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Notte Rossa, valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese

Notte Rossa valore top 75 cl nielsen la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese linea vini notte rossa vino salento supermercato winemag intervista luca buratti direttore vendite gdoNotte Rossa consolida la sua posizione di leader nel panorama vinicolo italiano, raggiungendo il primato assoluto delle vendite in valore al supermercato nel formato da 75 cl. Un risultato, confermato dai dati Nielsen riferiti al 2024, che non è frutto del caso, ma di una strategia di marketing costruita sin dagli esordi della linea di vini del Salento nei supermercati italiani, nel 2013. Terre di Sava, con il suo marchio Notte Rossa, è riuscita a conquistare il cuore degli appassionati e a dettare nuove regole in un mercato sempre più competitivo. Superando rivali storici come Antinori, Frescobaldi e Ruffino, sempre protagonisti nelle classifiche nazionali ed internazionali della Gdo. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Il successo di Notte Rossa non è solo nei numeri. Ma nella visione. Puntare sul formato da 75 cl, che rappresenta l’81% del valore totale del mercato vinicolo in Italia, è stata una mossa che ha pagato. Il primato, raggiunto senza dimenticare la formula strategica del bag in box, testimonia l’efficacia di una politica commerciale capace di garantire un prezzo competitivo per vini che possono essere anche considerati premium, come il Primitivo di Manduria e il Primitivo di Manduria Riserva, ambasciatori della Puglia nel mondo. https://www.notterossa.wine/shop/

LA LEADERSHIP DI NOTTE ROSSA IN GDO: UNA VERA CASE-HISTORY 

La leadership di Notte Rossa appare ancora più significativa se si considera il contesto di mercato attuale. Il vino bianco cresce smisuratamente in volume. Tuttavia, sul fronte del valore, il vino rosso continua a dominare. Parte del merito è anche di marchi come Notte Rossa, capaci di costruire in Gdo un’offerta in grado di competere con nomi blasonati, sul fronte della qualità. La capacità di interpretare al meglio il territorio pugliese, con vitigni autoctoni valorizzati attraverso tecniche enologiche moderne ma rispettose della tradizione, è uno dei fattori chiave che hanno permesso a Terre di Sava di emergere. E consolidare, poi, la posizione del proprio brand. otte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.Nel segmento degli spumanti, sempre secondo i dati Nielsen 2024, il Prosecco mantiene il suo dominio incontrastato, rappresentando quasi il 50% del fatturato complessivo.

Anche sul fronte degli sparkling Notte Rossa ha saputo ritagliarsi uno spazio, puntando sul fascino, un po’ “esotico”, delle “bollicine pugliesi”. La capacità di differenziarsi da giganti come Valdo e Zonin dimostra – ancora una volta – la visione strategica del brand, orientato all’espansione in nicchie di mercato ad alto potenziale, pur lontane dal “core business”. I rosati, stabili al 5% sia nei vini fermi che negli spumanti, rappresentano un’ulteriore sfida. Ma anche un’opportunità. Notte Rossa, forte del proprio ruolo in un territorio vocato per questa tipologia di vino, ha tutte le carte in regola per aumentare questa quota, con referenze capaci di attrarre un pubblico giovane e internazionale. La Puglia, del resto, è da sempre terra di rosati d’eccellenza.

IL PACKAGING DI NOTTE ROSSA: L’UOMO, IL CIELO STELLATO, LA LUNA

La strategia vincente di Notte Rossa si riflette anche nelle scelte del packaging. L’etichetta, ormai inconfondibile, caratterizza tutta la linea e rappresenta uno spaccato quasi poetico, per la sua capacità di avvicinare – in pochi, semplici, tratti – l’uomo al cielo, in una notte stellata, grazie solamente ad una scala. Sempre sul fronte del packaging, le confezioni regalo – che incidono per il 2% sul mercato degli spumanti, ma risultano irrilevanti per i vini fermi – rappresentano forse un’opportunità da poter cogliere. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

In questo senso, il confronto con altri competitor che da anni investono su packaging ricercati, potrebbe aprire nuovi scenari di crescita anche per Notte Rossa. In definitiva, Notte Rossa non solo guida il mercato italiano del vino nel formato da 75 cl, ma prova a dettare nuovi standard di qualità e innovazione. Il tutto, in un contesto “tortuoso” come quello della Gdo e dei vini al supermercato. Dove nulla è dato per assodato. E le potenzialità ancora inespresse del settore non si contano sulle dita di una mano. Lo sa bene Luca Buratti, direttore vendite Gdo di Notte Rossa.

L’INTERVISTA A LUCA BURATTI, DIRETTORE VENDITE GDO NOTTE ROSSA

Luca Buratti, qual è la sua analisi del primato assoluto delle vendite di Notte Rossa nel formato bottiglie da 75 cl al supermercato?

Notte Rossa non ha come strategia la competizione sul prezzo. Quindi, il primato non può essere inteso sui volumi, bensì sul valore. Da sempre la nostra politica è attenta al giusto rapporto prezzo/qualità, che non vuol dire “prezzo basso”, ma prezzo corretto nei confronti del prodotto offerto al mercato. Questo aspetto, sempre tenuto in evidenza, oggi ci premia. Siamo la prima cantina nel mercato moderno, per valore complessivo, con il formato da cl.75 (formato che rappresenta il 98% delle nostre vendite) e questo è dovuto al riconoscimento da parte dei nostri clienti della qualità dei nostri vini.

In tempi di contrazioni generalizzate delle vendite, il brand Notte Rossa si conferma solidissimo e, grazie al primato del formato 75 cl, diventa “case-history”. Quali sono stati, secondo lei, i fattori chiave che hanno permesso di raggiungere questo importante traguardo?

