al Colle (PV), fuori dalle rotte della politica e delle chiacchiere che imbrigliano la zona, sfodera l’ennesima annata di grande valore per un’etichetta che è ormai una bandiera dell’azienda.
Un rosso fermo, diverso dal frizzante cui è abituato il mercato, capace di piazzarsi nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di winemag.it (già iniziate le degustazioni della Guida 2023, di prossima pubblicazione).
BONARDA IL GIUBELLINO BAGNOLI: LA DEGUSTAZIONE
Il Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc 2018 Il Giubellino di Bagnoli si presenta alla vista di un rosso rubino, poco penetrabile. Al naso è ricco, pieno, stratificato come pochi Bonarda: mora matura, spezia dolce, liquirizia, un tocco di pepe nero e di cannella. In bocca, come da attese e per volontà stessa della cantina, è altrettanto «spesso», intenso, con ampie note speziate.
Toni fruttati e tannini risultano armonicamente equilibrati, in un sorso che fa della morbidezza e della freschezza il suo punto forte. “Il Giubellino”, per caratteristiche, si presta ad abbinamenti piuttosto importanti, che spaziano dai tradizionali piatti della gastronomia pavese alle ricette internazionali a base di carne.
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«Il Riesling esiste in due varietà principali, Italico e Renano. Di queste, la varietà che intrinsecamente possiede le migliori caratteristiche enologiche per la produzione di vini riconoscibili, di personalità e con grandi aspettative è senza dubbio il Riesling Renano». È una delle affermazioni scaturite dal Tavolo di Denominazione del Riesling, attivato nel 2019 in collaborazione tra il Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese, i produttori locali e Regione Lombardia.
Un dibattito che sembra essersi spento, non solo per via dell’avvento della pandemia, e che torna utile per introdurre le note di degustazione della maxi degustazione di winemag.it incentrata proprio sulle due “varietà”.
La prima fase del progetto di valorizzazione dell’autonominatasi “Valle del Riesling” (renano?), avrebbe comportato l’istituzione di una menzione geografica, a nome Montalto Riesling, all’interno della Doc Oltrepò pavese.
La menzione avrebbe interessato le zone più vocate delle cosiddette “terre bianche” o “gessi“. L’ambito sarebbe stato quello dei Comuni della parte alta e collinare, centro occidentale, da individuare all’interno di una «strategia di riorganizzazione generale» che, a detta dei promotori, avrebbe dovuto «portare a 4-5 zone territoriali contigue ad alta vocazione e specializzazione».
SÌ ALL’ITALICO, FINCHÈ SERVE
Un progetto avviato in maniera alquanto nebulosa. In questa fase non sarebbe stato infatti imposto «alcun vincolo all’uso delle due varietà, Riesling italico e Riesling renano, per la produzione del Montalto Riesling da menzione geografica. Le ragioni? «Di quantità», recita ufficialmente il documento sottoscritto dai promotori, scatenando un minimo d’ilarità. Nonché «per coinvolgere il maggior numero di produttori possibile» (altra affermazione da solletico).
A distanza di circa 8 anni dall’avvio del progetto, sarebbe stata dunque istituita la Doc Montalto Riesling, «basata sulla varietà Renano al 90 o 95%». Una Denominazione di origine controllata «indipendente da quella generale Oltrepò pavese, all’interno della ideale piramide qualitativa che vede le Doc “territoriali” appena sotto la Docg».
Incredibile ma vero. Nella proposta dei promotori, la nuova Doc avrebbe giovato di 8 anni di sperimentazioni che avrebbero interessato anche il Riesling italico, escludendo poi questo vitigno dal tavolo degli invitati alla Doc. Del resto, la varietà “Italico” non ha nulla a che fare col Riesling Renano. Ma, a livello di numero di ettari coltivati, surclassa in maniera significativa il Renano, in Oltrepò pavese.
L’OLTREPÒ PAVESE VERSO UNA DOCG SUL RIESLING RENANO?
C’è di più. «Gli obbiettivi a lungo termine per la nuova Doc Montalto – riferisce ancora il documento ufficiale rilasciato dai promotori del “Tavolo di lavoro sul Riesling” – potrebbero essere la Docg Montalto, con l’eliminazione del nome del vitigno dalla denominazione». Tre le tipologie: Superiore, Riserva e – giusto per non farsi mancare nulla – Vendemmia tardiva.
Per le tipologie “Riserva” e “Vendemmia tardiva”, i produttori avrebbero utilizzato «una bottiglia comune, individuata con uno studio passato della fondazione Branca-Bussolera nella Renana Club».
Nell’Oltrepò pavese che vuole tutto e, per questo, fatica a identificarsi (e a farsi conoscere) come zona d’elezione di “qualcosa” (se non grazie allo sforzo e alla forza del brand d’un pugno d’aziende), l’esito di un’ampia degustazione di Riesling renano a denominazione (Op) e Igt Provincia di Pavia toglie un po’ di polvere da un quadro piuttosto nebuloso.
Ben 28 campioni, degustati alla cieca e proposti (coraggiosamente) da diversi produttori anche in verticale. Un tasting che fa seguito a quello sul Riesling italico, che ha interessato tutte le aree italiane a maggiore vocazione, in primis l’Oltrepò. L’impressione, tanto generale quanto impopolare, è che se c’è un’opportunità persa dal territorio, quella riguardi proprio il vitigno maggiormente coltivato e difendibile localmente: il Riesling italico.
Una varietà lontana da paragoni a cui invece è soggetto il Riesling renanooltrepadano, relegato a un ruolo di subordinazione (in alcuni casi netta) rispetto ad altri territori internazionali, in cui la fama del vitigno è nota e consolidata (Alsazia e Mosella su tutti). Ecco tutti i vini degustati con i relativi punteggi in centesimi: tra i top Manuelina, Monsupello e Castello di Stefanago.
RIESLING RENANO OLTREPÒ PAVESE: DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI
DENOMINAZIONE
CANTINA
RATING
1
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Campo Dottore Mon Carul
Calatroni
Uno dei quattro campioni del tasting con il tappo a vite. Bel giallo paglierino. Al naso floreale, mela verde, susina, pesca bianca. Ricordi di mentuccia fresca. Bella vena salina ad accompagnare tutto il sorso, dominato dal frutto croccante. Chiude asciutto, fresco, sapido. Vino “glu glu”, molto ben fatto. Chiama l’estate.
86/100
2
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Il Bandito
Giorgi
Giallo paglierino con riflessi verdolini. Naso sulla frutta a polpa gialla perfettamente matura, con richiami leggeri alle erbe della macchia mediterranea. Vino che cerca la perfezione enologica sul vitigno, l’equilibrio e l’immediatezza. Obiettivo centrato.
85/100
3
Oltrepò pavese Doc Riesling Superiore 2020 Renio
Rebollini
Secondo campione del tasting con il tappo a vite. Giallo paglierino pieno. Naso ricco, di buona stratificazione: abbina un frutto pienamente maturo (più polpa gialla che bianca) a note marcatamente verdi, quasi piraziniche. Tocco di idrocarburo, leggerissimo: un vero accenno. Centro bocca ricchissimo, materico, che segue un ingresso teso, salato. La sapidità fa capolino in chiusura, assieme alla stessa frutta con cui ha aperto, generosamente, il naso. Vino di spessore, anche dal punto di vista gastronomico.
89/100
4
Oltrepò pavese Doc Riesling 2018 Filare 52
Manuelina
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso che richiama l’Alsazia. Nota di idrocarburo netta, data dalla positiva evoluzione del nettare. Rintocchi fumé sul frutto pieno e sulle note mielate, che ancora una volta riportano ad alcune delle migliori espressioni francesi del vitigno. In bocca convince per l’equilibrio assoluto tra morbidezze e durezze. Chiude lungo e asciutto, nonostante la pienezza. Vino elegante, manifesto del vitigno.
91/100
5
Provincia di Pavia Igt Riesling 2019
Alessio Brandolini
Giallo paglierino, riflessi dorati. Leggera nota ossidativa al naso che si riflette anche sul sorso, piuttosto morbido, sul frutto maturo. La pesca sfora nell’ananas, anche in chiusura.
84/100
6
Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Gli Orti
Frecciarossa
Giallo dai riflessi dorati. Bel naso largo, sui frutti, e al contempo teso, tra leggera spezia e mineralità. In bocca si rivela giovane, ancora una volta nel gioco tra morbidezza del frutto e durezze. Vino al momento in una fase piuttosto chiusa, contratta. Prospettiva garantita: comprare oggi, bere domani.
87/100
7
Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Vigna Costa
Bruno Verdi
Giallo dorato. Naso puro, concentrato il giusto, sul frutto bianco. Curioso lo sviluppo delle durezze, che alla corretta temperatura di servizio concorrono a centrare un prezioso umami. Chiude salino, prima dei ritorni di frutto bianco. Giovane e di buona prospettiva.
86/100
8
Oltrepò pavese Doc Riesling 2014
Rebollini
Giallo dorato, velato. Naso giustamente evoluto: frutto distratto dal fiore secco, una camomilla netta. Miele millefiori. Tra le note evolutive, una vena salmastra per la parte minerale e una spezia che si fa quasi liquirizia nera. In bocca ancora freschezza, su tinte agrumate e saline, in equilibrio sulle morbidezze. Vino del tutto godibile, vivo e “da abbinamento”.
89/100
9
Oltrepò pavese Doc Riesling 2016
Rebollini
Giallo dorato. Vino che presenta note ossidative leggere, evidenti più al naso che al palato. Frutto pieno, caldo. Non una grande complessità, ma il nettare si presenta al 2022 assolutamente integro, rispecchiando l’annata in maniera fedele.
87/100
10
Oltrepò pavese Doc Riesling 2018
Rebollini
Giallo paglierino pieno. Naso teso, fresco, agrume e mela gialla. In bocca abbina bene durezze e morbidezze. Vino da bere oggi, con prospettiva media di ulteriore affinamento e positiva terziarizzazione.
85/100
11
Provincia di Pavia Igt Riesling 2017 Lo Sparviero
Finigeto
Giallo paglierino ancora “giovanile”, che non rivela l’anno della vendemmia. Al naso una gran purezza, che chiama il vitigno in maniera inequivocabile. Note citriche, mentolate-balsamiche, umami, minerale, parte fruttata sulla pesca gialla e sull’albicocca appena matura. In bocca ha tutto, in perfetta corrispondenza col palato. Manca un po’ di materia e polpa in centro bocca, peccato. Gioventù da vendere confermata anche dall’assaggio.
88/100
12
Provincia di Pavia Igt Riesling 2018 Lo Sparviero
Finigeto
Giallo paglierino pieno, riflessi dorati. Naso che abbina note dure, minerali, e polpa. In bocca bella presenza di frutto, giustamente maturo, in equilibrio perfetto con le durezze. Buona persistenza e prospettiva.
86/100
13
Provincia di Pavia Igt Riesling 2019 Lo Sparviero
Finigeto
Giallo dorato. Naso e bocca piene, tra frutto e note fresche, balsamiche, che ricordano la mentuccia. Il vino si conferma fresco e di prospettiva anche al palato, con chiusura assoluta sul frutto, polposo e giallo (pesca), pieno. Altro vino con buone chance future.
87/100
14
Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Lo Sparviero
Finigeto
Giallo paglierino pieno. Naso e bocca sulla scia delle precedenti annate, segnale che la cantina abbia trovato ormai uno stile, una filosofia, un approccio al vitigno. Si tratta ora di leggere bene l’annata e ottenere il massimo da quelle migliori per la varietà. In bocca teso e fruttato, in perfetto equilibrio.
86/100
15
Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Campo della Fojada
Travaglino
Giallo paglierino pieno, tende al dorato. Naso sulla frutta matura, ricorda in particolare la pesca gialla. In bocca conferma la pienezza assoluta del frutto. Buon allungo.
86/100
16
Oltrepò pavese Doc Riesling Riserva 2018 Campo della Fojada
Travaglino
Giallo paglierino, riflessi dorati. Bella freschezza, vena sapido-iodica, abbinata alla pienezza del frutto giallo. Buona prospettiva, anche se manca un po’ di complessità e stratificazione.
85/100
17
Provincia di Pavia Igt Riesling 2010
Monsupello
Giallo dorato. Assoluta vitalità al naso, tra frutto e vena minerale. Note leggere di cera d’api, ancor più che di miele d’acacia. Più netta la vena di pasta di mandorle. Un nettare più che mai integro che si conferma tale anche al palato. Lungo, godibilissimo, gastronomico.
