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Cantina Ripa della Volta: (green) message in a bottle, in Valpantena

Ripa della Volta sostenibilità in Valpantena valpolicella
Cantina Ripa della Volta ha presentato i propri vini e il proprio progetto legato alla sostenibilità con una degustazione presso la propria sede di Verona, lo scorso 15 ottobre. Un’occasione propizia anche per approfondire l’espressione della Valpantena, sottozona della Valpolicella sempre più in auge.
Nata nel 2015 dalla volontà del giovane imprenditore Andrea Pernigo, Ripa della Volta punta a unire territorio, vino e cultura. L’idea è quella di una “Creative Organic Farm“: un’azienda agricola guidata dal rispetto per la terra. Un rispetto che si concretizza in una coltivazione biologica mirata a preservare il suolo e ad arricchirlo nel tempo.

RIPA DELLA VOLTA E IL SUO APPROCCIO SCIENTIFICO E SOSTENIBILE

Nei 25 ettari di proprietà, di cui 15 vitati, non si coltivano solo i vigneti ma anche ulivi ed erbe aromatiche. Un ecosistema agricolo in cui, grazie al riutilizzo degli scarti delle singole produzioni, si contribuisce al circolo virtuoso della sostenibilità. Le circa 50 mila bottiglie prodotte diventano così espressione di una filosofia artigianale, rispettosa della terra e volta alla sostenibilità. Le fasi della produzione sono seguite direttamente dalla cantina, a partire proprio dalla cura dei vigneti, gestiti non solo in “bio” ma soprattutto attraverso un approccio scientifico. Ripa della Volta letteralmente “misura” i propri vigneti attraverso l’Indice Bigot. Un metodo brevettato, che consente di valutare il potenziale qualitativo di ogni singolo vigneto.

L’Indice Bigot misura 9 parametri di ogni appezzamento (produzione, superficie fogliare esposta, rapporto fra metri quadri di foglie e uva per ceppo, sanità delle uve, tipo di grappolo, stato idrico della pianta, vigore vegetativo, biodiversità, età del vigneto) che prendono in considerazione il vigneto nel suo insieme, come un organismo vivente. Oltre 10 mila dati all’anno, che permettono di ottimizzare la produzione e la gestione delle uve.

LA VALPANTENA DI RIPA DELLA VOLTA

Ripa della Volta si candida così a un ruolo primario tra le cantine che intendono valorizzare la Valpantena. Situata nel cuore della Valpolicella, la Valpantena è una valle che nasce a ridosso della città di Verona e che conduce ai Monti Lessini. I suoi suoli marnosi e calcarei sono ricchi di elementi che conferiscono ai vini una spiccata mineralità e complessità. La disposizione nord-sud della valle e la presenza dei Monti Lessini favorisce inoltre la ventilazione, a beneficio della sanità delle uve. Le quote mediamente più alte rispetto al resto della Valpolicella, inoltre, garantiscono un clima più fresco ed una buona escursione termica fra il giorno e la notte.

I VINI DI RIPA DELLA VOLTA

«Svincolarsi dallo stereotipo dell’Amarone come “vino di metodo”» e «realizzare vini che siano identitari e rappresentativi del territorio». È con questa idea che nascono i vini di Ripa della Volta. Una scelta che si traduce anche nei vitigni utilizzati: accanto ai classici Corvina, Corvinone, Rondinella e Oseleta troviamo così anche Spigamonte e Turchetta (vitigno, quest’ultimo, che sta trovando spazio anche nella zona di Rovigo). Vitigni ormai pressoché dimenticati.

VALPOLICELLA SUPERIORE DOC 2022

Un vino fresco, asciutto, snello. Già dal colore rubino brillante tradisce la sua agilità. Al naso apre floreale su note di violetta, rosa e lavanda. Seguono sentori di frutto rosso, ciliegia matura e melograno arricchite da una piacevole nota pepata. Al palato è scorrevole, con una freschezza scalpitante. Verticale e sapido con tannini setosi.

VALPOLICELLA RIPASSO DOC 2021

Due anni di affinamento in botti grandi per il Valpolicella Ripasso Doc 2021 di Ripa della Volta. Quel tanto da arrotondare il vino, quel poco da non marcare troppo coi sentori terziari e perdere l’identità territoriale. Al naso affianca ad un frutto rosso giovane, delicato e goloso un frutto più scuro come mora e prugne essiccate. Leggera nota tostata e speziata. Il tannino è più vivo e presente che nel Superiore ma non per questo invasivo o troppo “asciugante”. La viva freschezza resta come marchio distintivo della Cantina.

AMARONE DELLA VALPOLICAELLA 2019

Tre anni in botte grande, come da disciplinare. Tempo sufficiente alla polimerizzazione dei tannini senza spingere sui sentori. Ne risulta un Amarone fresco e dalla grande bevibilità nonostante i 15% vol. Al naso non sono in sentori legnosi, vanigliati e di tostatura, a dominare. Ciò che guida il quadro olfattivo sono le note di frutta matura, di rosa, di ciliegie sotto spirito, note agrumate ed un tocco balsamico-mentolato. In bocca è ricco, con l’alcool molto ben integrato ed un’acidità vibrante. Beva asciutta, contemporanea, verticale e con tannini vellutati.

AMARONE DELLA VALPOLICELLA RISERVA 2016 (ANTEPRIMA)

Attualmente non in commercio e prodotto in sole mille bottiglie, l’Amarone della Valpolicella Riserva 2016 di Ripa della Volta affina per circa 3 anni e mazzo in botti piccole. Naso ricco che spazia dalla rosa canina alla frutta sotto spirito ed al ribes nero, dal cioccolato fondente al pepe al chiodo di garofano fino a note tostate. Bevuta importante, quasi in controtendenza rispetto agli alti vini di Ripa della Volta. Corpo pieno e tannini risolti che avvolgono il palato. Resta il marchi di fabbrica della cantina: la viva acidità che sembra quasi voler tagliare a metà il corpo. Finale lungo.

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Rod Smith MW nuovo presidente dell’Istituto Masters of Wine

Rod Smith MW è il nuovo presidente dell’Istituto dei Master of Wine, l’Institute of Masters of Wine di Londra. Si tratta del 57º presidente dell’IMW e ne guiderà il Consiglio, composto da 13 Master of Wine internazionali, responsabili della governance e dell’orientamento strategico dell’istituto del Regno Unito. Attualmente ci sono 421 MW attivi, in 30 Paesi del mondo. Roderick “Rod” Smith ha ottenuto il titolo di MW nel 2006 ed è un educatore entusiasta e impegnato, oltre che un esperto di marketing, giudice e relatore di conferenze sul vino. Attualmente risiede nel sud della Francia, dove ha fondato la Riviera Wine Academy.

