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La banda del falso Romanée Conti: scoperte bottiglie con etichette contraffatte (video)

La banda del Romanée Conti scoperte bottiglie di vino con etichette false (video)
I Carabinieri del NAS di Torino hanno smantellato
una banda dedita alla contraffazione e commercializzazione di bottiglie di vino francese di altissimo pregio. Tra queste, anche del falso Romanée Conti della Borgogna. L’operazione si inserisce nel quadro di un’ordinanza di indagine penale europea, emessa dalla magistratura francese ed eseguita dalle Procure della Repubblica di Torino e Milano. Oltre ai sei mandati di arresto europeo, i Carabinieri hanno eseguito 16 decreti di perquisizione. L’attività ha coinvolto anche Europol e ha visto la collaborazione di varie forze di polizia francesi. Sei le persone arrestate dopo numerose perquisizioni in diverse province italiane, tra cui Torino, Monza, Cuneo, Roma e Bologna.

FALSO ROMANÉE CONTI: I DETTAGLI DELL’INDAGINE

I reati contestati agli arrestati riguardano l’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e la contraffazione di marchi (art. 474 c.p.), in particolare nell’ambito dell’importazione e commercializzazione di prodotti con segni falsi. L’organizzazione criminale, composta da membri di diverse nazionalità, operava principalmente nella falsificazione di vini pregiati, tra cui bottiglie dal valore che poteva raggiungere i 15 mila euro ciascuna.

Le bottiglie contraffatte venivano poi immesse nel mercato a prezzi di mercato regolari, truffando ignari commercianti. Al centro del sodalizio criminale, un cittadino di nazionalità russa, ritenuto il principale artefice della rete. L’uomo si avvaleva della collaborazione di tipografie italiane per la produzione di etichette e tappi falsi, che venivano poi apposti su bottiglie di vino destinate al mercato internazionale.

FALSI VINI PREGIATI FRANCESI: LA LOGISTICA DELLA CONTRAFFAZIONE

Le indagini sulla banda hanno rivelato che le etichette contraffatte, comprese quelle del falso Romanée Conti, venivano talvolta consegnate direttamente presso l’aeroporto di Malpensa, da dove il cittadino russo le portava all’estero per la distribuzione sui mercati mondiali. La contraffazione riguardava etichette di alcune delle case vitivinicole più note e apprezzate al mondo, attirando così l’attenzione delle autorità francesi, che hanno poi avviato l’inchiesta internazionale. Nel corso delle operazioni, i Carabinieri del NAS hanno sequestrato numerose bottiglie contraffatte, etichette, dispositivi informatici e telefoni cellulari appartenenti agli indagati. Sono stati inoltre confiscati denaro e altri beni di valore, oltre a documentazione che si ritiene fondamentale per proseguire le indagini.

LA BANDA DEL ROMANÉE CONTI: L’OPERAZIONE DEI NAS

L’operazione rappresenta un importante passo avanti nella lotta alla contraffazione nel settore del vino, che non solo danneggia l’economia, ma mette anche a rischio la reputazione di marchi storici e prestigiosi. Il mercato del vino di lusso è, infatti, un settore particolarmente sensibile alla falsificazione, dove ogni bottiglia rappresenta non solo un valore economico, ma anche culturale e storico. Le indagini, supportate anche da Europol, proseguiranno nei prossimi mesi per individuare eventuali altri complici e ramificazioni della rete criminale a livello internazionale.

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Contraffazione e frode in commercio: Piacenza Wine Group sotto inchiesta


Cantine Casabella
di Castell’Arquato e A.v.p.g. – Azienda Vitivinicola Gazzola Pietro e Stefania di Travo sono al centro di un’inchiesta dei carabinieri del Nas di Parma coordinata dalla Procura di Piacenza, che ha avuto anche riflessi su personalità di spicco dell’ente certificatore Valoritalia. L’ipotesi è la contraffazione di vini Dop dei Colli Piacentini e la frode in commercio. Gutturnio, Ortrugo, Barbera, Malvasia e Trebbianino sarebbero stati mescolati con vini di altre zone – le percentuali che variano dal 20 al 53% – contro quanto stabilito dai disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata (Doc) o a Indicazione geografica protetta (Igp).

COLLI PIACENTINI: CONTRAFFAZIONE E FRODE SU 500 MILA BOTTIGLIE

Secondo l’accusa, le aziende avrebbero contraffatto 60 mila litri, per un totale ipotizzabile di circa 80 mila bottiglie. Le due cantine, che operano in modo assiduo con la Grande distribuzione, per esempio con insegne come Carrefour Italia, sono riconducibili alla holding Piacenza Wine Group, di cui è titolare l’imprenditore Pietro Gazzola. La notizia dell’indagine è stata diffusa per la prima volta nei giorni scorsi dal quotidiano locale Libertà.

PIACENZA WINE GROUP DI PIETRO GAZZOLA NEL MIRINO

Il gruppo è stato fondato nel 2019 dall’unione della cantina di Gazzola, A.v.p.g., e Cantine Casabella. Un’operazione che non è passata inosservata nel mondo del vino piacentino ed emiliano-romagnolo: 7 milioni di euro il patrimonio netto della holding e 11,5 milioni di euro il valore stimato della produzione, all’epoca dell’accordo. In seguito alle prove raccolte dai Nas di Parma nelle due aziende vinicole, sono dodici le persone indagate dalla Procura di Piacenza. Si tratta del titolare e di alcuni dipendenti, tra cui un agronomo e un enologo.