93/100
18
Provincia di Pavia Igt Riesling 2016
Monsupello
Giallo dai riflessi dorati. Bella pienezza naso bocca, tra frutto, nota di idrocarburo netta e vena iodico-sapida, avvolta in una nuance fumé. Il palato è di gran eleganza, in assoluta corrispondenza col naso: garbo, equilibrio, croccantezza, prospettiva. Altro vino manifesto del Riesling renano in Oltrepò pavese.
95/100
19
Provincia di Pavia Igt Riesling 2020
Monsupello
Giallo dorato. Frutto, sale, morbidezze e tensione. Un nettare che risponde “presente” sotto ogni profilo. Giovanissimo, prospettiva assoluta. Comprare e conservare in cantina.
91/100
20
Provincia di Pavia Igt Riesling 2020
Dezza 1890
Giallo pieno, riflessi dorati. Naso su frutta perfettamente matura, a polpa gialla, bel bouquet di fiore fresco, di campo. Componente agrumata viva. Al palato ritorni di frutta matura sulla freschezza, dominante. Chiude sul frutto. Gran beva.
86/100
21
Provincia di Pavia Igt Riesling 2019
Dezza 1890
Giallo paglierino. Vino corrispondente alle caratteristiche del precedente campione, giocato tra frutto maturo (un filo più del 2020), freschezza, componente floreale e agrumata. L’anno in più gli fa benissimo: note ancora più intense, con il vino che diventa ancora più profondo. Chiusura asciutta, di buona persistenza.
87/100
22
Provincia di Pavia Igt Riesling 2018
Dezza 1890
Giallo dorato. Vino più morbido dei precedenti e un po’ meno pulito nella componente fruttata (specie al naso) e nel retro olfattivo. Conserva comunque tutti i tratti tipici del vitigno, compresa la freschezza. Chiude asciutto. Netto il lavoro in crescendo della cantina sulla varietà Riesling renano, viste le prove 2019 e 2020. Realtà da tenere in grande considerazione per il futuro.
85/100
23
Provincia di Pavia Igp Riesling 2016 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Tappo a vite numero 3 del tasting. Giallo dorato, alla vista. Primo naso su note piraziniche, netto peperone verde che ricorda il Sauvignon Blanc. Netta anche l’evoluzione verso la pietra focaia, che accompagna un frutto pieno maturo, tra succo e buccia: note predominanti di polpa gialla, ma anche agrumi. In bocca abbina una buona freschezza a ritorni minerali e fruttati, in un quadro omogeneo, vivo, in evoluzione. Il frutto colpisce per precisione e tendenza all’aromaticità, tanto è maturo. Chiusura asciutta ma aggraziata, piacevolissima. Vino che racconta un Oltrepò unico, attraverso il Riesling renano.
94/100
24
Provincia di Pavia Igp Riesling 2015 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Ultimo tappo a vite del tasting monovarietale. Alla vista, di un giallo tendente al dorato. Al naso molto simile al precedente, se non fosse che la componente fruttata, per via dell’evoluzione, si arricchisce di venature di miele e cera d’api che alleggeriscono la vena “pirazinica”, avvertita prima in maniera più netta. Una buona ossigenazione apre a note di idrocarburo, prima non avvertite. Al palato i due vini si assomigliano molto, sul fronte dei descrittori: 2015 leggermente più morbido e beverino e un po’ meno stratificato, tra apertura e progressione. Chiusura fresca, lunga, tendente al balsamico. Altra bella prova.
93/100
25
Provincia di Pavia Igp Riesling 2014 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Alla vista si presenta del tipico colore orange. Vino giocato su note ossidative controllate, frutto dell’annata e dello stile che la cantina ha voluto (sapientemente) utilizzare per interpretare il vitigno nel 2014. Il vino conserva pienezza del frutto, che tende alla mela cotogna, alla pera stramatura e al fico. In bocca perfetta corrispondenza, buona freschezza e chiusura che ricorda liquirizia dolce e ginger. Più che buona la persistenza.
85/100
26
Oltrepò pavese Doc Riesling 2013 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Unico campione della verticale a 13,5%, gli altri tutti sui 13% vol. Giallo dorato che inizia a virare verso l’orange. Naso garbato, tra frutto pieno, a polpa gialla, e ricordi speziati, con un accento di balsamico e di zenzero, quasi “piccante”. Palato corrispondente, fresco, gustoso, goloso. Chiude su un bell’umami, in quadro dolce-salato-minerale che riporta al vitigno e al terroir. Buona persistenza.
87/100
27
Provincia di Pavia Igp Riesling 2012 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Giallo dorato tendente all’orange, ambrato. Vino semplice, tra frutto e una freschezza che tiene banco, pur non sui livelli attesi. Beva agile e buone chance di divertirsi a tavola, con il corretto abbinamento, pur senza esagerare in termini di complessità (suggerite le carni bianche, semplici). Vino arrivato all’apice della sua evoluzione, aggrappato al vertice della parabola discendente.
85/100
28
Provincia di Pavia Igp Riesling 2011 “San Rocco”
Castello di Stefanago
Orange, ambrato. Vino piuttosto seduto e poco intenso, sia al naso che al palato. Un nettare che pare avere le “batterie scariche”, pur essendo ancora in grado di reggere il microfono (del vitigno) sul palco.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La Guardia di Finanza di Voghera e l’Arma dei Carabinieri di Stradella hanno dato esecuzione al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di disponibilità finanziarie e partecipazioni societarie per complessivi 740 mila euro nei confronti di una società cooperativa vinicola dell’Oltrepò pavese. Si tratta di Cantina di Canneto, interessata in queste ore dagli sviluppi dell’Operazione Dioniso, scattata nel gennaio 2020.
Secondo gli inquirenti, la società cooperativa avrebbe «beneficiato di un illecito profitto derivante dalle condotte fraudolente di tre soggetti (a inizio indagini erano 5, ndr) a vario titolo indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari».
La cantina avrebbe fatto ricorso, sempre secondo gli inquirenti, a «sistematici conferimenti di uve diverse per tipologia rispetto a quelle attestate nei documenti ufficiali». Per di più con l’utilizzo di «ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme di settore, quali zucchero invertito ed anidride carbonica, o soggette a specifici parametri di utilizzo, per esempio mosto concentrato rettificato».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Potesse parlare, il Riesling italico avrebbe la voce inconfondibile di Carmen Consoli. Quell’album del ’97, “Confusa e felice“, lo descrive nel giro delle prime tre tracce, per dimensione e ambiguo dualismo: “Bonsai”, “Uguale a ieri” e “Diversi”. Andrebbe avanti con la quarta, che dà il nome al disco. E tornerebbe a tacere dopo “Un sorso in più”, “Fino all’ultimo” e “La bellezza delle cose”.
Serve la musica – ad alto volume – per non pensare che i 1.259 ettari di Riesling italico presenti in Italia (dato 2016) siano, quantomeno, una mezza occasione persa. Di sicuro per l’Oltrepò pavese, il territorio con le maggiori (e migliori) espressioni del vitigno su scala nazionale. Ma il discorso è valido anche per gli altri territori in cui l’Italico è storicamente allevato, nella penisola.
“Confusi e felici” sembrano molti produttori (e Consorzi) che, per ragioni di marketing e mancanza di iniziativa, tendono a confondere il Riesling Italico con il Riesling renano. Senza neppure differenziali in etichetta. Anzi giocando sulle ambiguità.
Un errore comunissimo anche tra i professionisti del settore. Che al al grido di Mineralité, dimenticano – in assoluta Liberté – che non c’è Égalité e neppure Fraternité tra il Riesling italico e il Riesling renano.
Lo sa bene il ricercatore Stefano Raimondi, che sino allo scorso anno ha fatto parte del gruppo di lavoro del Cnr che ha tentato di ricostruire la vera storia del Riesling italico. Un vitigno dal nome «un po’ così», come direbbe Paolo Conte, tornando alla musica. Che rischia, inevitabilmente, di confondere le carte in tavola.
STORIA E ORIGINI DEL RIESLING ITALICO
Al termine di un decennio di studi avviati nel 2010 – spiega Raimondi a winemag.it – siamo riusciti a individuare uno dei due genitori del Riesling italico. Si tratta della Coccalona Nera, varietà a bacca rossa da cui discendono una trentina di vitigni, tra cui Barbera e Vespolina. Il secondo genitore, purtroppo, non è ancora noto».
La Coccalona Nera era molto diffusa in tutta la fascia compresa tra la Germania meridionale e la Pianura padana. «In Italia – spiega ancora Stefano Raimondi – si trovava in particolare a nord dell’Appennino settentrionale. Tramite l’incrocio con l’altro genitore sconosciuto può aver dato vita al seme che, una volta selezionato, è diventato il Riesling italico».
Se la Coccalona Nera è quasi certamente una varietà di origini italiane, è dubbia la provenienza del vitigno col quale si è incrociata, dando vita all’Italico. Di certo, il primo luogo in cui è ricomparsa è la Germania.
WELSCHRIESLING, GRASEVINA E OLASZRIZLING. MA ATTENZIONE ALLA CINA
Da lì si sarebbe diffusa, tornando presumibilmente in Italia dopo aver trovato casa in Austria (Welschriesling, 3.233 ettari), Ungheria (Olaszrizling, 3.933) e Croazia (Graševina, 4.459 ettari). Sino al 2010 era la Serbia a detenere il record degli ettari vitati: ben 33 mila, oggi ridotti a 2.037. Un primato passato all’Est Europa, con i 7.136 ettari della Romania.
A sfruttare l’assonanza del nome del vitigno con l’Italia è la solita Cina, che negli ultimi anni ha immesso sul mercato diversi Riesling italico, frutto di ben 3 mila ettari di vigneti allevati sotto la coda del Dragone.
Non indifferenti le quote di Slovenia (1.935), Repubblica Ceca (1.114 ettari) e Spagna (1.064 ettari), dove è conosciuto col nome di Borba blanca, impiantato in Extremadura. Risicate le cifre di Paesi come Brasile (188 ettari), Macedonia (270) e Slovacchia (456).
RIESLING ITALICO: UN’OPPORTUNITÀ PERSA?
Dal primo grande tasting mai organizzato in Italia sul vitigno (appuntamento che winemag.it intende replicare anno dopo anno) emerge innanzitutto un dato inconfutabile: il Riesling italico è un vitigno sottovalutato.
Il maggiore entusiasmo si registra in Oltrepò pavese, terra in cui il dualismo con il Riesling renano e la generica definizione di “Valle del Riesling” adottata dal Consorzio – figlia di una politica di promozione e storytelling confusa e generalista, che non trova conclamati consensi nazionali o internazionali – mette i bastoni tra le ruote al percorso identitario dei due vitigni.
Se da un lato la degustazione di winemag.it è stata accolta con grande favore da numerosi vignaioli della zona, dall’altro emergono segnali preoccupanti di immobilismo istituzionale.
Il Consorzio di Tutela, interpellato sulla mancanza di chiarezza nella comunicazione dei due vitigni, preferisce non rispondere per bocca della presidente, Gilda Fugazza. E col direttore Carlo Veronese se la cava così: «Non è il Consorzio che fa i disciplinari, ma le aziende del territorio».
Da quando sono qui di proposte più o meno condivisibili ne ho ricevute tante, ma nessuna di queste riguarda il Riesling. Se ci sarà una richiesta legata al Riesling la valuteremo e la proporremo al Cda e all’assemblea».
Eppure il dibattito, durante i “Tavoli” varietali pre-pandemia (2019), era stato acceso tra “sostenitori” del Riesling italico e del Riesling Renano, in Oltrepò. Tra i primi c’è il giovane vignaiolo Matteo Maggi, titolare di Colle del Bricco, a Stradella (PV).
IL RIESLING ITALICO DI COLLE DEL BRICCO
«Negli anni – spiega a winemag.it – ho sperimentato parecchio perché non vi è storico in Oltrepò su questo vitigno. Sia in vigneto che in cantina ho cercato di provare diverse tecniche. Altre le sto ancora sperimentando, per trovare un equilibrio».
In vigneto è importante gestirne la potatura, perché è generoso, nonché azzeccare l’epoca di vendemmia. C’è un detto sul Riesling Italico in Oltrepò che dice: “Il giorno prima è acerbo e il giorno dopo è marcio”. In cantina, tanto rispetto per uva e mosti. Poco ossigeno e controllo della temperatura».
«Ci tengo – continua Matteo Maggi – perché è un po’ il Calimero della viticoltura oltrepadana e forse italiana, in generale. Snobbato e bistrattato. Lo abbiamo sempre avuto qui. È sempre stato il nostro vitigno a bacca bianca. E per me la comunicazione di un territorio deve focalizzarsi soprattutto sugli autoctoni».
Il Riesling italico, per il patron di Colle del Bricco, è anche una questione affettiva. «Fa parte della storia storia della mia famiglia – rivela il giovane vignaiolo -. A mio nonno, da viticoltore hobbista, piaceva il Riesling italico. Lo stesso vale per mio padre. Io ne ho fatto una sfida personale».
