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Scoperti in Sudafrica cloni di Chenin Blanc estinti in Loira: la Francia corre ai ripari

Scoperti in Sudafrica cloni di Chenin Blanc estinti in Loira la Francia corre ai ripari

Cloni di Chenin Blanc ormai estinti in Loira sono stati ritrovati in Sudafrica, da un team di esperti al lavoro su vecchie viti. La sensazionale scoperta è stata compiuta dal team sudafricano di Old Vine Project, che sta collaborando con il più importante centro vivaistico del Western Cape, Vititec, per la propagazione.

Fondamentale il riscontro di InterLoire, l’associazione interprofessionale dei Vini della Loira, che ha confermato come il materiale genetico rinvenuto in Sudafrica sia Chenin Blanc ormai scomparso tra i filari della nota regione vinicola.

L’obiettivo comune dei due Paesi è ora quello di salvare i cloni dall’oblio. Tanto che un numero consistente di barbatelle sono già state trasferite in Francia, in un vivaio che avrà il compito di moltiplicare il “nuovo – vecchio” Chenin Blanc.

VECCHIE E GIOVANI VITI: LO STUDIO SUL PROFILO SENSORIALE

Nel frattempo, Old Vine Project lavora alla definizione del profilo chimico sensoriale dei vini ottenuti dalle vecchie vigne della varietà. Passi avanti sono stati compiuti grazie alle interazioni con il Dipartimento di Chimica e l’Istituto di Biotecnologia del Vino del Sudafrica, nonché con l’Associazione Chenin Blanc e con le cantine private.

È stata dimostrata una chiara differenziazione tra i vini Chenin Blanc di “vecchie viti” e quelli prodotti da viti più giovani – sottolinea il team guidato da Rosa Kruger -. Sono stati identificati i singoli composti volatili responsabili delle differenze. La ruota “Aroma dei vini sudafricani Chenin Blanc” è stata aggiornata per includere i nuovi aromi e gli attributi del palato».

La Chenin Blanc Association of South Africa ha inoltre intrapreso con Old Vine Project uno studio genomico di cloni rappresentativi, sia in Sudafrica che in Francia. Lo scopo è «comprendere i cambiamenti somatici che sono maturati nel tempo, al fine di fornire una base scientifica per la diversità intra-varietale e sviluppare un test per la discriminazione clonale».

I FUTURI IMPIANTI DI CHENIN BLANC IN FRANCIA E SUDAFRICA

Questo studio è vicino alla fine della fase I, con la mappatura del clone 220, utilizzato come riferimento. I campioni di Dna dei dodici cloni ufficiali di Chenin Blanc (17.148 ettari complessivi in Sudafrica) sono stati inviati in Francia. Gli esperti completeranno la fase II.

Lo studio consentirà la completata mappatura del genoma della varietà. Un importante progetto che vede i due Paesi legati in una forte collaborazione, sotto la direzione scientifica del prof Johan Burger, a capo di un gruppo di ricerca all’Università di Stellenbosch.

A finanziare i lavori, con una fetta consistente del budget, è proprio Parigi. L’interesse dei produttori della Loira – e non solo – è chiaro. Un test genetico affidabile per identificare le discriminanti dei cloni di Chenin blanc potrebbe servire a compiere scelte di impianto e coltivazione sempre più accurate in futuro.

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Vecchie vigne, i progetti di Australia e Sudafrica per valorizzarle

Cos’hanno in comune Australia e Sudafrica? All’apparenza ben poco, se non la condivisione dell’emisfero sud. A guardar bene, entrambi i Paesi condividono progetti scrupolosi per la valorizzazione delle vigne vecchie ancora produttive.

Chiedere per credere alla vignaiola australiana Prue Henschke e al poliedrico entrepreneur André Morgenthal, che in un webinar organizzato ieri dal Circle of Wine Writers hanno illustrato il nesso tra la Old Vine Charter della Barossa Valley australiana e l’Old Vine Project che interessa ben 3.303 ettari di vecchie vigne sudafricane.

La Valle di Barossa, nel Sud dell’Australia, ospita alcuni dei vigneti più antichi del mondo, tuttora in produzione. Proprio per questo, nel 2009 è stata istituita la Barossa Old Vine Charter.

Un documento che racchiude la “carta d’identità” di tutti i vecchi vigneti della zona non solo in ottica di conservazione, ma soprattutto di valorizzazione del loro materiale genetico. Un vero e proprio caposaldo per la Barossa Grape & Wine Association (BGWA), nata un anno prima della “Charter”, nel 2008.

Tre le macroaree. Le “Barossa Old Vine” racchiudono le vigne con età uguale o superiore ai 35 anni. A seguire le “Barossa Survivor Vine“, con età uguale o superiore a 70 anni. Ecco poi le “Barossa Centenarian Vine“, le vigne vecchie almeno 100 anni. Infine, le “Barossa Ancestor Vine“, monumenti naturali di almeno 125 anni.

La verità è infatti che l’Australia possiede alcune tra le vigne vecchie ancora produttive più antiche del mondo, le cui radici – è il caso di dirlo, senza eufemismi – affondano nel tempo e nella storia oltre che nel terreno, indietro fino al 1840. Si tratta principalmente di Shiraz (Syrah), Cabernet Sauvignon, Grenache, Mataro (Mourvèdre), Riesling e Semillon.

Non a caso, Prue Henschke produce “Mount Edelstone” e “Hill of grace“, due vini icona base Shiraz, da vigne impiantate nel 1912 da Ronald Angas, uno dei discendenti di George Fife Angas, padre fondatore dello Stato del South Australia.

Etichette uniche al mondo, al pari di quelle di cantine come Cirillo Estate, Hewitson, Langmeil, Penfolds, Poonawatta Estate, Chateau Tanunda, Elderton, Turkey Flat e Yalumba, ottenute da vigne di età superiore ai 125 anni.

Per trovare un simile progetto di valorizzazione organica delle vecchie vigne e dei vini da esse prodotti, occorre appunto spostarsi in Sudafrica. Qui, nel 2016, dopo aver lasciato il suo ruolo di responsabile comunicazione di Wines of South Africa (WOSA), André Morgenthal ha dato vita con Rosa Kruger all’Old Vine Project.

«Ho imparato che le vigne vecchie vanno trattate un po’ alla stregua delle bisnonne, ogni volta che ci entriamo in contatto, dalla potatura alla vendemmia», scherza il managing director della venture che ha come obiettivo il salvataggio e la propagazione del materiale genetico dei 3303 ettari di vigne del Sudafrica con età superiore ai 35 anni.

Un progetto che abbraccia tutto il territorio vitato del paese africano, con i suoi diversi terroir: dalle sabbie rosse di Skurfberg allo scisto di Kasteelberg, passando per la sabbia marina di Dwarskersbos e il granito di Paardeberg. Ma in Sudafrica l’Old Vine Project consente di fare un passo in più, rispetto ad altre parti del mondo.

Grazie a “The Certified Heritage Vineyards Trading Platform”, Morgenthal e il suo team si pongono l’obiettivo di connettere i vignaioli che possiedono vigne vecchie ad altri professionisti del settore, come enologi e agronomi, offrendo corsi di formazione ad hoc per la potatura di questi monumenti naturali.

«Garantendo approcci di valore lungo tutta la catena – sottolinea il managing director dell’Old Vine Project – possiamo creare un modello di business sostenibile per tutti gli stakeholder». Che futuro sarebbe, del resto, senza consapevolezza del passato?

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