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Jamin, lo Champagne negli abissi di Portofino che fa infuriare Bisson e la Lega

Si chiama Champagne Jamin -52 Underwater Cloe Marie Kottakis Menocinquantadue ed è la risposta italo-francese ad Abissi di Bisson. Un progetto molto simile a quello della cantina ligure guidata da Pierluigi PieroLugano. In questo caso sono le “bollicine” francesi – Pinot Noir in purezza dell’Aube – ad affinare nei fondali di Portofino, al posto delle autoctone Bianchetta Genovese, Vermentino, Cimixià che compongono la cuvée del notissimo spumante Metodo classico Pas Dosé Portofino Doc.

Un progetto che Pierluigi Lugano ha contestato sin dagli esordi, senza successo. Oggi il caso è finito addirittura alla Camera, attraverso un’interrogazione presentata dal deputato spezzino della Lega Nord Lorenzo Viviani, sottoscritta anche da altri 8 deputati del Carroccio, tra cui il commissario regionale Lega Liguria, Edoardo Rixi.

Nell’occhio del ciclone le 3 mila bottiglie di Champagne immerse nei fondali liguri dalla società Jamin Portofino Srl, amministrata sin dalla fondazione (4 dicembre 2015) da Emanuele Kottakhs, residente a Camogli ed ex titolare di un’officina per la sostituzione di vetri di auto a Cogorno, sempre in provincia di Genova.

Tra i soci, oltre all’ex nazionale di nuoto sincronizzato Chiara Reviglio, figura anche Massimiliano Gorrino, ex dipendente della Drafinsub Srl, la ditta incaricata del recupero di Abissi di Bisson dai fondali.

L’INTERVENTO DELLA LEGA NORD
«La vicenda – spiega il leghista Viviani a Rpl Radio Padania Libera – ci è stata segnalata da Coldiretti. La domanda potrebbe essere la seguente: “Un imprenditore può prendere una ‘bottiglia X’ di vino e immergerla nel mare, dove gli pare, secondo il diritto d’impresa?”. La risposta è “Ni”. Su quelle bottiglie di Champagne c’è il simbolo dell’Area marina protetta di Portofino, con tanto di scritta “Portofino”: un richiamo geografico molto esplicito a un territorio tutelato dall’omonima Doc».

Una presa di posizione, quella della Lega Nord, che non nasconde rilievi nazionalistici. «È giusto promuovere in un’area marina protetta italiana dei prodotti che vengono da un’altra parte, dai cugini francesi – chiede Viviani – quando abbiamo il nostro vino che viene fatto con costi altissimi? Parliamo di terrazzamenti, di fatica immane. Parliamo di persone che meriterebbero uno stipendio dallo Stato oltre alla tutela da parte delle istituzioni».

Puoi valorizzare lo Champagne immergendolo a Montecarlo o a Marsiglia: richiamare Portofino per vendere Champagne mi sembra inopportuno. Proviamo a fare l’inverso? “Ciaone”».

Sulla vicenda interviene anche Marco Rezzano, presidente dell’Enoteca regionale della Liguria: «Si tratta di un imprenditore ligure che, avendo trovato un accordo abbastanza singolare con l’Area protetta, riesce a proporre questo Champagne sul mercato con varie tempistiche di affinamento. Se il Mipaaf verificherà che esiste infrazione di quanto prevede il disciplinare dei vini nel comprensorio di Portofino, bisognerà quantomeno togliere la dicitura dalla bottiglia».

LA REPLICA
Dal canto suo, la società Jamin difende la propria “italianità” e precisa la natura del progetto attraverso un comunicato stampa: «Siamo un’azienda 100% italiana, iscritta al registro delle imprese italiane nella sezione speciale delle Start up innovative a carattere scientifico».

La società ha per oggetto lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico nel settore alimentare e più specificamente lo studio e lo sviluppo di tecniche di cantinamento subacqueo per prodotti vinosi e alimentari in genere».

