Masi Agricola – società quotata su Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium in Italia – rende noto che Fondazione Enpaia ha rafforzato la propria presenza nel capitale sociale di Masi. Il consolidamento è avvenuto nel mese di ottobre 2024 e consiste nell’aumentando della partecipazione fino al 9,2%, mediante un acquisto di azioni dai Fratelli Boscaini, che restano in forte maggioranza con una quota complessiva dell’82,8%. L’azionariato relativo a quote di partecipazione almeno pari al 5% è ora così suddiviso.
Azionista significativo
N. di azioni detenute
Percentuale del capitale sociale
Sandro Boscaini
8.876.856
27,61%
Bruno Boscaini
8.876.856
27,61%
Mario Boscaini
8.876.856
27,61%
Fondazione Enpaia
2.962.755
9,22%
ENPAIA CRESCE IN MASI AGRICOLA
«La decisione di aumentare la quota di partecipazione nel capitale sociale di Masi – fa sapere Enpaia – conferma la scelta della Fondazione di investire nell’economia reale per sostenere le aziende agricole che costituiscono l’ossatura della nostra Cassa di previdenza. Una scelta dettata dalla volontà di generare valore duraturo per i nostri iscritti e di contribuire allo sviluppo di aziende leader del settore dell’agroalimentare Made in Italy. In questo modo – aggiunge la Fondazione – Enpaia non solo tutela il valore del patrimonio dei propri iscritti, ma contribuisce anche alla crescita e allo sviluppo del sistema economico italiano».
Winemag.it, giornale italiano di vino e gastronomia, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online, sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze dell’enogastronomia italiana e internazionale. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, vincitore di un premio giornalistico nazionale nel 2024. Editiamo con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Apprezzi il nostro lavoro? Abbonati a Winemag.it, con almeno un euro al mese: potrai così sostenere il nostro progetto editoriale indipendente, unico in Italia.
L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) ha incluso Masi Agricola nel suo “Consortium”, il Consorzio che già comprende altre cinque realtà vitivinicole internazionali di prim’ordine come Viña Concha y Toro (Cile), Moët Hennessy (Francia), Sogrape (Portogallo), Familia Torres (Spagna) e Yalumba Family Winemakers (Australia). L’organismo intergovernativo al quale aderiscono ben 49 Paesi produttori e consumatori nel mondo beneficia del Consortium per sostenerne progetti di ricerca e sviluppo in viticoltura ed enologia.
Le cantine aderenti si impegnano a contribuire alla ricerca tecnica e scientifica nel settore della vite e del vino e alla sua diffusione tramite la stessa OIV. «Avere Masi nel Consortium – commenta il Direttore generale Pau Roca – arricchisce la qualità della ricerca e amplia l’obiettivo internazionale dell’OIV. Il gruppo non era completo fino all’ingresso di un’azienda italiana così importante: l’Italia è una delle pietre miliari del vino e doveva essere rappresentata. Noi tutti potremo condividere le sue conoscenze e la sua esperienza».
«Le aziende strutturate internamente per la ricerca e sviluppo in vigneto e cantina – dichiara Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola – non sono molte in Italia e sono poche anche a livello globale. Masi, il cui Gruppo Tecnico ha all’attivo quattro decenni di impegno, si sente onorata di far parte di questo prestigioso e ristretto gruppo ed è orgogliosa di rappresentarne l’Italia, portandone le istanze: il patrimonio di biodiversità nelle varietà delle uve che non ha pari, la ricchezza di territori e le conseguenti espressioni enologiche».
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È scontro tra la famiglia Boscaini (Masi Agricola) e il socio Renzo Rosso (Red Circle Investments). Il Consiglio di Amministrazione di Masi Agricola Spa, riunitosi in mattinata dopo aver «esaminato il parere legale circa la violazione del divieto di concorrenza da parte degli Amministratori Arianna Alessi e Lorenzo Tersi», ha convocato l’Assemblea ordinaria per il 21 luglio 2023 alle ore 11.00. L’obiettivo dichiarato è la «revoca dei predetti Amministratori. Qualora la revoca fosse approvata, l’Assemblea sarà chiamata a deliberare in merito all’integrazione dell’organo amministrativo o alla riduzione dei suoi componenti.
Pronta la replica di Red Circle Investments, affidata a un’altra nota stampa. «Dopo che Renzo Rosso, da oltre trent’anni attivo nel settore del vino con Diesel Farm, è stato amministratore di Masi Agricola e solo dopo che Red Circle Investments ha impugnato il bilancio, improvvisamente i Boscaini si accorgono che vi sarebbe un rapporto di concorrenza che impedirebbe agli amministratori designati da Red Circle Investments medesima, Arianna Alessi e Lorenzo Tersi, di mantenere tale carica e ricorrono a questo pretesto per revocarli».
Secondo Red Circle Investments, che detiene il 10% delle quote di Masi Agricola, si tratta di «un comportamento illegittimo e abusivo, ennesima riprova della chiusura al dialogo del management e della maggioranza di Masi Agricola». Poi, l’ultimo tuono: «Red Circle reagirà in ogni sede anche quale azionista di minoranza». La notizia scuote il settore a quattro giorni dall’annuncio dell’aumento della quota di partecipazione di Fondazione Enpaia (da 6,2 a 7,6%) nella società detenuta in maggioranza da Sandro, Bruno e Mario Boscaini (ciascuno con il 24,5%).
MASI AGRICOLA, IL FOCUS
Masi Agricola è un’azienda vitivinicola radicata in Valpolicella Classica che produce e distribuisce vini di pregio ancorati ai valori del territorio delle Venezie. Grazie all’utilizzo di uve e metodi autoctoni, e a una continua attività di ricerca e sperimentazione, Masi è oggi uno dei produttori italiani di vini pregiati più conosciuti al mondo. I suoi vini – e in particolare il suo Amarone – sono pluripremiati dalla critica internazionale.
Il modello imprenditoriale del Gruppo coniuga l’alta qualità e l’efficienza con l’attualizzazione di valori e tradizioni del proprio territorio. Il tutto in una visione che porta Masi a contraddistinguersi non solo per il core business, ma anche per la realizzazione di progetti di sperimentazione e ricerca in ambito agricolo e vitivinicolo, per la valorizzazione e la promozione del territorio e del patrimonio culturale delle Venezie. Il Gruppo può contare su una forte vocazione internazionale: è presente in circa 140 Paesi, con una quota di esportazione di circa il 72% del fatturato complessivo.
Il Gruppo Masi ha fatturato nel 2022 circa 75 milioni di euro con un EBITDA margin del 18% circa. Masi ha una precisa strategia di crescita che si basa su tre pilastri: «Crescita organica attraverso il rafforzamento nei tanti mercati dove è già protagonista; allargamento dell’offerta di vini legati ai territori e alle tecniche delle Venezie, anche aggregando altre aziende vitivinicole; raggiungimento di un contatto più diretto con il consumatore finale, dando più pregnanti significati al proprio marchio, internazionalmente riconosciuto».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
FOTONOTIZIA – Masi Agricola, società quotata su Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium, rende noto di aver ricevuto da Fondazione Enpaia comunicazione di un aumento della propria partecipazione in Masi Agricola, che annovera n° 2.430.720 azioni in capo alla Gestione Principale e alle Gestioni Separate, raggiungendo la soglia del 7,56% del capitale sociale rappresentativo di azioni che conferiscono diritto di voto. Già lo scorso aprile 2023 la Fondazione Enpaia era salita al 6,2% del capitale sociale di Masi. L’ingresso era avvenuto a febbraio 2022, con il 4%.
