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Green pass per visite in cantina, degustazioni ed eventi: cosa prevede il decreto 30 dicembre 2021?

Green pass per visite in cantina, degustazioni ed eventi cosa prevede il decreto 30 dicembre 2021

Visite in cantina, degustazioni ed eventi: cosa prevedono le misure del governo per arginare il Covid-19 e la variante Omicron? Se già il decreto legge n.172 del 26 novembre 2021 sanciva l’obbligo del green pass rafforzato per visite e degustazioni in cantina a partire dal 6 dicembre 2021, il dl n. 229 del 30 dicembre (qui il documento ufficiale) ne proroga l’applicazione. Con ulteriori provvedimenti relativi ai servizi all’aperto.

Fino alla fine dello stato d’emergenza, fissato al 31 marzo 2022, il green pass rafforzato sarà necessario per il consumo al banco, al chiuso, nei servizi di ristorazione in tutte le zone (bianca, gialla, arancione).

Dal 10 gennaio, inoltre, anche in zona bianca e gialla, sarà richiesto il green pass rafforzato per il consumo al banco all’aperto. Consentito, invece, fino al 9 gennaio, senza green pass o con la sola certificazione base.

SAGRE, EVENTI, FIERE CONGRESSI E CORSI DI FORMAZIONE

L’ingresso a sagre, fiere e congressi, anche su aree pubbliche, sarà riservato a coloro che dispongono del super green pass. Sia all’aperto che al chiuso e con mascherina FFP2.

Impatti anche sui corsi di formazione privati. Se in zona bianca o gialla per partecipare ad un corso di formazione privata in presenza sarà sufficiente il green pass base in zona arancione servirà il super green pass.

SERVE IL GREEN PASS PER LE DEGUSTAZIONI IN CANTINA?

Visitando i siti web delle cantine italiane, anche di grandi dimensioni, oppure i siti web di associazioni di formazione, si trovano spesso informazioni non aggiornate sui protocolli di sicurezza Covid. Comprensibile, considerato il susseguirsi di nuove norme con soppressione di appendici delle precedenti.

Il consiglio ai winelovers è di verificare sempre con la cantina la normativa e il protocollo vigente, oltre al colore della zona in cui si trova la cantina che si intende visitare.

LE SCELTE DEI BIG: BERLUCCHI, BANFI E DONNAFUGATA

Resta comunque sempre consentito – al momento – l’accesso al negozio della cantina. Quanto alle cantine, aziende come Berlucchi, in Franciacorta, spiegano chiaramente le misure anti Covid-19 sul proprio sito web.

In Toscana, Banfi rassicura clienti del resort e winelovers sul rispetto delle misure e sulla formazione costante del proprio personale. Nel Sud-Italia, cantine ben strutturate come Donnafugata ricorrono invece a un popup a comparsa al momento dell’accesso sul portale aziendale.

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Food Lifestyle & Travel

Il paradosso della Fase 2: “Bar e ristoranti aperti ma senza soldi per pagare i fornitori”

“La situazione del canale Horeca, dopo tre mesi di serrata obbligata dei punti vendita, non sembra avere prospettive migliorative e la Fase 2, avviata il 18 maggio con protocolli e stringenti vincoli sanitari, non potrà garantire un rapido ritorno alla normalità pre covid”. È quanto sottolinea la Federazione Italiana dei Distributori di Ho.re.ca (Italgrob). La richiesta è quella di un “decreto ad Hoc, entro settembre”.

La prospettiva  di una ripresa dei punti vendita, fortemente  invocata da più  attori della  filiera – si legge in una nota – rischia di diventare un palliativo: locali da rifornire ma che non hanno la liquidità per poter pagare la merce già consegnata ad inizio anno e quella attualmente necessaria; un consumatore timoroso che non tornerà presto ai consumi pre Covid; norme igienico-sanitarie doverose  quanto assurde che  limiteranno gli spazi dei ristoranti e renderanno ancora più difficile la ripresa e il lavoro degli operatori del settore”.

Italgrob evidenzia che “con il lockdown le aziende di distribuzione hanno registrato mezzo miliardo di crediti ancora da esigere dai punti vendita, a cui si devono aggiungere le perdite calcolate per circa 4 miliardi per il mancato lavoro quotidiano dei mesi di Marzo, Aprile e Maggio”.

