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Vinitaly.Usa 2024 raddoppia a Chicago. Veronafiere: «Più cantine e buyer»

Vinitaly.Usa 2024 raddoppia a Chicago. Veronafiere «Più cantine e buyer»
Dopo l’esordio dello scorso anno, Vinitaly.Usa 2024 si candida a diventare la prima fiera del vino italiano negli Stati Uniti, con la firma di una «cooperazione compatta» tra Veronafiere, Ice-Agenzia e Camera di Commercio Italiana Americana con sede a Chicago.
Tra gli obiettivi della manifestazione, in programma il 20 e 21 ottobre, c’è infatti quello di raggiungere gli 11 mila mq di superficie espositiva. Non solo. Si punta anche a «raddoppiare sia il contingente di aziende italiane che quello dei buyer americani rispetto all’edizione 2023» e ad «accrescere il programma di promozione bidirezionale». È quanto anticipa oggi Veronafiere, in una nota che conferma il «piano di sviluppo di Vinitaly».

GLI OBIETTIVI DI VERONAFIERE NEGLI USA CON VINITALY.USA

Da un lato, l’obiettivo di Vinitaly.Usa 2024 a Chicago  è la «scalata delle aziende italiane in un’area con ampi margini di crescita». Dall’altro «la profilazione e la selezione di buyer e distributori in vista di Vinitaly 2025 a Verona», in programma dal 6 al 9 aprile (57ª edizione). Un’attività di incoming che all’ultimo Vinitaly, in aprile di quest’anno, ha confermato la pole position degli Stati Uniti nella classifica delle presenze di operatori esteri con 3.700 buyer americani in fiera (+8% sul 2023).

VINITALY.USA 2024 È IN PROGRAMMA A CHICAGO IL 20 E 21 OTTOBRE

In programma, nella due giorni di Chicago, anche masterclass, walk around tasting, seminari e focus di mercato e tre sessioni della Vinitaly international Academy. «Vinitaly.Usa 2024 a Chicago – commenta il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo – costituisce un posizionamento chiave e individua in questa metropoli un ponte strategico tra l’Italia e la prima destinazione per il Made in Italy enologico che, nel 2023, ha totalizzato complessivamente circa 2 miliardi di dollari di import. Tutto questo, senza dimenticare che la piazza di Chicago si presta a intercettare buyer anche dal vicino Canada, con ulteriori possibilità di crescita per le nostre aziende».

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Scuola Italiana Sommelier (online): riconoscimento giuridico della Repubblica Italiana


FOTONOTIZIA – La Scuola Italiana Sommelier ha ottenuto il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana.
Ad appena 6 anni dalla sua fondazione, avvenuta nel 2017 ad opera dell’attuale presidente Nicola Ferrazzano, la prima scuola italiana di Sommellerie online ha centrato il proprio obiettivo. «Con questo riconoscimento – sottolinea Ferrazzano – anche gli Attestati di Qualifica Professionale di Sommelier rilasciati dalla Scuola Italiana Sommelier provengono da un’organizzazione riconosciuta in base alle normative in Italia e all’estero».

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Vini a volantino a metà aprile: la Gdo italiana ricorre alle denominazioni “comfort”

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Accordo Ieg e Unionbirrai: «A Rimini il futuro delle birre artigianali italiane»

FOTONOTIZIA – È una partnership molto importante quella siglata oggi tra Italian Exhibition Group Unionbirrai, che si pone l’obiettivo di contribuire allo sviluppo del mondo del craft beer italiano. L’accordo comprende le prossime 5 edizioni di Beer&Food Attraction , a partire da quella che si terrà alla Fiera di Rimini dal 19 al 22 febbraio 2023.

Da sempre al centro del progetto della manifestazione, ai birrifici artigianali sarà dedicato quest’anno un intero padiglione del quartiere fieristico di Rimini (il padiglione A7) e un innovativo programma di seminari e talk.

La Craft Beer Conference, organizzata da Unionbirrai in collaborazione con IEG, traccerà infatti le nuove prospettive e i trend del mercato, mettendo a confronto tutti gli attori della filiera.

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A Milano Lambrate la nuova sede dei sommelier Ais

FOTONOTIZIA – Molto più di una nuova sede. Con i primi lavori del Consiglio Nazionale, Ais Italia (Associazione italiana sommerlier) apre la nuova «casa dei sommelier italiani» a Milano, nel quartiere Lambrate (via Ronchi 9). «Un nuovo spazio fisico per Ais – spiega l’associazione – ma soprattutto nuovo spazio per progetti e iniziative, a completa disposizione dei soci».
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Anticontraffazione del vino: l’italiana OREV® rivoluziona il settore con “Crypto Tag”

Si chiama “Crypto Tag” e non è nient’altro che un microchip inserito all’interno di un’etichetta, dotato di un sofisticato sistema crittografico. Lo ha sviluppato OREV®, azienda della provincia dell’Aquila in Abruzzo, che promette così di «rivoluzionare i sistemi di anticontraffazione del vino, attraverso le più avanzate tecnologie NFC».

A spiegare in esclusiva a WineMag.it il progetto rivoluzionario è Paolo Mario Cipriani, fondatore e Chief Technology Officer dell’azienda abruzzese. Un concept che ha preso vita nel 2013, applicabile oggi a molti beni di lusso, al fine di proteggere i brand e la loro reputazione. Tra questi, i vini dell’Etna di Frank Cornelissen.

Come si applica il tag a una bottiglia di vino?

Le cantine che vogliono adottare il Crypto Tag forniscono le etichette ad OREV®, che procede alla riconsegna con il Tag applicato e funzionante. Le etichette “taggate” potranno quindi essere applicate sulle bottiglie più pregiate, utilizzando i consueti sistemi di etichettatura.

Il Tag è disponibile anche nella versione “tamper proof”, ovvero “a prova di manomissione”: molto utile in tutte le applicazioni in cui si vuole mostrare all’utente la prova dello stato di perfetta integrità della bottiglia, mai aperta prima. Nessuna modifica è prevista nella fase di etichettatura e nessuna modifica è richiesta all’estetica della bottiglia.

Come si verifica l’autenticità della bottiglia di vino?

Per verificare l’autenticità della bottiglia basta avvicinare il telefono al Tag. Si viene rediretti su una pagina web che mostra l’autenticità della bottiglia e tutti i dettagli del prodotto.

Non è necessaria l’installazione di alcuna app, in quanto i telefoni, sia Android che iOS, supportano nativamente la tecnologia NFC. Per intenderci è la stessa tecnologia che utilizziamo quando effettuiamo i pagamenti con il telefono al posto della carta di credito o del bancomat.

Quali sono le caratteristiche che rendono unico il progetto OREV®?

