Il Gruppo Lunelli acquisisce Cedral Tassoni S.p.A., leader in Italia nella produzione di bibite analcoliche a base di agrumi e conosciuta nel mondo per l’iconica cedrata Tassoni.
Nata da una spezieria che fu riconosciuta farmacia nel 1793, la Tassoni ha mantenuto per oltre due secoli la sede a Salò, sul Lago di Garda. La famosa cedrata, con la sua distintiva bottiglia “a buccia di agrume”, è stata lanciata nel 1956 ed è entrata a far parte dell’immaginario collettivo anche grazie all’indimenticabile collaborazione con Mina.
Dalla ricetta tuttora segreta che la rende unica, la cedrata Tassoni è prodotta totalmente all’interno dell’azienda con materie prime di qualità superiore, utilizzando i cedri “Diamante” provenienti dalla Calabria e mantiene una indiscussa leadership nel mercato italiano.
Il Gruppo Lunelli, che fa capo alla omonima famiglia e opera nel settore del beverage di alta gamma con i marchi Ferrari Trento, Bisol1542, Surgiva, Segnana e Tenute Lunelli, è stato selezionato al termine di un processo competitivo, anche in considerazione dei suoi valori di rispetto della tradizione, ricerca della qualità e cura del territorio.
Tassoni sarà inserita nel Gruppo come una realtà produttiva autonoma, preservandone la tradizione e il forte radicamento sul territorio ma con grandi ambizioni di crescita, grazie alle sinergie che si verranno a creare.
«Siamo orgogliosi che Tassoni entri nel Gruppo Lunelli perché è un marchio iconico, un simbolo della migliore tradizione italiana che rimane in questo modo patrimonio del nostro Paese – afferma Matteo Lunelli, Ceo del gruppo di famiglia – Abbiamo in programma di aumentare la presenza sui mercati internazionali e di sviluppare la gamma che già affianca alla cedrata bibite create con materie prime sostenibili e di altissima qualità».
L’operazione è stata gestita, per la parte acquirente, dal team di Lunelli Holding, coordinato da Matteo Lunelli e dal Direttore Finanziario Claudio Dimarco, con la consulenza legale di Alberto Calvi di Coenzo dello Studio Avvocatidiimpresa e con il supporto alla negoziazione di Cassiopea Partners.
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MILANO – I vertici di Altagamma, portavoce dei diversi settori dell’industria italiana di eccellenza, si sono confrontati con i rappresentanti politici in Italia e in Europa sui temi relativi allo sviluppo del comparto.
La Fondazione ha presentato un Position Paper contenente dieci raccomandazioni in vista del Consiglio europeo straordinario del prossimo 17 e 18 luglio durante il quale sarà negoziato il piano di ripresa Next Generation EU, proposto dalla Commissione Europea in risposta alla crisi da Covid-19.
Le raccomandazioni sono allineate alla posizione dell’associazione europea Eccia, European Cultural and Creative Industries Alliance, che riunisce le 6 associazioni dell’alto di gamma europeo. L’auspicio è che tali azioni siano al più presto intraprese dall’Unione Europea in risposta alla crisi sistemica che stiamo vivendo.
La centralità strategica dell’industria dell’alto di gamma non si è ancora pienamente affermata presso le Istituzioni italiane ed europee – afferma il Presidente di Altagamma, Matteo Lunelli – Eppure si tratta di un comparto chiave che vale in Italia 115 miliardi di euro, pari al 6,85% del PIL italiano e in Europa circa 800 miliardi e il corrispettivo del 4% del Pil nonché il 10% dell’export Ue”.
“Un comparto centrale non solo per la crescita economica e sociale dell’Unione Europea, ma anche per il suo valore culturale e identitario, che ne fa un elemento fondamentale per il riposizionamento dell’Europa nel contesto competitivo globale. Tutelare questo comparto è fondamentale e serve un piano articolato di interventi al fine di sprigionare l’enorme potenziale di questa industria, che può essere una locomotiva per l’economia italiana ed europea”.
LE DIECI RACCOMANDAZIONI DI ALTAGAMMA
Riconoscere l’alto di gamma come settore strategico per l’Europa
Investire sul capitale umano: formazione universitaria e i talenti del fare
Promuovere e rilanciare il turismo di alta gamma
Sostenere gli investimenti in innovazione
Puntare sulla sostenibilità
Rafforzare il mercato unico
Tutelare la libera circolazione di beni, servizi e persone
Proteggere la proprietà intellettuale
Garantire la distribuzione selettiva
Supportare la crescita delle piccole e medie imprese italiane
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“Internazionalità, sostenibilità e contemporaneità sono i pilastri strategici che ispireranno le nostre attività nei prossimi tre anni”. Ha le idee chiare Matteo Lunelli. Il numero uno di Cantine Ferrari, neo eletto presidente di Fondazione Altagamma, ha esordito così all’Assemblea dei Soci della Fondazione che lo ha visto vicepresidente negli ultimi due mandati.
Succede al vertice ad Andrea Illy (Illycaffè), l’uomo che ha portato Altagamma, Fondazione che dal 1992 riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, da 76 a 110 iscritti. Lunelli guiderà il nuovo Consiglio di Amministrazione per il triennio 2020-2022.
La mission di Altagamma, ha assicurato il trentino Lunelli, resta quella di “contribuire alla crescita e alla competitività delle imprese dell’industria creativa culturale italiana e, indirettamente, del Sistema Italia”.
Lo scenario di mercato è però profondamente cambiato e “richiede di rispondere a nuove esigenze che coinvolgono tutti i settori in cui opera la Fondazione: moda, design, alimentare, ospitalità, automotive, gioielli, nautica”.
“Nel 2023 – ha ricordato Lunelli – un consumatore su due del lusso sarà asiatico e la crescita sarà quasi totalmente guidata da Millennial e Generazione Z, che stanno ridisegnando l’industria con la loro spiccata sensibilità verso approcci autentici, sostenibili e culturalmente inclusivi”.
