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Addio a Fausto De Andreis, il vignaiolo anarchico che vendeva anche all’Esselunga

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Addio a Fausto De Andreis, il vignaiolo anarchico de Le Rocche del Gatto che vendeva anche all'Esselunga
Il mondo del vino italiano dice addio a Fausto De Andreis, morto all’età di 78 anni all’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, in provincia di Savona, lo scorso weekend. Conosciuto in Liguria e nel settore vinicolo in generale come una figura carismatica e anticonvenzionale, De Andreis lascia un vuoto incolmabile. Titolare ad Albenga
dell’azienda agricola Le Rocche del Gatto – nome scelto in onore della passione della moglie per i felini – è salito alla ribalta per il suo approccio anarchico e rivoluzionario al vino, in particolare nella produzione del Pigato, da lui chiamato provocatoriamente “Spigau“. I funerali si svolgeranno oggi, 1° aprile, alle ore 11, presso la Parrocchia di Santa Maria Maddalena a Cisano sul Neva, piccolo comune della provincia di Savona. All’ultimo saluto non mancheranno la moglie Caterina, le sorelle Lucilla e Rosa, i cognati Sergio e Giancarlo, oltre a nipoti, parenti e tanti amici.

FAUSTO DE ANDREIS, ADDIO AL VIGNAIOLO ANARCHICO DE LE ROCCHE DEL GATTO

La visione di Fausto De Andreis si opponeva fermamente ai dogmi e alle convenzioni del mercato, puntando su autenticità e originalità dei vini prodotti. Tutti di straordinaria longevità. Celebre una sua lettera aperta pubblicata da Winemag nel 2019, in cui contestava – con la consueta ironia e profondità, quasi filosofica – il concetto di “vino bianco d’annata”. Tra le sensatissime righe, una sfida aperta alla mentalità convenzionale del settore, in particolare a quella dei ristoratori, ossessionati dai vini bianchi giovani e freschi, da avere in carta ancora prima che abbiano finito di maturare in vasca, o in botte.

LE ROCCHE DEL GATTO: IL VINO DI FAUSTO DE ANDREIS (ANCHE) ALL’ESSELUNGA

Quello a Fausto De Andreis è l’addio a una voce libera e critica del vino italiano. Un vero “vignaiolo anarchico” che, con la sua vita senza troppe regole e la sua passione smisurata per la sperimentazione estrema in campo enologico, ha provato a cambiare il modo in cui il vino viene pensato. Vissuto. Il tutto, senza alcun preconcetto. Rinomata la presenza di un suo vino sugli scaffali dei supermercati Esselunga. Una scelta che gli è costata invidie locali e insulso vociare di tante malelingue, di cui non si è mai curato troppo, fedele – com’è sempre stato – alla propria galante distanza dall’apparenza e dal conformismo. Il posto di Fausto De Andreis è sempre stato quello dove pochi osano. E sempre lo sarà. Ciao, Fausto.

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Nereo Bressan, è morto «uno dei leoni» del Collio


È morto Nereo Bressan , all’età di 92 anni. Il figlio Fulvio Bressan lo ricorda sui social con un messaggio accorato. «Oggi è mancato Nereo Bressan, oggi uno dei leoni non c’è più… Vai Re dei Vigneti… Che il tuo ruggito risuoni nei vigneti celesti», si legge sui social del vignaiolo friulano. Quella dei Bressan, come ha sempre ricordato la famiglia di «mastri vinai» di Farra d’Isonzo (Gorizia), è una storia «fatta di nomi propri». Il primo è quello del capostipite Giacomo Bressan, classe 1726, che dette inizio alla produzione di vini. Col passare dei decenni le proprietà si frazionano. Ma a risollevare le sorti ci pensa il Nereo Bressan, nato il 26 luglio 1932.

