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Vini più amati in ogni regione d’Italia: classifica Gdo 2024 secondo Circana

I vini più amati in ogni regione d’Italia: classifica GDO 2024 secondo Circanaclassifica vini più amati in ogni regione d’Italia
Dal Montepulciano d’Abruzzo in Molise al Nero d’Avola in Sicilia, passando per il Trebbiano nelle Marche, l’Italia del vino si conferma un mosaico di identità territoriali. A raccontarlo è la classifica per regione di Circana, che rivela le top 5 tipologie più vendute nella Gdo di ogni area del Paese nel 2024. Raccolti nell’occasione anche i commenti dei buyer di diverse insegne.

Nord Italia: classici e bollicine

  • In Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria dominano Prosecco, Barbera, Lambrusco e Bonarda.

  • In Trentino-Alto Adige, vincono Teroldego, Lagrein e Chardonnay.

  • Il Friuli Venezia Giulia vede spiccare Ribolla, Merlot e Cabernet.

Centro: Toscani protagonisti

  • In Toscana, non mancano Chianti, Rosso Toscano e Sangiovese.

  • In Umbria, si distingue il locale Grechetto insieme a Trebbiano e Prosecco.

  • Il Lazio vede emergere il Vermentino accanto a Montepulciano e Trebbiano.

Sud e Isole: vitigni autoctoni fortissimi

  • Sicilia: trionfa Nero d’Avola, seguito da Grillo e Syrah.

  • Puglia: grande successo per Primitivo e Nero di Troia.

  • Abruzzo: Montepulciano, Cerasuolo e Pecorino guidano la classifica.

  • In Campania, spazio a Falanghina e Aglianico.

  • Sardegna: domina il Vermentino, con Cannonau in risalita.

CLASSIFICA VINI PIÙ VENDUTI AL SUPERMERCATO NEL 2024

Il vino più venduto in ogni regione d’Italia riflette gusti radicati e identità locali fortissime. Se il Prosecco è l’unico “nazionale”, le scelte della Gdo 2024 parlano chiaro: gli italiani vogliono bere vicino a casa, pur non disdegnando “viaggi” nel calice di altre regioni, con le denominazioni più note.https://www.circana.com/it-it/

Vini al Supermercato, Gdo recupera terreno nel 2024: è l’anno dei vini bianchi

classifica vini più amati in ogni regione d’Italia

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Approfondimenti

Enoturismo Italia: il report di Ceseo e Movimento Turismo del Vino


Enoturismo Italia. Si è tenuta a Roma, presso Palazzo Giustiniani, la presentazione della prima indagine del Movimento Turismo del Vino (MTV) e del CESEO – Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo dell’Università LUMSA. L’evento ha segnato l’avvio ufficiale del nuovo osservatorio sul settore, con un panel di esperti tra cui Donatella Cinelli Colombini (direttore CESEO), Violante Gardini Cinelli Colombini (presidente MTV) e Antonello Maruotti (ordinario di Statistica presso LUMSA).Movimento Turismo del Vino (MTV) CESEO – Centro Studi Enoturismo e Oleoturismo

enoturismo italiaUn settore in espansione, ma con criticità

Secondo il rapporto “Turismo del vino: tra nuove sfide e opportunità”, l’enoturismo registra una crescita del 13% annuo a livello globale (fonte FMI). Il 53% delle cantine analizzate ha registrato un aumento del fatturato nel 2023, con un incremento a doppia cifra per 1 azienda su 4. Tuttavia, l’81% delle cantine segnala un aumento dei costi di gestione, con incrementi tra il 5% e il 25% che riducono i margini, colpendo soprattutto le micro-imprese (64% del campione) e le piccole imprese (31%). Solo il 9% delle cantine supera i 2 milioni di euro di fatturato annuo.

Competenze e formazione: un gap da colmare

Uno degli aspetti più critici emersi riguarda la professionalizzazione dell’accoglienza: solo il 38% delle cantine dispone di personale specializzato in Wine Hospitality, mentre nel 63% dei casi è il titolare stesso a occuparsi dei visitatori. La mancanza di figure dedicate è dovuta alla difficoltà di sostenere costi aggiuntivi, nonostante la crescente richiesta di esperienze di alta qualità.https://www.winemag.it/valpolicella-7-aziende-su-10-intendono-investire-in-enoturismo/

Hospitality e diversificazione dell’offerta

Il Movimento Turismo del Vino, da oltre trent’anni, ha contribuito a trasformare l’esperienza in cantina, rendendola più inclusiva e accessibile.

  • Il 43% delle aziende è certificato BIO e il 38% adotta pratiche di agricoltura sostenibile, dati ben superiori alla media italiana del 19,8% (Fonte Metes).
  • Il 33% delle cantine organizza pic-nic in vigna, il 30% passeggiate tra i filari, il 25% cene con il produttore e il 20% corsi di cucina.
  • Il 38% delle aziende ha spazi dedicati ai bambini, con fattorie didattiche e aree gioco.
  • Il 26% delle cantine offre stazioni di ricarica per auto elettriche, segnale di attenzione alla mobilità sostenibile.
  • Le wine experience hanno un costo medio di 25 euro, con un range che va dai 15 ai 150 euro.
  • Il 68% delle cantine accetta visitatori senza appuntamento, mentre l’85% è aperto tutto l’anno. enoturismo italia

Enoturismo Italiano tra digitale e intelligenza artificiale: il futuro è qui

La ricerca evidenzia una forte presenza delle cantine sui social media:

  • Facebook (97%) e Instagram (96%) sono i canali più usati.
  • LinkedIn (37%) è ancora marginale, mentre TikTok è adottato solo dal 7%.
  • Il 42% delle aziende registra meno di 1.000 visite al mese sul sito web, segnale di un potenziale di digitalizzazione ancora inespresso.
  • Solo il 21% utilizza un CRM (Customer Relationship Management) per fidelizzare la clientela.

L’Intelligenza Artificiale (AI) è impiegata solo dal 20% delle aziende, principalmente per marketing (63%), comunicazione digitale (70%) e gestione delle prenotazioni (35%). Solo l’8% la utilizza nei processi produttivi. L’adozione dell’AI è ancora frenata dalla percezione di costi elevati e dalla tradizionale gestione familiare di molte cantine. enoturismo italia

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Vendite Vino Gdo Italia 2024: l’analisi al XI Forum Wine Monitor

Le vendite di vino in Gdo in Italia 2024 si dividono tra conferme e nuove tendenze. Dai dati emersi dall’analisi NielsenIQ, presentati poco fa dalla Sales Director SMB & Global Snapshot Italy Eleonora Formisano al XI Wine Monitor di Nomisma, emerge un panorama in evoluzione, con segnali positivi per alcune regioni e denominazioni, una crescita dell’appeal dei vini premium e una forte incidenza delle promozioni nelle strategie di vendita. Uno dei trend più significativi è la crescita delle vendite in valore per alcune regioni vinicole italiane, con Sicilia, Puglia e Sardegna che registrano performance in aumento. Questo si riflette anche sulle denominazioni, con Sicilia DOP, Trentino DOP e Salento IGP in evidenza, insieme a vitigni come Vermentino, Corvina Veronese/Rondinella (Valpolicella), Primitivo e Nero d’Avola che continuano a conquistare i consumatori.

VINI AL SUPERMERCATO: CRESCONO I VINI IGP

A sostenere il mercato sono in particolare i vini IGP, bianchi e fermi, confermando una tendenza che negli ultimi anni ha premiato i prodotti più riconoscibili e legati a una forte identità territoriale. Il segmento dei vini fermi si conferma predominante rispetto ai frizzanti, con un’incidenza dell’87,6% sulle vendite. Dal punto di vista economico, cresce l’attenzione verso i prodotti premium, ossia quelli con un indice di prezzo superiore a 150, il cui successo è sostenuto da una forte pressione promozionale del 35%. Un dato che riflette una maggiore propensione dei consumatori a investire in vini di fascia alta, soprattutto se accompagnati da offerte e sconti strategici. Parallelamente, il peso delle promozioni sul mercato del vino resta elevato, ma con un crescente impatto delle campagne su volantini e materiale promozionale, segnale di un ritorno a strategie più tradizionali di marketing.

IN GDO IL 78% DEL FATTURATO TOTALE DEL COMPARTO VINICOLO

Interessante anche l’analisi dei canali di vendita, con la Distribuzione Moderna che rappresenta il 78% del fatturato totale del comparto vinicolo, mentre il discount, pur rimanendo sotto la media rispetto al settore FMCG, mostra segnali di crescita. La parte più dinamica del mercato si conferma il Sud Italia, con un indice di prezzo particolarmente competitivo rispetto alla media nazionale. Un dato che merita attenzione è l’impatto delle festività sulle vendite, in particolare il ruolo cruciale del Capodanno per lo spumante, con un picco di vendite registrato proprio in corrispondenza di questo periodo. Un fenomeno che si ripete di anno in anno e che evidenzia quanto lo spumante sia un prodotto fortemente legato al consumo stagionale.

Nel complesso, il settore vinicolo italiano chiude il 2024 con un valore complessivo di 3,1 miliardi di euro, in leggera crescita dello 0,3% rispetto al 2023, mentre il volume di vendita si attesta sui 740 milioni di litri, con un calo dell’1,9%. Se si allarga lo sguardo all’intero comparto delle bevande alcoliche, il fatturato totale raggiunge i 6,7 miliardi di euro, con un incremento dello 0,5% rispetto all’anno precedente. Un segnale di stabilità che evidenzia la tenuta del mercato nonostante le sfide economiche e i cambiamenti nei modelli di consumo. Inoltre, si evidenzia un aumento dell’attenzione dei consumatori verso l’astinenza da alcol, con una crescita dell’adesione al Dry January in Italia, che passa dal 9% nel 2024 al 13% nel 2025. Un fenomeno che riflette una maggiore sensibilità verso il consumo moderato di alcol, con tendenze simili anche in Francia e Germania.

LE ABITUDINI DEI CONSUMATORI: VINO QUARTA BEVANDA PREFERITA

Dal punto di vista delle abitudini di consumo, il vino si conferma la quarta bevanda più consumata nei locali italiani, con un incremento rispetto all’anno precedente. Tuttavia, birra e aperitivi restano in testa alle preferenze. Nel settore della ristorazione e del fuori casa, si registra un aumento delle uscite per il consumo di bevande, con il 55% dei consumatori che dichiara di frequentare locali per bere, in crescita rispetto ai mesi precedenti.

Un fattore che potrebbe influenzare il consumo di alcol in Italia nel prossimo futuro è l’entrata in vigore del nuovo codice della strada, che dal 14 dicembre 2024 prevede un inasprimento delle sanzioni per chi guida con un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l. Sebbene l’impatto di questa misura sulle abitudini di consumo non sia ancora chiaro, l’attenzione è alta soprattutto tra i Millennials e nella città di Milano, dove una percentuale significativa di consumatori dichiara di voler modificare i propri comportamenti.

L’ANALISI REGIONALE: CRESCITA VENETO E FRIULI VENEZIA GIULIA

Infine, l’analisi delle regioni mostra una crescita significativa per Veneto e Friuli Venezia Giulia, con il Prosecco DOC che continua a trainare il mercato insieme ad altre denominazioni e vitigni come Glera, Chardonnay/Pinot Bianco e Ribolla Gialla. Nel comparto degli spumanti, il metodo Charmat Secco emerge come il principale motore della crescita, confermando il suo ruolo predominante nel mercato italiano.

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Francia chiama Italia: «Produttori di Rosés de terroirs, unitevi!»

«Creiamo la prima collezione di Rosés de Terroirs al mondo! Un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora ipotizzabile ». La proposta arriva dalla Francia ed è rivolta ai produttori di rosato in Italia e nel mondo. Non una provocazione, ma un invito messo nero su bianco (qui il form per aderire) da Philippe Guigal, presidente dell’Associazione Rosés de Terroirs (Airt), dal 2023 proprietario dello Château d’Aquéria nella Aop Tavel. Si tratta, non a caso, della denominazione di provenienza di alcuni dei rosati più prestigiosi del mondo, nel Rodano meridionale. Teatro del lancio dell’appello «Rosés de terroirs, unissons-nous!», ovvero «Rosés de terroirs, unitevi!», è stata Milano. L’associazione di produttori francesi, che riunisce già 59 aziende e 78 annate di vini rosati provenienti da Francia, Italia, Grecia e Spagna, ha chiamato a raccolta la stampa al Grand Hotel et de Milan, proponendo un percorso di assaggi e abbinamenti tra rosé (e rosati) curato dal sommelier Alfredo Moccia e dallo chef Francesco Potenza.