Sarà dunque necessario reinterpretare il modo di fare impresa, innovare prodotti e modalità di comunicazione. “Il Made in Italy – ha dichiarato Matteo Lunelli – continua ad avere uno straordinario potere evocativo legato ai nostri territori, al nostro saper fare e al nostro stile di vita”.
“Tuttavia – ha aggiunto il numero uno di Cantine Ferrari – gli scenari macroeconomici richiederanno alle aziende Altagamma di saper intercettare un nuovo consumatore, che sarà sempre più asiatico, giovane, digitale e attento ai valori di cui la marca è ambasciatrice”.
INTERNAZIONALITÀ SOSTENIBILITÀ E CONTEMPORANEITÀ
Per supportare le strategie internazionali dei soci, Altagamma consoliderà e amplierà il proprio network di relazioni nei principali mercati. Dopo Olanda e Cina, proseguirà il progetto degli Altagamma Club, che riunisce nei diversi Paesi i manager delle aziende associate, con l’obiettivo di identificare progetti congiunti e nuove opportunità di narrazione dello stile di vita italiano, in collaborazione con Ambasciate e Consolati.
Sarà inoltre ampliata la rete degli Altagamma International Honorary Members, imprese e istituzioni che promuovono in varia forma il bello, buono e ben fatto del nostro Paese nel mondo.
Infine, per attrarre turisti di fascia alta “affinché si innamorino del nostro stile di vita”, continuerà il progetto Altagamma Italian Experiences, itinerari ed esperienze che includono visite esclusive alle aziende socie.
In linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile individuati dall’ONU (SDG), per Altagamma la Corporate Social Responsibility è un elemento imprescindibile per le aziende di eccellenza, con un impatto economico e non solo reputazionale.
Altagamma offrirà opportunità di scambio di best practice e affiancherà i Soci in programmi di trasformazione verso modelli di business sostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e di governance.
La contemporaneità, come ricordato da Matteo Lunelli, deve divenire un elemento intrinseco del Made in Italy tanto quanto la tradizione e l’identità culturale. La sfida del futuro sarà dunque la capacità di innovare e di intercettare le nuove generazioni, in particolare sfruttando i canali di comunicazione digitale.
Altagamma sarà impegnata nell’analisi di questi fenomeni con ricerche e iniziative dedicate come l’organizzazione di un rinnovato Digital Day. Per indagare i futuri trend della creatività e approfondire le opportunità derivanti dai macro-cambiamenti in corso, prosegue anche il progetto Next Design Perspectives, che giunge alla terza edizione.
Continueranno infine le attività strutturali della Fondazione relativamente a Studi e Ricerche e alle Relazioni Istituzionali a livello europeo tramite la European Cultural and Creative Industries Alliance (ECCIA).
Proseguirà anche l’impegno verso il tema del Capitale Umano, con il progetto I Talenti del Fare, finalizzato al riposizionamento delle professioni manifatturiere, e il Premio Giovani Imprese.
IL NUOVO CDA
Accanto alle conferme di Claudio Luti (Kartell) come vice presidente del Design, Lamberto Tacoli (Perini Navi) come vice presidente per la Nautica e Paolo Zegna (Ermenegildo Zegna) vice presidente per la Moda, si segnalano nuovi ingressi.
Sabina Belli (Pomellato) vice presidente per la Gioielleria, Stefano Domenicali (Lamborghini) vice presidente per l’Automotive, Giovanni Geddes da Filicaja (Gruppo Frescobaldi) vice presidente per l’Alimentare e Aldo Melpignano (San Domenico Hotels) vice presidente per l’area Ospitalità.
Vengono introdotte inoltre due vice presidenze trasversali. Una, appunto, per l’Internazionalizzazione, affidata a Dario Rinero (Gruppo Poltrona Frau) e una per i Talenti e il Capitale Umano, affidata a Laudomia Pucci (Emilio Pucci).
Con loro, il presidente fondatore Santo Versace, il presidente onorario Leonardo Ferragamo, insieme al past president Andrea Illy saranno invitati permanenti al Consiglio di Amministrazione.
Consiglieri Nerio Alessandri (Technogym), Marco Bizzari (Gucci), Serge Brunschwig (Fendi), Edoardo Caovilla (René Caovilla), Fabio d’Angelantonio (Loro Piana), Carlotta de Bevilacqua (Danese Milano), Claudio Domenicali (Ducati), Giuseppe Fontana (Villa d’Este), Roberto Gavazzi (Boffi), Bob Kunze-Concewitz (Campari Group).
E ancora: Carlo Mazzi (Prada S.p.A.), Carmen Moretti (L’Albereta e L’Andana), Maria Porro (Porro), Giuseppe Prezioso (Imax – Max Mara Fashion Group), Aurelio Regina (Manifatture Sigaro Toscano), Riccardo Sciutto (Sergio Rossi), Giovanni Tamburi (Presidente e CEO, Tamburi Investment Partners).
Infine: Giovanna Vitelli (Vice Presidente, Azimut Benetti Group), Maurizio Zanella (Presidente, Ca’ del Bosco). Revisori dei Conti: Maurizio Dallocchio (SDA Bocconi), Ezio Simonelli (Studio Simonelli) e Stefano Alessi (Alessi).
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Due grandi novità del Gruppo Lunelli saranno presentate all’interno del fitto programma della Milano Wine Week. Le Tenute Lunelli, che producono vini fermi nelle proprie cantine in Trentino, Toscana e Umbria, presenteranno in anteprima Auritea, la nuova etichetta della Tenuta di Podernovo che rappresenterà il vertice della produzione toscana. Inoltre, debutterà per la prima volta a Milano il Giulio Ferrari Rosé, la nuova Riserva annunciata pochi giorni fa a Trento e punta di diamante con cui culminerà un percorso di degustazione di Ferrari Trentodoc tutto in rosa.