Commentando la sua nomina a presidente dell’IMW, Rod ha dichiarato: «Sono immensamente orgoglioso e onorato di avere l’opportunità proseguire il duro lavoro di Cathy van Zyl MW, la mia predecessora, nell’implementazione della Strategia 2030 dell’IMW, su cui lavoriamo da due anni. In un mercato del vino in evoluzione e in un contesto di incertezze globali, i nostri obiettivi saranno promuovere il coinvolgimento con il mondo del vino in senso ampio e rafforzare la famiglia più vasta dei MW».

ROD SMITH: CHI È IL NUOVO PRESIDENTE DEI MASTER OF WINE

La carriera di Roderick “Rod” Smith è iniziata presso Oddbins a Londra, prima di trasferirsi a Seagram come brand manager per diversi vini, per poi fondare una sua società di consulenza dedicata all’educazione e al marketing del vino. Nel 2005 è entrato a far parte di Mentzendorff, un importatore di vini pregiati, in gran parte di proprietà di Champagne Bollinger, come responsabile dei vini francesi. Durante questo periodo ha completato la sua dissertazione per il titolo di Master of Wine, trattando il tema “Chenin Blanc in Anjou-Saumur“. Ha ottenuto il titolo di MW nel 2006.

Il nuovo presidente dei Master of Wine Rod Smith si è trasferito nel sud della Francia nel 2007 per guidare il team enologico di Vins Sans Frontières, il principale fornitore di vino per l’industria dei superyacht. L’idea per la Riviera Wine Academy è nata quando ha iniziato a organizzare degustazioni, eventi e cene per alcuni dei clienti più prestigiosi e esigenti al mondo. Rod continua a vivere e lavorare con piacere nella Costa Azzurra.

CATHY VAN ZYL MW: «ROD SMITH FARÀ CRESCERE L’ISTITUTO E LA SUA INFLEUNZA»

Rod ha anche una vasta esperienza come giudice in competizioni vinicole. Attualmente è presidente di panel per i Decanter World Wine Awards e ha ricoperto lo stesso ruolo per l’International Wine Challenge. Ha giudicato competizioni come il Moscow Russian Wine Fair, il Balkans International Wine Challenge, lo Shanghai International Wine Challenge, Texsom (Dallas), Shanghai Wine100, i Guangzhou Golden Bottle Awards ed è stato giudice internazionale ospite al prestigioso Sydney Royal Show. Rod succede a Cathy van Zyl MW, il cui mandato biennale è terminato ufficialmente durante l’assemblea generale dell’IMW il 24 settembre.

La presidente uscente Cathy van Zyl MW ha ringraziato i sostenitori dell’IMW, i membri del consiglio, il team dell’ufficio esecutivo guidato dall’«instancabile direttore esecutivo dell’IMW, Julian Gore-Booth», e i suoi colleghi MW per tutto il lavoro svolto durante il suo mandato biennale. «Gli ultimi 24 mesi sono stati eccezionalmente intensi per tutti noi su molti fronti e, sebbene abbiamo affrontato e superato diverse sfide, abbiamo ottenuto molti successi. Sono fiduciosa che il nuovo presidente dell’Istituto dei Master of Wine Rod Smith MW e il Consiglio dell’IMW siano pronti e capaci di far crescere l’IMW e la sua influenza nel mondo del vino globale. e non vedo l’ora di celebrare i loro successi nei prossimi mesi».

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Viaggio tra i vini qualità prezzo della Borgogna con Gabriele Gorelli MW


È una delle zone vinicole più rinomate a livello internazionale. Tra le più quotate dai collezionisti e tra le più battute dalle case d’asta mondiali. Ma la Borgogna è anche una regione di cui si conosce poco sul fronte del “rapporto qualità prezzo“. Poche, inoltre, le garanzie di continuità della disponibilità delle bottiglie, specie nelle ultime annate. Dell’intera produzione – circa 150-200 milioni di bottiglie annue – solo il 2% è classificata Grand Cru (con 33 Aoc) e il 10% Première Cru (su 570 “Climats”). Ed è proprio il vertice della piramide qualitativa che rende speciale la Borgogna, riflettendosi come un volano sui suoi 29.500 ettari complessivi. La masterclass tenuta ieri all’Excelsior Hotel Gallia di Milano da Gabriele Gorelli MW ha avuto lo scopo di sondare «La Borgogna che non ti aspetti».

La Bourgogne moins connue, per dirla in francese. Un viaggio calice alla mano reso possibile da Les Grands Chais de France, il gruppo fondato e gestito dalla famiglia Helfrich che da tre anni collabora con il primo Master of Wine italiano. Tra le firme borgognotte di GCF Group – colosso che, solo in Francia, controlla 3.471 ettari in 10 regioni – figurano Chartron et Trébuchet, Maison François Martenot e Moillard.

PINOT NOIR E CHARDONNAY: I VINI QUALITÀ PREZZO DELLA BORGOGNA

«Le difficoltà di trovare e acquistare vini della Borgogna “a prezzi umani” – ha sottolineato Gabriele Gorelli MW – è ormai evidente. Se l’impennata dei prezzi verificatasi nel 2022 per via della scarsa quantità della vendemmia 2021 era giustificabile, il ripresentarsi della medesima dinamica l’anno successivo è da derubricare al posizionamento ormai consolidato dei vini della denominazione. Grazie ai cambiamenti climatici stanno però emergendo diverse zone della Borgogna che, altrimenti, sarebbero rimaste all’ombra. I prezzi sono più abbordabili, tra i 15 e i 45 euro circa, e la qualità dei vini offre valide alternative».

Ecco dunque appellazioni come Santenay, LadoixCote de Nuits Villages, Chorey-les-beaunes, Savigny Les Beaunes, ma anche Beaujolais Blanc, Saint-Veran, Rully, Ladoix BlancMontagny. Si tratta, ça va sans dire, di Pinot Noir e Chardonnay che rispondono alle caratteristiche della «Borgogna che non ti aspetti»: quella «a prezzi umani, dall’ottimo rapporto qualità-prezzo e reperibile con continuità». Gabriele Gorelli cita peraltro anche il Gamay come alternativa al Pinot nero. LO fa ricorrendo a due dei dieci Crus del Beaujolais, ovvero Fleurie e Moulin-a-vent, all’incrocio delle coordinate della Borgogna e del Rodano.