Arrivare secondo non mi piace e credo che l’Italico in Oltrepò pavese possa diventare il primo in tutto il mondo. Il Renano, invece, viene nettamente meglio in Mosella. Quindi mi chiedo: perché puntare su un vitigno che ti mette in ombra, quando potresti determinare tu un mercato, con un altro vitigno?».
I MIGLIORI RIESLING ITALICO ITALIANI (E NON SOLO)
Prima dell’ampio dettaglio sui migliori Riesling italico degustati da winemag.it, alcuni consigli dall’estero, per l’esattezza da Croazia e Ungheria. Due Paesi che dimostrano quanto l’Italico sia in grado di leggere il “terroir”. E restituire, nel calice, vini di qualità assoluta.
In Croazia, da non perdere le diverse espressioni di Graševina di Vina Antunović, la boutique winery fondata da una delle poche “Donne del vino” croato, Jasna Antunović Turk. Siamo a Dalj, nella regione di Erdut, a due passi dal confine con la Serbia. Oltre alla 2020, convince la Graševina 2015 Premium, frutto di una sapiente vinificazione in legno grande che esalta le capacità di lungo affinamento del vitigno.
Per espressione del varietale, ottima anche la Graševina 2020 Premium di Vina Belje, cooperativa croata che sta puntando molto sul “Riesling italico”, anche grazie a nuovi impianti. Benissimo anche la Graševina 2020 di Vina Erdut, azienda guidata da Josip Pavić, presidente dell’Associazione produttori di vino della Croazia.
Spostandosi in Ungheria, l’assaggio da non perdere è quello dell’Olaszrizling 2020 Szent György-Hegy di Ujvári. Un gioiello assoluto, che nasce da terreni ricchi di basalto. Un “Riesling italico” che abbina verticalità, polpa, carattere e gastronomicità.
Note uniche per la varietà, conferite dal terroir vulcanico ed esaltate del lavoro sapiente di una delle giovani enologhe magiare più promettenti: la stessa Vivien Ujvári impiegata come winemaker da Barta Pince, nella regione di Tokaji. Del resto, la zona nord del lago Balaton investe sull’Olaszrizling addirittura con una denominazione ad hoc, in cui il Riesling italico è assoluto protagonista: Csopak.
IL RIESLING ITALICO ITALIANO: TUTTI I PUNTEGGI
RIESLING ITALICO DELL’OLTREPÒ PAVESE
DENOMINAZIONE
CANTINA
RATING
1
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Rugiadé
La Travaglina
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso delicato, floreale e mela al naso. Corrispondenza gusto olfattiva perfetta. Chiude salino, asciutto, chiamando il sorso successivo.
85/100
2
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020
Quaquarini
Giallo paglierino leggermente velato. Naso e bocca sulla frutta matura, a polpa gialla: non solo mela, anche albicocca. Sorso piuttosto morbido, ben riequilibrato dalla freschezza.
85/100
3
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Briná
Cà del Gè
Giallo paglierino pieno, limpido. Fiori e frutta matura, che sfora quasi nell’esotico. Sorso morbido, equilibrato, pieno. Un’ampiezza dettata dalla setosità glicerica dell’alcol. Chiude asciutto, piacevolmente amaricante. Vino gastronomico, da abbinamento importante.
89/100
4
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Filagn Long
Cà del Gè
Giallo paglierino. Floreale, intenso sul frutto. Pesca gialla ancora più netta del precedente. Anche al palato, tanta frutta e apporto glicerico. Alcol integrato nel corredo di un vino giocato sulla piacevolezza di beva.
87/100
5
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Valter e Davide Calvi
Calvi
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Fiore bianco al naso, delicato. In bocca mela tagliata, sorso molto semplice, che conferma una piacevole e controllata nota ossidativa.
83/100
6
Provincia di Pavia Igt 2020 Riesling Kantharos
Calvi
Giallo paglierino. Naso su fiori bianchi e mela ossidata. In bocca si rivela ancora giovane e di buona prospettiva. Chiude su note terziarie di mou, vaniglia e caramello, ricordando inoltre la mandorla. Vino gastronomico, a cui dare tempo. Certamente un’interessante prova sul vitigno.
85/100
7
Vino bianco Italico
Pietro Torti
Giallo paglierino. Al naso gran purezza delle note fruttate, quasi aromatiche. Corrispondente al palato, tutto giocato sui primari. Emerge il gran lavoro in vigna, in termini di perfetta epoca di raccolta (non semplice sul vitigno). Cosa chiedere di più a un vino da tavola?
86/100
8
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020
Pietro Torti
Giallo paglierino. Al naso ancora una volta una gran purezza, questa volta abbinata a una maggiore stratificazione. Mela, floreale, un tocco di agrume che ricorda il mandarino. Al palato un tocco leggerissimo petillant. Bella presenza al palato, su ricordi di mela e mandarino. Buona persistenza.
88/100
9
Oltrepò pavese Doc Riesling 2013 Moglialunga
Pietro Torti
Giallo paglierino, colore che ha retto perfettamente all’urto del tempo. Naso puro, su un frutto di perfetta maturità. Vino che non dimostra affatto gli anni che ha, neppure al palato. Frutto, profondità, freschezza, equilibrio. Da bere oggi o conservare ancora.
90/100
10
Oltrepò pavese Doc Riesling 2014
Antonio Dellabianca
Giallo paglierino. Leggera frizzantezza. Bella pulizia delle note fruttate, in equilibrio con la vena amaricante della chiusura. Vino semplice, beverino, piacevole. Glou-glou.
85/100
11
Oltrepò pavese Doc Riesling italico 2020 Magia
Antonio Dellabianca
Senza voto
SV
12
Provincia di Pavia Igt Riesling italico 2015 Vigna del Lodigiano
Antonio Dellabianca
Uno dei pochi vini del tasting affinato in barrique. Alla vista si presenta di un color ambra. Naso curioso, complesso, intrigante. Spazia dalla frutta matura a polpa gialla alla frutta secca, sino a curiose note di macchia mediterranea, resina, ginger. In bocca l’ossidazione preme sull’acceleratore e appiattisce lo spettro gustativo. Vino che va necessariamente atteso nel calice (il consiglio è di aprire con parecchio anticipo la bottiglia). Ecco dunque note di frutta a polpa gialla stramatura, ad anticipare ricordi di frutta secca, nel finale e nel retrolfattivo. Etichetta che può avere sicuro mercato tra gli amanti “natur” (“vino naturale”).
83/100
13
Vsq Metodo classico Brut Riesling Inganno 572
Calatroni
Giallo paglierino, buona luminosità. Perlage piuttosto fine, persistente. Naso di gran purezza, tutto sul frutto, con ricordi netti di mela renetta. Altrettanto puro è il palato, che abbina al modesto residuo zuccherino una bella vena fresco-acida. Si può lavorare ancora sulla finezza del perlage, ma il calice convince per tipicità e per coraggio, oltre a dimostrare una delle potenziali leve future del vitigno in terra oltrepadana: la spumantizzazione col Metodo tradizionale, per minimo 9 mesi.
86/100
14
Provincia di Pavia Igt Riesling 2021 Amber Demon
Perego & Perego
Colore ambrato, come suggerisce il nome. Bel frutto disidratato per un orange che conserva la riconoscibilità del vitigno, cosa non del tutto comune. Vena amaricante in chiusura, a riequilibrare la generosità glicerica e a dare gastronomicità.
86/100
15
Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Amber Demon
Perego & Perego
Senza voto
SV
16
Oltrepò pavese Doc Riesling Khione 2020
Colle del Bricco
Giallo paglierino. Naso tipico, sulla mela e sull’albicocca, sul fiore bianco. In bocca perde un po’ di materia (frutto) e vira sulle durezze, tra salinità e citrico.
85/100
17
Oltrepò pavese Doc Riesling Khione 2018
Colle del Bricco
Giallo paglierino, velato. Frutto più pieno del precedente, sulla frutta gialla. In bocca si conferma tale, con meno precisione sulla preservazione dei primari. Meglio la chiusura, in questi termini, dell’ingresso.
84/100
18
Oltrepò pavese Doc Riesling Khione 2017
Colle del Bricco
Giallo paglierino. Gran bella purezza del naso, il migliore della verticale 2020-2018-2017. Grazie all’alcol il quadro è più equilibrato tra durezze e morbidezze, ma porta con sé un sorso a fasi, nel complesso poco armonico. Vino al momento sull’altalena, ma si farà: il tempo non potrà che fargli bene.
85/100
19
Oltrepò pavese Doc Riesling Khione 2019
Colle del Bricco
Giallo paglierino. Naso molto ampio, generoso, tra la frutta matura a polpa bianca e gialla. Bella componente floreale che aggiunge garbo, suadenza. Note molto precise, in linea con tutte le prove di Matteo Maggi sul vitigno. La marcia in più, rispetto alle altre annate, è in bocca: premiata, finalmente, la ricerca di equilibrio. Retro olfattivo con quel filo di “verde” in più che disarmonizza il quadro. Il futuro è luminoso per il giovane vignaiolo di Stradella.
88/100
20
Oltrepò pavese Doc Riesling 2020
Azienda agricola Monterucco
Giallo paglierino. Naso e bocca corrispondenti, sul frutto a polpa bianca. Vino corretto, giocato sulla semplicità di beva e sull’immediatezza.
83/100
21
Oltrepò pavese Doc Riesling frizzante 2020
Azienda agricola Bruggia
Giallo paglierino. Un buon frizzante: semplice, beverino, senza fronzoli.
83/100
22
Provincia di Pavia Igt Riesling 2017 Pienosole
Scuropasso
Prima nota di idrocarburo del tasting. Gran bel frutto, di precisione rara. Colpisce per stratificazione: polpa, sapidità, freschezza, elegante terziarizzazione e persistenza. Best of.
90/100
23
Provincia di Pavia Igt Riesling vino fermo Il Rocco
Az. Agr. Fratelli Ferrari
Giallo paglierino. Bel frutto puro, pulito, ben controbilanciato dalle durezze. Un vino semplice, con una marcia in più dettata dalla grande attenzione in vigna (epoca di raccolta) e in cantina.
85/100
24
Oltrepò Pavese Doc Riesling Frizzante 2021
Azienda Agricola Paolo Verdi
Giallo paglierino. Purezza assoluta del frutto, che accompagna dal naso al retro olfattivo, sul filo di una beva spasmodica. Ottima persistenza per una tipologia, quella dei frizzanti, che spesso è relegata a vini senz’anima. Qui l’anima c’è, si stente e rispecchia la filosofia aziendale di uno dei vignaioli bandiera dell’Oltrepò pavese.
88/100
RIESLING ITALICO DEL COLLIO: KLANJSCEK AL TOP, IN VERTICALE
DENOMINAZIONE
CANTINA
RATING
1
Collio Doc Riesling italico 2017
Klanjscek
Colore che tende all’orange, frutto di una macerazione di 10 giorni. Splendido frutto al naso, puro. Mela, pesca, albicocca matura. Corrispondente al palato, lunghissimo, teso e di estrema prospettiva. Il secondo best of della degustazione di Riesling italico italiani.
90/100
2
Venezia Giulia Igt Riesling italico 2018
Klanjscek
Giallo che tende all’ambra. Ventuno giorni di macerazione: gran bella prova in termini di preservazione della riconoscibilità del vitigno. Lunghezza, sapidità, frutto. Un po’ meno stratificazione rispetto alla vendemmia 2017. Da godere oggi, con media prospettiva.
89/100
IL RIESLING ITALICO IN EMILIA ROMAGNA
DENOMINAZIONE
CANTINA
RATING
1
Colli Bolognesi Doc Riesling 2020 Le Vaie
Azienda agricola Isola
Giallo paglierino. Bel frutto (albicocca appena matura) e fiore bianco, al naso. Riempiono poi bene la bocca le note fruttate, confermando il “taglio bolognese” del Riesling italico, sulla frutta a polpa gialla. Vino tutto sommato semplice, ma non banale. Si tratta dell’unico “esemplare” di Italico reperibile sullo shop dell’Enoteca regionale dell’Emilia Romagna.
86/100
RIESLING ITALICO IN UVAGGIO: BENACO, OLTREPÒ E RIVIERA DEL GARDA
DENOMINAZIONE
CANTINA
RATING
1
Vino bianco 2020 biologico Opus
Azienda vitivinicola Esenta Borgo Castello
85% Riesling italico, 15% Manzoni bianco. Giallo paglierino. Naso esplosivo, sulla frutta tipica dell’Italico: spazia dalla renetta all’albicocca appena matura e abbina un bel bouquet di fiori bianchi. Sfiora persino l’esotico, l’ananas. In bocca, oltre alla frutta, sfodera una bella freschezza e una pregevole vena salina. Persistenza ottima, con il Mazoni ben delineato, a fare da spalla.