SILURATO IL DIRIGENTE DI VALORITALIA A PIACENZA 

Nel mirino anche il dirigente dell’ufficio di Piacenza di Valoritalia, silurato dai vertici dell’ente con licenziamento per giusta causa. Allontanati anche due ispettori dell’agenzia piacentina, consulenti esterni responsabili di negligenze durante i controlli effettuati nelle cantine. Pratiche scorrette scoperte grazie a un’indagine interna dell’ente certificatore, che dichiara di aver collaborato sin da subito con gli inquirenti. Alla base della contraffazione di vini Dop dei Colli piacentini ci sarebbe infatti una sistematica alterazione dei registri di cantina, utile a giustificare le giacenze dei vini Dop e Igp.

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Da Treviso a Catania, 17 cantine italiane da Terzo mondo: sequestri per 11 milioni (video)

Non sarà ricordata solo per la peronospora e per gli stock da brividi la vendemmia 2023 in Italia. Da Treviso a Catania, i carabinieri del Nas hanno sequestrato nel corso di numerose operazioni circa 300 mila litri di vino «irregolare» e chiuso stabilimenti per un valore complessivo di 11 milioni di euro. Il quadro dipinto dall’operazione su scala disegna i contorni di un’Italia del vino da “Terzo mondo”: impianti per la vinificazione in condizioni igienico-sanitarie disastrose, aggiunta di zucchero abusiva per elevare la gradazione. Ma anche utilizzo di chips e trucioli per vini Dop, quantitativi di mosto “fantasma”, non presente nei registri, e vasi vinari abusivi.

Un totale di 960 ispezioni in tutto il Paese, dal bilancio sconcertante: ben 239 le «situazioni di non conformità» riscontrate dal Nas, pari al 24% del totale. Una percentuale, spiegano gli inquirenti, influenzata dalle «modalità di selezione degli obiettivi, individuati tra quelli che presentavano maggiore interesse operativo». In altre parole, carabinieri e Ispettorato Centrale per la Qualità e Repressione delle Frodi (Icqrf) hanno agito pressoché a colpo sicuro, forti di indagini preliminarmente svolte nei confronti di alcune cantine sospette.

A seguito delle irregolarità, sono stati segnalati all’Autorità Sanitaria ed Amministrativa 218 operatori della filiera del vino. Contestate complessivamente 344 violazioni amministrative, pari a 290 mila euro. Ben 17 le aziende che svolgevano la propria attività «in sedi produttive interessate da gravi carenze igienico-strutturali ed autorizzative» per le quali è stata disposta la sospensione delle attività. Allo stesso tempo sono stati riscontrati prodotti vinosi privi di tracciabilità e non censiti nei registri di giacenza della cantina. Per questi ultimi è scattato il sequestro, per un quantitativo complessivo di oltre 300 mila litri di prodotto in fermentazione o già trasformato in vino, per un valore commerciale delle strutture chiuse e dei prodotti sequestrati di circa 11 milioni di euro.

L’ITALIA DEL VINO DA TERZO MONDO, DA TREVISO A CATANIA


Le irregolarità hanno riguardato anche la detenzione di sostanze vietate negli stabilimenti enologici, presso i quali sono state sequestrate 3 tonnellate di zucchero. Una sostanza, sempre secondo gli inquirenti, destinata «al fraudolento impiego per aumentare la gradazione del vino, fenomeno tuttora presente in alcune aziende della filiera vitivinicola italiana».
Tra le operazioni più rilevanti quella del Nas Treviso, che ha rinvenuto e sequestrato 2.800 chilogrammi di zucchero, per complessivi 4 mila euro, occultati nell’area esterna destinata alla pigiatura dell’uva.

Colpo grosso anche per i Nas di Bologna, che hanno riscontrato «gravi criticità sulla corrispondenza di giacenza e sulla esatta origine delle masse vinose» presenti in una cantina della provincia. Sequestrati così 16.610 litri di vino rosso e vino bianco, oltre a 5,59 kg di prodotti ed additivi enologici che sarebbero stati impiegati nella rettifica e correzione di acidità dei vini, con scadenze superate anche da circa 6 anni. Additivi conservati «promiscuamente ed impropriamente, unitamente a sacchi aperti di fitosanitari ed insetticidi». Presso un’altra azienda vitivinicola della provincia di Bologna sono stati rinvenuti e sequestrati 300 chilogrammi di mosti concentrati rettificati anonimi, conservati «in taniche di plastica non idonee e destinati ad essere usati per la seconda fermentazione di vini spumanti/frizzanti da immettere poi in commercio».

La vista operazione dei carabinieri del Nas ha coinvolto anche la capitale. I carabinieri del Nucleo anti sofisticazione di Roma hanno rilevato «importanti carenze igienico-sanitarie e strutturali» all’interno di due cantine della provincia. In uno dei casi, il più grave, si è proceduto alla sospensione immediata dell’impianto del valore di un milione di euro. Sequestrati complessivamente 10 mila litri di prodotto vinoso del valore commerciale di 20 mila euro, rinvenuto in eccedenza «in quanto – spiegano gli inquirenti – non giustificato dai registri di giacenza».