L’APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE ROSÉS DE TERROIRS AI PRODUTTORI DI ROSATI ITALIANI

«L’ambizione dell’Associazione Rosés de terroir – spiega Philippe Guigal – è quella di essere l’ambasciatrice dei grandi rosé di terroir del mondo. Per questo, in linea con il nostro appello fondativo del febbraio 2020, «Rosés de terroirs, unitevi!», lanciato dalla Dop Tavel, invito i viticoltori che producono i più grandi rosé de terroirs del mondo ad unirsi a noi. Dopo 20 anni di crescita storica, il mercato del rosé sta entrando in una nuova fase del suo sviluppo, con una possibile e auspicabile diversificazione dell’offerta, in particolare attraverso i rosé di terroir posizionati come nicchia di mercato apprezzata o addirittura molto apprezzata. La creazione di un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora addirittura ipotizzabile».

COSA SONO I ROSES DE TERROIRS?

«Per me – continua Philippe Guigal – i rosati di terroir sono prima di tutto dei veri vini. Attraverso i loro sapori e colori, raccontano storie spesso uniche di luoghi e vignaioli e viticoltori. Si abbinano anche a pasti completi e a un’ampia varietà di cucine, come dimostrano le “Rosés de Terroirs experiences” organizzate dall’associazione». Si tratta, per l’appunto, dell’evento andato in scena in mattinata al prestigioso Grand Hotel et de Milan, struttura “mitologica” del capoluogo lombardo, dove visse Giuseppe Verdi. «In secondo luogo – continua il produttore francese – i rosé de terroirs non sono destinati a seguire le mode. Sono rosé senza tempo che abbracciano la loro unicità. La diversità delle cuvée cooptate dall’associazione è quindi fondamentale».

Da qui l’appello a un’unità nella diversità. «Creando la prima collezione di rosé al mondo – suggerisce Guigal – la nostra associazione diventerà un punto di riferimento nel settore. Il punto di riferimento in questo campo. In breve, non solo per il loro carattere ma anche per il modo in cui vengono consumati, i rosati di terroir sono davvero complementari ai rosati dissetanti di tendenza. In questo contesto, la nostra associazione internazionale può e deve assumere il ruolo di guida nell’offerta di una gamma di rosati “diversi e sorprendenti, per natura e nel corso degli anni”, per citare uno dei nostri slogan».

L’EVENTO AL GRAND HOTEL ET DE MILAN

Sono 22 i vini, tra rosé e rosati, presentati durante l’evento di quest’oggi al Grand Hotel et de Milan. Nello specifico: Château de la Selve, cuvée L’Audacieuse 2021 (IGP Coteaux de l’Ardèche); Via Caritatis, cuvée Lux de Caelo 2022 (AOP Ventoux); Château Gassier, cuvée 946 2022 (AOP Côtes de Provence Sainte-Victoire); Château d’Aquéria, cuvée 2020 (AOP Tavel); La Bastide Blanche, cuvée 2021 (AOP Bandol); Domaine Corne Loup, cuvée 2021 (AOP Tavel). E ancora: Château de Manissy, cuvée Langoustière 2019 (AOP Tavel); Domaine de l’Odylée, cuvée Rosé d’Automne 2020 (AOP Côtes du Rhône); Domaine la Suffrène, cuvée Sainte-Catherine 2018 (AOP Bandol); Château Paquette, cuvée Thémis 2022 (AOP Côtes de Provence Fréjus); Château de Pibarnon, cuvée Nuances 2020 (AOP Bandol); Château Pradeaux, cuvée 2019 (AOP Bandol).

TRE CANTINE ITALIANE IN ROSÉS DE TERROIRS

Non ultimi: Domaine Fournier Père et Fils, cuvée Les Belles Vignes 2023 (AOP Sancerre); Domaine Labastidum, rosé 2022 (AOP Fronton); Domaine de la Mordorée, cuvée La Reine des Bois 2020 (AOP Tavel); Domaine Gavoty, cuvée Clarendon 2022 (AOP Côtes de Provence); Le Grand Cros, cuvée Aurélia 2022 (AOP Côtes de Provence), Marquis de Pomereuil, cuvée 2018 (AOP Rosé des Riceys) e Domaine Les Béates, cuvée Terra d’Or 2022 (VSIG). Italia rappresentata da tre vini di altrettante cantine: Villa Calicantus, cuvée Chiar’Otto 2023 (Bardolino Doc classico); Guerrieri Rizzardi, cuvée Keya 2023 (Chiaretto di Bardolino Doc Classico); Le Fraghe, cuvée Traccia di Rosa 2021 (Chiaretto di Bardolino Doc). Se l’ingresso di Villa Calicantus nell’associazione Rosés de Terroir è recente, per Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi non si è trattato della prima volta. Già dal 2021, le due cantine venete rappresentano l’Italia nel prestigioso gruppo d’Oltralpe. Dopo l’appello di Philippe Guigal, il circolo di produttori di rosé d’eccellenza potrà allargarsi ad altre cantine.

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Lavorare nel settore del vino nel 2025


All’inizio del 2025, il settore del vino italiano evidenzia una crescente domanda di diverse figure professionali. È quanto emerge dalle offerte di lavoro pubblicate su vari portali specializzati, come Indeed. Lavorare nel mondo del vino nel 2025 non è dunque un sogno impossibile, ma richiede alcune competenze. Ecco la situazione aggiornata, sulla base dell’analisi di oltre 100 posizioni aperte.

LAVORO NEL SETTORE DEL VINO IN ITALIA nel 2025

  1. Cantiniere: Responsabile delle operazioni in cantina, dalla vinificazione all’imbottigliamento. Questa posizione richiede competenze tecniche specifiche e una profonda conoscenza dei processi produttivi del vino.
  2. Wine Specialist: Professionista dedicato alla promozione e vendita dei vini, spesso impiegato in enoteche o punti vendita specializzati. È fondamentale una solida conoscenza dei prodotti e, preferibilmente, certificazioni come sommelier o Wset.
  3. Addetto al Wine Shop: Figura che si occupa dell’accoglienza dei clienti, organizzazione di degustazioni e gestione delle vendite dirette in cantina o negozi specializzati. Richieste competenze in comunicazione e, spesso, la conoscenza di lingue straniere per interagire con una clientela internazionale.
  4. Agente di Commercio: Professionista incaricato della vendita e distribuzione dei vini in specifiche aree geografiche, con l’obiettivo di ampliare la rete commerciale dell’azienda. È preferibile un’esperienza pregressa nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso.
  5. Hospitality Manager: Responsabile dell’organizzazione e gestione delle attività di ospitalità in cantina, inclusi tour, degustazioni ed eventi. Questo ruolo richiede eccellenti capacità organizzative e relazionali, oltre a una profonda conoscenza del settore enologico.
  6. Operaio Agricolo Specializzato: Addetto alle attività nei vigneti, come la potatura, la vendemmia e la manutenzione generale. È richiesta esperienza nelle pratiche agricole vitivinicole e, spesso, l’abilitazione alla guida di mezzi agricoli.

LE COMPETENZE RICHIESTE PER IL LAVORO NEL SETTORE DEL VINO NEL 2025

  • Competenze linguistiche: Per ruoli a contatto con il pubblico, come l’addetto al wine shop o l’hospitality manager, è spesso richiesta la conoscenza di lingue straniere, in particolare l’inglese, per interagire efficacemente con clienti internazionali.
  • Certificazioni: Possedere qualifiche riconosciute, come quelle rilasciate da Ais, Fisar, Onav o Wset, può rappresentare un vantaggio competitivo per candidati in posizioni legate alla degustazione e vendita del vino.
  • Esperienza pregressa: Molte offerte di lavoro privilegiano candidati con esperienza nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso. Importante una conoscenza approfondita del mercato e delle sue dinamiche.

Il settore del vino italiano all’inizio del 2025 offre diverse opportunità professionali, con una particolare enfasi su ruoli tecnici e commerciali che richiedono competenze specializzate e, in molti casi, esperienza consolidata nel campo. La crescente attenzione per il biologico offre inoltre opportunità di lavoro nel mondo del vino per chiunque sia in possesso di competenze legate a precision farming e pratiche di agricoltura biologica. vino biologico italiano ed

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Più vino spagnolo sfuso in Germania e Italia nei primi 10 mesi del 2024


Più vino spagnolo sfuso in Germania e Italia nei primi 10 mesi del 2024. Mese di ottobre positivo in valore per l’export di vino spagnolo (+9,7%), ma negativo in volume (-3%), fino a 303,2 milioni di euro (+26,7 milioni di euro) e 168,9 milioni di litri (-5 milioni di litri). Le esportazioni spagnole di vino sono aumentate in valore (+2,4%) e diminuite in volume (-4,5%), a 2.464,5 milioni di euro (+58,4 milioni) e 1.617,5 milioni di litri (-76 milioni). In valore sono diminuiti solo i vini liquorosi (-10%), mentre in volume sono aumentate solo le esportazioni di vini Bag in box (+6%).

PIÙ VINO SFUSO SPAGNOLO IN GERMANI E ITALIA

Interessanti anche gli insight diffusi dall’Osservatorio spagnolo del mercato del vino. Nel caso del vino sfuso, la Germania – uno dei mercati top per l’Italia – supera la Francia (+15,9 milioni di litri). E diventa così la prima destinazione del vino sfuso spagnolo, sia in valore che in volume. Spicca l’aumento registrato dall’Italia (+49,5 milioni di litri) e il calo dal Portogallo (-50,5 milioni di litri). Nel caso del vino confezionato, gli Stati Uniti sono la prima destinazione in valore (+2,7%) e il Regno Unito è il primo in volume (-0,2%).

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Sorpresa export: la Francia dipende dallo Champagne più che l’Italia dal Prosecco


E se l’export dei vini francesi fosse più dipendente dallo Champagne di quello dei vini italiani, rispetto al Prosecco? È quanto emerge da un’analisi compiuta dal responsabile Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, nel rispondere a una richiesta di Winemag. «
Il Prosecco spumante, escluso cioè quello “frizzante”, per il quale non si riesce ad avere un dato analogo di export – spiega – è passato dal 16% al 23% del valore totale dell’export di vino imbottigliato italiano (dal 2018 al 2023). Anche nei primi 9 mesi del 2024 l’incidenza è la stessa. In “soldoni” si tratta di 1,7 miliardi di euro (2023) e 1,3 miliardi per i nove mesi del 2024».

19 BOTTIGLIE DI VINO ITALIANO OGNI 100 SONO DI PROSECCO

A volume si può dire che 19 bottiglie ogni 100 di vino esportate dall’Italia nel 2024 sono di Prosecco. Interessante però il confronto con gli altri Paesi, come la Francia. «Se prendiamo lo Champagne – continua Denis Pantini – il peso è passato dal 32% al 36%, sempre sul valore dell’export francese di vino imbottigliato. Nel 2024, come risaputo, non sta andando bene e infatti l’incidenza è scesa al 33%. Tuttavia, salta agli occhi il fatto che la Francia, senza Champagne, esprime un valore dell’export totale che diventa lo stesso dell’Italia». Tradotto: «È innegabile il contributo del Prosecco all’export italiano, anche perché spesso ci fa da “ariete” per tutti i vini italiani nell’ingresso in nuovi mercati – conclude il responsabile di Nomisma Wine Monitor – ma è la Francia ad essere maggiormente “sparkling dipendente”, per il proprio export vinicolo».