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Enpaia, l’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura, ha portato al 6% la sua partecipazione in Masi Agricola, società della famiglia Boscaini quotata all’Euronext Growth di Milano. La cantina, che produce vini della Valpolicella, tra cui l’Amarone, aveva già ceduto il 4% ad Enpaia, a febbraio 2022. Ora la quota si alza di due punti.
«Masi Agricola fa parte delle nostre partecipazioni dirette mission related e strategiche – dichiarano all’unisono Giorgio Piazza e Roberto Diacetti, presidente e direttore generale della Fondazione Enpaia – che rivestono un ruolo di rilievo nel nostro portafoglio finanziario, perché forniscono con costanza flussi di dividendi. E, inoltre, apprezzano il loro valore nel tempo».
Da quando sono state costituite queste posizioni, rende noto l’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura, «gli investimenti contribuiscono alla redditività generale del portafoglio, con flussi cedolari medi vicini al 5%». Rispetto ad altri investimenti azionari in Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) che fanno comunque parte dell’asset allocation, «hanno sempre e di gran lunga performato meglio rispetto a questi ultimi».
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«Mi accingo a raccontare la storia di un incontro: quello tra un mio antenato e una località in Valpolicella Classica. Il primo, individuato qui come il capostipite del mio ramo della famiglia Boscaini. La seconda, una terra fortunata come altre, vocate a produrre uve straordinarie e per questo destinate a essere conosciute e apprezzate in Italia e nel mondo». È con questo incipit che Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola, si rivolge ai lettori invitandoli a intraprendere un viaggio lungo 250 anni. Quello di “Amarone e oltre“, libro edito da Egea in cui ripercorre la storia dell’azienda di famiglia, dalla prima vendemmia nel 1772 fino ai giorni nostri.
Le vicende della storia si intrecciano con quelle della famiglia, delle cantine e del territorio, dalla Valpolicella fino alle Venezie. La narrazione si snoda tra il rispetto della tradizione e le innovazioni introdotte nei processi produttivi. Lasciando spazio ad aneddoti personali e curiosità tecniche, testimonianze di prima mano e fonti letterarie.
L’andamento cronologico della prima parte del volume cede il passo nella seconda a un punto di vista più manageriale. Lo sguardo si posa sui temi all’ordine del giorno nella gestione dell’azienda.
LA RIFLESSIONE SULLA SOSTENIBILITÀ
«Ritengo che la contestualizzazione delle vicende di famiglia in quelle generali di portata nazionale e territoriale sia di estrema importanza per leggere con un’ottica più ampia il territorio e la sua cultura, il vigneto e la professionalità vitivinicola, la passione e l’imprenditorialità, la cultura d’impresa e la sostenibilità», commenta Sandro Boscaini riferendosi a un tema centrale in “Amarone e Oltre”.
Senza sostenibilità economica – continua Boscaini – non ci sarebbe stato sviluppo e sopravvivenza dell’impresa; senza quella sociale non si sarebbero creati e sviluppati rapporti indispensabili in campo produttivo e distributivo; senza la sostenibilità ambientale e l’amore per la terra e il vigneto si sarebbero distrutte nel tempo le fonti di ricchezza».
E nelle prossime settimane “Amarone e oltre” supererà i confini italiani, dove è già disponibile nei principali canali. L’edizione inglese del volume, curata da Bocconi University Press, sarà disponibile a partire da fine novembre.
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La Fondazione Enpaia, l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Addetti e Impiegati in Agricoltura, ha acquistato il 4% di Masi Agricola SpA, azienda vitivinicola, gestita dalla famiglia Boscaini, radicata in Valpolicella Classica, che produce e distribuisce vini di alto pregio, ancorati ai valori del territorio delle Venezie, tra cui l’iconico Amarone.
Per il Presidente della Fondazione Enpaia, Giorgio Piazza, «si tratta di un investimento in un’azienda ben strutturata, con un’altissima redditività e ulteriori possibilità di sviluppo. Ritengo estremamente importante entrare in un settore strategico che attrae l’attenzione anche di gruppi esteri».
Come riferisce sempre Enpaia, «in una situazione di pesante incertezza che riguarda tanti settori, il Gruppo Masi negli ultimi mesi ha avuto notevoli performance, nonostante il rallentamento dovuto alla pandemia».
Anche per tale ragione, secondo il Presidente Piazza, «è fondamentale investire nel made in Italy, che vede nel vino uno dei pilastri che incarna lo stile di vita italiano ammirato in tutto il mondo».
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Comité Européen des Entreprises Vins (CEEV) e SpiritsEUROPE, associazioni europee di produttori di vini e spirits, hanno presentato oggi a Bruxelles alla presenza del Commissario Europeo per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski il progetto U-Label. Si tratta della prima piattaforma digitale europea per la creazione di etichette elettroniche e-label.
Per la prima volta nel settore alimentare, il quadro giuridico europeo autorizza i vini a comunicare informazioni obbligatorie tramite etichette elettroniche. «Abbiamo deciso di creare U-Label per offrire a tutte le aziende di vino e liquori una soluzione chiavi in mano conveniente per intraprendere questo viaggio digitale», dice Ignacio Sánchez Recarte, Segretario Generale della CEEV
La piattaforma consente a qualsiasi azienda di vini o liquori, piccola o grande, di fornire ai consumatori dell’UE informazioni sui prodotti pertinenti, standardizzate e dettagliate, come l’elenco degli ingredienti, le informazioni nutrizionali, le linee guida per un consumo responsabile e le informazioni sulla sostenibilità.
«I consumatori di oggi si aspettano una maggiore trasparenza sui prodotti che consumano e l’etichettatura digitale può rispondere a questa domanda aumentando le informazioni che le aziende condividono con i propri consumatori, senza modificare l’aspetto della confezione», afferma Jean-Marie Barillère, presidente di CEEV.
I NUOVI OBBLIGHI DI ETICHETTATURA
La riforma della Politica Agricola Comune (PAC) ha introdotto, per i vini e i prodotti vinicoli aromatizzati, nuovi obblighi di etichettatura in forma fisica e digitale (e-label). Gli obblighi riguardano la dichiarazione nutrizionale e la lista degli ingredienti.
L’indicazione delle calorie dovrà figurare direttamente sulle etichette cartacee, mentre le altre informazioni potranno essere fornite per il tramite di una e-label. La riforma verrà adottata dall’autunno 2021 e prevede un periodo di transizione di due anni in modo da consentire ai produttori di adempiervi.
LA PIATTAFORMA U-LABEL
La piattaforma prevede il rilascio di un QR Code per ciascun prodotto registrato. Inquadrando il QR Code presente sull’etichetta, il consumatore accede alle informazioni organolettiche e nutrizionali del prodotto così come alle indicazioni di provenienza.
U-label è stata sviluppata in 24 lingue e automaticamente è in grado di fornire le informazioni nella lingua del Paese dal quale vi si accede. La piattaforma garantisce la privacy dei consumatori in quanto non dispone di funzioni di tracciamento. Viene utilizzata solo la geolocalizzazione per favorire l’esperienza di consultazione in base alla lingua.
All’interno di ciascuna e-label di prodotto compariranno, inoltre, messaggi legati al consumo consapevole e alla prevenzione contro modelli di consumo non equilibrati. I produttori potranno ampliare i contenuti inserendo altre informazioni di interesse per il consumatore, come ad esempio quelle legate alla produzione sostenibile.