TRUCIOLI DI ROVERE NEI VINI DOP, ZUCCHERO E ACQUA NON POTABILE

Sempre nel Lazio, i Nas di Latina hanno disposto la cessazione immediata dell’attività di vinificazione ed imbottigliamento di un’azienda vitivinicola della provincia. In loco sono state accertate «gravi carenze igienico strutturali dei locali di vinificazione», oltre all’utilizzo di acqua priva della certificazione di potabilità, estratta da un pozzo privato. Il valore della struttura chiusa corrisponde a 100 mila euro. I Nas Catania, in seguito ai controlli effettuati presso due aziende vitivinicole della provincia, hanno sequestrato 700 litri di vino bianco privo di tracciabilità, stoccato in vasi vinari non identificati.

Negli stessi stabilimenti sono stati rinvenuti 10 chilogrammi di coadiuvante tecnologico (trucioli di rovere e “chips”) utilizzati abusivamente nelle pratiche enologiche sui vini a Denominazione di Origine protetta (Dop). Sono stai scoperti, inoltre, 3 vasi vinari non registrati. Presso un’altra azienda agroalimentare catanese sono stati sequestrati 1.200 litri di prodotto vinoso contenuto in un vaso vinario privo di registrazione sanitaria. Trentotto i chili di sostanza zuccherina «impropriamente utilizzata nelle pratiche enologiche all’interno del laboratorio di vinificazione», per un valore complessivo di circa 90 mila. In definitiva, una stangata ai furbetti del vino di cui l’Italia fatica ancora, nel 2023, a liberarsi, a danno dell’intero settore.

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Prosecco e Pinot Grigio gonfiati in Veneto e Friuli: inchiesta per frode di Icqrf e Nas


Le rese dei vigneti erano quelle dei vini da tavola e dei vini Igt. Ma le uve venivano poi spacciate per Doc, alimentando così il florido mercato del Prosecco e del Pinot Grigio, senza il rispetto dei relativi disciplinari di produzione. Questo l’impianto d’accusa che ha portato i Funzionari dell’Icqrf (Ispettorato Repressione Frodi) e i Carabinieri del Nas a indagare i titolari di due cantine situate tra le province di Udine, Pordenone, Gorizia e Treviso. Nell’inchiesta anche una persona giuridica la cui attività ha sede tra Friuli e Veneto. Dovranno rispondere di frode in commercio e della falsificazione di documenti utile al disegno criminale.

L’operazione, come spiegano i carabinieri del Nas di Udine a winemag.it, è scattata in mattinata ma è tutt’ora in corso. Non si esclude che il cerchio possa allargarsi ulteriormente, sin dalle prossime ore. Per il momento, i funzionari della Repressione Frodi e i carabinieri del Nucleo anti sofisticazione, stanno dando esecuzione ai decreti di perquisizione emessi dalla Procura della Repubblica di Udine nei confronti di circa una trentina tra cantine, imprese agricole, abitazioni e ditte di trasporto.

L’indagine, volta al contrasto alle frodi ai danni dei consumatori ed alla tutela della qualità delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche di prodotti agroalimentari, nello specifico Prosecco e Pinot Grigio, non ha rivelato potenziali rischi per la salute pubblica. Le partite di uva “gonfiate” in termini di rese, superiori a quanto prescritto dai disciplinari, conduce infatti a una minore qualità dei mosti, ma non a pericoli di carattere sanitario.

FALSO PROSECCO E PINOT GRIGIO TRA FRIULI E VENETO

Le indagini, come rivelano gli inquirenti a winemag.it, hanno preso avvio nei mesi scorsi, a partire da un normale controllo di routine compiuto dagli ispettori dell’Icqrf in collaborazione con i carabinieri del Nas. La documentazione presentata da una cantina di Udine, confrontata con i quantitativi immessi sul mercato, ha insospettito le forze dell’ordine, che hanno così scoperto l’illecito relativo alle rese dei vigneti.

L’inchiesta è stata poi allargata ad altre cantine della zona, spingendosi poi nelle province di Pordenone, Gorizia e Treviso. Un vaso di pandora che vede coinvolte alcune delle denominazioni italiane più note nel mondo, ovvero Prosecco e Pinot Grigio, per la cui promozione in Europa e nel mondo vengono spesi ogni anno centinaia di migliaia di euro, in parte finanziati dall’Ue. Ma non è tutto.

Tra le ipotesi investigative c’è anche quella che i vini prodotte dalla quindicina di cantine finite nella rete delle forze dell’ordine siano stati ottenuti in parte con uve di varietà e provenienza diversa da quella dichiarata, non rientranti nei disciplinari di produzione. Gli inquirenti escludono, al momento, un collegamento causa-effetto tra il taglio di 1.100 viti ai danni di un viticoltore di Bertiolo e l’inchiesta scattata in mattinata.

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Lecce, scoperta fabbrica clandestina di liquori (VIDEO)

A seguito di una attenta attività di presidio del territorio, i funzionari Adm di Lecce, unitamente ai Carabinieri Nas di Lecce, hanno scoperto una fabbrica clandestina di liquori. Le operazioni di infusione e miscelazione di alcol per la produzione di liquori venivano svolte in un garage di pertinenza di una abitazione privata. Il tutto senza alcun tipo di autorizzazione fiscale e sanitaria.

