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Istituite ufficialmente le tre sottozone della Doc Bardolino

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È stato pubblicato lunedì 12 aprile 2021 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che riconosce le tre sottozone della Doc Bardolino, Montebaldo, La Rocca e Sommacampagna, e che permette al nuovo disciplinare di produzione di entrare ufficialmente in vigore.

Per i produttori che abbiano rispettato fin dalla scorsa vendemmia le prescrizioni molto stringenti del nuovo disciplinare sarà possibile uscire sul mercato già il prossimo settembre con i primi Bardolino di sottozona dell’annata 2020. Il decreto autorizza infatti la retroattività dell’utilizzo in etichetta del nome della sottozona che avrà una dimensione doppia rispetto a quella della menzione Bardolino.

“Siamo orgogliosi – commenta Franco Cristoforetti, Presidente del Consorzio di Tutela del Bardolino – che sia finalmente giunto a conclusione un lungo percorso iniziato oramai sei anni fa, nel 2015. Il nuovo disciplinare che da oggi entra in vigore ha lo scopo di puntare sulla territorialità e di valorizzare le diverse caratteristiche dei vini delle tre sottozone storiche, già note due secoli fa”.

“Si tratterà di produzioni limitate e di considerevole pregio – prosegue Cristoforetti – destinate a offrire una nuova prospettiva, anche in termini di longevità, ai vini rossi del nostro territorio, esaltandone le caratteristiche di leggerezza e di finezza, secondo una visione storica che è tornata di grande modernità”.

Un’ulteriore modifica prevista dal disciplinare di produzione della Doc Bardolino dispone che dalla vendemmia 2021 la percentuale massima utilizzabile di uva Corvina salga al 95% dall’80% in vigore sinora. Solo 100 quintali per ettaro la produzione di uva ammessa per le sottozone contro i 120 quintali della “base” del Bardolino.

L’area di produzione della sottozona Montebaldo comprende i territori comunali di Affi, Caprino Veronese, Cavaion Veronese, Costermano sul Garda e Rivoli Veronese. La zona prende il nome dall’omonima catena montuosa, dove le altitudini sono maggiori e il clima è più fresco. I vini qui prodotti ricordano i profumi della fragola e dei chiodi di garofano.

La Rocca, così chiamata dal colle che domina il lago di Garda a nord di Bardolino, comprende invece i comuni di Bardolino, Castelnuovo del Garda, Garda, Lazise, Peschiera del Garda e Torri del Benaco: nei vini di questa sottozona si ritrovano le note di lampone e di cannella.

Sommacampagna è la sottozona delle colline a sud-est della denominazione e comprende i comuni di Bussolengo, Pastrengo, Sommacampagna, Sona e Valeggio sul Mincio. Si tratta dell’antica Summa Campànea, l’alta campagna assolata che emerge dalla pianura. Ciliegia e pepe nero sono i profumi tipici dei suoi vini.

Già alla fine dell’Ottocento si conosceva l’esistenza di tre sottozone, individuate dai commercianti di vino nel 1825 e poi identificate geomorfologicamente da Giovanni Battista Perez nel 1900 nel volume “La Provincia di Verona ed i suoi vini”. Ai vini di queste macro-zone erano riconosciute alcune peculiarità organolettiche e qualitative, che però sfuggirono ai compilatori del disciplinare di produzione del 1968.

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Federdoc: decisioni del Governo cinese lesive per i Consorzi di tutela

Federdoc ha presentato agli On.li Ministri Patuanelli e Di Maio, e a seguire alla Direzione Generale Piue VII del Mipaaf, la propria preoccupazione circa la recente decisione delle autorità cinesi di considerare i Consorzi di tutela alla stregua di Organizzazioni non Governative, obbligando gli stessi a designare un rappresentante legale cinese per proseguire le attività di promozione già programmate, comprese quelle presenti anche negli Ocm in corso in scadenza a fine marzo 2021.

«L’Amministrazione cinese sta interpretando in modo estensivo una norma di legge del 2017 – sottolinea il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro – In sintesi, i Consorzi dovrebbero riconoscere nell’immediato che ad essi stessi vengano applicate le norme nazionali in materia di Organizzazioni non Governative; il che equivarrebbe a dichiarare che le attività promozionali in corso di svolgimento e ancora da realizzare sul territorio cinese costituirebbero una violazione della legge nazionale senza la sottoscrizione di una lettera di intenti».

Secondo Federdoc appare piuttosto evidente come una simile richiesta sia illegittima, in quanto costituisce una barriera non tariffaria imposta in modo totalmente arbitrario dal Governo cinese che paventa inoltre l’applicazione di sanzioni del tutto irragionevoli nei confronti Consorzi di tutela del vino, quali l’esclusione per un quinquennio da qualsiasi attività promozionale sul proprio territorio.

Una decisione, quella del Governo Cinese, che sconcerta anche perché giunge a pochi giorni di distanza dall’entrata in vigore dell’accordo bilaterale UE-Cina dello scorso 1° Marzo, riguardante proprio la tutela e la protezione dei prodotti a Indicazione Geografica.