Durante la Milano Wine Week, che si aprirà il 7 ottobre con il brindisi a cura dell’Istituto Trentodoc, il Gruppo Lunelli sarà protagonista anche nei momenti di confronto e dialogo proposti nel palinsesto. Lunedì 8 ottobre Matteo Lunelli, Presidente del Gruppo, sarà infatti tra i relatori del convegno di apertura a Palazzo Mezzanotte, dove si affronterà la tematica dell’unione nel mondo del vino.
Qui saranno anticipati anche i temi che si svilupperanno il giorno successivo nel Milano Wine Business Forum a Palazzo Bovara, quali innovazione, evoluzione dei sistemi di vendita, comunicazione del mondo del vino, internazionalizzazione e finanza. La discussione sarà riassunta in un documento che verrà poi consegnato al Ministro dell’Agricoltura Centinaio.
A completare il quadro, Surgiva, una delle più leggere acque minerali italiane, che sgorga nel cuore del Parco Naturale Adamello Brenta, sarà l’acqua ufficiale della Milano Wine Week. Sarà presente agli appuntamenti più importanti della kermesse, dalla conferenza di apertura al Milano Wine Business Forum, fino alle degustazioni e tutti gli eventi di walking around tasting presso Palazzo Bovara. Proprio per la sua capacità di non alterare il gusto dei cibi e dei vini cui si accompagna, è stata scelta anche da Vinitaly e l’AIS, Associazione Italiana Sommelier, come l’acqua ufficiale.
Infine, per gli amanti delle bollicine, sarà possibile degustare in alcuni tra i migliori ristoranti ed enoteche di Milano le etichette Ferrari, anche in abbinamento a menu particolari proposti in occasione della manifestazione.
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Dalla capitale Ferrari, Trento, ai feudi di Podernovo (Terricciola, Toscana) e Castelbuono (Bevagna, Umbria). E’ un triangolo ideale quello che unisce le Tenute Lunelli, dal nord al centro Italia.
Un tour di 584 chilometri, macinati (volentieri) per raccontare l’idea imprenditoriale di una delle famiglie del vino più eleganti e illuminate del Paese. Capace di rinnovarsi e, al contempo, restare saldamente attaccata alle tradizioni più genuine.
Alle classiche “bollicine” Trento Doc, di cui è simbolo Ferrari, la terza generazione della famiglia Lunelli ha voluto affiancare la produzione di vini rossi fermi. Lo ha fatto scegliendo due delle zone più vocate d’Italia: i Colli Pisani (Tenuta Podernovo) e l’Umbria (Tenuta di Castelbuono, 35 Km a sud di Perugia).
Nei primi anni Duemila, entrano così nel “portafoglio” dei Lunelli il Sangiovese, il Merlot e il Cabernet Sauvignon toscano. E il Sagrantino umbro. Tutti vitigni nobili, capaci di raccontare come pochi il terroir d’appartenenza.
Per i vini bianchi fermi, del resto, la famiglia Lunelli si affida all’ormai collaudatissima Tenuta Margon, a meno di 5 Km dalla sede produttiva trentina di via del Ponte, 15.
Chardonnay, Pinot Nero, Sauvignon, Incrocio Manzoni e Pinot bianco i vitigni allevati in un contesto mozzafiato, tra le ripide colline che dominano la valle scavata dal fiume Adige.
Insomma: anche se il tour delle Tenute Lunelli è ancora affidato alla buona volontà dei visitatori (è allo studio un servizio di collegamento “istituzionale”, che coinvolgerà in una prima fase la cantina toscana e quella umbra) i chilometri da affrontare in auto sembrano un lontano ricordo, una volta giunti alle varie destinazioni.
L’accoglienza, in loco, è garantita in particolare in Toscana: Casale Podernovo costituisce infatti l’opera di recupero delle case dei fattori, restaurate e rese ancora più accoglienti dalla presenza di una splendida piscina, con vista sui vigneti.
In Umbria, Tenuta Castelbuono di Bevagna è invece l’opera del maestro Arnaldo Pomodoro: il Carapace. Una cantina a forma di guscio di tartaruga la cui parte esterna sta mutando nel tempo, sotto l’azione degli agenti atmosferici che stanno ossidando le placche di rame. Integrando sempre di più l’edificio con l’ambiente circostante.
Qui l’accoglienza non è prevista. Ma tutt’attorno è un tripudio di piccoli e grandi alberghi. Di borghi e di viuzze caratteristiche. Di monumenti e di ristoranti-enoteche, come l’Osteria Antiche Sere di Luciano Sabbatini, da visitare per testare la vera cucina locale.
Anche in Trentino, ovviamente, l’offerta ricettiva non manca. Con la possibilità di scegliere una struttura nell’accogliente città di Trento o negli ancora più tranquilli dintorni, spingendosi verso la vicina e bella Rovereto.
TENUTA PODERNOVO Il nostro tour inizia dalla Toscana. Da un paesello di 4.500 abitanti, Terricciola, che sta ai Colli Pisani come Greve sta al Chianti. Ad accompagnarci nella visita di Tenuta Podernovo c’è un pezzo di storia dell’enologia italiana: Corrado Dalpiaz. Tessera numero 63 di Assoenologi.
“Tanto per i pomi torna”: la madre di Corrado, nel 1968, rassicurava così il marito. Era convinta che il figlio, diplomatosi a San Michele all’Adige (classe 6ª S) e in partenza per il suo primo “viaggio-lavoro”, sarebbe tornato a breve, per la raccolta delle mele (i “pomi”, appunto).
L’enologo trentino, invece, ha trovato in Toscana la sua nuova patria. Prima a Montescudaio, dove contribuì a istituire l’omonima Doc. Poi a Podernovo. “Fu Mauro Lunelli a chiamarmi – spiega Dalpiaz – nel 2000. Forte della nostra decennale conoscenza, dal momento che a San Michele eravamo compagni di banco, mi colpì al cuore, proponendomi di guidare il progetto delle tenute toscane”.
Sessanta ettari complessivi, di cui 25 vitati per il 70% a Sangiovese. Seguono Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc. Un ettaro è destinato al re dei vitigni a bacca rossa del Trentino: il Teroldego. “Abbiamo scoperto che ne è permessa la coltivazione sui Colli Pisani e lo abbiamo voluto, quasi per forza di cose, nei nostri vigneti”.