88/100
2
Benaco Bresciano bianco passito Igp 2017 Dolce canto della Fenice
Azienda vitivinicola Esenta Borgo Castello
85% Riesling italico, 15% Manzoni bianco. Giallo dorato. Naso connotato da note fruttate stramature, a polpa gialla, che non brillano in precisione. Bocca corrispondente, in cui la maturità del frutto cozza con venature amaricanti. Il risultato è un vino dolce non proprio equilibrato, corto e longilineo.
82/100
3
Provincia di Pavia Igt Bianco 2015 Gocce di vento
La Rocchetta di Mondondone
Riesling italico e Cortese. Giallo paglierino pieno. Naso che rispecchia l’andamento dell’annata, tutto sul frutto a polpa gialla maturo, cotogna e persino dalle tinte esotiche. Buona corrispondenza gusto olfattiva per un vino da mettere in tavola e gustare ad ampi sorsi. Chiusura agrumata.
85/100
4
Provincia di Pavia Igt Bianco 2014 Gocce di vento
La Rocchetta di Mondondone
Riesling italico e Cortese. Naso sorprendente per l’annata, esprime un bel frutto e piacevoli tinte floreali. In bocca si conferma un bianco incentrato sul frutto. Necessariamente più snello della vendemmia 2015 ma di carattere, mostra buone prospettive di affinamento.
86/100
5
Garda Doc Riesling 2020 (certificato vegan)
Azienda agricola Pratello
75% Renano, 25% Italico. Giallo paglierino. Naso sul fiore, sulla frutta (mela, agrume), accenno di idrocarburo. In bocca teso, asciutto, agrumato, minerale. In definitiva giovanissimo. Vecchie viti di Riesling dal Colle Brusadili, ad oltre 300 metri sopra al lago di Garda.
89/100
6
Riviera del Garda Classico Doc Bianco 2020 Gioia
Conti Thun
Italico e Renano. Alla vista si presenta di un giallo paglierino. Naso di pesca, albicocca, gelsomino, fiori bianchi. Corrispondenti le note al palato. Gioca sull’alternanza tra freschezza e rotondità del frutto. Altro vino giovane e di prospettiva.
88/100
Degustazione a cura di Davide Bortone, Giacomo Merlotti e Viviana Borriello
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sfiduciato il Cda di Terre d’Oltrepò, in occasione di una riunione fiume tenutasi dalle 14 alle 20 odierne, venerdì 21 gennaio 2022. Ben 310 i voti favorevoli dei soci. Alcuni testimoni riferiscono di un’esultanza da stadio per il risultato del voto dell’assemblea. Solo 153 i contrari alla proposta che costituisce l’ennesimo uragano interno alla cooperativa dell’Oltrepò pavese.
Si tratta dell’epilogo della richiesta di sfiducia del Consiglio di amministrazione guidato da Andrea Giorgi, avanzata formalmente da una vasta rappresentanza della base sociale, il 3 dicembre 2021.
La proposta di revoca dei componenti del Cda di Terre d’Oltrepò è stata richiesta «per giusta causa». Secondo i proponenti, tutti i componenti del Consiglio di amministrazione in carica sarebbero «venuti meno a doveri di diligenza, correttezza e trasparenza nell’esercizio del mandato amministrativo loro conferito».
LE MOTIVAZIONI DELLA SFIDUCIA
Le motivazioni di tale presa di posizione sarebbero da ricercare nell’indagine giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pavia, tuttora in corso. Ma ancor più alle decisioni manageriali compiute dal Cda negli ultimi anni, che avrebbero fatto venir meno la fiducia di una larga parte dei soci.
I fatti si riferirebbero al quadriennio 2017-2021 e sarebbero sfociati negli ultimi due bilanci di Terre d’Oltrepò. In particolare, al Cda guidato da Andrea Giorgi viene imputata una valutazione sovrastimata delle rimanenze; la riduzione delle liquidità, da 6,5 a 3 milioni di euro.
Non solo. Nel mirino dei soci, anche il costante aumento della posizione debitoria nei confronti delle banche, che sarebbe passata da 6,6 a 14,7 milioni. Sempre sul fronte della «mancanza di trasparenza», viene citata la fusione per incorporazione di Valle della Versa Srl, i cui effetti non sarebbero ben descritti nel bilancio 30/06/2020.
IL CDA DI TERRE D’OLTREPÒ SOTTO ACCUSA
Il Cda di Terre d’Oltrepò avrebbe inoltre omesso di fornire chiarimenti sulla sanzione di 4,6 milioni accessoria alla confisca dell’autorità giudiziaria, nell’ambito del bilancio 2020 (15 rate da 300 mila euro l’anno).
Tra i punti caldi che hanno portato alla sfiducia del Consiglio di amministrazione della cooperativa dell’Oltrepò pavese, l’assenza dell’indicazione dei prezzi delle uve conferite dai soci in occasione dell’approvazione del bilancio 30/06/2021. «Appuntati in un foglio extravolume con riferimento a prezzi teorici», accusa la base sociale. Un uragano, insomma. L’ennesimo.
Eppure, solo due giorni fa, il presidente Andrea Giorgi sembrava rassicurare l’ambiente. «La cantina si metterà in ascolto degli stakeholder per farsi portavoce dei bisogni dell’Oltrepò». Presenti alla riunione il sottosegretario Gian Marco Centinaio, gli onorevoli Lucchini e Cattaneo, Regione Lombardia e i vertici del mondo agricolo regionale e provinciale.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Brilla una stella tra i vini rossi dell’Oltrepò pavese. Non può che essere definito così l’Igt Provincia di PaviaPinot Nero 2019 Neroir di Stefano Milanesi “eno artigiano”. Il vignaiolo di Santa Giuletta (PV), più noto per i suoi iconici spumanti Vesna e Smile, è riuscito a centrare un’annata spettacolare del suo Noir.
Un vino rosso che invita all’assaggio sin dal colore. Naso e palato raccontano poi la meticolosa attenzione di Stefano Milanesi nel preservare il bouquet di piccoli frutti croccanti (fragolina di bosco netta, così come la ciliegia).
Note di muschio e di terra di bosco bagnata impreziosiscono il quadro, riportando alla mente le migliori espressioni del vitigno, a livello internazionale. Il tutto abbinato alla giusta dose di freschezza e a un tannino di eleganza rara.
Frutto e primari sono da sempre al centro dell’olfatto e del palato dei vini dell’eno artigiano Milanesi. Ma il Pinot Nero 2019 Neroir riesce a concentrare tutto. Non in termini di larghezza, ma di spessore aromatico e precisione. Il risultato è un vino che, oggi, si lascia deliziosamente bere. E che, domani, sarà ancora più grande.
Farà ridere – scherza Stefano Milanesi – ma ho pigiato una parte delle uve con i piedi. Questo vino è il frutto di una notte d’amore con le bucce, che ne determina il colore.
Il nome “Neroir” condensa “Nero” e “Terroir”, perché il Pinot Nero enfatizza all’estremo le caratteristiche del cosiddetto terroir. Una caratteristica evidente anche in questo vino».
La tiratura di Neroir 2019 è di 1.200 bottiglie. Una chicca che, in un’annata così splendidamente riuscita, trova in vigna uno dei suoi segreti. «Ho raccolto i grappolini di un piccolo appezzamento più giovane – spiega – e li ho messi dentro interi». Una sorta di macerazione carbonica in cemento, alla base di un vino icona del Pinot Nero vinificato in rosso dell’Oltrepò pavese.
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Si è spento all’età di 90 anni Lino Maga, storico produttore dell’Otrepò Pavese. Uomo simbolo di un territorio e di quel vino, il Barbacarlo, entrato nel mito della viticoltura italiana. Classe 1931, personaggio schivo e riservato, ha iniziò ad amare il lavoro in vigna all’età di 6 anni, epoca della sua prima vendemmia.
Amore per il vino ed il territorio che lo portò a lottare fra gli anni ’60 e ’80 per difendere il nome del cru “Barbacarlo“. Nome allora utilizzato in tutto il territorio dell’Oltrepò come sinonimo di vino buono.
Una produzione che non supera le 10 mila bottiglie all’anno perché come diceva Maga “Il vino è una cosa seria. Il vino è un credo”.
Lino Maga si è spento nella notte di Capodanno. Al figlio Giuseppe l’eredità di quello che è un patrimonio culturale prima ancora che enologico.
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Guardia di Finanza e Carabinieri di Pavia in azione sulla base degli sviluppi dell’Operazione Dioniso. In corso dall’alba la confisca di immobili e disponibilità finanziarie di tre soggetti finiti nell’indagine, per un importo complessivo di 740 mila euro nelle province di Pavia e Cremona.
Si tratta del risultato delle indagini dirette dal sostituto procuratore Paolo Mazza, coordinate dal procuratore Mario Venditti. Le misure cautelari, disposte dal gip Tribunale di Pavia Luigi Riganti, sono la diretta conseguenza dell’Operazione Dioniso, svolta nel gennaio 2020 dalla Compagnia Carabinieri di Stradella e dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Voghera, con il Gruppo Carabinieri Forestale di Pavia e gli uomini dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressioni Frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf).
Otto gli immobili sottoposti a sequestro preventivo, insieme a numerosi conti correnti e ulteriori disponibilità finanziarie dei tre soggetti indagati a vario titolo indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Già nel gennaio del 2020, nel territorio dell’Oltrepò pavese e in altre 6 province tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino Alto Adige, i militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri avevano eseguito cinque arresti e complessive 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettanti soggetti indagati, aziende vitivinicole – in particolare la Cantina di Canneto – e laboratori analisi.
Le investigazioni, svolte anche attraverso intercettazioni telefoniche e videosorveglianza, avevano consentito di accertare che i vertici della cantina dell’Oltrepò pavese, con il concorso di un mediatore del settore vitivinicolo, enologi e titolari di aziende agricole conferitrici, commercializzavano vini a denominazione di origine controllata e a indicazione geografica protetta, in realtà contraffatti per quantità, qualità e origine.
IL MODUS OPERANDI DEGLI INDAGATI IN OLTREPÒ PAVESE
Il sistema messo in atto, sgominato dall’Operazione Dioniso, era semplice. Durante i conferimenti delle uve post vendemmia, venivano dichiarate differenti varietà di vite, generando falsa documentazione contabile. Inoltre, gli indagati avrebbero acquistato in nero ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme del settore vitivinicolo, come zucchero invertito e anidride carbonica. Irregolarità anche nei parametri di utilizzo del mosto concentrato rettificato.
Le successive analisi della documentazione contabile ed extracontabile, svolta dalle Fiamme Gialle di Pavia, oltre al vaglio dei contenuti dei personal computer e dei telefoni cellulari in uso ai soggetti indagati, avrebbero consentito agli inquirenti di accertare che la Cantina produceva e commercializzava vini ottenuti mediante uve di tipologia diversa da quella indicata in etichetta, utilizzando prodotti non consentiti. Il tutto per assecondare le richieste del mercato.
Il valore dei sequestri preventivi frutto dell’Operazione Dioniso, in corso in queste ore, di fatto, è pari alla stima del presunto illecito profitto dei tre indagati, attraverso la frode in commercio. Il terzetto viene definito dagli inquirenti «direttamente responsabile della creazione della frode, attraverso la falsa documentazione rinvenuta e la gestione fraudolenta dei conferimenti effettuati dai coltivatori indagati».
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Taglio delle rese in Oltrepò pavese per l’Igt Provincia di Pavia Pinot Nero e Pinot Grigio. Regione Lombardia ha approvato la delibera con cui si prevede di regolamentare la raccolta delle uve provenienti dai due vitigni mediante la riduzione di resa massima di uva per ettaro.
A partire dalla vendemmia 2022 è stabilito un massimo di 17 tonnellate ad ettaro, sia per il Pinot nero che per il Pinot grigio idoneo all’Igt Provincia di Pavia con specificazione di vitigno. La precedente normativa prevedeva un massimale di 20 tonnellate. «Un provvedimento atteso da mesi», commenta l’assessore regionale lombardo all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi.
Vogliamo che le bottiglie dell’Oltrepò pavese abbiano il giusto valore – aggiunge – sia per la redditività degli agricoltori che per le ricadute in termini di immagine su un intero territorio vitivinicolo, dove viene prodotto il 40% del vino lombardo».
Il provvedimento è stato trasmesso al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) – Ufficio di Milano, all’organismo di controllo Valoritalia, al Consorzio tutela vini Oltrepò Pavese e alle Organizzazioni di categoria che hanno approvato la proposta di riduzione delle rese di Pinot Nero e Pinot Grigio Igt Provincia di Pavia.