Quanto alla scritta “Portofino” sulle etichette dello Champagne Jamin -52 Underwater Cloe Marie Kottakis Menocinquantadue, «rispetta i termini di legge nella retro-etichetta, come da accordo di promozione in essere, in cui viene riportato il Disegno/Logo della Area Marina Protetta per la collaborazione allo studio».

SEI ANNI DI BATTAGLIE
La querelle, in realtà, affonda le radici nel 2016, anno in cui Jamin ha presentato la richiesta di immersione delle proprie gabbie contenenti lo Champagne nel mare di Portofino. L’anno precedente, Pierluigi Lugano aveva depositato il brevetto di Abissi, con la tecnica di immersione e affinamento dello spumante nei fondali liguri.

Una procedura perfezionata nel lontano 2008, consacrata dal pagamento del canone di occupazione del fondale di Portofino. Un business cresciuto a dismisura, così come il prezzo medio di Abissi, passato dai 30 euro delle prime 6.500 bottiglie agli attuali 50 euro per il millesimo 2016.

Le bottiglie prodotte da Bisson sono oggi circa 30 mila, ma la nuova cantina inaugurata da Lugano a Sestri Levante il 30 marzo 2019 è in grado di ospitarne almeno il triplo, assieme al resto della produzione.

Dal canto suo, Jamin Srl ha proceduto a luci spente sino all’ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie per l’inabissamento delle gabbie nella Baia del Silenzio, prima di avviare una campagna di promozione dei propri prodotti su social, testate e blog di settore, tuttora in corso. L’ultima parola sulla bontà del progetto spetta al Mipaaf.

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E’ bagarre politica sul convegno ”Vino e Oltrepò opportunità e strategia di sviluppo”

A chi serve il convegno ”Vino e Oltrepò opportunità e strategia di sviluppo” di sabato 2 aprile? Ed ecco che l’appuntamento all’enoteca regionale di Cassino, diventa occasione di scontro politico. L’incontro organizzato dai circoli del Partito Democratico di Broni e Stradella si pone come momento di ascolto dei viticoltori, degli operatori del settore agricolo ed enoturistico per confrontarsi sulla crisi che sta vivendo l’Oltrepò. Al tavolo saranno presenti oltre alle istituzioni locali e ai rappresentanti del Consorzio e Distretto anche l’onorevole Massimo Florio, membro della commissione Agricoltura della Camera e Angelo Zucchi, capo della segreteria tecnica del ministro dell’Agricoltura. Ma l’assessore regionale Fava non ci sta, si interroga sulle finalità e attacca anche la scelta della location, l’enoteca di Cassino, finanziata dalla Regione Lombardia e ridotta a moderna casa del popolo a servizio di politicanti in cerca di visibilità. ”Davvero qualcuno ritiene opportuno che a discutere di una vicenda del genere debba essere una forza politica da sola, che fa sfilare tutti i propri rappresentanti istituzionali e affiliati, in quella che si preannuncia l’ennesima corsa a chi la spara più grossa? Davvero il rilancio dell’Oltrepò e della sua immagine può passare attraverso una tale strumentalizzazione politica e partitica, alla quale prendono parte prevalentemente soggetti senza competenze specifiche in materia?” ha dichiarato Fava alla Provincia Pavese. E ancora ”Davvero a Pavia qualcuno è disposto a credere che durante questo convegno si lanceranno proposte serie per fare uscire dalla più grande crisi di immagine e di identità la zona vinicola più grande di Lombardia? In quanti sono disposti a scommettere che non sarà, invece, l’ennesima riproposizione di un processo sommario che va avanti da anni con il solito bolso copione, caratterizzato da vecchi rancori personali, gelosie commerciali e ripicche autolesionistiche?”. A pochi giorni dall’approvazione in consiglio provinciale di un ordine del giorno che chiede a tutti i soggetti coinvolti, Regione inclusa, di contribuire al rilancio del territorio, la Lega non perdona il Pd e l’Oltrepò continua a far discutere, anche politicamente.
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