Del resto, a confermare le difficoltà di approvvigionamento dei vini provenienti dai Cru e dalle zone della Bourgogne più note è anche l’alta ristorazione milanese. «È vero che i prezzi sono arrivati alle stelle – spiega a winemag.it Marco Spini (nella foto sopra, a destra), head-sommelier di uno dei templi milanesi della cucina cinese, Ba Restaurant di via Raffaello Sanzio 22 – ed è per questo che, personalmente, da anni batto le strade meno conosciute. La richiesta c’è, il prodotto sempre meno. Ben venga, dunque, che ai colleghi venga raccontato che esiste un’altra Borgogna, alternativa al Grand Cru».

«LA BORGOGNA A PREZZI UMANI» DI GORELLI E GCF: DUE VINI DA PROVARE

Tra i quattordici vini proposti in degustazione a una platea affollata da una decina di giornalisti di settore e da numerosi sommelier, ristoratori ed enotecari operanti a Milano, sono due quelli che convincono più di tutti. Si tratta dell’Aop Rully 2020 di Domaine Rolan Sounit e dell’Aop Chorey-les-Beaunes 2020Vieilles Vignes Rouge” di Moillard. Uno Chardonnay e un Pinot Noir, senza ricorso all’alternativa del Gamay proposta da Gorelli (su questo fronte, meglio il Moulin-a-vent Rouge 2022 del Fleurie Rouge 2022 targati Domaine du Chapitre).

  • Aop Rully 2020, Domaine Roland Sounit
    (prezzo in Italia: circa 30 euro)
    Siamo nel cuore della Côte Chalonnaise, a sud della Côte d’Or per uno Chardonnay in purezza da terreni rocciosi-rossastri, ricchi di marna. Raccolta meccanica e vinificazione tradizionale. Le uve vengono pigiate immediatamente all’arrivo in cantina tramite presse pneumatiche. Fermentazione alcolica in botti di rovere e affinamento per 8-10 mesi in botti di rovere, con travasi regolari. Vino che presenta un’ottima stratificazione, sin dal naso. Alle note di frutta tropicale a polpa bianca e gialla si accosta un bel pompelmo rosa, oltre a una netta matrice minerale, calcarea. Al palato svela un utilizzo del legno composto e raffinato, tale da contribuire alla complessità, senza appesantire affatto il sorso. Chiude su burro salato e si allunga deciso, in persistenza, su ricordi di nocciola e cereali. Vino giovane, con ottime prospettive in termini di ulteriore affinamento.

  • Aop Chorey-Les-Beaune 2020 “Vieilles Vignes Rouge”, Moillard
    (prezzo in Italia: circa 30 euro)
    Eccoci in Côte de Beaune per questo Pinot Noir in purezza che prende vita da un suolo calcareo, molto duro e sassoso, con pendenza regolare e dolce. Alla base della collina il terreno diventa di colore bruno, ricoperto di limo. Vinificazione tradizionale in tini di acciaio inox termoregolati per un periodo di 3 settimane. Macerazione prefermentativa a freddo, intorno ad 8°. Rimontaggi frequenti al fine di estrarre colore e struttura e fermentazione con temperatura di punta intorno ai 30°. Seguono macerazione post-fermentativa a 25° e affinamento in barriques di rovere per il 20-30% nuove da 8 a 16 mesi. Malolattica svolta.
     

    Colore piuttosto carico ma luminoso per questo Chorey-Les-Beaune da vigne vecchie. Primo naso su tinte terrose che si accostano a un frutto di piena maturità, a polpa rossa e nera. Ci si aspetta di trovare lo stesso al palato, che invece si rivela teso, sapido, con la frutta che si svolge su profilo finemente tannico. Un Pinot Noir goloso ma tutt’altro che semplice e stringato, capace anzi di sintetizzare morbidezze e durezze in maniera ineccepibile e di farsi trovare prontissimo all’appuntamento con il calice e con l’abbinamento.

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Andrea Lonardi è il secondo Master of Wine italiano


Dopo Gabriele Gorelli, ecco il secondo Master of Wine italiano. È Andrea Lonardi, chief operating officer (COO) di Angelini Wines and Estates (AW&E) e vicepresidente del Consorzio Vini Valpolicella. «La sua – spiega l’Institute of Masters of Wine – è una formazione globale, che spazia dall’Italia, alla Francia, agli Stati Uniti, con diverse posizioni multidisciplinari all’interno dell’industria del vino». Andrea ha iniziato la sua carriera nel marketing e nelle vendite per il più grande gruppo vinicolo italiano (GIV), facendo conoscere i vitigni autoctoni del Sud Italia al mercato statunitense. È stato quindi promosso a direttore della viticoltura, responsabile di oltre 1000 ettari e 13 tenute, dalle Alpi alla Sicilia.

«Grazie alla sua leadership – continua il prestigioso Institute of Masters of Wine – Andrea Lonardi ha dato prova di una notevole propensione all’innovazione, facendo da pioniere in molti progetti: lo sviluppo di indici di stress per le uve autoctone italiane, l’ingegnerizzazione della prima macchina da vendemmia con controllo satellitare e la modellazione di indici di gestione. Nel 2012, l’ingresso nel gruppo Angelini Wines and Estates (AW&E)».

IL RICONOSCIMENTO DELL’INSTITUTE OF MASTER OF WINE AD ANDREA LONARDI

In questo ruolo, Andrea supervisiona l’attività, influenzando il marketing e le vendite e guidando gli incentivi per innovare la produzione e la distribuzione: orchestrando un rilancio dello storico marchio Bertani, ripristinando una forte identità stilistica per l’Amarone e la Valpolicella; contribuendo alla zonazione di Montalcino attraverso la selezione di vigneti distintivi; e collegandosi con i principali distributori internazionali di vini pregiati. Andrea continuerà a coltivare la sua reputazione innovativa attraverso miglioramenti stilistici per le principali denominazioni italiane e la distribuzione di vini pregiati».

Nella giornata di oggi, oltre all’italiano Andrea Lonardi, è stato annunciato l’ottenimento del titolo di Master of Wine di Erin Jolley MW (Stati Uniti), gli ultimi a conseguire il prestigioso riconoscimento da parte dell’Institute of Masters of Wine. Attualmente ci sono 414 MW in tutto il mondo, con sede in 31 Paesi, ognuno dei quali dà il proprio contributo al mondo del vino. Erin e Andrea si uniscono a Wojciech Bońkowski MW e Joshua Granier MW come 4 MW dell’annata 2023, annunciati nel febbraio 2023. Sono ora 502 le persone che hanno superato l’esame da quando si è svolto per la prima volta nel 1953. Questo traguardo viene raggiunto dopo aver dimostrato la comprensione di tutti gli aspetti del vino, superando l’ambito esame di Master of Wine, riconosciuto in tutto il mondo per i suoi elevati standard.

