Ludovico Maria Botti Cevi Vignaioli Indipendenti europeiCevi, Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, continua a parlare italiano con l’ingresso di Ludovico Maria Botti nel ruolo di vicepresidente. Il vignaiolo del Lazio, già membro del consiglio direttivo nazionale di Fivi, è la quota tricolore nel nuovo team direttivo, che perde tuttavia la presidenza italiana. Matilde Poggi, alla guida della Cevi dal 2021, lascia infatti il posto al nuovo presidente Samuel Masse, 36 anni, vignaiolo francese della regione dell’Hérault. L’elezione è avvenuta oggi, durante l’Assemblea Generale dell’organizzazione, tenutasi proprio nel Lazio.
Matilde Poggi, che ha deciso di non ricandidarsi dopo quattro anni di presidenza, ha espresso grande soddisfazione per il lavoro svolto, assicurando che la Cevi è ora «in ottime mani» con Masse. Già presidente del Ceja, il Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori nel 2021, il vigneron porta con sé una solida esperienza nelle dinamiche istituzionali dell’Unione Europea e nella difesa dell’agricoltura familiare e giovanile. Ludovico Maria Botti Cevi Vignaioli Indipendenti europei. https://www.cevi-eciw.eu/
CEVI – VIGNAIOLI EUROPEI: GLI OBIETTIVI DEL NUOVO PRESIDENTE SAMUEL MASSE
Le stesse che sarà chiamato a difendere Ludovico Maria Botti (Azienda Biologica Trebotti, Tuscia), accanto agli altri due vicepresidenti Mateja Škrl Kocijančič (Slovenia) e Josef Valihrach (Repubblica Ceca). Nominato tesoriere Guy Krier (Lussemburgo), mentre Ivo Varbanov (Bulgaria) è il nuovo Segretario generale della Cevi. Tra gli obiettivi principali del neo presidente ci sono l’ampliamento della base associativa della Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, che intende tutelare circa 200 mila vignaioli indipendenti in 12 Paesi europei. Tutte realtà che contribuiscono significativamente allo sviluppo economico e sociale delle regioni vinicole di appartenenza. Altro obiettivo della nuova presidenza targata Samuel Masse è il rafforzamento della capacità di Cevi di influire sulle politiche europee.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
società di servizi Fivi. La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ha attraversato un periodo di significative turbolenze interne tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Motivo per il quale le elezioni Fivi 2025, in programma questa settimana, per l’esattezza il 13 febbraio a Imola, potrebbero avere un risultato ancora più determinante. Ma cosa è successo a Fivi? Le prime tensioni sono emerse in seguito al Mercato di Bologna del novembre 2023. L’evento ha suscitato critiche relative alla gestione degli ampi spazi, nonché all’affluenza di pubblico e operatori e ai costi rispetto alle precedenti edizioni dello storico Mercato di Piacenza. Nel febbraio 2024 sono arrivate le dimissioni di quattro membri del Consiglio direttivo: Luca Ferraro (Fivi Veneto), Gaetano Morella (Fivi Puglia, ex vicepresidente durante la gestione Matilde Poggi), Monica Raspi (Fivi Toscana) e Francesco Maria De Franco (Fivi Calabria). Nessuno di questi ex consiglieri figura tra i candidati alle elezioni Fivi 2025.
FIVI, COSA SUCCEDE? UN 2024 TURBOLENTO, TRA DIMISSIONI E RINCALZI
Per rimpiazzare i dimissionari, il Consiglio ha inizialmente proposto il subentro ai primi vignaioli non eletti nell’ultima tornata di elezioni. Ma ha ricevuto rifiuti netti da Cesare Corazza (Emilia-Romagna), Celestino Gaspari (Veneto) e Daniele Parma (Liguria). Tre nomi pesanti nelle dinamiche della Federazione. Di conseguenza, si è proceduto alla cooptazione di nuovi membri: Andrea Annino (Sicilia), Stefano Casali (Toscana) e Desirèe Pascon Bellese (Veneto). Incredibile quanto avvenuto anche a seguito di questo passaggio, sempre nel 2024. Poco prima dell’assemblea dei soci del 26 febbraio 2024 a Bologna, anche Stefano Casali (cantina Muralia) ha ritirato la sua disponibilità. Al suo posto, è stato nominato Gianluca Morino (Piemonte), che ha completato la ricostituzione di un Consiglio a dir poco rappezzato, rappresentato ai vertici dall’attuale presidente Lorenzo Cesconi, che a sua volta non si ricandiderà alle elezioni 2025. Il vignaiolo trentino, nei giorni scorsi, si è rifiutato di rispondere a un’intervista di Winemag, dopo aver letto le domande.
Queste vicende hanno evidenziato divergenze enormi all’interno della Fivi, riguardo alla gestione e alla direzione futura dell’associazione. Uno dei temi più controversi all’interno della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che sarebbe emerso con forza nel corso della crisi dirigenziale di febbraio 2024, riguarderebbe la creazione di una società di servizi, utile a gestire la cassa di Fivi. Un’iniziativa che avrebbe diviso profondamente i membri del consiglio e gli stessi soci, da Nord a Sud della Penisola. Tanto che, voci interne alla Federazione, riferiscono sia proprio questa la causa dei mal di pancia che hanno portato alle dimissioni e ai successivi rifiuti di incarichi e subentro nel consiglio direttivo guidato da Cesconi.
UNA SOCIETÀ DI SERVIZI NEL FUTURO DI FIVI?
L’idea di una società di servizi nasce dalla volontà di strutturare meglio l’attività della Fivi, garantendo una gestione più efficace degli eventi e delle attività della Federazione. In particolare, l’organizzazione del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti, che nel 2023 si è trasferito da Piacenza a Bologna con un impatto significativo sui vignaioli, ha mostrato – secondo i promotori – la necessità di un’organizzazione più professionale e meno dipendente dalla sola struttura associativa. L’obiettivo principale della società di servizi sarebbe quello di gestire gli eventi (come il Mercato Fivi) con un approccio più “imprenditoriale”.
Il nuovo organismo potrebbe anche fornire supporto amministrativo e consulenziale ai soci, oltre a migliorare la comunicazione e il marketing della Federazione. L’idea, però, non è stata accolta in modo unanime. Alcuni membri hanno espresso forti perplessità riguardo al progetto, temendo che una struttura di questo tipo potesse snaturare lo spirito della Fivi, nata come un’associazione a tutela dei vignaioli artigiani. La società di servizi, in sostanza, verrebbe vista come una deriva aziendalista. Alcuni soci ritengono che l’associazione possa così perdere il suo spirito. Trasformandosi in un’organizzazione più orientata al profitto che alla rappresentanza degli interessi dei piccoli produttori, a livello parasindacale.
LE PREMESSE: ANCHE IL 2022 DI FIVI È STATO BURRASCOSO
Scavando nella storia recente di Fivi c’è chi fa risalire al 2022, anziché al 2023, l’inizio della burrasca che si è trascinata fino al 2025. A meno di un mese dalle elezioni del Consiglio direttivo della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti del 9 marzo 2022 – quelle che hanno portato alla presidenza proprio Lorenzo Cesconi – ecco il primo ribaltone. Walter Massa e Andrea Picchioni, due figure di spicco nel panorama vitivinicolo italiano, fra Colli Tortonesi e Oltrepò pavese, rassegnavano infatti le loro dimissioni dal neoeletto cda. Gettando una prima ombra sulle dinamiche interne alla Federazione.
Come riportato da Winemag il 20 marzo 2022, le dimissioni di Massa e Picchioni furono strettamente collegate tra loro. In base ai voti ottenuti, Picchioni avrebbe dovuto subentrare a Massa – primo a dimettersi dei due, in ordine cronologico – nel consiglio direttivo. Tuttavia, entrambi hanno scelto di rinunciare all’incarico. Una decisione che ha portato all’ingresso di Andrea Pieropan, vignaiolo attivo tra Soave e Valpolicella, nel consiglio guidato da Cesconi. Pieropan che, da non eletto nel 2022, oggi si ricandida a un ruolo nel direttivo Fivi 2025-2028.
LE DIMISSIONI DI MASSA E PICCHIONI E IL CASO SIMONA NATALE
Le motivazioni alla base delle dimissioni di Massa e Picchioni non sono mai state chiarite ufficialmente. Chi invece ha fatto coming out, sempre nel corso del 2022, è stata Simona Natale. Fu proprio l’ex compagna di Gianfranco Fino, viticoltore di Manduria e volto noto della Fivi pugliese, a chiarire gli incredibili contorni del clima esistente all’interno della Federazione italiana vignaioli indipendenti. In un’intervista esclusiva rilasciata a Winemag il 25 marzo 2022, Simona Natale parlava infatti di un ambiente incandescente all’interno di Fivi, caratterizzato da «attacchi personali, pressioni e guerriglia».
Un contesto che potrebbe aver influito sulla decisione di Massa e Picchioni di lasciare il loro incarico. Il presidente Lorenzo Cesconi avrebbe tentato all’epoca, senza successo, di convincere Walter Massa a rimanere nel Consiglio direttivo. La scelta di Andrea Picchioni di dimettersi sarebbe quindi da interpretare come un gesto di solidarietà nei confronti del collega (ed amico) dei Colli Tortonesi. Con premesse simili, ecco delineato il peggior triennio della storia della Federazione italiana vignaioli indipendenti. Quello che presto avrà fine, con l’elezione di un nuovo consiglio direttivo che potrebbe portare i vignaioli indipendenti verso due direzioni diametralmente opposte. La fine di un sogno. O l’inizio di una nuova era, nel segno degli ideali dei padri fondatori. https://fivi.it/i-soci-fivi/
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Non facesse un mestiere diverso – lui distribuisce, quegli altri producono – il fondatore di Proposta Vini, Gianpaolo Girardi, calzerebbe a pennello col ruolo di prossimo presidente Fivi. Con i vignaioli indipendenti impegnati in queste ore a costruire alleanze per formare il consiglio direttivo 2025-2028, in vista delle elezioni che si terranno il 13 febbraio a Imola, l’aria alla Stazione Leopolda di Firenze, dal 18 al 20 gennaio scorso, è sembrata tingersi da Mercato d’una Fivi d’antan. Più simile a quello di Piacenza che all’attuale, in salsa ragù bolognese. Numerosissimi i soci della Federazione italiana vignaioli indipendenti presenti come espositori alla presentazione del Catalogo 2025 di Proposta Vini. Dai vecchi ai nuovi. Ovvero dal fondatore Walter Massa agli ultimi – interessantissimi e spumeggianti – arrivati di Cantina VentiVenti.
Ma a rendere ancora più “Fivi” il clima è stato proprio Gianpaolo Girardi, nel discorso introduttivo rivolto alla stampa presente a Firenze. «Proposta Vini è stata fondata nel 1984. E 40 anni fa non era certo scontato poter immaginare di trovare un mercato solido a dei piccoli produttori come quelli presenti tra le 417 cantine selezionate sino al 2025, di cui 258 italiane e 159 straniere. Quello a cui assistiamo in questi giorni, alla Stazione Leopolda, non era per nulla preventivabile. Anzi, è un miracolo. Nel nostro Catalogo 2025 sono presenti perlopiù micro aziende con 2, 3, 4, 5 ettari, spesso in posti molto difficili da lavorare… Perché la nostra attenzione, negli anni, si è rivolta sempre più a loro? La ragione, per certi versi, è banalissima. Ed è che siamo convinti che il buon vino si produca con materie prime di qualità. Ovvero con uve sane».
QUEL LOGO FIVI SUL CATALOGO DI PROPOSTA VINI
«Il 95% dei nostri produttori – ha aggiunto Gianpaolo Girardi – sono contadini che mettono il proprio nome sulle loro etichette di vino. E hanno una cura maniacale del vigneto. Siamo partiti con l’idea di un’azienda di servizio: consegne velocissime, precisione, carte vini personalizzate… Negli ultimi anni, con estremo piacere, ci siamo accorti che il vero servizio che offriamo è quello garantito a tutti questi piccoli produttori. Gestendo, cioè, quella parte commerciale che loro non potrebbero seguire, essendo focalizzati in campagna e in cantina». Un lavoro di squadra, che parte dalla vigna e finisce sulla tavola dei clienti di ristoranti, hotel, enoteche e wine bar. Con in mezzo Proposta Vini e la sua squadra di (oltre) 150 agenti.
Il legame tra Fivi e l’azienda di distribuzione che ha sede a Pergine Valsugana, in quel Trentino che esprime il presidente uscente della Federazione italiana vignaioli indipendenti, Lorenzo Cesconi, va ben oltre i sensazionalismi d’un grigio e piovoso weekend fiorentino. Tra i produttori rappresentati da Proposta Vini anche Ettore Ciancico, candidato consigliere nazionale alle prossime elezioni Fivi e membro del Cda che, questo legame invisibile, ha saputo metterlo nero su bianco, negli anni di presidenza di Matilde Poggi. Il Catalogo di Proposta Vini, di fatto, è uno dei pochi su cui è stampato il logo Fivi, accanto al nome delle aziende socie della Federazione. Una richiesta espressa da Fivi, che la famiglia Girardi ha saputo cogliere. Anche questa volta in maniera non del tutto scontata.
I NUMERI DI PROPOSTA VINI NEL 2024: FATTURATO IN CRESCITA A 28 MILIONI
Scelte, queste ed altre, che danno risultati tangibili. In un periodo di crisi generalizzata dei consumi di vino, il 2025 si è infatti aperto in positivo per Proposta Vini. L’azienda di distribuzione di vini e spirits, che nel Catalogo 2025 ha dato il benvenuto a 55 nuove aziende, ha chiuso il 2024 con una crescita di fatturato di oltre il 3% sul 2023, pari a più di 28 milioni di euro. Per un totale di oltre 2,8 milioni di bottiglie vendute. Ben 3 mila le referenze “wine” selezionate in 417 cantine (258 italiane e 159 straniere) a cui si affiancano 600 etichette di spirits di 100 realtà (italiane e straniere) del mondo della distillazione.
