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Borgogna vs Bordeaux: i vini di Les Grands Chais de France

Borgogna vs Bordeaux i vini di Les Grands Chais de France

Les Grands Chais de France, gruppo fondato e gestito da Famille Helfrich che commercializza vini delle più prestigiose regioni vinicole francesi, ha presentato a Milano alcune delle proprie referenze presso il ristorante Mitù.
Un confronto fra le due principali sottozone di Borgogna, Côte de Beaune e Côte de Nuits, con una “incursione” da Bordeaux, dopo i confortanti passi avanti compiuti con il Crémant nei primi 6 mesi del 2024. A presentare i vini e la realtà di Les Grands Chais de France e a guidare la degustazione Stephane Schaeffer, esperto di Borgogna del gruppo, Vittorio Frescobaldi, export manager per Bordeaux e Romina Romano, Country Manager Italia.

LA DEGUSTAZIONE

Crémant de Bourgogne Chardonnay Extra Brut 2022, Chartron et Trébuchet

Giallo paglierino carico, perlage fine e persistente. Naso semplice ma intenso. Note floreali e di frutta bianca, crosta di pane e leggero tocco tostato. Sorso snello in cui la viva freschezza ben si sposa con la cremosità delle bollicine. Poco persistente, lascia al palato un piacevole ricordo di sé.

Chablis Grand Cru “Bougros” 2021, Chartron et Trébuchet

Terreni calcarei kimmeridgiani per lo chardonnay che dà vita a questo Grand Cru. Fermentazione in rovere e permanenza sulle fecce fini per 8-10 mesi. Colore dorato e naso ricco ed espressivo. Note di frutta gialla fresca ed un accenno di frutta tropicale. Scorza d’agrume. Banana, pesca, mango, lime, vaniglia, miele il tutto arricchito da un netto sentore minerale di “sasso bagnato”. In bocca conquista con la grande sapidità, la ricchezza del corpo ed un’acidità marcata ma “educata”.

Meursault 1er Cru “Les Charmes” 2022, Chartron et Trébuchet

Nel cuore della Côte de Beaune per uno Chardonnay che cresce tra i 200 e i 300 metri sul livello del mare e con esposizione a est/sud-est. Vinificazione in rovere ed affinamento sempre in barrique di rovere per 12 mesi. Naso pieno. Fiori bianchi, miele, bergamotto, chinotto, pera, banana, nocciola, noce moscata. Palato pieno, in piena corrispondenza con la parte olfattiva. Molto persistente.

Savigny Les Beaune 1er Cru “Les Lavieres” 2020, Marguerite Carillon

Nord ovest della Côte de Beaune. Pinot Noir vinificato in acciaio ed affinato in barrique di rovere (il 40% nuove) per circa 15 mesi. Elegante sin dal naso. Frutti neri freschi e croccanti, leggero sentore tostato ed accenni speziati. In bocca è altrettanto elegante con una freschezza che accompagna tutto il sorso e si sposa coi tannini fini e vellutati. Piacevole e coinvolgente la persistenza.

Margaux 2016, Château du Tertre

Nel cuore della Bordeaux per questo assembalaggio di 75% Cabernet Sauvignon, 10% Merlot ,10% Cabernet Franc, 5% Petit Verdot. Utilizzo di 70% di barrique nuove per circa 18 mesi e vasche di cemento. Colore carico, pieno. Naso potente su note di frutta scusa matura, parte vegetale vivace e spezie scure. Sorso pieno, avvolgente. Tannini ben integrati ma decisamente presenti. Finale lungo.

Chambolle Musigny 1er Cru “Les Noirets” 2022, Chartron et Trébuchet

Pinot Noir della Côte de Nuits. Fermentazione in acciaio ed affinamento in barrique per 16 mesi. Naso complesso ma delicato. Elegante. Frutti rossi e neri freschi, note floreali e di sottobosco. Spezie a completare il quadro olfattivo. Liquirizia, chiodi di garofano, pepe nero. Finale fresco, lungo ed aromatico.

