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Anticontraffazione del vino: l’italiana OREV® rivoluziona il settore con “Crypto Tag”

Si chiama “Crypto Tag” e non è nient’altro che un microchip inserito all’interno di un’etichetta, dotato di un sofisticato sistema crittografico. Lo ha sviluppato OREV®, azienda della provincia dell’Aquila in Abruzzo, che promette così di «rivoluzionare i sistemi di anticontraffazione del vino, attraverso le più avanzate tecnologie NFC».

A spiegare in esclusiva a WineMag.it il progetto rivoluzionario è Paolo Mario Cipriani, fondatore e Chief Technology Officer dell’azienda abruzzese. Un concept che ha preso vita nel 2013, applicabile oggi a molti beni di lusso, al fine di proteggere i brand e la loro reputazione. Tra questi, i vini dell’Etna di Frank Cornelissen.

Come si applica il tag a una bottiglia di vino?

Le cantine che vogliono adottare il Crypto Tag forniscono le etichette ad OREV®, che procede alla riconsegna con il Tag applicato e funzionante. Le etichette “taggate” potranno quindi essere applicate sulle bottiglie più pregiate, utilizzando i consueti sistemi di etichettatura.

Il Tag è disponibile anche nella versione “tamper proof”, ovvero “a prova di manomissione”: molto utile in tutte le applicazioni in cui si vuole mostrare all’utente la prova dello stato di perfetta integrità della bottiglia, mai aperta prima. Nessuna modifica è prevista nella fase di etichettatura e nessuna modifica è richiesta all’estetica della bottiglia.

Come si verifica l’autenticità della bottiglia di vino?

Per verificare l’autenticità della bottiglia basta avvicinare il telefono al Tag. Si viene rediretti su una pagina web che mostra l’autenticità della bottiglia e tutti i dettagli del prodotto.

Non è necessaria l’installazione di alcuna app, in quanto i telefoni, sia Android che iOS, supportano nativamente la tecnologia NFC. Per intenderci è la stessa tecnologia che utilizziamo quando effettuiamo i pagamenti con il telefono al posto della carta di credito o del bancomat.

Quali sono le caratteristiche che rendono unico il progetto OREV®?

Certamente l’univocità di ogni scansione. Ogni scansione è unica e non è riutilizzabile o condivisibile. A differenza di un QR-Code o degli altri Tags NFC il nostro Crypto Tag produce un link “usa e getta” ovvero tale link non è più valido una volta verificata l’autenticità della bottiglia.

Se si vuole eseguire l’autenticazione bisogna nuovamente “fare tap”, ovvero avvicinare il telefono, sul Tag. Questa cosa non è banale, anzi al contrario, è uno dei fattori più importanti che ci si deve aspettare da un sistema di questo genere: il fatto di dover essere fisicamente davanti all’oggetto che si vuole autenticare fa tutta la differenza del mondo.

Se non hai il prodotto davanti a te non puoi autenticarlo, un po’ come avviene con la blockchain efficace nel risolvere il cosiddetto problema del “double spending” dei bitcoin. In altre parole, non consente di spendere due volte la stessa moneta.

OREV® risolve il problema dell’autenticità come la blockchain risolve il problema del “double spending“. Quindi anche le interazioni con i prodotti sono validate e di conseguenza anche tutti i dati statistici raccolti dal sistema sono validi.

Non dovrebbe essere così per tutti i sistemi con QR-Code o NFC?

Purtroppo non è così. Per i sistemi QR-Code o NFC classici si possono creare dei “cloni”, che poi generano false autenticazioni e, di conseguenza, falsi dati statistici che avvelenano la bontà dei dati su cui poi si va a fare business intelligence. Fare statistiche su dati non veri non serve a niente e a nessuno, anzi, è controproducente.

Tra i vantaggi del Crypto Tag può dunque anche essere annoverato il contrasto al mercato grigio, vera piaga che ci è stata confermata da molti clienti. Spesso sono presenti in un dato Paese le bottiglie non appartenenti all’importatore che ha l’esclusiva in quel Paese.

