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Onu, risoluzione nutrizione: salve le eccellenze Made in Italy

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L’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) torna sui suoi passi in merito alla risoluzione sulla nutrizione che avrebbe danneggiato alcune eccellenze del Made in Italy come Grana Padano, Prosciutto di Parma e Olio Extravergine di oliva.

La versione definitiva della risoluzione dell’Assemblea Generale non prevede più l’obbligo di apposizione di sistemi di informazione visiva come l’etichetta a semaforo inglese, il nutriscore francese o i bollini neri cileni che mettono alla gogna alcuni simboli della gastronomia e dell’artigianalità italiana.

Soddisfazione viene espressa dal ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio: “Finalmente – dichiara – l’Onu ha dovuto ammettere che i nostri prodotti, le eccellenze del made in Italy, non sono dannose per la salute e che l’enogastronomia italiana è sana e di qualità”.

“Sui nostri alimenti – continua Centinaio – non ci sarà nessun bollino nero. La posizione italiana in materia è e rimane quella di un’icona a batteria che indichi la percentuale di nutrienti e che consenta di visualizzare le componenti nutrizionali quali calorie, grassi, zuccheri e sale”.

Per Centinaio “è stato sventato un vero e proprio attacco per mettere in difficoltà i prodotti tipici del nostro Paese, con indicazioni ingannevoli e fuorvianti che non avrebbero fatto bene all’economia”.

“Ora è il momento di guardare avanti – conclude il ministro – e occuparci di promozione, tutela e tutto ciò che possa aiutare concretamente il settore. Continueremo a vigilare affinché i nostri prodotti vengano tutelati e salvaguardati in ogni parte del il mondo”.

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“E’ stata sventata una pericolosa deriva internazionale per mettere sul banco degli imputati i principali prodotti del Made in Italy a causa del loro contenuto in sale, zucchero e grassi, anche con l’apposizione di allarmi sulle confezioni o l’introduzione di tasse  per scoraggiarne i consumi”, evidenzia Coldiretti.

“L’attenta e preziosa attività diplomatica del nostro Paese – dichiara il presidente Ettore Prandini – ha permesso di evitare bollini allarmistici o tasse per dissuadere il consumo di certi alimenti che avrebbero messo alla gogna l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop), dal Parmigiano Reggiano al Prosciutto di Parma fino all’extravergine di oliva considerato unanimemente un elisir di lunga vita”.

Un patrimonio che è alla base della dieta mediterranea che ha consentito all’Italia di conquistare il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa (con ben il 7% della popolazione) davanti a Grecia e Spagna. Ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 per gli uomini e a 85 per le donne.

Un ruolo importante per la salute che è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco il 16 novembre 2010.

“Ora – aggiunge Prandini – occorre lavorare perché il bisogno di informazioni del consumatore sui contenuti nutrizionali sia soddisfatto nella maniera più completa e dettagliata, ma anche con chiarezza, a partire dalla necessità di usare segnali univoci e inequivocabili per certificare le informazioni più rilevanti per i cittadini, a partire dall’obbligo dell’etichetta d’origine su tutti gli alimenti”.

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Vini italiani all’Onu: una “selezione” che valorizza (solo) i grandi nomi

Chi lo avrebbe mai detto? Il meglio del vino italiano è rappresentato da case vinicole che collaborano attivamente con la Grande distribuzione organizzata, ovvero il mondo dei supermercati.

E’ quanto emerge dal Consiglio di Sicurezza del’Onu. Nessun intrigo internazionale, tranquilli. Dopo dieci anni, la presidenza del Consiglio è tornata all’Italia.

E l’ambasciatore Sebastiano Cardi ha pensato bene di celebrare l’investitura consegnando ai membri del Consiglio di Sicurezza una selezione dei migliori vini italiani.

Grandi bottiglie, delle migliori annate, sono finite così nelle mani dei rappresentanti delle maggiori potenze (politico-finanziarie) del mondo: dalla Francia alla Cina, dal Regno Unito al Giappone. Passando ovviamente per gli Stati Uniti. La consegna della speciale “bag enoica” è avvenuta all’inizio del mese, proprio a New York.

La selezione dei vini è stata curata da Lucio Caputo (nella foto sotto), presidente dell’Italian Wine & Food Institute.  Mentre tentiamo di metterci contatto con lui per capire quali siano stati i criteri guida delle scelte, non possiamo che notare come, nella lista, figurino numerosissime aziende operanti nel mondo della Grande distribuzione organizzata italiana (e in alcuni casi internazionale).

I VINI, LE CANTINE
Il massimo esponente del Wine & Food Insitute ha fatto la spesa con Argiolas (Igt Isola dei Nuraghi Turriga 2013), Bertani (Amarone Della Valpolicella Classico Doc 2007), Jacopo Biondi Santi (Igt Toscana Schidione 2010), Castello di Querceto (Igt La Corte 2007), Col d’Orcia (Brunello di Montalcino Docg 2012), Donnafugata (Mille e Una Notte 2012), Fontanafredda (Serralunga d’Alba Barolo Docg 2013), Gaja (Barbaresco Docg 2013).

Poi ancora: Lungarotti (Vigna Monticchio Rubesco Riserva Docg 2009), Marchesi Antinori (Tignanello 2014), Mastroberardino (Naturalis Historia Taurasi Docg 2009), Planeta (Santa Cecilia Noto Doc 2010), Rocca delle Macie (Riserva di Fizzano Gran Selezione Chianti Classico Riserva Docg 2013), Sella & Mosca (Marchese di Villamarina Doc 2010), Tasca d’Almerita (Rosso del Conte Doc 2012), Travaglini (Gattinara Riserva Docg 2011), per finire con Vespa Vignaioli (Raccontami Primitivo di Manduria Doc 2014).

Una selezione, a prima vista, quasi scontata. Grandi nomi per grandi vini, già noti a livello internazionale e già in vendita nei principali mercati del mondo. Una (facile) scommessa che giova all’immagine della Gdo italiana, sempre più in grado di fungere da vetrina, anche per produttori blasonati.

Ma fa pensare la poca “fatica” compiuta dall’Italian Wine & Food Institute. Che così, forse, ha perso un’occasione unica per valorizzare il tessuto dei piccoli-medi produttori del Belpaese. Quelli che contribuiscono a fare grande l’Italia del vino, nel mondo, ognuno col suo modesto pezzo di puzzle. Vini che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu non si bevono. Non si sono mai bevuti. E forse, così, non si berranno mai.

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