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EDITORIALE – Cosa accomuna Valpolicella e Oltrepò pavese? Poco o nulla, a prima vista. Eppure, a poche ore di distanza, dalle due terre del vino si leva lo stesso allarme: quello sui prezzi delle uve, sui mediatori e sulle speculazioni. Cronaca di un caldo 25 agosto, risvolto amaro della medaglia di un’Italia che, proprio in questi giorni, sorride ai dati positivi del primo semestre 2021, tra riaperture e revenge spending.
«Oggi più che mai – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio Vini Valpolicella – il confronto sulle dinamiche produttive e di mercato è fondamentale. Con le aziende e le associazioni di filiera dobbiamo spingere sempre di più su qualità e posizionamento per vincere la guerra contro le speculazioni, a partire dai valori delle uve. Solo così potremo sostenere il sistema Valpolicella e, in generale, il made in Italy enologico».
A parlare per l’Oltrepò, come accade con tale frequenza solo in Oltrepò, è la politica. Nello specifico, l’assessore all’Agricoltura e Sistemi verdi di Regione Lombardia, il bresciano Fabio Rolfi. «La bottiglia deve essere venduta a un prezzo dignitoso – ha sottolineato l’esponente della Lega – e il lavoro agricolo deve essere riconosciuto. Deve essere redditizio».
«Senza un ritorno non ci sono promozione, investimento e ricettività. Da qui – ha aggiunto – la mia proposta di istituire un Osservatorio dei prezzi delle uve, per mettere in chiaro il costo di produzione e il prezzo che deve essere pagato. Per porre fine a fenomeni speculativi favoriti da un sistema nebuloso di mediatori che caratterizza l’attuale sistema di fissazione del prezzo».
UN OSSERVATORIO DEI PREZZI DELLE UVE IN OLTREPÒ PAVESE?
Due affermazioni, quella del presidente Marchesini e dell’assessore Rolfi, che sembrano parte dello stesso convengo, mentre la vendemmia 2021 entra sempre più nel vivo. E invece no. Le parole del presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella arrivano da Villa Brenzoni Bassani.
È lì che si è tenuto il consueto incontro fra i rappresentanti del Consorzio, delle aziende e delle associazioni di categoria. Obiettivo? La «valutazione congiunta sui valori delle uve in vista dell’imminente vendemmia». Qualcosa che potrebbe essere utile, forse, anche all’Oltrepò pavese. Con o senza l’«Osservatorio» calato dal solito palazzo (quello di Regione Lombardia, ça va sans dire).
Sul tavolo, Christian Marchesini ha spalmato i trend degli ettari rivendicati, delle produzioni di uva. Degli imbottigliamenti e delle giacenze. Nonché i prezzi camerali delle uve Valpolicella degli ultimi anni. Tra le priorità del Consorzio, «premiare in termini di prezzo il prodotto di eccellenza».
Un riferimento esplicito all’Amarone della Valpolicella Docg, ma non solo. «Proporre prodotti diversi tra loro e in grado di coprire molti segmenti di mercato» è un’altra priorità emersa nell’incontro del 25 agosto. La Valpolicella, del resto, muove un giro d’affari annuo di oltre 600 milioni di euro, ben segmentati.
AMARONE VS “BONARDONE”
Oltre la metà è da ascrivere alle vendite del vino simbolo di Verona e del veronese, l’Amarone, che viene esportato per il 67%. Tra i paesi target, Usa(14%), Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Germania e Canada (10%). Seguono Svezia (8%), Danimarca (7%), Norvegia e Paesi Bassi (6%).
Cina e Giappone pesano congiuntamente circa il 3%, sebbene il valore dell’export in questi due Paesi sia «cresciuto notevolmente nell’ultimo quinquennio». Dall’incontro tenutosi a Montescano, in Oltrepò pavese, filtrano invece pochi numeri. E tanti proclami. I soliti.
E mentre i prezzi di uve come il Riesling italico scivolano a circa 28 euro al quintale dai circa 32 del 2020 (Riesling renano a circa 45 e Pinot nero a 60 euro), ciò che conta in Oltrepò pavese è la «soddisfazione» della presidente del Consorzio, Gilda Fugazza.
«Di strada ne abbiamo fatta – commenta a Lombardia Notizie – consapevoli di avere tutti i vini che vanno dall’antipasto al dolce, sia per il metodo classico che per altri prodotti come la Bonarda frizzante e il Sangue di Giuda, che ci sta dando buone soddisfazioni commerciali e in questo momento ci rappresentano». Del resto, chi s’accontenta gode. Soprattutto se ha le idee terribilmente confuse. Prosit.
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Ancora fuoco tra i vigneti dell’Oltrepò pavese. Teatro dell’episodio sempre il Comune di Rovescala (PV), terra di alcuni tra i migliori vini rossi della zona. Questa volta le fiamme hanno lambito un appezzamento di Croatina di 3 anni di proprietà del vignaiolo Andrea Buscaglia, distante appena 2 metri. L’incendio è stato domato dai vigili del fuoco di Broni e Pavia, intervenuti ancora una volta in maniera celere.
La chiamata alla centrale è arrivata attorno alle 13.30. Sul posto, tuttora, ancora una dozzina di uomini, intenti a spegnere gli ultimi tizzoni. Nessun danno alla vigna, ma solo un grande spavento per Andrea Buscaglia. «A bruciare – spiega il vignaiolo a WineMag.it – è stato lo stesso appezzamento della notte di venerdì 20 agosto, che ha lambito il vigneto e le piante di nocciole di Giorgio Perego».
«Fortunatamente – continua Andrea Buscaglia – l’intervento dei vigili del fuoco è stato celere, perché il vento forte avrebbe certamente portato le fiamme oltre al fosso che divide la mia proprietà da quella in cui ha ripreso avvio l’incendio. Cosa succede? Non so, ma di certo ci vorrebbero misure ben più stringenti per chi lascia incolti terreni o vigneti».
Proprio in seguito all’incendio di venerdì notte, Buscaglia aveva provveduto a tagliare l’erba all’interno del vigneto di Croatina, procedendo anche a una fresatura. I vigili del fuoco al momento non confermano la natura dolosa dell’incendio. Ad insospettirli, tuttavia, è la ripetizione dell’evento, a distanza di diversi giorni dalle prime fiamme. Abbastanza per escludere un reinnesco naturale del fuoco.
I vigneti di Andrea Buscaglia si estendono complessivamente per 14 ettari, per una produzione complessiva di 10 mila bottiglie. Oltre al giovane vigneto di Croatina, il vignaiolo di Rovescala ha a disposizione le varietà Barbera, Pinot Nero, Syrah e Cabernet Sauvignon, affinati in botti di ceramica Clayver, oltre che in legno e acciaio.
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Scene già viste in altre zone d’Italia, come Sardegna, Sicilia e Puglia. Paura nella in Lombardia per le fiamme che hanno divorato un vigneto abbandonato di 2 ettari. L’episodio è avvenuto a Rovescala (PV), in Oltrepò pavese. L’incendio, di probabile natura dolosa, ha interessato un terreno di proprietà di Francesco Villa, produttore di uve residente nella zona.
Le fiamme sono state circoscritte ed estinte in circa 4 ore, grazie al pronto intervento di una dozzina di vigili del fuoco di Broni e Pavia. Un intervento che ha letteralmente salvato i vigneti di Moradella, Riesling e Pinot Nero e il noccioleto del vignaiolo oltrepadano Giorgio Perego, confinanti con la proprietà di Francesco Villa.
La chiamata ai vigili del fuoco è arrivata attorno alle 21.30 di giovedì 19 agosto. A dare l’allarme sono stati presumibilmente alcuni lavoratori del vicino Salumificio Valtidone (Gruppo Valtidone Salumi). I due avrebbero notato le fiamme mentre rientravano in zona a bordo della loro auto, dalle colline di Piacenza.
Sul posto anche lo stesso Perego, i cui terreni sono salvi per appena 10 metri. «Per fortuna – racconta il vignaiolo a WineMag.it – ieri sera non c’era vento altrimenti sarebbe stato un disastro per i miei vigneti. Fondamentale anche il pronto intervento dei vigili del fuoco, che hanno bagnato i confini evitando alle fiamme di propagarsi dalla vigna confinante»
Al momento i pompieri non confermano l’origine dolosa del rogo. Ma a insospettire sono le tracce lasciate dall’incendio, che sembra aver divorato il vigneto incolto di Villa a partire seguendo la forma del perimetro. L’uomo non si è presentato nella notte sul posto e sarà contattato dalle forze dell’ordine in queste ore.
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È l’ora della vendemmia 2021 in Lombardia. Secondo le prime stime di Coldiretti, il calo medio nei raccolti sarà pari al 15% rispetto allo scorso anno. I primi grappoli sono stati raccolti in Franciacorta. Nei prossimi giorni le operazioni entreranno nel vivo anche in Oltrepò pavese. L’ultima zona vinicola a vendemmiare sarà invece la Valtellina.
«Quest’anno – sottolinea Coldiretti Lombardia – il via alla raccolta dell’uva parte con una settimana di ritardo rispetto alla precedente stagione. La causa è da ricercare nelle gelate primaverili tardive che hanno di fatto rallentato lo sviluppo dei vigneti. Poi, nei mesi estivi, si sono abbattute a macchia di leopardo diverse grandinate, talvolta violente».
Un esempio? Quella che, a fine giugno, ha interessato l’Oltrepò Pavese. «L’andamento della vendemmia 2021 in Lombardia – precisa ancora Coldiretti – sarà influenzato dal resto del mese di agosto e da quello di settembre, per confermare le previsioni anche sul piano quantitativo».
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Tutto, in fondo, è iniziato attorno a una “bollicina”. Uno spumante Metodo classico dell’Oltrepò pavese, per l’esattezza. Era il 2011. Oggi, a 10 anni di distanza, solo Gianluca “Luca” Berti e Severino Barzan sanno cosa può accadere quando un imprenditore del ramo della logistica e un noto ambasciatore del vino italiano mettono assieme l’unica cosa più forte delle idee: i sogni. Jako Wine è nata così. Dall’incrocio fortunato di due (e più) calici.
Un progetto innovativo, che si basa su tre capisaldi: niente cantina, niente vigneti di proprietà e ricerca della qualità assoluta, dal campo alla bottiglia. Da veri globtrotter del vino italiano, Berti e Barzan danno la caccia alle migliori parcelle, le affittano e le affidano allo staff agronomico ed enologico oggi capeggiato dal prof Leonardo Valenti e dal giovane winemaker veronese Lorenzo Dionisi.
Sono loro a supervisionare la vinificazione che avviene all’interno di cantine partner, prescelte nei vari territori (le stesse che affittano i terreni): Oltrepò pavese, Lago di Garda, Valpolicella e Montefiascone, nel Lazio.
Una volta imbottigliato, il vino viene trasportato nel magazzino all’avanguardia di Jako Wine, a Verona. Cinque Metodo classico, due bianchi e due rossi, per un totale di circa 30 mila bottiglie e un fatturato cresciuto lo scorso anno sino a quota 400 mila euro.
Passi da gigante, insomma, rispetto all’idea iniziale di produrre solo «Wine for Friends», con il brand name “Jako” elaborato dal nome di figlio di Luca Berti, Jacopo; e il fenicottero – per meglio dire il flamingo, simbolo di Miami – a celebrare lo sguardo internazionale del duo di eno-globetrotter.
Proprio a Miami e negli Usa finisce una buona fetta della produzione, distribuita in esclusiva anche in Danimarca, Inghilterra, Germania e Cina. Il mercato italiano è invece affidato a pochi selezionati ristoranti, enoteche e locali delle principali città: da Verona a Milano, da Roma a Firenze, passando per piazze “in” come Capri e Forte dei Marmi.
JAKO WINE: 6 VINI IN ASSAGGIO
Metodo classico Pas Dosé 2015: 90/100
Sboccatura 4/2020, 12.5% vol. Vitigno: Chardonnay 60%, Garganega 40%. Alla vista di un bel giallo paglierino con riflessi dorati, perlage fine e persistente. Naso largo, sulla frutta matura: pesca gialla, esotico, un tocco di agrume, sempre maturo. Bel bouquet di fiori che spazia dalla camomilla al biancospino. Sorso di buona tensione, sapido in centro bocca, prima dei ritorni setosi pennellati dai ritorni di frutta matura, già avvertita al naso. Finale di buona persistenza, ancora una volta nel segno dell’equilibrio fra le tonalità tipiche dei due vitigni. Un Metodo classico che nasce da 5 ettari di terreno morenico, nella zona del lago di Garda.