La determinazione nel mantenere la promessa del miglior rapporto prezzo/qualità possibile. Il consumatore riconosce e premia la nostra coerenza, mantenendo elevati i momenti di acquisto fuori dalle promozioni. E dando così dimostrazione che Notte Rossa si acquista per la qualità e non per il prezzo. Altro importante aspetto è rappresentato dal packaging. Aver scelto in passato l’immagine iconica della “scaletta” con la luna, ha fatto sì che il cliente ci riconosca con grande immediatezza. E che, in modo simpaticamente affettuoso, ci identifichi come il vino “della scaletta”.

Ultimo ma non meno importante, l’aspetto di coerenza nella gestione del prezzo. Non ci siamo mai fatti prendere dall’enfasi del successo, mantenendo i prezzi sempre nella corretta fascia di accessibilità quotidiana, ritenendo che la promessa che abbiamo fatto al nostro cliente, di essere il miglior vino per i momenti di consumo giornalieri che può trovare. Il rispetto della fiducia che i clienti ci riconoscono, ci ha premiato e continuerà a farlo. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese. https://www.winemag.it/luca-buratti-e-le-sue-terre-di-sava-tutti-i-segreti-del-brand-notte-rossa/

Il mercato dei vini bianchi ha sorpassato quello dei rossi a livello di volume, ma il rosso resta dominante in termini di valore. Come si inserisce Notte Rossa in questa dinamica e quali sono le vostre strategie per il futuro?

Siamo una cantina salentina ed è importante fare bene quello che ci rende riconoscibili da sempre. I vini rossi innanzitutto. Del resto, se è vero che il mercato, negli ultimi anni, premia i vini bianchi, non dimentichiamo che il vino rosso esprime ancora e lo farà sempre, esempi di altissima qualità, con bottiglie iconiche di fama mondiale. Non possiamo dimenticare che i maggiori vini di pregio sono rossi, che la storia enologica è stata influenzata in maniera determinate dai vini rossi e che, nel top di gamma, il consumatore li riconosce come garanzia di qualità.

Ovviamente il vino bianco merita ampiamente il successo raggiunto. Successo che risiede sostanzialmente, a mio avviso, in due fattori, la maggior freschezza e facilità nella bevuta ed una inferiore gradazione alcolica. I nostri vini bianchi sono una espressione del territorio che si esprime in vitigni come la Verdeca, il Fiano, il Vermentino. Vini che proponiamo con grande successo, in una veste “salentina”, che soddisfa le attese dei nostri clienti.

Un discorso a parte meriterebbero i vini rosati, da anni destinati – secondo alcuni – ad esplodere, ma forse mai decollati in maniera definitiva. La quota di Notte Rossa è stabile ma il potenziale del territorio pugliese, soprattutto in questa tipologia tradizionale, suggerisce che possiate fare qualcosa di più. Ci state pensando?

Questa attesa di una “esplosione” del rosato, mi sembra più una enfatizzazione di marketing, che non un oggettiva situazione di mercato, forse dovuta alla speranza che ci si possa avvicinare al consumo dei cugini d’oltralpe (36% del totale vino). Quello che osserviamo, con soddisfazione, non è tanto il forte sviluppo dei volumi, ma la stabilità degli stessi. Per decenni abbiamo assistito ad un mercato del rosato che ciclicamente cresceva e con rapidità calava. Oggi la situazione sembra essere differente. Il mercato del rosato copre circa il 4% del totale. E si sta dimostrando stabile. Facendo sì che – sia i produttori che la distribuzione – possano finalmente investire in questo comparto, con programmi di medio termine.

I vitigni pugliesi aiutano, ragionando “in rosa”…

La proposta di Notte Rossa è innanzitutto quella di un vino di elevata qualità che, nel rosato più che in altre tipologie, è indispensabile per garantire al prodotto le peculiari caratteristiche di freschezza, aroma e gradevolezza del colore. Il nostro Primitivo Rosato ed il Negroamaro Rosato sono figli di una selezione in vigna e di una sapiente capacità dei nostri enologi, che riescono a garantire un’importante durata del prodotto e delle caratteristiche prima citate. Sicuramente stiamo pensando ad un’ulteriore espansione della proposta. In arrivo c’è il Susumaniello rosato. Un vino che risponde alla richiesta non solo di un rosato più delicato, ma anche di un vino figlio della storia del territorio. Che si affianchi ai due vitigni iconici del Salento.

Ho l’impressione che in Italia, più che all’estero, si sottovaluti ancora il potenziale del packaging, in particolare delle “confezioni regalo”. Siamo riusciti a sdoganare lo spumante dai momenti di festa: quando riusciremo a fare lo stesso con le “confezioni regalo”, che continuano ad avere un impatto maggiore sugli spumanti rispetto ai vini fermi? Avete in programma iniziative per colmare questo divario?

Sono anni che le confezioni regalo perdono interesse da parte del cliente finale. La ricerca di una sempre maggiore importanza in ciò che si regala, fa sì che la scelta si rivolga più verso la singola bottiglia di elevata qualità, che non verso le ormai obsolete “valigette” in cartoncino o confezioni fantasiose. Per questo motivo la nostra strada in questo segmento ci vede più attenti alla valorizzazione delle eccellenze. Con un’attenzione verso le Riserve ed il formato magnum, che oggi attraggono di più. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Un altro tema interessante è quello del bag in box: Notte Rossa non lo sottovaluta, come dimostra la presenza di questo formato anche sul vostro shop online. Come vi orientate in questo segmento?