Certamente l’univocità di ogni scansione. Ogni scansione è unica e non è riutilizzabile o condivisibile. A differenza di un QR-Code o degli altri Tags NFC il nostro Crypto Tag produce un link “usa e getta” ovvero tale link non è più valido una volta verificata l’autenticità della bottiglia.

Se si vuole eseguire l’autenticazione bisogna nuovamente “fare tap”, ovvero avvicinare il telefono, sul Tag. Questa cosa non è banale, anzi al contrario, è uno dei fattori più importanti che ci si deve aspettare da un sistema di questo genere: il fatto di dover essere fisicamente davanti all’oggetto che si vuole autenticare fa tutta la differenza del mondo.

Se non hai il prodotto davanti a te non puoi autenticarlo, un po’ come avviene con la blockchain efficace nel risolvere il cosiddetto problema del “double spending” dei bitcoin. In altre parole, non consente di spendere due volte la stessa moneta.

OREV® risolve il problema dell’autenticità come la blockchain risolve il problema del “double spending“. Quindi anche le interazioni con i prodotti sono validate e di conseguenza anche tutti i dati statistici raccolti dal sistema sono validi.

Non dovrebbe essere così per tutti i sistemi con QR-Code o NFC?

Purtroppo non è così. Per i sistemi QR-Code o NFC classici si possono creare dei “cloni”, che poi generano false autenticazioni e, di conseguenza, falsi dati statistici che avvelenano la bontà dei dati su cui poi si va a fare business intelligence. Fare statistiche su dati non veri non serve a niente e a nessuno, anzi, è controproducente.

Tra i vantaggi del Crypto Tag può dunque anche essere annoverato il contrasto al mercato grigio, vera piaga che ci è stata confermata da molti clienti. Spesso sono presenti in un dato Paese le bottiglie non appartenenti all’importatore che ha l’esclusiva in quel Paese.

OREV® risolve nativamente questo problema, perché permette di gestire le bottiglie per commessa e per distributore. Quindi se una bottiglia destinata al mercato italiano, per esempio, viene rilevata dalla nostra piattaforma negli Stati Uniti, viene notificata immediatamente la cantina che identifica la bottiglia, il numero di lotto, la commessa e il distributore a cui era destinata. Si sa con certezza quindi chi ha spedito quella bottiglia negli Stati Uniti.

E se si manomette il tag?

Il Crypto Tag è a prova di manomissione nella versione “tamper proof”, che permette di verificare se una bottiglia risulta chiusa oppure se è stata aperta. Abbiamo sviluppato questo sistema in tempi record e siamo tra i primissimi ad offrirlo al mercato italiano ed europeo.

Abbiamo inoltre ideato e realizzato una tecnologia definita “Twin Tag Authentication System“, un sistema di autenticazione basato su “tag gemelli”, per rendere ancora più sicura l’autenticazione di beni di lusso di altissima gamma.

Pensiamo alle bottiglie di vino che hanno un valore di migliaia o decine di migliaia di euro. Con due Crypto Tags, uno in etichetta e l’altro sul collo della bottiglia, è possibile garantire allo stesso tempo autenticità e stato di chiusura della stessa.

Il tag può essere dunque a misura di cliente?

Esattamente. Ogni bottiglia di vino che ha “a bordo” un Crypto Tag OREV® può essere registrata a nome del suo acquirente o, eventualmente, dedicata a qualcuno.

Questa è una caratteristica avanzata che abbiamo pensato per tutti i collezionisti e gli appassionati ma anche per tutte le persone che semplicemente vogliono registrare un bene a proprio nome entrando a far parte di un Club esclusivo eventualmente gestito dalla cantina.

OREV® permette dunque di comunicare il proprio vino in un modo tutto nuovo. Sono supportate molteplici lingue in modo da fornire le informazioni direttamente nella lingua dell’utente (rilevata automaticamente). Inoltre possono essere veicolate immagini, video e contenuti multimediali impossibili da fornire attraverso la sola etichetta.

Il tutto dando la possibilità di implementare nuove strategie di marketing. Generando dati autentici dalle interazioni, è possibile eseguire delle analisi dei dati per capire in quale paese le cose stanno funzionando bene e dove invece bisogna rafforzare le strategie pubblicitarie del brand.

Non solo vino, dunque

Siamo presenti nei settori Wine & Spirits, Fashion e anche Food & Beverage. Stiamo ricevendo ottimi feedback dai nostri clienti che tra l’altro stanno espandendo l’adozione dei nostri Tags anche su altre linee di prodotto e altri brand. Stiamo lavorando anche per entrare nel settore farmaceutico, perché anche in questo settore possiamo offrire anticontraffazione, tracciabilità ed antimanomissione “all in one“.

Qual è il costo del vostro sistema anticontraffazione?

Siamo un’azienda giovane, dinamica e snella che tiene a cuore Made in Italy. Abbiamo sviluppato tutta la nostra tecnologia in house e questo ci consente di offrire sul mercato il nostro sistema a prezzi estremamente competitivi.

Il nostro obiettivo è quello di fornire un sistema anticontraffazione di altissimo livello ad un prezzo accessibile cosicché le nostre cantine possano tutelare a livello globale il proprio prodotto Made in Italy con una tecnologia altrettanto Made in Italy. Per saperne di più su OREV® si può consultare i canali orev.it, Instagram e Facebook.

Quali progetti avete ha serbo OREV® per il futuro?

Ci sono molte cose su cui stiamo lavorando, uno su tutti è la blockchain assieme ad un importante partner del settore. Abbiamo sviluppato delle soluzioni estremamente interessanti ed ora entrambi possiamo vantare strumenti unici che molto presto arriveranno sul mercato. Abbiamo dei non-disclosure agreement in corso e quindi non possiamo dire di più.

Oltre alla blockchain stiamo lavorando anche ad un sistema di AI (intelligenza artificiale) e all’evoluzione della nostra piattaforma di business intelligence. Pensiamo ogni giorno al modo in cui possiamo ottimizzare l’usabilità del nostro sistema e dei nostri software al fine di semplificare l’operatività dei nostri clienti.

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Fivi, annullate le iscrizioni al 10° Mercato dei Vini di Piacenza 2020: tutto da rifare

Tutto da rifare. Il direttivo Fivi ha deciso di annullare la sessione mattutina di iscrizioni al 10° Mercato dei Vini di Piacenza 2020. Un provvedimento adottato in seguito a decine di segnalazioni di malfunzionamenti del sito web ufficiale della Federazione, giunte da tutta Italia da parte delle cantine socie. Nel giro di un’ora, come riferito in mattinata da WineMag.it, tutte le postazioni solitamente a disposizione (oltre 600) erano state occupate.