OREV® risolve nativamente questo problema, perché permette di gestire le bottiglie per commessa e per distributore. Quindi se una bottiglia destinata al mercato italiano, per esempio, viene rilevata dalla nostra piattaforma negli Stati Uniti, viene notificata immediatamente la cantina che identifica la bottiglia, il numero di lotto, la commessa e il distributore a cui era destinata. Si sa con certezza quindi chi ha spedito quella bottiglia negli Stati Uniti.

E se si manomette il tag?

Il Crypto Tag è a prova di manomissione nella versione “tamper proof”, che permette di verificare se una bottiglia risulta chiusa oppure se è stata aperta. Abbiamo sviluppato questo sistema in tempi record e siamo tra i primissimi ad offrirlo al mercato italiano ed europeo.

Abbiamo inoltre ideato e realizzato una tecnologia definita “Twin Tag Authentication System“, un sistema di autenticazione basato su “tag gemelli”, per rendere ancora più sicura l’autenticazione di beni di lusso di altissima gamma.

Pensiamo alle bottiglie di vino che hanno un valore di migliaia o decine di migliaia di euro. Con due Crypto Tags, uno in etichetta e l’altro sul collo della bottiglia, è possibile garantire allo stesso tempo autenticità e stato di chiusura della stessa.

Il tag può essere dunque a misura di cliente?

Esattamente. Ogni bottiglia di vino che ha “a bordo” un Crypto Tag OREV® può essere registrata a nome del suo acquirente o, eventualmente, dedicata a qualcuno.

Questa è una caratteristica avanzata che abbiamo pensato per tutti i collezionisti e gli appassionati ma anche per tutte le persone che semplicemente vogliono registrare un bene a proprio nome entrando a far parte di un Club esclusivo eventualmente gestito dalla cantina.

OREV® permette dunque di comunicare il proprio vino in un modo tutto nuovo. Sono supportate molteplici lingue in modo da fornire le informazioni direttamente nella lingua dell’utente (rilevata automaticamente). Inoltre possono essere veicolate immagini, video e contenuti multimediali impossibili da fornire attraverso la sola etichetta.

Il tutto dando la possibilità di implementare nuove strategie di marketing. Generando dati autentici dalle interazioni, è possibile eseguire delle analisi dei dati per capire in quale paese le cose stanno funzionando bene e dove invece bisogna rafforzare le strategie pubblicitarie del brand.

Non solo vino, dunque

Siamo presenti nei settori Wine & Spirits, Fashion e anche Food & Beverage. Stiamo ricevendo ottimi feedback dai nostri clienti che tra l’altro stanno espandendo l’adozione dei nostri Tags anche su altre linee di prodotto e altri brand. Stiamo lavorando anche per entrare nel settore farmaceutico, perché anche in questo settore possiamo offrire anticontraffazione, tracciabilità ed antimanomissione “all in one“.

Qual è il costo del vostro sistema anticontraffazione?

Siamo un’azienda giovane, dinamica e snella che tiene a cuore Made in Italy. Abbiamo sviluppato tutta la nostra tecnologia in house e questo ci consente di offrire sul mercato il nostro sistema a prezzi estremamente competitivi.

Il nostro obiettivo è quello di fornire un sistema anticontraffazione di altissimo livello ad un prezzo accessibile cosicché le nostre cantine possano tutelare a livello globale il proprio prodotto Made in Italy con una tecnologia altrettanto Made in Italy. Per saperne di più su OREV® si può consultare i canali orev.it, Instagram e Facebook.

Quali progetti avete ha serbo OREV® per il futuro?

Ci sono molte cose su cui stiamo lavorando, uno su tutti è la blockchain assieme ad un importante partner del settore. Abbiamo sviluppato delle soluzioni estremamente interessanti ed ora entrambi possiamo vantare strumenti unici che molto presto arriveranno sul mercato. Abbiamo dei non-disclosure agreement in corso e quindi non possiamo dire di più.

Oltre alla blockchain stiamo lavorando anche ad un sistema di AI (intelligenza artificiale) e all’evoluzione della nostra piattaforma di business intelligence. Pensiamo ogni giorno al modo in cui possiamo ottimizzare l’usabilità del nostro sistema e dei nostri software al fine di semplificare l’operatività dei nostri clienti.