La storia del vino è fatta anche di grandi formati, che rappresentano più che altro un maggior livello di servizio nel vino di consumo giornaliero. Fino a qualche anno fa sugli scaffali dei supermercati si vedevano pesanti dame di vetro, da 3 o da 5 litri, che soddisfacevano la richiesta di un vino di qualità accettabile ad un prezzo contenuto per unità di misura. Il cambio generazionale ha portato ad un diverso modo di approcciare e consumare il vino, con una ricerca da parte delle generazioni più giovani che premia la qualità rispetto alla quantità, facendo si che questa tipologia di contenitori abbia sempre meno interesse ed infatti sono quasi totalmente scomparsi dagli scaffali. Nel frattempo, la tecnologia del confezionamento si è evoluta fornendoci la possibilità di produrre il vino nel formato Bag in Box.

Per noi la scelta è caduta nel formato da tre litri, più agevole da manovrare in ambito domestico e che, per i bianchi ed i rosati, ha la dimensione ideale per inserirlo nella tasca della porta del frigorifero. Questa innovazione, che esiste comunque da alcuni anni, ha la prerogativa di avere un contenitore a tenuta stagna e buon isolamento rispetto alla luce, al calore e soprattutto all’aria esterna (grazie alla sacca interna) con una moderata rigidità del contenitore fornita dall’involucro esterno (in modo da essere trasportato e stoccato in maniera più agevole rispetto ad una semplice sacca). Grazie ad un piccolo rubinetto alla base consente la fuoriuscita del vino per gravità. Ma, ancor più importante, ne garantisce la conservabilità per settimane dopo l’apertura, mettendolo al riparo dall’ossidazione, grande nemico della sua conservazione. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Qual è la sua visione sul futuro del vino in Gdo?

La Grande Distribuzione, nell’ultimo decennio ed ancor più nel funesto periodo del Covid, ha implementato la proposta assortimentale, ampliandola verso vini di qualità e riducendo in maniera importante la fascia di prezzo basso. Questo ha fatto si che in quasi tutte le insegne si assista alla presenza di scaffali che sono diventati vere e proprie enoteche, in grado di soddisfare la maggior parte delle esigenze della clientela. Inoltre, nelle insegne più attente al livello di servizio, sono comparse varie modalità per dare al cliente informazioni su provenienza, caratteristiche organolettiche, abbinamenti.

Arrivando fino alla tipologia di bicchiere da usare, così da semplificare la scelta. Che rimane quasi sempre autonoma e che, non dimentichiamolo mai, è effettuata da un cliente che difficilmente ha competenze specifiche nel vino. In definitiva, il settore vino nel canale moderno è ancora in fase di crescita, verso la qualità e l’attenzione al cliente. Non dimentichiamo che attraverso la Gdo transitano le vendite di circa il 70% di tutto il vino che si vende in Italia.

La valorizzazione dei vitigni autoctoni è uno dei vostri punti di forza, parte integrante della strategia del Salento del vino. C’è un vitigno pugliese su cui puntate in particolare per i prossimi anni?

Ritengo che andare a cercare la novità a tutti i costi, la particolarità per creare interesse, sia sbagliato. Il Salento è universalmente associato a due vitigni principe, il Primitivo ed il Negroamaro. Ovviamente questi due vitigni si declinano poi in vari aspetti, Riserve, Rosati, IGP e DOP. La nostra missione è fare al meglio quello che già sappiamo fare molto bene. Questo non vuol dire che ci arrocchiamo su questi due vitigni, perché abbiamo anche grande attenzione verso il mercato. Quindi la crescita dei vini bianchi ci ha stimolato ad andare verso Verdeca, Fiano e Vermentino. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Il primo decisamente nativo, mentre gli altri due, presenti anche in altre zone enologiche della nazione, in Salento si avvalgono di un terroir e di un clima che li rendono unici, quindi con una valenza di autoctonia. In ultimo, per soddisfare i nostri clienti più esigenti e sempre in tema di autoctono, lo scorso anno abbiamo implementato la proposta con il Susumaniello. Un vitigno che, insieme al Negroamaro, rappresenta la storia enoica del Salento, affondando la sua origine in un passato molto lontano, con caratteristiche uniche. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

E che dire dei vini dealcolati? Qual è la posizione di Notte Rossa?

Ho un po’ di scetticismo verso questa nuova frontiera dell’analcolico in prodotti che la tradizione vuole abbiano un contenuto alcolico. Se penso alla bevanda più nota in questo segmento di mercato, la birra, non posso dimenticare che per avere un po’ di successo sono passati circa 200 anni. Infatti, la prima birra lanciata su mercato risale al 1842. Dopo tutto questo tempo, oggi siamo ad un 8% di consumi interni. Probabilmente il vino raggiungerà con molta più velocità questo traguardo. Lo farà grazie alle tecnologie, che nel frattempo si sono evolute. E grazie all’esperienza maturata in altri settori.

È mio parere che si debba porre attenzione a questa tendenza, perché un grande marchio non può disattendere le aspettative e le esigenze dei propri clienti. Ma avremo un vino Notte Rossa dealcolato solo quando avremo l’assoluta certezza di gradevolezza del prodotto. Essere i primi, ma non soddisfare i nostri standard, non rientra nella nostra politica.

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Osservatorio Uiv-Vinitaly: mercato Usa tra gioie e dolori

L’inflazione galoppa anche negli Stati Uniti (+7,9%, al livello più alto da 40 anni). Conseguentemente il vino italiano rischia di fermare la propria corsa nel primo mercato al mondo. È quanto previsto dagli operatori del mercato enologico statunitense intervistati nell’indagine Iwsr/Wine intelligence presentata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly.