“Cari vignaioli – si legge nella mail diramata poco fa da Fivi – siamo davvero dispiaciuti per il malfunzionamento del sito per le iscrizioni al Mercato dei Vini. Si sono verificati una serie di disguidi tecnici, non dipendenti da noi né da Piacenza Expo, che hanno mandato in collasso il sistema e causato diversi problemi a molti di voi”.

Visto l’oggettivo malfunzionamento del sito riteniamo corretto annullare le iscrizioni avvenute oggi e riprogrammare l’apertura delle stesse per la prossima settimana. Le iscrizioni di oggi non verranno considerate valide e riapriranno all’inizio della settimana prossima, riceverete nei prossimi giorni tutti i dettagli”.

Oltre ai disservizi del sito web, numerose segnalazioni e lamentele da parte dei vignaioli riguarderebbero l’orario di apertura delle iscrizioni, avvenuto prima delle ore 9 odierne. Diversi vignaioli, connettendosi alla piattaforma, avrebbero infatti iniziato a ricevere conferme positive di iscrizione già dalle 8.50.

Malfunzionamenti che hanno convinto la dirigenza della Federazione ad annullare le iscrizioni, riprogrammandole “all’inizio di settimana prossima”. Maggiori informazioni saranno fornite ai vignaioli nelle prossime ore (la voce più accreditata è quella di lunedì 27 luglio).

Nel frattempo, qualcuno inizia a interrogarsi sul senso della “corsa alle armi” per accaparrarsi un posto al Marcato di Piacenza. Una manifestazione che, di anno in anno, brucia i record di partecipazioni del pubblico dell’anno precedente, come dimostrano le 22.500 adesioni dell’edizione 2019 (2018 erano state 18.500, mentre nel 2017 15 mila).

La sede dell’Expo di Piacenza, nonostante le richieste di una location in grado accogliere un numero più elevato di vignaioli, viene però definita intoccabile dalla dirigenza Fivi, che storce il naso anche al cospetto di Milano, a 90 chilometri di distanza dalla città emiliana.

Secondo voci accreditate, alle ore 10.30 odierne – ovvero ad appena un’ora e mezza dall’apertura delle iscrizioni per il 10° Mercato Fivi – il numero assegnato ad alcune cantine superava il 1.100. Quasi il doppio dei posti solitamente messi a disposizione, anche se regna il silenzio di Fivi sul numero definitivo di postazioni dell’edizione 2020.

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Tappo a vite scelta eroica per i produttori: la ristorazione italiana è sugherocentrica

Nell’Italia che riconosce la viticoltura eroica per Decreto solo nel 2020 – la notizia è del primo luglio – si parla forse ancora troppo poco di “tappatura eroica” dei vini: quella col tappo a vite. Lo “screwcap” non è gradito al mondo della ristorazione italiana, ancorata su un’ormai anacronistica posizione sugherocentrica, che condanna (o elegge) ad “eroi” i produttori più sfidanti.

Nella preistoria che imbrattata le carte dei vini di mezzo Paese, il progresso enologico si tiene stretta la sua capitale italiana. È l’Alto Adige, che coi suoi grandi vini bianchi e rossi prova a prendere per le orecchie lo Stivale. Mostrando questa volta la strada maestra che porta al tappo a vite, in alternativa al sughero. Anche per i vini da lungo affinamento.

Il Consorzio Vini Alto Adige ha infatti organizzato ieri una masterclass a sei voci: Cantina Kaltern, Cantina Valle Isarco e Cantina Bolzano per la chiusura “tradizionale”; Falkenstein, Tiefenbrunner e Franz Haas per il tappo a vite. Altrettanti i vini, attorno ai quali è stato animato il dibattito.

Cantina Kaltern Pinot Bianco Quintessenz 2018 sughero
Falkenstein Val Venosta Riesling 2017 vite
Cantina Valle Isarco Valle Isarco Kerner Aristos 2018 sughero
Tiefenbrunner Sauvignon Blanc Turmhof 2017 vite
Franz Haas Pinot Nero 2017 vite
Cantina Bolzano Lagrein Riserva Taber 2015 sughero

Tra gli interventi più significativi quello di Christof Tiefenbrunner (nella foto sotto) pioniere del tappo a vite in Alto Adige. Una scelta adottata sin dal 2007 sul Pinot Grigio destinato all’export, allargata al vino top di gamma dall’anno successivo, “per dare il messaggio che è una tappatura adatta anche a vini di altissima qualità”.

Vendere il Feldmarschall col tappo a vite non è mai stato un problema – ha evidenziato il numero uno di Tiefenbrunner Schlosskellerei – trattandosi di un Müller-Thurgau unico, un marchio. Ma quando abbiamo messo il tappo a vite su altri prodotti abbiamo riscontrato un calo delle vendite del 20%. Negli anni abbiamo sostituito i ristoranti contrari allo screwcap con altri, invece favorevoli”.

Le resistenze sono diminuite, ma non ancora superate. “Questo metodo di tappatura dei vini resta una scelta difficile – ha precisato Tiefenbrunner – ci sono ancora ristoranti che non vogliono vedere il tappo a vite. Negli ultimi 3 anni è più accettato, anche perché consente ai ristoranti di tenere una bottiglia aperta una settimana e ci sono vantaggi anche sul fronte dei solfiti, praticamente dimezzati“.

Significativo anche l’intervento di Andrea Moser, enologo di Kellerei Kaltern: “La nostra cantina – ha dichiarato – ha scelto il tappo a vite soprattutto per i mercati che lo accettano di buon grado. Ma non posso che evidenziare un concetto: il 60-70% degli enologi ormai stufi dei problemi connessi al sughero, non più legati al classico ‘sentore di tappo‘, riconoscibile facilmente dalla maggior parte dei consumatori”.

“Il vero guaio – ha evidenziato Moser – sono le microcessioni di tca, diosmine, pirazine e tannini amari, che portano il consumatore meno esperto a dire che quel vino non è buono, per via di deviazioni olfattive che non attribuisce al tappo, ma al produttore!”.

Il tappo di sughero resta l’ideale, ma il punto è: quanto ce n’è ancora e quanto siamo disposti a pagare per averlo, dal momento che un buon tappo costa 1,20-1,30 euro al pezzo, incidendo troppo sul prezzo finale del vino? Salendo di prezzo non esiste comunque la garanzia assoluta di consegnare al calice il vino come lo abbiamo imbottigliato”.

Dall’altra parte della “bottiglia”, il sommelier Fis Eros Teboni: “Quello del tappo a vite è un argomento sempre attuale e moderno. Ma l’Alto Adige, grazie alla grandissima grandissima varietà di vini bianchi e rossi, atti o meno ai lunghi affinamenti, può fare davvero da portabandiera dei metodi più innovativi di tappatura. Col tappo a vite si perde un po’ di romanticismo nel ‘rito della stappatura’, ma si guadagna nel calice, da godere in compagnia”.