Una contraddizione non priva di ambiguità, per la quale Federdoc ha appunto già fatto specifica richiesta al Ministero delle Politiche Agricole, affinché lo stesso si attivi anche nel sensibilizzare la Commissione Europea allo scopo di porre rimedio a quello che appare come un evidente ferita inferta ai Consorzi.

«Abbiamo appreso – aggiunge Ricci Curbastro –-che le istituzioni cinesi stanno già applicando la norma in oggetto anche ai Comitati Interprofessionali del vino francesi e ad altri soggetti che si occupano di promozione dei vini europei a Indicazione Geografica. È una situazione che va risolta quanto prima».

«Intanto Federdoc – prosegue il presidente . chiede ai Ministeri interessati di voler verificare con estrema urgenza la possibilità di applicare delle flessibilità ai Consorzi che non riescono, per causa di forza maggiore, a realizzare le proprie attività in Cina. Il che significa non solo non applicare penalità ma anche di dare la possibilità, per non perdere i fondi, di una modifica immediata dei progetti di promozione con conseguente riallocazione delle risorse in azioni da svolgersi in altri Paesi».

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Valoritalia certifica l’olio Dop Chianti Classico

Il Consorzio di Tutela Olio Dop Chianti Classico ha incaricato Valoritalia, società leader in Italia nelle certificazioni agroalimentari, di effettuare i controlli sulla produzione dell’Olio Dop Chianti Classico e della verifica del rispetto delle norme previste dal relativo disciplinare di produzione. L’incarico è stato autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole con un Decreto pubblicato lo scorso 31 agosto e avrà durata triennale.

“La lunga collaborazione con gli enti di certificazione ha permesso ai nostri soci di comprendere che lo strumento del controllo non è soltanto un obbligo imposto dalle leggi, ma è innanzitutto utile alla crescita professionale e tecnica degli operatori. In questi anni le imprese hanno compreso che le verifiche previste dal piano dei controlli sono un’opportunità per migliorare la gestione della tracciabilità e la stessa tutela del prodotto nei confronti del consumatore”, afferma Gionni Pruneti, Presidente del Consorzio Dop Chianti Classico.

Sin dalla sua costituzione nel 1975, l’obiettivo del Consorzio è stato sempre quello di proteggere e promuovere la denominazione, salvaguardando il territorio e i caratteri del prodotto: buon sapore fruttato con sentori di carciofo crudo ed erba fresca e gradevolmente piccante. Profumi e sapori strettamente legati alle cultivar “Frantoio“, “Correggiolo“, “Moraiolo” e “Leccino” che possono essere usate da sole o congiuntamente, o unitamente ad altre varietà autorizzate dal disciplinare di produzione per un massimo del 20%.

Realizzare un olio Dop con un elevato valore qualitativo richiede un impegno continuo ed un rigore tecnico che copra tutto il processo produttivo, dal campo al frantoio, perché solo prestando una costante attenzione si riesce a conservare quelle proprietà organolettiche che restituiscono l’identità di un terroir così particolare come quello della Dop Chianti Classico. La certificazione è un’ulteriore garanzia per il consumatore che.

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L’olio Dop Chianti Classico si certifica con Valoritalia

Il Consorzio di Tutela Olio Dop Chianti Classico ha incaricato Valoritalia, società leader in Italia nelle certificazioni agroalimentari, di effettuare i controlli sulla produzione dell’Olio Dop Chianti Classico e della verifica del rispetto delle norme previste dal relativo disciplinare di produzione. L’incarico è stato autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole con un Decreto pubblicato lo scorso 31 agosto e avrà durata triennale.

La lunga collaborazione con gli enti di certificazione ha permesso ai nostri soci di comprendere che lo strumento del controllo non è soltanto un obbligo imposto dalle leggi, ma è innanzitutto utile alla crescita professionale e tecnica degli operatori. In questi anni le imprese hanno compreso che le verifiche previste dal piano dei controlli sono un’opportunità per migliorare la gestione della tracciabilità e la stessa tutela del prodotto nei confronti del consumatore”, afferma Gionni Pruneti, Presidente del Consorzio Dop Chianti Classico.

Sin dalla sua costituzione nel 1975, l’obiettivo del Consorzio è stato sempre quello di proteggere e promuovere la denominazione, salvaguardando il territorio e i caratteri del prodotto: buon sapore fruttato con sentori di carciofo crudo ed erba fresca e gradevolmente piccante. Profumi e sapori strettamente legati alle cultivar “Frantoio“, “Correggiolo“, “Moraiolo” e “Leccino” che possono essere usate da sole o congiuntamente, o unitamente ad altre varietà autorizzate dal disciplinare di produzione per un massimo del 20%.

Realizzare un olio Dop con un elevato valore qualitativo richiede un impegno continuo ed un rigore tecnico che copra tutto il processo produttivo, dal campo al frantoio, perché solo prestando una costante attenzione si riesce a conservare quelle proprietà organolettiche che restituiscono l’identità di un terroir così particolare come quello della Dop Chianti Classico. La certificazione è un’ulteriore garanzia per il consumatore che.