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Decreto vini dealcolati, presentata la bozza: «22,5 milioni di litri potenziali»


Dopo mesi di discussioni, lunedì 25 novembre è stato presentato il nuovo decreto ministeriale che disciplina la produzione di vini dealcolati in Italia. Una tematica di crescente interesse per il settore del vino e per i consumatori, a livello internazionale, anche se il tema divide favorevoli e contrari. La cruciale riunione si è tenuta presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, guidata dal ministro Francesco Lollobrigida. Una presentazione scossa dalle perplessità di Assodistil, che ribadisce la richiesta di precise garanzie su tre punti focali relativi alla produzione di vini dealcolati in Italia: corretto inquadramento fiscale, gestione dell’alcol ottenuto, classificazione precisa del liquido idroalcolico, trattamento adeguato del liquido idroalcolico e ottimizzazione del processo di dealcolizzazione, in una chiave sostenibile.

Per i promotori dell’iniziativa in favore dei vini dealcolati, il nuovo decreto pone l’Italia all’avanguardia nella regolamentazione di un settore in rapida evoluzione. Come spiegato dal ministro Lollobrigida, l’adozione di regole «chiare e rigorose» garantirà la qualità del prodotto e la competitività delle aziende italiane, senza intaccare il valore culturale e la rappresentanza del Made in Italy nel mondo. La strada tracciata dal Ministero dell’Agricoltura non è solo una risposta alle esigenze del mercato, ma anche una testimonianza della capacità del comparto vitivinicolo di affrontare sfide globali rimanendo fedele alle proprie radici. Il segmento, stimato inizialmente allo 0,5% del mercato, potrebbe crescere del 15% annuo, secondo la Commissione Ue. In Italia, questo significherebbe circa 22,5 milioni di litri di vino dealcolizzato all’anno, con la necessità di gestire 225 milioni di litri d’acqua separata.

DECRETO VINI DEALCOLATI: IL CONTESTO NORMATIVO EUROPEO

Il decreto si inserisce nel quadro normativo delineato dal regolamento (UE) 2021/2117, che ha aggiornato l’allegato VIII del regolamento (UE) n. 1308/2013. Questo aggiornamento introduce, per la prima volta, la possibilità di adottare la pratica enologica della dealcolizzazione, consentendo una riduzione parziale o totale del tenore alcolico nei vini. Tale innovazione risponde alla crescente domanda di prodotti a basso contenuto alcolico o privi di alcol, particolarmente apprezzati da segmenti di consumatori attenti al benessere e a nuovi stili di vita.

VINI SENZA ALCOL, TRA SALVAGUARDIA DELLA VITICOLTURA E INNOVAZIONE

Il Ministero ha svolto un delicato lavoro di mediazione, coinvolgendo tutti gli attori della filiera per trovare un compromesso che salvaguardasse il patrimonio vitivinicolo nazionale senza trascurare l’opportunità di espandersi in mercati emergenti. Alla riunione hanno partecipato rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Federvini, Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federdoc, Assodistil e Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. La presenza di così tante realtà sottolinea il valore del dialogo istituzionale e dell’ascolto reciproco per definire norme condivise e rispettose delle peculiarità del settore.

DECRETO VINI DEALCOLATI: I DETTAGLI

Il decreto mira a regolamentare la produzione di vini dealcolizzati in Italia, stabilendo principi chiave per tutelare la qualità, la tradizione e l’autenticità del prodotto. Sul fronte della tutela delle denominazioni, sarà vietata la dealcolizzazione per i vini a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e Indicazione Geografica Protetta (IGP). Questa scelta preserva il legame inscindibile tra i vini di qualità, i territori di origine e i disciplinari di produzione che ne garantiscono unicità e autenticità. La bozza del decreto vini dealcolati prevede poi la separazione delle filiere produttive. Il processo di dealcolizzazione dovrà avvenire in strutture dedicate, fisicamente separate da quelle utilizzate per la produzione vitivinicola tradizionale.

Questa misura, secondo il governo, non solo garantisce il rispetto delle specificità produttive, ma introduce un livello di trasparenza indispensabile per tutelare la filiera. Tracciabilità e trasparenza sono altri due cardini della bozza del decreto vini dealcolati. Sarà obbligatorio tenere registri digitalizzati e ottenere specifiche licenze autorizzative per operare. Inoltre, l’etichettatura dei vini dealcolizzati dovrà riportare chiaramente la dicitura “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”, assicurando una corretta informazione ai consumatori.

I DEALCOLATI COME RISPOSTA ALLE ESIGENZE DEL MERCATO

La scelta del Ministero risponde a due obiettivi principali. Da un lato, si intende valorizzare le eccellenze italiane mantenendo intatte le peculiarità del vino tradizionale; dall’altro, si vuole offrire alle aziende italiane la possibilità di competere sul mercato dei vini dealcolizzati, un segmento in crescita nei Paesi del Nord Europa, negli Stati Uniti e in Asia. La capacità di innovare senza compromettere la qualità rappresenta un elemento strategico per il comparto, che da sempre si distingue per la sua capacità di coniugare tradizione e modernità.

VINO DEALCOLATO: UN’OPPORTUNITÀ PER IL SETTORE

Il vino dealcolizzato è percepito come un prodotto innovativo, in grado di intercettare target differenti rispetto a quelli del vino tradizionale. Si rivolge, in particolare, a consumatori attenti alla salute, a chi sceglie di evitare l’alcol per motivi culturali o religiosi e a chi cerca un’esperienza sensoriale simile al vino ma priva di effetti alcolici. Secondo recenti ricerche di mercato, il segmento del vino dealcolizzato è destinato a crescere del 15% annuo nei prossimi cinque anni, rappresentando un’opportunità economica significativa per le aziende italiane.

DECRETO VINI DEALCOLATI: ASSODISTIL CHIEDE GARANZIE AL GOVERNO

Non solo voci favorevoli per il nuovo decreto vini dealcolati. Durante l’incontro al Masaf tra il ministro Francesco Lollobrigida e le associazioni vitivinicole l’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e e acquavini AssoDistil ha ribadito i punti critici della bozza del decreto sulla dealcolizzazione del vino. «Pur apprezzando l’iniziativa» che permetterà la produzione di vini dealcolizzati anche in Italia, evitando costose esportazioni e reimportazioni, l’associazione ha sottolineato «alcune necessità fondamentali».

AssoDistil chiede in primis l’applicazione delle norme del Testo Unico Accise (D.L.vo n. 504/95), che impone il regime di deposito fiscale per le soluzioni idroalcoliche con gradazione superiore all’1,2%. La normativa vigente non può essere superata da un decreto ministeriale. Secondo punto nodale è, per Assodistil, la gestione dell’alcol ottenuto. Ogni produzione alcolica deve rispettare le leggi esistenti, con autorizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’alcol separato dovrebbe essere destinato a usi industriali o energetici per «evitare distorsioni di mercato», ovvero frodi. C’è poi il tema della classificazione precisa del liquido idroalcolico. Secondo Assodistil, definire tale prodotto come “intermedio” è scorretto, poiché non rientra tra i prodotti attualmente identificati dalla normativa (come vino, vermouth o sidri).

ALCOL, MOLTO PIÙ DI UN “RIFIUTO”

Quarta richiesta di Assodistil è quella di «evitare trattamenti inadeguati». Proporre di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, anziché come alcol, rappresenterebbe «un onere ingiusto per i produttori di vino dealcolizzato, che invece dovrebbero ottenere ricavi dalla vendita dell’alcol». Infine, un occhio alla sostenibilità, attraverso l’ottimizzazione del processo. AssoDistil sottolinea l’importanza di evitare sprechi d’acqua durante la dealcolizzazione. Il metodo a membrane, il più diffuso in Europa, permette il recupero separato di acqua pulita e alcol, garantendo sostenibilità ed efficienza.

«Aspetti sui quali non è possibile derogare – commenta Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiana  – primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto delle vigenti norme di legge previste dal D.L.vo n. 504/95, il c.d. Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi. AssoDistil – conclude Emaldi – plaude all’iniziativa del Ministro mirata a concludere velocemente l’iter normativo che consentirà agli operatori nazionali di poter finalmente produrre anche in Italia un vino senza alcole, evitando la attuale prassi di esportare vino verso altri Paesi europei in cui la dealcolizzazione è permessa, per poi reimportare lo stesso vino senza alcole per la successiva vendita sui mercati in cui tale prodotto è sempre più richiesto».

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Crisi vino, Frescobaldi: «Estirpi vigneti? Rischio sociale, non soluzione»


«Gli estirpi di vigneti, di cui si parla in Europa, non risolvono la situazione italiana». Così il presidente di Unione italiana vini (Uiv)Lamberto Frescobaldi, in occasione della presentazione delle stime della vendemmia 2024 in Italia, con Assoenologi e Ismea. «Abbiamo bisogno di un vigneto Italia “a fisarmonica”, reso più gestibile e flessibile da strumenti di intervento in grado di tamponare il tema delle eccedenze. E, per quanto possibile, di rendere meno traumatiche le annate scarse. Per comprendere gli effetti degli estirpi di vigneti – ha precisa Frescobaldi – basta ricordare quanto accaduto 13 anni fa, quando, a fronte di una spesa pubblica di circa 300 milioni di euro e 30 mila ettari espiantati soprattutto in collina e in aree Doc, ci siamo ritrovati due anni dopo con una vendemmia record da 53 milioni di ettolitri».

ESPIANTO DI VIGNETI, RISCHIO SOCIALE PER LE ECONOMIE DELLE ZONE VOCATE

«Gli espianti, per Unione italiana vini – ha aggiunto il presidente – rappresentano di per sé un rischio sociale, perché impattano su intere economie in aree collinari vocate. E sappiamo che il vigneto in collina significa anche gestione del territorio, prevenzione da frane e incendi. Ma i tagli finanziati di vigneto che tolgono risorse alla crescita sono peggio della grandine sotto vendemmia. Il settore vive una stagione complicata – inutile girarci attorno, anche se l’Italia sta facendo meglio dei competitor -, ma non per questo si deve pensare di distrarre i fondi strategici per incentivare gli estirpi. La stragrande maggioranza delle nostre aziende – ha concluso Lamberto Frescobaldi – è sana e ha bisogno di innovarsi, promuoversi, sintonizzarsi con un mercato in forte cambiamento. Per questo il tavolo Ue del Gruppo di alto livello deve concentrarsi più a sostenere chi vuole restare nel business che a incentivare chi vuole abbandonare».

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Vendemmia 2024 Italia, sfumato l’obiettivo dei 43-45 milioni di ettolitri

La vendemmia 2024 segna un modesto passo avanti per il Vigneto Italia, con una produzione stimata di 41 milioni di ettolitri. Rispetto alla disastrosa annata del 2023, che aveva visto volumi particolarmente ridotti, la ripresa è visibile con un incremento del 7%. Tuttavia, i dati forniti dall’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (Uiv), presentati a Ortigia durante l’Expo Divinazione in concomitanza con il G7 dell’Agricoltura, evidenziano come la produzione rimanga lontana dai livelli ideali. Con una flessione del 12,8% rispetto alla media dell’ultimo quinquennio, l’obiettivo ottimale di 43-45 milioni di ettolitri rimane irraggiungibile a causa degli impatti sempre più frequenti del cambiamento climatico. Nonostante ciò, l’Italia si conferma primo produttore mondiale, grazie anche alla contrazione produttiva della Francia (-18%).

LE STIME SULLA VENDEMMIA 2024 DI ASSOENOLOGI, ISMEA E UNIONE ITALIANA VINI

L’indagine vendemmiale evidenzia una tenuta della produzione al Nord (+0,6%, con zone come il Collio in cui si parla addirittura di annata memorabile) e un significativo recupero nel Centro Italia (+29,1%, dopo gli ingenti ristori per la peronospora del 2023). Il Sud segna invece un aumento del 15,5%. Tuttavia, queste crescite non sono sufficienti a riportare i livelli produttivi alla media del periodo 2019-2023, con il Sud e le Isole ancora in forte calo (-25,7%). La vendemmia 2024 si preannuncia come un’annata di qualità, grazie all’esperienza dei viticoltori e degli enologi che, con tecniche innovative e strategie mirate, sono riusciti a trasformare le sfide climatiche in opportunità per ottenere uve di eccellente qualità. La ripresa, seppur timida, segna una tappa importante per il vino italiano, che continua a mantenere il primato mondiale. Mostrando al contempo una grande capacità di adattamento in un panorama internazionale sempre più complesso.