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Aliquota Iva sul vino al 10% al posto del 22%: la proposta di Fivi a Bellanova e Gualtieri

Abbassare l’aliquota Iva sul vino dal 22 al 10%, passando dall’ordinaria all’agevolata almeno per i prossimi tre anni e mezzo. È la proposta avanzata da Fivi “per favorire l’acquisto di vino e per sostenere il settore vitivinicolo” alle prese con le conseguenze del lockdown da Coronavirus. La lettera firmata dalla Federazione vignaioli indipendenti è da qualche giorno sul tavolo dei ministri Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri, titolari dei dicasteri alle Politiche Agricole e all’Economia e Finanze.

L’aliquota Iva agevolata al 10% dovrebbe essere garantita dallo Stato fino al 31 dicembre 2023, se non oltre. Nella missiva, Fivi chiede inoltre di introdurre la possibilità di emissione della fattura solo all’incasso e il posticipo del versamento Iva delle fatture già emesse da marzo.

“Il primo comma dell’articolo 6 del DPR 633/72 – spiega la Federazione in una nota – prevede infatti che le cessioni di beni mobili si considerano effettuate nel momento della loro consegna o spedizione”.

Alla luce della situazione che ha portato alla sospensione di tutte le attività di somministrazione, tenuto conto che la loro ripresa ed il loro ritorno a livelli economici pre-pandemia saranno incerti, difficoltosi e lunghi, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti ha chiesto ai Ministri che, fino al 31/12/2023, l’Iva relativa alle vendite di vino all’Horeca sia esigibile solo al momento dell’incasso delle fatture e non al momento della consegna o della spedizione”.

Di conseguenza, la richiesta contenuta nella lettera ai ministri Bellanova e Gualtieri è che “anche la fattura sia emessa solo dopo aver incassato il corrispettivo dovuto”. Una posizione che, per certi versi, avvicina Fivi alle “Linee guida per il mercato e la rete di agenti” dettate a metà aprile da Club Excellence, la cooperativa che raggruppa alcuni tra i maggiori distributori e importatori di vino del Bel paese.

Nel documento viene infatti sottolineato che la consegna degli ordini di vino in conto vendita è da evitare, in quanto “pratica non corretta, volta a far prevalere logiche più propriamente finanziarie e di elusione fiscale“.

Per le vendite già effettuate da marzo in avanti e per le quali è già stata emessa la relativa fattura di vendita, i vignaioli indipendenti Fivi richiedono di poter considerare l’Iva “in sospeso”, come avviene per le cessione alla Pubblica Amministrazione, “esigibile soltanto all’atto dell’incasso della stessa, precedentemente emessa”.

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La “Rete vignaioli” e quella firma (sparita) della presidente Fivi, Matilde Poggi

AAA firma cercasi. Quella di Matilde Poggi è sparita dalla lista di produttori che aderisce alla Rete vignaioli italiani. Un elenco che si è allungato come un elastico, raggiungendo quota 500 in pochi giorni. Era il 24 aprile quando l’iniziativa-manifesto di circa 200 produttori artigianali di tutta la penisola, uniti per proporre soluzioni alla crisi del vino italiano a fronte di Covid-19, veniva lanciata con tanto di hashtag #ilvinononsiferma. Una lista che solo la presidente Fivi è riuscita ad accorciare. Col suo recente ripensamento.

Certo, deve aver creato non pochi imbarazzi nel direttivo Fivi vedere quel “Matilde Poggi” al numero 204, assieme ad altri vignaioli che costituiscono la vera base di cemento (armato), nonché il nucleo originario, di una Federazione che appare sempre più smarrita e crogiolante nei soli numeri (da record) del Mercato di Piacenza (l’edizione 2020, a proposito, rischia di essere annullata, causa incertezze legate a Coronavirus).

Un bel mirtillo, la firma della presidentessa della Federazione italiana vignaioli indipendenti, in una marmellata di primissima qualità, costituita anche da produttori che non aderiscono a Fivi. Abbastanza per costituire un caso, insomma. Dentro e fuori dalla “Indipendenti”.

Ebbene, oggi i “casi” sono diventati due: la firma e la sua sparizione. Tre, se si conta anche il silenzio di Poggi, che si rifiuta di spiegare le ragioni della cancellazione di quella firma, interpellata dall’ufficio stampa Fivi per conto della nostra testata. Utile, dunque, ricostruire nel dettaglio la vicenda.

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WineMag.it nota il nome e apre il dibattito immediatamente, quello stesso 24 aprile, nel presentare l’iniziativa della neocostituita “Rete“. Il comunicato stampa da parte di un nuovo “movimento” di vignaioli italiani, del resto, giunge a ciel sereno, nel quadro della crisi Covid-19. Unico riferimento per ricostruire i contorni della “formazione” è l’elenco di adesioni che viene allegato.

Strano ma vero, ecco comparire anche il nome della presidentessa Fivi tra quelli di altri vignaioli già attivi (collateralmente alla Federazione) sul fronte dazi Usa prima e sul “No a Vinitaly 2020“, poi. Strategia? Forse. Fatto sta che da un controllo incrociato, effettuato ieri, si assiste al taglio inatteso. Zac. La firma di Matilde Poggi è sparita dal manifesto #ilvinononsiferma.

La nuova lista di firmatari vede al suo posto, al numero 204, Fulvio Bressan (Bressan Mastri Vinai, Farra d’Isonzo). Il vignaiolo goriziano figurava al numero 203 nella lista originaria, seguito appunto al 204 da Poggi (Az. Agricola Le Fraghe, Cavaion Veronese), che a sua volta precedeva Gabriele Succi (Az. Agr. Costa Archi, Castel Bolognese), rimasto al numero 205. Una magia mal riuscita.

La vicenda ricorda più quelle serate sfortunate in cui incappa saltuariamente qualche arbitro di Serie A, in confusione durante il big-match della domenica. Quelle sere in cui il direttore di gara sbaglia due volte: la prima nell’assegnare un rigore che non c’è.

La seconda nel pensare di rimediare regalando un penalty inesistente, in favore dell’altra squadra. Sfuggendo poi alle telecamere e ai microfoni, a fine partita, per infilandosi negli spogliatoi, sotto la doccia. Serve acqua, del resto: se son Fivi, fioriranno.