ADDIO A NEREO BRESSAN, VIGNAIOLO E FONDATORE DEL CONSORZIO COLLIO

Una figura che si rivelerà di capitale importanza per il rilancio del marchio Bressan Mastri Vinai, negli anni divenuto simbolo di quell’angolo del Friuli Venezia Giulia in cui il Collio degrada nella valle del fiume Isonzo. Dal suo matrimonio con Paolina Spessot, di un anno più giovane, nasce Fulvio Bressan, oggi alla guida dell’azienda accanto alla moglie Jelena Misina e al figlio Emanuele Bressan, classe 2001. Successi non solo all’interno dell’azienda famigliare per Nereo Bressan. Quello di oggi è l’addio a uno dei fondatori del Consorzio di Tutela Vini del Collio, nel 1964. Di lui continuerà a parlare ogni goccia del “Pignol Nereo 1997“, vino dedicato proprio al vignaiolo scomparso oggi, venduto solo in formato magnum. E nella notte rinascono pallide tracce di carrarecce che vanno verso il passato, percorrendo l’antico asse viario romano che porta ai confini più orientali dell’impero a “FARRA d’ISONZO (Gorizia)” in una terra di leggenda e di lavoro che ferma nel tempo, colline, dove il verde vive e contrasta con la roccia arida, dove c’è una storia in ogni fiore, in ogni vite.https://bressanwines.com/it/

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Prosecco, Carpenè Malvolti: addio ad Etile Carpenè, aveva 80 anni


Lutto nel mondo del Prosecco per la morte di Etile Carpenè, avvenuta il 23 ottobre 2024 a Conegliano, all’età di 80 anni. Lascia la moglie Nicoletta, la figlia Rosanna e la nipote Etilia. A dare la notizia è la famiglia Carpenè, insieme ai dipendenti della Carpenè Malvolti, prima al mondo a produrre il vino spumante delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene.
Nell’ultimo periodo aveva lasciato la guida della Carpenè Malvolti alla figlia Rosanna, attuale Amministratore Delegato della Spa di famiglia, che porterà avanti l’operato del padre «con amore e passione».

La cerimonia di commemorazione si terrà sabato 26 ottobre alle ore 10 presso la Chiesa Parrocchiale dei Santi Martino e Rosa, via Francesco Fenzi 28, Conegliano (Treviso). Etile Carpenè ha dedicato la sua vita alla ricerca e alla cultura enologica, ispirando generazioni di studenti e professionisti con la sua passione e il suo impegno nel promuovere il rispetto per il territorio.

CHI ERA ETILE CARPENÈ

Etile Carpenè, quarta generazione della più longeva casa spumantistica italiana Carpenè Malvolti, si era diplomato al Liceo Scientifico di Rosenberg in Svizzera per poi frequentare un corso di specializzazione in Enologia all’Università̀ di Talence a Bordeaux. Proseguì il suo percorso accademico iscrivendosi all’Università̀ di Ferrara dove ottenne la Laurea in Chimica Pura. Dopo il percorso di studi iniziò l’attività nell’impresa di famiglia divenendone in seguito Amministratore delegato e Presidente. Fu in quel ruolo che emerse la sua vocazione a portare l’azienda sulla scena mondiale.

Espanse la produzione, amplificò e potenziò la distribuzione, riorganizzò e rinnovò la rete vendita sostenendo l’immagine della marca con campagne pubblicitarie in televisione e sulla stampa. Tra gli incarichi rivestiti da Etile Carpenè al di fuori del contesto aziendale, la Presidenza dell’Istituto Metodo Classico dal 1990 al 2001 nel 1992 ottenne la carica in Federvini, prima come Consigliere e poi come Vice Presidente Sindacato Vini Spumanti, nonché nello stesso anno fu nominato Consigliere nel Consorzio Tutela Prosecco, carica rinnovata per due mandati consecutivi. Era anche stato nominato Accademico emerito dell’Accademia della Vite e del Vino.

MORTO ETILE CARPENÈ: IL CORDOGLIO DEL CONSORZIO

«Apprendiamo con tristezza della scomparsa di Etile Carpenè. Ci lascia un uomo che ha rappresentato integralmente lo spirito della nostra denominazione, visionario e curioso, sempre impegnato a promuovere la qualità e l’autenticità del nostro prodotto. Il suo impegno, la sua passione e la sua visione continueranno a ispirarci e a guidarci nel nostro lavoro quotidiano». Così Franco Adami, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg. «A nome dell’ente – aggiunge Adami – esprimo le mie più sentite condoglianze alla famiglia Carpenè e a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di lavorare con lui. In questo momento di dolore, onoriamo il suo ricordo continuando a lavorare per mantenere alta la bandiera del Conegliano Valdobbiadene Prosecco, come lui avrebbe voluto».