«Il 2024 – sottolinea Andrea Girardi – è stato un anno molto impegnativo e particolare per il nostro settore. I numeri di Proposta Vini mostrano come il mondo Horeca, a cui ci rivolgiamo, abbia una sempre maggiore sensibilità per storie vere e autentiche di viticoltura artigiana. Il consolidamento e addirittura la crescita di oltre il 3% del fatturato, trainato soprattutto da vini fermi e spirits, rappresentano una conferma dell’importanza del nostro impegno a selezionare e distribuire cantine e distillerie i cui progetti, andando ben oltre i meri aspetti commerciali, tocchino l’anima nei nostri amati clienti ristoratori, enotecari (tradizionali e online) e albergatori e quella dei loro (nostri) clienti finali». Se non è vero spirito Fivi questo…https://www.propostavini.com/
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La Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti (Cevi) – unica organizzazione che rappresenta e difende gli interessi dei viticoltori indipendenti a livello europeo, racchiudendo così anche l’italiana Fivi – ha partecipato alla prima riunione del “Gruppo di Alto Livello sul Vino” istituito dalla Commissione europea. Un’occasione utile per presentare la propria visione sul futuro della politica vitivinicola europea e sulla salvaguardia del modello dei Vignaioli Indipendenti. La presidente della Cevi, Matilde Poggi, ha sottolineato le caratteristiche uniche dei Vignaioli Indipendenti e le virtù di questo modello, profondamente radicato nel patrimonio delle regioni vinicole europee.
CEVI, L’INTERVENTO DI MATILDE POGGI
«La Cevi – ha dichiarato Matilde Poggi – accoglie con favore la prima riunione del Gruppo di alto livello e apprezza l’impegno del Commissario all’Agricoltura e della Commissione a sostenere il settore in quanto importante in termini sociali, economici, culturali e ambientali. È stata un’occasione per richiamare l’attenzione sulle esigenze delle aziende dei Vignaioli Indipendenti. In particolare, sull’importanza di sostenere le piccole aziende a conduzione familiare, attraverso una PAC dedicata con un budget che non deve essere diminuito, al fine di superare le numerose sfide che dobbiamo affrontare».
LE SFIDE DEI VIGNAIOLI INDIPENDENTI
I Vignaioli Indipendenti, ha sottolineato Poggi, coltivano le loro vigne e producono i loro vini sulla base di conoscenze tramandate da generazioni. Inoltre, vendono i loro vini direttamente ai consumatori, mantenendo così un forte legame con i loro clienti e con il loro territorio. L’ex presidente italiana della Federazione italiana vignaioli indipendenti ha sottolineato l’importanza di preservare e sostenere questo modello, che contribuisce alla vitalità dei territori europei sostenendo le comunità rurali, generando posti di lavoro non delocalizzabili, rivitalizzando le economie locali e svolgendo un ruolo importante nella gestione e nella conservazione dei paesaggi tradizionali delle regioni vinicole europee.
CEVI: I PUNTI CARDINE PER IL FUTURO DEI VIGNAIOLI INDIPENDENTI EUROPEI
Tuttavia, date le sfide che deve affrontare – tra cui l’instabilità della situazione economica e geopolitica internazionale, il calo del consumo di vino e le conseguenze dannose del cambiamento climatico – il settore vinicolo ha bisogno di nuove soluzioni. La Cevi ha quindi presentato le sue raccomandazioni, incentrate su tre priorità, per garantire che la futura politica vitivinicola europea consenta la conservazione e la crescita della viticoltura indipendente. In primis, «mantenere un quadro giuridico e politico ambizioso e più flessibile, garantendo in particolare la redditività economica delle micro, piccole e medie imprese di viticoltori indipendenti, riducendo i loro oneri amministrativi».
REDDITIVITÀ DELLA VITICOLTURA, CLIMA E MERCATI
Importante poi «sostenere il settore nel consolidamento della sua posizione nei mercati esistenti e nell’espansione in nuovi mercati, rafforzando la promozione dei vini europei e sostenendo l’enoturismo, nonché facilitando la loro commercializzazione all’interno e all’esterno dell’Unione Europea». Non ultimo, risulta fondamentale «assistere il settore vitivinicolo nell’affrontare le sfide del cambiamento climatico, migliorando i sistemi assicurativi e contribuendo al finanziamento di attrezzature per la protezione da eventi meteorologici estremi».
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Bufera elezioni nuovo Cda Fivi Attacchi personali pressioni clima da guerriglia A winemag.it lo sfogo di Simona Natale Gianfranco Fino Viticoltore Enza La Fauci Ambiente poco sereno
Non si placa la bufera sulle elezioni del nuovo Cda Fivi. Dopo le dimissioni di Walter Massa e Andrea Picchioni è Simona Natale (Gianfranco Fino Viticoltore) a raccontare nuovi particolari. «Mi hanno chiesto con forza di ritirare la candidatura», denuncia a winemag.it l’esponente pugliese della lista “6 Fivi“. Lo stesso schieramento di Massa e Picchioni, oggi in Cda con il solo Pietro Monti, ma che ha dovuto fare i conti – perdipiù – con la bocciatura della candidatura di Claudio Conterno.
Un clima, quello interno alla Federazione italiana vignaioli indipendenti, così «teso» da costringere un’altra “quota rosa“, la siciliana Enza La Fauci, a ritirare la propria candidatura prima del voto. «Al contrario di Conterno e di qualcun altro – spiega la vignaiola messinese – nessuno mi ha chiesto di fare un passo indietro. Ho deciso io di ritirarmi, dopo aver compreso che aria tirasse».
Chi invece non si è tirata indietro, «nonostante le pressioni», è Simona Natale. «Quando mio marito Gianfranco Fino mi ha proposto di candidarmi – spiega la co-titolare dell’azienda icona di Manduria – ho subito detto di sì. Nonostante il poco tempo libero, ho pensato che avrei potuto mettere a disposizione di Fivi il mio background da avvocato, mia vecchia professione».
Oggi mi ritrovo letteralmente “spoetizzata” e spiazzata. Ma non per la mancata elezione o per il risultato della lista; quanto per il clima di guerriglia, pressioni, attacchi personali e maltrattamento subìto da alcuni vignaioli che hanno fatto la storia del vino italiano, come Claudio Conterno e Walter Massa.
Per non parlare della richiesta di ritirare la mia candidatura, avanzata da una persona che ritenevo amica come Gaetano Morella (candidato in un’altra lista, ndr), nonché dalla ex presidente Matilde Poggi, davanti a tutti, durante l’assemblea che ha preceduto il voto».
LE PRESSIONI DI GAETANO MORELLA E MATILDE POGGI
Morella, ex vicepresidente della Federazione, oggi consigliere del nuovo Cda Fivi, ha tentato di far desistere Simona Natale facendo forza sul marito Gianfranco Fino. «Al telefono – spiega la vignaiola a winemag.it – gli ha detto di convincermi a ritirare la candidatura. Tuttavia a me, in faccia, non ha mai detto nulla».
«Matilde Poggi ha invece chiesto personalmente a Claudio Conterno di ritirarsi, durante l’assemblea, davanti a tutti gli altri vignaioli, giudicando “inopportuna” la sua candidatura. Mi ha detto di aver espresso un parere personale – riferisce ancora Simona Natale – ma non ha considerato il contesto, che ha trasformato il “parere” nell’esercizio di una richiesta. Una pressione, visto il suo ruolo di presidente».
«Più in generale – continua la produttrice di Manduria – è stato terribile assistere a questo stillicidio. Neanche da avvocato, abituata ad assistere a diatribe accese, mi sarei aspettata qualcosa di così assurdo. Mi ero candidata per sostenere, non per “arrivare”».
Altri meritavano davvero un posto. Mi riferisco a Claudio Conterno o Walter Massa, che avrebbero dato visibilità, peso, cultura. Ampelio Bucci, abbracciandomi, mi ha garantito: “Adesso metteremo tutto a posto”.
Ma la mancata nomina di Walter a vicepresidente, prima che ritirasse la sua candidatura, ha solo confermato l’esistenza di un “blocco”, neppure tanto forte guardando i numeri. Il nuovo Cda rappresenta uno spaccato troppo parziale.
A queste elezioni non ha vinto nessuno. Ha perso la Fivi. Abbiamo assistito a diversi atti d’imperio, non di democrazia. Qualcosa che ha più a che fare con gli oligarchi».
CONTERNO: «IL NUOVO CDA FIVI? HA IL DIFETTO CHE È TROPPO GIOVANE»
La pensa diversamente uno dei diretti interessati, Claudio Conterno. «Per me – rivela a winemag.it – è ormai già una cosa passata. Ho presentato la mia candidatura e Matilde Poggi mi ha chiesto di ritirarla. Stasera farò la riunione Fivi da vignaiolo, perché sto nella Fivi tranquillamente, anche se è andata così».
Matilde ha sbagliato ad esprimere il suo giudizio in assemblea, ma ci siamo già chiariti e siamo in buonissime relazioni. Ha sbagliato nei fondamenti della democrazia. Un errore veniale, ha solo sbagliato i tempi. In generale, il difetto di Fivi è che è troppo giovane.
Questa è la ragione principale che mi porta a pensare che Walter Massa abbia sbagliato a dimettersi, perché sarebbe stato un grande papà per molti vignaioli. Sarebbe stato in minoranza? No, nei Cda le relazioni mutano, lo so per esperienza. A volte è meglio restare e costruire e non solo abbattere».
Claudio Conterno continuerà a dare il suo supporto alla Federazione italiana vignaioli indipendenti. «Mi auspico che diventi la casa dei vignaioli veri, che non comprano neppure un euro di uva: non è così, oggi, in Fivi. Il vignaiolo deve essere autosufficiente al 100%. E deve togliersi dalla testa che chi produce 10 mila bottiglia è “più vignaiolo” di chi ne produce 3 o 400 mila. Solo così si farà la differenza».
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I Chiaretto di Bardolino di Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi nellassociazione Roses de Terroirs
Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi sono stati invitati a far parte di Rosés de Terroirs con i loro Chiaretto di Bardolino. Dal gruppo francese arriva così un riconoscimento della valorizzazione dei vini rosé da parte di due cantine italiane. «La sensazione – commenta il presidente del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, Franco Cristoforetti – è simile a quella che credo abbiano provato i Måneskin, quando sono stati invitati ad aprire il concerto dei Rolling Stones».
Guerrieri Rizzardi, con sede a Bardolino (VR), è guidata dai fratelli Agostino e Giuseppe Rizzardi, quest’ultimo vicepresidente del Consorzio del Chiaretto. Le Fraghe di Cavaion Veronese (VR) è invece la creatura della vignaiola Matilde Poggi, attuale presidente Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti) e numero uno di Cevi – Confédération Européenne des Vignerons Indépendants, che riunisce e rappresenta i vignaioli indipendenti europei.
Poggi ha partecipato lo scorso 30 novembre alla prima assemblea generale dell’Association Internationale des Rosés de Terroirs, svoltasi a Tavel, cittadina nota per aver dato nome alla prima denominazione di origine al mondo dedicata esclusivamente al rosé, nel 1936. E non è un caso se il Chiaretto di Bardolino 2020 biologico “Rodon” di Le Fraghe sia presente nella Guida Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it, che valorizza proprio i vini di terroir, specie se frutto di parcelle e cru.
«Siamo orgogliosi che il vino rosa del lago di Garda veronese rappresenti il nostro Paese tra i più prestigiosi dei rosé francesi. È il segno ulteriore del successo della nostra denominazione, leader di mercato in Italia», continua il presidente del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino.
L’associazione Rosés de Terroirs è nata dai produttori di Tavel nel 2020. L’idea era quella di fondare un movimento dedicato alla promozione del rosé di territorio, concretizzatasi nella primavera di quest’anno. «Il rosé – spiega la coordinatrice del gruppo, Sandra Gay-Moulines – è ormai diventato uno stile di vino a sé stante, ma deve ancora farsi spazio nel mondo dei vini di terroir. I rosé di terroir esistono, ma la loro visibilità e la loro valorizzazione rimangono insufficienti».
L’obiettivo dell’associazione è dunque quello di «accelerare il riconoscimento dei rosé di terroir in Francia e nel mondo». E di «sviluppare un vero e proprio segmento di mercato dedicato a questo tipo di rosé». Vini caratterizzati, come il Chiaretto di Bardolino, da una profonda radice storica e da una fortissima identità territoriale, sottolineata anche dall’immenso lavoro compiuto dal Consorzio con l’individuazione delle tre sottozone del Bardolino, il rosso di casa gardesana.
Presidente dell’associazione Rosés de Terroirs è Guillaume Demoulin di Château de Trinquevedel, celebre produttore di Tavel, mentre il vicepresidente è Etienne Portalis di Château Pradeaux, uno dei nomi più conosciuti della denominazione di origine del Bandol, in Provenza.
Tra i fondatori del sodalizio compaiono aziende famosissime del rosé francese, come Château de Pibarnon, La Bastide Blanche, Domaine La Suffrène, Domaine de Terrebrune, Château de Roquefort. Ora ne fanno parte anche Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi, con il Chiaretto di Bardolino a fare da capofila degli storici vini rosati italiani di territorio. La prima uscita pubblica avverrà a Wine Paris & Vinexpo Paris 2022, in programma a Parigi dal 14 al 16 febbraio.
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Matilde Poggi è la nuova presidente dei Vignaioli Europei che si raccolgono nella Cevi, la Confédération Européenne des Vignerons Indépendants. L’organizzazione riunisce e rappresenta i Vignaioli indipendenti europei.
Il nome della vignaiola circolava da tempo come possibile succeditrice al francese Thomas Montagne, che ha guidato la Cevi dal 2011. L’investitura ufficiale arriva dopo 6 anni in cui Matilde Poggi, numero uno in carica della Fivi – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della Confédération Européenne des Vignerons Indépendants.
È la prima volta per l’Italia alla guida dei Vignaioli Indipendenti d’Europa. Fanno parte di Cevi le associazioni di Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Svizzera, Ungheria, Slovenia, Belgio, Grecia, Montenegro e Bulgaria, per un totale di circa 12.000 Vignaioli.