Con 16 aziende che partecipano alla fase pilota, il sistema sarà testato a fondo. Questa collaborazione con aziende di vari paesi e dimensioni ha permesso a U-Label di aderire il più possibile alle vere esigenze delle aziende e dei consumatori.
U-LABEL IN ITALIA
Federvini, la Federazione italiana di produttori di vini, spiriti e aceti associata a CEEV e SpiritsEUROPE, ha aderito al progetto U-Label.
«U-label rappresenta una pietra miliare nella trasparenza sui prodotti alimentari. È uno strumento che vede il nostro settore all’avanguardia nell’intero comparto agroalimentare. Sfruttando il potenziale della comunicazione digitale si favorisce il dialogo e la fiducia tra produttore e consumatore», dichiara Micaela Pallini, Presidente di Federvini.
Masi Agricola, storica associata a Federvini, è la prima azienda italiana ad aderire all’iniziativa. Oltre ad aver contribuito attivamente allo sviluppo della piattaforma ha aderito al progetto pilota di sperimentazione sui suoi prodotti.
«Da parte nostra, sosteniamo con grande convinzione questa iniziativa volta in primis a garantire la totale trasparenza verso il consumatore». Ha commentato Raffaele Boscaini, Direttore Marketing di Masi Agricola e Coordinatore del Gruppo Tecnico Masi.
«La tecnologia ci supporta in modo determinante permettendo di coniugare un’informazione puntuale e approfondita con la gradevolezza e l’originalità del packaging di un prodotto di antica tradizione», ha concluso Boscaini.
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A un anno di distanza dalla precedente edizione, torna la Monza Wine Experience. Dal 17 al 20 settembre, il capoluogo brianzolo accoglierà i cultori e gli appassionati di vino che potranno così degustare i prodotti di selezionatissime cantine Italiane.
Il settore enologico in questi ultimi anni è diventato un asset importante dell’economia lombarda- dichiarano il Sindaco di Monza Dario Allevi l’Assessore alla Cultura e Attività Produttive Massimiliano Longo – Oggi, dopo le difficoltà del lockdown, dobbiamo ripartire e, per farlo, è doveroso sperimentare e scoprire forme nuove e innovative di coinvolgimento per dialogare con un pubblico diverso e sempre più ampio”.
“La seconda edizione del Monza Wine Experience va proprio in questa direzione. Il vino è uno strumento potente ed evocativo per raccontare un territorio e la sua identità. L’obiettivo, attraverso le aziende che hanno aderito al progetto, è avvicinare gli appassionati – e non – a questo mondo con esperienze emozionali e rafforzare la nostra città come polo di attrazione regionale”.
Il fitto programma della manifestazione – supervisionata dalla sezione Monza e Brianza dell’Associazione Italiana Sommelier – prevede tante iniziative in diverse zone del centro, per vivere in modo nuovo la città, passeggiando fra palazzi storici, ristoranti e boutique trasformate per l’occasione in speciali cantine.
I visitatori avranno la possibilità di scegliere tra Masterclass guidate da esperti, brindisi sotto le stelle, street food d’eccellenza e menù speciali nei migliori ristoranti cittadini. Sono questi gli ingredienti che hanno già determinato il successo della prima edizione che promettono di replicarne gli ottimi risultati.
MENÙ CON VINI IN ABBINAMENTO
Alcune attività della Monza Wine Experience partiranno già all’inizio della settimana: da lunedì 14 a domenica 20 settembre, i vini di questa seconda edizione saranno gli ospiti d’onore in alcuni tra i migliori ristoranti di Monza. Durante tutta la settimana, gli chef proporranno speciali menù degustazione pensati appositamente per esaltare gusto e proprietà delle etichette e immaginare un viaggio sensoriale lungo l’antica tradizione enologica italiana.
DEGUSTAZIONI IN BOUTIQUE
Contemporaneamente all’inaugurazione, Giovedì 17 settembre le boutique del centro si trasformeranno in speciali cantine, per scoprire e assaggiare l’ottima selezione di etichette partner dell’evento.
MASTERCLASS
Punto centrale dell’intera manifestazione saranno le Masterclass, tenute nella suggestiva cornice dell’Arengario dal 18 al 20 settembre. Aldo Fiordelli, giornalista fiorentino adottato dalla città di Monza, esperto di vini ed enogastronomia, giudice ai Decanter World Wine Awards, guiderà i principali appuntamenti, con l’obiettivo di far scoprire i territori del vino in degustazione agli appassionati che si iscriveranno.
Tra i relatori, inoltre, saranno presenti anche personaggi di spicco delle case vinicole coinvolte, che racconteranno in prima persona i segreti della loro produzione e del loro impegno e lavoro. Punto di riferimento in queste masterclass, saranno gli esperti dell’Ais, che affiancheranno i partecipanti alle degustazioni.
PERCORSI DEGUSTATIVI CON PASTA RUMMO
Accanto alle masterclass tutte dedicate al vino, saranno introdotti anche dei Percorsi degustativi con Pasta Rummo, progettati per dare spunto su come scegliere la bottiglia giusta per un primo piatto di terra o di mare. Dal 18 al 20 settembre, a pranzo e a cena, il pubblico avrà l’opportunità di sperimentare dal vivo l’abbinamento fermentato-cibo e imparare trucchi e segreti per trasformare pranzi e cene in esperienze sensoriali indimenticabili.
CALICI SOTTO LE STELLE
Venerdì 18 settembre a partire dalle 18.30, l’animata Via Bergamo, nuovo punto di riferimento per gli amanti del divertimento e della buona cucina, ospiterà Calici sotto le stelle: una serata di degustazioni in cui i wine lovers potranno passeggiare e scoprire i vini proposti nelle dieci postazioni presidiate dai sommelier Ais.
WINE & STREET FOOD
Il vino si abbina benissimo anche al cibo di strada ed è per questo che sabato 19 e domenica 20 settembre l’area di Piazza Carrobiolo si trasformerà nello scenario originale di Wine & Street Food. Tanti Food Truck provenienti da tutta Italia proporranno le loro migliori specialità, abbinate ad alcune tra le più apprezzate etichette di vino italiane.
WINE TASTING & DRIVE-IN THEATRE
Domenica 20 settembre dalle 18.30, Wine Tasting & Drive-In Theatre sugellerà in modo emozionante la chiusura di Monza Wine Experience. Il cuore dell’antico Spalto Santa Maddalena, punto di riferimento per gli amanti del divertimento e della buona cucina, diverrà il teatro di una serata di degustazioni in cui gli amanti del vino potranno passeggiare lungo le rive del fiume Lambro e scegliere quali degustare tra le molte etichette proposte.
Inoltre, in collaborazione con la Compagnia teatrale Binario 7, lo Spalto diverrà un teatro a cielo aperto, con il palcoscenico più piccolo del mondo: un’Apecar. Per unire antichità a modernità, sarà creata un’area privè realizzata con autovetture Mini in cui sarà data l’opportunità di vivere un’esperienza di Drive-in Theatre.
SO WINE
In concomitanza con gli appuntamenti della Monza Wine Experience, Rinascente di Largo Mazzini a Monza ospiterà, dal 17 al 20 settembre, la settima edizione di So Wine, l’evento con cui le cantine presenti in Rinascente aprono le porte al pubblico, propongono l’assaggio delle loro migliori etichette e ne raccontano la storia: dalla coltivazione delle uve alla creazione di prodotti dallo stile unico. Un percorso guidato da enologi e sommelier tra vini bianchi, rossi e spumanti, per imparare il rituale della degustazione e scoprire gli abbinamenti ideali con la cucina.