I funzionari Adm e i Militari del Nas hanno sequestrato tutte le attrezzature presenti. Contenitori metallici, filtri, etichettatrici e ogni altro materiale utilizzato per la fabbricazione clandestina. Sequestrati inoltre prodotto semilavorato e 200 bottiglie di liquore già etichettate e imballate pronte per essere immesse in commercio avente diverse denominazioni (limoncello, arancello, cafè, alloro, ecc).

Il responsabile della frode è stato denunciato alla competente Procura della Repubblica per fabbricazione e commercializzazione di liquori senza le prescritte autorizzazioni. Le ipotesi di reato, in corso di accertamento attraverso il vaglio dell’A.G. ed eventualmente degli Organi giudicanti, riguardano la sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa sull’alcol e le bevande alcoliche.

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Nas, Operazione Margherita: pizze gourmet “da guida” con ingredienti surgelati e finte Dop

Duro colpo dei carabinieri del Nas Tutela Agroalimentare al settore delle pizzerie gourmet. Nell’ambito dell’Operazione Margherita, i militari hanno scoperto l’utilizzo di ingredienti surgelati e prodotti spacciati per Dop e Igp, non iscritti al relativo disciplinare. Il blitz ha visto impegnati i Reparti per Tutela Agroalimentare (Rac) di Torino, Parma, Roma, Salerno e Messina.

Sono stati denunciati per frode in commercio i titolari di 7 note pizzerie gourmet. Accertate anche altre irregolarità, come la mancata indicazione nei menù degli allergeni e la mancata rintracciabilità di alcuni ingredienti.

Elevate 6 sanzioni per un totale di 18.334 euro ed irrogate tre diffide. Ammonta a un totale di 20 chilogrammi di prodotti agroalimentari vari il sequestro effettuato dai carabinieri del Nas nell’ambito dell’Operazione Margherita.

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Operazione Ghost wine: vino sofisticato e cantine fantasma in provincia di Roma

Sequestrati in provincia di Roma oltre 30 mila litri di vino, 60 litri di vari aromi sintetici, caramello e altre sostanze idonee alla sofisticazione dei vini, per complessivi mille litri. È il risultato dell’operazione Ghost wine dei carabinieri del Nas di Roma, dopo l’indagine condotta dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi.

Scoperte diverse cantine fantasma, dedite alla produzione e al commercio di vini sofisticati per un valore superiore ai 500 mila euro, oltre alle attrezzature enologiche e ai serbatoi.

Il blitz, coordinato dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Tivoli Giuseppe Mimmo e non a caso denominato Ghost Wine, ha interessato non solo alcuni locali adibiti a cantine fantasma, ma anche abitazioni e pertinenze in uso alle cinque persone indagate.

L’OPERAZIONE GHOST WINE DEI NAS DI ROMA

Le ricerche dei militari e degli ispettori della repressione frodi si sono concentrate sulla ricerca di partite di vino sofisticato e di sostanze “dopanti” come zuccheri esogeni, acidi ed aromi. In particolare, è stato sequestrato uno stabilimento vinicolo non censito nei registri nazionali.

L’indagine è scaturita in seguito alle analisi chimiche su campioni di vini Dop e Igp del Lazio, detenuti all’interno di uno stabilimento enologico in provincia di Roma. I controlli effettuati dal laboratorio Icqrf di Perugia hanno evidenziato la presenza di acqua e zuccheri non naturali dell’uva.

Le investigazioni hanno permesso di accertare che i cinque indagati si avvalevano di forniture di vini da parte di altre cantine, che cedevano prodotti comuni anche “in nero”.

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Il business della finte uova di Pasqua artigianali, comprate al discount (VIDEO)

Compravano uova di Pasqua nei discount e le rivendevano su Facebook, spacciandole per uova artigianali di cioccolato. Due le persone indagate nell’ambito di un’operazione di contrasto alla contraffazione alimentare e alle frodi commerciali del Nas Carabinieri di Pescara.

In seguito a una perquisizione compiuta a casa della coppia di pescaresi, i militari hanno scoperto un vero e proprio laboratorio clandestino per il riconfezionamento delle uova di Pasqua.

Sotto sequestro, su disposizione della Procura della Repubblica di Pescara, anche gadget e materiale di confezionamento e imballaggio, oltre alla documentazione amministrativa e bancaria.

Le indagini hanno dimostrato che i due indagati rivendevano i dolci acquistati a basso prezzo nei discount a un prezzo quadruplicato, spacciandoli per artigianali.

Dalla ricostruzione dei movimenti bancari, gli inquirenti hanno appurato che solo negli ultimi 15 giorni erano riusciti a vendere oltre 300 uova pasquali, per un valore di circa 8 mila euro. Il tutto grazie a Facebook e altri canali social su cui la coppia pubblicizzava i dolci contraffatti.

Allo scopo di attrarre i possibili acquirenti venivano utilizzati gadget e involucri riproducenti famosi personaggi di una notissima serie cinematografica per ragazzi.

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Salsiccia di Bra “dopata” con i solfiti: tre macellai agli arresti domiciliari (VIDEO)

Tre macellai sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari, per aver “dopato” la nota Salsiccia di Bra con una dose massiccia di solfiti. Si tratta del risultato di un’articolata operazione dei carabinieri del Nas di Torino e dei militari della Compagna locale, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Asti.