L’ESAME DI MASTER OF WINE

L’esame di MW si compone di tre parti: gli esami teorici e pratici sostenuti alla fine della seconda fase e l’elaborato di ricerca presentato alla fine della terza fase. L’RP è uno studio approfondito su un argomento legato al vino, tratto da qualsiasi area delle scienze, delle arti, delle discipline umanistiche o delle scienze sociali. Solo quando un individuo supera la terza fase RP dell’esame MW diventa Master of Wine, cosa che Erin e Andrea hanno fatto con successo.

Prima che i nuovi membri abbiano il diritto di usare il titolo di Master of Wine o le iniziali MW, devono firmare il codice di condotta dell’IMW. Firmando il codice di condotta, i MW accettano di agire con onestà e integrità e di sfruttare ogni opportunità per condividere la loro conoscenza del vino con gli altri. I principali Paesi in cui si trovano i MW nel mondo sono Australia (27), Canada (10), Francia (18), Germania (10), Nuova Zelanda (15), Regno Unito (205) e Stati Uniti (59).

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«Avellinese ed Etna prossime frontiere dei fine wines»: parola di Gabriele Gorelli MW

Crisi energetica, inflazione e una situazione internazionale delicata non scalfiscono il mercato dei fine wines. Che, anzi, continua a crescere a livello globale interessando anche l’Italia, dove il numero di investitori è in costante aumento. Non solo. Una delle aziende leader nel settore degli investimenti in fine wines ha già individuato le prossime frontiere: Avellinese ed Etna. «Zone – come spiega il Master of wine Gabriele Gorelli – dalle quali ci si può aspettare una grande crescita nei prossimi anni».

Sono tre i fattori che conferiscono valore ai vini di pregio: altissima qualità, rarità ed elevata domanda. Caratteristiche che continuano a proteggere dalle perturbazioni dei mercati tradizionali quel meno dell’1% della produzione mondiale definibile “fine wine”. Rendendola, a tutti gli effetti, un “bene rifugio”. Come l’oro o l’arte.

MERCATO DEI FINE WINES IN ASCESA

Nel trimestre appena trascorso, a ottenere i migliori risultati sono infatti stati gli indici Liv-ex Champagne 50 (+8,7%) e Italia 100 (+3,7%). L’indice italiano, che raccoglie 5 Super Tuscan e 5 produttori piemontesi, è in crescita continua: +15,4% nell’ultimo anno, +29% nel corso degli ultimi 2 anni e addirittura +48% nel quinquennio.

A contribuire al rafforzamento sul mercato secondario del valore dei vini pregiati italiani sono stati i dazi all’importazione imposti dagli Stati Uniti dal 2019 al 2021. Anche la quota di mercato internazionale dei fine wines italiani è salita dall’8,8% nel 2019 al 15,1% nel 2020 e al 15,4% nel 2021, stabilizzandosi all’11,8% nel 2022.

FINE WINES ITALIANI: TOSCANA IN TESTA, CRESCE IL PIEMONTE

La distribuzione dei territori dei vini di pregio italiani vede ancora in testa la Toscana, che rappresenta il 57,7% del mercato, ma con il Piemonte che è cresciuto maggiormente nell’ultimo anno. A crescere è anche il numero di italiani che decidono di investire nel settore, spesso giovani tra i 30 e 40 anni.

Liv-ex 100, l’indice che monitora l’andamento dei prezzi dei 100 dei vini pregiati più ricercati sul mercato secondario, negli ultimi due anni è cresciuto addirittura del 36,7%, conoscendo solamente una lievissima flessione – lo 0,3% – a luglio 2022, prima di ricominciare la sua salita ad agosto e settembre.

Il Liv-ex 1000, l’indice che monitora l’andamento dei prezzi sul mercato secondario di mille vini dei sette sottoindici delle aree vitivinicole più di pregio al mondo – ovvero il Bordeaux 500, il Bordeaux Legends 40, il Borgogna 150, lo Champagne 50, il Rodano 100, l’Italia 100 e il Resto del Mondo 60 – accentua ulteriormente questo andamento con una crescita del 37,8% negli ultimi due anni.

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Sapresti rispondere alle domande per diventare Master of Wine nel 2022?

L’Institute of Masters of Wine ha pubblicato le domande dell’esame Master of Wine 2022, compresa la lista dei vini per la parte pratica (degustazione). Dal 26 al 29 luglio 103 studenti hanno sostenuto gli esami teorici e pratici ad Adelaide, Londra e Napa.

I test costituiscono la seconda fase del programma di studio Master of Wine. Nell’arco di quattro giorni, gli studenti hanno sostenuto tre prove pratiche alla cieca da 12 vini. Cinque le prove teoriche su temi che hanno spaziato dalla viticoltura alla vinificazione, dalle procedure di pre-imbottigliamento alla lavorazione dei vini in cantina. Quesiti anche su tematiche legate al business del vino e all’attualità.

Gli aspiranti Master of Wine che hanno superato con successo gli esami teorici e pratici della seconda fase passeranno alla terza fase, quella del “Research paper“: la fase finale del programma di studio MW. Solo ottantasei dei 103 studenti che hanno sostenuto la degustazione alla cieca di 12 vini al mattino e l’esame teorico nel pomeriggio hanno superato la prima fase, il 25 luglio.

L’elenco dei vini e delle domande in inglese utilizzate per la valutazione della prima fase è stata resa nota dall’Institute of Master of Wine. Winemag.it è in grado di pubblicarle qui sotto. Sapresti rispondere alle domande per diventare Master of Wine?

STAGE ONE ASSESSMENT (S1A) 2022 PRACTICAL PAPER
Question 1

Wines 1-3 come from three different regions within the same country and are made from three different, single grape varieties.

With reference to all three wines:

  1. Identify the (15 marks)

For each wine:

  1. Identify the origin as closely as possible, with reference to the grape variety (3 x 8 marks)
  2. Comment on style, quality and commercial (3 x 12 marks)
Question 2

Wines 4-6 come from the same region. With reference to all three wines:

  1. Identify the region, specifying the origins of each wine as closely as (30 marks)
  2. Compare and contrast quality in the context of the region of origin. (24 marks) For each wine:
  3. Discuss maturity with reference to (3 x 7 marks)
Question 3

Wines 7-9 come from three different countries. Each is made from a different, single grape variety.