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Il Pignoletto diventa Doc Emilia Romagna

Il Pignoletto diventerà, a disciplinare approvato, l’unica tipologia della Doc Emilia Romagna, grazie alla condivisioni di obiettivi tra il Consorzio Pignoletto Emilia-Romagna, Regione Emilia-Romagna e Ministero delle Politiche Agricole.

Un progetto che sancirà la tutela europea di quella che è la seconda denominazione enologica più importante della Regione dopo il Lambrusco e che, con 14 milioni di bottiglie, rappresenta un’importantissima fonte di reddito per i viticoltori del territorio.

Con il voto assembleare si definisce un percorso intrapreso da tempo con gli Enti preposti, che legittima e riconosce il vino che unisce l’Emilia alla Romagna, mantenendo inalterato il territorio, come oggi, a tutela dei suoi produttori. Il Pignoletto rappresenta il vino che negli ultimi anni ha registrato i trend più importanti di crescita a livello nazionale e che al momento, nonostante la pandemia, ha fatto registrare una crescita del 10% nelle vendite in Gdo nel primo semestre” sottolinea Carlo Piccinini, Presidente del Consorzio Pignoletto Emilia-Romagna.

Dal 2021, quindi, il nome “Pignoletto” si affiancherà, in modo esclusivo, al riferimento geografico dell’Emilia-Romagna. Una protezione comunitaria legata al territorio regionale che consentirà a questo vino di avere un riconoscimento ancora più importante sia a livello nazionale che internazionale.

Con questa proposta, all’apice della piramide qualitativa troveremo la Docg Colli Bolognesi Pignoletto, una denominazione che include un territorio collinare molto ristretto posto a sud di Bologna, mentre la Doc Pignoletto diventerà Doc Emilia-Romagna e sarà riservata esclusivamente alla tipologia Pignoletto

Il territorio di produzione ed imbottigliamento, che si estende da Modena a Forlì,  rimarrà lo stesso, ma in questo modo sarà possibile comunicare meglio la differenza dei territori tra Docg e Doc mantenendo ed evidenziando le caratteristiche di ciascuna realtà, in modo da valorizzare i pregi dell’una e dell’altra.

“Siamo contenti che la sinergia tra il Consorzio Pignoletto Emilia-Romagna ed il Consorzio Vini Colli Bolognesi abbia portato il Pignoletto ad essere la seconda denominazione dell’Emilia-Romagna – aggiunge Ivan Bortot, Vicepresidente del Consorzio – Dobbiamo ora continuare a lavorare perché a tutti i viticoltori sia riconosciuta la redditività del lavoro che svolgono, dando la stessa dignità a produttori di collina e di pianura”.

“Il Pignoletto merita questo riconoscimento, il nome della regione a lui dedicato – conclude Marco Nannetti, Vicepresidente del Consorzio – È un’operazione che guarda al futuro, che riconosce alla Docg l’eccellenza produttiva e alla Doc Emilia-Romagna il compito di aprire nuovi mercati”.

Dopo il voto assembleare di ieri inizierà l’iter stabilito dalla normativa. L’auspicio è di veder pubblicata la nuova denominazione e di poterla etichettare dalla prossima campagna vendemmiale.

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Doc delle Venezie: arriva l’iscrizione nel Registro Europeo

La Doc delle Venezie (o “Beneških okolišev”) ottiene la protezione ufficiale del nome e la conseguente iscrizione nel registro eAmbrosia da parte della Commissione Europea, aprendo alla possibilità di richiedere il riconoscimento del Consorzio da parte del Ministero delle Politiche Agricole.

“Si chiude oggi un capitolo importante della storia della viticoltura italiana ed europea con la conclusione dell’iter di riconoscimento della Doc delle Venezie avviato nel 2014”, ha commentato il Presidente del Consorzio di Tutela Albino Armani.

Un progetto inedito e ambizioso che è stato capace di costruire un concetto allargato di identità territoriale e porsi come punto di riferimento della produzione nazionale e globale di Pinot grigio“.

“Il riconoscimento comunitario rappresenta la meta di un percorso intrapreso con coscienza da tutti i protagonisti della scena vinicola di Friuli, Trentino e Veneto, che hanno saputo accantonare campanilismi e fare squadra a beneficio di un patrimonio comune. Un Consorzio che, ora più che mai, deve ottenere presto il riconoscimento Ministeriale per entrare nella pienezza delle sue funzioni”, ha concluso il Presidente.

Il riconoscimento europeo ottenuto in questi giorni costituisce un’ulteriore legittimazione del lavoro e del percorso di crescita nel segno della continuità, promosso da un team di filiera interregionale che ha creduto e crede fortemente nella valorizzazione di un prodotto-territorio che rappresenta l’85% del pinot grigio italiano e il 43% di quello mondiale.

Dopo l’iscrizione della Dop nel registro europeo occorre ottenere dal Ministero delle Politiche Agricole il riconoscimento e l’attribuzione ufficiale dell’incarico a svolgere le legittime funzioni di tutela, promozione, valorizzazione ed informazione.