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Fase 2, Fipe attacca Governo: “Ristoranti a giugno? Si troveranno solo macerie”

Federazione italiana pubblici esercizi all’attacco del Governo, dopo il discorso del premier Giuseppe Conte, in merito ai provvedimenti per la Fase 2: “La misura è colma – attacca Fipe – con ristoranti e bar aperti a giugno si troveranno solo macerie”. Le indicazioni della ristorazione, di fatto, erano per un’apertura immediata, con le precauzioni del caso.

“I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi”.

“Forse – continua la nota della Federazione dei ristorazione – non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50 mila imprese e 350 mila persone perderanno il loro posto di lavoro”.

A rischio, secondo Fipe, “bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese”.

“Accontentati tutti coloro che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo”, prosegue l’attacco. “Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto”.

“Tutto questo – conclude la Federazione italiana pubblici esercizi – a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma.

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Il silenzio sui dazi Usa di Trump. E i “dazi” della critica enogastronomica italiana

EDITORIALE – Da un lato i dazi di Trump, che potrebbero decimare (se non annientare) le esportazioni di vino italiano negli Usa, soggette al 100% di ricarico. Dall’altro gli attacchi social di qualche produttore di vino del Belpaese alle “testate giornalistiche” italiane, colpevoli di non fare abbastanza informazione sull’argomento: “Tutto tace“, scrive per esempio il vignaiolo Fivi piemontese Gianluca Morino su Facebook. Un quadro che mette a nudo il sostanziale stallo – per non parlare della vera e propria involuzione – dell’editoria enogastronomica italiana. La situazione – se non fosse chiaro – è drammatica. Da una parte e dall’altra della bottiglia. O della penna, s’intende.

Chi chiede alla stampa di schierarsi non sa – o non considera – che il giornalismo (non solo quello enogastronomico) in Italia è sostanzialmente morto. Si scrive in prima persona, si attacca chi prova a cambiare il sistema, si accusa di far marchette chi, nella duplice veste di editore e direttore responsabile di una testata, cerca di tenere in piedi tra mille sacrifici personali gli unici due progetti editoriali “di rottura” presenti in Italia.

Una duplice veste dettata, appunto, dall’assenza di editori puri, interessati a promuovere contenuti più che pubblicità. Un invito spassionato giunga a chi oggi si appella alle “testate giornalistiche” contro i dazi di Trump: chiedete di difendervi – facendo i nomi – a chi vi prospetta premi per portare i vostri vini in giro per il mondo, per cifre che si aggirano attorno ai 30 mila euro.

Chiedete di prendere posizione a chi intasca i vostri soldi per due foto col vostro vino in mano pubblicate su Instagram, col nome dell’account che richiama l’Ais (Associazione italiana sommelier). Chiedete di difendere il Made in Italy enologico a quelle testate a cui pagate fior di redazionali, mai pubblicati come tali.

Perché chi si sorprende del silenzio, spesso, è lo stesso che alimenta forme alternative all’informazione professionale. E non è il caso di Morino. La stampa, insomma, pare tornar buona solo al momento del bisogno.

Potremmo scrivere tutti a Trump, o potremmo averlo già fatto, senza fare troppa pubblicità. Potremmo anche fare tutti fronte comune, ma per cosa? Cosa hanno fatto le istituzioni italiane, sino ad ora, per bloccare Trump?

Troppo poco, se non nulla. L’ultimo comunicato della ministra Bellanova (Mipaaf) riguarda un (seppur nobilissimo) bando Agea per gli indigenti. Non resta che sperare che resti qualcosa di buono sotto al ciuffo di Donald. Cin, cin.

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Vino, Sesso e Sommelier Ais

“Vino e Sesso” è il titolo dell’editoriale (possiamo chiamarlo così?) a firma “Ais Staff Writer” che sta facendo discutere il web. A firmarlo è, in sostanza, l’Associazione italiana sommelier. La più prestigiosa realtà italiana della sommellerie.

Possibile che si sia caduti così in basso? In un italiano sintatticamente lacunoso, Ais cavalca il refrain del “vino rosso” che “aiuta”, grazie all’azione di sostanze come i polifenoli, nel sesso. Lo fa con spregiudicatezza. Un fulmine a ciel sereno nel firmamento di un’associazione capace di distinguersi per professionalità e rigore nelle maggiori manifestazioni enologiche nazionali.

Anche per questo, per questa folle uscita, non l’ha ancora criticata nessuno. Ais, si sappia, “conta”. “Conta” nel panorama “politico” del mondo del vino. “Conta” nella storia del vino italiano. “Conta” in quota alle maggiori cantine italiane, che si servono dei professionisti Ais: sicure, così, di tutelare e forse accrescere la propria immagine agli occhi dei consumatori. Ais “conta” anche nei Consorzi del vino.

Non a caso, anche un gruppo geniale e lungimirante come Esselunga ha scelto proprio Ais come tramite verso i clienti, nelle corsie dei propri store di successo. Successo, appunto. Lo stesso che uscite come questa, a caccia di like sui social, rischiano di offuscare.

Che si tratti, appunto, di una “operazione di marketing” mal riuscita (per scelta dell’argomento e del linguaggio)? Noi preferiamo chiamarla col suo nome: una gran puttanata. Alla stregua di tante altre, in un mondo del vino che – nell’epoca della comunicazione – sembra far sempre più fatica a comunicarsi “senza veli”, pur senza svestirsi della propria dignità.

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Morbegno in Cantina: vino e Bitto nel centro storico

Cifre a tre zeri per il secondo weekend di Morbegno in cantina, la più importante rassegna enogastronomica della Valtellina. Circa 4 mila i pass staccati per l’ingresso di sabato 1 e domenica 2 ottobre. Numeri in crescita a una settimana dall’inaugurazione della XXI edizione, che ha preso il via il 24 settembre nella splendida cornice di Palazzo Malacrida. Per chi non c’era, niente paura. Il centro storico di Morbegno vivrà di vino e gastronomia ancora per due weekend. La città della provincia di Sondrio aprirà al pubblico i consueti quattro itinerari tra le cantine storiche, il 7-8 e il 9 ottobre, per chiudersi poi sabato 15 e domenica 16 ottobre, in concomitanza con la Festa del Bitto. L’edizione 2016 prevede, proprio nel weekend conclusivo, un nuovo percorso speciale, realizzato in collaborazione con il Consorzio di Tutela Vini di Valtellina e con il Consorzio Tutela Valtellina Casera e Bitto.