For each wine:

  1. Identify the grape variety and the origin as closely as (3 x 10 marks)
  2. Comment on (3 x 7 marks)
  3. Comment on style and commercial (3 x 8 marks)
Question 4

Wines 10-12 come from the same region. With reference to all three wines:

  1. Identify the (15 marks)

For each wine:

  1. Assess quality in the context of the region of (3 x 8 marks)
  2. Comment on maturity and capacity to age, with specific reference to (3 x 12 marks)
ESAME MASTER OF WINE 2022: I VINI ALLA CIECA
  1. Heytesbury Chardonnay, Vasse Felix, Margaret River, Australia. (13.0%)
  2. Sauvignon Blanc, Shaw+ Smith, Adelaide Hills, Australia. (12.5%)
  3. The Florita Riesling, Jim Barry, Clare Valley, Australia. (12.5%)
  4. Julien, Chateau Langoa Barton, 2010. Bordeaux, France. (13%)
  5. Estephe, Chateau Les Ormes de Pez, 2018. Bordeaux, France. (14.5%)
  6. Emilion Grand Cru, Chateau Moulin St Georges, 2015. Bordeaux, France. (14.5%)
  7. Quarts de Chaume Grand Cru, Demaine des Forges, Loire Valley, France. (11.0%).
  8. Noble One, De Bertoli, New South Wales, Australia. (12.7%)
  9. Vin de Constance, Klein Constantia, Constantia, South Africa. (14%)
  10. Vintage Port, Taylor’s, Douro Valley, Portugal. (20.5%)
  11. Quinta de Vargellas Vintage Port, Taylor’s, Douro Valley, Portugal. (20%)
  12. LBV Port, Taylor’s, Douro Valley, Portugal. (20%)
THEORY PAPER – MASTER OF WINE 2022

TWO questions to be answered, ONE from Section A and ONE from Section B.

Section A Question 1

Can small independent wine retailers compete with large chains on price? How else can they compete effectively? (Paper 4)

Section B Question 2

Discuss the current role and potential future use of hybrids in viticulture (Paper 1).

Question 3

Outline the key considerations in deciding which pre-bottling treatments to use for each of the following:

  1. a vegan wine;
  2. an orange wine;
  3. an organic wine; and
  4. a mass-market, inexpensive wine. (Paper 3)
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Valpolicella alla Beaujolais accanto a Ripasso e Amarone sempre più di terroir

Sono terminate da poco le tre sessioni di degustazione della Valpolicella Annual Conference 2021, l’evento digitale organizzato dal Consorzio che tutela i vini rossi veneti capeggiati dall’Amarone. Diversi gli spunti di riflessione anche sul “base” Valpolicella e sul Ripasso, tutti sotto all’ombrello della parola “cambiamenti“: climatici, di mercato e d’approccio, sia sul fronte dei consumatori che della produzione.

Come nei film di successo, dove il finale è inatteso e tiene incollati allo schermo gli spettatori, gli spunti più interessanti sono arrivati dall’ultimo dei tre tasting. Merito, soprattutto, dell’intervento di Gabriele Gorelli, il primo Master of Wine italiano (nomina avvenuta proprio in mattinata), che ha parlato delle prospettive per il vino “base” della zona, il Valpolicella per l’appunto.

Secondo Gorelli, l’esempio da seguire è in Francia. Il Valpolicella avrebbe la grande opportunità di divenire “vino di terroir” guardando all’esempio del Beaujolais, ovvero attraverso un lavoro sui cru. Un percorso, c’è da dirlo, già avviato brillantemente da un’altra (vicina) denominazione del Veneto, quella del Bardolino e delle sue sottozone.

Si può essere “uncomplicated” (semplici, ndr) ma al contempo molto interessanti – ha suggerito il primo Master of Wine d’Italia – cambiando il paradigma e usando il concetto di “village” come opportunità. La Valpolicella, di fatto, viene considerata zona di produzione di vini da ricetta, di metodo, più che di terroir: attraverso il vino che sta alla base della piramide qualitativa, si potrebbe dare valore alla Denominazione».

Non a caso, come annunciato in occasione del secondo tasting in programma quest’oggi, il Consorzio ha varato la modifica del disciplinare che consente ai produttori di utilizzare lo screwcap, ovvero il tappo a vite, non solo sui Valpolicella – come consentito dal 2019 – ma anche sui vini con menzioni quali “Classico”, “Superiore” e “Valpantena”.

«L’obiettivo – ha spiegato Alberto Brunelli, enologo e advisor del Consorzio – è quello di aumentare le potenzialità dei vini in alcuni mercati». Il riferimento, per rimanere in Europa, è chiaro: Paesi come la Norvegia, dove un quinto dei rossi consumati annualmente proviene dal Veneto (parola di Tone Veseth Furuholmen, senior product manager del Vinmonopolet As, il monopolio norvegese) accoglie già senza ritrosie questa tipologia di chiusura.

Durante i tasting sono state ribadite poi le modifiche che riguardano il disciplinare del Ripasso (denominazione cresciuta del 128% nel decennio 2008-2018) introdotte sempre nel 2019 ma ancora poco note, anche tra i 100 professionisti collegati alla Valpolicella Annual Conference da 25 Paesi del mondo.

Tra queste, nell’ottica di una sua migliore qualificazione nell’ambito della piramide qualitativa che vede in testa l’Amarone, l’eliminazione del cosiddetto “contoterzismo” delle uve/vinacce atte alla produzione (devono provenire tutte da pertinenze aziendali); la presenza di una percentuale obbligatoria di un minimo del 10% e di un massimo del 15%, di vino atto a diventare Amarone e/o Recioto lasciato sulle vinacce dopo la loro svinatura.

O, ancora, l’obbligo di effettuare la pratica del “ripasso” in un’unica soluzione, con macerazione di almeno 3 giorni. «Regola che assicura l’estrazione delle componenti più nobili – ha ricordato Alessandro Bellotto, winemaker e advisor di Giotto Consulting – ma che non vieta di procedere oltre, in base alle scelte stilistiche dei produttori».

E l’Amarone? Se ne è discusso in occasione del tasting di apertura, alle ore 14. Alta la qualità dei vini presentati in forma anonima in batteria, ognuno con le proprie specificità, utili a dimostrare le diverse sfaccettature di un vino che è sì “di metodo”, ma che è in grado di preservare le caratteristiche intrinseche del terroir della Valpolicella.

Territorio e scelte dei produttori, come confermato dall’enologo Enrico Nicolis e dal professore di Enologia dell’Università degli Studi di Verona, Maurizio Ugliano, consentono infatti di presentare sul mercato vini rossi capaci di incontrare il gusto dei consumatori moderni.

La vera sfida dell’Amarone della Valpolicella è di fatto questa: restare al passo dei consumatori che prediligono sempre più vini rossi connotati dalla freschezza e da una beva non troppo impegnativa.

Tratti che possono essere assicurati anche dal “re dei vini del Veneto” (lo dimostrano le scelte stilistiche delle ultime Anteprime alla Gran Guardia di Verona), attraverso un attento lavoro in vigna volto alla ricerca della perfetta maturazione e a uno stile che predilige la freschezza all’abbondanza e opulenza glicerica.