Il Teroldego, di fatto, svolge a Podernovo la funzione del Colorino: con i suoi antociani, “trentinizza” (anche se in minima parte, con 1-2% di addizione nei blend) i vini rossi prodotti a Terricciola.
In vigneto, le pratiche sono quelle dell’agricoltura biologica. La certificazione arriverà a breve: il percorso – fortemente voluto da Marcello Lunelli che, dopo Trento, mira a estenderlo a tutte le Tenute – è iniziato nel 2009. Trattamenti di solo rame e zolfo, utilizzo di insetti antagonisti e pratica del sovescio sono ormai una consuetudine.
La novità, introdotta per la prima volta in Italia nel 2005 dalla famiglia Lunelli, proprio a Podernovo, è l’utilizzo di un macchinario che consente di stabilire lo stato di “salute” delle piante.
“Un sistema a infrarossi – spiega Dalpiaz – che ci aiuta a capire quando e dove raccogliere esattamente l’uva, attraverso una stima scientifica della vigoria del singolo ceppo”.
Ne scaturisce una mappa, con chiazze di diversi colori. Le aree identificate con il colore verde sono quelle del “Libro dei sogni”. Da lì, sotto la guida del responsabile dei vigneti, Filippo Accardi, le squadre di vendemmiatori raccoglieranno le uve destinate ai “cru” di Podernovo.
Ci spostiamo poi in cantina, dove l’ultima novità sono le anfore e gli orci di Manetti, su cui sono in corso alcuni esperimenti (in particolare sul Sangiovese, con buoni risultati). Splendida e moderna la struttura, in cui non manca un collegamento con il Trentino.
A partire dalla progettazione, riservata allo studio di architettura Giorgio e Luca Pedrotti. Passando per i materiali: il tetto in legno, perfettamente abbinato al “sasso” recuperato nelle campagne circostanti, riporta alla mente la tipica ambientazione montana. Moderna e funzionale anche la barricaia, inaugurata nel 2005.
LA DEGUSTAZIONE
I vini prodotti a Tenuta Podernovo (150 mila bottiglie complessive) sono Aliotto (60% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon, 20% Merlot) e Teuto (65% Sangiovese, 30% Merlot, 5% Cabernet Sauvignon).
Ma due nuove etichette completeranno l’offerta tra fine settembre 2018 e gli inizi del 2019. Per un totale di 7-8 mila bottiglie. Si tratta di un Cabernet Franc (barrique nuove, il primo che sarà presentato) e di un Sangiovese (tonneaux, barrique, botte grande), entrambi vinificati in purezza.
“La Denominazione – anticipa l’enologo Dalpiaz – sarà ‘Igt Costa Toscana’, che affiancherà l’Igt Toscana e comprende i territori di Massa, Lucca, Livorno, una parte della provincia di Pisa e Grosseto. Sono due selezioni delle migliori uve identificate in mappa come ‘Libro dei sogni’, ottenute da vigneti di 15 anni, in occasione della vendemmia 2015”.
Entrambi i vini degustati convincono, per motivi diversi. Ma il fil rouge che li lega è evidente. La grande eleganza e finezza, coniugata in maniera più “pop” in Aliotto e in versione “luxury” in Teuto.
Aliotto, acquistabile anche al supermercato (è presente per esempio nell’assortimento Esselunga e in quello de Il Gigante) è un vino rosso che si presta anche a un consumo “estivo”, a una temperatura più fresca rispetto al consueto.
Di Teuto degustiamo la vendemmia 2015. Vino più complesso e gastronomico rispetto al “fratello minore” Aliotto (2 anni in legno e 6 mesi in bottiglia, prima della commercializzazione) perfetto per abbinamenti più complessi in cucina.
Splendida la trama tannica, ben definita al palato, capace di mostrare ulteriori margini di miglioramento del nettare. Quelli che sono evidenti in Aliotto 2001, il vero “colpo di scena” della degustazione guidata da Dalpiaz.
Un vino che non è in commercio, di cui i Lunelli conservano gelosamente alcune decine di bottiglie per le occasioni speciali. Il colore tiene, evidenziando sfumature solo vagamente granate.
Il naso si apre su un ventaglio infinito di profumi, dalla terra bagnata al tartufo, passando per il frutto rosso, la macchia mediterranea e i richiami balsamici.
Il palato non delude: il tannino di pura seta accompagna una beva giocata su frutta, mineralità e balsamicità. Chapeau. Un rosso che ricorda, per certi versi, i Brunello del versante grossetano.
TENUTA CASTELBUONO Dicono tanti testimoni che, durante la realizzazione del Carapace, quest’angolo di Umbria disegnato col pennello sulle colline di Bevagna (PG) fosse capace di ricordare le scene immortalate in certi quadri rinascimentali.
Una “bottega” a cielo aperto. Fra 30 ettari di vigneti. Un vespaio di artisti, architetti, progettisti e operai. Tutti guidati dal maestro Arnaldo Pomodoro. E’ il 2001 quando la famiglia Lunelli dà inizio ai lavori del Carapace, aperto al pubblico nel 2012.
Una vera e propria cantina-opera d’arte, capace di coniugare come poche l’idea di “Bello” e di “Buono”. Dalla spina vertebrale centrale si dipanano le volte, che poggiano a terra sinuose e leggere, grazie alla dinamicità delle ampie vetrate.
Un edificio vivo, dall’anima aperta e accogliente: il cuore è la barricaia, raggiungibile discendendo una rampa di ampie scale vorticose. Un’ambientazione idilliaca ospita le botti di legno, sotto al livello del terreno. Ma le pareti sono azzurre, illuminate. E ricordano il cielo, in una bella giornata di sole.
All’esterno, un dardo rosso conficcato nel terreno segnala la presenza del Carapace a diversi chilometri di distanza. Un punto, nel terreno. L’ennesimo collegamento tra un’estetica divina e ciò che c’è di più terreno: il suolo. E gi uomini che lo popolano.