Per l’anno prossimo il Consorzio punta non solo a recuperare e rafforzare le posizioni acquisite sui principali mercati di riferimento, tra cui Uk e Usa, animati da turbolenze legate ai temi Brexit e dazi, ma intende aprire una strada anche verso Paesi nuovi, dove il Pinot grigio delle Venezie è assente o marginalmente presente.

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Chianti Classico: approvato il piano di rilancio post Covid

BARBERINO TAVERNELLE – Un piano straordinario di interventi per supportare le aziende del Gallo Nero nell’emergenza post Covid. Nuove linee strategiche a medio-lungo termine per la gestione della denominazione ed una serie di interventi immediati volti a gestire gli aspetti produttivi, l’assorbimento del prodotto sul mercato e a sostenere finanziariamente le aziende più colpite dall’emergenza sanitaria.

È quanto approvato ieri dall’Assemblea dei Soci del Consorzio Vino Chianti Classico, su proposta del Consiglio di Amministrazione che ha lavorato che nei mesi di lockdown ha elaborato a un progetto di rilancio post quarantena.

La misura più innovativa riguarda l’accordo con Banca Monte dei Paschi di Siena per l’accesso preferenziale al credito che prevede l’utilizzo dell’istituto del pegno rotativo non possessorio, applicabile oggi, grazie al decreto Cura Italia, anche ai prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine protetta, compreso il vino di qualità.

Il Consorzio è il primo ente in Italia a ricorrere a questa nuova misura a supporto delle aziende, per la cui attuazione c’è solo da attendere l’auspicato decreto attuativo del Mipaaf, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Per poter venire incontro alle aziende nella gestione di eventuali giacenze di prodotto createsi nel periodo di lockdown, a causa della chiusura temporanea del canale horeca, sono state approvate due misure straordinarie. La prima contempla la possibilità temporanea, per 18 mesi, di stoccaggio del prodotto fuori della zona di produzione, ma rimanendo nelle province di Firenze e di Siena. La seconda prevede il posticipo dell’immissione al consumo, dal 1 ottobre al 2 gennaio, dell’annata 2019.

Altra importante novità è la costituzione di un fondo di stabilità fino a 1,5 milioni di Euro per la denominazione Chianti Classico una parte del quale verrà impegnata ad integrazione del contributo del Governo per la riduzione volontaria delle rese. Come altra possibilità di impiego del fondo, ma solo in estrema ratio, non si esclude di intervenire con l’acquisto di partite di vino sfuso Chianti Classico 2019.

Questa acquisizione straordinaria dovrà avere scopo emergenziale, temporaneo e non lucrativo – dichiara Carlotta Gori, direttore del Consorzio – Si tratta infatti di una misura esclusivamente dipendente dalla contingenza Covid-19, che sarà messa in atto, solo in caso di vera necessità, per la tutela e la cura degli interessi della denominazione”.

Infine, è stata recepita positivamente dall’Assemblea l’attenzione del Consorzio verso nuove iniziative di promozione, destinate a sollecitare la domanda dei mercati e generare ulteriore attenzione sul marchio Gallo Nero.

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Via libera Ue all’indicazione d’origine in etichetta per i salumi italiani

Via libera dell’Unione Europea all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana come chiede, secondo l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole, il 93% dei cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti.

Ad annunciarlo è la Coldiretti, che ha fortemente sostenuto il provvedimento, dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still“, il periodo di quarantena di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate.

L’Italia – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal”.

Una novità importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno qualche volte a settimana, secondo i dati Istat, portano in tavola salumi, e per sostenere la norcineria italiana, settore messo in ginocchio da pandemia e dalla concorrenza sleale, conta oltre cinquemila allevamenti di maiali ed un valore, dalla stalla alla distribuzione, di oltre 20 miliardi.

Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a:

  • Paese di nascita: nome del paese di nascita degli animali
  • Paese di allevamento: nome del paese di allevamento degli animali
  • Paese di macellazione: nome del paese in cui sono stati macellati gli animali
  • Origine: nome del paese – quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese,

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma:

  • Origine: Ue
  • Origine: extra Ue
  • Origine: Ue e extra Ue

Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali tricolori si quasi dimezzate mettendo a rischio le imprese e la prestigiosa norcineria Made in Italy a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine Parma e San Daniele prodotti in Italia.

A preoccupare è l’invasione dei cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di pezzi che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

Cosce provenienti in larga parte dai grandi mattatoi dei paesi del Nord, come ad esempio la struttura di Rheda-Wiedenbrück, nel distretto di Guetersloh, nel NordReno Westfalia, balzata all’attenzione delle cronache perché più di 1.550 lavoratori sono risultati positivi ai test per il Covid-19.

L’etichettatura dei salumi è l’ultimo capitolo della storica battaglia per la trasparenza che ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.

Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello Ue il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

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Vino Nobile di Montepulciano: “Toscana” è obbligatorio in etichetta

Vino Nobile di Montepulciano. Docg. Toscana. Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha approvato all’unanimità a Roma, il 30 gennaio, il cambio di disciplinare che determina la dicitura obbligatoria per il Vino Nobile di Montepulciano che nell’etichetta dovrà inserire “Toscana“.