Le altitudini non mancano nelle valli della Valpolicella e la presenza di uve autoctone naturalmente ricche di “rinfrescanti” componenti speziate, gioca dalla parte dei produttori. La sfida al mondo è aperta, senza perdere di vista la tipicità.

Al via la Valpolicella Annual Conference: il vino italiano ha retto alla pandemia

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Gabriele Gorelli è il primo “MW” Master of Wine italiano

Gabriele Gorelli è il primoMwMaster of Wine italiano. L’annuncio è dello stesso prestigioso “Institute” londinese, che pochi minuti fa ha comunicato i nomi dei nuovi 10 esperti.

Designer e brand builder nato e cresciuto a Montalcino, in Toscana, Gabriele Gorelli deve al nonno la sua passione per il vino, il più piccolo produttore di Brunello di Montalcino. Laureato in lingue straniere e appassionato di marketing, nel 2004 fonda Brookshaw&gorelli, un’agenzia di design specializzata nella comunicazione visiva del buon vino.

Nel 2015 ha fondato una seconda società di vendita e marketing, KH Wines, con clienti che vanno dalle cantine agli importatori e ristoranti gourmet. Partecipa regolarmente a concorsi enologici nazionali e internazionali come presentatore e giudice.

Oltre all’italiano, Gabriele Gorelli parla inglese e francese e ha competenze di base in tedesco. Viaggiatore appassionato, ama staccare e ricaricare le batterie con il trail running e l’Ashtanga yoga.

Assieme al primo master of wine italiano, sono arrivate le nomine per altri 9 “maestri” da tutto il mondo. Si tratta di James Doidge (Uk), Susan Lin (Usa), Moritz Nikolaus Lueke (Germania), Sophie Parker-Thomson (Nuova Zelanda), Álvaro Ribalta Millán MW (Uk), Melissa Saunders (Usa), Kryss Speegle (Usa), Tze Sam (Uk) and Clare Tooley (Us).

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Canterbury “tales” 2.0. Giudici Biwa contro Luca Gardini: “Dacci i nostri 4 mila euro”

Geoffrey Chaucer 2.0: ovvero come si passa dalle “tales”, alla brutta figura via social. In un post pubblicato ieri su Instragram, la Master of Wine americana Christy Canterbury denuncia di non aver ancora ricevuto, assieme al resto dei giudici internazionali, il compenso di 4 mila euro per aver preso parte al Comitato tecnico di Biwa – Best Italian Wine Awards, nell’estate 2019. Taggandosi a Milano, dove è stata stilata la classifica dei 50 migliori vini italiani dell’anno, Canterbury si rivolge in particolare a Luca Gardini, ideatore del premio.

Ciao, @gardiniluca! We are wondering when you or your business partner will pay us for last summer’s work @biwawards. We have waited 10 months. We international judges (@timatkinmw @spanishwinelover @kenichi_ohashi @yang.lu_ms) will miss #BIWA this year & wish the best to all Italian wine producers recovering from the difficult start to 2020″, recita il post Instagram della Master americana.

I colleghi giudici citati da Canterbury sono Kenichi Ohashi, unico Master of Wine giapponese, la giornalista spagnola Amaya Cervera, il Mw britannico Tim Atkin e il master sommelier cinese Yang Lu.

Nei commenti al post, è Cervera a rincarare la dose: “These are difficult times but our work was completed on September last year, long before the crisis broke” (“Sono tempi difficili, ma il nostro lavoro è stato completato a settembre dello scorso anno, molto prima dell’inizio della crisi” – ndr Coronavirus).

Sul piatto ci sarebbe un cachet di 4 mila euro, più volte richiesto a Luca Gardini dal team di esperti internazionali. Lo confermerebbe il commento di Tim Atkin: “We were promised by Luca that we would be paid promptly. So we’ve been waiting for ten months. For € 4000, which is a lot of money. Especially now” (“Luca ci ha promesso che ci avrebbe pagato tempestivamente. Abbiamo invece atteso 10 mesi. Per 4 mila euro, che sono un sacco di soldi. Specialmente oggi”).

Un gesto esemplare ed estremo, quello della denuncia social, che Atkin giustifica così: “We were left with no choice. We’ve been sending emails for month. In the end, calling people out publicly is the best way to make your point“. In sintesi, dopo mesi di email senza risposta, il gruppo di giudici ha deciso di lavare i panni sporchi in piazza. Pubblicamente.

La classifica Biwa è nata nel 2012 da un’idea di Luca Gardini e Andrea Grignaffini. Si legge sul sito web dell’evento che “negli anni ha saputo dare grande visibilità alle eccellenze vinicole del Paese sul panorama internazionale, approdando anche a Città del Messico, Londra, Hong Kong e Bordeaux”. Da ieri, prepotentemente, anche su Instagram.

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Simei: codificata la “via italiana del legno” per valorizzare il territorio

MILANO – “Dopo un anno di studi promossi da Unione Italiana Vini, culminati in una due giorni di tavoli tematici e un simposio che ne ha tracciato le linee guida, a Simei è stata codificata per la prima volta la ‘via italiana‘ all’uso del legno in cantina che riscopre una tradizione molto antica del nostro Paese: la modalità di maturazione del vino in botti grandi”.

Con queste parole Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha aperto il Simposio internazionale “Vino e legno: strategie di affinamento. Quale futuro?“, promosso da Uiv e dal Corriere Vinicolo e coordinato dal Master of Wine Justin Knock.

“Una modalità – precisa Castelletti – che valorizza ed esprime al meglio il carattere del vino e di conseguenza il territorio che rappresenta. Un modello, quello italiano, che sta prendendo sempre più piede anche all’estero”.

Partendo da una inedita ricerca, commissionata da Uiv, condotta presso alcune delle aziende vinicole più importanti di Francia, Italia, Stati Uniti, Australia, Spagna, Sud Africa, Cile e Argentina, e prendendo spunto dalla serie di interviste pubblicate dal Corriere Vinicolo ai wine maker di celebri aziende vinicole al mondo, ci si è interrogati su come sta evolvendo a livello internazionale la pratica di maturazione del vino nel legno e su quali sono gli stili nell’uso del legno in cantina.

I lavori di questo importante e inedito convegno sono stati inaugurati mercoledì 20 novembre da tre tavoli coordinati da Justin Knock, Franco Battistutta, docente di Scienze e Tecnologie alimentari dell’Università degli studi di Udine, e Gabriele Gorelli, sommelier e professionista in comunicazione visiva.

I risultati di questi workshop – che ha indagato l’utilizzo del legno per migliorare il carattere del terroir, i metodi di invecchiamento in legno e gli atteggiamenti del mercato nei confronti del vino affinato in legno – insieme a quelli della ricerca sono stati presentati al Simposio e commentati da un partecipato panel di relatori.