LA DEGUSTAZIONE Ammaliati da tanta bellezza, il vino non può che completare un’esperienza che non è eccessivo definire “mistica”. I vini di Tenuta Castelbuono sono in evoluzione, ancor più dei rossi di Podernovo.
E non è solo una questione di uvaggio (il Sagrantino richiede e merita un lungo affinamento, per le sue caratteristiche).
L’arrivo del noto enologo Luca D’Attoma, nel 2015, ha portato a un vero e proprio cambio nella gestione del legno rispetto alle scelte precedenti di Ruben Larentis.
Il sorso delle ultime vendemmie di Carapace (Montefalco Sagrantino Docg), Lampante (Montefalco Rosso Riserva Doc) e Ziggurat (Montefalco Rosso Doc) è più internazionale e moderno. Ziggurat e Carapace, acquistabili anche al supermercato (Esselunga e Il Gigante) sono i vini umbri più “pronti” della Tenuta Castelbuono.
Nonostante ciò, mostrano ampi margini di ulteriore miglioramento in bottiglia, in linea con le caratteristiche dei rossi dell’area di Montefalco. Lampante 2014 è il vino top di gamma, che va ancora aspettato per esprimersi al meglio nel calice.
FERRARI TRENTO – TENUTA MARGON La “casa madre”, dove tutto ebbe inizio. E’ il 1902 quando Giulio Ferrari, appassionato imprenditore trentino, decide di iniziare a produrre un vino capace di competere con lo Champagne.
Un vino autentico, in grado di valorizzare la tipicità locale. Quale vitigno migliore dello Chardonnay, portato a Trento in seguito ad alcuni viaggi studio in Francia? I soldi non mancano a Giulio, di famiglia benestante e proprietaria di parecchi vigneti. Le attrezzature, seppur rudimentali, consentono il miracolo.
Le bollicine Ferrari – commercializzate all’epoca come “Champagne Maximum Sec G. Ferrari” – iniziano a far parlare l’Europa e poi l’Italia.
Che le apprezza e le consuma, prosciugando le scorte della piccola cantina ricavata nel seminterrato di un palazzo, nel centro di Trento.
Per l’esattezza in via Rodolfo Belenzani. A cento passi dal Duomo, la Cattedrale di San Vigilio. Col passare degli anni la domanda aumenta. E così l’affermazione del brand.
Soprattutto dopo la scoperta che le “bollicine” Ferrari migliorano nel tempo. E’ il 1945. Il muro eretto davanti all’ingresso della cantina per evitare saccheggi durante la Seconda guerra mondiale custodisce intatte le vendemmie 1937, 1938 e 1939.
Nasce così la prima riserva Ferrari. Da vini perfetti, rimasti in forma smagliante. Chi invecchia è il suo ideatore, che nel 1952 si decide a cedere l’attività a un giovane enotecario del posto, sicuro che avrebbe saputo valorizzare quel patrimonio come nessun altro. Quel giovane si chiama Bruno Lunelli.
Nasce così la Ferrari Trento, simbolo del Made in Italy e dello stile italiano nel mondo. La produzione passa dalle circa 12 mila bottiglie ai 5,4 milioni attuali (export al 15%).
La famiglia Lunelli, negli anni, coinvolge professionisti di tutti i settori (dal marketing all’arte, per intenderci) all’interno di un progetto a tutto tondo che forse, trova proprio nel Carapace umbro l’immagine più fulgida. La sua sinesi metafisica.
La terza generazione viene inglobata senza forzature all’interno di una “macchina da guerra” commerciale che fonda tutto sulla semplicità della qualità.
Marcello, Matteo, Camilla e Alessandro si formano nelle maggiori realtà internazionali e tornano “a casa” per scelta. Una famiglia del vino in cravatta (e tailleur) che sa valorizzare i propri dipendenti, premiati ogni anno con incentivi.
Non solo economici, ma anche umani: vietato non dare del “tu” al capo, incontrandolo tra i corridoi della Ferrari. Uno stile riassunto perfettamente da Franco Lunelli (nella foto) che incontriamo per un’intervista.
“Diciamo che negli anni ci è andata abbastanza bene – scherza il classe 1935 – se pensiamo che tutto ha avuto inizio dalla bottiglieria aperta da mio padre in un periodo simile a quello odierno, in cui tutti chiudevano”.
Bruno Lunelli fu il primo a proporre in zona “il vino da asporto”. “Andava casa per casa, coi fiaschi. E ne vendeva 15 ettolitri al giorno. Vino a un prezzo onesto, ma di qualità”.
Franco Lunelli ricorda ancora bene il giorno in cui il padre annunciò alla famiglia l’acquisto della Ferrari: “L’ho comprata perché si può incrementare, ci disse. Il signor Giulio vende 10 mila bottiglie l’anno. Ho firmato le cambiali e voi le pagherete per tutta la vita”. “Ci è andata bene anche in quel caso – continua a scherzare Franco Lunelli – perché abbiamo finito prima!”.
La Ferrari fu pagata 30 milioni di lire. Sette volte il suo fatturato. Oggi questa cifra si assesta su 71 milioni di euro (+12% rispetto al 2016). Sale a 100 milioni il fatturato complessivo del Gruppo Lunelli, che cresce del 7% rispetto al 2016 e commercializza, in totale, 11 milioni di bottiglie.
Un impero che comprende anche la casa prosecchista Bisol di Valdobbiadene, la storica distilleria trentina Segnana e Surgiva, brand di acqua che sgorga nel Parco Naturale Adamello Brenta, scelta dall’Associazione Italiana Sommelier (Ais) e destinata alla migliore ristorazione.
CUCINA GOURMET. E DAL 2019 L’AMARO Un ramo, quest’ultimo, che completa l’offerta trentina di Ferrari. Poco lontano da Villa Margon e dall’omonima Tenuta che dà vita ai vini fermi a marchio Lunelli, si trova infatti Locanda Margon.