LA NOVITA’
Si chiama appunto “Rosso Cheese&Wine”: in quattro cantine del percorso Rosso saranno allestite speciali installazioni e saranno disponibili degustazioni di produzioni speciali di Bitto e Casera con la presenza di un assaggiatore dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggi (Onaf) che guiderà la degustazione. “Il Consorzio Turistico di Morbegno ha lavorato in continuità rispetto all’anno scorso – dichiara il presidente Paolo Angelone –  nel solco del miglioramento qualitativo della manifestazione, che in questa edizione è ben evidente nella preziosa collaborazione con i due consorzi di tutela rivolgiamo alle associazioni di volontariato e alle organizzazioni coinvolte nella gestione delle cantine, un sentito ringraziamento per la costante e fattiva collaborazione che anche quest’anno non hanno fatto mancare”. L’organizzazione e la promozione della manifestazione sono curate dal Consorzio Turistico di Morbegno.

I DETTAGLI
Nel centro storico di Morbegno gli itinerari sono quattro, tutti curati dalla qualificata presenza dell’Associazione Italiana Sommelier (Ais):

• Itinerario ORO: 8-9 ottobre
• Itinerario ROSSO: 7-8-9, 15-16 ottobre
• Itinerario GIALLO: 8-9, 15-16 ottobre
• Itinerario VERDE: 8-9 ottobre

Gli orari di apertura sono i seguenti: sabato dalle 14.30 alle 22.30 e domenica dalle 12 alle 19. Solo per il 7 ottobre stato reintrodotto il “venerdì dei morbegnesi” che dalle 18 alle 23 potranno godersi il giro delle cantine con maggiore tranquillità rispetto agli altri fine settimana. I prezzi dei pass sono invariati rispetto al 2015: da un minimo di 20 a un massimo di 40 euro, in base al percorso prescelto.

LE CANTINE
Saranno presenti le case Alberto Marsetti, Aldo Rainoldi, Alfio Mozzi, AR.PE.PE, Barbacàn, Boffalora, Cantina Castel Grumello, Cooperativa Triasso e Sassella, Dirupi, Fratelli Bettini, Fay, Folini, Giorgio Gianatti, La Perla, Luca Faccinelli, Mamete Prevostini, Nino Negri, Plozza, Rivetti & Lauro, Rupi del Nebbiolo, Tenuta Scerscè, Terrazzi Alti, Triacca.

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Vini al supermercato

Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014, Gcf Groupe

Ebbene sì. In Sudafrica si produce vino. Abbastanza da arrivare anche sugli scaffali dei supermercati italiani. E’ da quelli di Iper Coop che preleviamo lo Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014. Importato in Europa dal colosso francese Les Grands Chais de France (Gcf Groupe) di Petersbach, Alsazia, questo vino bianco sudafricano viene prodotto nella più grande regione vinicola del Sud Africa: Western Cape, sede della più lunga “strada del vino” del mondo, con i suoi 850 chilometri che corrono da Cape Town (Città del Capo, la capitale) a Port Elizabeth. Un vino del quale – diciamocelo – non avremmo certo sentito la mancanza, in Italia. Ma la “moda” è questa. E le più attente catene della Gdo italiana come Iper Coop si vedono ormai costrette ad annoverare sui propri scaffali anche vini di scarsa personalità provenienti dalle zone emergenti (o recentemente consolidate a livello planetare), pur di ampliare la gamma, internazionalizzandola.

Tant’è. Nel calice, questo Chenin Blanc, vitigno originario della zona della Loira, in Francia, si presenta di un giallo paglierino scarico. Al naso note di pera bianca in un contorno di frutta esotica, che spazia dal melone all’ananas. Corrispondente al palato, si rivela vino fresco, anche se di ordinaria acidità. La buona morbidezza ne fa il vino perfetto per l’aperitivo (12%). Ostico l’abbinamento con pietanze più complesse della cucina italiana, soprattutto considerando che al prezzo di questo Chenin Blanc sudafricano è possibile acquistare, nella stessa catena, dignitosissimi vini bianchi italiani più adatti a portate di pesce o carne bianca. In definitiva possiamo definire lo Chenin Blanc Cape Spring Western Cape 2014 quale bottiglia ordinaria. Certamente non in grado di esprimere le potenzialità delle straordinarie terre del vino del Sud Africa, settimo Paese produttore di vino nel mondo, con una tradizione vinicola di oltre tre secoli.

Prezzo: 5,90 euro
Acquistato presso: Iper Coop

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Sol d’Oro Emisfero Sud sbarca in Australia: oli extravergini in gara a Melbourne

Conto alla rovescia per Sol d’Oro Emisfero Sud, la sfida tra i migliori gli oli extravergine prodotti in primavera al di sotto dell’equatore in programma per la prima volta in Australia a Melbourne dal 5 al 9 settembre. La competizione itinerante organizzata da Veronafiere vede la partecipazione delle produzioni oleicole di Argentina, Cile, Perù, Brasile, Uruguay, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica. Ancora aperte le iscrizioni, massimo due campioni per azienda, fino al 31 agosto su www.solagrifood.com/en/exhibitors-area/sol-doro-competition. “Con questa iniziativa – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –  ampliamo e consolidiamo la rete di eventi all’estero che copre oggi tutti i continenti. Dopo il successo delle prime due edizioni di Sol d’Oro Emisfero Sud in Cile e Sudafrica, quest’anno in Australia abbiamo trovato la collaborazione e la sponsorship del Governo di Victoria, che ha visto nel concorso, considerato il più importante al mondo, uno strumento per incentivare la crescita qualitativa della produzione locale di olio extravergine e per la sua promozione commerciale sui mercati internazionali”.

LE SEDI
Due le prestigiose sedi di questa edizione di Sol d’Oro, che ha il patrocinio del Consolato Italiano ed è organizzato con la collaborazione della Camera di Commercio Italiana a Melbourne: nella Sala conferenze del Coasit (Comitato Assistenza Italiani), dove vengono ospitati tutti i più importanti appuntamenti italiani nella città, si svolgeranno i lavori della commissione giudicante, mentre la conferenza stampa di proclamazione dei vincitori del Sol d’oro, d’argento, di bronzo delle tre categorie di olio extravergine in gara – fruttato leggero, medio e intenso – e il cocktail con la consegna dei premi si terranno all’Investment Centre Victoria, sede degli eventi ufficiali del Vic Gov. Proprio qui sono in programma anche la degustazione guidata degli oli vincitori, dedicata a giornalisti di settore e operatori specializzati del canale ho.re.ca., e tre seminari rivolti ai rappresentanti dell’industria oleicola australiana per approfondire le opportunità commerciali dell’olio australiano sui mercati internazionali. Tra questi, un focus sul Giappone, considerato uno dei più interessanti mercati per l’export di alta qualità, e uno sulla partecipazione a Sol&Agrifood, il Salone internazionale dell’agroalimentare di qualità di Veronafiere (9 al 12 aprile 2017 – www.solagrifood.com), visitato nel 2016 da 56.000 visitatori professionali provenienti da 82 Paesi.