IL CLIMA È LA PRINCIPALE SFIDA DEI VITICOLTORI

A pesare sulla produzione è, infatti, la variabilità climatica. Eccessive piogge nel Centro-Nord e siccità al Sud hanno fortemente limitato il potenziale dei vigneti, con un’annata che, seppur caratterizzata da volumi ridotti, ha mantenuto una qualità complessiva buona, con picchi di eccellenza in alcune aree. Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, ha commentato la sfida di quest’anno definendola «una delle vendemmie più impegnative che ricordi». Cotarella sottolinea come il lavoro degli enologi sia stato determinante per bilanciare gli squilibri causati dal clima. «Abbiamo dovuto ottimizzare l’uso delle risorse idriche e scegliere con precisione i tempi della raccolta per garantire il massimo potenziale delle uve», ha dichiarato.

IL RUOLO DELL’INNOVAZIONE IN VITICOLTURA

Livio Proietti, presidente di Ismea, ha evidenziato l’importanza di adattare le tecniche agricole ai cambiamenti climatici attraverso l’innovazione. «Il settore vitivinicolo italiano deve continuare a investire in tecnologie per mitigare gli effetti del clima e attrarre le nuove generazioni», ha affermato Proietti, sottolineando l’importanza di programmi di formazione specifici e il supporto a giovani e donne attraverso iniziative come “Più Impresa” e “Generazione Terra”. Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), ha invece richiamato l’attenzione sulla necessità di un «vigneto Italia più flessibile», in grado di adattarsi meglio alle annate scarse. Il tutto senza ricorrere a interventi strutturali come gli espianti, che potrebbero avere conseguenze negative per le economie locali.

LE PROSPETTIVE PER IL MERCATO INTERNAZIONALE DEL VINO

Sul fronte del mercato, l’Italia si trova ad affrontare una sfida globale, con cambiamenti nei modelli di consumo e difficoltà legate alla congiuntura economica. Il settore vinicolo italiano, pur affrontando numerosi ostacoli, dimostra una maggiore resilienza rispetto ai competitor internazionali. L’export continua a crescere, trainato dagli spumanti (+11% in volume). Mentre i vini fermi in bottiglia, in particolare le IGT, registrano una tenuta importante. Tuttavia, il mercato interno mostra segnali di debolezza, con una leggera flessione dei consumi domestici e un rallentamento rispetto alle performance del primo trimestre del 2024.

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Vendemmia 2024, Italia spaccata in due


La vendemmia 2024 vede un incremento del raccolto dell’8% rispetto alla disastrosa annata precedente. Maltempo e siccità pesano tuttavia sul Vigneto Italia. Secondo le prime stime, la produzione di vino si assesterà tra i 41 e 42 milioni di ettolitri, ben al di sotto della media degli ultimi anni. È il risultato dell’indagine Coldiretti/Centro studi Divulga sull’andamento del settore vitivinicolo italiano mentre la vendemmia 2024 è in corso. Uno studio presentato in vista del G7 dell’Agricoltura ad Ortigia.
La raccolta continua a vedere l’Italia spaccata in due. Al Nord il maltempo, con le intense piogge e le grandinate di primavera e inizio estate, ha messo a dura prova il lavoro dei viticoltori costringendoli a numerosi interventi per la difesa fitosanitaria dei vigneti, soprattutto per quelli biologici e per la peronospora. Inoltre su alcune varietà l’eccesso di pioggia ha tagliato e “alleggerito” i grappoli. Il termine è previsto per la metà-fine ottobre, con le uve più tardive (Cabernet/ nebbiolo/raboso) e nelle zone più alte di collina (Valtellina).

LA VENDEMMIA 2024 AL CENTRO E AL SUD

Al Centro Sud la vendemmia 2024 è iniziata con un ritardo di 10/15 giorni rispetto allo scorso anno. Andrà avanti fino alla prima decade di novembre, con la raccolta delle uve a maturazione tardiva (Aglianico) nelle aree interne e alto collinari (Irpinia). In queste aree – continua Coldiretti – la situazione è leggermente migliorata rispetto allo scorso anno, caratterizzato dagli attacchi di peronospora, la malattia che colpisce la vite, ma i viticoltori hanno dovuto comunque farei conti con la siccità, in particolare nel basso Adriatico (Sud Abruzzo/Molise/Puglia) o ancora a Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

La perdurante mancanza di pioggia ha portato a forti cali di produzione, specie dove non è stato possibile procedere ad irrigazioni di soccorso. La vite è andata infatti in sofferenza, con problemi per lo sviluppo dei tralci che si ripercuoteranno anche sulla prossima vendemmia 2025. Siccità e caldo record hanno portato anche a un anticipo della vendemmia, scattata addirittura nella seconda metà di luglio in Sicilia. Fortunatamente la qualità attesa mediamente va dal buono al molto buono/ottimo per le aree che hanno avuto un decorso climatico positivo.

LA QUALITÀ DELLA VENDEMMIA 2024

Non a caso secondo un’indagine Divulga-Ixè il 76% dei produttori si attende che la qualità della prossima vendemmia sia superiore alle annate passate. In particolare, per il 57% degli imprenditori intervistati la vendemmia 2024 sarà di buona qualità mentre per il 19% addirittura ottima. Il segno di come i viticoltori italiani siano stati capaci di mettere in atto tecniche colturali idonee a garantire un adeguato livello qualitativo anche in presenza di anomalie meteorologiche ma questa sfida si fa sempre più difficile a causa del cambiamento climatico.

Un fattore che, evidenzia Coldiretti, ha inciso anche sui costi di produzione, riducendo i margini e la redditività delle aziende che stanno avendo molte difficoltà anche a mantenere gli impegni rispetto alle misure di settore (ristrutturazione e riconversione vigneti, investimenti e promozione), con il rischio concreto di perdere preziose risorse del bilancio comunitario. Da qui la richiesta di Coldiretti alle istituzioni comunitarie e nazionali di strategie concrete per il settore, a partire da finanziamenti per ricerca e investimenti volti a contrastare e mitigare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici, con un ruolo centrale ricoperto dalle Tecniche di evoluzione assistita (Tea) e l’Agricoltura di precisione (Adp).

LE RICHIESTE DI COLDIRETTI PER IL SETTORE VITIVINICOLO

Tra le proposte avanzate dalla Consulta vitivinicola della Coldiretti anche una maggiore flessibilità nella gestione delle autorizzazioni al reimpianto allungandone la durata, delle risorse comunitarie destinate al settore, ad esempio con la possibilità di trasferire al bilancio successivo una percentuale delle risorse, oltre all’istituzione di un fondo straordinario nazionale per le emergenze, misure di semplificazione burocratica e la possibilità di aprire alla promozione del vino e dei territori vitati con l’enoturismo anche all’interno dell’Ue.

In questo modo si potrebbe supportare con i giusti mezzi un settore in espansione e provare a contrastare la demonizzazione in atto che considera semplicisticamente il vino come una bevanda alcolica dannosa per la salute senza distinguere tra consumi moderati ed abuso. Secondo le stime di Coldiretti, l’enoturismo è un settore in rapida ascesa tanto che nel 2024 è stato superato il record delle sei milioni di notti trascorse l’anno precedente tra le vigne, con l’obiettivo di vivere esperienze nel mondo del vino in strutture agrituristiche, bed&breakfast e case vacanza.

Un nuovo modo per supportare una produzione tricolore che, sottolinea Coldiretti, può contare su 635 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 529 vini a indicazione geografica riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola. Un patrimonio protagonista anche all’estero con il vino che rappresenta la prima voce dell’export tricolore, con un valore che nei primi sei mesi dell’anno è stato pari a 3,9 miliardi di euro, in aumento del 3% rispetto allo stesso periodo del 2023 secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat.

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Ecco la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2025 winemag


Settima edizione per la Guida Top 100 Migliori vini italiani
winemag 2025 (acquistabile a questo link), che si arricchisce di qualche novità, a partire dal claim che accompagnerà d’ora in avanti l’annuale pubblicazione. Per il 2025 abbiamo scelto “La forza dei sogni” e sarà chiaro comprendere la ragione, tra le righe delle storie delle cantine simbolo dell’anno (e non solo). Anche quest’anno, la selezione delle etichette e il conseguente ingresso nella Guida 2025, avvenuto tramite rigorose sessioni di degustazione alla cieca e suddividendo i campioni per regione e/o denominazione, è giustificata da pochi, semplici dettami.

In primis, la voglia di raccontare l’Italia del vino più autentica, trincerandoci dietro al blind tasting: una modalità che premia espressione territoriale, tipicità e carattere del vino, senza lasciarsi distrarre dal “marketing” legato alla singola etichetta e al “rumore” generato da ciò che fa (sempre più) da contorno al calice. Il nostro approccio alla degustazione è il medesimo riservato alle notizie che quotidianamente appaiono online, sul nostro wine magazine indipendente. Un focus sull’oggettività che mette al centro il lettore, nel nostro duplice ruolo di semplici “megafoni” del mondo del vino italiano (da un lato) e di degustatori appassionati, curiosi e propositivamente critici (dall’altro).

LINGUAGGIO, FILOSOFIA E METODO: L’UNICITÀ DELLA GUIDA VINI WINEMAG

Crediamo che questo sia il valore aggiunto della nostra Guida Vini, molto distante dal mondo delle Guide italiane ed internazionali che hanno finito per allontanare il pubblico. Per linguaggio, filosofia e metodologia di lavoroL’edizione 2025 della Guida Top 100 Migliori vini italiani di Winemag segna un altro punto di distanza rispetto ad altri simili “prodotti editoriali” del settore: abbiamo abolito le note di degustazione. Una scelta drastica, speriamo definitiva, dettata dalla presa di coscienza dell’inutilità della sfilza di sentori – profumi e sapori, veri o immaginari – troppo spesso elargiti, un “tot al chilo”, da questo o quel degustatore.

Ci sarà sempre chi sentirà più pesca che albicocca; più sandalo di monaco tibetano che reminiscenze di farina di ciabatta; più erba appena sfalciata che ricordi di pino mugo valdostano. Siamo gente pragmatica, che bada al sodo e che, soprattutto, frequenta non solo “salotti bene” del vino italiano ed internazionale, ma anche la gente “comune”: quella che beve (ancora) vino per davvero e a cui non manca mai la bottiglia sul tavolo; la gente che ci ispira e guida nella scelta quotidiana di un linguaggio capace di arrivare a tutti, semplice e diretto, comprensibile e fermo nell’essere strenuamente lontano da elitarismi e caste, da spillette sulla giacca e da medagliette da brandire come spade.

LA DESCRIZIONE DEI VINI DELLA GUIDA TOP 100 MIGLIORI VINI ITALIANI 2024 WINEMAG

Ecco, dunque, che i vini presenti sulla Guida 2025 finiscono per essere descritti attraverso numeri e pochissime parole, capaci di definirne il profilo sensoriale e, ancor più, aiutare il lettore a comprendere se quell’etichetta fa per lui, o meno. Come? Con una manciata di punti, da 1 a 10, che definiscono quanto sia floreale, fruttato, speziato, fresco, tannico, sapido, alcolico, armonico, facile da bere e abbinabile un vino, nonché quale sia il periodo migliore per stapparlo. Il tutto accompagnato da un voto in centesimi, in continuità (questo sì) con la critica di settore internazionale.

La Guida Top 100 Migliori vini italiani 2025 vede uni accanto agli altri grandi nomi e cantine che si affacciano da pochi anni sul panorama enologico italiano ed internazionale, con la medesima garanzia: tutti vengono “trattati” con la medesima dignità, garantita appunto dalla degustazione alla cieca e dal nostro approccio caldo ma distaccato. Vini prodotti da grandi cantine e piccoli vignaioli artigianali. Nomi storici e realtà desiderose di affermarsi, che meritano di essere scoperte. Nella Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it trovano spazio vini di impronta tecnica e di “metodo” – in grado ovviamente di sfoggiare la propria identità territoriale – e altri che trasmettono l’emozione dell’artigianalità e della cura manuale, esenti da difetti di natura chimica o accidentale.