Un paradiso per il palato guidato dallo chef Alfio Ghezzi (due stelle Michelin), dove è possibile godere di un menu ricercatissimo, servito nel cuore dei vigneti. Ma non finisce qui. Manca l’amaro, per restare in tema ristorazione.
Anzi, mancava. “Nell’autunno scorso – spiega Franco Lunelli – l’amico Dell’Elmo Saracini, famoso per la sua grappa e per il suo amaro Re Laurino, ci ha espresso la volontà di vendere. Gli amari hanno ricominciato ad essere apprezzati ultimamente. E così abbiamo accettato la proposta, acquistando l’azienda”.
Ferrari Trento inizierà a produrre l’amaro dal prossimo anno, rilevando il marchio Re Laurino – legato a una delle più note leggende trentine – senza modificare la ricetta originale.
“So che i ragazzi hanno in mente qualcos’altro – chiosa Franco Lunelli – ma questo ve lo racconteremo la prossima volta!”. E allora arrivederci, ragionier Franco. Prosit!
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Bisol, marchio storico del Prosecco Superiore di Valdobbiadene, si racconta al mondo attraverso un nuovo linguaggio che ne interpreta i valori cardine: unicità, autenticità e tradizione. Il progetto, presentato al Vinitaly 2018, sottolinea il grande legame con il territorio e la continuità con la storia del marchio e al tempo stesso guarda al futuro per adeguarsi alle sfide e cogliere le grandi opportunità del mercato.
Dopo quattro anni dall’acquisizione, l’azienda è stata pienamente integrata sfruttando le sinergie con il Gruppo Lunelli e sono stati attuati investimenti, in campagna e in cantina, volti alla continua ricerca dell’eccellenza produttiva. L’inizio di questa nuova fase di sviluppo di Bisol si manifesta oggi con una completa revisione della gamma prodotti e dell’immagine della marca, studiata con il supporto dell’agenzia Robilant Associati.
LE NOVITA’ IN CASA BISOL Cambia innanzitutto il logo, nel quale viene evidenziata la data del 1542, anno in cui un documento storico testimonia la presenza della famiglia Bisol come viticoltori nella zona, e si sottolinea il legame con il territorio attraverso l’indicazione di Valdobbiadene e la rappresentazione stilizzata di una ripida collina coltivata che ricorda il Cartizze.
La nuova immagine coordinata ha inoltre un colore distintivo, il “verde Bisol”. Un tocco di verde
che richiama il rigoglioso paesaggio coltivato a vite che contraddistingue da secoli queste colline. “Oggi celebriamo una tappa importante del nostro percorso – spiega Gianluca Bisol, Presidente della Bisol Desiderio & Figli – da sempre utilizziamo il verde come tratto distintivo nelle nostre etichette per esprimere lo storico e intimo legame con Valdobbiadene. Oggi, con un tratto di verde ancor più vivo, confermiamo la volontà di diventare sempre di più ambasciatori di questo meraviglioso territorio. Una sfida lungimirante, che con il prezioso contributo della famiglia Lunelli, raggiungerà traguardi ancor più ambiziosi, perché per essere originali bisogna essere originari, e chi più di Bisol può essere originario nel mondo del Prosecco?”
La linea Bisol è fatta solo di Prosecco Superiore Docg e vuole raccontare la varietà del territorio di Valdobbiadene e sperimentare tutte le sfumature del Prosecco Superiore, perché ciascuna etichetta è espressione di un particolare terroir e di una specifica composizione del terreno. Una collezione fatta di eccellenza senza compromessi, che racconta il faticoso lavoro della terra, frutto di una viticoltura eroica. Proprio per valorizzare ed avere il massimo rispetto per l’identità del territorio, sono state create due nuove etichette della Denominazione Rive: il Relio Rive di Guia, che vuole essere il vertice della produzione della Casa e il Rive di Campea, espressione del più importante vigneto di proprietà.
Accanto alla gamma Bisol è stata rivista anche la collezione Jeio. Se Bisol è il cognome, Jeio è il soprannome. Jeio era infatti il soprannome con cui Desiderio Bisol nel dopoguerra era affettuosamente chiamato dalla moglie. Se Bisol è l’anima legata a un saper fare, Jeio è l’espressione più fresca della marca, il volto contemporaneo, l’anima gioiosa del Prosecco che esprime la capacità di godere della qualità della vita, tipicamente italiana. Queste due collezioni sono due anime complementari della stessa marca che convivono e giocano l’una con l’altra.
“È un progetto strategico per il Gruppo Lunelli ma vuole dare anche un contributo allo sviluppo del territorio” afferma Matteo Lunelli, Amministratore Delegato del Gruppo Lunelli e Vice Presidente di Bisol. “Il Prosecco in tutto il mondo continua a crescere a ritmi straordinari, ma sul mercato viene richiesta prevalentemente la categoria senza indicare la preferenza per uno specifico marchio. Siamo convinti che sia fondamentale sottolineare la differenza tra Prosecco e Prosecco Superiore e auspichiamo che si sviluppino marchi riconosciuti e riconoscibili dal consumatore, al fine di promuovere la qualità e valorizzare questo grande vino. Bisol vuole essere sempre di più protagonista del Prosecco Superiore di Valdobbiadene”.
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Dimmi dove vai e ti dirò di che bollicina sei. I Ferrari Spazio Bollicine sono stati premiati come “Airport Wine Bar of the Year” agli Airport Food & Beverage (FAB) Awards 2017. Un traguardo annunciato il 22 giugno scorso a Toronto, durante la quindicesima edizione della Airport Food & Beverage (FAB) Conference, che rappresenta l’appuntamento internazionale più importante dedicato al settore della ristorazione aeroportuale.
Si è imposto sia nella sezione “Regional Europe” che “Global” il Ferrari Spazio Bollicine di Milano Malpensa (nella foto a destra), nato nel 2014 dalla collaborazione tra la cantina trentina e Areas Italia, uno dei player internazionali più importanti del travel retail.