Tra gli altri Nicholas Vivas, ricercatore in scienza e tecnica dell’affinamento del vino in legno; Niccolò D’Afflitto, direttore tecnico Frescobaldi; Lorenzo Landi, enologo; Stefano Ferrante, Direttore tecnico Zonin1821; Piero Garbellotto, amministratore delegato di Garbellotto Spa; Andrea Lonardi, Direttore operativo Bertani Domains; Benoît Caron, Tonnellerie Bel Air e Anouck Chapuzet Varron, della Tonnellerie Vinea.

Il Simposio è così stata l’occasione per codificare per la prima volta la ‘via Italiana’ all’uso del legno in cantina, dove riemerge la scoperta di una modalità di maturazione del vino in botti grandi, che si differenzia dalla ‘via francese‘ legata a barrique e tonneaux.

Le botti grandi, molto utilizzate in Italia nei territori votati alla grande vinificazione in rosso di qualità, risultano infatti avere meno impatto sul carattere del vino, che resta più autentico ed espressione del territorio. Una pratica di maturazione che il mondo enologico sta sempre più seguendo a livello internazionale, per venire incontro all’esigenza e alla sensibilità legate alla valorizzazione dell’identità territoriale.

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Master of Wine 2019: aperte le iscrizioni per l’Italia


MAGRÈ –
Partirà dall’Alto Adige la scalata per ottenere la qualifica più prestigiosa nel mondo del vino. Dal 24 al 26 maggio la Tenuta Alois Lageder a Magrè (BZ) ospiterà l’ottava edizione italiana della MW Residential Master Class per aspiranti Master of Wine, promossa dalla prestigiosa Accademia londinese in partnership con l’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi.

Una tre giorni di alta formazione, l’unica nel nostro Paese, che permetterà di avvicinarsi alle tecniche di degustazione e alle abilità analitiche fondamentali per accedere al selettivo study programme dell’Istituto che partirà a giugno.

Target principale della Master Class sono, non a caso, tutti i professionisti del vino che desiderano approfondire l’approccio di degustazione dei MW, con all’attivo almeno tre anni di esperienza in ambito vitivinicolo o con una qualifica di settore.

Si tratta di un corso propedeutico molto esclusivo – spiega Piero Mastroberardino, presidente dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi –  che per l’ottavo anno consecutivo organizziamo in Italia grazie alla proficua collaborazione avviata nel 2011 con l’Institute of Masters of Wine.

Un sodalizio in linea con la mission che da sempre ci contraddistingue, vale a dire proporci come portabandiera e apripista dell’intero settore sui mercati internazionali, consolidati e emergenti, attraverso attività di formazione e promozione volti alla valorizzazione del brand Italia di qualità”.

“Per farlo – continua Mastroberardino – abbiamo ad oggi già organizzato più di 380 eventi in giro per il mondo, coinvolgendo oltre 67 mila operatori, opinion leader e decision maker, e avviato importanti partnership proprio per fornire una spinta decisiva all’immagine del vino tricolore e, nello specifico, un contributo importante per provare a dare finalmente all’Italia il suo Master of Wine”.

IL PROGRAMMA 2019
Prosegue dunque l’impegno itinerante dell’Istituto Grandi Marchi per la promozione della cultura del made in Italy enoico di qualità. Dopo Antinori in Toscana, Michele Chiarlo in Piemonte, Masi in Veneto, Lungarotti in Umbria, Mastroberardino in Campania, Donnafugata in Sicilia e Umani Ronchi nelle Marche, a fare da teatro dell’edizione 2019 sarà il salotto del produttore altoatesino, Alois Lageder.

Questa volta in presenza dei MW Caro Maurer e Jonas Tofterup che condurranno, rigorosamente in lingua inglese, dodici intense sessioni di lavoro, tra pratica e teoria. Diverse le tematiche legate al mondo del vino e al programma d’esame dell’IMW che saranno affrontare nel corso della full immersion, con un’attenzione particolare al potenziamento delle abilità di scrittura, degustazione e comunicazione.

Si comincia venerdì 24 maggio con gli incontri introduttivi sull’approccio di degustazione in stile MW e sulla storia del prestigioso Istituto, fondato a Londra nel 1955 e oggi punto di riferimento per la formazione dei più qualificati ed influenti esperti internazionali di vino (attualmente annovera 384 membri provenienti da 30 Paesi).

Sabato 25, invece, si entra nel vivo con i focus su varietà, stili e tendenze nell’enologia internazionale, posizionamenti di vendita, tecniche di scrittura e vinificazione. Chiudono la Master Class, le sessioni cucite su misura per approcciare concretamente all’esame di ammissione allo study programme dell’Institute of Masters of Wine.

Il programma, che prevede le degustazioni di un numero considerevole di vini provenienti da diverse regioni del mondo, è arricchito inoltre dalla visita della Tenuta Alois Lageder con l’assaggio dei prodotti aziendali, ma anche da pranzi e cene, intesi come ulteriori opportunità di tasting guidati da MW e produttori.


8^ MW Residential Master Class in breve

Sede: Alois Lageder -Tòr Löwengang, Vicolo dei Conti 9, 39040 Magrè (BZ); www.aloislageder.eu
Data: 24-26 maggio 2019
Rivolto a: tutti i professionisti fortemente motivati ad approfondire il mondo e la cultura del vino (per essere ammessi è necessario avere almeno tre anni di esperienza in ambito vitivinicolo o essere in possesso di una qualifica di settore).
Costo: 550,00 € + IVA (tutti coloro che parteciperanno alla Masterclass introductory potranno usufruire di uno sconto sulla quota di iscrizione all’esame di accesso allo Study Programme dell’Institute of Masters of Wine)
Per informazioni scrivere a: Giovanna Zullo – g.zullo@iem.it
Per registrarsi occorre accedere al form on linehttps://form.jotform.com/90292493617968

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Sicilia en Primeur 2018: la Sicilia dei vini si presenta al mondo

Oltre 100 giornalisti per un totale di 22 nazioni rappresentate hanno preso parte all’edizione appena conclusa di Sicilia en Primeur, l’anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia che, nell’anno di Palermo Capitale della Cultura, ha scelto le sale del Museo Regionale d’Arte Contemporanea come sfondo per degustazioni, masterclass e incontri con i produttori, confermando anche quest’anno un’attenzione crescente da tutto il mondo per la produzione enologica dell’isola.

53 sono le cantine che hanno aderito all’evento, 450 vini in degustazione nelle sale produttori, 50 in degustazione en primeur, 360 in sala degustazione e 144 etichette in carta dei vini, 103 Magnum e 5 masterclass sold out.