GUIDA MIGLIORI VINI ITALIANI WINEMAG 2025: IL VINO È EMOZIONE

Sfumature che convivono, perché accomunate dalla bontà e dalla capacità intrinseca di comunicare prima a sorsi e, poi, a parole. Pochi, semplici dettami, dicevamo. Bando, tra le altre cose, all’esasperazione del cosiddetto “gusto internazionale” – concetto ormai cambiato, anche grazie a consumatori sempre più attenti all’autenticità e alla territorialità – e a scelte commerciali che tendono a uniformare le diverse Denominazioni del vino italiano. Snodo importante nella “costruzione” della nostra Guida, è il desiderio di sotterrare l’ascia dell’integralismo e di quello che ci piace definire “razzismo enologico”: ciò che deve colpire è il vino nel calice, non la filosofia produttiva (“convenzionale”, “naturale”, “biologico” etc.).

L’altro focus della Top 100 winemag è su produttori e vignaioli che puntano sulla valorizzazione delle espressioni dei singoli “cru” del proprio “parco vigneti”. Alla parcellizzazione e alla valorizzazione della macro eccellenza nella micro-selezione. Il tutto ricordando sempre che siamo sognatori, prima che commentatori e critici del nettare di Bacco. Amiamo le persone vere e i vini in grado di trasmettere personalità, nerbo, carattere, gusto e passione. In una parola? Amiamo il coraggio e chi osa. Come ogni anno, il nostro sogno, tradotto in questa Guida, è quello di essere riusciti a costruire l’ennesima “carta dei vini” alla portata di tutti (dal professionista al consumatore meno esperto, ma desideroso di bere bene). Una selezione in cui regioni e denominazioni perlopiù si mescolano, per mostrare il quadro delle bellezze dell’Italia, racchiuse in “bottiglie sparse” di vino.

LE CANTINE DELL’ANNO DELLA GUIDA TOP 100 MIGLIORI VINI ITALIANI 2025 WINEMAG

Importante anche lo sguardo sulle “Cantine dell’anno 2025“, di cui vi invitiamo a scoprire l’intera produzione (invito che vale ovviamente anche per le altre realtà premiate): Cà du Ferrà (Cantina italiana dell’anno 2025); Azienda agricola Sosol (Cantina dell’anno Nord Italia 2025), Santa Barbara (Cantina dell’anno Centro Italia 2025); Fontanavecchia (Cantina dell’anno Sud Italia 2025). Ci sono poi Luca Leggero (Cantina italiana Rivelazione 2025), Valle dell’Acate (Cantina italiana Biologica 2025). Più che cantine, famiglie del vino italiano.

È proprio da loro che vogliamo iniziare il racconto di un altro anno che ci ha reso fieri del nostro lavoro e di una Guida che non smette mai di emozionarci (prima, durante e dopo la sua pubblicazione) e di offrire spunti propositivi e soprattutto nuovi al panorama giornalistico e della critica enologica italiana. Obiettivo degli obiettivi di questa Guida è, insomma, mostrarvi che c’è ancora qualcuno, in Italia, capace di portare avanti un progetto editoriale. Senza “se” e senza “ma”, nel solo interesse dei lettori. Buone bevute, con la nostra Guida Top 100 WM – 2025.

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      Iniziata la vendemmia 2024 del Pinot Grigio nel Nordest: prezzo delle uve in aumento


      Al via la vendemmia 2024 del Pinot Grigio nel Nordest Italia, nel segno di una moderata positività. C’è chi ha già iniziato subito dopo Ferragosto, chi si accinge a raccogliere i primi grappoli in queste ore e chi invece prevede di iniziare la prossima settimana. D’altra parte, in un areale così vasto come quello della Doc Delle Venezie, la più estesa a livello nazionale con 27 mila ettari di vigneto – oggi il più grande modello di integrazione interregionale che include in un’unica denominazione d’origine le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento – gli andamenti stagionali, i volumi, così come il periodo vendemmiale non possono essere omogenei. In termini di valore, le prime quotazioni delle uve Pinot Grigio DOC Delle Venezie confermano un lieve incremento dei prezzi.

      PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE: IL PREZZO DELLE UVE

      La vendemmia parte infatti da un prezzo delle uve pari a 0,53-0,58 euro/kg, contro i 0,50-0,55 euro/kg registrato nello stesso periodo della scorsa annata. «Si tratta di un incremento di valore che interviene tra l’altro dopo l’aumento della quota di produzione libera, pari a 140 quintali/ettaro, +10 quintali/ettaro rispetto alla stagione produttiva 2023», spiega Albino Armani, presidente del Consorzio di tutela Doc Delle Venezie. «Un risultato – continua – in controtendenza rispetto alla situazione media del settore vitivinicolo nazionale, particolarmente importante tenendo conto di un momento congiunturale di mercato nazionale e mondiale complesso, ma non casuale».

      Si tratta di un percorso di crescita della denominazione, appena iniziato, legato all’applicazione delle misure di governo dell’offerta deliberate dal Consiglio di Amministrazione del Consorzio, «che concorrono – precisa Armani – a mantenere una condizione di stabilità di mercato ed un rapporto qualità/prezzo che non trova paragoni, unito alle garanzie fornite dal contrassegno di Stato applicato su 230 milioni di bottiglie prodotte ogni anno».

      VENDEMMIA 2024 DEL PINOT GRIGIO: COSA ASPETTARSI

      «In un tale percorso – conclude Albino Armani – l’obiettivo è poter lavorare affinché tutte le categorie della filiera possano poter trovare riconoscimento e adeguata marginalità, condizione necessaria per portare avanti la propria impresa e lavorare con alti standard di qualità». Più in generale, come spiega Stefano Sequino, direttore del Consorzio di tutela DOC Delle Venezie, rispetto ai volumi, in alcuni territori è attesa una minore produzione. «Ma in tutto l’areale – precisa – riscontriamo soddisfazione rispetto al livello qualitativo delle uve Pinot Grigio raggiunto. Un risultato ottenuto grazie all’attenzione e al grande lavoro svolto in vigneto, che ha restituito uve sane e parametri chimico-fisici ottimali».

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      Les Grands Chais de France raddoppia le vendite di Crémant in Italia

      Molto più di un’alternativa allo Champagne. Con 200 mila bottiglie di Crémant vendute in Italia nei primi 6 mesi del 2024, il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, Les Grands Chais de France consolida il suo ruolo tra i leader di mercato in Italia, forte di una produzione di 19 milioni di bottiglie all’anno. Si tratta dell’unica azienda a realizzare questa tipologia di spumanti in tutte le otto regioni Aop della Francia, primo produttore francese di metodo classico al di fuori della Champagne.

      L’esportazione di Crémant in Italia ha generato un giro d’affari pari a circa 1 milione e 200 mila euro nei primi 6 mesi di quest’anno. «Abbiamo registrato una crescita di interesse nei confronti dei Crémant prodotti nelle diverse regioni francesi – spiega l’export manager Romina Romano – dall’Alsazia alla Borgogna, senza dimenticare i Crémant du Jura. Raddoppiare nei primi sei mesi del 2024 le vendite ottenute nello stesso periodo dello scorso anno è indice di un trend inequivocabile. L’Italia vanta una tradizione enologica e una cultura del vino notevole e il consumatore italiano è attento alle produzioni di qualità che il nostro gruppo può offrire nelle otto diverse denominazioni di Crémant».

      LES GRANDS CHAIS DE FRANCE: NON SOLO CRÉMANT

      Si rivela così ancora più decisiva la decisione di Les Grands Chais de France di aprire le porte del mercato italiano anche agli spumanti metodo classico che produce nel resto del mondo. È il caso del Cap Classique di Villiera, l’ultima acquisizione del gruppo in Sudafrica e uno dei principali produttori del Paese di questa tipologia. La “bollicina” dominante resta comunque quella francese. GCF Group produce infatti il 38% di tutti i Crémant de Bordeaux, il 34% dei Crémant de Loire, il 32% dei Crémant de Jura, il 31% dei Crémant de Die e il 20% dei Crémant d’Alsace

      Per Famille Helfrich e per la country manager emiliana Romina Romano si tratta di un nuovo record in un Paese, l’Italia, che vanta una lunga tradizione spumantistica. Un trend che conferma la sua continua ascesa in Horeca e grande distribuzione organizzata (Gdo). Nel 2023 il giro d’affari complessivo in Italia ha superato i 7 milioni e 800 mila euro, contro i 5,6 milioni di euro del 2021. Segnando, così, un +17,82% rispetto al 2022. Crescono anche i volumi: oltre 1,3 milioni di bottiglie vendute nel 2023, con un + 7,83% rispetto all’anno precedente.

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      Esteri - News & Wine news news ed eventi

      Il vino spagnolo supera quello italiano in Germania

      FOTONOTIZIA – Il vino spagnolo supera il vino italiano come vino più importato in Germania ed è anche quello che registra la crescita maggiore. Lo rende noto l’Observatorio español del mercado del vino, l’Osservatorio spagnolo del mercato del vino. Se è vero che la Germania ha ridotto le sue importazioni di vino del 4,1% in volume e del 14,4% in valore nel primo trimestre del 2024 – passando a 307,8 milioni di litri e 562,3 milioni di euro a un prezzo medio inferiore del 10,7% – la Spagna è stata senza dubbio il Paese fornitore più performante della top 10. Battuta così l’Italia, che perde il ruolo di primo esportatore in volume. Terzo posto, ma con largo distacco, per la Francia, che anticipa l’Austria, unico Paese, insieme a Spagna e alla sorprendente Ungheria, capace di crescere nel primo trimestre 2024 sul mercato tedesco.

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      Origin Italia dà il via al piano strategico 2024-2027 con il primo Consiglio direttivo

      Un piano strategico intenso e ambizioso per il futuro del Sistema DOP IGP italiano nel triennio 2024-2027. È quanto delineato in occasione dell’insediamento del primo Consiglio Direttivo e del Comitato Strategico di Origin Italia, l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche che rappresenta 81 Consorzi di tutela, una Associazione di settore e oltre il 95% delle Indicazioni Geografiche italiane. Un momento che ha sottolineato l’importanza di agire uniti e compatti a livello nazionale, europeo e internazionale per rafforzare il settore delle Indicazioni Geografiche.

      L’organo interno dell’Associazione ha evidenziato la necessità di potenziare lo sviluppo del Sistema IG a livello mondiale e di operare congiuntamente con Origin Mondo e Origin Europa per contrastare la contraffazione e arginare il pericolo dei dazi. In ambito europeo, l’Associazione mira inoltre a consolidare il suo ruolo nell’applicazione del nuovo Regolamento 1143/2024 e delle altre riforme legislative in atto, tra cui quella dell’etichettatura e il Nutriscore, garantendo una maggiore presenza del tema Indicazioni Geografiche negli accordi bilaterali.

      BALDRIGHI: «SISTEMA DOP E IGP HA RAGGIUNTO CENTRALITÀ»

      A livello nazionale, oltre a una collaborazione costruttiva con le Istituzioni per l’attuazione del Regolamento 1143/2024, sono state ribadite le sfide per il comparto: tra queste, l’attenzione alla proliferazione dei marchi locali, quindi controllo a 360° sulla promozione delle DOP IGP da parte di soggetti esterni ai Consorzi di tutela e sull’utilizzo di richiami geografici sui prodotti del Sistema di Qualità Nazionale. Nei prossimi tre anni, si punterà molto sull’implementazione della formazione specifica del settore e del progetto di sostenibilità FAO che mira all’adozione di un modello condiviso per le IG italiane entro il 2030.

      In occasione del Consiglio, Cesare Baldrighi è stato riconfermato alla presidenza di Origin Italia, affiancato dai vicepresidenti Stefano Fanti, direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma, e Riccardo Deserti, direttore del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano DOP e presidente internazionale di Origin. «In questo momento in cui il settore DOP IGP ha raggiunto una centralità politica ed economica significativa – ha sottolineato il Presidente di Origin Italia, Cesare Baldrighi – è fondamentale assumersi una grande responsabilità e lavorare in sinergia con le Istituzioni e con tutti i Presidenti dei Consorzi di Tutela nei territori per rafforzare il sistema».