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Neil Empson, addio a pioniere esportazione vini italiani in Usa e Canada


Addio a uno dei pionieri dell’esportazione di vini italiani negli Usa e in Canada, Neil Empson. È morto all’età di 85 anni, sabato 14 settembre 2024. A darne notizia sono i famigliari del fondatore delle società Empson & CO, unite dall’emblematico claim Experience Italy in a wine glass. A raccogliere l’eredità di Neil
Trevanion Howard Empson saranno la figlia Tara Empson, Ceo di Empson Usa, e la moglie Maria Gemma, di origine italiana. «Mio padre – commenta Tara Empson – era la mia roccia e il mio mentore. Si è dedicato a mia madre, alla nostra famiglia, all’azienda e alle cantine che rappresentava. Mia madre e io sentiremo profondamente la sua mancanza». Fu proprio lui a coniare il termine “Super Tuscan”, riferendosi a uno dei vini del suo catalogo: Le Pergole Torte di Montevertine. Era il 1975.

Neil Empson, presidente e co-fondatore di Empson & Co. (1972), Empson Usa (1991) ed Empson Canada (2000), è stato un pioniere nell’esportazione di vini italiani pregiati negli Stati Uniti, in Canada e non solo. Un visionario, che è riuscito a rappresentare alcuni dei produttori più iconici del mondo del vino italiano nel corso della sua vita. Dando al Made in Italy enologico una posizione di rilievo sulla scena enologica mondiale.

LA CARRIERA DI NEIL EMPSON, IMPORTATORE VISIONARIO DI VINI ITALIANI

«Lui e Maria – evidenzia una nota Empson & CO – sono stati in prima linea nella rivoluzione della qualità, agli esordi dell’esportazione italiana. Hanno continuato a scoprire e a promuovere regioni poco conosciute, che oggi sono diventate punti di riferimento di quella stessa rivoluzione». Ben consci che la qualità non possa essere limitata da alcun confine nazionale, Neil Empson e la moglie Maria Gemma hanno orgogliosamente ampliato il catalogo a vini dell’Oregon, della California, della Nuova Zelanda e del Cile.

Neil Empson è nato il 16 marzo 1939 nel famoso distretto agricolo di Waikato, in Nuova Zelanda. I suoi antenati agricoltori hanno contribuito a formare la sua personalità e il suo modo di approcciarsi al lavoro, trasmettendogli un’eredità di rispetto per le persone e per la terra e una dedizione totale all’eccellenza. Era noto per la sua integrità, il suo carisma e le sue accattivanti capacità di raccontare storie, in grado di ispirare fiducia in qualsiasi situazione, con un entusiasmo contagioso e una buona dose di umorismo.

CHI ERA NEIL EMPSON: LA SUA STORIA

Nel 1969 ha incontrato – e si è innamorato – della donna divenuta sua moglie, l’italo-americana Maria Gemma. Insieme hanno costruito una vita, una famiglia e un’azienda, partendo da un minuscolo appartamento, con una sola camera da letto a Milano. E facendola crescere, fino a diventare il principale esportatore di vino italiano di qualità. Neil Trevanion Howard Empson amava molte cose: il rugby, le auto veloci, le corse, i viaggi, l’arte e molto altro ancora. Ma i suoi tre più grandi amori sono sempre stati la sua famiglia, il team Empson e le aziende vinicole a cui teneva molto.

Neil Empson lascia l’amata moglie e “socia in affari” da oltre 50 anni, Maria Gemma Empson, e i suoi tre figli, Tara Empson (proprietaria/amministratore delegato di Empson & Co, Empson USA e Empson Canada), Tracy Rudich (proprietaria/amministratore delegato di Vinntra Pty Ltd / Intimo), Paul Empson (proprietario/amministratore delegato di Paul Empson Photography), oltre alle sorelle e fratelli Heather, Margaret e Graham, australiani, e i nipoti.

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Addio a Piergiorgio Cielo, ideatore del vino Freschello


È morto Piergiorgio Cielo, ideatore del vino Freschello. Con un’abilità naturale nel commercio, si conquistò la fiducia tra le osterie del basso vicentino, collocando con successo il vino prodotto nella cantina di famiglia. A 20 anni, ritornò alla sua terra natale, determinato a far crescere l’azienda di famiglia.
Con l’aiuto dei suoi fratelli, Piergiorgio trasformò l’impresa in un successo nazionale, dando vita al vino Freschello, per oltre 15 anni il vino in bottiglia più venduto nella grande distribuzione italiana.