CASE VINICOLE
Le Case Vinicole confermate alla data del presente comunicato sono: Abbona, Allegrini, Argiolas, Ayala, Cantina Gulfi, Castello Banfi, Cecchi, Consorzio Franciacorta, Marisa Cuomo, Masi Agricola, San Leonardo, San Marzano, Tenuta Alzatura, Tenuta Fertuna, Terre Di Leone, Val delle Rose.
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EDITORIALE – Non un vero e proprio “ministero all’Horeca“, ma quasi. Si è mossa in questa direzione Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, in occasione degli Stati Generali dell’Economia in corso a Villa Pamphilj. Il rilancio della ristorazione italiana, del resto, è in cima ai pensieri di Sandro Boscaini (Federvini) e Riccardo Cotarella (Assoenologi), intervenuti martedì 16 giugno al webinar su vino e finanza organizzato da Foragri.
C’è bisogno di una regia unica che sappia migliorare il settore nell’interesse anche del Paese – sintetizza Fipe – favorendo la sua trasformazione digitale, investendo sul suo capitale umano, rafforzando l’identità con elementi strategici per la filiera agroalimentare e turistica, rivedendo il sistema delle regole uniche per tutto il settore”.
Oggi, come evidenzia ancora Fipe, “le competenze sul settore della ristorazione sono frammentate su tre Ministeri (Sviluppo Economico, Agricoltura e Turismo) con priorità settoriali quali asimmetria di regole, concorrenza sleale, dequalificazione e despecializzazione professionale, sviluppo delle malattie cibo-alcol correlate, alcolismo, obesità, intolleranze e allergie alimentari, fenomeni sociali gravi, mala movida e infiltrazioni malavitose”.
Il settore – denuncia la Federazione italiana pubblici esercizi – è disciplinato da una legge che ha trent’anni (Legge 287/1991), epoca in cui esisteva un altro mercato e altri modelli di consumo. La domanda è cambiata, i modelli di consumo si sono evoluti, il Paese ha bisogno, anche, di una ristorazione forte per il suo rilancio”.
Sempre in occasione degli Stati Generali, Fipe ha sollecitato “provvedimenti emergenziali“, capaci cioè di “tamponare i problemi economico-finanziari impedendo la chiusura di molte aziende”, e “provvedimenti strutturali“, di visione e di rilancio per il comparto.
Tra questi, prioritario secondo la Federazione italiana pubblici esercizi “il rafforzamento dei provvedimenti di sostegno per le imprese, in modo particolare sui temi degli indennizzi tempestivi per le ingenti perdite di fatturato, della liquidità”.
“Vanno inoltre preservate le competenze professionali – ha aggiunto Fipe – con tutti gli strumenti di protezione sociale disponibili”. I provvedimenti strutturali e di visione strategica del settore riguardano, invece, “l’attivazione di politiche governative sulla ristorazione e la filiera agroalimentare, coordinate ed unitarie, capaci di dare dignità istituzionale al settore”. Se non un ministero, serve quantomeno un concerto: di idee, intenzioni. E fatti.
Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi, di fatto, ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di oltre 8 miliardi per i mancati acquisti in cibi e bevande nel 2020. Parlano chiaro, in questo senso, i dati Ismea sugli effetti dell’emergenza Coronavirus per la spesa alimentare degli italiani.
Se gli acquisti domestici aumentano del 6% circarispetto al 2019, per quelli extradomestici per colazioni, pranzi e cene fuori casa è stimato un calo del 40%. Una drastica riduzione dell’attività che, come sottolinea la Coldiretti, pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
“In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo, la ristorazione – riferisce Coldiretti – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato”. La spesa alimentare fuori casa, prima dell’emergenza Coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi a tavola degli italiani. Se non un ministero all’Horeca, insomma, serve (in fretta) qualcosa che gli assomigli. E pure molto.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Due ricerche a confronto (una italiana, l’altra francese) per sostenere una tesi: il settore del vinoitaliano dovrebbe dare più credito a banche, fondi, garanzie e prestiti. Il webinar organizzato ieri pomeriggio da Foragri sul binomonio vino e finanza, oltre a confermare la solidità delle imprese italiane del settore vitivinicolo – anche a fronte dell’emergenza Coronavirus – ha evidenziato la scarsa fiducia nei confronti del credito da parte dei piccoli produttori.
A sottolinearlo, quasi involontariamente, sono stati gli interventi di Alessandro Giacometti, responsabile area Strategie commerciali di Banca Monte dei Paschi di Siena ed Emanuele Fontana, responsabile Servizio Agri-Agro di Crédit Agricole Italia. Solo il 3-5% dei clienti titolari di aziende agricole si è rivolto agli sportelli per un prestito. Dato che sale al 10-15% per i titolari di imprese attive in altri settori produttivi.
Ciliegina sulla torta le parole di Walter Ricciotti. Indicando come esempio virtuoso quello di Prosit, holding che può contare sul fondo di private equity Made in Italy Fund, il co-fondatore e Ceo di Quadrivio Group ha di fatto chiarito quali siano i profili più adatti al binomio vino e finanza.
Ovvero aziende interessate a crescere nel medio e lungo periodo, implementare la produzione e puntare dritto sull’estero, con operazioni di branding. Addirittura aggregandosi tra loro, proprio come avvenuto con Prosit. Qualcosa di ancora molto lontano dal mondo e dalla progettualità delle piccole imprese a conduzione famigliare e dei vignaioli. Illuminanti, in questo senso, i numerosi interventi di esponenti del mondo della produzione.
La presidente Fivi Matilde Poggi, rivolgendosi al Sottosegretario del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giuseppe L’Abbate, non ha fatto alcun accenno al sistema del credito. Confermando, piuttosto, la preferenza di misure per lo stoccaggio privato e la richiesta di abbassare l’aliquota Iva sul vino dal 22 al 10%, passando dall’ordinaria all’agevolata almeno per i prossimi tre anni e mezzo.
Un’ipotesi sul tavolo dei ministri Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri già da fine maggio, che non gode tuttavia del pieno appoggio della base della Federazione di “indipendenti”, dubbiosa sugli effettivi benefici del provvedimento, giudicato persino deleterio per le piccole imprese.
Sul fronte dell’Iva anche la “provocazione” – così è stata definita dallo stesso relatore – di Davide Gaeta, professore associato del dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli studi di Verona: “È davvero un tabù la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto, oppure può essere uno strumento, seppur temporaneo, per l’incentivazione dei consumi nazionali?”.
Tra i produttori, emblematico l’intervento di Sandro Boscaini, titolare di Masi Agricola, nonché presidente di Federvini. Anche in questo caso, nessun accenno al credito. Piuttosto, un appello accorato alle istituzioni.
“Oltre al tema della liquidità – ha sottolineato – il problema nel medio e lungo termine è quello di riequilibrare domanda e offerta nel settore del vino. Vendemmia verde, distillazione e riduzione rese sono tutte belle cose, necessarie come un ‘cerotto’. Ma non dobbiamo mai dimenticare che, al di là dell’emergenza, noi produciamo per vendere“.
L’attivazione della domanda ci serve per mantenere sano il flusso del nostro business, in Italia come all’estero. C’è necessità assoluta di intervenire, di aiutare chi ha sofferto di più il lockdown da Coronavirus, ovvero il mondo della ristorazione e, in generale, dell’Horeca. Va inoltre riattivato il turismo, che ogni anno genera un indotto straordinario attorno al vino”.