Ringrazio i Vignaioli europei per la fiducia – commenta la neo Presidente Matilde Poggi – e un grazie particolare a Thomas Montagne per avermi voluto come vicepresidente sei anni fa: lavorerò sul solco già tracciato da lui».
«Per Cevi – conclude Matilde Poggi – è un momento importante e dare la presidenza all’Italia rafforza la natura europea della Confederazione. Le sfide che ci aspettano sono tante, in primis la difesa del frutto del nostro lavoro, il vino, prodotto agricolo con una valenza culturale da sempre al centro della dieta mediterranea».
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Mercato Fivi 2020 annullato per Covid 19 confermati rumors di maggio
Dopo l’annullamento dell’appuntamento del 2020, la decima edizione del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti si svolgerà da sabato 27 a lunedì 29 novembre 2021 negli spazi di Piacenza Expo.
Qui si potranno incontrare i produttori appartenenti alla Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che racconteranno in prima persona ai visitatori il loro lavoro, invitandoli a degustare e acquistare i vini in assaggio.
I Vignaioli Indipendenti seguono l’intera filiera produttiva, dalla coltivazione delle vigne fino alla produzione e alla vendita del vino. Sono i rappresentanti di una viticoltura autentica, che vuole farsi custode del territorio e della cultura del vino italiano, contribuendo alla ripartenza del Paese.
«La decima edizione è un traguardo importante per noi – spiega Matilde Poggi, presidente di Fivi – tanto più che aspettavamo di festeggiare già lo scorso anno, ma a causa della pandemia è stato necessario rimandare».
«Il Mercato Fivi – prosegue Poggi – è più di una fiera, è un’occasione di incontro, dove scoprire l’autenticità e la genuinità di produttori appassionati, che oggi come non mai hanno voglia di tornare a raccontare i propri vini e il proprio lavoro».
Uno spazio espositivo sicuro, rispetto delle norme del distanziamento sociale, orari di apertura estesi, ingressi monitorati. Elementi che permetteranno ai visitatori di vivere la manifestazione nel migliore dei modi. Non mancheranno, come da tradizione, gli Artigiani del Cibo che completeranno la rassegna con le loro chicche gastronomiche.
In questa decima edizione si riconferma l’elemento innovativo introdotto nel 2019, con l’aggiunta del lunedì come giornata dedicata principalmente agli operatori professionali del settore commerciale e del canale Horeca.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Direttivo Fivi no ecommerce Mercato dei Vignaioli. Invito ai soci non aderite
Un invito a boicottare l’e-commerce Mercato dei Vignaioli, iniziativa che «sfrutta il nome della Fivi» e dell’ormai celeberrimo “Mercato” per fini non condivisi dalla Federazione italiana vignaioli indipendenti. È l’ultima mossa del Direttivo Fivi, che disconosce l’iniziativa di alcuni soci prima di passare – non è affatto escluso – alle vie legali.
Dopo aver tentato un dialogo bonario con i promotori, ovvero con l’Associazione Temporanea di Scopo no-profit di cui è capofila l’Associazione Vignaioli Toscani Indipendenti (VTI), l’entourage guidato da Matilde Poggi ha diramato una comunicazione interna dai toni piuttosto duri, che potrebbe addirittura sfociare in un’azione legale.
Se pensate che non sia giusto sfruttare un bene comune per un interesse privato, se pensate che non sia corretto usare l’identità della Fivi in modo ambiguo e strumentale, se pensate che essere soci Fivi significhi lavorare per unire e non per dividere – scrive il Direttivo Fivi a tutti i soci – non aderite al progetto e chiedete la cancellazione dalla newsletter».
«Rimaniamo convinti che non sia interesse di nessuno portare la questione in altre sedi – si legge ancora – danneggiando l’unità, l’immagine e l’identità della nostra associazione, che va invece difesa e tutelata da tutti i suoi soci. Perché la Fivi è di tutti e nessuno può farne ciò che vuole».
In più occasioni, tra le quali l’Assemblea di luglio 2020, la direzione ha chiesto ai promotori di «modificare il nome del portale, eliminando immediatamente ogni riferimento, sia nel nome del sito sia nel dominio dello stesso, a termini che sono riconducibili a Fivi e, nello specifico, “vignaioli indipendenti” e “Mercato dei vini”».
Queste parole sono di fatto «marchi collettivi registrati a livello europeo e, di conseguenza, patrimonio di tutti i soci della Fivi». Inutilizzabili, dunque, senza l’avallo ufficiale della Federazione.
Questa volontà di confronto – scrive il Direttivo ai soci – non ha portato a risultati, purtroppo, se non all’eliminazione del termine “indipendenti” dal sito. Ma ancora oggi i promotori di questo e-commerce si rivolgono ai soci della Fivi con comunicazioni fuorvianti, e ai consumatori sfruttando un patrimonio collettivo (il nome “Mercato dei Vignaioli”) che abbiamo, tutti insieme, costruito con fatica».
«L’identità della nostra associazione – continua il management Fivi – è un bene prezioso costruito in oltre dieci anni di sforzi e passione. I progetti che sfruttano quest’identità a proprio uso creano confusione e danneggiano ogni singolo Vignaiolo Fivi».
Sempre secondo il Direttivo, «tante lamentele continuano ad arrivare da parte di intere delegazioni o di singoli soci» a riguardo del Mercato dei Vignaioli. Motivo, questo, che ha spinto «ancora una volta a un tentativo di chiarezza nei confronti di un portale che viene costantemente scambiato per un’iniziativa Fivi, creando confusione e facendo infuriare molti soci, che si sentono in qualche modo presi in giro».
«Lo diciamo chiaramente – avverte ancora il Direttivo – se i promotori fossero stati soggetti esterni all’associazione, quando questo progetto è stato reso pubblico non avremmo perso un minuto a comunicare a tutti i soci “Attenzione, non aderite, ci stanno rubando l’identità“».
IL PROGETTO Dal 2 luglio 2020, data della messa online del portale, ha aderito al Mercato Virtuale circa il 10% dei 1.300 vignaioli Fivi. Un’iniziativa di cui Fivi era a conoscenza sin dal febbraio 2020.
Secondo quanto rivelato il 9 luglio a WineMag.it da Gregorio Galli, tesoriere dell’Associazione Vignaioli toscani, il Direttivo avrebbe deciso di non promuovere ufficialmente l’e-commerce, ritenendolo un progetto poco strategico.
Matilde Poggi in persona era informata sin dal mese di febbraio 2020 – sottolineava Galli – ovvero da quando, in pieno lockdown da Coronavirus, noi vignaioli toscani abbiamo proposto a Fivi di aprire un e-commerce, sull’esempio dei nostri cugini francesie di quello, già funzionante, dei vignaioli trevigiani».
Grazie alla tecnologia Stripe, il Mercato virtuale funge esclusivamente da luogo d’incontro tra consumatori e vignaioli. Senza transito di soldi o bottiglie. L’ordine del cliente arriva direttamente alla cantina e, in contemporanea, attiva lo spedizioniere per la consegna a domicilio.
Particolare attenzione è stata riservata alla politica dei prezzi dei vini presenti sull’e-commerce. «Abbiamo discusso molto su questo – confermava Galli nella stessa intervista a WineMag.it – con l’obiettivo di non creare problemi all’Horeca e alla distribuzione in generale». Perché “no”, dunque, ad un e-commerce di Fivi? La risposta del Direttivo potrebbe arrivare nelle prossime ore.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un sistema di raccolta dati consultabile da tutti gli enti. È questo l’appello che Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, rivolge alle Istituzioni in seguito all’avvio, il 7 gennaio scorso, del 7° Censimento generale dell’agricoltura che si concluderà il 30 giugno 2021.
L’indagine Istat, modulata seguendo le disposizioni del Regolamento (UE) 2018/1091 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 luglio 2018, sta coinvolgendo oltre un milione e 700 mila aziende del settore con l’obiettivo di fornire un quadro statistico approfondito a livello nazionale, regionale e locale, del sistema agricolo e zootecnico utile come base per le politiche future.
Quest’anno, per la prima volta, il classico questionario cartaceo è stato proposto in formato digitale e valuterà l’impatto del Covid 19 sulle aziende del comparto anche attraverso una tecnica multicanale di raccolta dei dati, che prevede il coinvolgimento dei Centri di assistenza agricola (CAA) nella Rete di rilevazione.
Come sottolineato dal sito Istat, «partecipare è un obbligo di legge e un atto utile al mondo agricolo e al Paese», ma nonostante l’evidente utilità del censimento, la Fivi sottolinea ancora una volta le difficoltà incontrate dai piccoli produttori e la necessità di implementare il sistema di raccolta dati in un modello digitale integrato, accessibile e consultabile da tutti gli enti preposti della pubblica amministrazione che seguono il settore.
«È evidente – spiega Matilde Poggi, presidente Fivi – che il censimento richieda molte informazioni che il sistema della pubblica amministrazione detiene già: se i processi di digitalizzazione fossero implementati e migliorati, tali informazioni potrebbero essere condivise tra i diversi sistemi della pubblica amministrazione, senza interpellare ogni volta i produttori, snellendo in questo modo concretamente il processo burocratico, così da far risparmiare sia tempo che soldi agli agricoltori».
«Il carico burocratico per le aziende agricole – prosegue la presidente – è sempre troppo alto. Nonostante vengano dichiarati come prioritari i processi di alleggerimento e digitalizzazione del sistema, le azioni richieste alle aziende, sempre più complesse da gestire per i piccoli produttori, vanno in direzione opposta e contraria».
«Informazioni quali la superficie aziendale, il numero di ore dei dipendenti, le stesse informazioni anagrafiche dell’azienda – conclude la Poggi – sono dati che i vignaioli hanno già comunicato. Basti pensare al fascicolo aziendale, che ogni attività è tenuta ad avere, attraverso il quale sono comunicate tutte le informazioni principali dell’azienda».
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Fivi a Vinitaly 2021 parla Matilde Poggi Decisione in mano ai soci
È tutt’altro che scontata la presenza dei vignaioli Fivi a Vinitaly 2021, quantomeno al completo o in crescendo di adesioni, come nelle passate edizioni. La messa in scena di “Fivitaly” 2021, dal 20 al 23 giugno prossimi a Verona, dipende dalla decisione delle singole cantine e non dal direttivo della Federazione italiana vignaioli indipendenti.
A chiarirlo è la presidente Matilde Poggi, raggiunta telefonicamente da WineMag.it. «Alcuni soci ci hanno confermato di aver ricevuto la mail con la richiesta di conferma della partecipazione entro il 1 marzo, altri no», commenta la patron de Le Fraghe.
«Abbiamo avviato una consultazione interna per capire come intendano muoversi i soci in vista di Vinitaly 2021 – aggiunge – ma resta il fatto che i rapporti sono tra Veronafiere e singole aziende, non tra Veronafiere e Fivi».
«In sostanza – precisa ancora Poggi – Fivi non acquista come Federazione lo spazio espositivo per poi rivenderlo ai soci. Siamo tutti sotto lo stesso tetto, ma i rapporti per gli spazi sono tra singole cantine e Fiera di Verona».
Secondo rumors di WineMag.it, Veronafiere avrebbe addirittura proposto uno sconto del 5% ai vignaioli. E sul fronte della sicurezza e delle misure anti contagio e distanziamento, una presenza ai banchi a giorni alternati.
Del resto, l’ultima volta di Fivi a Vinitaly è stata un successo. Nel 2019 sono state infatti ben 212 le adesioni alla più importante manifestazione fieristica dedicata al vino in Italia. L’appuntamento al padiglione 8, in uno spazio di ben 1.200 metri quadrati, è stato accolto grande favore dal pubblico di professionisti.
Nel 2018, anno in cui la Federazione ha spento le dieci candeline dalla fondazione, i vignaioli presenti erano 158, dislocati su 830 metri quadri. Senza il Covid-19, il 2020 sarebbe stato l’anno della definitiva consacrazione di Fivitaly, spinto dal successo dell’epica tre giorni del Mercato di Piacenza (22.500 accessi dal 23 al 25 novembre 2019).
Fivi si è invece resa protagonista – per l’esattezza con alcune frange interne – delle più acri proteste nei confronti dell’edizione 2020 di Vinitaly. Contestatissima anche la decisione di rinviare la kermesse a giungo 2020, con tanto di presa di posizione ufficiale della presidente Matilde Poggi, favorevole a un rinvio definitivo al 2021.
Il 10 marzo dello scorso anno, in occasione di un confronto con i vertici di Veronafiere e i rappresentanti di altre associazioni di filiera, Fivi faceva presente che «al di là dell’emergenza sanitaria, giugno è un mese in cui il lavoro in vigna è tanto», sottolineando «l’effettiva difficoltà delle cantine a conduzione familiare di essere fisicamente presenti».
Il sondaggio interno voluto dai vertici della Federazione aveva quindi confermato le perplessità. La quasi totalità dei vignaioli aveva propeso per la bocciatura della “Summed Edition” di Vinitaly. Per la seconda barricata, pare solo questione di giorni.
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Dopo Coldiretti anche Fivi con Vinarius Vignaioli penalizzati da Dpcm enoteche
Seppure in ritardo di ben 12 giorni e dopo Coldiretti, anche Fivi si schiera con Vinarius nella battaglia al Dpcm 16 gennaio 2021, che vieta l’asporto di vino dalle enoteche dopo le 18, a differenza di quanto invece può avvenire nei supermercati e nei negozi dove la vendita di vino e alcolici non è l’attività principale (gastronomie, macellerie).
«I Vignaioli – spiega Matilede Poggi, presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti – come molte altri operatori del settore Horeca e di altre categorie, sono stati pesantemente indeboliti dai mesi di chiusura forzata e dalle norme sull’asporto e sugli orari di apertura di enoteche e ristoranti».
«Le nuove decisioni del Governo – contina la massima esponente di Fivi – stanno portando pesanti conseguenze su tutta la filiera. Le misure intraprese finora sono per lo più adatte alla grande industria, e dimenticano l’esercito di piccoli produttori artigiani del vino che, con il settore della ristorazione chiuso, ha sofferto più degli industriali che hanno una clientela più diversificata».