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Pau Roca, addio al direttore generale OIV


Pau Roca
, direttore generale dell’OIV, l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino, è morto ieri, 7 dicembre 2023. Aveva 65 anni ed era affetto da anni da una malattia che non gli ha lasciato scampo. A darne notizia, dalla Francia, è lo stesso organismo che fornisce ai Paesi produttori e importatori di uva e vino informazioni per sviluppare normative, ridurre al minimo gli ostacoli al commercio, promuovere una produzione sostenibile e proteggere i consumatori. Roca lascia
la moglie Diana e i tre figli.

«L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – comunica l’OIV – è rattristata e profondamente addolorata nell’annunciare la morte, all’età di 65 anni, di Pau Roca, eletto alla guida dell’OIV per un mandato quinquennale durante l’Assemblea Generale dell’OIV del 2018 in Uruguay. Dal 1992 è stato delegato spagnolo all’OIV e tra il 2010 e il 2016 è stato presidente del gruppo di esperti “Diritto e informazione dei consumatori” (DROCON), nonché vicepresidente del gruppo di esperti “Sviluppo sostenibile e cambiamento climatico” tra il 2016 e il 2018».

Dopo l’esperienza nel settore dell’olio d’oliva e nella ricerca scientifica nel campo dell’oceanografia, Pau Roca ha maturato una conoscenza specifica e approfondita del settore vitivinicolo globale alla guida della Federazione spagnola del vino (FEV), che ha diretto per oltre 20 anni. Poliglotta in francese e inglese, Pau Roca ha favorito lo sviluppo della digitalizzazione non solo all’interno del settore vitivinicolo, ma anche per la stessa OIV, promuovendo nuovi strumenti di comunicazione interna all’interno di un dipartimento che ha notevolmente sviluppato. È stato inoltre determinante per il trasferimento della sede dell’OIV a Digione e ha avviato la gestione dell’Anno del Centenario dell’OIV.

MORTO PAU ROCA, IL RICORDO DI LUIGI MOIO

«Desideroso di ottenere il riconoscimento dell’OIV, del suo ruolo e delle sue attività in un mondo sempre più globalizzato – lo ricorda il board dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino – Pau Roca ha anche rafforzato i legami con altre istituzioni mondiali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’Organizzazione Mondiale del Turismo, l’Ocse, la Fao, il Ciheam e il Codex Alimentarius. Ha inoltre accolto 3 nuovi Stati membri, Regno Unito, Ucraina e Albania, portando l’OIV a un totale di 50 Stati».

Regina Vanderlinde e Luigi Moio, che hanno presieduto l’OIV durante il mandato di Pau Roca, ne lodano «l’impegno nei confronti del settore vitivinicolo mondiale, che ha reso l’Organizzazione pronta a intraprendere le proprie attività per un nuovo secolo». Solo pochi mesi fa, Pau Roca aveva accolto un’azienda italiana, Masi Agricola, nel suo prestigioso Consortium, il Consorzio che comprende altre 5 prestigiose realtà vitivinicole internazionali allo scopo di sviluppare progetti nel campo della ricerca e dello sviluppo.

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Morto Antoni Mata, presidente di Recaredo


Lutto nel mondo del vino spagnolo per la comparsa a 81 anni di Antoni Mata, uomo immagine e presidente della nota casa spumantistica Recaredo, ai massimi livelli nella produzione del Corpinnat.
Nato il 28 aprile 1942 a Can Credo, casa della famiglia Recaredo a Sant Sadurní d’Anoia, ha portato avanti il progetto familiare con una visione globale totale e rivoluzionaria. Ad Antoni Mata si deve l’innovativa produzione di spumanti di terroir, capaci di esprimere l’identità più autentica del Penedès e di competere in prestigio e qualità con gli spumanti internazionali.

«Proveniamo da una famiglia di ceramisti – amava ricordare – e abbiamo iniziato a produrre i nostri spumanti con le uve provenienti dai vigneti dei nostri nonni materni. Più vedevamo il grande legame tra la coltivazione della vite e i Brut Nature e i Cava di lungo invecchiamento che ci piacevano, più eravamo incoraggiati a cercare le migliori tenute del Penedès». Ed è così che la sua “ossessione” di diventare un vero viticoltore lo ha portato a guidare l’ulteriore acquisizione di vigneti per la cantina di famiglia Recaredo.