Non ultimo l’export: “Mi sento di spendere parole forti su questo fronte – ha sottolineato Sandro Boscaini – bisogna riattivare subito le esportazioni, farlo adesso, con mezzi immediati. Abbiamo già perso un mucchio di opportunità, compreso Vinitaly. C’è la necessità di stanziare fondi ad hoc e di fare promozione al Made in Italy“.
Sulla stessa linea il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: “Come categoria – ha dichiarato – ci sentiamo molto vicini e solidali al mondo della ristorazione e condividiamo l’urgenza e la priorità di interventi utili a ridare al vino il suo teatro: i ristoranti sono il palcoscenico in cui il vino italiano è attore protagonista”.
Tra i relatori anche Raffaele Borriello: “Non bisogna solo aspettare che riaprano i canali tradizionali come la ristorazione, ma dobbiamo piuttosto iniziare a ragionare tutti su un mondo nuovo, lasciatoci in eredità da Coronavirus”, ha avvertito il direttore generale dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
Sul fronte delle garanzie, Ismea ha garantito alle imprese agricole 215 milioni di euro complessivi, dal 22 di aprile al 16 giugno. In chiusura, Borriello ha evidenziato il successo della misura della cambiale agraria da 30 milioni di euro, augurandosi che venga rifinanziata tra le misure del Decreto Rilancio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Terregiunte, finalmente, è quello che è: un vino da tavola, come il Tavernello. Il ravvedimento (tardivo, in verità) è degli stessi Bruno Vespa e Sandro Boscaini (Masi Agricola), che hanno eliminato dal sito web ufficiale tutti i riferimenti all’Amarone e al Primitivo di Manduria. Una Docg e una Doc che non potevano essere nominati per fini commerciali.
Ora, sul portale del”Vino d’Italia” Terregiunte, la descrizione parla chiaro: “Blend Costasera Masi 2016 e Raccontami Vespa 2016 dal color rosso rubino profondo. Al naso balsamico con sentori di tabacco, amarena, mirto, prugna con un pizzico di cacao. Al palato la struttura è compatta, progressiva, densa e golosa. Sapido e potente, è caratterizzato da tannini eleganti e setosi. Piacevolissimo il finale con note di ciliegia e marasca”.
Tutto bellissimo, se non fosse che nel can can mediatico generato dopo la presentazione di Terregiunte a Cortina, l’etichetta abbia potuto beneficiare (anche sui media) della notorietà dell’Amarone Docg e del Primitivo di Manduria Doc.
A premiare il “vinaggio” firmato dagli enologi Riccardo Cotarella (per Futura 14 di Bruno Vespa) e Andrea Dal Cin (per Masi Agricola) sarà il mercato, non abbiamo dubbi. L’opinione pubblica, un po’ meno.
E all’appello, ora, mancano solo i commenti ufficiali dei diretti interessati, tra cui il governatore del Veneto, Luca Zaia, e il suo omologo pugliese, Michele Emiliano. Zaia, infatti, ha presenziato personalmente all’evento “Terregiunte” a Cortina. Emiliano si è invece collegato via Skype dal suo ufficio.
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EDITORIALE – Il Consorzio Tutela vini Valpolicella, con la decisa presa di posizione su Terregiunte – il “Vino d’Italia” pubblicizzato da Bruno Vespa e Masi Agricola, col suo massimo rappresentante Sandro Boscaini, citando Amarone Docg e Primitivo Doc – dà una lezione non solo ai due produttori, ma a tutta la stampa (di settore e non) che si è prestata e prostrata nel “pubblicizzare” un’operazione di marketing ai danni di due Denominazioni del vino italiano.
Non a caso, la Vespa Vignaioli, sulla propria pagina Facebook, nel bieco tentativo di ammantare di legittimità questa porcata, ha pubblicato nei giorni scorsi la vergognosa spataffiata di titoli delle testate che hanno parlato di Terregiunte, così come speravano Vespa e Boscaini.
Coraggiosa doppiamente, dunque, la decisione del Consorzio Vini Valpolicella guidato dal produttore Andrea Sartori. Una stigmatizzazione che, comunque, resta a metà: in attesa che anche il Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria segua le orme dei veneti. Ai lettori della stampa italiana, l’operazione Terregiunte offre un motivo in più per scegliere. Chi non leggere più.
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Il Consorzio tutela vini della Valpolicella ritiene non corretta e quindi irrispettosa delle regole la gestione della comunicazione adottata dalle aziende Masi Agricola e Futura 14 in occasione del lancio, nei giorni scorsi, del vino da tavola Terregiunte. L’ente si unisce così ai dubbi evidenziati da WineMag.it, nel commentare l’etichetta.
Una posizione cui si unisce anche il Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria, con una nota durissima, giunta a poche ore dalla presa di posizione dell’ente della Valpolicella.
Secondo il Consorzio veneto, le norme comunitarie vigenti vietano infatti di fare menzione a zone o prodotti a denominazione di origine accostate a vini senza alcun riferimento geografico, non solo in etichetta ma in tutti i canali media utilizzati.
Questa norma è stata ad avviso del Consorzio ampiamente disattesa dalle aziende in questione nelle comunicazioni ufficiali rilasciate a mezzo sito (www.terregiunte.it), nelle schede tecniche e nei comunicati stampa forniti ai media in occasione della presentazione del prodotto, dove Amarone della Valpolicella Docg e Primitivo di Manduria Doc appaiono puntuali – assieme alle zone di origine – recando nei confronti degli utenti confusione e cattiva informazione e conferendo al vino da tavola un’immagine diversa dalla realtà.
“Nello stigmatizzare il fatto e rimandando, come di dovere, l’esame agli organi competenti – evidenzia in una nota il Consorzio Tutela Vini Valpolicella – il Cda del Consorzio tiene inoltre a puntualizzare come tra l’altro non si possa nemmeno parlare di Amarone per un prodotto solamente vinificato, in quanto non ha concluso il processo di certificazione come Docg”.
“Sorprende infine come questa comunicazione inopportuna sia stata pianificata e realizzata da professionisti e imprenditori di comprovata esperienza. Per tutto ciò si invitano gli organismi di controllo del ministero delle Politiche Agricole a un necessario approfondimento”, conclude il Consorzio.
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EDITORIALE –Declassare uve e terreni è ormai diventata una “moda” in Italia, se non una tentazione incalzante tra i produttori. Un fenomeno che dimostra la crisi delle Denominazioni del vinoitaliano, che paiono contare sempre meno. Forse perché sono ormai tutto tranne che una garanzia?
In Italia, più che Doc o Docg, sono molti i produttori che virano su vini Igt o persino sul “Vino da tavola”. E non serve poi tanto chiamarlo poeticamente e religiosamente “Terregiunte“, come il “Vino d’Italia” di Vespa-Boscaini & Co, che altro non è che un Tavernello, solo col nome (e gli interpreti) più “fighi”: tanto arditi da usare il nome di una Doc e di una Docg per avvalorare un’operazione biecamente commerciale, più che enologica.
Se da un lato ci sono vignaioli che fanno di tutto per “esaltare il terroir”, e Consorzi come quello del Soave che tentano, attraverso le Unità geografiche aggiuntive, di valorizzare la tipicità dei singoli cru della Denominazione, a girar per vigne e cantine del Bel paese capita spesso di rimaner più colpiti dagli Igt che dai vini Doc o Docg.
Caso eclatante, capitato di recente durante il tour di WineMag.it in Calabria, quello di CantinaEnotria, a Cirò Marina. Igt di altissimo livello: veri, col vitigno nudo e “crudo” al naso e al palato, belli da morire. E i Doc ad uso e consumo del mercato internazionale, abituato a un gusto ormai standardizzato, che tende allo zuccherino.
