La sfida non era delle più facili e le attese davvero alte, ma i numeri e l’eco di commenti positivi parlano di un grande successo.
Oltre duecento persone hanno partecipato al convegno “Wine and Money, prospettiva globale“, di scena a Villa Bertelli; mentre la sera, a partire dalle 18, più di 600 ospiti hanno calcato il salone e il primo piano della celeberrima Capannina di Franceschi, dove si è tenuto il Grand tasting.
WINE&MONEY, PROSPETTIVA GLOBALE
Dopo l’inaugurazione, la mattinata si è aperta con il convegno “Wine & Money, prospettiva globale”, nel giardino d’inverno della Fondazione Villa Bertelli. I lavori sono stati introdotti dall’economista americano Mike Veseth, autore della newsletter settimanale The Wine Economist, che ha parlato del delicato rapporto tra vino e denaro.
In un mondo che, volenti o nolenti (che si esporti o meno), vede il viticoltore contemporaneo immerso nel business globale, Veseth individua 4 tendenze in atto da seguire:
#1 Follow the money, cioè individuare i mercati in crescita come Usa e Cina, e mettere a punto azioni di penetrazione veloci e incisive.
#2 Premiumization, la propensione tra i consumatori (sopratutto statunitensi, nda) all’acquisto di prodotti di livello di prezzo superiore.
#3 Return to the brand, la predisposizione a voler produrre un marchio forte.
#4 The rise of identity wine brands, anche se la nascita di brand identitari non sempre porta alla creazione di prodotti di qualità.
GLI INTERVENTI
Gaja ha parlato della difficoltà di far crescere il valore del prezzo medio al litro del vino italiano all’estero. Ancora oggi la chiave di volta risiede nel marketing, che vede investimenti insufficienti.
Per concludere con l’auspicio della creazione di un nuovo evento a Milano (e poi itinerante) per trasmettere lo stile di vita e la cultura italiani a livello internazionale.
Una frase sottolineata anche ieri, in occasione della presentazione della prima “Settimana del vino” a Milano, la Milano Wine Week.
Il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano ha poi esortato a capire il valore dell’innovazione, per poter affrontare le sfide più importanti per il mondo vitivinicolo: il cambiamento climatico e la sostenibilità. Per Giuseppe Tasca “non bisogna demonizzare il denaro, e nella propria attività bisogna mettere anche la propria faccia, la cultura e un animo personale”.
L’accurata analisi di Denis Pantini di Nomisma sull’export italiano negli ultimi 5 anni, sul tema de “Le rotte del vino globale”, ha evidenziato la crescita dei vini spumanti, rispetto alle altre tipologie.
Focus sulle dinamiche di 4 piazze interessanti per l’Italia: Usa, Cina, Germania e Svezia. Marina Cvetic di Masciarelli ha parlato della sua esperienza positiva nei mercati dell’Est Europa e del timore di approcciarsi a Paesi come la Cina, dove c’è poca tutela del Made in Italy. Nadia Zenato ha citato Usa e Russia, come piazze già conquistate, e la Cina tra le sue nuove frontiere.
Alcuni produttori hanno in seguito raccontato diversi modelli di gestione della propria azienda. Allegra Antinori ha illustrato il Trust, a cui l’azienda di famiglia si è affidata per tutelare la propria esistenza nel lungo periodo (fino a 90 anni). Elvira Bortolomiol ha portato l’esperienza di una realtà tutta al femminile (costituita da 4 sorelle), che investe sulla qualità del proprio prodotto all’insegna della sostenibilità. Massimo Ruggero di Siddùra è un ex costruttore che si è convertito alla vitivinicoltura in Gallura, dedicandosi a valorizzare la propria identità territoriale.
Dei “Punti di forza, di debolezza, opportunità e rischi del Sistema Italia”, ha parlato Piero Mastroberardino (Federvini), affrontando anche il tema delle difficoltà del Sistema Italia, che “sono strutturali”.
La dimensione è un fattore facilitatore dei conti in azienda. Ma più si è piccoli, più si soffre. Il fatto che la maggior parte delle aziende italiane siano medio-piccole rende difficile, per esempio, ottenere finanziamenti, dotarsi di un management di alto livello o andare all’estero.
Ernesto Abbona (Unione italiana vini) avverte un’esigenza di semplificazione, pur essendo consapevole che la realtà imprenditoriale italiana è anche legata al territorio e, quindi, diversificata. Le imprese private creano valore, così come le forme associative che le comprendono, come i Consorzi.
IL PREMIO KHAIL 2018 A CESARE PILLON
VinoVip al Forte è stata occasione per ricordare il fondatore di Civiltà del bere: Pino Khail. Dal 2011, anno della sua scomparsa, è stato istituito un Premio alla sua memoria. “Per aver raccontato il vino, nelle sue svariate sfaccettature, con competenza e scrittura raffinata, con ironia e precisione”, il giornalista Cesare Pillon, storica firma del vino italiano, ha ricevuto il Premio Khail 2018.
“Collaboratore assiduo della rivista fondata da Pino Khail, con lui ha condiviso l’idea che l’impegno degli imprenditori vinicoli andasse massimamente valorizzato, considerata l’importanza del loro prodotto per la cultura e l’economia della nostra civiltà”, ha spiegato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, consegnando la targa commemorativa a uno stupito e commosso Cesare Pillon, omaggiato dalla standing ovation dei 200 ospiti a Villa Bertelli.
IL MANUALE DI CONVERSAZIONE VINICOLA
Il Giardino d’Inverno di Villa Bertelli ha quindi ospitato la presentazione del libro “Manuale di Conversazione Vinicola”, l’ultima opera del giornalista Cesare Pillon. Come ha spiegato il direttore Alessandro Torcoli: “Abbiamo deciso di riunire i vocaboli dell’omonima rubrica, uscita su Civiltà del bere tra il 2007 e il 2013. In tutto 175 lemmi, elencati in ordine alfabetico, che raccontano il mondo del vino con precisione, ma anche fine ironia, che da sempre contraddistingue la scrittura del maestro Pillon”.
Il dizionario, dalla A di “Abbigliamento”, ovvero “packaging delle bottiglie” alla Z di “zuccheraggio”, ossia il dosaggio per le bollicine, spiega i termini chiave dell’enologia, rivelando i paradossi e le mode che hanno attraversato il settore.
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