Aperto all’evoluzione e ai continui cambiamenti, Antoni Mata ha privilegiato la fedeltà all’uso del tappo di sughero naturale come garante di un lungo invecchiamento in bottiglia, in un contesto storico in cui l’industrializzazione del settore ha comportato l’introduzione dei tappi a corona per lo spumante. Questa singolarità, unita al fermo impegno di creare spumanti senza liqueur, ha forgiato lo stile di un metodo classico gastronomico e soprattutto fedele al suolo, lontano da mode o correnti. «Antoni Mata – ricorda la famiglia – appartiene a una generazione educata all’austerità del tempo in cui ha vissuto. Una generazione che ha lavorato senza guardare l’orologio e con l’impegno, sempre, dell’eccellenza e del lavoro ben fatto».

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È morto Giuseppe Benanti, tra i padri del vino dell’Etna


Addio a Giuseppe Benanti, scomparso all’età di 78 anni e tra i pionieri del vino dell’Etna, in Sicilia. Il Consorzio di tutela vini locale si stringe attorno alla famiglia, definendo il Cavaliere del Lavoro Giuseppe Benanti un «visionario dalla forte personalità, pioniere dell’evoluzione nella vitivinicoltura etnea degli ultimi decenni e un trascorso da imprenditore di riferimento».

«La sfida lanciata alla ricerca continua della qualità e dell’identità resta un’eredità per tutti i produttori etnei. Alla signora Carmen, ai figli Antonio e Salvino , ai nipoti e a tutti i collaboratori dell’azienda Benanti Viticoltori vadano le più sentite condoglianze», conclude il Consorzio presieduto oggi da Francesco Cambria (Cottanera), che ha ereditato il ruolo proprio dal figlio di Giuseppe Benanti, Antonio Benanti.

I primi investimenti di Giuseppe Benanti sull’Etna, per l’esattezza con l’azienda Tenuta di Castiglione, risalgono agli anni Ottanta. I primi vigneti di proprietà e in affitto si trovano a Castiglione di Sicilia (Etna Nord) e a Milo (Etna Est). «Contemporanei da sempre» è il claim che oggi accompagna la Benanti Viticoltori, frutto dell’approccio innovativo del fondatore. La svolta dell’azienda vinicola avviene nel 1998, quando Tenuta di Castiglione diventa l’attuale Viticoltori Benanti.

Accanto a Giuseppe Benanti, sin dagli esordi, ci sono professionisti come il professor Rocco Di Stefano dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, il professor Jean Siegrist dell’Institut National de la Recherche Agronomique di Beaune, in Borgogna, nonché gli enologi Gian Domenico Negro e Marco Monchiero dalle Langhe, che per un lungo periodo affiancano il loro giovane collega etneo, Salvo Foti. La famiglia, di fatto, non è siciliana, bensì di antiche origini bolognesi.

L’albero genealogico fa risalire il ramo siciliano dei Benanti al 1734, quando un discendente viene inviato in Sicilia da Vittorio Amedeo d’Aosta. Da allora, di generazione in generazione, «fare vino sul vulcano» si trasforma in una missione volta ad esaltare le peculiarità dei vitigni autoctoni dell’Etna. Sino a raggiungere, oggi, una produzione annuale di circa 170 mila bottiglie, esportate nel mondo.

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“Il vino naturale è morto”. Parola del vignaiolo sardo Alessandro Dettori


“Accendo questo diario perché credo che il confronto, libero e sincero, sia uno strumento, doloroso ma necessario, per tenermi collegato al mondo e proiettato verso il futuro”. Così Alessandro Dettori (Tenute Dettori) spiega le ragioni dell’apertura del suo blog, dal quale oggi rilancia un post del 2014. Titolo inequivocabile: “Il vino naturale è morto, viva il vignaiolo naturale“.

“Alla fine del 2014 – spiega Dettori, vignaiolo di Sennori, Badde Nigolosu, in Sardegna – alcuni eventi personali mi hanno consigliato di spegnere i social e chiudere il blog appena nato. I social non mi mancano affatto e penso sia stata una sana e sensata scelta. Ho accumulato scritti, appunti, bozze, ritagli, disastri”.

