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Alle Terme di Saturnia. Tra un sorso di Morellino e la cucina “chic” di Caino


MANCIANO –
E per fortuna che lì, tra gli altri, trovi Sandro Baronti. Il direttore del Spa & Golf Resort Terme di Saturnia è l’unico collegamento possibile tra la terra e il paradiso, in quest’angolo di Toscana verde scuro come la Maremma e rosso come il Morellino di Scansano.

Gira in giacca e cravatta per la struttura. Silenzioso come un gatto, per non disturbare gli ospiti stralunati di relax, in accappatoio. E sembra messo lì apposta per ricordarti che sei ancora vivo. Che quello non è il Valhalla. Ma solo qualcosa che gli assomiglia molto, una volta varcata la porta di Asgard di via della Follonata.

Una location diversa dalla terme completamente a cielo aperto di Saturnia, ma allo stesso tempo in grado di conservare ancora oggi un’essenziale naturalità. Dal fondo della vasca di origine vulcanica, al posto del magma, sgorga da 3000 anni acqua a una temperatura costante di 37,5 gradi. Al ritmo di 500 litri al secondo.

Il team guidato da Massimo Caputi, presidente esecutivo di Terme di Saturnia e socio di riferimento di Fidos, la società che insieme al fondo americano York Capital ha acquisito il patrimonio a settembre 2017 per 40 milioni di euro, ha un obiettivo concreto: riportare il marchio all’antico splendore.

Non a caso il Resort 5 Stelle, membro di Leading Hotels of the World, è stato di recente rinnovato nel nome di una “moderna toscanità”. Le piccole biblioteche e sale di lettura sono state pensate per offrire all’ospite l’opportunità di vivere un’esperienza personale.

Una formula, dunque, che va al di là della Spa e che vede nel “Club” il suo coronamento. Un’area a sé stante rispetto al Parco Termale, dove è possibile accedere a un percorso ispirato al rituale dell’hammam rivisto alla “maremmana”. Con due sale tiepidarium, un bagno di vapore e un argillarium.

Ma il vero punto di forza di Terme di Saturnia era ed è la sorgente millenaria. Le acque minerali con proprietà terapeutiche specifiche sono il degno coronamento di un territorio che dà vita a uno dei vini rossi italiani più amati al mondo: il Morellino di Scansano. E per gli amanti della cucina “chic”, la meta da non perdere è il ristorante Caino di Montemerano.

Qui, la chef Valeria Piccini (nella foto) e il marito sommelier Maurizio Menichetti, assieme al figlio Andrea – che ha raccolto la loro eredità – sono pronti a coccolare il palato dei fortunati enoturisti di quest’angolo di Maremma.

Piatti ricercati, come le animelle di vitello rosolate con asparagi alla brace e ravanelli marinati, i Pici all’essenza di una Amatriciana diversa o il maialino di cinta senese con lamponi e friggiarelli, sorprendono in abbinamento agli altre 20 mila vini a disposizione della cantina del ristorante.

Un vero e proprio tesoro, racchiuso in quattro sale interrate che la famiglia ha raggruppato in un unico, magico cunicolo. Quello in cui ogni amante del più pregiato nettare di Bacco vorrebbe perdersi, o essere rinchiuso gettando via la chiave.

“Due delle quattro sale – spiega Andrea Menichetti – si trovano sotto un palazzo. Le altre due sono invece nel palazzo della via accanto. Le abbiamo acquistate una per volta, non certo a buon mercato. Poi ci siamo resi conto che due di queste fossero adiacenti. Abbiamo così deciso di buttare giù il muro, unendole”.

Ma non finisce qui. “Con una traforazione verticale effettuata nel 2005 – precisa ancora il figlio della coppia di titolari di Caino Montemerano – abbiamo collegato tra loro le altre due cantine, che scendono fino a una profondità di 25 metri. Nel 2006 abbiamo terminato i lavori, ottenendo il risultato odierno”.

LA MAREMMA DEL GUSTO
Terme, buona cucina, buon vino. Cosa manca alla Maremma per definirsi un territorio a prova di enoturismo? Forse più nulla, almeno da quando il Consorzio di Tutela Vini ha deciso di spingere l’acceleratore sul tasto della sostenibilità.

Attraverso il progetto “Morellino Green“, i possessori di auto elettriche potranno ricaricare la loro vettura grazie alla centralina installata da 10 cantine del territorio aderenti al progetto (qui l’elenco). E mentre l’auto è in ricarica, perché non assaporare qualche etichetta di Morellino di Scansano?