Oltrepò pavese Docg Metodo classico Brut Rosé 2015: 89/100
Sboccatura 12/2020, 12,5% vol. Vitigno: Pinot Nero in purezza. Alla vista un bel rosa salmone, tipico dei Cruasé oltrepadani. Perlage fine e persistente. Tanto floreale al naso, che lascia spazio anche ad agrumi e piccoli frutti rossi. Un quadro preciso e intrigante che si ripresenta anche al palato, con un’ottima corrispondenza. Il finale è piuttosto cremoso, con il dosaggio che arrotonda la beva, placando la tensione agrumata iniziale. Un Metodo classico ottenuto da 3 ettari di Pinot Noir in Oltrepò pavese e terreni di medio impasto calcareo.
Pinot Grigio delle Venezie Doc 2018 “Griso Venèxian”: 87/100
13% vol. Giallo paglierino alla vista. Al naso le note esotiche tipiche del vitigno. Si avvertono ricordi di pesca e pera perfettamente matura, nonché agrumi come il mandarino, che spaziano dal succo alla buccia. Il sorso è agile, altrettanto tipico, di buon equilibrio acido-glicerico. I vigneti da cui nasce questa etichetta sono situati lungo le sponde del Lago di Garda, con terreni prettamente morenici.
Vino Bianco Igp Lazio 2017 “Campocasa”: 92/100
12,5% vol. Rossetto 100%, varietà autoctona molto diffusa nella zona dei Castelli Romani. Alla vista un bel giallo paglierino, luminoso. Naso generoso, non solo in termini di intensità, ma soprattutto dal punto di vista della complessità. Si spazia dai fiori di camomilla secchi alla frutta a polpa bianca e gialla matura; da una speziatura leggera ai ricordi di radice di liquirizia, passando per la macchia mediterranea (alloro, rosmarino). Ingresso di bocca che abbina leggerezza e profondità, su note concordi col naso. L’accento agrumato iniziale, unito a una corroborante vena sapida, lascia spazio a un finale morbido, su vaghi ritorni vanigliati, ben combinati al resto del corredo. La chiusura è lunga e consistente, tanto da ampliare lo spettro di abbinabilità gastronomica di questo nettare. Un Rossetto che prende vita da terreni a 300 metri d’altezza, individuati dallo staff di Berti e Barzan nella zona di Montefiascone, friabili e ricchi di scheletro.
Rosso Veronese Igt 2018 “Ruber”: 89/100
16% vol, uvaggio Corvina e Merlot. Rosso rubino dall’unghia violacea, alla vista. Al naso le note verdi e speziati dei due vitigni, ben abbinate a ciliegia e frutta di bosco matura: lampone, ribes, mora. Al palato una gran generosità e “abbondanza”, data soprattutto dall’alcol (non disturbante) e dai precisi ritorni di frutta matura. Buona la freschezza, che riequilibra la morbidezza del sorso. Vino in definitiva piacevole, da godersi anche con qualche grado di temperatura in meno rispetto alla media dei rossi importanti. “Ruber” nasce da terreni morenici, nella zona a sud del Lago di Garda.
Rosso Veneto Igt 2015 “Siresol”: 90/100 16% vol, uvaggio Corvina, Rondinella, Oseleta, Croatina e Cabernet Sauvignon. Un piccolo “Amarone della Valpolicella”, in cui il Cabernet gioca il ruolo di mediatore, arrotondando le asperità (tannino, speziature, note verdi e durezze) dei vitigni tipici del “Re dei rossi” del Veneto. Alla vista un bel rubino dall’unghia granata. Naso molto interessante e stratificato. Si passa dalla frutta rossa, come ribes, ciliegia e lampone, all’agrume rosso, una sanguinella succosa. Non mancano ovviamente le spezie nere, oltre a una spolverata di cumino. Sorso teso in ingresso, con un bel ritorno fresco regalato dai tironi speziati, scuri. Vino strutturato e decisamente gastronomico che nasce dalle colline della Valpolicella, in particolare da vigneti posti fra i 100 e i 350 metri sul livello del mare e terreni di composizione argilloso-calcarea.
*** DISCLAIMER: La recensione di queste etichette è stata richiesta a WineMag.it da Jako Wine. I giudizi sono stati comunque espressi in totale autonomia, nel rispetto dei nostri lettori ***
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Da quest’anno, grazie a una straordinaria continuità, anzi a un crescendo qualitativo, il Metodo classico dell’Oltrepò pavese ha un nuovo riferimento assoluto: il Pinot nero Docg “2005” Pas Dosé di Finigeto (36 mesi).
A un passo dall’ingresso nella Guida Top 100 migliori vini italiani WineMag.it 2021 in occasione delle degustazioni alla cieca dello scorso anno, la cantina di Montalto pavese (PV) guidata da Aldo Dallavalle ha messo sul mercato da poche settimane un grande millesimo 2017.
Per l’azienda, e per me che ne sono l’enologo – commenta Marco Terzoni – sono grandi soddisfazioni, perché il lavoro che ci sta dietro è tanto e meticoloso».
«Questa – continua – è la bollicina su cui l’azienda punta maggiormente. La sua uscita è stata attentamente ponderata e programmata in funzione delle scelte in vigneto, delle lavorazioni in fase di pressatura, vinificazione ed un attentissimo affinamento sulle fecce fini».
Una gioia che il winemaker di Finigeto esprime a WineMag.it dopo l’assegnazione del punteggio di 93/100. «I vigneti da cui derivano le uve utilizzate – aggiunge Terzoni – sono i più vecchi dell’azienda, circa 40 anni, e l’esposizione è a nord».
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, l’Oltrepò pavese Metodo Classico Pinot nero Docg Pas Dosé “2005” di Finigeto – il nome di fantasia rievoca l’anno di fondazione della cantina – evidenzia un perlage finissimo e molto persistente.
La sboccatura recente, febbraio 2021, regala un calice ancora leggermente nervoso, ma già in grado di evidenziare in ogni componente che si tratti di un “Noir” di razza pura.
Emergono sentori elettrici d’agrume; scosse ad alta tensione che, abbinate ai frutti gialli maturi, alle erbe aromatiche fresche e a un tocco altrettanto vivace di piccoli frutti croccanti come il ribes, rendono ancor più piacevole il letto di lievito su cui si snoda, sinuoso, l’olfatto.
Splendida la corrispondenza e ancor più emozionante la ricerca (a buon fine) delle caratteristiche dei grandi Metodo classico base Pinot Nero oltrepadani, privi di dosaggio: quella tensione distesa, quel gioco al limite dell’ossimoro tra una verticalità agrumata e salata e la larghezza, quasi grassa, di un frutto che sembra messo lì apposta a riequilibrare il sorso.
Ma nulla è lasciato al caso quando si parla di grandi vini e grandi spumanti e il sorso dimostra come sia stato tutto calcolato alla perfezione. Dalla gestione del vigneto alla raccolta; dalla selezione alla vinificazione. Senza dimenticare la perfetta scelta delle tempistiche dell’immissione sul mercato della nuova annata (non scontata).
Piena, salina e di una persistenza precisa e di rara lunghezza, la chiusura del Pas Dosé “2005” millesimo 2017: chiosa autentica di un concerto d’archi oltrepadani che non potranno che suonare ancor più all’unisono, nei mesi a venire.
LA VINIFICAZIONE «Il Pinot nero – sottolineano Aldo Dallavalle e l’enologo di Finigeto Marco Terzoni – è un vitigno dal carattere indomabile e dalla forte personalità. Per questo abbiamo raccolto la sfida di vinificarlo nella sua vera essenza, in questa bottiglia».
Cosa significa “essenza”? È presto spiegato. Le uve provengono da vigneti allevati a guyot, ubicati in terreni argilloso-calcarei, esposti a nord. Raccolte rigorosamente a mano, in cassette da 18 kg, vengono velocemente portate in cantina.
Qui, dopo una pressatura soffice, solo il 45% del mosto è stato sottoposto alla vinificazione in bianco: la parte più nobile. Effettuata la prima fermentazione in acciaio a temperature mai superiori ai 16 gradi centigradi, il vino ha riposato fino alla primavera del 2018.
Con la bella stagione, il Pinot Nero è stato messo in bottiglia con la liqueur de tirage, per lo svolgimento della seconda fermentazione. Le bottiglie, tappate a corona, sono state stoccate in un ambiente protetto della cantina, a temperature di 14 gradi centigradi.
Una volta terminata la seconda fermentazione, sempre secondo il “protocollo” dell’Oltrepò pavese Metodo Classico Pinot nero Docg Pas Dosé “2005” di Finigeto, l’affinamento sulle fecce fini si prolunga per un minimo di 36 mesi.
Trascorsi i 3 anni minimi di lunga attesa, la bottiglia viene degorgiata e tappata con il sughero a fungo, senza aggiunta di liqueur d’expédition, ovvero senza il minimo dosaggio. Il Pinot Nero dell’Oltrepò, insomma. In purezza.
***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta è stata richiesta a WineMag.it dalla cantina, ma è stata redatta in totale autonomia di giudizio***
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
È affidato a un comunicato stampa ancora una volta senza virgolettati, nonché privo di nomi e cognomi, il commento della cantina Terre d’Oltrepò alla bufera mediatica seguita all’ispezione delle forze dell’ordine e dell’Icqrf, compiuta ieri mattina nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria del giugno 2020, su un presunto vino adulterato.
In sintesi, la difesa si muove su due fronti: il vino oggetto delle indagini sarebbe stato contaminato da un prodotto lavorato in conto terzi all’interno dello stabilimento; la cooperativa invita poi ad evitare una «caccia alle streghe» che danneggia l’immagine dell’intero territorio dell’Oltrepò pavese.
La cantina guidata dal presidente Andrea Giorgi (nella foto, sopra) «manifesta la propria sorpresa e non nasconde amarezza per quanto accaduto ieri». «In palese violazione dei principi di segretezza dell’indagine e in ironica concomitanza con l’approvazione in Parlamento del recepimento della direttiva Europea sulla presunzione di innocenza leggiamo sulla stampa un processo già scritto e deciso», recita il comunicato.
Poi l’autodifesa, sempre generica e senza attribuzione alcuna del virgolettato: «La Cantina non usa prodotti vietati dalla legge nella vinificazione. La Cantina adotta protocolli estremamente rigidi ed esegue migliaia di analisi all’anno, in più laboratori. La Cantina esegue numerose lavorazioni conto terzi».
Nella nota, Terre d’Oltrepò ricostruisce i fatti che hanno portato alle blitz di ieri, 30 aprile 2021. «Nel giugno 2020 un soggetto della Gdo (Grande distribuzione organizzata, ovvero il mondo dei supermercati, ndr) ha comunicato alla cantina che un prodotto non era conforme in quanto dalle analisi emergeva la presenza (0,14 g/l), con un valore poco superiore al limite di legge (0,1 g/l), di una sostanza vietata nella vinificazione, la diglicerina ciclica (comunque innocua per la salute)».
La cooperativa dell’Oltrepò pavese precisa che «la cantina non acquista e non utilizza in alcun modo questo prodotto». «L’ipotesi più probabile è quella della contaminazione di unprodotto lavorato conto terzi che potrebbe essere residuato in un macchinario e quindi in qualche bottiglia».
Prosegue poi la nota di Terre d’Oltrepò: «La Cantina pigia circa 500.000 quintali di uva l’anno che corrispondono a circa 35 milioni di bottiglie. Il problema sarebbe riferito a qualche centinaio di bottiglie pari allo 0,0001 della produzione».
La cantina di fatto ha attivato la propria procedura di crisi e ha eseguito sullo stesso lotto di bottiglie di cui alla contestazione delle analisi in due laboratori indipendenti (San Michele all’Adige e ISVEA) che hanno indicato valori al di sotto dei limiti di legge.
«La Cantina – si legge infine nel comunicato diramato dall’ufficio stampa di Terre d’Oltrepò – si è messa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per chiarire tutti gli aspetti della vicenda ma non può accettare supinamente che una sacrosanta attività investigativa si trasformi in una caccia alle streghe, causando incalcolabili danni al buon nome della Cantina, dei suoi soci e di un intero territorio».
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Risponde con un tono tranquillo al cellulare Andrea Giorgi, presidente di Terre d’Oltrepò: «Mi sto confrontando con il legale, tra un paio d’ore arriva il nostro commento». Parole che chiariranno meglio, forse, i contorni dell’ennesima operazione contro del presunto vino adulterato in Oltrepò pavese.
Questa volta sono 6 gli indagati dalla Procura di Pavia, tra imprenditori e professionisti del settore vitivinicolo. Il blitz si è svolto nelle scorse ore nelle strutture di Terre d’Oltrepò a Broni, Stradella, Santa Maria della Versa e Casteggio, tutti comuni della provincia di Pavia dove opera la cooperativa guidata da Giorgi.