“Insomma la voglia di scrivere non mi ha mai abbandonato ed ora ho deciso di tornare a condividere, sorridere, discutere con voi, a viso aperto, senza filtri e soprattutto, senza fake e troll”, aggiunge nel preludio al suo ritorno alla scrittura Alessandro Dettori. Poi, il rilancio del post del 2014, che riportiamo integralmente.

Mai scritto e mai detto che i nostri vini sono naturali. La parola naturale non ci è mai piaciuta. Bandita dopo il primo “Terra e Libertà/Critical Wine” dell’aprile del 2003 a Verona ed il secondo di Dicembre, sempre nel 2003, presso il Leoncavallo a Milano.

Fu proprio la partecipazione a quei due eventi dirompenti (dal 2005 prenderà il nome di ‘La Terra Trema’) che mi convinse quanto fosse pretestuoso e poco intelligente parlare di ‘vino naturale’.

Argomento appena nato in Italia ma già dibattuto, negoziato e analizzato più volte in Francia, dove la necessità di fare il vino naturale, nasce dalla esigenza di ritrovare nel bicchiere tutta la propria cultura, fatta anche di spigoli. Da alcuni amici “questo impulso” è stato riassunto come ‘Il Rinascimento delle denominazioni’.

Sono passati undici anni dal 2003 e diciotto dall’inizio della mia personale avventura, ma mi sembrano siano passate due ere geologiche. Gli anni difficili sono stati sostituiti dagli anni dell’ovvietà.

Prima dovevo stare attento a ‘svelare’ la biodinamica a qualche importatore, per non perderlo. Oppure dovevo dare tutto me stesso per argomentare che il vino sarebbe durato comunque, anche senza solforosa e nonostante le fermentazioni spontanee.

Ora, è moda. E’ ‘naturale’ bere il vino ‘senza lieviti’, ‘non filtrato’, ‘non chiarificato’, ‘politicamente impegnato’, il vino ‘contro l’industria’, ‘contro l’enologo’.

Ecco, sta diventando il ‘vino contro’ a prescindere. Ma il più delle volte è contro la propria storia, la propria cultura, il proprio terroir. Questo sta uccidendo i sogni e gli impulsi iniziali. La new-wave dei costruttori di vino naturale con poca esperienza o arguta intuizione commerciale, si sono allontanati dal terroir.

Un Terroir nasce dalla vicendevole fusione – unione tra un Luogo ed un Popolo. Per Luogo (antropologico) intendo come sosteneva Augè: “Uno spazio che è stato marcato, occupato, simbolizzato, ordinato da una Società”.

Un terroir non è figlio di un singolo, ma di una comunità che in un luogo vi ha vissuto anche e soprattutto, senza avere coscienza di ciò. Un terroir è stato amalgamato  da gesti quotidiani volti alla sopravvivenza: dal pane fatto per se, al vino fatto per essere commerciato.

Il terroir necessita sempre di un vignaiolo. Il vino naturale senza un vignaiolo è un artifizio commerciale o un capriccio. Questa è la nuova via, la nuova sfida: spostare l’attenzione dal metodo – e quindi dalla ricetta – verso la persona che vive di vino: il vignaiolo naturale.

Da quel 2003 ho capito che non avevamo fatto e non volevamo fare il ‘vino naturale’. Volevamo e vogliamo essere vignaioli naturali e i vignaioli naturali fanno semplicemente vino.

Il Vino di terroir che è cultura, non può che essere fatto, nella sua migliore ed autentica espressione, da un vignaiolo naturale che riesce a ridisegnare la cultura del luogo quotidianamente, con la propria Vita”.

Alessandro Dettori spiega poi la sua definizione di vignaiolo naturale: “Per vignaiolo naturale intendo colui che in vigna lavora seguendo i principi, i processi e i metodi che la natura usa per sé. Colui che vinifica solo le proprie uve che ha personalmente coltivato. Imbottiglia solo il proprio vino”.

E ancora: “Determina personalmente o in famiglia le scelte e le decisioni di ogni fase e processo della propria azienda agricola. Vive della sola professione di vignaiolo. Rispetta il lavoro agricolo riconoscendone il valore economico. Produce il proprio vino con i seguenti ingredienti/additivi/coadiuvanti: Uva e pochi solfiti, solo prima dell’imbottigliamento. Il vino deve essere un degno e vero rappresentante della cultura del luogo”.