Le indagini sono state avviate nella cittadina della provincia di Cuneo, in Piemonte, a fine 2019. I militari del Nas hanno infatti riscontrato la significativa presenza di una sostanza vietata – solfiti, per l’appunto – nei campioni di carne trita destinata alla produzione della Salsiccia di Bra, prelevati presso alcune macellerie locali.

Nonostante le conseguenti denunce a piede libero e l’applicazione della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale, già disposta nell’agosto del 2020 dal Tribunale di Asti, l’ulteriore attività di prelevamento dei campioni eseguita dai Carabinieri del Nas ha permesso di accertare la reiterazione dei reati da parte dei tre macellai.

Su richiesta del Procuratore Aggiunto Vincenzo Paone, il Tribunale di Asti ha quindi proceduto alla richiesta di arresti domiciliari, «al fine di scongiurare il pericolo di ripetizione del reato, particolarmente pericoloso per la salute pubblica».

Secondo numerose analisi di laboratorio compiute in seguito ai blitz delle forze dell’ordine, l’utilizzo di solfiti nella Salsiccia di Bra, e più in generale nella carne trita di bovino, non è raro. Sostanze che vengono impiegate per le loro proprietà conservanti.

Pur non incidendo sul processo di ossidazione e putrefazione, i solfiti sono in grado di mantenere a lungo il colore originario del prodotto, rendendolo commercialmente più appetibile soprattutto per la consumazione a crudo, come nello specifico caso della Salsiccia di Bra.

Un prodotto riconosciuto quale “Prodotto Agroalimentare Tradizionale” italiano, la cui preparazione è rigidamente definita da un apposito disciplinare di produzione controllato dal relativo Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione.

L’eccessiva concentrazione di solfiti può provocare anche gravi conseguenze sulla salute pubblica, dando origine a reazioni allergiche o a fenomeni di intolleranza se assunti da individui sensibili o ipersensibili.

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Tignanello falso su Tannico, Magnocavallo: “Indagini Nas, concorrenti non marcino”

Sulla bottiglia di Tignanello falso venduta da Tannico sono in corso indagini dei Nas. A confermalo, attraverso una telefonata a WineMag.it, è Marco Magnocavallo, Ceo e Co-founder della più vasta enoteca online d’Italia. “Abbiamo fatto tutto il possibile”, sottolinea. E aggiunge: “I concorrenti non marcino su questa notizia”.

A far scattare le indagini del Nucleo anti sofisticazione dei Carabinieri di Milano è stato lo stesso numero uno di Tannico. “Il 2 aprile – spiega Marco Magnocavallo a WineMag.it – il nostro servizio clienti ha ricevuto la segnalazione da parte di un cliente che sosteneva di aver acquistato una bottiglia falsa di Tignanello”.

L’acquirente, bresciano, contatta anche privatamente il Ceo, su Linkedin. “Gli abbiamo risposto immediatamente, proponendo non solo il rimborso, ma anche il ritiro a domicilio della bottiglia, ovviamente a spese nostre. L’idea era quella di fare le nostre verifiche, trattandosi di un caso particolare”.

“Lo scambio di email e messaggi va avanti a lungo – racconta Magnocavallo – anche perché gli Antinori, da me contattati, dicono che è fondamentale avere bottiglia, perché c’è un’indagine dei Nas in corso. Ho dunque insistito con il cliente, che invece ha scelto di tenersi la bottiglia. Cosa che non ha sorpreso gli Antinori: mi hanno detto di conoscere bene l’acquirente, a quanto pare una persona avvezza a generare clamore”. Clamore che non riguarda la falsificazione della bottiglia, ma le “polemiche dopo l’acquisto”.

Ordina Tignanello su Tannico: scopre che è falso

Nel frattempo, Tannico avvia le ricerche nel proprio magazzino. “Abbiamo scoperto di avere altre 3, 4 bottiglie dello stesso lotto – evidenzia il Ceo di Tannico – che abbiamo ritirato e spedito ad Antinori, per la controprova. L’8 aprile, la cantina ci ha confermato che si trattava di Tignanello falso. Ho dunque deciso di contattare i Nas”.

Lo scambio di email va avanti per quasi una settimana, sino a che il nucleo Carabinieri per la Tutela della Salute convoca Marco Magnocavallo negli uffici di Milano, in via della Moscova, 2. “Era il 17 aprile – ricorda il fondatore dell’enoteca online – in pieno lockdown. Meglio di così non penso avremmo potuto gestire la situazione”.

Ma da dove arrivano le bottiglie false? Proprio su questo dettaglio si stanno concentrando le indagini dei Nas. “Come tutti i professionisti del settore – spiega Marco Magnocavallo a WineMag.it – noi acquistiamo le vecchie annate, quelle che chiamiamo ‘Vini rari‘, da quattro canali: cantine, aste, ristoranti e collezionisti privati”.

“Nel caso della bottiglia di Tignanello falso, siamo stati contattati da un fornitore collezionista privato – sottolinea il Ceo di Tannico – una persona fidata, che ci aveva già venduto altre bottiglie. Conservo ancora la email in cui ci parla di 6 bottiglie di Tignanello 2001 che avrebbe potuto acquistare a buon prezzo da un amico. Il prezzo soddisfaceva anche noi, dunque le abbiamo comprate”.

