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Orvieto: patto tra cinque viticoltori per rilanciare il vino bianco simbolo dell’Umbria


MILANO –
Non sarà come la galoppata di Garibaldi e dei suoi Mille, prima della partenza per la Sicilia da Talamone (se non altro perché la direzione è inversa). Ma la determinazione che muove cinque produttori di Orvieto, uniti per il rilancio della Denominazione, suona già come una mezza vittoria.

Brindò con l’Orvieto – nel lontano 1860 – l’Eroe dei due Mondi, per benedire il viaggio verso il Meridione. E hanno brindato con l’Orvieto i titolari di Cantine Neri, Madonna del Latte, Palazzone, Sergio Mottura e Tenuta di Salviano, che a Milano hanno presentato alla stampa il loro progetto di qualità.

Un fronte comune – spiegano i cinque produttori – per sostenere un modo condiviso di fare vino: assoluto rispetto ed esaltazione del territorio, minimo impatto ambientale, sapiente gestione del vigneto. E, in cantina, un’attenzione maniacale per conservare in maniera naturale il patrimonio varietale che rappresenta il carattere di questa terra”.

Facile a dirsi, più difficile a farsi. Specie in una terra che ha visto trasformare il suo vino bianco d’elezione, noto sin dall’epoca degli etruschi, in merce di bassa lega. Degna solo dei grandi serbatoi dello sfuso e dei commercianti del vino. La chiave nella riscoperta di varietà locali, come il Procanico, il Verdello e il Drupeggio, accanto alle più note Malvasia Toscana, Grechetto e Trebbiano Toscano.

CINQUE AMICI, UN PROGETTO

Un progetto di collaborazione, quello delle cinque cantine orvietane, in cui ognuno mantiene la propria personalità. Come cinque amici al bar, che al posto di sfidarsi giocano la stessa partita a carte, col mondo del vino seduto a capotavola. Non ancora una vera e propria Associazione, la cui costituzione non viene comunque esclusa.

C’è la Cantina Neri di Bardano: un’azienda familiare che conta circa 80 ettari di terreno, di cui cinquanta vitati. C’è poi la Tenuta di Salviano, realtà storica arroccata sulle rive del Lago di Corbara. Focalizzata sui vitigni autoctoni.

Madonna del Latte è la vera principessa “verde” del gruppo, che ha trovato casa tra Orvieto e il Lago di Bolsena. Palazzone la cantina dal nome che evoca grandeur: un’azienda che sorge a pochi passi da Orvieto, capace di disegnare nel calice la grande eterogeneità del terreno, sin dalla fine degli anni Sessanta.

E infine Sergio Mottura, storico sostenitore degli autoctoni. Ha sempre ricercato e sperimentato sul campo diversi aspetti della vinificazione e della gestione della vigna, con l’intento di esaltare le potenzialità del territorio.

Tra le leve di promozione dell’Orvieto c’è la sua longevità, dimostrata dalla degustazione di alcune vecchie annate delle cinque cantine. “L’obiettivo – sintetizza Enrico Neri – non è proporre vini pronti dopo 15 anni, ma gridare al mondo i due volti dell’Orvieto: buono a pochi mesi dalla vendemmia e, ancor di più, con qualche anno sulle spalle”.

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