Corton Charlemagne Grand Cru 2020, Chartron et Trébuchet

Anch’egli uno Chardonnay della Côte de Beaune, ma molto diverso dal precedente Meursault. Fermentazione in rovere ed affinamento in barrique (50% nuove) per 18 mesi. Naso complesso e verticale. Fiori bianchi, frutta matura, sentori minerali che ricordano la pietra focaia, nocciola, mandorle. In bocca è succoso, ricco, goloso, morbido. Lungo il finale.

Sauternes 2013, Château Bastor Lamontagne

Il vino dolce di Bordeaux per definizione. Prevalenza di Sémillon, Sauvignon a saldo, fermentazione parzialmente in legno. Un Sauternes che punta più sulla freschezza che sul tradizionale “zafferano”. Naso fresco, floreale e fruttato su note di albicocca, pera e pesca sciroppata. Tocco mentolato e una balsamicità che strizza l’occhio agli agrumi canditi. Sorso scorrevole e non stucchevole. Teso.

NUMERI POSITIVI PER LES GRANDS CHAIS DE FRANCE IN ITALIA

Les Grands Chais de France vende nel mondo 1 bottiglia su 4 di vino francese e continua a guadagnare nuove fette di mercato italiano, in Horeca e Gdo. Nel 2023 il giro d’affari complessivo in Italia ha superato i 7 milioni e 800 mila euro, contro i 5.600.000 euro del 2021 e segnando un +17,82% rispetto al 2022. Il 2023 si è chiuso con un segno positivo anche per i volumi con oltre 1 milione e 300 mila bottiglie vendute, pari a +7,83% rispetto all’anno precedente. All’interno di questi numeri la Borgogna di Les Grands Chais de France (gruppo noto anche come GCF Groupe) è in costante crescita sul mercato italiano. Dall’1 gennaio al 30 settembre 2024 sono state infatti vendute oltre 300 mila bottiglie per un giro d’affari di circa 2 milioni di euro.

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Walter Massa e la sua Monleale: «In Piemonte 8 mila ettari di Barbera senza dignità economica»

«In Piemonte abbiamo sulle palle 8 mila ettari di Barbera che non hanno dignità economica. E per di più non esiste l’assessorato all’Agricoltura in Regione, perché un tizio che governa circa 3 milioni di ettolitri di vino prodotti e 15 milioni di ettolitri di vino comprati non può essere chiamato assessore all’Agricoltura, bensì al Commercio». Walter Massa ha appena finito di deliziare gli ospiti del Ristorante Montecarlo di Tortona con uno dei suoi pezzi da novanta – un Monleale 2000 in formato magnum – quando chiede l’attenzione della stampa presente in sala nell’ambito dell’Anteprima Derthona Due.Zero 2023. Il discorso è di quelli che lasciano il segno. Tema: la Barbera piemontese.

«Dobbiamo smettere di chiamarla “Barbera d’Asti” per poi vedere quella prodotta da Caldirola a 1,99 al supermercato, con tanto di fascetta. Se lo Chardonnay a Meursault si chiama “Meursault“, se la Malvasia puntinata a Frascati si chiama “Frascati“, se la Garganega a Soave si chiama “Soave“, un motivo c’è. Smettiamo di chiamare “Barbera” il vino fatto con l’uva Barbera. Diamogli nomi di fantasia, piuttosto. Dobbiamo imparare dalla Borgogna, dalla Francia, non dall’Oltrepò pavese: a Tortona nasce la rivoluzione della Barbera, che qui si chiama “Monleale” e basta». Walter Massa, in sostanza, invita tutti i “barberisti” a seguire l’esempio del Nizza Docg.

Ma anche il vitigno simbolo dei Colli Tortonesi, il Timorasso, è stato oggetto negli ultimi anni di un profondo restyling “concettuale”. I vini prodotti con uve Timorasso sui Colli Tortonesi potranno presto chiamarsi semplicemente “Derthona“, dall’antico nome romano della città capoluogo della regione vinicola, Tortona. Il tutto a partire dalla vendemmia 2022, grazie alla ratifica delle modifiche al disciplinare di produzione della Doc, che già prevedeva la sottozona “Monleale” per i vini ottenuti da Barbera (min. 85%; 72 quintali di resa per ettaro).

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