Si tratta di un collezionista italiano, attorno al quale si stanno stringendo sempre più le maglie delle forze dell’ordine. Un caso che, per Magnocavallo, non mina la credibilità del brand: “Tutto questo polverone messo in piedi tra i clienti – afferma – è frutto di invidia verso Tannico, nonché della volontà di darci fastidio”.

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Falso Sassicaia, Brunello e Chianti alla fiera del vino in Cina: sgominata la banda

Falso Sassicaia, Brunello di Montalcino e Chianti di noti marchi, confezionato “ad arte” in Italia e venduto in Cina, a ignari acquirenti. Non solo: i falsari si sono presentati addirittura a un’importante Fiera del vino in Cina, esponendo i tarocchi. A porre fine all’ennesimo traffico illecito di vino Made in Italy sono stati i Carabinieri del Nas di Firenze, in collaborazione con i militari del Nas di Padova e dei rispettivi comandi carabinieri provinciali.

L’operazione “Geminus“, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pistoia, ha condotto in mattinata a quattro decreti di perquisizione nei confronti di tre indagati e di una società di import-export con sedi in Italia e in Cina.

I tre perquisiti di nazionalità cinese sono indagati, insieme ad altre quattro persone di nazionalità cinese e italiana, per aver prodotto, imbottigliato e commercializzato, in particolar modo all’estero, “vino con false indicazioni relative a denominazioni di origine geografica garantita e tipica”.

Il tutto “utilizzando in etichetta marchi, segni distintivi e caratteristiche grafiche e tipografiche che indebitamente imitano marchi registrati e il design del packaging di vini pregiati prodotti in Toscana”. Nel mirino dei falsari, dunque, vini Doc, Docg e Igt.

L’indagine ha preso avvio a marzo 2019 in seguito a una segnalazione pervenuta al Nas di Firenze da parte della stessa Tenuta San Guido di Bolgheri (Marchesi Incisa della Rocchetta). I militari, grazie a materiale fotografico, hanno potuto constatare l’esistenza di “copie” di Sassicaia e di altri vini toscani di pregio al banco di un espositore, durante The China Food and Drinks Fair (CFDF TaoWine), che si tiene ogni anno a Chengdu, in Cina.

Le conseguenti indagini avviate dal Nas hanno permesso di individuare il punto di origine delle bottiglie: un’azienda agricola in provincia di Pistoia, con ramificazioni anche in provincia di Siena, in particolare nel Chianti e a Montalcino.

I militari hanno quindi identificato il portale online utilizzato per vendere, a prezzi d’affare, i vini taroccati. Un’attività dimostrata anche dall’esistenza di pregresse importanti movimentazioni di vino Chianti in partenza dal pistoiese verso Hong Kong e la Cina continentale.

Grazie a diversi appostamenti i carabinieri del Nas, assieme al personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sono riusciti a intercettare al porto di La Spezia alcune partite di bottiglie di vino rosso spedite verso quelle destinazioni, prive dell’etichetta frontale.

Con i riscontri acquisiti nel corso dell’indagine, con la fattiva collaborazione dei legittimi titolari dei marchi, il Nas è riuscito a ricostruire i rapporti tra l’azienda toscana ed alcune società di import-export di merci varie con sede in Italia e in Cina, gestite da cittadini asiatici.

Le aziende, già in affari tra loro dal 2015, grazie all’intermediazione del mediatore pratese, avevano realizzavano l’accordo per inviare in Cina, a partire dal 2018, bottiglie munite di sola retro-etichetta, triangolate cartolarmente su società di comodo con sede in Hong Kong.

A destinazione, con la connivenza del produttore italiano, venivano apposte le etichette frontali create tipograficamente ad imitazione di quelle dei vini italiani. I vini così prodotti erano poi commercializzati da un’ulteriore società cinese, ritenuta collegata alle altre, destinandoli al mercato cinese e al mercato online tramite una delle più note piattaforme asiatiche di e-commerce.

COLDIRETTI: “TOLLERANZA ZERO SULLE FRODI”
“Le frodi – sottolinea Coldiretti nel commentare l’operazione – rischiano di dare il colpo di grazia alle esportazioni di bottiglie di vino italiano in Cina dove, dopo anni di costante crescita, sono praticamente dimezzate con un crollo del 44% nel 2020 anche per effetto dell’emergenza Covid-19″.

“Il gigante asiatico – sottolinea la Coldiretti – per effetto di una crescita ininterrotta della domanda è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo ma è in testa alla classifica se si considerano solo i rossi. Le bottiglie italiane sono particolarmente apprezzate tanto da attirare l’attenzione del lucroso business del falso Made in Italy agroalimentare che nel mondo vale oltre 100 miliardi di euro“.

Secondo Coldiretti “serve tolleranza zero sulle frodi che mettono a rischio lo sviluppo di un settore che è cresciuto puntando su un grande percorso di valorizzazione qualitativa che ha portato il vino italiano a raggiungere il record storico nelle esportazioni per un valore stimato in 6,4 miliardi nel 2019 ma che ora soffre le pressioni determinate dall’emergenza Covid con un calo del 3,3% nel 2020″.