      ORIGIN ITALIA: IL COMITATO STRATEGICO

      Il Consiglio Direttivo ha inoltre nominato i nuovi membri aggiuntivi del Comitato Strategico per il periodo 2024-2026, ribadendo l’importanza del ruolo dei Presidenti dei Consorzi all’interno dell’Associazione. I nuovi membri sono:

      • Antonio Auricchio per Afidop
      • Nicola Bertinelli, Gianni Maoddi, Paolo Zanetti per la filiera formaggi;
      • Nicola Martelli, Alessandro Utini, Attilio Fontana per la filiera prodotti a base di carne;
      • Mariangela Grosoli per la filiera aceti;
      • Carlo Siffredi, Mario Terrasi, Gionni Pruneti per la filiera oli e grassi;
      • Georg Kössler, Angelo Amato, Salvatore Fortunato, Gerardo Diana per la filiera ortofrutticoli e cereali;
      • Battista Cualbu, Stefano Mengoli per la filiera carne fresca;
      • Cesare Mazzetti per Fondazione Qualivita.

      I MEMBRI DEI COMITATI INTERNI DI ORIGIN ITALIA

      Tra gli altri adempimenti, il Consiglio ha nominato inoltre i membri che prenderanno parte ai comitati interni dell’Associazione, ovvero il Comitato Legale coordinato da Federico Desimoni, il Comitato Oli coordinato da Giorgio Lazzaretti e il Comitato Prodotti a base di Carne coordinato da Mario Cichetti. Infine, due nuovi Consorzi entrano a far parte dell’Associazione: il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio di Tutela Olio DOP Brisighella.

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      Mediobanca, ecco l’indagine sul settore vinicolo in Italia nel 2023

      Nel 2023 la produzione mondiale di vino è stimata in 237 milioni di ettolitri, in forte calo sul 2022 (-9,6%). Il consumo mondiale in 221 milioni di ettolitri (-2,6%). La rimodulazione della domanda, indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici così come dai cambiamenti climatici, hanno causato un calo dei consumi di vino rosso, passati da una quota del 51,3% medio nel periodo 2000-2004 al 48,3% del 2017-2021. In controtendenza i consumi di vini bianchi (dal 40% al 42,2% +2,2 punti) e quelli di rosé (dall’8,7% al 9,5%+0,8 punti). Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’Indagine sul settore vinicolo in Italia compiuta annualmente da Area Studi Mediobanca.

      Il documento riguarda 253 principali società di capitali italiane con fatturato 2022 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 11,8 miliardi di euro, pari all’88,4% del fatturato nazionale del settore. Lo studio comprende un focus sui vini DOP e IGP, sulle principali operazioni di M&A e sulla sostenibilità. L’indagine completa è disponibile per il download sul sito Area Studi Mediobanca.

      VINO, ITALIA IN LINEA CON LE TENDENZE MONDIALI

      L’Italia segue la tendenza mondiale registrando -23,2% nella produzione rispetto al 2022 e -1,6% nei consumi, con 37,4 litri pro-capite all’anno). In attivo per l’Italia il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,5 miliardi di euro del 2003 ai 7,2 nel 2023. L’Italia è il primo esportatore di vino in quantità (21,4 milioni di ettolitri nel 2023) e il secondo per valore (7,7 miliardi di euro dietro solo agli 11,9 miliardi della Francia) 1. Il 2023 e oltre per il settore vinicolo italiano I maggiori produttori di vino si attendono per il 2024 una crescita delle vendite complessive del +2,6%, +3% l’export.

      FRONTE SPUMANTI, OTTIMISMO INARRESTABILE

      Non si arresta l’ottimismo delle bollicine (+3,7% i ricavi complessivi), soprattutto oltreconfine (+6,8% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +2,3% (+2,2% l’export). Il 2023 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso senza variazioni significative (-0,2% sul 2022) con un leggero peggioramento sul mercato interno (-0,7%) rispetto a quello estero (+0,3%). Spiccano le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+2,5%). L’Ebit margin ha riportato un aumento dell’1,4% sul 2022, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato del 4,2%.

      IL CALO DEI VINI A BASSO PREZZO

      Nel 2023, in diminuzione del 4,5% i quantitativi venduti su tutti i canali. L’inflazione ha eroso il potere di acquisto delle famiglie penalizzando i vini di fascia intermedia (-10,1% sul 2022) a conferma di una maggiore polarizzazione del mercato. In leggero calo i vini di fascia bassa (- 1,7%, con una market share del 44,2%). Mercato sempre più premium (+12,7% i vini di fascia 1 Fonte: OIV–Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) molto alta sul 2022; market share del 18,6%) e sostenibile (+1,4% i vini biologici, 5,4% di market share; +9,6% i vini vegani, 2,7% market share, +1,8% i vini naturali, m.s. dell’1%).

      LE MIGLIORI CANTINE ITALIANE PER PERFORMANCE NEL 2023

      La leadership di vendite nel 2023 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a €670,6 milioni (-3,4% sul 2022). Al secondo posto si conferma il polo vinicolo Argea (€449,5 milioni, -1,2%), seguita da IWB con €429,1 milioni (-0,3% sul 2022). Fatturato 2023 superiore ai 400 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (423,1 milioni) in progresso dell’1,4% sul 2022.

      Sette società rilevano ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro: la cooperativa trentina Cavit (fatturato 2023 pari a 267,1 milioni di euro, in aumento dello 0,9% sul 2022), la veneta Santa Margherita (255,4 milioni di euro, -2%), la toscana Antinori (250,3 milioni di euro, +1,9%), La Marca, specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2023 pari 225,8 milioni di euro (-4%), la piemontese Fratelli Martini (219,6 milioni, +1,1%), la trentina Mezzacorona (217,7 milioni, +2%).

      C’è poi il Gruppo Collis che, ampliando il proprio perimetro, ha raggiunto 209,4 milioni di euro, (+64,8% sul 2022). Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2023 vede in testa la toscana Frescobaldi (29%) seguita dalla veneta Santa Margherita (18,5%). Chiude il podio Antinori con un utile su fatturato del 17%, in aumento di 2,6 punti percentuali sul 2022. Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,4%, Ruffino il 91,1%, Argea l’89,9%.

      ANDAMENTO DEI VINI DOC E DOCG NEL 2023

      Nel 2023 il 47,7% del vino italiano è DOP (DOC e DOCG), in aumento dal 38,5% del 2013. Calano i vini IGP dal 35% del 2023 al 27% del 2023, avvicinandosi ai vini da tavola (25,3% nel 2023). A fare la parte del leone il Piemonte con 19 DOCG e 41 DOC, la Toscana (11 DOCG, 41 DOC e 6 IGT) e il Veneto (14 DOCG, 29 DOC e 10 IGT). In Toscana si concentra il 39,3% della produzione di vini DOP; in Piemonte il 94,6% della produzione regionale è DOP.

      Complessivamente, il valore delle DOP e IGT imbottigliate è pari a 4,3 miliardi di euro in Veneto, seguito dal Piemonte con 1,4 miliardi e dalla Toscana con 1,2 miliardi. Le eccellenze regionali, del resto, spingono i bilanci delle aziende: alle aziende toscane tocca il più alto Ebit margin (16,5%) e il miglior Roi (6,3%). Veneto e Piemonte in seconda posizione (entrambe 6,1%). In Toscana anche la maggiore solidità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 18,4% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (64,5% del fatturato) e toscani (60,6%).

      L’EXPORT DI VINO ITALIANO NEL 2023 SECONDO L’INDAGINE MEDIOBANCA

      Nel 2023 l’export ha trainato la crescita delle imprese friulane (+6,1% le vendite complessive e +22,3% oltreconfine), lombarde (+4,4%; +7,4%) e dell’Emilia-Romagna (+1,6%; +8,6%). Ottimismo per il 2024 per l’Emilia-Romagna (+4,6%), Puglia (+4,3%) e Piemonte (+4,2%). Carta d’identità: impresa familiare in difficoltà sulla Sostenibilità Al controllo familiare spetta il 64,8% del patrimonio netto, quota che sale all’81,4% se si considerano anche le cooperative. Gli investitori finanziari partecipano al 10,9% dei mezzi propri: le banche e assicurazioni (5,2%) sono assenti nelle imprese più piccole, mentre i fondi di private equity (4,1% del patrimonio netto) partecipano nei capitali delle principali imprese vinicole indipendentemente dalla loro dimensione.

      Al diminuire della dimensione cala anche l’incidenza di possesso non italiano, pari al 7,6% dei mezzi propri. Trascurabile il rapporto con i mercati finanziari: solo due società sono quotate all’AIM dal 2015 (Masi Agricola e IWB). La sostenibilità, da migliorare. Solo il 34,9% delle maggiori imprese vinicole italiane redige un Bilancio di Sostenibilità (38,6% i produttori con più di 50 milioni di fatturato). Le principali motivazioni, sempre secondo l’Indagine sul settore vinicolo in Italia di Area Studi Mediobanca sono la complessità del processo di validazione o consuntivazione (per il 26,8% delle imprese); mancanza di benchmark o best practice di riferimento (14,3%); non ultima, la difficoltà a coinvolgere le funzioni aziendali rilevanti e carenza di competenze specifiche (10,7%).

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      Gli Editoriali news news ed eventi

      Prosecco contro Prosek: vittoria provinciale per l’Italia del vino


      EDITORIALE –
      Mettiamola così, per capirci una volta per tutte e dare il giusto peso alla sconsiderata esultanza delle fanfare della politica: fossimo su un campo di calcio, la vittoria del Prosecco contro il Prosek sarebbe da classificare al pari di un successo del Paris Saint-Germain, la corazzata parigina infarcita di petrodollari degli sceicchi, contro un’outsider del livello della FeralpiSalò, che quest’anno retrocederà dalla serie B alla serie C. Nulla a che fare con il salvataggio della patria da chissà quale minaccia, in quanto la minaccia del Prosek per l’Italia non esiste e non è mai esistita. Anzi, ha più le sembianze d’un auto-sgambetto italiota, utile per distogliere l’attenzione da problemi ben più seri e strutturali del nostro sistema vino.

      IL GRANDE BLUFF DEL PROSEK: UNA MINACCIA INESISTENTE

      I politici che nelle ultime ore stanno esultando come se avessero vinto la Champions League del vino per conto dell’Italia, dopo la pubblicazione del testo del Regolamento Ue nella Gazzetta Ufficiale Europea che «limita definitivamente l’uso ingannevole del nome Prosek sulle etichette croate o di qualsiasi altro Stato membro, generando confusione tra i consumatori», in realtà stanno bluffando. Con la complicità, ça va sans dire, di tutta la stampa asservita ai piaceri, alle gioie e agli umori delle suddette fanfare, nonché di diverse associazioni di categoria.

      Oltre che di «imitazione» del nome del brand Prosecco (fandonia inaudita, essendo “Prosek” un nome tradizionale), si parla infatti di possibile «confusione», da parte dei consumatori, tra i due prodotti: onestamente, chi di voi confonderebbe su uno scaffale un Prosek, con la sua tipica bottiglia da vino dolce passito, e un Prosecco (che si tratti o meno del “Gold” di Bottega)? La risposta è nella gallery che segue: fotografie scattate presso l’aeroporto di Zagabria, ovvero in una delle poche location in cui le due referenze coesistono!

      PROSEK, ALTRO CHE “ITALIAN SOUNDING”: È UN VINO DOLCE STORICO DELLA DALMAZIA

      Il Sistema Prosecco è una corazzata da quasi un miliardo di bottiglie che, per scopi evidentemente politici, ha avviato e sostenuto con diversi complici una campagna denigratoria nei confronti del Prosek, vino dolce storicamente prodotto in Dalmazia (Croazia) in un numero tanto risicato di bottiglie da mettere in ridicolo gli sforzi inauditi messi in campo dall’Italia per vincere questa “fondamentale” battaglia: appena 80 mila bottiglie annue, confezionate da piccoli vignaioli innamorati della loro terra e volenterosi di dare seguito a una tradizione centenaria che nulla ha a che fare con il Prosecco (che ha le bollicine) e che è impossibile da confondere – sia per packaging sia per sapore – con lo spumante a denominazione originario del Veneto e del Friuli.

      L’Italia del Prosecco, che mai come oggi assomiglia al Paris Saint Germain, ha vinto la sua battaglia contro il Prosek-FeralpiSalò ed esulta come se questo successo fosse la panacea di tutti i suoi mali: quelli di una Doc costretta ancora, nel 2024, a spiegare a Londra (a suon di manifesti nelle metropolitane) che «quello in lattina o alla spina» non è il suo vino a denominazione, mentre una parte dei suoi produttori spinge – in Italia – per cambiare i disciplinari e aprire a nuove forme di confezionamento del prodotto. Una Denominazione che, al contempo, prova a riposizionarsi (all’insù) sui mercati attraverso un progetto di menzioni geografiche naufragato, o dimenticato in qualche cassetto, come le cose che hanno poco senso di essere dibattute e sviscerate, una volta per tutte.