Secondo il trade statunitense, la congiuntura produrrà danni importanti alle importazioni di vino. Il 38% prevede un decremento generalizzato dei volumi in entrata, mentre il 37% pensa a uno stop al processo di premiumizzazione. Ne risentirà anche alla domanda di prodotto tricolore di qualità che ha fatto la fortuna del Belpaese (2,26 miliardi di dollari l’import Usa del 2021). Solo 1 intervistato su 4 non immagina alcun impatto dall’escalation dei prezzi.

«L’attuale percezione da parte dei professionisti del settore è sicuramente condizionata da una congiuntura che non aiuta – dice il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. A prescindere da questo il vino italiano, i suoi produttori e i suoi strumenti di promozione e marketing hanno il dovere di prevedere le mosse di un mercato che si preannuncia sempre più fluido. E agire di conseguenza».

I GIOVANI E IL CONSUMO DI VINO

Altro campanello di allarme arriva dalla migrazione verso altre bevande da parte dei consumatori giovani, in particolare dai maggiorenni della Generazione Z e dai Millennials. Secondo l’Osservatorio Unione italiana vini e Vinitaly, l’88% dei rispondenti prevede infatti una possibile riduzione dei consumi tradizionali di vino delle fasce interessate.

Tra i drink sostitutivi, in testa appaiati con il 60%, i Ready to drink (bevande pronte al consumo soprattutto a base di vodka o rum), i cocktail, i vini a basso contenuto di alcol e gli hard seltzer (drink frizzanti lievemente alcolici e aromatizzati).

La birra è ferma al 40% delle opzioni. Tra le motivazioni che spingono i giovani a consumare il vino, al primo posto il lifestyle, seguito dal benessere. Il vino come simbolo identitario, quindi, che a giudizio del mercato sarebbe apprezzato molto di più se accompagnato dal marchio di sostenibilità.

IL MERCATO AMERICANO

Come per l’evoluzione delle importazioni mondiali, anche per gli Usa la ripresa dalla crisi pandemica è stata sin qui più vigorosa e immediata rispetto all’uscita dalla crisi dei subprime. Due anni buoni per ritornare ai valori pre-bolla, con innesco del fenomeno conosciuto come “premiumization”.

E l’Italia, lo dicono anche le elaborazioni dall’Osservatorio su base Nielsen presentati nel focus sul mercato d’Oltreoceano, ha giocato un ruolo da attrice protagonista. A fine 2021 le vendite nel canale off-premise (grocery store, liquor shop) sono lievitate a valore del 23% rispetto al 2019. Pari ad un totale di circa 2 miliardi di dollari.

Nel dettaglio, le performance italiane nel biennio sono di crescita sia sul lato vini fermi (+18%, con +24% per i rossi), sia, e in maniera strabordante, sul lato spumante (32%), con il solo Prosecco attestato a valore a +44% e l’Asti a +16%.

Tra i prodotti bandiera, oltre al Prosecco (22% del totale mercato sparkling, con 520 milioni di dollari), il Chianti-Chianti Classico (115 milioni di dollari) rappresenta mediamente il 16% delle vendite di vini rossi italiani, con punte del 30% a New York. Il valore generato dal Pinot grigio (554 milioni di dollari) lo rende quasi monopolista ovunque, con il totale sulle vendite italiane di vini bianchi al 77% e punte superiori all’80% in Florida e New York.

La torta italiana del mercato off premise è composta a valore per il 27% da Pinot grigio, il 25% da Prosecco, il 34% da rossi, in particolare toscani e piemontesi.

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Vino: mercato italiano 2020 in crescita per Gdo ed e-commerce

I consumi di vino in Italia scontano gli effetti della pandemia da Covid-19 con la chiusura dell’Horeca. Al primo semestre, il bilancio che se ne trae è quello di uno spostamento consistente verso gli acquisti in Gdo e online, cresciuti rispettivamente del 9% e 102% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Ovviamente, alla luce dei diversi e distanti volumi movimentati da questi due canali nel panorama nazionale dei consumi di vino, si tratta di crescite il cui peso relativo va giustamente contestualizzato: basti infatti pensare che, pur a fronte di questo raddoppio, il rapporto a valori nelle vendite di vino tra e-commerce e Gdo è ancora di 1 a 16.

L’accelerazione impressa dalla pandemia nello sviluppo dell’online per le vendite di vino è innegabile. Anche nei prossimi mesi si assisterà a un consolidamento di tale canale, obbligando così i produttori a una maggior attenzione verso le nuove modalità di vendita. È alla luce di tale evoluzione del mercato che abbiamo avviato la collaborazione con Nielsen, al fine di realizzare congiuntamente analisi dei trend di consumo a supporto della filiera vinicola italiana”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor.

Secondo una stima Nomisma Wine Monitor – Nielsen, nel primo semestre di quest’anno le vendite on line di vino degli operatori del largo consumo sono aumentate del 147% contro una crescita degli specializzati che si è fermata a un +95%, sebbene questi ultimi siano stati responsabili dell’83% delle vendite e-commerce di vino in Italia.

Sul fronte invece della Distribuzione a Libero Servizio, compresi discount, è interessante segnalare come le vendite di vino siano cresciute anche dopo il lockdown. In particolare le vendite intercorrenti le otto settimane tra il 9 marzo e il 3 maggio sono aumentate del 6,7% a valore e del 9,7% a volume, evidenziando un calo del prezzo medio di quasi il 3%. Nelle otto settimane successive, e quindi in periodo di post-lockdown, le vendite sono cresciute del 16,2% a valori e del 12,9% a volumi, mostrando all’opposto un aumento nei prezzi medi del 3%.