Non è un caso la crescita esponenziale delle vendite dei vini a Denominazione in un settore come la Grande distribuzione organizzata. Notoriamente, chi è abituato ad acquistare vino al supermercato guarda innanzitutto il prezzo, prediligendo i vini con la “fascetta di Stato” più perché rassicurato sul fronte della contraffazione, che a garanzia di bere un vino di qualità, intesa come “rispetto” del vitigno e della Denominazione (che spesso neppure conosce).
Invece, nel mondo del vino di nicchia, spesso vale l’opposto. Il vignaiolo rinuncia alla Doc (o alla Docg) perché non ha bisogno che un disciplinare gli dica quanta uva raccogliere in quel vigneto: diraderà a priori, fottendosene della scartoffia ministeriale e consortile.
Il vignaiolo bypassa le regole dei Disciplinari perché sa che, nel 90% dei casi, il suo Igt o “Vino da tavola” vale – nel calice – più di quanto qualsiasi sgangherata e politicizzata commissione di degustazione possa sancire, durante gli assaggi dei campioni.
Lo stesso vignaiolo a cui, spesso, non viene riconosciuto il merito della valorizzazione del terroir in cui opera, costringendolo a “rivedere” ciò che è invece il semplice frutto della propria terra: magari non rispettoso dei canoni commerciali imposti dalle Denominazioni, ma veritiero del vitigno e del microclima, senza troppe correzioni enologiche, che spesso hanno tragico “effetto standardizzante“.
Succede poi che Consorzi come quello del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, diviso secondo indiscrezioni tra il fare “massa critica” con la Doc – unendosi persino sotto l’egida di un solo organismo, che decida della Glera veneta e friulana in maniera collegiale – o “contrastarla” eliminando addirittura la parola “Prosecco” dall’etichetta, ricerchi paradossalmente le ragioni della flessione dei prezzi delle uve (e delle vendite delle bottiglie) nel fenomeno dei vini base Glera non rivendicati.
Una presa di posizione assurda agli occhi di chiunque abbia mai provato un Igt Treviso prodotto sulle colline Unesco (dunque a Valdobbiadene, mica a San Polo di Piave) da gente come Eros Zanon, per citare solo uno che da anni non scende più a “compromessi” con nessuno, tantomeno con la politica. Nes-su-no, chiaro? E non è solo, Zanon.
In un quadro di forte incertezza per il futuro del vino italiano – stretto tra Brexit, Stati Uniti che sono più l’Eldorado di una volta e la concorrenza sempre più pressante del Nuovo Mondo – ci mancava solo il placet politico del governatore del Veneto Luca Zaia e dell’omologo pugliese Michele Emiliano al “Vino d’Italia” di Bruno Vespa e Sandro Boscaini (Masi). Un blend che, se non altro, ha il merito di diagnosticare il momento di panico.
COSA MANCA? UNA PROGRAMMAZIONE SERIA
La Doc Siciliariduce le rese del Grillo, dopo aver scontentato molte aziende isolane col divieto di produrre vini Igt Terre Siciliane col noto vitigno isolano a bacca bianca e col Nero d’Avola (a ribellarsi sono anche “big” come Duca di Salaparuta, che di fatto continua a produrre Igt, forte di una sentenza europea a proprio favore).
Non va meglio al nord. La Doc Venezie del “fenomeno” Pinot Grigio, il Barolo, il Consorzio Asolo Montello e il Consorzio Tutela Vini Valpolicella guidato Andrea Sartori bloccano gli impianti dei nuovi vigneti per i prossimi tre anni.
Di lì a poche settimane, una delle cantine che meglio rappresenta la storia del vino veneto (Masi Agricola) annuncia di aver sostanzialmente declassato le uve Corvina, Rondinella e Molinara del proprio vino simbolo.
Si tratta di quello che la stessa cantina di Sant’Ambrogio di Valpolicella definiva fino a ieri “gigante gentile che assieme a Barolo e Brunello rappresenta l’aristocrazia dei rossi italiani”, ovvero “Costasera“. La priorità, ora, sembra essere il matrimonio “Nord-Sud” col Primitivo “Raccontami” del giornalista e conduttore tv più “plastico” della storia della Repubblica, Bruno Vespa.
Che il mondo del vino italiano stia andando verso la direzione di una “Doc Italia” è ormai chiaro a tutti. Del resto, il nostro tricolore e quella scritta “Made in Italy” sulle bottiglie (come sui sui capi d’abbigliamento) è una delle poche cose che ancora funziona del nostro Paese.
Una formula, “Made in Italy”, utile come strumento di promozione di un terroir, non di una minestra che rischia di creare ancora più confusione in un mercato già di per sé confuso e fortemente frammentato come quello del vino italiano nel mondo.
E non a caso Vespa promette (alla stampa compiacente) di vendere alla grande “Terregiunte” in Cina, Paese dove potrebbe andare a spiegare, magari assieme al signor Boscaini, le differenze tra Manduria e la Valpolicella, al posto di rovesciare semplicisticamente nello stesso calice una Docg e una Doc distanti tra loro mille chilometri.
LE RESPONSABILITÀ DELLE COMMISSIONI DI DEGUSTAZIONE
Dunque, per favore, abbiate almeno la decenza di non spacciare questa operazione come innovativa e salvifica per l’Italia del vino. Non parlate di “matrimonio” mentre sputtanate l’Amarone.
Non usate il nome di una Docg (col beneplacito delle istituzioni che costituisce l’aggravante, non il salvacondotto) per promuovere un vino che farete pagare come 30 bottiglie di una Glera Treviso Igt molto più rispettosa delle colline di Valdobbiadene (e dell’Unesco) di tanti Docg “fascettati” di zucchero.
E un altro favore, mica a me, ma al mondo del vino italiano: date un taglio alle commissioni tecniche di degustazione delle Denominazioni. Mica un taglio, inteso come “taglio”, “zac”, “tutti a casa”.
Intendo un taglio “commerciale”: fate andare a degustare i buyer (che so? Quelli della Gdo internazionale), assieme agli agronomi ed enologi nostrani, in imbarazzo a bocciare i vini dei colleghi al soldo degli imbottigliatori (etichette che poi finiscono al Lidl, con tanto di fascetta di Stato e sputtanamento della Denominazione, a 1,60 euro).
Ditelo chiaro e tondo che, in quel contesto, passano l’esame i vini destinati a un mercato di massa, o tutt’al più all’estero. Solo così si tornerò a dare centralità ai vitigni. A chi li rispetta per davvero. E a chi avrebbe voglia di vedere la Denominazione sulla propria bottiglia, al posto di rifugiarsi nell’Igt, perché nel proprio territorio crede davvero. Al di là del Dio Denaro.
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EDITORIALE – Nasce “Terregiunte“, il “vino d’Italia” che sancisce il matrimonio tra Bruno Vespa e il patron di Masi Agricola, Sandro Boscaini. Un modo “figo” per chiamare una tipologia di vino che già esiste, in Italia: il “vino d’Italia”, la cui immagine più fulgida è costituita dal Tavernello.
“Terregiunte” è infatti il blend tra le uve Primitivo (di Manduria) e quelle tipiche del re dei vini rossi del Veneto, per lo più Corvina e Corvinone. Vendemmia 2016. Tredicimila bottiglie, sul mercato a partire da novembre. “Era una mia vecchia idea” spiega Vespa, che ieri ha riunito stampa e politici all’Hotel Cristallo di Cortina d’Ampezzo.