La presidente della Federazione Vignaioli indipedenti conclude: «Ribadiamo la necessità di permettere a tutti di riaprire le attività per lavorare in sicurezza, rispettando le regole, e auspichiamo maggiori controlli per garantire che queste vengano rispettate».
Con ristoranti ed enoteche chiusi, Fivi ribadisce dunque la difficoltà in cui versa tutta la filiera e si unisce all’appello di Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, che ha denunciato l’anomalia e chiesto spiegazioni al Governo anche grazie all’interrogazione parlamentare, presentata dall’onorevole Andrea Dara in data 20 gennaio alla Camera.
Resta in silenzio, invece, la quasi totalità dei Consorzi del vino italiano. Accanto all’ente di tutela del Brunello di Montalcuno e dei vini dei Colli Euganei si sono schierati, di recente, anche Asolo Montello e Consorzio del Chieretto e del Bardolino.
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Matilde Poggi, Presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, ha scritto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte perché riconsideri la decisione di chiudere alle 18 l’intero comparto della ristorazione.
Faccio parte di coloro che ritengono che il Covid 19 sia una malattia molto seria e pericolosa – scrive Matilde Poggi – e che il primo obbligo di ogni governo in questo momento sia quello di tutelare e proteggere la salute dei cittadini.
Mi lascia ugualmente del tutto sconcertata la decisione presa nell’ultimo DPCM 24/10/2020 di chiudere le attività di somministrazione alle ore 18.
L’innalzamento dei contagi, cui abbiamo purtroppo assistito negli ultimi mesi, impone un cambio di strategia ma mi parrebbe opportuno fermare unicamente le attività e le situazioni che provocano assembramenti”.
Nella lettera si sottolinea come molti ristoratori alla riapertura dopo la chiusura forzata di marzo e aprile si sono attrezzati per poter accogliere i loro clienti in tutta sicurezza investendo anche cifre considerevoli. Ora però si trovano a pagare per coloro che, in spregio ad ogni direttiva, hanno continuato a servire i clienti davanti ai locali, senza distanziamento, provocando pericolosi assembramenti.
Chi ha deciso di non rispettare le regole ha messo a repentaglio la salute altrui e contribuito alla cattiva percezione della categoria cui appartiene – continua Poggi – è pertanto giusto che gli venga intimata la chiusura.
Chi invece le regole le ha rispettate ed ha investito per potersi adeguare deve poter rimanere aperto. L’Italia è un Paese meraviglioso e ha gioielli che tutti ci invidiano: un paesaggio unico al mondo, siti culturali di richiamo mondiale e prodotti di altissima qualità della filiera agroalimentare, tra cui il vino”.
Chiudere i ristoranti, secondo Poggi, significa far soffrire ulteriormente anche i tanti vignaioli artigiani che a fatica hanno continuato a coltivare le loro vigne. Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riunisce più di 1300 vignaioli che seguono l’intero processo produttivo del vino, dalla vigna al bicchiere. Sono aziende di medio piccole dimensioni, spesso famiglie, che hanno in queste attività il loro unico reddito.
Per i vignaioli il settore della ristorazione è il mercato di sbocco preferenziale per i loro vini e a poche ore dalla firma del nuovo Dpcm hanno già iniziato ad arrivare le prime disdette agli ordini in corso. I vignaioli, come molte altre categorie, sono stati pesantemente indeboliti dai mesi di chiusura forzata, ma la vigna non si può abbandonare e va coltivata anche se le vendite sono ridotte al lumicino.
“Noi di FIVI e tutti gli operatori del settore Horeca – chiosa la Presidente – vogliamo poter lavorare in sicurezza per dare il nostro piccolo contributo alla ripresa del Paese”.
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Mercato Fivi 2020 annullato per Covid 19 confermati i rumors di maggio
“Cari Vignaioli, dopo averne discusso a lungo e aver valutato con attenzione la situazione, scriviamo per comunicarvi che l’edizione 2020 del Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti che si tiene ogni anno a Piacenza è rimandata all’anno prossimo”. Così il direttivo Fivi, nell’annunciare agli associati la cancellazione del Mercato Fivi 2020, in programma dal 28 al 30 novembre prossimi. Una notizia anticipata il 5 maggio da WineMag.it.
L’ufficialità dei rumors arriva oggi, 9 ottobre 2020, a conferma dei rumors che circolavano da mesi in merito alla necessità di rimandare al 2021 la kermesse piacentina e a seguito dei ripetuti problemi tecnici al sistema informatico della Federazione, per l’iscrizione dei vignaioli all’evento.
Un provvedimento “preso di comune accordo con Piacenza Expo, alla luce dell’emergenza Covid-19 in atto e della sua evoluzione, tenendo anche conto di quale sarà il periodo in cui sarebbe dovuto svolgersi il Mercato 2020“.
“Abbiamo però pensato che, se da una parte il buon senso deve prevalere, non è giusto che questa situazione ci fermi del tutto e se allora il nostro Mercato non si può svolgere è nostro dovere continuare a collaborare tra noi, con gli appassionati e con gli esercizi amici plasmandoci in maniera differente”, scrive il direttivo Fivi.
“Se non possiamo trovarci tutti insieme cambiamo formula – continua la missiva inviata ai soci Fivi – creiamo occasioni d’incontro più piccole, più contenute, dove possiamo comunque far assaggiare i vini e spiegare chi sono i Vignaioli Indipendenti, cosa fanno, quali sono le diverse storie che stanno dietro a ogni bottiglia”.
La Federazione ha dunque pensato a quattro appuntamenti che si svolgeranno durante il corso del mese di novembre 2020. I primi tre appuntamenti saranno i Mercoledì da Vignaioli, evento ormai di tradizione che “serviranno a metterci in contatto con appassionati e sostenitori in tre diverse serate, moltiplicando le occasioni d’incontro”, prevede il direttivo Fivi.
L’ultimo incontro, che si terrà il 29 novembre, data in cui avrebbe dovuto esserci il Mercato, è invece una formula nuova: “Una domenica dal vignaiolo”. “Si tratta – spiega Fivi – di una giornata in cui i vignaioli che vorranno aderire ospiteranno uno o più Vignaioli di altre zone d’Italia e apriranno le porte della propria cantina ai visitatori”.
“Un’occasione – continua il direttivo della Federazione – per raccontare Fivi, al fine di far comprendere cos’è esattamente e cosa vuole dire essere ‘vignaiolo’ oggi. L’idea è di creare un modo un po’ differente e curioso per parlare di vino, sottolineando che oltre al concetto fondamentale della tipicità promosso dalla Fivi esiste anche quello di cultura e di etica del vino, denominatori comuni dei Vignaioli Indipendenti, una comunione di intenti in qualunque territorio essi si trovino”.
I dettagli della giornata saranno declinati in base alla discrezione dei vignaioli: “Saranno i soci – annuncia Fivi – a decidere chi invitare e quale zona d’Italia presentare. Potrà essere anche una giornata organizzata a livello di delegazione, in cui vengono invitati uno o più Vignaioli in rappresentanza di un’altra zona”.
L’ingresso sarà gratuito e aperto a tutti, nei limiti delle norme anti contagio. Si potranno comprare le bottiglie, oltre ad assaggiarle. Già decide le date: 4 novembre 2020 – Un Mercoledì da Vignaioli; 11 novembre 2020 – Un Mercoledì da Vignaioli; 18 novembre 2020 – Un Mercoledì da Vignaioli; 29 novembre 2020 – Una Domenica dal Vignaiolo.
“La voglia di non arrendersi – dichiara la presidente Fivi Matilde Poggi – e di dare un forte segnale di ripresa ci ha spinto questa estate a confermare le date di novembre 2020 del Mercato dei Vini”.
“Dopo lunghe e sentite riflessioni ha prevalso però la convinzione che in questo momento la sicurezza e il buonsenso debbano avere la priorità. Facciamo la nostra parte evitando gli assembramenti – conclude la presidente Fivi – ma non rinunciamo alla possibilità di creare occasioni alternative di incontro con sostenitori e appassionati più sicure e contenute”.
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Fivi e il Mercato virtuale bufera sulle commerce di vino dei vignaioli toscani 1
Nuova bufera nella Fivi. Questa volta è l’e-commercedi vino attivato il 2 luglio da alcuni vignaioli toscani ad agitare la Federazione italiana vignaioli indipendenti, già scossa dalle incognite sul Mercato di Piacenza 2020 e dalle evidenti pressioni della costola denominata “Rete Vignaioli“, durante il lockdown da Coronavirus.
A poche ore dalla messa online del “Mercato virtuale“, a cui hanno aderito un centinaio di vignaioli da tutta Italia – quasi il 10% dei 1.300 soci Fivi – il Consiglio direttivo della Federazione ha diramato una mail volta a stroncare sul nascere il nuovo portale:
Cari vignaioli, molti di noi hanno ricevuto in questi giorni una mail avente per oggetto ‘Presentazione de ‘I vini dei vignaioli indipendenti’. Si riferisce ad un sito e-commerce di vino promosso in maniera autonoma da un gruppo di vignaioli Fivi.
In seguito alle numerose richieste di chiarimento ricevute in queste ore da soci Fivi, giornalisti e consumatori, vogliamo con la presente ribadire che non si tratta in alcun modo di un’iniziativa Fivi e che il Consiglio direttivo non era assolutamente stato informato”.
È proprio su questa ultima frase che si concentra il nodo della querelle. Secondo quanto rivela a WineMag.it Gregorio Galli (nella foto sopra) tesoriere dell’associazione vignaioli toscani, il Direttivo Fivi era informato dell’iniziativa sin dagli esordi, ma ha deciso di non promuoverla ufficialmente, ritenendola poco strategica.
“Matilde Poggi in persona è informata su questo progetto sin dal mese di febbraio 2020 – sottolinea Galli – ovvero da quanto, in pieno lockdown da Coronavirus, noi vignaioli toscani abbiamo proposto a Fivi di aprire un e-commerce, sull’esempio dei nostri cugini francesie di quello, già funzionante, dei vignaioli trevigiani“.
Del resto, con Matilde, siamo amici da tanto tempo. Andremo dunque avanti con il nostro progetto, consci di aver creato qualcosa che non ha altro intento se non quello di offrire un servizio in più ai vignaioli indipendenti. Ci chiediamo, però, perché l’e-commerce dei vignaioli trevigiani non viene criticato e il nostro sì?”.
D’altro canto, il “Mercato virtuale” promosso dall’associazione vignaioli toscani, “non presenta alcun riferimento a Fivi, né a marchi o loghi registrati”: “Se qualcuno ha dubbi li esprima – chiosa il tesoriere Gregorio Galli – con la consapevolezza che si tratta di qualcosa di ben noto al Direttivo Fivi, sin dalla sua fase embrionale”.
Affermazioni che Fivi non conferma. “Nulla da dichiarare, in quanto la questione è già stata chiarita internamente durante l’assemblea di oggi” (ieri, ndr) è la risposta dell’ufficio stampa della Federazione, interrogato sull’argomento da WineMag.it. Una riunione animata in gran parte dal tema “Mercato virtuale”, in cui Fivi ha annunciato un avanzo positivo di 200 mila euro. Un tesoretto sottochiave, in banca.
Intanto, l’e-commerce di “vino indipendente” continua a crescere e a convincere sempre più vignaioli in tutta Italia. Il costo dell’adesione, riservata agli associati Fivi, è di 80 euro: “Denaro che sarà interamente reinvestito in promozione, con le casse dell’associazione di scopo che dovranno essere a zero, a fine esercizio annuale”.
“Visto il no del Direttivo Fivi al progetto – spiega Gregorio Galli – abbiamo appunto deciso di attingere in toto alle casse dei vignaioli toscani per aprire una Associazione temporanea di scopo, utile a mettere in piedi una struttura digitale leggera, funzionale alle nostre esigenze più immediate”.
Grazie alla tecnologia Stripe, il “Mercato virtuale”, funge esclusivamente da luogo d’incontro tra consumatori e vignaioli. Senza transito di soldi o bottiglie. L’ordine del cliente arriva direttamente alla cantina e, in contemporanea, attiva lo spedizioniere per la consegna a domicilio, dalla provincia di Arezzo.
Particolare attenzione è stata riservata alla politica dei prezzi dei vini presenti sull’e-commerce. “Abbiamo discusso molto di questo – ammette Galli – con l’obiettivo di non creare problemi da un lato all’Horeca, dall’altro alle aziende che si occupano già della distribuzione dei nostri vini”.
L’invito ai vignaioli è di proporre prezzi generalmente più alti di quelli praticati in cantina o al Mercato di Piacenza, prendendo come riferimento quelli dello scaffale delle enoteche dove sono già presenti le etichette. Il portale si rivolge al cliente finale e non vuole minare i rapporti pregressi delle aziende”.
Sul “Mercato virtuale” si troverà dunque “il prezzo giusto” di ogni vino, lasciando però “margini di manovra per l’applicazione di sconti a discrezione del singolo vignaiolo”. I promotori hanno preparato un prospetto, con “calcoli utili a non scendere sotto a una determinata soglia”. Tutto, insomma, per evitare il secondo boomerang.
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Banche fondi e prestiti nel settore del vino scarsa fiducia tra i piccoli produttori
Due ricerche a confronto (una italiana, l’altra francese) per sostenere una tesi: il settore del vinoitaliano dovrebbe dare più credito a banche, fondi, garanzie e prestiti. Il webinar organizzato ieri pomeriggio da Foragri sul binomonio vino e finanza, oltre a confermare la solidità delle imprese italiane del settore vitivinicolo – anche a fronte dell’emergenza Coronavirus – ha evidenziato la scarsa fiducia nei confronti del credito da parte dei piccoli produttori.
A sottolinearlo, quasi involontariamente, sono stati gli interventi di Alessandro Giacometti, responsabile area Strategie commerciali di Banca Monte dei Paschi di Siena ed Emanuele Fontana, responsabile Servizio Agri-Agro di Crédit Agricole Italia. Solo il 3-5% dei clienti titolari di aziende agricole si è rivolto agli sportelli per un prestito. Dato che sale al 10-15% per i titolari di imprese attive in altri settori produttivi.