“Queste cifre sono la testimonianza dell’interesse sempre maggiore per il vino siciliano e per il patrimonio enogastonomico dell’intera regione” – ha commentato Alessio Planeta, Presidente di Assovini Sicilia – “Un interesse che quest’anno si fa ancora più forte grazie alla nomina della città di Palermo a Capitale della Cultura Italiana 2018. Oggi la Sicilia vanta una ricchezza culturale senza uguali, frutto della mescolanza di popoli e tradizioni che hanno attraversato il nostro territorio nel corso dei secoli. La nostra regione è sempre stata aperta all’influsso di culture differenti ed è esattamente questa la mentalità che si è respirata durante Sicilia en Primeur di quest’anno. Internazionalità e collaborazione sono valori fondanti della nostra Associazione”.

Nel corso della manifestazione l’importanza dell’unione è stata evidenziata anche da Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia, che ha raccontato la rivoluzione culturale che è in atto tra le aziende dell’isola: “In Sicilia sono ormai quasi 200 le aziende che lavorano insieme facendo sistema e qualità sotto le insegne del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia. Abbiamo più di 7.300 viticoltori, e la previsione è di un traguardo di 60 milioni di imbottigliato nel 2018”.

All’insegna dell’internazionalità a Sicilia en Primeur anche quest’anno è stata riconfermata la presenza di cinque Master of Wine internazionali che hanno tenuto masterclass – tutte sold out – su differenti tematiche di settore offrendo prospettive differenti sulla percezione del vino siciliano nel mondo ed analizzando con i partecipanti le potenzialità di questo grande patrimonio.

Potenzialità sottolineate anche dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: “Questa città, come il settore vinicolo, è riuscita a rinascere dalle sue difficoltà ed oggi, grazie all’impegno di tanti, è diventata la capitale della Cultura. A Palermo registriamo un cambio culturale, in atto anche nel mondo del vino: sappiamo stare insieme per dare valore al nostro essere mediterranei. Oggi possiamo dire, per mettere in parallelo le esperienze di Palermo e del vino siciliano, che siamo riusciti a conciliare le radici e le ali. Metafora del rispetto del passato con uno sguardo al futuro”.

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Spatium Pinot Blanc: l’Europa del Pinot Bianco in Alto Adige

Far uscire il Pinot Bianco dall’ombra delle altre varietà bianche, mettendolo sul palcoscenico che gli spetta. Questo l’obiettivo di “Spatium Pinot Blanc”, in programma il 3 e 4 maggio ad Appiano (Bolzano).

Una terza edizione ricca di novità, sulla scorta del successo ottenuto nel 2014 e nel 2016. Saranno infatti oltre cento i produttori locali, nazionali ed internazionali presenti.

Gli organizzatori, in particolar modo l’Associazione Vineum Appiano, il Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg e l’Associazione Turistica Appiano, vogliono “esaltare il potenziale di questa varietà diffusa in tutta Europa, accrescendo la sua notorietà tra gli appassionati”.

“A livello europeo – spiega Hans Terzer, enologo della Cantina San Michele-Appiano – il Pinot Bianco sta prosperando sia nella ristorazione che nel commercio, uscendo sempre più dalla nicchia. C’è un ottimo potenziale, soprattutto a livello qualitativo. Le caratteristiche che contraddistinguono questo vino non sono solo la sua freschezza e vivacità, ma anche le diversità stilistiche e la capacità di trasformarsi in un vino complesso”.

UN LABORATORIO ENOGASTRONOMICO
“Spatium Pinot Blanc” aprirà i battenti giovedì 3 maggio con una speciale serata enogastronomica dal titolo “Eleganza pura e armonia: raffinate specialità culinarie & Pinot Bianco”, presso la Cantina Cornaiano.

L’evento sarà curato dalla chef stellata Anna Matscher con il supporto dello chef Manuel Ebner (due cappelli della guida Gault Millau).

I partecipanti avranno la possibilità di toccare con mano la straordinaria versatilità di questo vino e scoprire come le diverse tipologie di Pinot Bianco si possano combinare in maniera eccellente con le straordinarie creazioni culinarie della chef stellata.

Sarà possibile assaporare la molteplicità di aromi esaltati dagli abbinamenti gastronomici. Un viaggio nei cinque sensi, dal piatto al calice.

La serata all’insegna dei piaceri del palato prevede un menù di sei piatti, un buffet di dolci e una selezione di squisite specialità casearie di altissima qualità firmate Capriz, proposte in abbinamento a 15 Pinot Bianco d’eccellenza.

I MIGLIORI PINOT BIANCO
La giornata di venerdì 4 maggio è dedicata a coloro che desiderano approfondire la conoscenza dell’universo Pinot Bianco e scoprirne l’essenza, i produttori e le regioni di produzione.

Il programma prevede degustazioni masterclass alle 17 e alle 19 e una degustazione aperta al pubblico presso la Cantina San Michele-Appiano dalle 16 alle 22.

Sarà possibile non solo degustare i migliori Pinot Bianco provenienti da Italia, Germania, Austria, Svizzera e Francia ma anche conoscere di persona i produttori e ottenere informazioni direttamente da chi crea i migliori Pinot Bianco d’Europa.

“Si tratta di un’occasione unica – evidenzia ancora Hans Terzer – che solo Spatium Pinot Blanc è in grado di offrire nel panorama europeo. La manifestazione fornisce una panoramica a 360 gradi sul mondo del Pinot Bianco, permettendo agli appassionati di approfondire le proprie conoscenze e diventare dei veri intenditori”.

FOCUS SUL VITIGNO
Il programma di venerdì mattina si rivolge principalmente ad un pubblico di esperti e specialisti. Illustri referenti internazionali esporranno le più recenti novità e risultati scientifici che riguardano il Pinot Bianco e vaglieranno le nuove possibilità di posizionamento e commercializzazione di questo vino.

Tra i relatori di spicco presenti al convegno anche il critico di vini David Schildknecht (“Come può una varietà di nicchia conquistare la scena del mercato internazionale?”), la Master of Wine Madeleine Stenwreth (“Uno sguardo ai mercati del Nord, ai loro monopoli e al ruolo del Pinot Bianco oggi e domani”) e il Prof. Dott. Ulrich Fischer, direttore dell’Istituto per la Viticoltura ed Enologia del Centro Rheinpfalz.

Sarà lui a illustrare le linee guida più attuali per creare un migliore profilo qualitativo del Pinot Bianco. A seguire, una tavola rotonda durante la quale diversi rappresentanti del panorama vitivinicolo locale, nazionale ed internazionale discuteranno dei diversi stili del Pinot Bianco.

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