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GoVolcanic 2019: i vini vulcanici italiani convincono Budapest. I migliori assaggi

BUDAPEST – I vini vulcanici italiani sono ormai una categoria ben definita, riconoscibile anche all’estero. Un movimento capace di riunire i produttori di alcune delle aree vitivinicole più vocate del Belpaese, accomunate dal terroir vulcanico. La conferma è arrivata lo scorso weekend a Budapest con GoVolcanic 2019, prima edizione del summit che si candida a diventare uno degli appuntamenti chiave per i vini vulcanici internazionali, in Europa.

Sotto lo stesso tetto i vignaioli di Soave, Monti Lessini, Etna e Vulture, ospitati da 40 produttori ungheresi delle regioni di Mátra, Tokaj, Somló, Bükk, Balaton, Ménes e Szerémség. Presenti anche diversi vigneron di Isole Canarie, Azzorre, Slovenia, Israele, Francia (Auvergne) e Slovacchia (Tekov, Tekovského regiónu).

Abbiamo avviato la valorizzazione dei vini da suolo vulcanico ormai 10 anni fa – commenta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave, nonché del Consorzio del Lessini Durello – ed è bello vedere che la nostra idea si sia sviluppata non solo in chiave nazionale, ma anche internazionale”.

“All’evento di Budapest faranno seguito summit in Francia e Germania – annuncia Lorenzoni – ma soprattutto siamo protagonisti come Lessini Durello, assieme al formaggio Monte Veronese e alla cantina Santo Wines di Santorini, del progetto ‘Gli eroi vulcanici d’Europa‘: una misura 1144 dell’Ue che coinvolge 6 Stati, in 3 anni. Momenti, questi, che trasformano i vini vulcanici in una vera e propria categoria”.

Buoni i riscontri in Ungheria, con 738 visitatori registrati in due giorni all’Holdudvar della Margitsziget, l’isola Margherita sul fiume Danubio, tra Buda e Pest. “Siamo entusiasti di aver generato l’interesse internazionale per questo evento – commenta l’organizzatrice Eva Cartwright – e speriamo di aver ispirato il pubblico a visitare di persona gli incredibili paesaggi da cui provengono questi vini vulcanici”.

La macchina organizzativa dell’edizione 2020 è già in moto: “La location sarà più grande – annuncia Cartwright – e accoglierà nello stesso edificio, oltre ai produttori di vino, anche quelli di alcune eccellenze gastronomiche locali. L’intento sarà sempre quello di giocare sul trinomio Vino-Cibo-Esperienza“.

I MIGLIORI ASSAGGI A GOVOLCANIC 2019

SPUMANTI
Lessini Durello spumante Brut “Vulcano”, Zambon: 90/100
La temperatura di servizio non aiuta al momento dell’assaggio, ma l’etichetta in questione è una vecchia conoscenza di WineMag.it. Un Metodo classico che sa abbinare al frutto polposo della Durella la verticalità ed essenzialità tipica dei vini vulcanici.

VINI BIANCHI
Tokaj 2017, Sanzon Rány: 94/100
Furmint, single cru: 6 grammi litro ammortizzati a dovere dall’impronta vulcanica del terreno. Naso che si presenta timido, su note di buccia d’agrumi, per poi esplodere (letteralmente) su frutta esotica, mandarino e macchia mediterranea. Leggera percezione talcata. Spettacolo puro al palato, nel gioco tra larghezza e verticalità, polpa e “vulcano”. Chiusura salina elegantissima, con ritorni leggeri di liquirizia.

Tokaji 2017, Homonna Attila: 93/100
Furmint e Hárslevelű. Minerale da vendere, sia al naso sia la palato. Le note di pietra bagnata si avvicendano col frutto. In bocca una gran verticalità, senza rinunciare ancora al frutto, in un quadro di perfetta corrispondenza gusto olfattiva che si arricchisce di accenni di macchia mediterranea. Splendido.