Ciliegina sulla torta le parole di Walter Ricciotti. Indicando come esempio virtuoso quello di Prosit, holding che può contare sul fondo di private equity Made in Italy Fund, il co-fondatore e Ceo di Quadrivio Group ha di fatto chiarito quali siano i profili più adatti al binomio vino e finanza.
Ovvero aziende interessate a crescere nel medio e lungo periodo, implementare la produzione e puntare dritto sull’estero, con operazioni di branding. Addirittura aggregandosi tra loro, proprio come avvenuto con Prosit. Qualcosa di ancora molto lontano dal mondo e dalla progettualità delle piccole imprese a conduzione famigliare e dei vignaioli. Illuminanti, in questo senso, i numerosi interventi di esponenti del mondo della produzione.
La presidente Fivi Matilde Poggi, rivolgendosi al Sottosegretario del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giuseppe L’Abbate, non ha fatto alcun accenno al sistema del credito. Confermando, piuttosto, la preferenza di misure per lo stoccaggio privato e la richiesta di abbassare l’aliquota Iva sul vino dal 22 al 10%, passando dall’ordinaria all’agevolata almeno per i prossimi tre anni e mezzo.
Un’ipotesi sul tavolo dei ministri Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri già da fine maggio, che non gode tuttavia del pieno appoggio della base della Federazione di “indipendenti”, dubbiosa sugli effettivi benefici del provvedimento, giudicato persino deleterio per le piccole imprese.
Sul fronte dell’Iva anche la “provocazione” – così è stata definita dallo stesso relatore – di Davide Gaeta, professore associato del dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli studi di Verona: “È davvero un tabù la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto, oppure può essere uno strumento, seppur temporaneo, per l’incentivazione dei consumi nazionali?”.
Tra i produttori, emblematico l’intervento di Sandro Boscaini, titolare di Masi Agricola, nonché presidente di Federvini. Anche in questo caso, nessun accenno al credito. Piuttosto, un appello accorato alle istituzioni.
“Oltre al tema della liquidità – ha sottolineato – il problema nel medio e lungo termine è quello di riequilibrare domanda e offerta nel settore del vino. Vendemmia verde, distillazione e riduzione rese sono tutte belle cose, necessarie come un ‘cerotto’. Ma non dobbiamo mai dimenticare che, al di là dell’emergenza, noi produciamo per vendere“.
L’attivazione della domanda ci serve per mantenere sano il flusso del nostro business, in Italia come all’estero. C’è necessità assoluta di intervenire, di aiutare chi ha sofferto di più il lockdown da Coronavirus, ovvero il mondo della ristorazione e, in generale, dell’Horeca. Va inoltre riattivato il turismo, che ogni anno genera un indotto straordinario attorno al vino”.
Non ultimo l’export: “Mi sento di spendere parole forti su questo fronte – ha sottolineato Sandro Boscaini – bisogna riattivare subito le esportazioni, farlo adesso, con mezzi immediati. Abbiamo già perso un mucchio di opportunità, compreso Vinitaly. C’è la necessità di stanziare fondi ad hoc e di fare promozione al Made in Italy“.
Sulla stessa linea il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: “Come categoria – ha dichiarato – ci sentiamo molto vicini e solidali al mondo della ristorazione e condividiamo l’urgenza e la priorità di interventi utili a ridare al vino il suo teatro: i ristoranti sono il palcoscenico in cui il vino italiano è attore protagonista”.
Tra i relatori anche Raffaele Borriello: “Non bisogna solo aspettare che riaprano i canali tradizionali come la ristorazione, ma dobbiamo piuttosto iniziare a ragionare tutti su un mondo nuovo, lasciatoci in eredità da Coronavirus”, ha avvertito il direttore generale dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
Sul fronte delle garanzie, Ismea ha garantito alle imprese agricole 215 milioni di euro complessivi, dal 22 di aprile al 16 giugno. In chiusura, Borriello ha evidenziato il successo della misura della cambiale agraria da 30 milioni di euro, augurandosi che venga rifinanziata tra le misure del Decreto Rilancio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Fivi Iva al 10 sul vino divide i vignaioli. Tutti i no allipotesi dalla Sicilia al Trentino
È un coro di no quello che arriva dalla “base” di Fivi in merito all’ipotesi di riduzione dell’Iva sul vino al 10%, rispetto all’attuale 22%. La proposta di passare dall’aliquota ordinaria a quella semplificata fino al 31 dicembre 2023 è contenuta in una lettera indirizzata a Roma dalla Federazione italiana vignaioli indipendenti, all’attenzione dei ministri Bellanova e Gualtieri. La missiva, firmata dalla presidente Matilde Poggi, è tuttavia al centro di un acceso dibattito tra gli associati Fivi, dalla Sicilia al Trentino.
Oltre al ribasso dell’imposta sul valore aggiunto, non convince la richiesta di poter emettere la fattura all’incasso, al posto che al momento della consegna o della spedizione del vino. Un’ipotesi che rischia di generare “zone d’ombra nei rapporti con l’Horeca”. In altre parole del “nero“, come sostiene qualche produttore.
Il più duro nei confronti di Fivi è il vignaiolo toscano Edoardo Ventimiglia, tra i più attivi della neocostituita Rete#ilvinononsiferma: “L’associazione di cui faccio parte non mi può mettere le mani in tasca in un momento così delicato – attacca il titolare di Sassotondo – o pensare che un ddt possa assumere valore legale in caso di mancati pagamenti o di necessità di credito bancario: senza una regolare fattura emessa prima o al momento della consegna e della spedizione, la merce è ancora in carico al vignaiolo”.
La riduzione al 10% dell’Iva, pensata per risollevare il settore, non avrebbe inoltre alcun risvolto sui consumatori, in quanto i vini sarebbero a scaffale allo stesso prezzo. Non è chiaro, poi, quali compensazioni dovrebbero essere utilizzate per evitare perdite ai vignaioli.
Il dibattito sulla fiscalità è corretto, ma va affrontato in un contesto più organico e allargato. Meglio sarebbe intervenire, allora, con accordi strutturali sulla scontistica a scaffale, tangibili dal pubblico”.
Fa eco Luigi De Sanctis, vignaiolo Fivi del Lazio: “Avrei consultato dei tributaristi, dei commercialisti, o comunque degli esperti in materia fiscale prima di mettere sul tavolo dei ministri Bellanova e Gualtieri una proposta di riduzione dell’aliquota Iva sul vino, in un momento così delicato per il nostro Paese”.
Con questa proposta non si risolve nulla, anzi ci si perde su un argomento molto scivoloso. Sarebbe stato meglio continuare a insistere sul problema dello stoccaggio: chi produce vini di qualità sa quanto il tempo sia utile per i corretti affinamenti e quanto invece deleteria l’ipotesi della distillazione.
La mancanza di spazi invoglia a vendere il vino prima del necessario. Con l’Horeca ferma, le annate rischiano di sommarsi in cantina e un aiuto dal Governo su questo fronte sarebbe davvero auspicabile”.
Anche la vignaiola siciliana Marilena Barbera esprime diverse perplessità sulla lettera di Fivi: “L’iniziativa è lodevolissima – commenta – perché mira a favorire la ripresa dei consumi e dell’Horeca, ma non si può dire altrettanto delle argomentazioni. Con la riduzione dell’aliquota al 10%, i vignaioli si troverebbero a perdere anzi dei soldi, senza benefici reali né per loro né per il resto della filiera, compreso il consumatore”.
In un momento in cui l’Italia fa appello al Mes perché non ha più soldi per pagare la cassa integrazione e le Regioni non hanno abbastanza liquidità per comprare le mascherine utili a contrastare Coronavirus, come si può ipotizzare una riduzione del prelievo fiscale?
Mettere mano oggi al meccanismo, comporterebbe conseguenze gravissime sull’Iva complessiva percepita dallo Stato alla fine del processo produttivo, ovvero al momento del consumo”.
“Il destinatario dell’abbassamento dell’aliquota – aggiunge Marilena Barbera – è il ristoratore e l’enotecario: la proposta non prevede alcun beneficio per il cliente finale, che si troverebbe a pagare la stessa Iva prevista oggi sui suoi acquisti, sia in enoteca, sia al ristorante. Molto più sensato proporre degli sconti agli operatori per organizzare assieme eventi e degustazioni, anche se questo non risolve del tutto i problemi”.
Una proposta simile è stata annunciata ieri da Regione Lombardia, che si prepara a mettere sul piatto un bando da 3 milioni di euro per rilanciare i consumi, dal mese di giugno. Gli operatori Horeca saranno incentivati all’acquisto di vini lombardi, grazie a uno sconto del 10% in cambio dell’allestimento di vetrine che promuovano il vino – e più in generale l’agroalimentare – Made in Lombardia.
Ancora più a nord, è il vignaiolo trentino Francesco De Vigili, una delle voci più giovani e autorevoli del mondo del vino italiano, ad avanzare dubbi sulla lettera di Fivi. “Si tratta di una ipotesi che non condivido e che, nel merito, non ha alcun senso: pare quasi una boutade“, chiosa dalla capitale del Teroldego, Mezzolombardo (TN).
“La riduzione dell’Iva dal 22% al 10% – precisa De Vigili – toglierebbe liquidità alle cantine in un momento già di per sé critico, per via del lockdown dell’Horeca. Sarebbe più utile l’esenzione dell’Iva sugli acquisiti dei beni”.
Tra le perplessità, anche quelle di Walter Massa: “Per quanto riguarda la mia azienda, e le aziende a regime ordinario, l’Iva non è un costo, semplicemente una partita di giro. Per le aziende a regime speciale è una fonte speculativa, voluta da certe centrali di potere per umiliare l’agricoltore e l’agricoltura italiana“.
Il vignaiolo di Monleale aggiunge: “Per la ristorazione compra al 22% ed emette ricevute fiscali al 10%, ognuno può trarre le sue considerazioni. Per il consumatore finale più l’aliquota è bassa e meglio è. Per lo Stato, con tutto quello che in un momento come questo c’è da fare , sostenere, meno so cambia e più introiti si possono avere è meglio è. Per le associazioni che vanno chiedendo questo, spero si siano appoggiate ad un pool di grandi economisti e fiscalisti, oppure è meglio che si affidino ai servizi sociali, non occuparsi di cose sociali”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
AAA firma cercasi. Quella di Matilde Poggi è sparita dalla lista di produttori che aderisce alla Rete vignaioli italiani. Un elenco che si è allungato come un elastico, raggiungendo quota 500 in pochi giorni. Era il 24 aprile quando l’iniziativa-manifesto di circa 200 produttori artigianali di tutta la penisola, uniti per proporre soluzioni alla crisi del vino italiano a fronte di Covid-19, veniva lanciata con tanto di hashtag #ilvinononsiferma. Una lista che solo la presidente Fivi è riuscita ad accorciare. Col suo recente ripensamento.
Certo, deve aver creato non pochi imbarazzi nel direttivo Fivi vedere quel “Matilde Poggi” al numero 204, assieme ad altri vignaioli che costituiscono la vera base di cemento (armato), nonché il nucleo originario, di una Federazione che appare sempre più smarrita e crogiolante nei soli numeri (da record) del Mercato di Piacenza (l’edizione 2020, a proposito, rischia di essere annullata, causa incertezze legate a Coronavirus).
Un bel mirtillo, la firma della presidentessa della Federazione italiana vignaioli indipendenti, in una marmellata di primissima qualità, costituita anche da produttori che non aderiscono a Fivi. Abbastanza per costituire un caso, insomma. Dentro e fuori dalla “Indipendenti”.
Ebbene, oggi i “casi” sono diventati due: la firma e la sua sparizione. Tre, se si conta anche il silenzio di Poggi, che si rifiuta di spiegare le ragioni della cancellazione di quella firma, interpellata dall’ufficio stampa Fivi per conto della nostra testata. Utile, dunque, ricostruire nel dettaglio la vicenda.
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WineMag.it nota il nome e apre il dibattito immediatamente, quello stesso 24 aprile, nel presentare l’iniziativa della neocostituita “Rete“. Il comunicato stampa da parte di un nuovo “movimento” di vignaioli italiani, del resto, giunge a ciel sereno, nel quadro della crisi Covid-19. Unico riferimento per ricostruire i contorni della “formazione” è l’elenco di adesioni che viene allegato.
Strano ma vero, ecco comparire anche il nome della presidentessa Fivi tra quelli di altri vignaioli già attivi (collateralmente alla Federazione) sul fronte dazi Usa prima e sul “No a Vinitaly 2020“, poi. Strategia? Forse. Fatto sta che da un controllo incrociato, effettuato ieri, si assiste al taglio inatteso. Zac. La firma di Matilde Poggi è sparita dal manifesto #ilvinononsiferma.
La nuova lista di firmatari vede al suo posto, al numero 204, Fulvio Bressan (Bressan Mastri Vinai, Farra d’Isonzo). Il vignaiolo goriziano figurava al numero 203 nella lista originaria, seguito appunto al 204 da Poggi (Az. Agricola Le Fraghe, Cavaion Veronese), che a sua volta precedeva Gabriele Succi (Az. Agr. Costa Archi, Castel Bolognese), rimasto al numero 205. Una magia mal riuscita.
La vicenda ricorda più quelle serate sfortunate in cui incappa saltuariamente qualche arbitro di Serie A, in confusione durante il big-match della domenica. Quelle sere in cui il direttore di gara sbaglia due volte: la prima nell’assegnare un rigore che non c’è.