Tra gli altri, è intervenuto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Collegato via Skype il suo omologo pugliese, Michele Emiliano. Non poteva mancare l’enologo Riccardo Cotarella, firma e “prevosto” di questo “matrimonio enologico tra Nord e Sud Italia”.
“Terregiunte – precisa Bruno Vespa – è un ‘nuovo Vino’, un blend, miscela di due o più uve per ottenere un taglio unico: di Primitivo, vino dallo spiccato carattere mediterraneo, e Amarone”.
Quella di Vespa e Masi Agricola è tutto tranne che una novità. Il riferimento non è a quella clamorosa gaffe di Contri Spumanti, colosso veneto che fino al 2016 presentava sul proprio sito web un’etichetta – il Primitivo di Manduria Doc “Contessa Carola” – dichiarando sulla scheda tecnica di aver utilizzato la Corvina.
Bensì al più noto, quanto bistrattato, “vino d’Italia”: il Tavernello. Caviro, l’azienda che lo produce nel famigerato Tetra Pak, ma anche in bottiglia, lo ottiene “blendando” di anno in anno le uve prodotte dai soci di tutto il paese, dalle regioni del nord a quelle del sud. Ottenendo, grazie anche all’abilità degli enologi, un prodotto uguale di anno in anno. Di vendemmia, in vendemmia.
IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI
Potrà non piacere il paragone tra “Terregiunte” e il Tavernello, ma tant’è. E fa specie che politica e istituzioni del vino non intervengano, anzi avallino questo progetto di marketing di due privati, che si fregiano dell’utilizzo della parola “Amarone” per promuovere un prodotto che non è Doc, non è Docg e non è un Igt. È un Tavernello. Solo più figo.
Infine, diciamocelo. Questo vino, nato dall’improvviso (ma mica tanto, cisternamente parlando) amore tra il Veneto e la Puglia, è anche colpa vostra. Di voi critici enogastronomici, che bandite il Sagrantino di Montefalco come “imbevibile” e “troppo tannico”, gioendo alle versioni detanninizzate, morbide come la gommapiuma a 6 mesi dall’imbottigliamento.
E’ colpa di chi chiede “l’Amarone pronto subito“, perché così “fresco e beverino”. Un po’ come è colpa di chi si è “stancato di aspettare 10 anni un Barolo”. Bevete questo, allora. Bevete il “blend d’Italia”. O le etichette di Caviro, enologicamente perfette e senza gli inutili, poetici fronzoli di “Terregiunte”. Cin, cin.
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VENEZIA – “Terra” è il primo tema di NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica con cui si sono inaugurate oggi le attività dell’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli. Da cosa avviare, altrimenti, le riflessioni sulla cultura gastronomica italiana se non dalle sue origini materiche e vitali? Un progetto nato dalla collaborazione tra Seminario Permanente Luigi Veronelli e Fondazione Giorgio Cini con il sostegno di Banca Generali Private.
La giornata ha riunito esperti, appassionati, professionisti e scopritori dei cibi e dei vini italiani sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, sede della Fondazione Giorgio Cini e della stessa Alta Scuola, per un viaggio volto a indagare lo stato dell’arte della cultura gastronomica italiana.
“La terra, la terra, la terra” è stato l’appuntamento in omaggio al padre della critica gastronomica italiana contemporanea a cui è intitolata l’Alta Scuola, Luigi Veronelli, attraverso quattro autorevoli voci: Gian Arturo Rota, rappresentante della famiglia Veronelli, Ilaria Bussoni, filosofa, editrice e componente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli, Alberto Capatti, storico della gastronomia e presidente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli e Joško Gravner, vignaiolo in Oslavia – Collio/Brda.
Gravner, amico di Veronelli e da questi definito il “vignaiolo hacker”, poiché lo giudicava capace di sabotare con le sue radicali e rigorose pratiche quotidiane il sistema dell’agricoltura industriale, si è distinto nel corso degli ultimi vent’anni per aver rivoluzionato vigneto e cantina con il fine di creare un vino il più possibile vicino alle origini, a partire dall’adozione di un’anfora come contenitore di fermentazione e decantazione così come si faceva (e si fa) tradizionalmente in Georgia, terra madre del vino.
Per Gravner la terra è intesa in senso ancestrale, una “pacha mama”, a cui si deve rispetto e da cui provengono insegnamenti ineludibili colti grazie all’attenta osservazione quotidiana. “Tanti mi dicono che io torno indietro. Se questo significa fare maggiore qualità, sono orgoglioso di tornare indietro perché in realtà sto andando avanti”, ha affermato Gravner.
Nessuna agiografia, dunque, ma una profonda umanità ha caratterizzato l’omaggio veronelliano a cui è seguita la tavola rotonda “Il sapere della Terra. Per una connessione tra gli sguardi e le identità disciplinari” con Alberto Capatti, storico della gastronomia e Presidente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola Veronelli, Renata Codello, Direttrice Affari Istituzionali Fondazione Giorgio Cini, Stefano Castriota, economista della Libera Università di Bolzano, Massimo Bertamini, responsabile del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia Centro Agricoltura Alimenti Ambiente di Trento e Andrea Alpi, responsabile didattico dell’Alta Scuola.
Dopo una prima analisi dell’evoluzione economica e di mercato del vino, condotta dal prof. Castriota, che ha evidenziato come l’export sia oggi un settore trainante nell’economia italiana, soppesando la relazione mutata tra consumo interno ed esportazione, il prof. Massimo Bertamini ha sottolineato il valore della “terra” come paradigma attivo e formativo, importante nella relazione con ile giovani generazioni.
“Cresciuto in una famiglia contadina della campagna trentina – ha spiegato Bertamini – ho avuto tante opportunità di testare il sapore della terra. Per sentirsi utili e diventare uomini, infatti, era fondamentale mettere le mani nella terra per ritrovare saperi anziani e scoprirne di nuovi. Saperi che mi hanno sempre appassionato tanto da spingermi a diventare di queste materie ricercatore e docente”.
I CAPOLAVORI DELLA VITICOLTURA Da domani giovedì 5 e fino a sabato 7 luglio, la magnifica sala realizzata alla fine del Cinquecento dall’architetto Andrea Palladio, in collaborazione con il pittore Paolo Caliari detto il Veronese, diverrà il “Sensorium” dell’Alta Scuola Veronelli.
Uno spazio dedicato ai “capolavori della vitivinicoltura italiana”, i vini che i visitatori potranno degustare contribuendo al progetto con l’acquisto online di un ticket (con 20 € si ha diritto all’assaggio di 5 grandi vini).
Guido Berlucchi, Ca’ del Bosco, Cantine Ferrari, Les Crêtes, Kellerei Terlan, Vie di Romans, Villa Bucci, Braida, Masi Agricola, Marchesi Antinori, Fèlsina, Gianfranco Fino e Donnafugata sono state le prime aziende a sostenere l’Alta Scuola Italiana di Gastronomia Luigi Veronelli mettendo a disposizione il proprio vino più rappresentativo (l’elenco completo dei vini proposti è disponibile qui).
Il programma di NutriMenti | Settimana della Cultura Gastronomica prosegue fino a sabato 7 luglio. Per informazioni e prenotazioni altascuolaveronelli.it.
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FORTE DEI MARMI – Dalle Alpi dolomitiche alle Apuane, ovvero da Cortina al litorale di Forte dei Marmi. La storica rivista enologica italiana Civiltà del bere si prepara al lancio di un nuovo evento originale e raffinato. La ventennale manifestazione VinoVip, che riunisce a Cortina d’Ampezzo negli anni “dispari” i grandi nomi dell’enologia e produttori emergenti, nell’estate 2018 approda sul lido del Forte.