Ovviamente questo trend si è manifestato in maniera differente per le diverse categorie. In particolare, focalizzando l’attenzione alle otto settimane del lockdown, la preferenza degli italiani si è rivolta principalmente verso i vini fermi e frizzanti con un +12,5% a valori rispetto allo stesso periodo 2019 e, all’interno di questa tipologia, verso i rossi con +14,9%.

Al contrario, gli acquisti di spumanti, compreso lo Champagne, si sono ridotti del 19%, complice anche una Pasqua festeggiata all’interno della ristretta cerchia di conviventi tra le stesse mura domestiche. Nelle otto settimane successive, il trend delle vendite è risultato positivo per entrambe le categorie.

Gli spumanti si sono dimostrati in grande spolvero, mentre le vendite di vini fermi e frizzanti sono cresciute di un altro 13,9%, quelle di spumanti e Champagne hanno messo a segno un +27,5%, con in testa gli Charmat Secchi a guidare il recupero con +32,4%.

“L’eCommerce si sta affermando come uno dei canali più prospettici per molte categorie di prodotti del Largo Consumo. Il vino è senza dubbio una di queste. Le sue vendite online mostrano un trend di crescita esponenziale che si è consolidato ancora di più. Misurare la frammentazione delle vendite tra Gdo online e pure player online richiede nuove tecniche e metriche di misurazione. Nielsen è felice e orgogliosa di avviare questa collaborazione con Nomisma per offrire un monitoraggio estensivo sia a livello di vendite che abitudini di consumo, in logica omnicanale”, dichiara Stefano Cini, Consumer Intelligence and eCommerce Leader di Nielsen Connect Italia.

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I tedeschi si bevono la Germania: vendite di vino locale in crescita nel 2020

Nel primo trimestre del 2020, i tedeschi si sono sempre più affidati ai vini prodotti in Germania. Le vendite di vini tedeschi sono aumentate del 4% e il fatturato del 2% rispetto allo stesso trimestre del 2019. Lo rivela un’indagine dell’istituto Nielsen, commissionato dal German Wine Institute (Dwi) per monitorare i consumi di vino in Germania.

Le restrizioni legate a Coronavirus, nel solo mese di marzo, hanno contribuito a un aumento di circa il 9,5% in in volume e valore, rispetto allo scorso anno. Il prezzo medio dei vini stranieri è risultato di 3,48 euro al litro, con una flessione dell’1% rispetto allo stesso trimestre del 2019. La cifra sale a 3,64 euro al litro per i vini delle regioni tedesche, in questo caso in flessione del 2%.

L’indagine trimestrale sull’industria vinicola tedesca, condotta dall’Università Geisenheim su un campione di 844 aziende di varie dimensioni, ha dimostrato che durante il lockdown da Coronavirus le vendite di vino sono passate dall’Horeca alla Grande distribuzione organizzata (Gdo).

Rispetto all’anno precedente, le cantine che operano al di fuori del circuito dei supermercati hanno perso il 50% delle vendite nella ristorazione e il 23% nel sistema delle enoteche. La portata globale della crisi ha condizionato anche le esportazioni di vino, diminuite del 33% in Germania.

Al contempo, le vendite online sono balzate al +42%, pur compensando solo una piccola parte delle perdite.

“A causa delle continue restrizioni alla vita pubblica di aprile e maggio – evidenzia il German Wine Institute – si prevede che le cantine e le cooperative subiranno perdite significativamente più elevate, mentre i produttori più grandi dovrebbero continuare a beneficiare della crescita nella Grande distribuzione”.

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Spesa e lockdown, volano gli alimenti confezionati: acquisti per oltre 1.354 milioni di euro in Italia

Quarantena e lockdown hanno accelerato cambiamenti di mercato che di norma richiederebbero anni. Nuove abitudini di acquisto e di consumo, boom dell’e-commerce ed impreviste rimodulazioni nelle catene di fornitura e nei commerci internazionali. È il caso degli alimenti confezionati., che hanno superato quota 1,3 milioni di euro in valore.

Le scelte per la spesa ricadono infatti su prodotti considerati sicuri, come lo scatolame. Rilevante la quota della condivisione dell’esperienza food, con il boom degli ingredienti per preparare il pranzo o la cena: è il caso, emblematico, dei lieviti.

Secondo il rapporto sull’impatto dell’emergenza Covid-19 elaborato a marzo 2020 da Ismea e finito sotto la lente di ingrandimento di Tuttofood, la fiera internazionale del B2B dedicata al Food & Beverage di Fiera Milano, la Grande distribuzione si conferma “tra i settori meno colpiti e rafforza la sua valenza anticiclica“.

Come conferma anche Nielsen, nella settimana dal 9 al 14 marzo, la spesa per prodotti confezionati nella distribuzione organizzata ha toccato un nuovo picco a 1.354 milioni di euro.

Nel complesso, tra il 17 febbraio e il 15 marzo le vendite sono cresciute del 17% rispetto alle 4 settimane precedenti (congiunturale) e del 19% rispetto allo stesso periodo nel 2019 (tendenziale). La maggior parte della spesa continua a essere effettuata nei supermercati (43%) mentre la spesa alimentare online registra incrementi settimanali tra il 57% e il 95%.

Una crescita esponenziale confermata anche dall’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, secondo il quale il Food & Grocery è il settore che più ha beneficiato del boom di vendite online.

Partendo da una penetrazione di solo l’1,1% a fine 2019, ha visto in poche settimane la domanda moltiplicarsi in misura rilevante, registrando una forte preferenza per i prodotti che conferiscono una percezione di sicurezza, come cibi in scatola o a lunga durata, e per quelli che contribuiscono all’idea di “fare qualcosa insieme“, in famiglia: pane, farina, lievito.