La seconda nel pensare di rimediare regalando un penalty inesistente, in favore dell’altra squadra. Sfuggendo poi alle telecamere e ai microfoni, a fine partita, per infilandosi negli spogliatoi, sotto la doccia. Serve acqua, del resto: se son Fivi, fioriranno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Covid 19 vignaioli italiani orfani della Fivi grido dallarme e hastag ilvinononsiferma 2
È firmata da oltre duecento “vignaioli italiani” la lettera che mira a coinvolgere l’intera filiera del vino italiano. Il grido d’allarme è: “Il vino non si ferma #ilvinononsiferma“. Un documento destinato a raccogliere quante più voci possibili, a sostegno di un’iniziativa ben articolata e inclusiva, a cui è chiamato ad aderire l’intero settore (www.ilvinononsiferma.it, vignaioli@ilvinononsiferma.it, Facebook ilvinononsiferma, hashtag: #laretedeivignaioli, #ilvinononsiferma, #lavignanonsiferma).
Un’iniziativa che apre un interrogativo gigante (l’ennesimo) sulla Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), costretta ad assistere all’ennesima iniziativa spontanea di alcuni associati, in mancanza di unità d’intenti all’interno del Consiglio di amministrazione. Qualcosa di già visto nei mesi scorsi, con la vicenza dazi Usa.
C’è di più. La presidente Matilde Poggifigura proprio tra i firmatari della lettera (qui l’elenco di tutti i sottoscrittori), in cui i “vignaioli italiani” lanciano un vero e proprio allarme.
In particolare, i primi dieci vignaioli che hanno aderito sono Edoardo Ventimiglia – Sassotondo – Sorano (GR); Caterina Gargari – Pieve de’ Pitti – Terricciola (PI); Gregorio Galli – Palazzo di Piero – Sarteano (SI); Walter Massa – Vigneti Massa – Monleale (AL); Luigi De Sanctis – Azienda Biologica De Sanctis Luigi – Frascati (RM).
E ancora: Marilena Barbera – Azienda Agricola Barbera s.s. – Menfi (AG). Ettore Ciancico – La Salceta – Loro Ciuffenna (AR); Gianluca Morino – Cascina Garitina – Castel Boglione (AT), Francesco Fenech – Az. Agr. Fenech Francesco – Malfa (ME), Francesco Cirelli – Azienda Agricola Cirelli – Atri (TE).
“Ci sentiamo parte attiva della straordinaria comunità che vive di vino – si legge sulla lettera dei vignaioli italiani – la nostra convinzione è che da questa crisi possiamo uscirne solo se restiamo uniti e se verrà salvaguardato il lavoro e il ruolo di ciascuno in ogni anello della filiera”.
“Per questo chiediamo a tutti rispetto per il nostro lavoro e offriamo in cambio lo stesso rispetto, consapevoli che solo con una collaborazione leale si possa, tutti insieme, uscire da questa crisi”.
Non accetteremo pressioni commerciali miranti a ridurre il margine che rappresenta la fonte di sostentamento per noi e le nostre aziende, perché riteniamo che soltanto con il riconoscimento di un equo corrispettivo sia garantita la dignità del nostro lavoro e del lavoro di coloro che collaborano con noi nella produzione, commercializzazione e promozione dei nostri vini”.
“Non accetteremo pratiche sleali quali il conto vendita – aggiungono i vignaioli – e le richieste sproporzionate di omaggi, consapevoli che soltanto con il rispetto delle normali condizioni commerciali possiamo contribuire in maniera positiva allo sviluppo della filiera”.
“Chiediamo a tutti i nostri clienti il rispetto delle scadenze per il pagamento delle forniture effettuate fino al 31/12/2019, in un momento in cui il mercato non presentava ancora alcuna criticità legata alla pandemia”.
Siamo disponibili – evidenziano i vignaioli – a discutere forme di credito agevolate che tengano conto delle difficoltà economiche che, con il lungo periodo di inattività, tutti i ristoranti e le enoteche si troveranno a fronteggiare alla riapertura, pur nel rispetto degli sforzi e degli investimenti che noi aziende agricole non abbiamo mai smesso di affrontare.
“Ci impegniamo, nelle scelte di vendita diretta dei nostri prodotti al consumatore finale, ad operare con lealtà nei confronti dei nostri clienti della distribuzione e dell’horeca, che sono fondamentali per la promozione e la valorizzazione dei vini prodotti dai vignaioli italiani”.
“Per questo motivo, garantiamo che i nostri listini dedicati ai privati rispettino la normale marginalità riservata agli operatori commerciali. Siamo convinti che vada rafforzata la collaborazione con tutti gli attori della filiera vinicola, consapevoli che soltanto da un dialogo aperto e organico possano scaturire le migliori opportunità di crescita e valorizzazione per questo nostro piccolo grande mondo”.
Parole per certi versi molto simili a quelle usate nei giorni scorsi, in esclusiva a WineMag.it, da Lorenzo Righi, direttore di Club Excellence, realtà che raggruppa 18 tra i maggiori distributori e importatori italiani di vino, nel commentare le “Linee guida per il mercato e gli agenti” delle aziende che aderiscono al consorzio.
UNITÀ PER USCIRE DALLA CRISI “Le conseguenze economiche della pandemia – scrivono ancora i vignaioli – hanno travolto la nostra intera società. La natura, però, non si ferma: noi, custodi della terra, non ci siamo arrestati. Lavoriamo per l’eccellenza, per valorizzare la cultura e la civiltà del vino, per consolidare la reputazione del Made in Italy nel mondo. Difendere l’integrità dei territori e la bellezza dei paesaggi, che rendono straordinario il nostro Paese, è l’altra nostra missione, che ci rende fieri di essere italiani. Siamo così custodi di ecosistemi unici, in un momento storico in cui la lotta al cambiamento climatico è imperativo altrettanto urgente”.
“Siamo consapevoli delle difficoltà che questa pandemia ha causato degli effetti che continueranno a gravare su tutti i comparti per i quali il vino costituisce una risorsa insostituibile” proseguono “La produzione continua, i magazzini si riempiono, perché i nostri clienti sono fermi: se non interveniamo immediatamente, il virus ucciderà il nostro patrimonio vitivinicolo, e con esso alcuni territori e parte del prestigio italiano”.
Sono a rischio 10 miliardi di euro: “Tanto vale la produzione vinicola italiana – ricordano nella lettera i vignaioli italiani – di cui 6 miliardi derivanti dalle esportazioni. Serve intervenire subito“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Covid 19 lettera di Fivi al Ministero 12 richieste per aiutare le aziende in difficoltà Matilde Poggi 1
Dodici richieste alla ministra Teresa Bellanova per aiutare le aziende in difficoltà a causa dell’emergenza Covid-19 sul fronte fiscale, retributivo e lavorativo. L’iniziativa è della Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che ha scritto alla titolare del Ministero delle Politiche Agricole.
Una missiva di cui è stata data notizia alla stampa, da parte di Fivi, proprio nel giorno in cui la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il Decreto del Ministero Politiche Agricole relativo alle “proroghe e semplificazioni nell’attuazione dei relativi programmi per consentire alle aziende di realizzare gli investimenti e le attività già programmate, fronteggiando in questo modo l’emergenza in atto”. Al centro dei provvedimenti Ocm vino, ortofrutta, olio, zootecnia, apicoltura.
“E’ un impegno preso con imprese, associazioni e Regioni che manteniamo – commenta la ministra Teresa Bellanova, mettendo al riparo in questo modo i progetti messi in campo e il futuro stesso delle aziende, e avendo ben presenti le esigenze di necessaria flessibilità nell’attuazione degli investimenti legate a questo particolare momento. In questo modo ogni impresa avrà più tempo a disposizione su domande, rendicontazioni, realizzazione delle attività”.
“Nella certezza che, una volta terminata l’emergenza, quanto previsto potrà comunque essere realizzato con i risultati attesi e anche in questo modo le aziende di queste importanti filiere avranno una importante carta in più per il rilancio”, conclude la ministra Teresa Bellanova.
“Il delicato momento che stiamo vivendo – sottolinea Matilde Poggi, Presidente FIVI – richiede una risposta da parte del Governo immediata e forte. Noi vignaioli ci impegneremo come sempre, ancor di più se possibile, per fare la nostra parte, ma abbiamo bisogno che da parte delle istituzioni ci sia tutta la flessibilità e la sensibilità che la situazione richiede”.
La Federazione esprime “forte preoccupazione per la manodopera, fondamentale soprattutto nel corso della vendemmia”. Come denunciatoda Coldiretti, la forza lavoro rischia di scarseggiare in tutta Europa, a causa delle limitate possibilità di spostamento delle persone.
Fivi in questo caso chiede una semplificazione gestionale dei voucher in agricoltura. Nei giorni scorsi, la Commissione Ue si è espressa a favore di “corridoi verdi” per l’agricoltura.
Le 12 richieste, in particolare, riguardano la proroga di 12 mesi della scadenza delle autorizzazioni per nuovi impianti e reimpianti scadenti nel 2020, nonché quella di i termini di rendicontazione della misura Ocm vino, Psr e Piani di riconversione e ristrutturazione vigneti.
Fivi chiede poi l’annullamento delle sanzioni previste per le aziende che non siano riuscite a concludere e a rendicontare i progetti Ocm promozione; la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali agricoli per 12 mesi, unitamente a quelli dei versamenti di imposte, Inps ed Enpaia per i dipendenti delle aziende agricole.
Altre richieste della Federazione Vignaioli Indipendenti sono la concessione di prestiti di conduzione o finanziamenti bancari a lungo termine con annullamento del tasso di interesse, nonché l’annullamento della reintroduzione della tassa Imu sui fabbricati strumentali agricoli.
Fondamentale, per Fivi, l’aumento del limite delle bottiglie acquistabili da privati all’interno delle Ue, con la possibilità di vendere direttamente a privati in Europa, senza transitare da deposito fiscale.
Il tutto nell’ambito di una “fiscalità agevolata per il settore Horeca, per l’acquisto del vino italiano”, e un “differimento del versamento dell’Iva al momento dell’incasso della fattura”.
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Dazi Usa sul vino italiano solo 12 mila osservazioni al Dipartimento. Lappello Uiv 1
Ad oggi le osservazioni arrivate al Dipartimento del Commercio americano (Ustr) in merito ai dazi sul vino italianosono circa 12 mila. Un numero ancora troppo basso in vista della conclusione delle consultazioni, prevista per il 13 gennaio. Il rischio è che i nuovi dazi interessino fino al 100% del valore della merce proveniente dall’Ue, finita sulla lista di Trump dopo la sentenza AirBus.
“In questo scenario di estrema incertezza – commenta Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini – abbiamo agito da subito presso le istituzioni nazionali ed europee sollecitando la massima attenzione e un dialogo attivo con i nostri partner americani, per scongiurare un danno enorme e ingiustificato nei confronti del mondo del vino italiano”.
Uiv ha destinato un importante investimento economico in un’azione senza precedenti: una campagna di comunicazione social, in coordinamento con gli importatori delle nostre aziende, verso i consumatori americani e gli operatori della filiera (ristorazione, distribuzione, ecc.), affinché partecipino alla public consultation, facendo sentire la propria voce all’Amministrazione USA.
In collaborazione con gli stessi importatori e la loro associazione di rappresentanza (NABI) UIV sta, inoltre, coordinando un’articolata azione di lobbying verso il Congresso.
“La tutela del business e dei posti di lavoro in America dei soggetti che oggi importano i nostri vini e hanno investito nei nostri brand – conclude Abbona – è uno degli argomenti che potrebbe convincere il governo di Trump a esonerare il nostro settore e il nostro Paese da eventuali misure”.
Un appello a tutte le aziende vitivinicole italiane e a tutti gli operatori del vino italiano negli USA – importatori, distributori, ristoratori e addetti ai lavori – affinché si mobilitino e aderiscano alla consultazione pubblica che deciderà le sorti dei prodotti vitivinicoli italiani.
“Uiv – puntualizza Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv – si sta fortemente mobilitando direttamente con gli importatori americani, supportati anche dall’Ambasciata d’Italia a Washington, che ringraziamo, per un’azione di coordinamento con i soggetti che verrebbero direttamente danneggiati dalle misure del governo americano”.
“Quindi bisogna agire subito. L’imposizione di un dazio al 100%, metterebbe completamente fuori mercato i vini italiani con conseguenze disastrose per le imprese, i viticoltori, i territori”, sottolinea Castelletti.
Gli Stati Uniti sono la prima destinazione, in volume e in valore, delle vendite di vino italiano, circa 1,5 miliardi di euro, corrispondenti a oltre 3,3 milioni di ettolitri. Questi numeri, insieme agli investimenti e agli ambiziosi progetti di promozione che le imprese continuano a moltiplicare, dimostrano come il mercato americano sia vitale e insostituibile nel breve-medio periodo.
“Chiediamo pertanto – aggiunge Castelletti – a corredo di un impegno concreto delle associazioni e delle aziende, un’azione diplomatica forte del Governo, appellandoci alla sensibilità ed al senso di responsabilità del presidente del Consiglio Conte e dei ministri Di Maio e Bellanova”.
“Il settore del vino italiano – conclude Castelletti – non può essere chiamato a pagare il prezzo altissimo di una guerra commerciale che potrebbe compromettere irrimediabilmente l’equilibrio della filiera. Nessuna misura di sostegno al settore potrà compensare le gravissime perdite di quote di mercato che potremmo subire”.
Imbarazzi, invece, all’interno della Fivi – Federazione italiana vignaioli indipendenti, dove l’iniziativa un cospicuo numero di associati – nel concreto, una petizione ancora online su Change.org – senza il placet ufficiale della presidente Matilde Poggi e del Cda, ha sottolineato le divisioni tra le correnti.
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EDITORIALE – Avete presente le candele? Fanno luce. Ma basta un soffio per spegnere la fiamma. La Fivi, oggi più che mai, somiglia un po’ a una candela. Fa luce, una luce bellissima, che illumina il lavoro, la fatica e i territori in cui operano vignaioli veri, innamorati della loro terra.
I vini degli associati Fivi sono proiettati nel futuro: infusi che raccontano la vendemmia, sussurrando già qualcosa di quella dopo. Perché sono “vini pensati” e “pensanti“. Molto più buoni di quelli “solo buoni”. I vini Fivi contengono un seme. La gemma di un pensiero, l’etica che ha mosso e muove i padri fondatori della Federazione.