VinoVip ospita in Versilia il Gotha della produzione enologica italiana, con aziende vitivinicole top, tra grandi firme (i Protagonisti alla Capannina di Franceschi) e una selezione di “Challenger”, le nuove Sfide italiane.
VinoVip non è solo una degustazione, ma una giornata di confronto durante la quale si danno appuntamento nomi di fama internazionale, in una delle mete turistiche più amate.
L’evento culminerà con un wine tasting alla Capannina di Franceschi, luogo di culto profano e simbolo dell’estate italiana, che per la prima volta ospiterà una degustazione di vini pregiati. Il Comune di Forte dei Marmi ha accolto con entusiasmo l’idea di un’edizione di VinoVip al Forte.
“Forte dei Marmi – ha dichiarato il sindaco Bruno Murzi – è una realtà unica a livello nazionale: in un territorio di appena 9 km quadrati troviamo ben quattro ristoranti stellati che sono un vanto per la città e per l’amministrazione comunale, che li ha recentemente insigniti con un premio. Anche in virtù di questo, sono particolarmente felice di poter ospitare VinoVip, un prestigioso evento a completamento della tradizione di eccellenza dell’arte culinaria di Forte dei Marmi”.
IL PROGRAMMA La giornata del 18 giugno si aprirà con il convegno, di estremo interesse per i professionisti e i cultori del grande vino: “Wine&Money, prospettiva globale”, introdotto dall’economista divulgatore americano Mike Veseth, fondatore della fortunata newsletter The Wine Economist. Il convegno sarà diviso in quattro tempi, ciascuno dei quali prevede un apripista che inquadrerà l’argomento, seguito poi dagli interventi degli imprenditori protagonisti di VinoVip. I temi (e gli apripista) sono:
1. “Le sfide dell’Italia enoica”. Introduce Angelo Gaja
2. “Le rotte del vino globale”. Introduce Denis Pantini di Nomisma
3. “Imprese da gestire”. Introduce Ettore Nicoletto, amministratore delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo
4. “Punti di forza, di debolezza, opportunità e rischi del Sistema Italia”. Introduce Piero Mastroberardino.
Al termine del convegno sarà annunciato il vincitore della quinta edizione del Premio Pino Khail “per la valorizzazione del vino italiano”, in precedenza conferito a Lucio Caputo, Lucio Tasca, Piero Antinori e Pio Boffa (Pio Cesare).
Seguirà la presentazione del libro “Manuale di conversazione vinicola” scritto dal decano dei giornalisti del vino, Cesare Pillon, entrambi presso la storica Fondazione Villa Bertelli.
Chiude l’evento il Grand Tasting della Capannina (dalle 18 alle 22) con i 52 Protagonisti di VinoVip al Forte 2018: sarà l’occasione per assaggiare i vini delle aziende che hanno scritto la storia di uno dei prodotti simbolo del made in Italy.
E alla Capannina non può mancare la migliore musica, con una “play list” ideata dal sound sommelier Paolo Scarpellini, collaboratore di Civiltà del bere, che abbinerà brani musicali alle etichette presentate, uno per ciascun produttore vinicolo protagonista.
“Da tempo desideravamo trovare un’alternativa ‘marittima’ al nostro fortunatissimo VinoVip Cortina – ha dichiarato Alessandro Torcoli, editore e direttore della rivista – evento di punta di Civiltà del bere da 20 anni. Abbiamo finalmente trovato in Forte dei Marmi il luogo ideale. Le affinità tra le due località di villeggiatura sono molte: eleganza, esclusività, qualità, fama internazionale”.
VinoVip al Forte si avvale del servizio dei sommelier di Ais Toscana. “Siamo da sempre con entusiasmo e professionalità al fianco dei principali eventi di promozione e diffusione della cultura del bere”, afferma il presidente Ais Toscana Osvaldo Baroncelli.
“Una manifestazione così importante come VinoVip – continua – che dalle Dolomiti approda in Versilia, nella nostra regione che ha nel Dna la cultura enologica, è un grande appuntamento di confronto per gli addetti ai lavori e di degustazione per i wine lovers”.
“È un contesto unico – conclude Baroncelli – e siamo onorati di collaborare a questo evento di Civiltà dal bere, la più longeva rivista di settore, nonché oggi importante network di comunicazione sul vino”. A VinoVip al Forte saranno presenti alcune tra le aziende più blasonate d’Italia.
LE CANTINE PRESENTI A VINOVIP AL FORTE Marchesi Antinori, Tenuta Artimino, Guido Berlucchi, Bertani Domains, Bisol, Bortolomiol, Bottega, Castello di Querceto, Conte Vistarino, Famiglia Cotarella, Cleto Chiarli, Cuvage, Dievole, Domini Castellare di Castellina, Cantine Due Palme, Livio Felluga, Cantine Ferrari, Feudi di San Gregorio, Ambrogio e Giovanni Folonari, La Vis.
E ancora: Librandi, Marchesi di Barolo, Masciarelli, Masi Agricola, Mastroberardino, Mezzacorona, Pasqua, Petra, Pio Cesare, Planeta, Rocca delle Macìe, Ruggeri, Tenuta San Guido, Tenuta Santa Caterina, Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Cantine Settesoli, Tasca d’Almerita.
Infine: Tenuta di Trinoro/Passopisciaro, Tommasi Family Estates, Torre Rosazza, Umani Ronchi, Velenosi, Villa Matilde, Vite Colte, Zenato. I challenger: Eleva, La Viarte, Monteverro, Poggio Cagnano, PuntoZero, Siddura, Tenuta di Fiorano.
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Siamo in estate, nel pieno di questa fantastica stagione. E sempre più ricerchiamo prodotti freschi, che possano regalarci momenti di sollievo. Ma non vogliamo rinunciare al nostro amato nettare d’uva. Quindi quale miglior prodotto può regalarci piacere e freschezza se non un vino rosato? Questa volta vinialsupermercato.it punta la lente di ingrandimento su una grande casa vinicola veneta, che nella sua vasta gamma di prodotti può vantare un rosato estremamente interessante nel rapporto qualità prezzo. Parliamo di Masi Agricola e del suo Rosa dei Masi. Alla vista il vino si presenta di un color rosa tenue: la classica “buccia di cipolla”, con un’ottima luminosità e limpidezza. Passando all’olfatto la frutta matura è molto presente: lampone e ribes la fanno da padroni ma al naso l’eleganza e la complessità di questo vino fanno presagire una beva – se possibile – ancora più interessante. Al palato tutta la morbidezza del vitigno Refosco, ottenuta grazie a una nuova interpretazione dei vini rosati. E’ il frutto della “Masi Expertise” nella vinificazione – in piccole quantità – di uve leggermente appassite. Ecco dunque i ritorni di frutti rossi maturi che non celano una piacevole acidità, riconducibile al succo della melagrana. Un concerto sintetizzabile con la sensazione di freschezza assoluta. Colpisce, infine, la straordinaria persistenza di questo vino. Un “Supervenetian”, insomma, fratello minore del noto Campofiorin rosso. Ottimo come aperitivo e con antipasti, Rosa dei Masi è il compagno perfetto per gustare anche crostacei, frutti di mare e pasta con condimenti e sughi leggeri.
Prezzo: 11,90 euro
Acquistato presso: Supermercati Tosano, Gruppo VeGè
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