L’approvazione arriva da un lungo percorso intrapreso dapprima con la Regione Toscana che lo scorso 8 luglio aveva approvato le modifiche al disciplinare della prima Docg italiana che da oggi avrà, tra le prime della regione, l’obbligatorietà di indicare la dicitura “Toscana”. Delibera che accoglie la richiesta unanime dell’interprofessione rappresenta dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.

“Una svolta importante per la nostra denominazione, frutto di un percorso nato con il mio predecessore, Piero Di Betto, portato avanti con tenacia dal Consorzio e condiviso con la Regione Toscana, che fin da subito ha saputo interpretare le esigenze dei produttori” – spiega il Presidente del Consorzio del Vino nobile di Montepulciano, Andrea Rossi.

“Oltre alla Regione nella figura dell’Assessore Marco Remaschi – prosegue Rossi – che per primo ci ha creduto, devo ringraziare le associazioni di categoria e tutti coloro che ognuno per la propria parte hanno permesso questo raggiungimento”.

“Quello che auspichiamo – conclude – con queste azioni è da un lato l’aumento della tutela nei confronti del consumatore finale, dall’altro la crescita delle vendite all’estero e nel mercato domestico. Infine per il Consorzio una rinnovata possibilità di intensificare l’attività di promozione del territorio per una migliore e più puntuale comunicazione”.

“Un successo non solo per la denominazione Vino Nobile di Montepulciano, ma per tutto il sistema vino Toscana – è stato il commento dell’Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschi – un traguardo che abbiamo raggiunto tutti insieme, da parte nostra con un buon lavoro in commissione agricoltura per una causa che auspico possa prima di tutto contribuire al mercato di questo importante vino toscano, che come gli altri della nostra regione rappresenta un traino per il nostro brand, appunto ‘Toscana’ e anche per questo ne sono particolarmente orgoglioso”.

La richiesta di modifica dei disciplinari di produzione avanzata dal Consorzio parte dal Protocollo d’Intesa siglato nel 2012 dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano e dal Consorzio Vini d’Abruzzo, dalla Regione Toscana e dalla Regione Abruzzo, nonché dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e da Federdoc.

Con quel Protocollo d’Intesa, i due Consorzi si erano impegnati ad intraprendere iniziative che favorissero la corretta identificabilità dei due vini ed in particolare dei rispettivi territori di origine.

LE MODIFICHE AL DISCIPLINARE
La dicitura obbligatoria riguarda non solo il Vino Nobile di Montepulciano Docg, ma anche il Rosso e il Vin Santo di Montepulciano Doc.

Nello specifico, la modifica proposta riguarda l’articolo 7 del disciplinare di produzione delle tre denominazioni (Vino Nobile di Montepulciano, Rosso di Montepulciano e Vin Santo di Montepulciano) e consiste nella introduzione dell’obbligo di inserire in etichetta il termine geografico più ampio, “Toscana”, in aggiunta alla denominazione.

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“Spighe Verdi 2019”: 6 i comuni premiati in Toscana

Castellina in Chianti, Massa Marittima, Castiglione della Pescaia, Castagneto Carducci, Fiesole e Bibbona sono i 6 Comuni toscani che hanno ricevuto la Spiga Verde 2019 da FEE Italia – Foundation for Environmental Education e Confagricoltura.

Il premio è stato assegnato a Roma, presso Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura.

La Toscana è la regione che ha ottenuto il maggior numero di riconoscimenti insieme a Marche e Piemonte.  L’iter procedurale, certificato ISO 9001-2015, ha guidato la valutazione delle candidature, permettendo alla Commissione di Valutazione il raggiungimento del risultato finale.

Nel gruppo di lavoro è stato importante il contributo di diversi Enti istituzionali come il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo; il Comando Unità Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare dell’Arma dei Carabinieri, l’ISPRA, il CNR e Confagricoltura.

42 località rurali potranno fregiarsi, in questa quarta edizione, del riconoscimento Spighe Verdi 2019.

IL PROGRAMMA “SPIGHE VERDI”

“Spighe Verdi” è un programma FEE, pensato per guidare i Comuni rurali, passo dopo passo, a scegliere strategie di gestione del territorio in un percorso virtuoso che giovi all’ambiente e alla qualità della vita dell’intera comunità.

E’ un efficace strumento di valorizzazione del nostro patrimonio rurale, ricco di risorse naturali e culturali, anche in un’ottica di occupazione. Affinché il programma raggiunga il massimo del risultato, sono necessari due elementi essenziali: la volontà dell’Amministrazione comunale di iniziare un percorso di miglioramento e la partecipazione della comunità e delle imprese, in particolar modo quelle agricole, alla sua realizzazione.

Per portare i Comuni rurali alla graduale adozione dello schema “Spighe Verdi”, FEE Italia ha condiviso con Confagricoltura un set di indicatori in grado di fotografare le politiche di gestione del territorio e indirizzarle verso criteri di massima attenzione alla sostenibilità.