Bene anche il food delivery che conquista nuovi spazi, come suggerisce l’Osservatorio Just Eat: il 90% degli italiani lo ritiene un servizio essenziale e il 60% lo sta utilizzando. La pizza si conferma il piatto più ordinato, seguita da hamburger, sushi, pollo e cucina italiana. In forte crescita dolci e i gelati (+133%), ma anche sushi e cibo giapponese nei formati famiglia (+124%) e i salutistici poké bowl (+54%).

Si consolida inoltre il trend ad affiancare alla Gdo i negozi di prossimità. Un sondaggio di Havas Commerce rivela che il 69% degli italiani è tornato a fare la spesa nei piccoli negozi di quartiere prediligendo prodotti di prima necessità (76%), prodotti da forno (49%) e cibi ricreazionali (39%).

Sempre riguardo ai comportamenti di acquisto, Ismea nota anche un forte orientamento verso i prodotti di IV e V gamma (come insalata e frutta in busta) e il multiprodotto conservabile, specie nelle prime settimane di lockdown.

Tra le singole merceologie, inoltre, si segnalano per crescita le carni (+29% tendenziale e +20% congiunturale), l’ittico (+28% e +29% rispettivamente), le uova fresche (+26% e +23%) e gli ortaggi (+24% e +22%).

Quali invece i prodotti di cui si sente di più la mancanza? Tornando al sondaggio Havas, gli italiani indicano nell’ordine i dolci artigianali (28%), i prodotti freschi (22%) e verdura e frutta fresche (21%).

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Rapporto Coop 2017: cresce la qualità del vino al supermercato

Si parla anche di vino nel rapporto Coop 2017. Una fotografia dell’economia e della società italiana, attraverso i dati che arrivano dal mondo della grande distribuzione organizzata. L’italiano disegnato da Coop sembra aver perso per strada molti desideri.

Tra questi, anche quello della buona tavola. Fuma di meno, beve di meno e ama di meno (-10% il calo del desiderio sessuale negli ultimi 15 anni e, conseguentemente, -6% la diminuzione registrata nell’ultimo anno nella spesa per profilattici).

In testa, piuttosto, l’italiano ha il gioco d’azzardo. A tentare la sorte in vario modo sono quasi in 30 milioni. Tradotto? L’Italia è tra i quattro popoli che perdono di più al mondo, dopo giganti come Stati Uniti, Cina e Giappone.

I CONSUMI
La trasformazione degli stili di consumo a tavola riguarda anche le bevande. Gli italiani si fidano sempre di più dell’acqua del rubinetto, ma aumentano anche le vendite di acqua in bottiglia, a scapito delle bevande gassate. Sul vino, gli italiani prediligono scelte di qualità. “Italianità” e “certificazione” del prodotto enologico sembrano essere le nuove chiavi.

Il vino resta sulla tavola degli italiani, anche se la crisi ha tagliato le gambe alle spese più voluttuarie, tra cui figurano gli alcolici. Segni incoraggianti quelli che arrivano dai primi indicatori del 2017. In Gdo, il giro d’affari messo a segno da vini, spumanti e Champagne è aumentato del 2% nella prima metà dell’anno.

“Una performance anche più lusinghiera – evidenzia il rapporto Coop – se si considera che è in atto un progressivo travaso dei volumi di vendita nella direzione di formati più specializzati e di nicchia (vendita diretta con il produttore, enoteche, cantine)”.

A crescere è la qualità del prodotto medio, “al punto da configurare un fenomeno di upgrading importante della spesa”. I dati Nielsen sui volumi di vendita citati nel rapporto Coop documentano nel primo semestre dell’anno un incremento in quantità pari al 5% rispetto allo stesso periodo di un anno fa per i vini con etichetta certificata, a fronte di un calo del 3% per i vini comuni.

EXPLOIT DEI VINI BIO
Si beve meno ma meglio, insomma. Nella scelta di acquisto, la qualità viene prima del prezzo (93%), insieme all’italianità del vino (91%) e alla certificazione d’origine (l’86% sceglie vini Dop e l’85% Igp). Anche in questo ambito cresce la sensibilità verso la variante biologica: si tratta del vino prodotto attraverso l’utilizzo di antiparassitari naturali e l’abbattimento delle sostanze chimiche e dei solfiti.

Il volume delle vendite del vino bio in Grande Distribuzione è cresciuto del 25% nell’ultimo anno, con 2 milioni e mezzo di litri venduti. Se la qualità dell’acquisto è aumentata, la quantità di vino consumata dagli italiani
ha ceduto terreno, in ragione di una predilezione per uno stile di vita più “sobrio”. Secondo il Censis, soltanto il 2,3% degli italiani consuma più di mezzo litro di vino al giorno (era il triplo trenta anni fa).

I MILLENNIALS
“Uno spaccato generazionale dei consumatori che evidenzia l’emergere di un elemento di discontinuità rispetto al passato, dal momento che la riscoperta delle eccellenze enologiche è partita dai più giovani”, recita ancora il rapporto Coop 2017. Secondo il Nomisma Wine Monitor, che ha messo a confronto i Millennials italiani con i coetanei statunitensi, nel nostro Paese si rileva “una profonda cultura del vino”.

Nella fase di orientamento all’acquisto nel nostro Paese si guarda all’origine del prodotto, oltre che alle caratteristiche organolettiche e all’affidabilità del produttore.

La passione degli italiani per il vino non si ferma all’acquisto, ma sulla scia di Expo è cresciuto anche l’interesse verso le manifestazioni enologiche. Nel 2016 sono stati 24 milioni gli italiani che hanno partecipato a eventi a tema sul vino, fra cui tantissimi giovani.

