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A Walter Massa il premio Grosso d’Oro Città di Tortona: la dedica alla madre


Walter Massa Grosso d’Oro città di Tortona. «Un vignaiolo, un innovatore, un testimonial e un ambasciatore del territorio tortonese a cui riconosciamo l’eccezionale impegno profuso nella valorizzazione del territorio tortonese e dei suoi prodotti tipici, esaltandone l’eccellenza enogastronomica in Italia e nel mondo. Il suo lavoro, la sua passione e la sua visione hanno saputo raccontare attraverso il vino e la cultura del fare la vera essenza della nostra terra, rendendola ambasciatrice di qualità, tradizione e innovazione. Quindi noi consegniamo oggi il Grosso d’Oro a Walter Massa». Questa la motivazione con la quale il sindaco di Tortona, Federico Chiodi, ha appena consegnato il premio Grosso d’Oro Città di Tortona al vignaiolo padre del Timorasso. Il vino dei Colli Tortonsi, che oggi si promuove a livello nazionale ed internazionale col vecchio nome della città di Tortona, Derthona, è stato “inventato” dal vignaiolo di Monleale, insieme ad un ristretto gruppo di vignaioli di questa fetta della provincia di Alessandria, tra cui Mutti e Poggio. https://www.comune.tortona.al.it/it/novita/page/grosso-d-oro-2025

Walter Massa e quel fax di Maurizio “Caino” Menichetti che cambiò la storia del Timorasso

GROSSO D’ORO CITTÀ DI TORTONA A WALTER MASSA 

Walter Massa Grosso d’Oro città di Tortona. La premiazione è in corso al Teatro Civico di Tortona. Walter Massa ha ritirato il premio e, commosso, lo ha dedicato alla madre, scomparsa nell’agosto 2024. «È il primo premio che ricevo senza poterlo poi consegnare a mia madre», ha detto sul palco. «Ho creduto e continuo a credere nella grandeur della Barbera – ha aggiunto Walter Massa – ma a 10 anni dall’inizio della mia carriera nel vino, ho preferito che fossero gli altri a venire a fare toc, toc alle porte del nostro territorio, al posto di andare noi a bussare altrove. Barbera? Asti. Cortese? Gavi. Croatina? Oltrepò. Freisa? Chieri. La riscoperta del Timorasso è il frutto della ricerca della nostra vera identità locale. Mal che vada, lo avremmo venduto in damigiana». Non è andata così. Oggi il Derthona è una chicca mondiale nel panorama dei vini bianchi, riconosciuta e apprezzata in Italia quanto all’estero. Una denominazione in crescita – punta a raggiungere i 2 milioni di bottiglie nei prossimi 3 anni – che si è data regole molto ferree a livello di disciplinare, in attesa del via libera definitivo da parte del Ministero che dovrebbe arrivare a settimane.

Colli Tortonesi, via libera alla sottozona Derthona. Terre di Libarna, solo spumanti

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Salone del Gusto 2016, la Chiocciola inciampa a Torino. Mercato confuso, enoteca poco “Slow”

Volevamo sorvolare, sornioni. Ma l’amore per la verità, che è l’unico vero caposaldo di questo portale del vino e dell’enogastronomia italiana, ha avuto la meglio. Anche oggi. E allora non possiamo che commentare, anche noi di vinialsupermercato.it, l’edizione 2016 del Salone del Gusto di Torino. Partecipazione è in primis sinonimo di “acceso”, per tutti. Ci spiace dirlo, ma l’edizione 2016 del Salone del Gusto di Torino è parsa più una riedizione allargata di Cheese di Bra: mal venuta, confusa. Per carità, ottimo livello degli espositori confermata rispetto alle edizioni precedenti. Ma, per dovere di cronaca, il Mercato Slow al Parco del Valentino è parso un’accozzaglia di piccoli produttori (affiancati per la verità da marchi ultranoti) sotto gazebo tutti uguali, che poco potevano valorizzare l’esposizione e la spettacolarizzazione dei presidi Slow, apprezzata al Lingotto nelle precedenti edizioni.

Anche Slow Food cade, insomma, nell’errore della standardizzazione, tipica della più becera Gdo. Per non parlare dell’enoteca self service ‘meccanizzata’ a Palazzo Reale: quattro sommelier Fisar non fanno il ‘monaco’ davanti a una muraglia di sterili dispenser di vino, tristi e anonimi. Neppure se a pagargli lo ‘stipendio’ sono i soliti soloni di Slow Wine, la cui opera migliore, ultimamente, sembra la critica ai vini Lidl. In sintesi: che delusione, Slowfood. L’ennesima occasione persa da questo “movimento” che, negli anni, sta venendo meno in quanto a credibilità. Anche nella sua Torino.

Di fronte alle pompose dichiarazioni di Carlo Petrini, soddisfatto dalla riuscita dell’evento fuori dalle porte del Lingotto, rimaniamo perplessi. E con tante domande. Ma forse, nell’era 2.0 della comunicazione e del fast food, anche chi cammina Slow si accontenta di code chilometriche ai food track che sfornano comunissime piadine (ma Slow), comunissimi panini (ma gourmet), e comunissime birre (ma “artigianali”). L’ennesima dimostrazione che, a parole, son bravi tutti. L’insegna, che vale più dell’assortimento. Addio, Slow life.

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