Non a caso, il Mercato di Piacenza è diventato un evento cult per i winelover che cercano emozioni nel calice, oltre a prodotti sani, sostenibili e rispettosi del vitigno e del terroir. Il pubblico del Mercato, sino all’edizione record del novembre 2019, è cresciuto a livello esponenziale, sino a toccare le 22.500 presenze.
Ma sulla Fivi soffiano venti che potrebbero rendere tutto vano. Sferzate che minacciano una fiamma che non può, non deve spegnersi. Ci ho pensato al termine del Mercato 2019, pensando al commento “a caldo” affidato dalla presidente Matilde Poggi al proprio ufficio stampa.
“Il rapporto speciale tra il pubblico del Mercato e i vignaioli – commentava Poggi – traspare anche sui social, dove il movimento e l’interesse per questa manifestazione è veramente altissimo“. I social, già. La terra di tutti e di nessuno. Dei professori e degli influencer. Degli haters e dei soloni.
Certamente un “luogo” popolato da winelover, che non va tuttavia scambiato da Fivi come sede privilegiata in cui misurare il proprio consenso, ma soprattutto il proprio peso. Almeno fino a quando un like non conterà come un’alzata di mano in sede istituzionale.
Che la fiamma della Fivi, dunque, continui a risplendere di battaglie sindacali e di sindacato – lo ricorda oggi Walter Massa su WineMag.it – come quelle sulla rappresentatività dei vignaioli all’interno dei Consorzi del vino, o quelle sull’eccessiva burocrazia che attanaglia le piccole e medie aziende vitivinicole.
Sui dazi Usa, la fiamma Fivi, ha perso un’occasione di risplendere. Come e più di ieri. Come e più di prima. Mostrandosi, peraltro, quanto mai frammentata e divisa in correnti che attendono l’ok (del “capo”) non per alzare la mano o prendere una decisione, ma anche solo per “pensare”.
Tutto ciò non è etico. Non è Fivi. Non è “fiamma”. Qualcuno tenga accesa la luce. Perché l’Italia ha bisogno di Fivi e Fivi ha bisogno dell’Italia che “beve” e che “pensa”, per iniziare a pesare davvero. Dentro e fuori dagli smartphone. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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“Fivi faccia più sindacato, non solo il Mercato di Piacenza“. Con queste parole il vignaiolo Walter Massa commenta la decisione di non firmare la petizione lanciata da 140 produttori contro i dazi sul vino italiano prospettati da Trump, negli Usa. Tra i primi firmatari, alcuni nomi di spicco della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), tutti molto attivi sui social: Marilena Barbera, Gianluca Morino e Michele Antonio Fino.
In ballo c’è il Made in Italy enologico negli Usa, che vale 1,7 miliardi di euro sui 4 complessivi dell’Ue. L’Italia, di fatto, è il secondo Paese esportatore di vino negli Stati Uniti, dopo la Francia. Ma nel documento, che sarà inviato alle istituzioni italiane ed europee, non viene mai nominata Fivi.
Dal canto suo, la presidente Matilde Poggi ha scritto al neo commissario all’Agricoltura e allo Sviluppo rurale Janusz Wojciechowski, sollecitando “un’azione politica condivisa da tutti i paesi europei”. “Ad oggi il Commissario non ci ha ancora risposto – ha fatto sapere Poggi agli associati – vi terremo aggiornati con la riapertura dei lavori a Bruxelles, dopo le festività”.
La presidente ha quindi invitato gli iscritti Fivi a firmare la petizione: “Un’azione politica – così la descrive Poggi (nella foto, sotto) – per difendere il nostro settore da queste scellerate minacce del governo americano. Il sostegno di ognuno di noi è importante”. Una sorta di “appoggio esterno” che non convince Walter Massa.
“Non ho firmato la petizione – spiega in esclusiva a WineMag.it il vignaiolo piemontese – per un discorso di coerenza. Sono ancora socio Fivi e, per questo, pretendo che Fivi inizi a lavorare e a pensare seriamente come Associazione”.
Questo conferma la sofferta decisione di candidarmi senza appoggi alle ultime elezioni con i risultati elettorali conseguenti e inizia a chiarire la mia posizione, che alcuni definirono ambigua”.
“In Fivi – continua Massa – trovo oggi un vuoto culturale, ideologico e propositivo che le impedisce di dire la sua. L’associazione è nata con delle idee, è sana, ha una presidente che stimo, ma è gestita da un direttivo privato di figure determinanti e che comprende alcuni membri culturalmente troppo fragili e lontani dal mondo dell’Agricoltura veracemente artigianale”.
Parole che pesano come macigni. “Fivi – prosegue Walter Massa – è nata per rappresentare i vignaioli italiani e portare avanti le loro istanze nei tavoli istituzionali, che siano europei, nazionali, regionali. Per questo credo che non si debba pensare solo al Mercato, ma di più al sindacato“.
Non tanto per fare paura a Trump o al suo successore – precisa – ma perché da intendersi come ‘sindacat‘, una parola che unisce chi ha un intento etico come quello voluto da me, Charrère, Pieropan, Pantaleoni, Bucci, Petrilli e altri, quando abbiamo fondato la Fivi, nel 2008″.
“La Fivi – sottolinea ancora il vignaiolo artefice del miracolo Timorasso – deve entrare nell’immaginario collettivo e far sì che chiunque si candidi ad elezioni politiche in Italia tenga in considerazione il ruolo della Federazione. Il Mercato Fivi di Piacenza è fondamentale e importantissimo, ma inizia e finisce nella testa dei winelover e degli addetti ai lavori”.
Nonostante ciò, Massa si dice fiducioso: “Confido in una presa di posizione ufficiale della Fivi, utile a far comprendere che l’agricoltura non può essere ostacolata dai dazi, né alimentata da contributi pubblici”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
PIACENZA – Grazie a un giorno in più di kermesse – tre al posto dei consueti due – il Mercato dei Vini dei Vignaioli Fivi 2019(qui i migliori assaggi), conclusosi alle 16 odierne a Piacenza Expo, segna un nuovo record di ingressi: 22.500 persone. Nel 2018 erano state 18.500, mentre nel 2017 15 mila.
Ad affollare gli stand, sabato 23 e domenica 24 novembre, un numero crescente di appassionati. Quest’oggi, lunedì 25 novembre, la giornata riservata solo agli operatori del settore, tra ristoratori, enotecari e stampa.
Un successo, quello del Mercato Fivi, testimoniato anche dal sold out delle postazioni a disposizione a Piacenza per l’edizione 2019, giunto ad appena 10 oredall’apertura delle iscrizioni, nel mese di luglio.
“Ognuno nel mondo lascia la sua impronta, ma è insieme che dobbiamo portare in alto il vino italiano nel mondo”, è il messaggio che Lorenzo Accomasso, premiato Vignaiolo dell’anno 2019 al Mercato di Piacenza, lancia ai suoi colleghi.
“L’impronta che il Vignaiolo lascia è il proprio vino un segno che ricorda l’amore per le vigne e il territorio circostante. Un’impronta che vuole emergere dalla massa per affermare l’unicità di chi produce vino artigianalmente, seguendo l’intera filiera, dalla vigna alla cantina”, spiega Accomasso.
Nei tre giorni di Mercato, i 626 vignaioli hanno accolto un pubblico in costante crescita, composto da molti appassionati che tornano a ogni edizione a trovare i vignaioli già conosciuti e a scoprirne di nuovi, e da addetti ai lavori che hanno particolarmente apprezzato l’apertura del lunedì.
“È bello constatare ogni anno di più che il pubblico del Mercato è composto di affezionati che tornano a trovarci regolarmente – sottolinea Matilde Poggi, presidente Fivi – che ci segue e aspetta con ansia questo momento per rivedere produttori conosciuti e scoprirne di nuovi. Questo rapporto speciale traspare anche sui social, dove il movimento e l’interesse per questa manifestazione nel periodo precedente, è veramente altissimo”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Mercato Fivi Piacenza 2019 nuova beffa del vignaiolo naturale all organizzazione
A due settimane dal 9° Mercato dei Vini dei Vignaioli Fivi, in programma a Piacenza Expo dal 23 al 26 novembre2019, si prospetta una nuova beffa all’organizzazione da parte della cantina toscana Palazzo di Piero e Cavaglioni (SI). Il cartello dell’azienda agricola riporterà la dicitura “Vini naturali di Toscana“, al posto della ragione sociale.
Un chiaro tentativo di distinguersi tra i banchi d’assaggio, come già accaduto nel 2018. Catturando l’attenzione di un certo tipo di pubblico verso il proprio stand, ma contravvenendo alle regole della Federazione.
I produttori avevano tempo fino al 7 novembre per comunicare il nome della cantina, la provincia e la regione che comparirà sul cartello e sulla guida dell’evento, compilando un apposito modulo in formato Excel.
L’organizzazione ha così potuto assegnare ad ogni vignaiolo il numero del tavolo e il colore di appartenenza, dando vita alla mappa ufficiale del Mercato Fivi 2019. Uno strumento utilissimo ai visitatori.
La società agricola toscana, al posto della ragione sociale, ha tuttavia indicato il nome del dominio del proprio sito web, ovvero “Vini naturali di Toscana” punto com. Il portale presenta infatti le etichette delle cantine Fattoria di Cavaglioni di Sovicille e Palazzo di Piero di Sarteano (SI).
Il cartello presente lo scorso anno al Mercato Fivi
“Vini Naturali di Toscana – si apprende online – è il sito web dedicato ai vini prodotti nelle fattorie della nostra famiglia, Galeotti Ottieri della Ciaja e Galliin giro per la Toscana, dove coltiviamo vari prodotti biologici e seguiamo una precisa idea di viticoltura biologica e vinificazione naturale”.
Secondo un controllo effettuato da WineMag.it sul portale dell’Agenzia delle Entrate, la Partita Iva indicata sul sito web è legata alla ragione sociale “Fattoria di Cavaglioni Società Agricola“. “Vini naturali di Toscana” non è dunque una scritta valida ai fini delle richieste di Fivi ai vignaioli, pur non essendo stata rettificata. Ma c’è di più.
Lo scorso anno, come si evince dall’elenco dei vignaioli presenti al Mercato 2018 pubblicato da Fivi, l’azienda senese si era registrata all’evento col nome “Palazzo di Piero”, esibendo sul cartello la scritta “Vini naturali di Toscana” al posto del Comune in cui ha sede la cantina. Un unicum dell’intero evento, tollerato dall’organizzazione.
Per l’edizione 2019, la società agricola toscana ha osato ancora di più. Sulla guida e sulla mappa del Mercato in programma tra due settimane non c’è traccia di “Palazzo di Piero”, ma della sola “Vini naturali di Toscana“. L’effetto sulla cartellonistica sarà ancora più evidente: la scritta apparirà ancora più in grande, come ragione sociale.
VIETATE LE VECCHIE ANNATE SENZA LOGO
È attesa nelle prossime ore una presa di posizione ufficiale di Matilde Poggi (nella foto), presidente della Federazione italiana Vignaioli indipendenti, in merito alla vicenda. Un’edizione, quella del 2019, che vedrà tra l’altro regole ancora più restrittive per i produttori aderenti al Mercato di Piacenza.
Sempre secondo fonti ufficiali di WineMag.it, l’organizzazione ha infatti vietato di portare al banco d’assaggio bottiglie prive del logo della Federazione. Pena l’immediato allontanamento dalla manifestazione.
Una decisione che penalizza le piccole realtà emergenti desiderose di far degustare in verticale i propri vini, partendo da annate precedenti all’iscrizione all’associazione, in cui il marchio non appariva ancora in etichetta.
Viene inoltre creata un’oggettiva disparità tra le cantine più piccole e le aziende più strutturate ed economicamente più solide, in grado di ristampare le etichette inserendo il logo Fivi sulle vecchie annate dei vini.
Una scelta che pare infine contraddire i cardini del “Dossier Burocrazia“, sottoscritto dalla Federazione e presentato al Ministero dell’Agricoltura al fine di “snellire la burocrazia ogni giorno più pressante sulle piccole e medie aziende vitivinicole, per far fronte ai tanti adempimenti previsti dalla legge”.
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Fivi iscrizione al Mercato di Piacenza sold out in 10 ore. Cosa suggerisce il boom
EDITORIALE – L’Italia ha sete di vini di qualità, prodotti da vignaioli che controllano interamente la filiera produttiva, venduti al giusto prezzo. Meglio ancora senza intermediari, dopo l’assaggio e quattro parole allo stand. E’ quanto sta insegnando senza troppi fronzoli la Fivi – Federazione italiana vignaioli indipendenti, al mondo produttivo del vino italiano e agli organizzatori di eventi a tema enologico.
Le iscrizioni online alla nona edizione del Mercato dei Vini di Piacenza hanno registrato il sold out a meno di 24 ore dall’apertura, avvenuta il 15 luglio alle ore 13. Giochi fatti, dunque, nonostante ci fosse tempo fino al 22 luglio. “#MercatoDeiVini , 622 iscritti in circa 10 ore”, annuncia il referente Fivi Luca Ferraro, sul proprio profilo Facebook.
“La cosa che adoro di questi 1300 vignaioli – continua Ferraro – è che nonostante la possibile esclusione, sono felici per la #FIVI. Lo spirito giusto per far crescere un magnifico gruppo. Poche lamentele e avanti a testa alta”. Qualche borbottio, di fatto, c’è stato.
Se da un lato c’è chi gioisce, più della metà dei vignaioli Fivi non avrà infatti la possibilità di esporre al Mercato dei vini 2019, per via della capienza massima raggiunta dai padiglioni di Expo Piacenza.
È così che il Mercato si trasforma in vera e propria croce e delizia per la Fivi. Da un lato è la ragione principale del successo della Federazione in Italia, sia sul fronte delle iscrizioni dei produttori (appena 200 quelli che hanno aderito alla prima edizione) sia sul fronte dei consumatori. Dall’altro, è ormai evidente che la location sia stretta.
RECORD SU RECORD
Il record di visitatori del 2017 (15 mila accessi) è stato polverizzato lo scorso anno: 18.500 persone in due giorni. Non a caso, quest’anno saranno tre le datea disposizione degli avventori e dei professionisti (sabato 23, domenica 24 e lunedì 25 novembre 2019). Che fare, in futuro? Restare a Piacenza o pensare a qualche altra ambientazione?