Alcuni indicatori presi in considerazione sono stati: la partecipazione pubblica; l’educazione allo sviluppo sostenibile; il corretto uso del suolo; la presenza di produzioni agricole tipiche, la sostenibilità e l’innovazione in agricoltura; la qualità dell’offerta turistica; l’esistenza e il grado di funzionalità degli impianti di depurazione; la gestione dei rifiuti con particolare riguardo alla raccolta differenziata; la valorizzazione delle aree naturalistiche eventualmente presenti sul territorio e del paesaggio; la cura dell’arredo urbano; l’accessibilità per tutti senza limitazioni.

“Spighe Verdi” si basa sull’esperienza trentennale di FEE, presente in 76 Paesi, nella gestione del programma internazionale “Bandiera Blu”, un eco-label volontario assegnato alle località turistiche balneari.

L’agricoltura ha un ruolo prioritario nel programma poiché è qui che deve avvenire la vera rivoluzione culturale. Da questa necessità nasce la collaborazione tra FEE Italia e Confagricoltura, già impegnata su questo fronte con il progetto EcoCloud al quale si ispirano molti degli indicatori selezionati.

“Questo risultato straordinario è frutto del legame stretto e ben saldo fra agricoltura e turismo.” spiega Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana “Molte delle nostra aziende hanno saputo con intelligenza e capacità trasformarsi negli anni rispondendo alle sfide di un mercato in evoluzione e lo hanno fatto non tradendo mai la propria natura di realtà agricole. Per questo motivo è fondamentale che chi mette al primo posto il legame con il territorio e le sue specificità. possa essere messo nelle condizioni di lavorare.”

“E’ con soddisfazione che annunciamo anche per il 2019 un aumento dei Comuni rurali che hanno ottenuto le Spighe Verdi, ben 42 – ha detto Claudio Mazza, presidente della FEE Italia -. E’ un percorso che ha l’obiettivo di stimolare i Comuni rurali ad una conduzione sostenibile del territorio -continua Mazza -, impegnandoli in un processo di miglioramento continuo e creando un legame strategico tra amministrazioni locali e agricoltori per la valorizzazione del territorio.”

“Sono sempre di più i Comuni che hanno fatto della sostenibilità la loro grande occasione e dell’agricoltura il settore da cui far partire la rivoluzione culturale – ha sottolineato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, evidenziando come Spighe Verdi possa rappresentare una svolta, anche in termini di marketing e comunicazione, per le realtà finora poco conosciute -. Una carta importate da giocare sul tavolo della competitività territoriale, così come in oltre trent’anni di vita hanno fatto i Comuni Bandiere Blu”.

LE SPIGHE VERDI 2019
Le “Spighe Verdi” 2019 sono state assegnate in 13 Regioni, una in più rispetto alla precedente edizione. Le tre Regioni con il maggior numero di riconoscimenti sono Marche, Toscana e Piemonte, tutte con 6 località. Per le Marche: Esanatoglia, Grottammare, Matelica, Mondolfo, Montecassiano e Numana; per la Toscana:Castellina in Chianti, Massa Marittima, Castiglione della Pescaia, Castagneto Carducci, Fiesole e Bibbona; per il Piemonte: Pralormo, Alba, Santo Stefano Belbo, Vicoforte, Canelli e Volpedo.

Seguono la Campania con 5 località (Agropoli, Positano, Pisciotta, Massa Lubrense e Ascea); la Puglia con 4 (Castellaneta, Ostuni, Carovigno, Andria); il Lazio con 4 (Canale Monterano, Anguillara Sabazia, Pontinia, Gaeta).

Vantano tre località il Veneto (Porto Tolle, Caorle, Montagnana) e l’Abruzzo (Tortoreto, Giulianova, Roseto degli Abruzzi). Vi è un Comune rurale per ognuna delle restanti Regioni: Liguria (Lavagna), Umbria (Montefalco), Sicilia (Ragusa), Calabria (Trebisacce), Trentino (Cavareno)

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Il vino tra tutela dell’identità e tracciabilità: il punto a Trentino & Wine


TRENTO –
“In un contesto di sempre maggiore razionalizzazione delle risorse, la riforma della Pac Politica agricola comune prevista dall’Ue per il periodo 2018-2021 ha ridotto gli stanziamenti per il settore agroalimentare europeo, con la conseguenza che anche i fondi per il comparto vitivinicolo italiano hanno subito una contrazione del 4%, passando da 336 milioni all’anno agli attuali 323 milioni”.

Gabriele Castelli, responsabile del settore vinicolo di Alleanza cooperative italiane agroalimentare, ha così riassunto i cambiamenti in atto a livello europeo nel campo delle politiche agricole ed agroalimentari nel corso del suo intervento in occasione del convegno “Il vino trentino: tutela dell’identità e tracciabilità” che si è tenuto questa mattina a Palazzo Geremia nell’ambito della seconda giornata di Trentino & Wine.

A moderare il convegno Graziano Molon , presidente del Consorzio vini del Trentino, dopo l’introduzione dei lavori e il saluto di tutti gli associati del presidente del Consorzio, Pietro Patton.

Bruxelles – ha evidenziato ancora Castelli – ha poi integrato i tradizionali obiettivi economici (sostegno ai produttori, alla ristrutturazione dei vigneti e alla promozione del vino) con nuovi target di natura sociale e climatico-ambientale. Ciò significa che una parte dei contributi destinati al mondo del vino dovranno d’ora in poi essere investiti anche nella tutela e valorizzazione dell’ambiente”.