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E’ morto Pasquale Mottura: Puglia del vino in lutto

La Puglia del vino piange la scomparsa di uno dei simboli, Pasquale Mottura. Nato il 1° febbraio 1951, approda nel settore enologico a quasi 50 anni, dopo una lunga carriera come manager nella Peroni spa. Nel 1999 torna, al fianco del fratello Antonio, nell’azienda di famiglia a Tuglie, che era sempre rimasta nel suo cuore.

Fondata dal nonno nel 1927, all’arrivo di Pasquale, Mottura vini aveva alle spalle già una ricca storia nella produzione del vitigno autoctono per eccellenza, il Negroamaro; negli anni Cinquanta e Sessanta Mottura era stata tra le prime aziende pugliesi a imbottigliare, scommettendo sull’incremento della qualità in un momento in cui la produzione pugliese era ancora focalizzata sui grandi volumi.

Nell’azienda di famiglia Pasquale porta la sua esperienza manageriale. Rivoluziona tutto l’assetto dell’azienda, introducendo innovazioni che ne coinvolgono tutti gli aspetti, dalla conduzione agricola all’approccio ai mercati. Imprenditore lungimirante, comprende prima di altri che aprire le porte dell’azienda alle nuove tecnologie significa permettere ai vini Mottura di uscire dai confini territoriali e approdare sui mercati internazionali, pur preservando la storica tradizione enologica e di coltivazione tipica del Salento.

“Pasquale Mottura – commenta in una nota il Movimento Turismo del Vino Puglia –  se n’è andato troppo presto, privando tutto il mondo enologico di Puglia della sua preziosa visione, in un momento in cui è sempre più necessario anticipare le sfide di un mercato in continua trasformazione ed evoluzione. Lascia tuttavia un’azienda florida, in ascesa, che con onestà e passione coniuga il coraggio di scelte lungimiranti con la saggezza della tradizione, l’attento orientamento al mercato con la costante ricerca della qualità, la storia con le nuove competenze professionali e l’innovazione”.

Un’eccellenza pugliese riconosciuta in tutto il mondo, il cui testimone passa oggi nelle mani del fratello Antonio e della figlia Barbara sui quali siamo certi, Pasquale continuerà a vegliare con orgoglio.

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E’ morto Stanislao Radikon, interprete degli Orange Wines

Il mondo del vino italiano perde uno dei suoi più grandi interpreti moderni. E’ morto Stanislao Radikon, conosciuto da tutti con lo pseudonimo di Stanko. L’annuncio è affidato ai social network dal figlio Sasa. “Questa notte mi è mancato un amico, un mentore, una guida, ma soprattutto mi è mancato Papà. Tonight I missed a friend, a mentor, but most of all I missed Dad. Ciao Stanko”. Queste le parole comparse sul profilo Facebook dell’erede del noto vignaiolo del Collio, in Friuli. A stroncare Stanislao Radikon una lunga malattia, che negli ultimi anni lo ha costretto lontano dalla viticoltura. I vini Radikon sono sinonimo di macerazioni spinte all’estremo (Orange Wines), di sapori e profumi estremi, contraddittori, difficilmente apprezzabili dal vasto pubblico e proprio per questo speciali.

Ribolla Gialla, Chardonnay e Oslavia, ma anche Pinot Grigio e Merlot i vitigni a lui cari, sin dall’inizio dell’attività, nel 1977. Segue l’adesione al circuito dei viticoltori “Triple A: Agricoltori, Artigiani, Artisti”. Un’adesione naturale, come il vino prodotto senza solfiti, lasciando agire Madre Natura sull’uva. Risale alla metà degli anni 90 il perfezionamento delle tecniche di macerazione, che consentono a Stanislao Radikon di ottenere importanti riconoscimenti a livello internazionale, assieme al compagno di avventure Josko Gravner. Non a caso, oggi, anche Mateja Gravner ha espresso su Facebook il suo cordoglio per la morte di Stanko, pubblicando una frase a corredo della foto d’un cielo del grigio, pieno di nuvole: “Oggi anche il cielo è triste, ad Oslavia. Danes je tudi nebo na Oslavju žalostno. Hvala Stanko”.

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