      A nulla sono servite le prove e le testimonianze portate a Bruxelles dalla Croazia, Paese offeso e svilito per mesi dai nostri politici nell’anima più profonda, sino alla capitolazione odierna. E allora ecco che la vittoria del Paris contro FeralpiSalò diventa vitale (per l’Italia), per scrivere altre pagine di un racconto deviato. Rinfrancato da dichiarazioni roboanti: «Il nuovo Regolamento europeo sulle indicazioni geografiche Ig mette la parola fine a una sgradevole vicenda e questo risultato è frutto di una grande lavoro di squadra tra istituzioni, associazioni di categoria e Consorzi che in tutte le sedi hanno difeso non solo un brand, ma un vino che esprime la storia e l’identità del Veneto», ha detto all’Ansa Luca Zaia. Governatore di un Veneto mai come oggi provincia d’Italia. Prosit.

      Prošek, esclusiva WineMag.it: lo menziona un libro italiano sulla Dalmazia nel 1774

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      Grow du Monde: il concorso che valorizza uno dei vitigni più sottovalutati d’Italia


      Si chiama Grow du Monde e nel 2024 è in programma in Ungheria. Si tratta del concorso enologico che valorizza uno dei vitigni più sottovalutati d’Italia, ovvero il Riesling italico. “Grow” è l’acronimo che sintetizza gran parte dei nomi internazionali di questa varietà, che ha un ruolo centrale in diverse nazioni dei Balcani e nell’Europa dell’est: “Gr” per Graševina (Croazia) e Grašac (Serbia) , “O” per Olaszrizling (Ungheria) e “W” per Welschriesling (Austria, Germania, Svizzera). Diffuso anche in Repubblica Ceca (Ryzlink vlašský), Romania (Riesling italiano) Slovacchia (Rizling Vlašský), Slovenia (Laški Rizling) – oltre che in Cina – il Riesling italico sarà al centro di Grow
      du Monde International Wine Challenge 2024 a Balatonfüred, in Ungheria, dal 29 maggio al 2 giugno.

      A valutare i campioni provenienti dai principali Paesi produttori sarà una giuria internazionale di esperti del settore, tra cui figurano anche alcuni master of wine. L’Italia partecipa alla giuria con il direttore di winemag.it, Davide Bortone e, per la prima volta, con i campioni di almeno cinque aziende, tutte dell’Oltrepò pavese (la regione vinicola conta oltre 1.100 ettari di Riesling italico). Si tratta di Colle del Bricco, Perego&Perego, Cantina Scuropasso, Losito e Guarini e Azienda agricola La Sbercia. Per l’iscrizione dei campioni e il loro invio in Ungheria c’è tempo fino al 30 aprile (info@growdumonde.eu) e, dunque, la rappresentanza italiana al concorso può diventare ancora più corposa.

      Grow du Monde 2024 sarà ospitato dalla regione vinicola del Balaton, che si trova a circa 1 ora e mezza ad ovest di Budapest e prende il nome dal lago che è considerato «il mare degli ungheresi». Nella zona è presente una denominazione tra le più articolate del Paese, Csopak, che vede al centro proprio l’Olasrizling e i suoli vulcanici della zona. La cerimonia di premiazione e la degustazione aperta al pubblico si terranno il 31 maggio presso il Centro Congressi di Balatonfüred. Il prossimo Paese ospitante, nel 2025, sarà la Repubblica Ceca, mentre Grow du Monde 2026 si terrà nuovamente in Serbia – dopo l’edizione del 2022 tenutasi a Petrovaradin/Novi Sad – con l’idea che ogni evento successivo sarà ospitato da un Paese diverso. Non è escluso che un’edizione di Grow du Monde, prossimamente, si tenga anche in Italia, in particolare proprio in Oltrepò pavese.

      IL RIESLING ITALICO: UN VITIGNO MISTERIOSO

      Intanto, il concorso continua a promuovere la grande varietà ampiamente diffusa in Europa centrale e nel bacino del Danubio, di cui poco si conosce a livello scientifico. Lo studio più recente e articolato sul Riesling italico, condotto dal Cnr italiano e da ricercatori del calibro di Stefano Raimondi, ha stabilito il nome di uno dei due “genitori” della varietà – la Coccalona Nera, quasi estinta e un tempo diffusa nell’areale compreso tra Tortonese, Oltrepò pavese e Colli piacentini – mentre è ancora sconosciuto l’identikit dell’altro vitigno da cui il l’Italico ha avuto origine.

      Lo studio del Cnr pone le basi per un futuro nuovo per il Riesling italico e per la sua valorizzazione, che potrebbe innanzitutto passare da un suo effettivo riconoscimento nei disciplinari di produzione della sua area di elezione, l’Oltrepò, dove al momento non può essere menzionato come tale ma solo – genericamente – come “Riesling” (in netta confusione con il Riesling Renano, con cui l’Italico non ha nulla a che fare). Le eventuali modifiche al disciplinare oltrepadano dipendono dalla legislazione nazionale legata ai due Riesling, che da un lato impedisce di menzionare l’Italico e dall’altro invita i produttori a non utilizzare il termine “Renano”, facendo riferimento all’areale vitivinicolo tedesco, protetto e riconosciuto a livello giuridico dall’Ue.

      Riesling italico vs Renano: in Oltrepò pavese c’è un disciplinare da riscrivere

      «In Italia – commenta a winemag.it il professor Attilio Scienza – il Riesling italico è coltivato praticamente solo in Oltrepò e un po’ in Friuli. Quasi un ricordo degli anni Sessanta e Settanta, quando era la base per gli spumanti metodo italiano dei piemontesi. Nel futuro si può ipotizzare l’uso di qualche suo sinonimo autorizzato, quale ad esempio “Risli” o “Rismi“. Il nome “italico” è di fatto la traduzione del termine tedesco “walsch”, con il quale si aggettivavano i vitigni stranieri, tra cui quelli italiani, coltivati nei territori di lingua tedesca». Insomma, una delle tante partite aperte in Oltrepò pavese, territorio che sarà certamente sotto i riflettori a Grow du Monde 2024.

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      L’Italia perde il primato della quantità di vino prodotto in Europa e nel mondo


      L’Italia perde il primato della quantità di vino prodotto in Europa e nel mondo in concomitanza con la vendemmia 2023. Lo rileva l’annuale report vendemmiale dei Paesi europei targato Copa Cogeca, l’Organizzazione di rappresentanza degli Agricoltori e delle Cooperative Europee, presentato in giornata. Il Bel Paese lascia il posto alla Francia, che cresce – anche se di poco – insieme al Portogallo. In calo anche i volumi della Spagna e della Germania. Il
      totale della produzione di vino in Europa nel 2023 è di poco superiore a 150 milioni di ettolitri, con un calo del -5,5% rispetto alla media quinquennale.

      A causa delle conseguenze del cambiamento climatico – inverno secco, grandinate, inondazioni e una stagione primaverile piovosa – si è registrato un forte calo della produzione anche in altri Paesi produttori europei come Austria (-6%), Grecia (-23%), Croazia (-31%) e Slovacchia (-20%) rispetto al 2022. «Da diversi anni il settore si trova ad affrontare sfide importanti – commenta il presidente del Gruppo di lavoro “Vino” del Copa Cogeca, Luca Rigotti – non ultime le conseguenze della pandemia di Covid, gli eventi climatici e il forte aumento dei costi di produzione, a cui si aggiunge un significativo aumento dei tassi di interesse. Ciononostante, i coltivatori europei continuano a dare risultati e a dimostrare la loro resilienza».

      FRANCIA PRIMO PRODUTTORE DI VINO AL MONDO NEL 2023

      Nel 2023, la Francia è diventata il primo produttore europeo di vino con una produzione stimata di 45 milioni di ettolitri. Un aumento dell’1,47% rispetto all’anno precedente. La Francia è stata tuttavia colpita dalla peronospora e dalla siccità, soprattutto nel Sud. Ma è riuscita a non soccombere, grazie alle misure di crisi messe in atto, come gli aiuti alla distillazione. In Portogallo si è registrato un aumento dell’8,6%, con una produzione di poco inferiore ai 10 milioni di ettolitri, grazie all’attuazione di misure di distillazione. In particolare, l’aumento è dovuto alla diminuzione dell’8% del raccolto del 2022, che ha pareggiato il totale.

      Per la prima volta in sette anni, l’Italia ha perso il primato di produttore di vino con una produzione stimata di 43,9 milioni di ettolitri. Il che rappresenta una perdita dell’11,92% rispetto allo scorso anno. Le forti piogge primaverili, che si sono trasformate in alluvioni specialmente nella regione Emilia Romagna, nonché i pesanti episodi di peronospora, in particolare nel Centro e nel Sud del Paese, spiegano questo importante calo. Tra i primi commenti nazionali, quello di Coldiretti: «Le previsioni aggiornate del Copa Cogeca dimostrano come sempre più la vitivinicoltura si trova a fare i conti con il clima. Il vino Made in Italy, tuttavia, conferma il successo nell’export anche in Francia con un balzo del +21% in valore delle esportazioni nei primi sette mesi del 2023 (elaborazioni Coldiretti su dati Istat)».

      LA VENDEMMIA 2023 IN SPAGNA E GERMANIA

      Con una produzione stimata di 30,8 milioni di ettolitri, la Spagna è rimasta il terzo produttore europeo, nonostante la diminuzione della produzione rispetto allo scorso anno (-14,42%). Le condizioni climatiche avverse, con un autunno, un inverno e una primavera secchi, con forti piogge nell’ultima parte della primavera, ondate di calore durante l’estate e grandine, hanno fatto sì che i vigneti spagnoli soffrissero molto in termini di produzione.

      Tuttavia, grazie alla bassa umidità, le viti erano relativamente sane e hanno fornito uve di alta qualità. In Germania, la produzione stimata è stata di 8,86 milioni di ettolitri, con una perdita del 2,1% nella produzione di vino a causa dell’inflazione e degli alti costi di produzione lungo tutta la filiera. D’altra parte, non si sono verificate diminuzioni significative a causa delle condizioni climatiche, che sono rimaste abbastanza stabili.

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      La “Categoria Vigneti” spopola in vendemmia: Toscana al vertice della Top 10 Airbnb Italia


      La Top 10 Airbnb Italia relativa alle destinazioni più gettonate durante il periodo della vendemmia 2023 non lascia spazio a interpretazioni. A dominare la classifica della Categoria Vigneti è la Toscana, con la tripletta San Gimignano, Montepulciano, Greve in Chianti. Quarto, sesto e decimo posto per il Veneto, con Bardolino, Lago di Garda e Lazise, inframmezzati da Sicilia (quinto posto con l’isola di Pantelleria), Campania (settima con Vietri sul Mare), Sardegna (Bosa, ottava) e Umbria (nona classificata con Orvieto).

      I dati, resi pubblici da Airbnb, riflettono le preferenze di una community cresciuta dal 2007 ad oggi ad oltre 4 milioni di host, che a loro volta hanno ospitato più di 1,5 miliardi di persone in quasi tutti i Paesi del mondo. In occasione dell’inizio della vendemmia 2023, la piattaforma ha tirato le somme sull’enoturismo in Italia, a poco più di un anno dall’introduzione della Categoria Vigneti. Le strutture immerse tra le vigne e nelle regioni vinicole italiane – come quella della foto di copertina dell’articolo, ma anche i numerosi casi di ospitalità offerta dalle cantine – hanno accolto 500 mila viaggiatori.