MARKETING PREMIANTE
Premio alla qualità, il Sol d’Oro diventa anche un importante strumento di marketing per le aziende premiate, grazie alle iniziative di promozione organizzate da Veronafiere sia durante Sol&Agrifood che nel mondo. Riservata agli oli vincitori di questa edizione di Sol d’Oro Emisfero Sud la partecipazione con uno stand dedicato all’Olive Oil Kansai 2016 International Exhibition di Osaka dal 18 al 20 ottobre prossimi, in virtù di un accordo tra Veronafiere e la Fiera di Osaka, che si è candidata ad ospitare il concorso nel 2017 in veste di Paese consumatore. Nato nel 2014 dallo sdoppiamento di Sol d’Oro, il più importante concorso mondiale dedicato agli oli extravergine di qualità, in una edizione per le produzioni dell’emisfero nord a febbraio a Verona e una itinerante per l’emisfero australe, Sol d’Oro Emisfero Sud si avvale quest’anno di una giuria composta dal capo panelist Marino Giorgetti e da otto panelist internazionali. Tra questi, tre del Paese ospitante: Richard Gawel, Claudia Guillaume e Glen Green.

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Orecchiette con pesto di zucchine e gamberi

Un classico della tradizione culinaria italiana rivisitato ‘In Cucina con Fede’. Ecco come preparare le orecchiette con pesto di zucchine e gamberi in poche, semplici, mosse. Segui le mie istruzioni: sarà un gioco da ragazzi!

Quantità per
: 4 persone
Realizzazione: facile
Vino in abbinamento: Pigato Riviera Ligure di Ponente Doc

TI SERVE

  • 500 gr di orecchiette
  • 3 zucchine
  • 24 gamberi freschi
  • Olio evo
  • Sale rosa dell’Himalaya
  • Pepe bianco

PREPARAZIONE

  1. Fai bollire l’acqua per la pasta e nel frattempo, con un robot da cucina, trita le zucchine con olio, sale e pepe; deve avere una consistenza densa. Tieni da parte.
  2. In una padella fai scaldare un po’ d’olio e aggiungi i gamberi. Se sono freschi ci vorranno pochi minuti x la cottura. Ti rendi conto che sono pronti perché si “arricciano” e si scuriscono.
  3. Scola le orecchiette e falle saltare nella padella dei gamberi.
  4. A fuoco spento versa il pesto di zucchine e amalgama il tutto.
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Vignaioli indipendenti: Fivi si consolida nel Centro-Sud Italia

L’assemblea generale dei soci della FIVI, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, ha rinnovato le cariche elettive per i prossimi tre anni. Matilde Poggi confermata presidente, alla vicepresidenza restano Walter Massa e Leonildo Pieropan. Entrano quattro nuovi consiglieri, di cui tre del Centro-Sud Italia. Sono Luigi de Sanctis (Lazio), Gaetano Morella (Puglia) e Luigi Maffini (Campania), insieme a Bruna Flaibani dal Friuli Venezia Giulia. Rimane invariato il numero di consiglieri. Gli altri vignaioli riconfermati sono: Costantino Charrère (Valle d’Aosta, già primo presidente FIVI), Lorenzo Cesconi (Trentino), Ettore Ciancico (Toscana), Luca Ferraro (Veneto) Gianmario Cerutti (Piemonte, Consigliere delegato agli affari istituzionali), Armin Kobler (Alto Adige), Francesco Saverio Petrilli (Toscana, Segretario Nazionale) e Marco Vercesi (Lombardia). Abbandonano la carica invece Celestino Gaspari (Veneto), Guido Zampaglione (Piemonte) e Stefano Casali (Toscana), Giulia Cavalleri (Lombardia, che rimane alla guida dei Vignaioli di Franciacorta). Il consiglio direttivo della FIVI potrà inoltre contare sull’apporto di 16 delegati di zona e delle tre associazioni indipendenti (Vignaioli del Trentino, Vignaioli dell’Alto Adige, Vignaioli del Soave) a cui è affidato il compito di mantenere il rapporto con i quasi 1000 soci. “Desidero ringraziare i consiglieri uscenti – ha dichiarato Matilde Poggi – per il lavoro che hanno svolto in questi anni e per aver dato spazio ai vignaioli delle regioni finora meno rappresentate. La FIVI oggi è ancora più forte, perché rappresenta in modo più compiuto i vignaioli di tutta Italia”. Proprio per venire incontro alle esigenze dei nuovi consiglieri la sede del consiglio potrà variare di volta in volta.

“Oggi assumiamo l’impegno – ha aggiunto Walter Massa – a prendere qualche aereo, a nostre spese, per rendere più unita l’Italia”. La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un’associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: “Il Vignaiolo FIVI coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta”. Attualmente sono quasi 1000 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 10.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. 70 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale supera 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 240 milioni di euro. I 10.000 ettari di vigneto sono condotti per il 49 % in regime biologico/biodinamico, per il 20 % secondo i principi della lotta integrata e per il 31 % secondo la viticoltura convenzionale.

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Approfondimenti

Malattie della vite: la soluzione? Intervenire sul “naso” degli insetti

Il dottore di ricerca della Fondazione Edmund Mach, Alberto Maria Cattaneo, si è aggiudicato il 31° premio Giovanni Binaghi della Società italiana di entomologia con la tesi sui meccanismi olfattivi di alcuni insetti infestanti per l’agricoltura trentina come la Carpocapsa del melo e la Tignoletta della vite. Obiettivo della ricerca è “la messa a punto di sistemi innovativi basati sull’interferenza della comunicazione fra gli insetti per difendere la vite e il melo”. La tesi di dottorato dal titolo “Alla scoperta dei meccanismi sensoriali per il controllo di due insetti infestanti: dal comportamento alle interazioni molecolari” è svolta in collaborazione tra la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e l’Università degli Studi di Milano. Si tratta di uno studio innovativo sui sistemi di percezione sensoriale realizzato alternando esperimenti molecolari e studi elettrofisiologici condotti direttamente sulle antenne degli insetti.

IL PREMIO
Conoscere questi meccanismi – spiega Alberto Maria Cattaneo (nella foto) – permette di individuare dei target biologici su cui agire  e quindi di trovare nuovi sistemi di difesa delle piante e di controllo dei parassiti basati su sostanze naturali e che siano sempre più specifici e a basso impatto ambientale”. Laureato in Biotecnologie Agrarie a Milano, ha svolto la sua ricerca di dottorato all’interno di un progetto intitolato “controllo degli infestanti della frutta attraverso l’interazione con i canali TRP, una nuova classe di recettori sensoriali degli insetti”. Il premio bandito dalla Società Entomologica Italiana è dedicato alla memoria di Giovanni Binaghi, famoso entomologo Italiano scomparso che ha dedicato la sua vita alla diffusione dell’interesse di questa disciplina tra i giovani.