Falso Bolgheri Sassicaia con vino siciliano: 400 mila euro al mese all’organizzazione

“Le frodi – continua la sigla – mettono a rischio un motore economico che con il vino ha generato oltre 11 miliardi di fatturato lo scorso anno e offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone, con la produzione tricolore destinata per circa il 70% a vini Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 % per i vini da tavola”.

L’operazione del Nas di Firenze arriva a pochi giorni da un altro duro colpo inferto dalle forze dell’ordine ai falsari del vino italiano, in particolare del Sassicaia. Le bottiglie tarocche, simili all’originale dal punto di vista estetico, contenevano vino siciliano.

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Uva conferita alla Cantina Sociale di Roverè della Luna: i Nas indagano su presunta frode

Sarebbe parte lesa, la Cantina Sociale di Roverè della Luna, qualora venisse confermata l’ipotesi di frode in commercio da parte della Procura della Repubblica.

Nei giorni scorsi i Nas dei Carabinieri si sono presentati in cantina per acquisire la documentazione relativa ad alcuni carichi d’uva della vendemmia 2016. Il sequestro dei documenti si colloca nell’ambito di una verifica in corso su 19 dei 300 soci conferitori, colpevoli (forse) di aver incrementato con uve di diversa varietà la partita di Pinot Grigio relativa all’annata in questione.

Una vendemmia ”sfortunata” a causa di un attacco di peronospora, malattia dovuta al fungo Plasmopara viticola che attacca tutti gli organi della vite, procurando riduzione della produzione di uva dell’annata.

Secondo alcune indiscrezioni, la denuncia sarebbe partita da altri soci, ma potrebbe finire in una bolla di sapone. I fatti e le responsabilità sono infatti ancora da accertare.

La Cantina di Roverè della Luna è stata fondata nel 1919 da 24 soci ed oggi conta 300 soci conferitori.  Punto di riferimento del territorio e fiore all’occhiello dell’enologia trentina  produce Teroldego,  Lagrein, Pinot Nero, Schiava, ma anche Gewürztraminer, Chardonnay, Müller Thurgau e Pinot Grigio.

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Nas, Operazione Bacco: Chianti, Brunello e Sassicaia contraffatti. Tre arresti

Un’attività di contraffazione “di proporzioni devastanti”. Con queste parole il gip definisce l’attività illecita messa in atto da tre soggetti arrestati ieri nel corso dell’Operazione Bacco. Il blitz è stato coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze nel capoluogo toscano e a Salerno. L’accusa nei loro confronti è quella di aver messo in piedi un’associazione per delinquere finalizzata alla produzione ed alla immissione nel circuito commerciale di vino adulterato e contraffatto. Un sistema di truffe ben articolato, che prevedeva – tra l’altro – l’acquisizione di società del settore in stato di crisi.

Le indagini, dirette dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Firenze Giulio Monferini, hanno permesso di segnalare un totale di dieci soggetti. L’organizzazione, nella quale – come precisa il gip- “ognuno ricopriva un ruolo ben specifico”, aveva il fine di produrre e commercializzare in Italia e all’estero “vino adulterato con aggiunta di alcol, per aumentarne la gradazione rispetto al prodotto base”. Vino che, poi, “veniva contraffatto facendolo apparire quale vino di alta qualità, mediante apposizione sulle bottiglie di false etichette di vini pregiati”, le cosiddette “fascette” recanti il sigillo di Stato a Denominazione di Origine Controllata (Doc) e a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg). Copie molto simili all’originale, tanto da “indurre in errore il consumatore e l’operatore commerciale di vendita al dettaglio”. Chianti Doc, Brunello di Montalcino Docg o Sassicaia (Bolgheri Sassicaia Doc) i vini finiti nel mirino dei contraffattori.

I tre arrestati sono il titolare di un’azienda agricola di Empoli, che prestava i propri impianti per l’imbottigliamento e il confezionamento del vino adulterato e contraffatto, nonché due soggetti residenti nella provincia di Salerno, che si occupavano – sempre secondo l’accusa – di reperire il materiale necessario alla contraffazione. Una volta confezionato, il vino veniva stoccato in depositi di ditte riconducibili agli indagati, sia nel Lazio sia in Emilia Romagna. Il vino veniva poi caricato su bilici e trasportato nel mondo. In particolare, una partita di vino di 18 mila bottiglie è stata spedita in Costa Rica, Paese in cui trovava asilo uno uno degli indagati.

Le indagini sono iniziate circa un anno e mezzo fa. In seguito alla segnalazione di un ristoratore finito nella trappola dei truffatori nella zona dell’Osmannoro di Firenze. L’imprenditore, insospettito dal sapore di alcuni vini, ha deciso di segnalare l’anomalia alle forze dell’ordine. Le indagini, complesse e articolate, hanno consentito ai carabinieri del Nas di Firenze di sequestrare l’azienda agricola operante nella provincia di Empoli. Al momento del controllo, 9 mila litri di vino rosso erano pronti per essere imbottigliati.