“Siamo orgogliosi di aver ricevuto questo premio internazionale – commenta Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari – viene riconosciuto il lavoro di tutta la squadra e si conferma il grande apprezzamento per quell’arte di Vivere Italiana di cui Ferrari è espressione e che questi luoghi vogliono raccontare”.
IL CONCEPT I Ferrari Spazio Bollicine sono luoghi in cui sperimentare il Ferrari Trentodoc in abbinamento a piatti espressione della migliore tradizione gastronomica del nostro paese, in un ambiente caratterizzato dall’eleganza e convivialità tipiche italiane. Gli aeroporti sono apparsi da subito il luogo ideale per far vivere un’esperienza unica a migliaia di passeggeri di profilo internazionale.
Dalla prima apertura nel 2013 al Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino all’ultima inaugurazione di Milano Linate (nella foto a sinistra) nel 2015, i Ferrari Spazio Bollicine sono diventati una meta perfetta dove vivere la tradizione dell’aperitivo italiano e si sono contraddistinti per la capacità di coniugare l’altissima qualità dell’offerta di vini e bollicine con una proposta gastronomica semplice ma raffinata, ideata da Alfio Ghezzi, chef di Casa Ferrari, che ha recentemente conquistato le due stelle Michelin con il ristorante Locanda Margon.
Molto apprezzato anche il design del locale, curato dallo Studio Robilant&Associati utilizzando arredi di grandi marchi italiani come Artemide, Bisazza, Kartell e Poltrona Frau. “Sin dalla loro apertura – precisa Lunelli – i risultati dei Ferrari Spazio Bollicine sono stati estremamente positivi e, grazie alla partnership con Areas Italia, confermano il grande successo di questo format, che oggi viene premiato come ‘Miglior Wine Bar Aeroportuale’ a livello globale”.
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“Really delicious!”. Così Barack Obama ha commentato il Ferrari degustato in occasione della cena di gala a Palazzo Clerici, organizzata l’8 maggio dalla Obama Foundation e orchestrata dalla famiglia Cerea del ristorante Da Vittorio.
L’ex Presidente USA in questi giorni è a Milano, ospite d’onore di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit, il summit internazionale sulla food innovation ideato da Marco Gualtieri, dove oggi ha parlato di fronte a una platea di 4 mila persone di alimentazione sana, lotta allo spreco e cibo del futuro insieme allo chef Sam Kass.
In questa occasione Matteo e Camilla Lunelli delle Cantine Ferrari hanno avuto l’onore di incontrare Obama, che ha ribadito il suo apprezzamento per il Ferrari Maximum Brut, che Francesco Cerea ha proposto in apertura della cena a Palazzo Clerici.
Barack Obama aveva già brindato con le bollicine Ferrari in occasione del G8 dell’Aquila nel 2009, ma questa volta lo ha fatto in una veste diversa, dove l’enogastronomia ha giocato indubbiamente un ruolo fondamentale.
Dopo Expo Milano 2015, le Cantine Ferrari partecipano a Milano Food City, in cui rientra anche Seeds& Chips, per riportare l’attenzione sui temi sottoscritti da cittadini e istituzioni nella Carta di Milano, vera eredità culturale dell’Esposizione Internazionale.
Un’ulteriore conferma della profonda attenzione della casa trentina verso i temi della sostenibilità, della qualità della materia prima e del processo produttivo, che l’hanno portata, proprio quest’anno, ad ottenere la certificazione biologica di tutti i vigneti di proprietà.
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Dopo il successo a Expo Milano 2015, dove sono state protagoniste sia come brindisi di tutti i momenti ufficiali del Padiglione Italia, sia con il Ferrari Spazio Bollicine, le Cantine Ferrari scelgono di supportare Milano Food City attraverso l’iniziativa della Fondazione Feltrinelli “Food for All! Dalla Carta di Milano al cibo del futuro, per tutti”.
Il progetto vuole riportare l’attenzione sui temi sottoscritti da cittadini e istituzioni nella Carta di Milano, l’eredità culturale lasciata da Expo Milano 2015, che le Cantine Ferrari sposano con il loro impegno verso la tutela dell’ambiente e la salute di chi lavora in vigna.
Da oltre un secolo, Ferrari è frutto della continua ricerca dell’eccellenza e dello stretto legame con il territorio trentino e le sue montagne, dove vengono coltivati tutti i vigneti per la produzione dei Trentodoc Ferrari. Ciascun filare è espressione del profondo rispetto per la natura e del contatto continuo dell’uomo con la terra. Per questo le Cantine Ferrari hanno lavorato a lungo con dedizione e passione per ottenere quest’anno la certificazione biologica di tutti i vigneti di proprietà e hanno formato sui temi della sostenibilità anche le 500 famiglie conferenti di uva grazie all’introduzione di un protocollo denominato “Il Vigneto Ferrari: per una viticoltura di montagna salubre e sostenibile”.
Le bollicine Ferrari saranno dunque il brindisi degli appuntamenti più significativi della settimana di Milano Food City, a partire dall’inaugurazione del 3 maggio presso la Fondazione Feltrinelli negli spazi di Viale Pasubio. Qui sono attesi 150 rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle imprese, della ricerca e della società civile che si confronteranno sulle trasformazioni in atto e sui trend futuri in campo agroalimentare.
“Food for All! – ha commentato Matteo Lunelli, Presidente delle Cantine Ferrari – mira a sensibilizzare sulla dimensione etica del cibo ed è coerente con il nostro impegno sul fronte della sostenibilità in termini ambientali ma anche sociali ed economici. La Carta di Milano chiude dicendo che futuro sostenibile e giusto è anche nostra responsabilità; per un imprenditore significa gestire un’azienda non solo per gratificare gli azionisti ma anche per produrre benessere, sicurezza e bellezza per tutti gli stakeholder e per la comunità che ci ospita”.