Secondo voci di corridoio ben accreditate, la discussione è apertissima tra i vignaioli Fivi, tanto da essere diventata argomento nelle riunioni tra i candidati alle elezioni per il nuovo Cda, che hanno portato nei giorni scorsi alla riconferma della presidente Matilde Poggi.
Una proposta sensata (e sensibile) arriva dal “Viticoltore di Montagna” Enrico Togni, vignaiolo Fivi della Val Camonica. “Ho sempre partecipato – evidenzia il vigneron bresciano sui social – fin dalla prima edizione. La penultima edizione ho spontaneamente rinunciato ad esporre e sono venuto da visitatore”.
“Se si prevedesse che ogni anno un terzo dei produttori si fermasse un anno – spiega Togni – ovvero dopo tre edizioni consecutive ti fermi una, tutti avrebbero spazio. In 4 anni esporrebbero tutti, si otterrebbe di avere sempre una parte di espositori nuovi ed una di storici. Poi partecipare da visitatore è bellissimo”.
Del resto, non è garantito un posto neppure ai primi 600 vignaioli che hanno ricevuto la conferma di iscrizione al Mercato 2019. “Gli organizzatori – si può leggere sul regolamento del Mercato Fivi – decideranno in assoluta autonomia di accettare o meno la domanda di ammissione con il solo obbligo di precisare i motivi della mancata accettazione per le domande tempestivamente pervenute”.
GIUSTO INSISTERE CON PIACENZA?
Eppure, l’evento è un discreto business per Fivi. Il costo di iscrizione varia dai 370 euro più Iva per le aziende oltre i 3 ettari ai 280 euro più Iva per le aziende fino ai 3 ettari. A conti fatti, l’introito supera abbondantemente i 200 mila euro. Senza considerare i proventi dei biglietti (15 euro). Vale davvero la pena di “limitarsi”?
Il quartiere fieristico di Piacenza sorge a 500 metri dall’uscita autostradale di Piacenza Sud sulla A1 Milano-Bologna e sulla A21 Torino-Brescia. Un’area complessiva di 30 mila metri quadrati. Di questi, solo 14 mila sono potenzialmente utili al Mercato Fivi, suddivisi in tre padiglioni da 10 mila, 3 mila e mille metri quadrati.
L’area esterna da 8 mila metri quadrati non è da prendere in considerazione, per via del periodo invernale in cui si svolge la manifestazione. Non va meglio coi parcheggi, che possono ospitare 400 autovetture degli espositori e 2.400 dei visitatori.
La soluzione potrebbe essere allora alle porte di Piacenza. Si chiama Fiera Milano: 345 mila metri quadrati coperti, senza contare – ancora una volta – i 60 mila metri quadrati all’aperto che, da soli, doppiano la superficie complessiva di Piacenza.
Collocato nell’hinterland del capoluogo lombardo, a Rho, l’hub è servito dalla metropolitana e dalla ferrovia e dotato di oltre 10 mila parcheggi per i visitatori e 5 mila parcheggi per gli espositori. Ben cinque gli accessi per le merci.
Fiera Milano si estende su 20 grandi padiglioni posti ai due lati di un asse pedonale lungo oltre 1 chilometro. Tutti i padiglioni sono accessibili dagli automezzi, per agevolare allestimenti e disallestimenti, a livello terra (salvo 8, 10, 16 e 18, al primo piano). In corrispondenza dell’ingresso di Porta Sud sorge un moderno hotel con 400 stanze. Più spazio. Più Fivi. Per tutti. Ai vignaioli l’ardua sentenza. Cin, cin.
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PIACENZA – Sono state confermate le anticipazioni di WineMag.it sugli exit poll Fivi. L’assemblea generale dei soci della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, ha rinnovato ieri a Piacenza le cariche elettive per i prossimi tre anni. Rieletta alla Presidenza Matilde Poggi, vignaiola in Veneto.
Rimane invariato il numero dei consiglieri. Nove i riconfermati, segno che il lavoro svolto dal Consiglio nel triennio appena concluso è stato apprezzato e condiviso dalla maggioranza dei soci.
Oltre a Poggi mantengono la carica Rita Babini, vignaiola in Romagna; Lorenzo Cesconi, vignaiolo in Trentino; Luca Ferraro, vignaiolo in Veneto; Bruna Flaibani, vignaiola in Friuli; Armin Kobler, Vignaiolo in Alto Adige; Luigi Maffini, vignaiolo in Campania; Gaetano Morella, vignaiolo in Puglia e Saverio Petrilli, vignaiolo in Toscana.
Entrano nella squadra sei nuovi consiglieri: Vittorio Adriano, vignaiolo in Piemonte; Paolo Beretta, vignaiolo nelle Marche; Federica Nardello, vignaiola in Veneto; Diletta Nember, vignaiola in Lombardia; Ermes Pavese, vignaiolo in Valle d’Aosta e Stefano Pizzamiglio, vignaiolo in Emilia.
“Ringrazio tutti i candidati che si sono messi a disposizione per questa tornata elettorale e invito tutti a partecipare in modo propositivo alla vita dell’associazione – dichiara Matilde Poggi – Un grazie particolare va ai consiglieri uscenti per il lavoro svolto in questi anni: Gianmario Cerutti, Costantino Charrère, Ettore Ciancico, Luigi De Sanctis, Walter Massa e Marco Vercesi. Il nuovo Consiglio ci garantisce di poter operare in continuità con l’apporto di energie e prospettive rinnovate nell’interesse e a servizio di ogni socio della Federazione”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Exit poll elezioni Fivi trionfo della cordata uscente
PIACENZA – Emergono dall’Emilia Romagna i primi exit poll delle elezioni Fivi – Federazione vignaioli italiana vignaioli indipendenti, chiamati in questo 2019 a rinnovare il Consiglio Direttivo.
Le elezioni sono avvenute nel corso dell’Assemblea Generale Ordinaria di quest’oggi, mercoledì 3 luglio, al Palazzo Gotico di Piacenza. Oltre il 50 per cento delle schede scrutinate al momento.
Secondo indiscrezioni sarebbe netta la supremazia dei “Fenogliani”. Verso la riconferma, dunque, la cordata uscente, capitanata da Matilde Poggi con l’appoggio di Luigi Fenoglio e Francesco Saverio Petrilli.
Sconfitta per la corrente guidata dal vignaiolo Walter Massa, che secondo indiscrezioni avrebbe rifiutato di schierarsi con il Cda uscente. Male anche i toscani guidati da Ettorre Ciancico. Di seguito tutti i candidati.
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La Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), nella persona della presidente Matilde Poggi, torna a scrivere al Ministro Gian Marco Centinaio per chiedere che l’amministrazione che raccoglie i dati attraverso il registro telematico condivida le informazioni in suo possesso con gli altri soggetti titolati ad accedervi, così che non debbano essere richieste nuovamente agli imprenditori vitivinicoli.
“Chiediamo che il Ministro – dichiara la presidente Poggi – disponga gli atti necessari affinché i Vignaioli non siano più costretti a inviare più di una volta gli stessi dati a diversi interlocutori, così come previsto dalla bozza del Decreto Registri in nostro possesso. E che questa divenga prassi obbligatoria e omogenea in tutte le regioni. I dati caricati sul Sian devono essere a disposizione di tutte le amministrazioni e di tutti gli enti certificatori”.
I Vignaioli chiedono inoltre che il Ministero vigili perché gli enti certificatori non esigano più la compilazione delle dichiarazioni cartacee oltre a quelle telematiche per la trasmissione dei dati vitivinicoli, trattandosi di fatto di un inutile duplicato.
Sono state diverse infatti le segnalazioni da parte di soci Fivi di amministrazioni ed enti certificatori che richiedono di effettuare ancora in modo cartaceo la dichiarazione di produzione e che quindi di fatto impongono ai Vignaioli un doppio e inutile lavoro. Da ormai un biennio è operativo il sistema telematico dei registri connessi all’attività vitivinicola.
Non è stato un processo di innovazione facile, in un settore frammentato e fortemente tradizionalista che ha opposto resistenza, ma che alla fine si è convertito efficacemente all’innovazione. Oggi tutto il settore vitivinicolo italiano opera fondando la propria attività sulla trasparenza che la registrazione telematica, basata sul SIAN, consente.
FIVI è convinta che “questa richiesta di una duplice compilazione che impone carichi burocratici incomprensibili e costosi per tutte le aziende, non solo per quelle medie piccole che compongono l’associazione, possa minare il rapporto tra Stato e Aziende“. I Vignaioli speravano in una semplificazione e si scontrano invece con un sistema che complica ancora il loro lavoro.
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VERONA – “Vinitaly è una fantastica celebrazione della qualità e della biodiversità del patrimonio culturale e vitivinicolo, che si rispecchia nel fatto che l’Italia ha più di 600 indicazioni geografiche, il numero più alto in Europa. Compito dell’Unione europea è tutelarle”.
Così il commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, ha riconosciuto il valore di Vinitaly come strumento di divulgazione e promozione del vino italiano, intervenendo questa mattina alla cerimonia inaugurale della 53ª edizione di Vinitaly, dopo il focus di Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, sui numeri e le tendenze del mercato italiano e il talk show «Futuro del vino, il Vinitaly del futuro», moderato da Bruno Vespa, con la partecipazione di Giovanni Mantovani direttore generale di Veronafiere, Carlo Ferro presidente di ICE, Angelo Gaja patron della omonima cantina, Matilde Poggi dell’azienda agricola Le Fraghe e Riccardo Cotarella, produttore di vino e presidente mondiale degli enologi.
“L’Unione europea esporta oltre 20 miliardi di euro di vino, dei quali oltre 6 miliardi vengono dall’Italia – ha proseguito Hogan -. Sono convinto che i viticoltori avranno ancora più successo nei prossimi anni. Come Unione europea stiamo lavorando per costruire rapporti commerciali in tutto il mondo e la diplomazia economica sta dando grandi risultati, dall’Asia ai nuovi mercati emergenti come l’Australia”.
IL POTERE DEL VINITALY “Anche quest’anno Vinitaly si apre al mondo del business, con una rassegna forte di oltre 100mila metri quadrati netti, 4.600 espositori, con buyer esteri rappresentati provenienti da 143 paesi –ha commentato il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese-. Dalla trasformazione in Società per azioni di Veronafiere, abbiamo accelerato sempre di più per fare di Vinitaly il centro di una struttura aggregativa di promozione che parli ai buyer esteri come voce unitaria dell’eccellenza vitivinicola italiana. Siamo un attore privato, ma mettiamo a disposizione le nostre risorse e il nostro know-how per operazioni di sistema e lo facciamo perché siamo convinti che questa sia la strada giusta per mantenere ed incrementare gli straordinari risultati ottenuti dal vigneto Italia in questi ultimi venti anni”.
Risultati che sono frutto, per la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, “di una forte capacità di sinergia della manifestazione con le istituzioni nazionali e locali, con una virtuosa e intelligente diversificazione per gli operatori professionali e gli appassionati in una città e una elevata capacità di conquistare nuovi mercati e contemporaneamente il cuore dei visitatori”.
Un’attività che, ha ribadito, “non si esaurisce con la fine della manifestazione fieristica, ma che continua durante tutto l’anno in cinque continenti”.
La forza di Vinitaly si declina anche come motore propulsivo per l’economia e lo sviluppo della città. Lo ha ricordato il sindaco di Verona, Federico Sboarina, che annuncia un grande piano di “rigenerazione di tutta l’area circostante alla fiera, dove stiamo recuperando un milione di metri quadrati, con investimenti per rendere la città sempre più attraente e internazionale sia per il turismo che per il business”.
VINO E INFRASTRUTTURE: L’ATTENZIONE DEL GOVERNO Sulle infrastrutture è intervenuto il ministro degli Interni Matteo Salvini, che ha annunciato lo sblocco della Tav sull’asse Brescia-Verona-Vicenza-Padova. “Il vino, come le persone, ha bisogno di spostarsi e se non si muove l’alta velocità, noi il vino lo teniamo in cantina”, afferma Salvini, ribadendo l’attenzione del Governo verso le piccole e medie imprese, che rappresentano il 94% del tessuto economico e imprenditoriale italiano, e promettendo misure specifiche a sostegno.
Dello stesso parere anche il presidente della Provincia di Verona, Manuel Scalzotto, riconoscendo che “il vino è parte integrante dell’economia e del territorio veronese”.
Un’altra missione annunciata dal Governo riguarda lo snellimento della burocrazia, come assicurato dal ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. “L’obiettivo che abbiamo come ministero è quello di promuovere il brand Vinitaly, che è fra i più conosciuti al mondo e che ci permette di comunicare il valore dei nostri territori del vino, che esprimono 523 diverse identità enologiche tra Dop e Igp”.
Sul fronte europeo, il ministro in merito alla Politica agricola comune si è dichiarato soddisfatto per aver mantenuto i finanziamenti legati all’Organizzazione comune di mercato (Ocm) vino, aspetto che alla vigilia non era così scontato e che assegna all’Italia le maggiori risorse finanziarie.
Dal palco della 53ª edizione di Vinitaly, il ministro Centinaio ha rassicurato i produttori sulle prossime disposizioni normative a vantaggio del mondo vitivinicolo: “Stiamo lavorando alla stesura di un decreto che tuteli i vigneti eroici e storici e sul riconoscimento delle zone del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene come patrimonio dell’Unesco”.
Un messaggio di risposta al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che aveva appunto sollevato il tema. “La forza della manifestazione – ha detto Zaia – arriva anche dal territorio. Il Veneto che partecipa al Vinitaly dei record è un record a sé. Siamo i primi produttori d’Italia con 16,5 milioni di quintali di uva e 13,5 milioni di ettolitri, con un 1,6 miliardi di export e 53 denominazioni presenti. Il futuro del vino è l’eco-sostenibilità, certificazione ambientale del prodotto, del vigneto e dell’intero processo di produzione”.
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