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vini#1 visite in cantina

Insight Sauvignon Blanc Marlborough 2013, Vinultra

Sentiamo spesso parlare di vini neozelandesi. Vini che, ormai, è facile reperire anche sul mercato italiano. Vinialsupermercato.it, come al solito, cerca di aiutarvi nelle scelte in campo enologico. E oggi racconta di un Sauvignon Blanc proveniente proprio dalla Nuova Zelanda. Si tratta del Sauvignon Blanc 2013 Insight, “single vineyard” Marlborough, prodotto dalla cantina Vinultra nella Waihopai Valley. Il vino si presenta di un colore giallo paglierino, di buona limpidezza. Al naso esprime un bouquet estremamente ampio e accattivante, molto “femminile” e floreale. Si passa dal passion  fruit alla classica foglia di pomodoro, fino alle note di zenzero fresco. Un naso prezioso, che anticipa un sorso ancora più soddisfacente. La frutta esotica torna prepotentemente, il che potrebbe far risultare questo vino stucchevole. Ma immediatamente sopraggiungono note agrumate di pompelmo rosa, a bilanciare il tutto. Completano il quadro note speziate e minerali. Il ritorno, una volta deglutito il vino, è di quello di piacevoli  e persistenti foglie di pomodoro, oltre agli onnipresenti agrumi e alle spezie.
LA VINIFICAZIONE
L’azienda Vinultra è situata a Malborough, sulla East coast della Waihopai Valley, uno dei territori più conosciuti e vocati alla coltivazione della vite in Nuova Zelanda. Il vitigno scelto per la produzione di questa etichetta si sviluppa su due terrazze differenti: quella inferiore è estremamente ricca di sassi, un terreno limoso e argilloso. Quella superiore,  invece, sempre composta di argilla e limo, presenta in abbondanza grandi blocchi di ghiaia, in questo caso friabile. Il sistema di allevamento è la controspalliera e la raccolta delle uve Sauvignon Blanc avviene tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio. La diraspatura è seguita da una pressatura con pressa pneumatica. Le uve subiscono poi criomacerazione per 48 ore, processo utile alla conservazione degli aromi varietali dell’uva. La fermentazione avviene in vasche d’acciaio e il vino riposa sur lies, ovvero “sulle bucce”, per diversi mesi prima di essere imbottigliato.
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Cocktail, è il Negroni quello preferito dagli italiani. E al Dreamplanet Award Cocktail Team Toscana 2016 trionfa Giacomo Ferrari

Tra i circa cinquanta cocktail riconosciuti a livello internazionale, quello che gli italiani preferiscono, secondo la Federazione italiana Barman , è il Negroni. Il cocktail a base di Gin, Campari e Vermouth rosso è infatti quello più ordinato, soprattutto all’ora dell’aperitivo. Un orgoglio particolare visto che il Negroni è nato in Italia, a Firenze per la precisione, negli anni Venti del XX Secolo presso il Caffè Casoni, grazie alla fantasia del conte Camillo Negroni il quale decise di sostituire al Seltz del suo amato Americano (altro tra i preferiti) del Gin per riassaporare il ricordo dei suoi viaggi londinesi. A distanza di quasi un secolo il Negroni resta una degli aperitivi più amati. Tra quelli di nuova generazione invece da segnalare i vari Sour, apprezzati soprattutto in discoteca dai più giovani, ma anche Long Island, Moscow Mule e il Cosmopolitan. La categoria conta 149.885 strutture in attività per un volume di affari complessivo di oltre 18 miliardi di euro. Ed è un lavoro ‘al femminile’ (60%) visto che 6 addetti su 10 sono donne, per un totale di 360mila addetti. In media si pagano 0,94 euro per un caffè, 1,27 per un cappuccino, 3 euro per un panino. Sono Valle d’Aosta, Sardegna e Liguria le regioni con la maggiore concentrazione di bar, mentre la Sicilia è fanalino di coda. Nel corso degli anni la presenza degli stranieri è cresciuta significativamente, sia tra gli imprenditori che tra i lavoratori dipendenti, con 45.950 addetti di nazionalità straniera e una percentuale sul totale del 21,5%. Ben il 17,1% del totale dei bar si concentra in Lombardia con oltre 25mila esercizi, 15.187 sono i bar del Lazio (10,2% del totale) e 13.859 in Campania (9,3% del totale). Il primo gradino del podio per concentrazione di bar spetta alla Valle d’Aosta, che risulta l’unica regione con un saldo positivo tra aperture e chiusure (515 bar sul territorio con un indice di densità per mille abitanti del 4%). Seguono Sardegna (5.056 esercizi con un indice di densità del 3,1%) e Liguria (5.601 bar con un indice di densità del 3,5%). Fanalino di coda la Sicilia , con 8.153 bar e un indice di densità che si attesta solamente all’1,6.

BARMAN, ECCO LE NUOVE “LEVE”

E con il suo Gin Fusion è Giacomo Ferrari (nella foto), 22 anni di Viareggio, il vincitore del “Dreamplanet Award Cocktail Team Toscana 2016”. Dodici i partecipanti alla competizione, andata in scena proprio ieri a Carrara Fiere durante la “Tirreno CT” per scegliere il migliore barman della Toscana da far entrare nella rappresentativa regionale. E’ quindi Ferrari, proveniente dai corsi FIB della provincia di Lucca il primo componente del “Cocktail Team Toscana” che rappresenterà la toscana alle finali 2016 del Cocktail & Apetizer Show che si svolgerà ad ottobre. Tante novità nei cocktail ma ha spiccare è stato proprio Gin Fusion perché è il risultato di una infusione a freddo di alcune erbe aromatiche insieme al distillato di base e poi filtrato e successivamente miscelato. A comporre la giuria: Maria Teresa Poli dell’Academy Toscana e Enrico Rovella Presidente Academy Piemonte. Anche per la 36esima edizione di Tirreno C.T. la Federazione italiana barman, la Fib , ha scelto questa fiera per lanciare i propri master professionali pensati per la formazione dei più giovani. “Fondamentale per creare un professionista che possa soddisfare le esigenze del cliente di oggi – spiega Mario Caterino, responsabile eventi della Federazione italiana Barman – formazione che non deve essere solo di tipo tecnico e pratico, ma anche di educazione nei confronti di chi ordina il cocktail”. Tre sono gli ingredienti che deve usare un barman per arrivare al successo: onestà, simpatia e buongusto. Lo dice la stessa Fib presentando i corsi. “Sono sempre di più i giovani interessati a questo mestiere – conclude Caterino – serve però passione e devozione per poterlo fare con professionalità e cura”.

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