La perquisizione è avvenuta su disposizione di Paolo Mazza, sostituto procuratore di Pavia, che ha messo in moto un’imponente numero di militari: dai carabinieri del gruppo Forestale di Pavia a quelli della compagnia di Stradella, passando dall’elicottero del Secondo Nucleo Carabinieri di Orio al Serio (Bergamo) e per gli uomini dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) della Lombardia.
L’inchiesta scaturisce da un esposto presentato alla Procura da un’azienda del settore della grande distribuzione. Nel mirino, dunque, un vino destinato agli scaffali del supermercato.
In seguito ai risultati di analisi abitualmente eseguite a campione da Unione Italiana Vini su un lotto di bottiglie acquistate dall’insegna Gdo presso la società oltrepadana, è stata evidenziata la presenza di una sostanza adulterante, la “diglicerina ciclica“.
Come spiegano alcuni esperti, «la rilevazione di composti, non essendo presenti nella glicerina naturalmente prodotta durante la fermentazione alcolica, viene utilizzata come indice per la conferma di un’aggiunta illegale di glicerolo industriale nel vino». Il prodotto è stato quindi immediatamente ritirato dalla vendita.
L’indagine della Procura d Pavia è finalizzata «a ricercare eventuali quantitativi di vino del medesimo lotto analizzato nonché ad accertare l’eventuale presenza della citata sostanza adulterante mediante prelievi e campionamenti che saranno successivamente oggetto di accurate analisi di laboratorio».
AGGIORNAMENTO: IL COMMENTO DELLA CANTINA
«In merito alle operazioni delle forze dell’ordine in data odierna – recita la nota stampa della cantina – la cantina Terre d’Oltrepò evidenzia che la società è al centro dell’ennesimo accertamento che si sta svolgendo con grande dispiegamento di forze presso i siti di Broni, Casteggio e Santa Maria della Versa».
Per fare chiarezza si riferisce ad un fatto riscontrato lo scorso anno, non dipendente dalla cantina e dai soci e su cui la cantina stessa si era già attivata con i propri professionisti e tecnici, con l’ausilio di laboratori terzi, per garantire la necessaria trasparenza in merito.
La cantina spiega che «opera nel pieno del rispetto della legalità e non ha mai proceduto all’utilizzo di sostanze vietate nei propri vini». «Terre d’Oltrepò – si legge infine sulla nota della cantina – è certa di poter fornire ogni necessario chiarimento a tutela dell’immagine e del nome della cantina stessa, dei propri soci e dell’intero territorio».
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EDITORIALE – Chi lo ha detto che per sedersi basti piegare le ginocchia e buttarsi in poltrona? A volte, qualche giro attorno al tavolo del salotto, può risultare più salutare di una passeggiata in montagna. Deve pensarla così Ottavia Giorgi Vistarino, la contessa di Villa Fornace (PV) passata da “caporivolta” a vicepresidente del ConsorzioTutela Vini Oltrepò pavese.
Neppure troppo tempo fa, la produttrice lo aveva detto chiaro a WineMag.it, in presenza di tanti colleghi (arrabbiati): «Prima accettano il nostro progetto, poi rientro in Consorzio». La realtà dice che non è andata così. Affatto.
Assieme ad altre cantine, Tenuta Vistarino è rientrata nei ranghi senza che un vero cambio di rotta sia avvenuto. Di fatto non vi è alcuna traccia pubblica del progetto che Ottavia Giorgi Vistarino aveva in mente per i piccoli-medi produttori dell’Oltrepò pavese.
Un territorio che continua a gongolarsi e prodigarsi per le “Far bere Pavia”. Bonarda, s’intende, mica Pinot Nero in rosso o Metodo classico. E allora si dirà che è meglio «cambiare le cose da dentro». Per certi versi qualcosa di vero.
Il problema è che una storia già vista, in Oltrepò. Ma la contessa Ottavia Vistarino merita la fiducia (cieca) di chi è innamorato di questa terra del vino italiano. Se non altro perché, stavolta, la faccia è proprio la sua. Auguri.
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Gilda Fugazza è stata riconfermata presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese. Lo ha deciso il Consiglio d’Amministrazione dell’ente, che si è riunito ieri, lunedì 8 marzo. Il voto è avvenuto all’unanimità. Tre i vicepresidenti: Ottavia Vistarino, Andrea Barbieri e Renato Guarini.
La notizia è apparsa sul sito web del Consorzio, che ritiene di non dover inviare alla nostra testata le comunicazioni ufficiali del Consorzio, nonostante diverse segnalazioni. Nonostante l’increscioso atteggiamento, segno di una scarsa sensibilità nei confronti della stampa indipendente, continueremo a informare i lettori sulle vicende dell’Oltrepò pavese.
Nella nota ufficiale dell’ente, peraltro, è presente anche una dichiarazione dell’assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia, Fabio Rolfi: «Si completa il percorso di riorganizzazione della governance dell’Oltrepò del vino, che in un momento generale di difficoltà, ha saputo ritrovare compattezza».
È un elemento più unico che raro, nel panorama dei Consorzi del vino italiano, la presenza di un commento di un esponente politico nell’ambito dei risultati delle votazioni consortili. Il fil rouge tra politica e Oltrepò pavese, del resto, è sempre stato lampante.
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Il Report sull’analisi dell’andamento del mercato delle uve da vino nel 2020 promosso da Unioncamere e Bmti realizzata a partire dai prezzi rilevati dalle Camere di Commercio evidenzia l’andamento particolare per il settore vitivinicolo nel 2020.
Durante la vendemmia del 2020, in Italia, sono stati raccolti oltre 70 milioni di quintali di uve da vino (elaborazione Bmti su dati Istat), corrispondenti ad un aumento del 3% rispetto al 2019 e del 2% rispetto alla media del quinquennio 2015-2019. Questo incremento è il risultato di un andamento climatico che, nel complesso, ha favorito la maturazione dell’uva e la sua buona qualità.
Come altri comparti dell’agroalimentare, però, anche il mercato vinicolo ha risentito dell’impatto della pandemia. A fronte del buon andamento nelle quantità, con l’Italia che mantiene la leadership mondiale nella produzione di vino, meno positivo è stato il riscontro nei listini all’ingrosso a causa della chiusura totale dell’Horeca durante il lockdown di marzo e aprile e le successive chiusure parziali nell’ultima parte dell’anno.
A subirne maggiormente le conseguenze sono stati proprio i vini di qualità che sono i più consumati nella ristorazione. Secondo i dati di Unioncamere e Bmti, i prezzi del vino hanno subito un calo medio dell’1,4% rispetto al 2019. Più accentuata però la flessione in chiusura d’anno, con un calo a dicembre del 5% su base annua.
Pur con importanti eccezioni, il 2020 ha segnato ribassi anche per i prezzi delle uve da vino di diverse aree produttive del nostro paese. In particolare, tra le uve venete, si è registrato un ribasso del 6% annuo per le uve Glera atte alla Docg Conegliano Valdobbiadene, sebbene si tratti di un calo meno accentuato rispetto al biennio 2018-2019.
In leggero recupero, invece, le uve con cui viene prodotto l’Amarone (+5%). Spostandosi sul Lago di Garda si è osservata una ripresa anche per le uve del Lugana, rilevate sia dalla Camera di Commercio di Verona che di Brescia. In Lombardia, prezzi in calo per le uve atte a produrre Franciacorta e per le uve destinate ai vini dell’Oltrepò Pavese.
In Piemonte, è proseguita nel 2020 la crescita per le uve del Barbera d’Asti mentre si sono rilevati ribassi nel Cuneese per le uve di Barolo, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba. Tra le uve destinate ai grandi rossi toscani, si confermano stabili sui livelli del 2018 e 2019 quelle del Chianti Classico mentre sono risultate in calo quelle del Brunello di Montalcino e del Nobile di Montepulciano.
Al Sud, tra i vitigni irpini, si è registrata stabilità per le uve Aglianico per il Taurasi e un calo quelle per il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo, i cui valori rimangono però superiori alla media del quinquennio 2015-2019. Forte aumento rispetto all’annata 2019, invece, per le uve pugliesi.
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L’assemblea del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione per il triennio 2021/2023, ovvero la squadra della presidente Gilda Fugazza. Per la categoria viticoltori: Andrea Barbieri, Camillo Dal Verme, Federico Defilippi, Alessio Gaiaschi, Ottavia Giorgi Vistarino, Paolo Verdi, Sara Zambianchi.
Per la categoria vinificatori: Stefano Dacarro, Gilda Fugazza, Andrea Giorgi, Marco Maggi, Mattia Nevelli, Valeria Radici Odero, Francesca Seralvo. Per gli imbottigliatori: Luca Bellani, Quirico Decordi, Giovanna Fugazza, Renato Guarini, Massimo Ornaghi, Pier Paolo Vanzini, Valeria Vercesi.
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(5 / 5) Uno spumante “spumeggiante”, consentiteci il gioco di parole. Spensierato ma di carattere ed “empatico” come chi gli dà il nome. Sotto la lente di ingrandimento di Vinialsuper l’Oltrepò pavese Metodo Classico Docg Extra Brut 2016 Gerry Scotti, prodotto da CantineGiorgi a Canneto Pavese (PV).
LA DEGUSTAZIONE Giallo paglierino dorato, si presenta nel calice con un perlage fine e persistente. Il naso è molto fresco, con sentori di frutta bianca, mela, pesca tabacchiera, accenni di fieno e pasticceria. All’assaggio conferma la freschezza espressa all’olfatto.
Il frutto diventa più maturo, il sorso è cremoso e di buon corpo. Dosaggio Extra brut, ha l’acidità ben bilanciata dal corpo e dagli zuccheri. Lo spumante Gerry Scotti risulta molto armonioso e piacevole. Il rapporto qualità prezzo è buono, anche se fuori dalla fascia prezzi medio bassa della Gdo.
Un Metodo classico, insomma, che valica – seppur di poco – la linea Maginot dei “vini democratici” da 10 euro, con cui Scotti e Cantine Giorgi hanno presentato l’iniziativa nel 2017. Ma 12,90 euro sono un prezzo ampiamente giustificato per un Metodo classico Docg dell’Oltrepò pavese.
Buona anche la versatilità del nettare in cucina: lo spumante di Gerry Scotti è apprezzabile come aperitivo, su piatti a base di pesce e, perché no? Anche in accompagnamento a una buona pizza. Il piatto più democratico che sia. Cracco a parte, s’intende.
LA LINEA DI GERRY SCOTTI
L’Oltrepò Pavese Metodo Classico Extra Brut Gerry Scotti è la prima etichetta ad essersi aggiunta alle tre del progetto originale dell’accoppiata Scotti-Cantine Giorgi, nel 2017. Dal lancio sono cambiate un po’ di cose.
È stato accantonato il nome di fantasia “Nato in una vigna” presente in etichetta frontale, una “vigna” che allora aveva fatto discutere. Inoltre, il viso dello zio Gerry non occupa più la scena, sulle bottiglie: un’immagine che, forse, rischiava di distogliere l’attenzione dalla qualità del prodotto, facendo presupporre a una mera operazione di marketing.
La gamma di vini di Gerry Scotti si è evoluta ulteriormente con un Buttafuoco Doc, il ’56, come la data di nascita del noto conduttore televisivo. Un vino prodotto in tiratura limitata: 1956 bottiglie, chiaramente un po’ meno “democratiche” nei prezzi.
All’orizzonte c’è una Bonarda e chissà quale altra sorpresa, per una linea e un progetto che sono tutto, tranne che di immediata comprensione per il pubblico dei supermercati. Sul sito della Cantina Giorgi, partner e produttore dei vini, alla voce “Linea Vini Gerry Scotti”, il tempo si è fermato ai primi tre vini, dell’annata 2016.
“In tv chi usa meno il copione dura di più”, sostiene Gerry Scotti. Diversi film di successo sono stati scritti senza un copione, o addirittura senza un finale. Non resta che seguire la “scalata” di Gerry, nel mondo del vino al supermercato targato Oltrepò pavese.
LA VINIFICAZIONE
L’Oltrepò pavese Metodo Classico Docg Extra Brut 2016 Gerry Scotti è ottenuto da uve Pinot Nero e Chardonnay allevate su terreno calcareo-argilloso, a 250-400 metri sul livello del mare. Le vigne sono esposte a sud, sud-est.
La vendemmia viene compiuta manualmente, con la scelta dei migliori grappoli riposti in piccole cassette, portate immediatamente in cantina per preservare le caratteristiche organolettiche delle due varietà.