Il tema dell’adozione di “pratiche colturali capaci di mediare fra la tutela dell’ambiente e una produttività che sia remunerativa dell’attività agricola” è stato al centro dell’intervento di Giuseppe Ciotti, funzionario del Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.

Ciotti ha sottolineato come “non esistono formule magiche capaci di garantire una conciliazione ideale fra i due aspetti, ma solo soluzioni di compromesso, frutto di una collaborazione fra istituzioni, produttori e autorità pubbliche di controllo, che assumono la forma di precisi disciplinari, come quello SQNPI (Sistema di qualità nazionale della produzione integrata) adottato dal Consorzio vini del Trentino”.

Si tratta di processi che non sono mai definitivi: per questo lancio un appello – ha concluso Ciotti – a tutti i soggetti che si occupano di tutela ambientale perché partecipino alle commissioni per il miglioramento delle linee guida nazionali”.

Attualmente le aziende agricole italiane che adottano il disciplinare SQNPI sono 11.051. Fra queste 5.812 sono aziende trentine. Un ruolo importante nel campo delle certificazioni vitivinicole lo ha svolto fin dagli anni ’70 la Camera di Commercio I.A.A. di Trento che si è sempre fatta parte attiva nella diffusione delle denominazioni di origine.

Oggi la Camera di Commercio di Trento è un’autorità pubblica di controllo riconosciuta dal Ministero delle politiche agricole e si occupa di tracciabilità del prodotto dalla campagna all’imbottigliamento. L’attività svolta dall’Ente è stata presentata dal direttore dell’Ufficio Organismi di controllo e metrologia legale, Giovanni Clementel.

Sul sito www.controllovinitn.it la Camera di Commercio mette a disposizione dell’utenza anche un agile tool che consente ai consumatori, mediante il codice identificativo del lotto presente in etichetta, di conoscere la storia della bottiglia e le caratteristiche del vino Doc che stiamo degustando.

Hanno concluso il convegno le presentazioni degli studenti del Contamination Labdell’Università Ca’ Foscari di Venezia che hanno illustrato alcuni progetti dedicati alla promozione dei prodotti agroalimentari italiani tramite piattaforme digitali pensate per rafforzare il legame fra produttore e consumatore, anche in una prospettiva di marketing territoriale.

Trentino & Wine prosegue anche domani e domenica e si concluderà lunedì 20 maggio con una giornata dedicata agli operatori di settore. Ecco il programma dell’evento, a partire dalla giornata di domani.

SABATO 18 MAGGIO 2019: GLI EVENTI DI TRENTINO & WINE
Wine & Bike
PEDALANDO IN CANTINA
Ore 10.00 – 15.00 Bike tour per tutti fra le cantine trentine con visita e degustazione (Cantina La-Vis; Maso Grener; Cantina Bellaveder).

Punto di incontro: Apt di Trento, Piazza Dante 24
Costo: 39 € a persona comprensivo di bici elettrica, lucchetto e caschetto omologato, istruttore di Mtb professionale e degustazioni. Prenotazione tel. 0461 216000 – info@discovertrento.it

Wine & Me
Degustazioni enologiche della 81^ Mostra vini del Trentino
Ore 11.00 – 15.00 Palazzo Roccabruna
3 vini da 5cl: 5€ (base); 10€ (riserva)

Wine & Winemakers
Degustazioni enologiche della 81^ Mostra vini del Trentino alla presenza dei produttori
Ore 16.00 – 22.00 Palazzo Roccabruna. Ingresso: 25 €

Wine & History
Un percorso fra i palazzi storici di Trento abbinato alle degustazioni dei vini del territorio
(Palazzo Roccabruna, Palazzo Thun, Area archeologica di Piazza Lodron)
Ore 11.00, 18.00 ed ore 21.00; punto di incontro: Palazzo Roccabruna
Costo 5€ + cauzione prenotazione; tel. 0461/887101

Wine & Solidarity
Degustazioni al buio a bordo di Dark on the road, guidati dai camerieri ciechi e ipovedenti di AbC IRIFOR del Trentino, alla riscoperta del potere degli altri sensi oltre la vista per un approccio sensoriale nuovo e più consapevole ai vini. Ore 17.00, 18.15, 19.30 e 20.45. Piazza Fiera; costo 4€ – Info e prenotazioni: sensibilizzazione@abcirifor.it ; tel. 0461/1959595 o 349/1657793

Wine & Gourmet
Il vino sposa le eccellenze gastronomiche del territorio. Raffinati abbinamenti proposti dallo chef stellato Alessandro Gilmozzi. Ore 18.00 – 22.00 Palazzo Roccabruna. 3 piatti abbinati ai vini: 50 €; prenotazione tel. 0461/887101

Wine & Passion
QUANDO COOPERAZIONE VUOL DIRE QUALITÀ
Conoscere l’enologia trentina con i vini d’eccellenza delle cantine cooperative. Ore 17.00 – laboratorio del gusto a cura di Onav. Torre Mirana, via Belenzani; costo 10€

Wine & Music
L’ARTE SALVA
Serata di raccolta fondi con Dolcenera
Il Consorzio Trento Iniziative e l’Associazione Il Vagabondo, con il sostegno di Confcommercio Trentino, Mediocredito Trentino e Itas Assicurazioni in collaborazione con il Consorzio Vini del Trentino presentano “L’arte salva”.