“L’ambiente è di tutti -commenta Rossano Teglielli, presidente del Consorzio – e salvaguardarlo per le generazioni future è sempre più un dovere morale. Dal nostro Consorzio, quest’anno, arriva una proposta concreta che intende rappresentare un piccolo passo in questa direzione, certi che ogni modello di sviluppo futuro non possa prescindere dal rispetto del contesto ambientale”.

Un appello che, dalla Maremma, ambisce ad arrivare alle orecchie di tutta la Toscana. E, perché no? Di tutta l’Italia, forte della recente approvazione dell’atteso decreto sull’enoturismo, che regolamenta uno dei settori con le più alte possibilità di crescita nell’Italia del gusto.

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“Piwi? Meglio ripensare a portinnesto e selezione clonale dei vitigni già esistenti”


SCANSANO –
Meglio i vitigni resistenti (Piwi) o i vitigni già esistenti per combattere la sfida dei cambiamenti climatici? Pare non avere dubbi Diego Tomasi, ex direttore ed ora ricercatore del Crea, Centro di Ricerca per la Viticoltura.

“I Vivai Rauscedo stanno mettendo a disposizione ormai da anni i Piwi. Ma basterebbe conoscere meglio i vitigni già esistenti e lavorare per esempio sui portinnesti più adeguati per fare in modo che si adattino alle avversità del clima, vera piaga per la viticoltura italiana e internazionale”.

L’intervento nel corso della presentazione di Morellino Green, il nuovo progetto di mobilità elettrica legata all’enoturismo nel territorio del Morellino di Scansano.

“Siamo sicuri di aver agito bene con la selezione clonale negli ultimi anni? A mio avviso ci siamo sempre limitati a studiare solo il grappolo e la sua composizione, ma non la vite, presa singolarmente. Non varrebbe la pena di riprendere in mano il tema della selezione clonale? Siamo certi di aver esplorato tutta la variabilità naturale del Sangiovese e degli altri vitigni già esistenti?”.

“La genetica – ha aggiunto Diego Tomasi – ha bisogno di altri vent’anni per arrivare a qualcosa di concreto”. Ma il tempo non c’è. “Perché il cambiamento in corso riguarda l’intensità, la persistenza e la frequenza fenomeni che creano scombussolamento al clima”.

In conclusione, sempre per il ricercatore del Crea, “la cosa migliore per i viticoltori sarebbe prendere vantaggio della diversità climatica locale, studiando il comportamento delle singole piante di vigneto in vigneto e, sulla base dei risultati, cambiare eventualmente approccio. Servono vigneti più plastici, meno rigidi, in grado di adattarsi”.

GLI STUDI DEL CREA
A riprova di questa tesi, Diego Tomasi ha riferito i risultati di alcune analisi e sperimentazioni svolte dal Crea. Centrale il ruolo del portinnesto della vite: “Abbiamo messo a confronto le reazioni dell’M4 e del 1103 P in Calabria  in condizioni di forte stress idrico”.

Il primo ha evidenziato un numero inferiori di radici, ma una dimensione del tronco della vite e un grado di umidità delle foglie superiore al 1103 P. Elemento che lo ha reso più efficace per supportare la pianta durante i fenomeni siccitosi.

“Tra le pratiche più utili – ha evidenziato Tomasi – ci sono poi le defogliazioni tardive: effettuate 3, 4 settimane prima della vendemmia, togliendo il 30% delle foglie giovani, riducono la fotosintesi ma non la formazione dei polifenoli. In due annate di Sangiovese poste sotto esame è stato il tagliato un grado Babo”.

Altro tema fondamentale per la viticoltura esposta ai cambiamenti climatici è la perdita di acidità. Emblematico il caso della Glera, uva con la quale viene prodotto il Prosecco. Negli ultimi 20 anni, secondo quanto riferito da Tomasi, la concentrazione naturale dell’acido malico della varietà si è dimezzato.

Tra le tecniche suggerite dal Crea c’è la defogliazione. “Dovrà essere eseguita in prefioritura – ha spiegato il numero uno del Centro di Ricerca – per evitare la scottatura grappoli. La defogliazione precoce testata sul Sangiovese ha avuto come risultato una minore allegagione e peso dell’acino, ma anche grappoli meno soggetti a scottature e più pigmenti coloranti”.

Da non sottovalutare i risvolti delle tecniche di allevamento della vite. In Valpolicella, la pergola inclinata testata dal Crea al posto del Guyot per la Corvina ha consentito di ottenere un 30% in più di antociani, proteggendo per di più il grappolo dalle conseguenze dei violenti rovesci.