Dopo la pressatura soffice avviene la prima fermentazione in acciaio a temperatura controllata, seguita dalla seconda fermentazione in bottiglia, secondo il Metodo classico (lo stesso di Champagne e Denominazioni italiane come la Franciacorta). L’affinamento in bottiglia è di almeno 30 mesi.
Il vino di Gerry Scotti è prodotto dalla Cantina Giorgi a Canneto Pavese, partner del progetto dal 2017. L’azienda storica del territorio è nata nel 1875 ed oggi esporta in 59 paesi del mondo.
Prezzo pieno: 12,90 euro Acquistabile presso: Famila
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Ancestrale ottenuto da uve Riesling italico che mostra tutta la voglia di sperimentazione e l’abilità (in crescendo, di anno in anno) di uno dei giovani vignaioli più intraprendenti dell’Oltrepò pavese, ormai pronto alla consacrazione: Matteo Maggi di Colle del Bricco.
Una scelta, quella del Riesling italico, tutt’altro che scontata, ma in grado di mostrare le potenzialità del vitigno in terra oltrepadana. Una varietà non ancora valorizzata a dovere dalle parti di Pavia, soprattutto perché “schiacciata” dal peso del più noto Riesling Renano.
LA DEGUSTAZIONE
Il calice di “Borea” si tinge di un giallo paglierino luminoso. Il fiore fresco (ginestra) è espresso benissimo, così come il frutto: gran precisione su note di pesca gialla, albicocca e mango.
In bocca grande corrispondenza e linearità. Sorprende (anzi non più, è la regola) la pulizia del sorso di questo ancestrale, la cui freschezza è esaltante ed invoglia la beva. Poteva bastare.
E invece, in chiusura, ecco un tocco rinvigorente di zenzero, unito a ritorni salini. Tra i rifermentati più
sensati d’Italia, da uve non “convenzionali”. Fermentazione spontanea e lieviti indigeni per “Borea“.
Così il vignaiolo Matteo Maggi dà continuità, in cantina, alle scelte effettuate nel vigneto di Stradella (PV) di Colle del Bricco, nel segno della sostenibilità e della naturalezza del vino. Un’etichetta inserita nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.
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Presentato il Progetto di Valorizzazione del Distretto EnoAgroalimentare pavese. Prevede quattro ambiti d’azione, con l’obiettivo di dare “nuovo slancio, forte coesione e dinamicità” al comporto enologico, agroalimentare e turistico, in ottica di sviluppo dell’enoturismo.
Un progetto di Regione Lombardia, Camera di Commercio di Pavia e Unioncamere Lombardia in collaborazione con il Consorzio Tutela Vini, il Distretto del Vino di Qualità e il Consorzio Club Buttafuoco Storico.
Tra i progetti, un’applicazione per scoprire il territorio dell’Oltrepò in 15 percorsi mappati e georeferenziati; il potenziamento dell’evento locale denominato Autunno Pavese; una serie di eventi digitali e un “ingente operazione di marketing territoriale”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Saggezza, tenacia, tecnica, emozione. In una parola Monsupello Blanc de Blancs, il nuovo Metodo classico Extra Brut della storica maison di Torricella Verzate (PV). Un’etichetta che condensa la storia centenaria degli eredi di Carlo Boatti e Carla Dallera. E accende la luce sull’Oltrepò pavese del presente e del futuro, sempre più casa dello spumante italiano di gran qualità. Che non teme confronti. Neppure con i francesi della Champagne.
La presentazione del Monsupello Blanc de Blancs – in vendita da questa mattina a 30 euro più Iva – è avvenuta ieri al Castello di San Gaudenzio di Cervesina (PV). Un elegante Albergo Ristorante che dal giorno dell’inaugurazione – avvenuta il 16 dicembre 1977 – brinda con le bollicine oltrepadane della cantina fondata dal compianto Boatti.
La location perfetta per un Metodo classico base Chardonnay di classe assoluta, che ha già fatto incetta di premi dalle maggiori guide enologiche italiane. Inserito nella Top 100 Migliori Vini italiani di WineMag.it, è stato premiato anche da Gambero Rosso e Slow Wine e inserito nella “Top 25” vini italiani del Merano Wine Festival 2020, notizia data ieri dal patron della kermesse altoatesina, Helmuth Köcher.
“Dedico questo spumante a mia madre Carla”, ha commentato un commosso Pierangelo Boatti, insieme alla sorella Laura Boatti: “Questo Metodo classico – ha aggiunto – è la risposta alla sfida lanciataci da alcuni amici e colleghi italiani e francesi, che hanno voluto metterci alla prova con lo Chardonnay, uvaggio tipico in Champagne adottato per la prima volta in purezza da Monsupello, da sempre fedele al Pinot Nero dell’Oltrepò pavese”.
Non a caso l’etichetta, a livello grafico, strizza l’occhio al noto brand di Champagne Salon, produttore di Mesnil sur Oger, Grand Cru della Côte des Blancs. Tinte verde scuro e scritte oro, a richiamare una sfida accettata a tutto tondo. Dal concept al calice.
“Lo Chardonnay non è una novità assoluta per Monsupello – ha precisato l’enologo Marco Bertelegni – dal momento che le stesse uve, provenienti dalla vigna Montagnera, sono da sempre impiegate per completare la cuvée composta al 90% dal Pinot Noir, nel Brut e nel Nature”.
In particolare, la vigna con esposizione a Est, situata di fronte alla sede aziendale, presenta piante con età media compresa fra i 25 e i 30 anni. Il 60% del vino base è d’annata e vinificato in acciaio, mentre il restante 40% affina in barrique usate, scelte per completare e arricchire la verve dello Chardonnay più giovane.
La prima sboccatura del Metodo Classico Blanc de Blancs di Monsupello (novembre 2019) ha riposato sui lieviti 50 mesi. Ne seguiranno altre, sino a un massimo di 70, 80 mesi, come nel caso della Cuvée Ca’ del Tava.
“L’Oltrepò pavese – ha ricordato nel suo intervento Carlo Veronese, direttore del Consorzio Tutela Vini locale – è uno dei pochi territori dove vengono bene praticamente tutte le uve”.
“Quello che manca – ha aggiunto – è riuscire a essere come Monsupello, unica azienda oltrepadana veramente conosciuta in tutta Italia e non solo. È arrivato il momento che anche altri colleghi facciano lo stesso, girando il mondo per rendere ancora più famoso l’Oltrepò”. Chi accetta la sfida?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Fuori da tutto, fuori dal caos. Il silenzio come regola d’oro. Che a parlare dev’essere il lavoro, la vigna. E infine il calice. Cascina Gnocco sembra aver trovato la formula magica per lavorare (bene) in una terra difficile come l’Oltrepò pavese. Una rivelazione maturata sacrificando un gioiello di rara bontà come il Pinot Nero “Nerone“, prodotto per sole due annate.
Un Noir vinificato in rosso che trova oggi, a 12 anni dalla vendemmia 2008, il suo compimento. In una parola, lo żènit dell’equilibrio tra un’estrema succosità, una rinvigorente freschezza e i preziosi sentori “terziari” che solo un lungo affinamento può regalare ai nettari più pregiati.
Un capolavoro che non esiste più nel “progetto Oltrepò” di Cascina Gnocco. La cantina di Mornico Losana (PV) guidata da Domenico Cuneo, ha infatti deciso di abbandonare la propria etichetta di Pinot Nero, per focalizzare la produzione sull’autoctona Mornasca.
Le uve del cru che un tempo davano vita a “Nerone”, oggi sono parte integrante della “Selezione Cotarella” di La Versa. Si tratta di cinque cloni da rosso (777, 943, 828, Mira 95 e Mira 3131) presenti in un singolo appezzamento, uno dei quali più ricco di antociani (le sostanze che determinano il colore del vino) rispetto alla media del vitigno.
Da qui il nome “Nerone”, assegnato a un Pinot Nero che, nonostante il consueto ed elegantissimo gioco tra trasparenze e rubino, si mostra più carico dei canoni cromatici e stilistici del re dei vitigni internazionali.
Con poca modestia – commenta Domenico Cuneo a WineMag.it – confermo a distanza di tempo che si tratta di un ottimo vino, ma la realtà è anche un’altra: le difficoltà e il sentirsi emarginato, perché in Oltrepò o fai parte della casta o sei nessuno, mi hanno portato ad abbandonare i tanti progetti che avevo in mente. L’unico che mi è rimasto riguarda la Mornasca: sono l’unico a vinificare questa rarissima uva e quindi non devo affrontare invidie e sarcasmi di nessuno”.
Il commento del titolare di Cascina Gnocco viaggia sul filo della malinconia e della voglia di rivalsa: “Faccio la miastrada, irta di difficoltà, ma fuori da istituzioni, Consorzi e quant’altro. Avendo abbandonato il progetto Pinot Nero, ho ancora qualcosa come 2-3 mila bottiglie di Nerone in deposito, per chiunque voglia assaggiarlo”.
“Nerone” è un vino nato e morto al vigneto dell’Ambrosina, due ettari allevati esclusivamente a Noir nel Comune di Oliva Gessi (PV), terra di alcuni tra i migliori Riesling oltrepadani. Esposizione a Nord e terreno gessoso ma fresco, per la presenza di falde acquifere non troppo profonde.
Un vino che sembra portare con sé la maledizione del quinto imperatore romano, morto suicida dopo 14 anni di regno. Incredibile come qualcuno, nella storia del vigneto dell’Ambrosina, abbia pensato di vinificarne le uve in bianco: un omicidio-suicidio enologico, paragonabile al gesto del capo di Stato Nerone, che incendiò la propria città, Roma.
“L’ho prodotto per 2 anni, nel 2007 e nel 2008 – spiega Domenico Cuneo – poi vinificato ancora per qualche anno e venduto sfuso, quindi praticamente ‘regalato’. Dal 2012 l’ho portato a Terre d’Oltrepò, dove sotto la guida di Cagnoni veniva vinificato in bianco. Negli ultimi anni, finalmente, con l’arrivo a Casteggio di Pietro Dilernia e della nuova direzione, viene vinificato in rosso. Fino all’attuale scelta di farne un cru“.
La produzione dell’appezzamento è bassa e varia molto di annata in annata. Si passa agilmente dai 95 quintali del 2019 ai 150 quintali di vendemmie meno recenti, con una media di 50-55 quintali per ettaro.
“La vinificazione – spiega il numero uno di Cascina Gnocco – veniva da me compiuta a temperatura non superiore ai 25 gradi per circa 8 giorni, in fermentini orizzontali con un paio di rimontaggi giornalieri, dopo la svinatura, sfecciatura in acciaio e un rapido passaggio in tonneau“.
Un onere che oggi spetta al numero uno di Assoenologi, Riccardo Cotarella e al suo staff di collaboratori di La Versa. Già, perché Nino Cuneo ha ormai in testa una cosa sola: la sua Mornasca, antico vitigno che ha recuperato dall’oblio, che come il Pinot Nero dà vini molto longevi.
“Un vino che non produciamo in tutte le annate – spiega – le ultime prodotte sono la 2016, già imbottigliata, la 2018 e la 2019 ancora in affinamento, con la prova in solo acciaio tuttora in corso sulla vendemmia 2018″.
La produzione si aggira sui 50-60 ettolitri di vino annui, grazie a un totale di soli 1,20 ettari. Oltre alla versione in rosso, Cascina Gnocco produce un Rosè Metodo Classico da uve Mornasca. Un altro gioiello che rischia di scomparire.
“Ho riscontrato una notevole difficoltà nel proporlo – ammette Domenico Cuneo – tanto da convincermi a chiudere la produzione con la vendemmia 2012, di cui ancora conservo 4 mila bottiglie sui lieviti, quindi più di 80 mesi”.
“In occasione dell’ultimo assaggio – chiosa Cuneo – mi sembrava un ottimo spumante, ma io sono di parte!”. Riassunto dell’ultimo virgolettato: cercasi brand ambassador per una cantina simbolo del terroir Oltrepò, che non vuole mollare, nonostante tutto e tutti. In alto i calici.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Gilda Fugazza è la nuova presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Cinquantadue anni, una laurea in Economia e Commercio alla Bocconi, appartiene a una famiglia del vino attiva da almeno tre generazioni tra Lombardia e Emilia, nel comune di San Damiano al Colle. Succede a Luigi Gatti, sfiduciato dal Cda.
Fa parte del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese da luglio 2019, ma “partecipa alle attività del Consorzio da sempre e a quelle del Distretto dei Vini di Qualità dal 2012”, tiene a precisare.
“Inizia da qui un percorso di squadra – commenta Fugazza – ci tengo a sottolinearlo, molto pragmatico e molto intenso. Le cose da fare sono molte e sono loro che devono parlare del Territorio per il Territorio”.
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