LE REAZIONI
“Serve tolleranza zero sulle frodi che mettono a rischio lo sviluppo di un settore che è cresciuto puntando su un grande percorso di valorizzazione qualitativa che ha portato il vino italiano a raggiungere il record storico nelle esportazioni per un valore stimato in 5,2 miliardi grazie all’incremento del 3% nel 2016”. E’ quanto afferma la Coldiretti nell’esprimere “apprezzamento per l’operazione Bacco del Nas di Firenze” che hanno scoperto la frode di vino di bassa qualità, adulterato con l’aggiunta di alcol che veniva commercializzato in Italia e all’estero come Chianti doc, Brunello di Montalcino o Sassicaia. “Non può essere messo a rischio – conclude la Coldiretti – il patrimonio di credibilità costruito nel tempo dal vino Made in Italy che oggi è diventato la principale voce dell’export agroalimentare nazionale”.

“Vogliamo ringraziare il Nas e la Direzione distrettuale Antimafia di Firenze –  commenta il direttore del Consorzio di Tutela del Vino Chiati, Giovanni Busi – per aver impedito l’ennesimo tentativo di danneggiare il nostro mercato falsificando e alterando i nostri prodotti. “Un plauso in particolare anche al ristoratore che ha fatto la segnalazione da cui è stato possibile avviare le indagini. Un segnale importante che indica come la ristorazione abbia tutto l’interesse nel proporre vini veri e buoni che rendono il nostro territorio un luogo di eccellenza che tutti abbiamo il dovere di tutelare. Come dobbiamo tutelare – conclude Busi – le migliaia di aziende che su questo territorio ogni giorno operano onestamente nel rispetto delle norme producendo con sacrificio un prodotto che viene esportato e apprezzato in tutto il mondo”.

“Il vino adulterato spacciato per pregiato Doc e Docg – commenta Francesco Colpizzi, presidente della federazione vitivinicola di Confagricoltura Toscana – poteva provocare un danno incalcolabile alle tantissime aziende del territorio che con professionalità lavorano ogni giorno per offrire sui mercati nazionali e internazionali prodotti di qualità. Solo grazie all’azione congiunta della magistratura, delle forze dell’ordine e dei produttori onesti si è riusciti a smantellare questa associazione a delinquere”. “Il vino – conclude Colpizzi – è uno dei prodotti più importanti per la nostra economia e per tale motivo va tutelato e valorizzato, così come va protetto quel tessuto produttivo che contribuisce a rendere unica la nostra regione. Non dobbiamo mai abbassare la guardia, ne va dell’immagine stessa della Toscana nel mondo”.

UN ANNO DI FRODI
Si chiude così un anno positivo per le forze dell’ordine impegnate nel contrasto delle frodi alimentari. Risale a pochi giorni fa un ingente sequestro di Amarone della Valpolicella contraffatto all’interno della catena di supermercati francesi del gruppo Adeo Auchan. Le indagini, in questo caso, procedono contro ignoti. Anche se il cerchio sembra stringersi sempre più attorno ai responsabili della truffa. Un blitz, quello sull’Amarone contraffatto, scattato proprio nel giorno del Black Friday, la giornata di “sconti pazzi” che ha interessato trasversalmente le diverse anime del commercio e della grande distribuzione italiana.

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The Wine Advocate 2016: cartellino rosso per i Sauvignon friulani

La tutela del giudizio ed il rispetto per i consumatori americani sopra ogni cosa. Questa la ragione che ha spinto Monica Larner, ad escludere i produttori di Sauvignon friulano dalle recensioni 2016 della nota rivista americana The Wine Advocate. Nel corso del mese di settembre 2015, tra Udine e Gorizia erano stati sequestrati in 17 cantine, una serie di campioni di mosto, contenenti un preparato innocuo dal punto di vista della salute, ma non previsto dal disciplinare di produzione. Il preparato, riconducibile al consulente Ramon Persello, collaboratore di numerose cantine friulane e non solo, indicato come ”genio della chimica” sarebbe stato in grado di esaltare i profumi del vino rendendoli concorrenziali anche nelle annate peggiori. Le lunghe tempistiche della nostra giustizia ,che non si sono smentite nemmeno per la Sauvignon Connection, non hanno aiutato la responsabile italiana della rivista, che ha atteso fino all’ultimo notizie certe dalla magistratura. ”Proprio per riuscire ad avere più certezze sulla vicenda ho fatto slittare il capitolo della rivista dedicato ai vini friulani ad aprile, quando tradizionalmente esce quattro mesi prima, tra novembre e dicembre. Ma ormai non possiamo più aspettare, perchè la vendemmia 2015 è praticamente già in commercio”. La rivista non è nuova a queste decisioni, aveva destinato la stessa sorte nel 2008 al Brunello di Montalcino, per lo scandalo Brunellopoli. Uno stop cautelativo dunque, per queste etichette che sono molto apprezzate dai consumatori americani e che hanno un grosso riscontro in termini economici per i produttori, considerato che il prezzo al dettaglio negli States si aggira intorno alla media dei 100 dollari. In attesa dei risultati delle analisi della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento), guidate dal dottor Mario Malacarne e di ulteriori sviluppi sull’inchiesta, Monica Larner parlerà comunque dell’accaduto durante la presentazione dell’annata vinicola friulana, senza entrare però nei particolari di quello che è uno scenario davvero dalle tinte fosche.”Può darsi che sia scaturito tutto da qualche invidia tra vignaioli, non mi stupirei e non sarebbe una caratteristica solo dei friulani, funziona così un po’ in tutta Italia, basti pensare che a Montalcino, dove si produce il Brunello, arrivano persino a rigare le auto dei concorrenti” ha osservato la curatrice.

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