Gli stranieri non sono da meno, tanto che all’edizione 2017 di Vinitaly sono stati 48 mila i visitatori dall’esteo, di cui oltre la metà accreditati come top buyer (+8% rispetto al 2016), provenienti da 70 Paesi. Il vino rappresenta del resto uno dei principali ambasciatori del “Made in Italy”.

LE PREVISIONI
Secondo le analisi di Confcooperative, i volumi di vendita del vino nel mondo fra il 2015 e il 2020 cresceranno del 13,4%, e l’Italia, primo produttore in assoluto, vedrà ampliarsi le sue quote di mercato. Nel 2016, l’export del settore vinicolo italiano ha raggiunto quota 5,6 miliardi di euro, segnando un +4,3% sul 2015.

I mercati principali sono quello statunitense e quello tedesco, ma fra i Paesi più promettenti troviamo Cina e Russia, che nel 2016 hanno fatto segnare una crescita in volume dei vini importati dall’Italia rispettivamente pari all’11% e al 15%.

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Vino bio “migliore per qualità”. Ecco i più bevuti al supermercato

Il vino biologico è di qualità superiore. Questo quanto emerso dall’analisi di oltre 74 mila rating di vini di diverse vendemmie, varietà e regioni di produzione pubblicati da the Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator.

Nel corso del convegno “Il successo del vino biologico in Europa e nel mondo”, tenutosi in occasione di Vinitalybio e promosso da FederBio, i puntuali interventi tecnici di Enzo Mescalchin della Fondazione Mach di San Michele all’Adige e di Leonardo Valenti dell’università di Milano hanno confermato quanto ipotizzato dai ricercatori delI’Università della California e di Bordeaux: la certificazione biologica “è associata ad un incremento statisticamente significativo della valutazione della qualità”. E in un vigneto senza uso di pesticidi chimici di sintesi “aumenta il vigore dei microrganismi che sono la parte vivente della sostanza organica”.

Le uve che derivano da questi vigneti “rappresentano gli interpreti più autentici del terroir”. Inoltre dall’esclusione dei fertilizzanti, che comporta un contenimento della resa, “deriva un miglior profilo organolettico”.

I DATI
“Da uve di miglior qualità derivano vini di miglior qualità – commenta Roberto Pinton, consigliere delegato di FederBio – il segreto del successo del vino biologico non è poi così misterioso. Per molte cantine biologiche, poi, si tratta quasi di una sfida per dimostrare di essere i più bravi, in grado di produrre vino da uve perfette e senza interventi invasivi in cantina”.

A fronte dell’incremento della qualità del vino sempre più produttori vitivinicoli optano per l’alternativa biologica. Una scelta che si traduce nello sviluppo a tripla cifra della viticoltura, cresciuta del +295% in Europa e del +280% nel mondo, nel periodo 2004-2015 (analisi Wine Monitor Nomisma su dati FIBL).

All’interno di questo scenario l’Europa detiene il primato sia per maggior superficie vitata bio del mondo (293 mila ettari pari al 88% della superficie globale), che per l’incidenza delle superfici vitate bio sul totale (che nel 2015 ha superato il 7% a fronte di una quota mondiale inferiore al 5%).

ITALIA SUL PODIO
Come nella maggior parte delle statistiche sulla produzione biologica, l’Italia è sul podio. Con 83 mila ettari di vigneto coltivati con metodo biologico, il Bel Paese è leader per incidenza sul totale della vite coltivata (l’11,9% è bio), seguita da Austria con l’11,7% e Spagna con il 10,2%.

“Nel nostro Paese da 52 mila ettari nel 2010, si è raggiunta quota 83 mila ettari nel 2015 sui 332.000 totali a livello mondiale – commenta il presidente di FederBio Paolo Carnemolla –  e si prevede di superare la soglia dei 90 mila per il 2016. In Sicilia gli ettari sono oltre 32.000, in Toscana sono 11.500, quasi 11mila in Puglia, più di 4mila nelle Marche e nel Veneto e più di 3.500 in Abruzzo: non c’è una denominazione d’origine per la quale non ci sia un’offerta di vino biologico da parte di qualcuna delle 1.500 cantine”.

In Italia, a fronte di un tiepido +1% delle vendite di vino in generale, le vendite di vino bio hanno registrato un +53% rispetto al 2015, raggiungendo il valore di 9,6 milioni di euro nella sola grande distribuzione organizzata.  Il grosso delle vendite si registra sui più esigenti mercati esteri (Usa, Giappone; Germania,Gran Bretagna).

I VINI BIO PIU’ BEVUTI IN ITALIA
Nel momento della scelta il consumatore italiano predilige il vino rosso (69% delle vendite di vino bio in Gdo, +42% rispetto al 2015), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+93%) assieme ai vini spumanti e frizzanti (+162%).

Nello specifico il Montepulciano d’Abruzzo (18% delle vendite 2016 di vino bio a valore), seguito dal Nero d’Avola (9%) e dalle diverse tipologie di Chianti (8%) sono i vini biologici più apprezzati dagli italiani. Naturalità (24%), salubrità (20%) e qualità (17%) sono le tre proprietà distintive che i consumatori attribuiscono al vino bio, e che sono il drive del suo successo.

Decisi ad affrontare il fenomeno adottando un punto di vista internazionale, la Survey multi-country di Wine Monitor affidata a Nomisma da ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), ha indagato, oltre all’Italia, su abitudini e comportamenti di acquisto dei consumatori di Germania e Regno Unito. Questi mercati, fondamentali partner commerciali dell’Italia per il vino in quanto tra i primi importatori al mondo, offrono grandi prospettive per il nostro Paese anche nel settore del biologico.