Soave Doc 2017 “Le Cervare”, Zambon: 92/100
Vino bocciato tre volte dalla commissione di degustazione della Doc, forse per l’utilizzo di lieviti indigeni poco standardizzanti. Eppure “Le Cervare” è uno dei Soave più tipici in circolazione, con le sue note agrumate e l’impronta vulcanica che si manifesta su pietra focaia e polvere da sparo, prima di una chiusura sulla mandorla amara.N

Nagy-Somlói Juhfark 2017, Somlói Apátsági Pince: 92/100

Juhfark è il nome del vitigno che corrisponde al Coda di pecora, autoctono della Campania. Evidente la matrice del terroir, affiancata da note di fiori secchi, agrumi e tè nero. Al palato ricordi di frutta secca e gran sapidità, che accompagna verso un finale lungo e corposo.

Rhine Riesling 2017 “Shop Stop”, Villa Sandahl: 91/100
Un Riesling renano prodotto nella zona del Balaton, in cui i 6 grammi litro di residuo aiutano a riequilibrare la gran verticalità e freschezza del vitigno. Tra i vini più “gastronomici” in degustazione a GoVolcanic 2019.

Olaszrizling Single vineyard 2017, Sabar: 90/100
Naso ampio, talcato, mentolato, agrumato. In bocca verticale, molto salato, in un quadro di apprezzabilissimo equilibrio. Gran bevibilità, tipica del vino semplice ma non banale, e ottima persistenza.

Vinho Branco Verdelho Ig Açores 2017 “Magma”, Adega Cooperativa dos Biscoitos: 90/100
La mano degli enologi Anselmo Mendes e Diogo Lopes è leggerissima in questo vino delle Canarie che rispetta al 100% il terroir vulcanico, senza alcun compromesso “di cantina”. Vino verticale e diretto, dalla gran beva.

VINI ROSSI

Cabernet Sauvignon Red Hills Lake Country 2017, Obsidian Ridge Vineyards: 95/100
Uno dei capolavori della viticoltura americana. Al 96% di Cabernet Sauvignon la cantina accosta un 2% di Petit Verdot e un 2% di Malbec. Il gioco fra terra, frutto e terziari incolla il naso al calice.

Dal muschio al sottobosco bagnato, passando per richiami minerali (la classica pietra bagnata), si passa ai frutti rossi e alla mora, prima di sfociare nella spezia. In bocca pieno, elegantissimo, verticale ma equilibrato, tra frutto, terziari. Il tannino è vivo e di prospettiva, ma non disturba. Il rosso che sbanca l’evento di Budapest.

Etna Doc Rosso 2012 “Millemetri”, Feudo Cavaliere: 93/100
Frutto rosso, agrume, mineralità, pietra bagnata e ricordi goudron. In bocca buona verticalità e gran eleganza. Ritorni di agrumi e frutta rossa anticipano una chiusura salina, lunga e precisa. Da provare anche il rosato di questa nobile cantina siciliana.

Do La Palma Vijariego negro, Viñarda: 92/100
Siamo alle Canarie, per un vino manifesto del terroir. Con questo Vijariego negro metti il naso sul vulcano e inspiri a pieni polmoni il “concetto”. Sintesi per il naso di questa etichetta che gioca su sentori di brace, minerali e di erbe, con buon apporto di polpa. In bocca dritto, stretto, fa salvare la parte minerale. Gran bevibilità.

Etna Rosso 2016 “Scalunera”, Torre Mora: 91/100
Frutto rosso croccante, erbe, liquirizia, radice, bella profondità e pulizia. Corrispondente e lungo. Bella prova sull’Etna quella di Torre Mora, la tenuta etnea del colosso toscano Piccini.

Bükki Zweigelt Mályi – Zúgó – dűló 2018 Organikus Szőlőbirtok és Pincészet, Sándor Zsolt: 89/100
Vino semplice, beverino, tutto frutto e terroir vulcanico. Gran facilità di beva e rispetto della tipicità dello Zweigelt.

VINI DOLCI
Recioto di Soave Docg Classico 2013, El Vegro: 94/100
Naso su goudron ed erbe aromatiche. Bocca dolce e tagliente. Un Recioto di Soave da incorniciare.

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