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In occasione del cinquantesimo Congresso Annuale dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS), che si tiene quest’anno a Trento, il Premio Surgiva è stato attribuito alla delegazione di Bari, distintasi per la varietà delle attività presentate, che spaziano dal sociale, allo scientifico fino all’artistico. La Giuria ha inoltre segnalato, per l’interesse dei progetti realizzati nel corso dell’anno, le delegazioni di Firenze e Isernia.
Il premio, giunto alla sua quarta edizione, è stato consegnato il 19 novembre al Grand Hotel Trento dal Presidente Nazionale AIS Antonio Maietta e da Matteo e Camilla Lunelli, rispettivamente Presidente di Surgiva e Responsabile Comunicazione del Gruppo Lunelli, cui Surgiva fa capo. Oltre alla scultura in vetro, materiale che da sempre custodisce la purezza di Surgiva, la delegazione barese si è aggiudicata una fornitura gratuita per un anno di Surgiva e una visita dedicata in Trentino.
Dal Parco Naturale Adamello Brenta, dove si trova la sorgente, i vincitori scenderanno a Trento per vivere il percorso del “Bello e del Buono”, fra le Cantine Ferrari, Villa e Locanda Margon, che, insieme alle Tenute Lunelli, al Prosecco Bisol e alla Grappa Segnana compongono il Gruppo Lunelli.
Il ritorno nel capoluogo trentino del Congresso Nazionale AIS dopo ben 45 anni è una bella occasione per tutti i sommelier italiani per conoscere più da vicino il Gruppo che fa capo alla famiglia Lunelli e che rappresenta una delle eccellenze del bere italiano, dimostrando anche una particolare attenzione verso la sostenibilità, tema centrale di questa edizione del Congresso. La cena di benvenuto del Consiglio Nazionale si è infatti tenuta alla Locanda Margon, fresca della seconda stella Michelin, e fra le degustazioni in programma spicca una verticale di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, definito dall’Associazione stessa come uno dei vini “emblema dell’enologia italiana”, che si terrà alle Cantine Ferrari.
Il Premio Surgiva nasce dalla collaborazione fra la casa trentina e l’AIS allo scopo di sottolineare il ruolo di ambasciatori del bere di qualità da sempre svolto dai sommelier. Viene attribuito, privilegiando il lavoro di squadra, alla delegazione territoriale che si sia distinta per attività innovative o particolarmente efficaci nella diffusione della cultura dell’acqua e del vino.
La collaborazione tra AIS e Surgiva è ormai di lunga data ed è ben sottolineata sull’etichetta, recentemente rivisitata, di ogni bottiglia, accanto al celebre “graffio”. Il merito è della straordinaria leggerezza dell’acqua, che deriva dal suo bassissimo residuo fisso che la rende perfettamente neutra e quindi ideale per accompagnare le degustazioni dei sommelier. Per questo Surgiva è stata scelta dall’AIS quale sua acqua ufficiale ed accompagna tutti i momenti più significativi della vita associativa.
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“La percentuale del vino italiano che viene venduta all’estero è in crescita e per molte aziende ha oltrepassato la soglia del 50% della produzione. Questo implica che all’interno delle azienda vitivinicola ci siano delle persone con delle competenze specifiche per seguire il lavoro di vendita e promozione sui mercati esteri”. Steve Kim, managing director di Vinitaly International, ha moderato oggi il settimo seminario internazionale di marketing del vino organizzato dalla Fondazione Edmund Mach (Fem) a San Michele all’Adige (Trento) e centrato sui nuovi modelli per l’export.
L’evento, rivolto ad esperti di marketing del vino, produttori e studenti, si inserisce all’interno del percorso formativo di eccellenza “executive master wine export management”, che forma gli specialisti dell’export vini. Professionisti in grado di supportare le aziende del vino nel complesso processo di internazionalizzazione. Oggi, al termine del seminario, si è svolta anche la consegna degli attestati a 24 nuovi manager del vino.
“Abbiamo analizzato quali sono queste competenze, i mercati storici del vino italiano, ma soprattutto quelli nuovi e la Cina in particolare, dove l’Italia del vino non è ancora riuscita ad affermarsi come hanno fatto i cugini d’Oltralpe, ma si stanno facendo enormi sforzi per recuperare terreno” ha detto Kim, l’esperta coreana a capo del braccio strategico internazionale di Vinitaly e impegnata ad utilizzare i canali innovativi per comunicare e celebrare “il vino italiano” all’estero – con un’enfasi creativa sui social media – sempre con un occhio di attenzione per aiutare i produttori italiani a vendere di più di una semplice bottiglia di vino.
LA CRESCITA L’export vitivinicolo italiano è fortemente cresciuto in quest’ultimo ventennio a dimostrazione del grande appeal internazionale della nostra vitienologia. E’ cresciuta però anche la concorrenza sui mercati internazionali, sono aumentate le problematiche organizzative, si sono fortemente modificati i sistemi distributivi e la stessa rete di importazione si è decisamente evoluta in quest’ultimo quinquennio. Grandi evoluzioni che stanno obbligando le imprese enologiche italiane a grandi sforzi organizzativi e ad aumentare fortemente la loro capacità di gestire la loro presenza sui mercati internazionali.
“Occorre puntare sulla qualità del vino, ma anche creare marchi in grado di esprimere uno stile di vita. Se riusciamo a fare questo le opportunità sono enormi”, ha detto Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari nonché direttore dell’International Wine and Spirits Competition IWSC, intervenuto assieme ad Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini e titolare della cantina Donnafugata, Emilio Pedron, amministratore delegato di Bertani Domains, Raffaele Boscaini, responsabile Marketing Masi, Francesco Ferreri, presidente di Assovini Sicilia, Matilde Poggi, presidente Fivi e titolare di Le Fraghe, Roberta Crivellaro dello studio legale Whiter.
A conclusione della tavola rotonda si è svolta la consegna degli attestati ai 24 nuovi export manager del vino, provenienti da varie regioni italiane e selezionati da una commissione che ha valutato oltre 70 candidature. Intanto, è tutto pronto per il prossimo corso: il 31 dicembre scadono i termini per iscriversi alla quinta edizione del corso di wine export management.
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