L’intensa Dolcenera sostiene con la sua voce il progetto di recupero degli abeti di risonanza della foresta di Paneveggio colpita dalla terribile tempesta Vaia nell’autunno del 2018. Arte chiama arte; alla performance dell’artista Dolcenera si aggiungono l’esibizione del ballerino Francesco Costa sulla coreografia di Alessio Di Stefano e la giovane emozionante voce di Caterina Cropelli di X-Factor.

I fondi raccolti durante la serata saranno in un primo momento usati per salvare i preziosi abeti di risonanza della foresta dei violini dal deperimento, evitando che la fibra, scelta dallo stesso Stradivari per le proprie creazioni, diventi legna da ardere. Il recupero sarà effettuato dalla ditta Ciresa srl. La ditta della Val di Fiemme, a operazioni concluse, restituirà l’incasso della serata di raccolta fondi, devolvendolo in beneficenza alla LILT, Lega italiana per la lotta contro i tumori.

Ore 21.00 – Teatro Sociale di Trento; costo 15 €; biglietti in prevendita sul circuito “Primi alla Prima” o scrivendo a info@consorziotrento.it; info 0461 880415.

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Vini Doc Sicilia in crescita: accordo con il Consorzio Cerasuolo di Vittoria

PALERMO – Le sette denominazioni territoriali del vino della Sicilia unite per promuovere le eccellenza dell’isola.

Un accordo firmato nei giorni scorsi affida al Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia il ruolo di consulente per la gestione degli aspetti operativi del Consorzio Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC, riconosciuto il 10 febbraio 2017 dal Ministero delle Politiche Agricole.

Assieme, le 7 zone (Docg Cerasuolo di Vittoria, Doc Contea di Sclafani, Doc Contessa Entellina, Doc Eloro, Doc Menfi, Doc Noto, Doc Vittoria) hanno prodotto, nel 2017, 2 milioni 300 mila bottiglie. Con una crescita di poco più del 20% rispetto al 2016 e del 50% rispetto al 2014.

Il Consorzio DOC Sicilia assisterà il Consorzio Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC (che ha sede a Ragusa) nelle diverse fasi della sua attività: amministrazione, attività promozione e rapporti con Ministero delle Politiche Agricole; vigilanza e rapporti con l’Istituto repressione frodi, azioni a tutela del Consorzio.

I DETTAGLI
L’accordo è stato sottoscritto da Antonio Rallo (nella foto), presidente del Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia, e da Massimo Maggio, presidente del Consorzio volontario di tutela Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC.

Secondo i dati del Consorzio DOC Sicilia, l’anno 2017 si è chiuso con più di 29,5 milioni di bottiglie con la dicitura in etichetta “DOC Sicilia”. Un trend sempre in crescita dalla prima vendemmia del 2012 e che nel 2016 ha toccato quota 26 milioni di bottiglie.

Il Consorzio DOC Sicilia ha chiuso l’attività di vigilanza 2017 con più di 100 controlli sul vino in commercio effettuati in tutta Italia, in Germania e Svizzera e campioni prelevati ed inviati al laboratorio della repressione frodi di Catania.

Nel 2017 il Cerasuolo di Vittoria Docg ha raggiunto una produzione di 870.000 bottiglie mentre la DOC Vittoria ha chiuso il 2017 con 307.000 bottiglie. Numeri in crescita rispetto a quelli registrati nel 2016 di circa l’ 11%. Le aziende vinicole che imbottigliano Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC sono 31.

“La sinergia con il Consorzio DOC Sicilia dimostra la lungimiranza dei nostri produttori – dichiara Massimo Maggio, presidente del Consorzio volontario di tutela Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC -. Unire le forze, riuscire a fare economia di scala nei controlli di qualità, ottenere una maggiore incisività nella promozione del brand Sicilia e del territorio di Vittoria è un modello che potrebbe essere da esempio per altri”.

“Lavorare insieme, per tutte le componenti della filiera – aggiunge Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia – è la strada principale al fine di aiutare lo sviluppo del mondo viticolo siciliano”.

“Questo accordo tra i due Consorzi – continua Rallo – arriva anche sull’onda di un’esperienza concreta: la ‘DOC Sicilia’ ha svolto un ruolo da traino di tutte le DOC ‘territoriali’ che hanno in etichetta il nome della nostra Sicilia”.

Conclude Maurizio Lunetta, direttore della DOC Sicilia: “Questa convenzione salda i rapporti tra due Consorzi di denominazioni differenti con l’obiettivo comune di far crescere più velocemente l’intero sistema regionale dei vini Doc e allinearsi alle principali regioni vitivinicole italiane, regioni in cui la qualità dei vini si fonda sulla Denominazione di Origine Controllata”.

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