Ma l’elemento che più si tende a sottovalutare – ha precisato Tomasi – è il suolo: la qualità del vino passa dalla terra. Da qui l’importanza assoluta di curare la rizosfera, ovvero la porzione che circonda le radici, fondamentale per aiutare la vite a sopportare gli stress, nonché elemento importantissimo nel cosiddetto terroir”.

In conclusione del suo intervento, il ricercatore del Crea ha lanciato un monito ai viticoltori: “Deve per forza accadere qualcosa di nuovo nel vigneto italiano per contrastare i cambiamenti climatici. L’imprevedibilità e gli eventi estremi all’interno della medesima annata preoccupano ormai più delle variabilità tra un’annata all’altra. Pensiamoci”.

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Morellino Green: 11 colonnine per la ricarica delle auto elettriche a Scansano

SCANSANO – Si chiama “Morellino Green” l’onda verde che segna il nuovo corso del Morellino di Scansano, destinato a coinvolgere tutta la Maremma. Una rete di undici colonnine per la ricarica delle auto elettriche, pensato per favorire l’enoturismo ecosostenibile.

I dettagli del progetto sono stati presentati questa mattina dal Consorzio di Tutela della nota Docg della Toscana, nel corso di un convegno a Teatro Castagnoli che ha dato il via a Rosso Morellino 2019, grande banco di degustazione in corso quest’oggi nel borgo della provincia di Grosseto.

IL PROGETTO
Da poche ore sono in funzione sul territorio della Denominazione 2 delle undici colonnine per la ricarica delle auto elettriche fatte installare da Emmerent, società che opera in Italia nel campo della mobilità green. Dieci cantine del territorio, oltre al Consorzio, si sono accollate le spese di realizzazione del punto di ricarica.

Si tratta di un investimento di 40 euro al mese per 48 mesi di “finanziamento”, al termine dei quali la colonnina diventerà di proprietà dell’acquirente. Le strutture sono gestite dalla centrale operativa di Emmerent, a Bologna.

I costi di ricarica praticati sono molto competitivi: 0,15 centesimi al Kw. Il vero focus, però, è un altro. Durante l’attesa necessaria per la ricarica – da una a oltre 3 ore – l’utente avrà modo di visitare le cantine che hanno aderito al progetto, assaggiando il vino e facendosi promotore del Morellino di Scansano.

Il tutto previa registrazione sul sito morellinogreen.it. Un progetto destinato a un target medio alto di consumatori. Il costo della auto elettriche è infatti ancora piuttosto sostenuto in Italia, ma i dati delle immatricolazioni – favorite dagli incentivi del Governo – sono incoraggianti.

Nel 2018 sono state immatricolate 18 mila autovetture elettriche. Si prevede di raggiungere quota 50 mila entro la fine del 2019. Un vero e proprio boom lo scorso marzo, in cui sono state acquistare in Italia 8.700 automobili di nuova generazione.

“L’obiettivo – ha spiegato il direttore del Consorzio Alessio Durazzi – è proporre Scansano come meta del turismo econsostenibile, attraverso la creazione di questo circuito di ricarica per le auto elettriche. Un progetto pilota per riflettore sulla sostenibilità, tema centrale per noi e per tutta la Maremma del vino”.

“La speranza – ha aggiunto Durazzi – è che anche altre aziende del territorio seguano l’esempio delle cantine del Morellino di Scansano. Mi riferisco ad hotel, agriturismi e ristoranti che vogliano appassionarsi al progetto per diventare a loro volta una bandiera di questa rivoluzione green, al fine di formare un vero e proprio ‘Sistema Maremma'”.

I NUOVI CONSUMATORI
A confermare come il legame tra la sostenibilità della produzione e il consumo di vino sia un tema centrale è Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor. “La sostenibilità – ha evidenziato – è ormai una leva competitiva per il vino italiano. I consumatori sono sempre più attenti alle produzioni bio e le richiedono in maniera specifica”.

“In questo senso – continua Pantini – il progetto Morellino Green può diventare una leva di crescita per le Denominazioni del vino della provincia di Grosseto, con ampi margini di crescita sia sul mercato locale che nell’export”.

Dello stesso parere Diego Tommasi, direttore del Centro di Ricerca per la Viticoltura del Crea che ha posto l’accento sui cambiamenti climatici. E sull’importanza, ormai vitale per l’agricoltura, di essere sostenibile.

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