UK, CRESCITA RECORD
In UK, secondo i dati Global Snapshot Nielsen, le vendite di vino bio in Gdo nel 2016 si attestano a 20,7 milioni di euro (esclusi i vini frizzanti e spumanti), con uno share di biologico dello 0,4% sul totale dei vini venduti con una crescita del +24% nell’ultimo anno. In questo scenario, un quarto delle bottiglie bio vendute è di provenienza italiana e, solo nell’ultimo anno, nel Regno Unito l’incremento a valore è stato dirompente (+82% a valore e +72% a volume).

Come per l’Italia l’interesse per il vino bio è in costante crescita, la quota di consumatori che negli ultimi 12 mesi ha consumato almeno una volta un vino biologico è del 12% in Germania e del 9% in UK. Anche per quanto riguarda le preferenze sul vino bio i gusti di inglesi e tedeschi sono simili a quelli italiani con rossi e bianchi fermi in prima posizione in entrambi i mercati, segue in UK il rosso frizzante e in Germania il bianco frizzante.

VINO TRA LE BIO ECCELLENZE MADE IN ITALY
Infine viene sottolineata l’ottima reputazione che vino biologico made in Italy gode oltre i confini nazionali. Per il 42% dei consumatori inglesi e per il 40% di quelli tedeschi, i vini bio made in Italy hanno qualità mediamente superiore rispetto ai vini bio di altri Paesi e sono evocativi di alta qualità (19%) e di autenticità (15%). Particolarmente elevata la reputation dei vini bio italiani per il consumatore inglese, il 22% degli user bio in UK posiziona l’Italia al primo posto nella classifica dei Paesi che producono i vini biologici di migliore qualità.

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Gdo, packaging innovativi: la birra del futuro arriva dalla Russia

E’ la prima birra russa premium non pastorizzata, Gold Mine Zhivoe, ad essersi aggiudicata il “Breakthrough Innovation Report” di Nielsen, elaborato annualmente per individuare i lanci di maggior successo. Ognuna delle 11 iniziative selezionate ha prodotto, infatti, vendite per almeno 7,5 milioni di Euro nel primo anno di lancio (5 milioni per i lanci nell’Europa Orientale) e ha mantenuto il 90% di questa performance anche nel secondo anno.

A colpire, per quanto riguarda la Gold Mine Zhivoe, è la capacità del packaging di unire efficacia commerciale e comunicativa. Gold Mine Zhivoe, birra non pastorizzata, può rimanere per breve tempo sugli scaffali (la data di scadenza non è certo quella delle comuni birre presenti in Gdo). L’azienda produttrice, di conseguenza, ha ideato una bottiglia a forma di bicchiere, riempito di birra fresca.

“Questo – sottolinea Ben Schubert dell’area Innovation di Nielsen e co-autore del Report – ha contribuito a creare nella mente del consumatore l’idea di associare il prodotto al gusto refrigerante della birra alla spina e a un’atmosfera da bar. Il packaging – aggiunge Schubert – ha avuto un livello di innovatività rispetto alle birre tradizionali tale da risaltare sugli scaffali presentandosi prepotentemente agli occhi dei consumatori. Ciò ha indotto i retailer a fare ingenti approvvigionamenti del prodotto”.

NUOVI PRODOTTI, NUOVI PACK
Il design del packaging, uno degli aspetti su cui meno si focalizza l’attenzione del marketing, è stato uno degli elementi fondamentali dietro il successo di lanci di nuovi prodotti negli ultimi due anni in Europa. Il 60% delle decisioni di acquisto avviene, infatti, davanti agli scaffali della grande distribuzione. I consumatori europei vengono a conoscenza dei nuovi prodotti per il 58% da amici/famigliari, per il 56% negli store.

La promozione nel punto vendita (display, adv in store e promozioni) è lo strumento più efficace (20%) per raggiungere volumi di vendita considerevoli. Il secondo driver è la promozione sui media (5%), così segmentati: web 34%, TV 31%, stampa 24%, out of home (cartellonistica – manifesti outdoor) 7%, radio 5%.

Nel 2015 in Europa sono stati lanciati 35.585 nuovi prodotti, il 9% in più rispetto al 2014. Mediamente ogni nuovo prodotto ha generato un fatturato approssimativo di 160.000 Euro nel primo anno. Si rileva un sensibile gap fra i lanci di successo e i rimanenti: il 20% dei prodotti lanciati genera l’80% del fatturato proveniente dalle vendite di nuovi prodotti.

IL REPORT
“Dal Breakthrough Innovation Report – dichiara l’amministratore delegato di Nielsen Giovanni Fantasia – emerge che uno dei driver principali per il lancio di nuovi prodotti è quello di soddisfare i bisogni espressi dai consumatori. Questa è una condizione fondamentale per sostenere e incrementare la domanda del prodotto. Tuttavia, lo sviluppo dell’idea di un prodotto ricercato e gradito al pubblico, è solo la prima metà del lavoro. La seconda parte consiste nell’implementazione del processo di vendita, che comprende packaging, pricing, azioni negli store, comunicazione”.

“Dallo studio Nielsen – ha continuato Fantasia – risulta che l’ottimizzazione del profilo del packaging genera in media un incremento del 5,5% delle vendite rispetto a prodotti con packaging utilizzato da tempo. Il packaging costituisce uno strumento decisivo del marketing mix per accrescere il livello di conoscenza del prodotto e indurre alla prova. Per poter raggiungere questi risultati, la confezione deve essere innovativa, appealing e deve comunicare la value proposition dell’offerta, così che il consumatore possa immediatamente afferrare il concept del prodotto”.

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