Per la prima volta nella storia, anche le più solide aziende di distribuzione hanno dovuto far richiesta alla cassa integrazione per la quasi totalità dei propri dipendenti diretti. “Ma ad oggi, i fondi a causa dei balletti fra Inps e Regioni non sono ancora arrivati”, attacca la Federazione Horeca.

Che aggiunge: “Le misure messe in campo dal Governo non sono sufficienti, soprattutto a causa della burocrazia che rallenta e non permette di  avere la liquidità  necessaria per  sopperire  al difficile  periodo: tutto ciò  non è ammissibile”.

In Francia per il solo settore del turismo e di riflesso quindi anche per la ristorazione sono stati stanziati 18 miliardi di Euro. Considerando l’impatto che ha sull’economia italiana il settore sarebbe auspicabile la massima attenzione a questo rilancio.

Inoltre, va ribadito che il decreto rilancio sana solo in parte le perdite registrate, quindi più che di rilancio si dovrebbe parlare di sostegno. Al massimo entro settembre è necessario che le istituzioni attuino un decreto ad Hoc per tutto il settore della ristorazione e dell’ospitalità che va incontro a una stagione incerta dove certamente i costi, per il rispetto dei nuovi protocolli di sicurezza, supereranno i ricavi”.

“Italgrob – dichiara il Presidente Vincenzo Caso – si è mossa prontamente a tutela di tutto il movimento delle aziende di distribuzione, abbiamo fatto diversi appelli anche in collaborazione con primarie associazioni della filiera Horeca. Le nostre istanze sono state accolte in parte, come ad esempio far riaprire i locali in sicurezza dal 18 maggio e alcuni incentivi a fondo perduto”. Resta comunque critica la questione legata al credito a causa del lockdown”.

In questo momento tutte le aziende di distribuzione vantano crediti che corrono il rischio di diventare inesigibili. I mancati guadagni del lockdown dei mesi di marzo, aprile e maggio rappresenterebbero per la categoria delle perdite irrecuperabili che metterebbero a rischio centinaia di aziende, che sono per la totalità a conduzione familiare. Per questo motivo abbiamo chiesto e ancora chiediamo insistentemente che venga concesso un credito di imposta sulle perdite sui crediti per recuperare tali somme”.

Secondo Italgrob, “è auspicabile che le istituzioni valutino e accolgano le richieste degli operatori, che sono sul territorio e conoscono le reali problematiche”.

“Accogliamo con positività l’aumento del plafond del credito d’imposta, come risulta dal nuovo decreto, per la sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro come da protocolli di sicurezza Covid-19, in quanto è a carico dei distributori provvedere alla sanificazione di tutti gli impianti alla spina di prodotti alcolici (birra e vino) e delle bevande, le frigo vetrine e tutte le attrezzature distribuite ai punta vendita in comodato d’uso”.

Resta ancora da sciogliere il nodo del valore della manodopera se fatta con manovalanza interna. “Tutto ciò – precisa Italgrob – per la sicurezza del punto vendita e del consumatore deve essere sanificato con prodotti speciali e specifici”.

Infine, e lo richiediamo da molto tempo, deve essere rivista totalmente la Tari, soprattutto quella relativa ai magazzini di stoccaggio che non producono rifiuti ma con i loro metri quadri sono un fardello pesante per il bilancio aziendale. È il momento di rivederla”.

“La nostra categoria è fondamentale – dichiara Dino Di Marino, Direttore Generale Italgrob – e rappresenta l’anello di raccordo fra produzione e punti vendita. Siamo, come dire, il braccio portante dei produttori”.

Una rete distributiva organizzata e funzionale che svolge un lavoro decisivo per tutta la filiera agroalimentare italiana, dalla più piccola azienda alla grande industria, e per questo motivo è assolutamente necessario sostenere la ripresa, in primis appunto della rete distributiva, perché è l’ingranaggio invisibile ma determinante che fa girare la filiera del fuoricasa italiano”.

Sempre secondo la Federazione Italiana dei Distributori, il settore Horeca “deve ripartire nella sua totalità al più presto e bisogna mettere in campo tutti gli strumenti economici necessari per far riprendere i consumi: tutto è  collegato e questa emergenza sanitaria, più che mai, lo ha messo in evidenza”.

“Inoltre – conclude Di Marino – sono preoccupato anche del destino di centinaia di nostri imprenditori associati in quanto non mi sento di escludere che la malavita organizzata possa pensare di metterci le mani. In tempi di crisi non è un’opzione irrealistica”.

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