      CATEGORIA VIGNETI: LA TOP 10 AIRBNB DURANTE LA VENDEMMIA 2023

      La Top 10 di Airbnb certifica la supremazia della Toscana, sulla base del numero di notti prenotate all’interno della Categoria Vigneti tra il gennaio e il giugno 2023, con check-in tra l’agosto e l’ottobre 2023:

      1. San Gimignano, Toscana
      2. Montepulciano, Toscana
      3. Greve in Chianti, Toscana
      4. Bardolino, Veneto
      5. Pantelleria, Sicilia
      6. Garda, Veneto
      7. Vietri sul Mare, Campania
      8. Bosa, Sardegna
      9. Orvieto, Umbria
      10. Lazise, Veneto

      «Da quando è stata lanciata – spiega Airbnb in una nota – il numero di alloggi all’interno della Categoria Vigneti in Italia ha raggiunto quota 11.500, tanti dei quali possono considerarsi “accessibili” in termini di budget. Infatti, il costo medio di un alloggio nei pressi di un vigneto in Italia si aggira intorno ai 170 euro a notte. Se si considera che la media dei viaggiatori per viaggio si attesta tra le tre e le quattro persone, un soggiorno di questo tipo costa dai 40 ai 60 euro di media a testa. Sono più frequenti i viaggi in coppia e in famiglia, arrivando al 65% delle prenotazioni totali».

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      Andrea Lonardi è il secondo Master of Wine italiano


      Dopo Gabriele Gorelli, ecco il secondo Master of Wine italiano. È Andrea Lonardi, chief operating officer (COO) di Angelini Wines and Estates (AW&E) e vicepresidente del Consorzio Vini Valpolicella. «La sua – spiega l’Institute of Masters of Wine – è una formazione globale, che spazia dall’Italia, alla Francia, agli Stati Uniti, con diverse posizioni multidisciplinari all’interno dell’industria del vino». Andrea ha iniziato la sua carriera nel marketing e nelle vendite per il più grande gruppo vinicolo italiano (GIV), facendo conoscere i vitigni autoctoni del Sud Italia al mercato statunitense. È stato quindi promosso a direttore della viticoltura, responsabile di oltre 1000 ettari e 13 tenute, dalle Alpi alla Sicilia.

      «Grazie alla sua leadership – continua il prestigioso Institute of Masters of Wine – Andrea Lonardi ha dato prova di una notevole propensione all’innovazione, facendo da pioniere in molti progetti: lo sviluppo di indici di stress per le uve autoctone italiane, l’ingegnerizzazione della prima macchina da vendemmia con controllo satellitare e la modellazione di indici di gestione. Nel 2012, l’ingresso nel gruppo Angelini Wines and Estates (AW&E)».

      IL RICONOSCIMENTO DELL’INSTITUTE OF MASTER OF WINE AD ANDREA LONARDI

      In questo ruolo, Andrea supervisiona l’attività, influenzando il marketing e le vendite e guidando gli incentivi per innovare la produzione e la distribuzione: orchestrando un rilancio dello storico marchio Bertani, ripristinando una forte identità stilistica per l’Amarone e la Valpolicella; contribuendo alla zonazione di Montalcino attraverso la selezione di vigneti distintivi; e collegandosi con i principali distributori internazionali di vini pregiati. Andrea continuerà a coltivare la sua reputazione innovativa attraverso miglioramenti stilistici per le principali denominazioni italiane e la distribuzione di vini pregiati».

      Nella giornata di oggi, oltre all’italiano Andrea Lonardi, è stato annunciato l’ottenimento del titolo di Master of Wine di Erin Jolley MW (Stati Uniti), gli ultimi a conseguire il prestigioso riconoscimento da parte dell’Institute of Masters of Wine. Attualmente ci sono 414 MW in tutto il mondo, con sede in 31 Paesi, ognuno dei quali dà il proprio contributo al mondo del vino. Erin e Andrea si uniscono a Wojciech Bońkowski MW e Joshua Granier MW come 4 MW dell’annata 2023, annunciati nel febbraio 2023. Sono ora 502 le persone che hanno superato l’esame da quando si è svolto per la prima volta nel 1953. Questo traguardo viene raggiunto dopo aver dimostrato la comprensione di tutti gli aspetti del vino, superando l’ambito esame di Master of Wine, riconosciuto in tutto il mondo per i suoi elevati standard.

      L’ESAME DI MASTER OF WINE

      L’esame di MW si compone di tre parti: gli esami teorici e pratici sostenuti alla fine della seconda fase e l’elaborato di ricerca presentato alla fine della terza fase. L’RP è uno studio approfondito su un argomento legato al vino, tratto da qualsiasi area delle scienze, delle arti, delle discipline umanistiche o delle scienze sociali. Solo quando un individuo supera la terza fase RP dell’esame MW diventa Master of Wine, cosa che Erin e Andrea hanno fatto con successo.

      Prima che i nuovi membri abbiano il diritto di usare il titolo di Master of Wine o le iniziali MW, devono firmare il codice di condotta dell’IMW. Firmando il codice di condotta, i MW accettano di agire con onestà e integrità e di sfruttare ogni opportunità per condividere la loro conoscenza del vino con gli altri. I principali Paesi in cui si trovano i MW nel mondo sono Australia (27), Canada (10), Francia (18), Germania (10), Nuova Zelanda (15), Regno Unito (205) e Stati Uniti (59).

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      Consumi di vino con il freno a mano fino al 2039: i Paesi produttori corrono ai ripari


      I consumi di vino cresceranno
      di appena il 7% sino al 2039, con una media annua dello 0,35%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini, attraverso un outlook basato sulle curve storiche delle tendenze globali dei consumi e sulle previsioni demografiche da qui ai prossimi 16 anni. Complice il progressivo alzarsi dell’età media e la contestuale distanza dal vino da parte delle nuove generazioni, l’incremento delle bottiglie stappate nel mondo sarà in una fase di stallo. Lo studio analizza le tendenze basate sul progressivo invecchiamento dei consumatori. La vera involuzione è attesa nel decennio 2029-2039, quando gli over 65 – sempre più “core-consumer” – incideranno per il 30% dei volumi, mentre gli under 25 scenderanno dal 18 al 13%. Un dato molto allarmante se si considera che, nel decennio 1990/99, over 65 e giovani under 25 erano in perfetta parità, attorno al 18%, per l’appunto.

      L’effetto del cambiamento demografico acutizzerà una tendenza che si è già materializzata negli anni. I Paesi produttori tradizionali (Italia, Francia, ma anche Germania e Spagna) sono infatti ormai entrati in una dinamica negativa e di cosiddetta normalizzazione (in Italia e Francia, negli anni Sessanta, si consumavano oltre 50 milioni di ettolitri, con un pro-capite attestato ben sopra i 140 litri annui). Un uguale trend di assestamento si è avuto – sempre tra il 1999 e il 2019 – in Germania e Giappone. Fortemente espansivi si sono invece rivelati Canada, UK, Usa e Cina, con aumenti dei consumi di vino di circa 15 milioni di ettolitri in Usa e Cina, 7 in UK e oltre 3 milioni in Canada. L’outlook al 2039 prevede ora variazioni positive per Stati Uniti (+9,3 milioni di ettolitri), Cina (+4,1 milioni) e Canada (+1,1 milioni). Giappone e Paesi del Vecchio Continente segneranno cali contenuti fino al -2%.

      CRISI DEI CONSUMI DI VINO: ITALIA A RISCHIO NEI PAESI TOP BUYER

      Da questo punto di vista, l’Italia è ancora più esposta al rallentamento della domanda negli 8 Paesi top buyer, ovvero in quelli in cui finiscono due terzi delle esportazioni di vino italiano. Anche per questa ragione, sempre secondo l’Osservatorio Uiv, l’export sarà sempre più la «discriminante fondamentale del mercato», stante l’ulteriore decrescita prevista dei consumi interni (-1,2 milioni di ettolitri) nel periodo considerato. Dall’estero l’incremento sarà comunque timido (+1,8 milioni di ettolitri, a quasi 23 milioni di ettolitri nel 2039) ma sarà in grado di compensare l’ammanco generato dal mercato interno. Il saldo previsto è positivo, pur lontano dagli anni del boom: poco più di mezzo milione di ettolitri. Tutto ciò al netto di recrudescenze della crisi economica, dell’ondata salutista e di altri fattori esogeni come i fattori etnici e religiosi.

      Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: «Il mondo che consuma vino non costruirà più la sua crescita sul volume, ma sul valore evocativo espresso dalle bottiglie: dal gusto all’esperienza, dal concetto di sostenibilità, al lifestyle. In questo quadro – aggiunge Frescobaldi – la filiera del vino dovrà incrementare la tendenza premium delle proprie proposte, ma anche rinnovare e razionalizzare un’offerta che oggi in diversi casi risulta fuori fuoco rispetto a una domanda in forte cambiamento, giovani in primis». Al giorno d’oggi, nel mondo si consumano oltre 37 miliardi di bottiglie di vino l’anno. Di queste, più della metà sono stappate in 8 Paesi: Stati Uniti (14%), Francia (10%), Italia e Germania (7%), Cina (6%), Regno Unito (5%), Canada (2%) e Giappone (1%). Aree epicentro dei consumi globali che negli ultimi vent’anni (1999-2019) hanno visto incrementare la domanda di vino del 27%. Una corsa destinata però a tirare il fiato nel prossimo ventennio.

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      Danni peronospora sottostimati: «Vigneti zuppi d’acqua? C’è chi produrrà lo stesso»

      Gentile Direttore,
      faccio seguito all’articolo pubblicato giorni fa su winemag.it (a questo link). Nello specifico, sono rimasto un po’ sorpreso dall’indagine sui danni della peronospora in Toscana. Noi abbiamo un’azienda Bio dal 1994, sulle colline di Arezzo. Un danno di questo genere non lo avevamo mai avuto, così come dicono le persone più anziane della zona. Anche loro non hanno mai visto una cosa del genere. Nel mese di Aprile-Maggio ha praticamente piovuto tutti i giorni e, se non pioveva tutto il giorno, le piante erano comunque bagnate tutta la mattina. Appena iniziava un po’ di vento e sembrava che asciugasse, ripioveva subito dopo.

      I vigneti erano praticamente zuppi di acqua. Le vigne, benché in notevole ritardo, cominciavano ad andare verso la fioritura che prometteva benissimo, con grappoli bellissimi e abbondanti. Come dico sempre, il miglior concime è la pioggia. Però questa situazione ha creato l’impossibilità di muoversi e fare trattamenti che, altrimenti, sarebbero andati perduti per il dilavamento. In realtà la temperatura non era calda e si aggirava sempre sui 10/15 gradi. Non avrei mai pensato di arrivare a una situazione simile. Non si riusciva neanche a star dietro al taglio dell’erba. L’acqua non ha mai dato tregua.

      A fine Maggio e i primi giorni di Giugno si tagliava con la pioggia. Ora certamente il vino non possiamo produrlo, non avendo gran parte dell’uva. Non siamo una fabbrica. Ma quello che mi dispiace è vedere ancora nel 2023 chi, nonostante i danni avuti, tirerà fuori il prodotto dicendo che il danno è stato solo del 10 o del 30%. Con il clima di quest’anno, questa stima non è credibile. Sarebbe giusto che ora le ingenti giacenze di vino in cantina siano vendute al giusto prezzo, visto che ogni volta che produciamo è un grande sacrificio. Ma è anche giusto che chi compra o comprerà vino dell’annata 2023, qualora riuscisse a trovarlo, lo acquisti con il suo reale certificato di origine.

      Con i miei migliori saluti

      Fabio De Ambrogi
      Gratena Società Agricola
      via Bernardo Dovizi, 40/D
      52100 Arezzo

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      «Riduzione produzione di vino in Europa? Conseguenze irrilevanti». È polemica

      «Sì, la viticoltura è essenziale in Europa». È quanto affermano le Associazioni di rappresentanza del settore vitivinicolo – da Alleanza cooperative agroalimentari alla Federazione italiana vignaioli indipendenti Fivi, passando per Coldiretti, Confagricoltura, La Coopération Agricole e Interprofesional del Vino de la España – di fronte alle conclusioni dello studio complementare sull’impatto del regolamento SUR sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, pubblicato dalla Commissione europea. Nel documento si descriverebbe come «irrilevante la prevedibile diminuzione della produzione di uva in Europa». Inoltre la viticoltura sarebbe definita «una coltura non essenziale».

      Da qui la richiesta congiunta agli Stati membri e agli eurodeputati di «prendere una posizione chiara su questo tema». «Il vino – ricorda Confcooperative in una nota congiunta con il resto della filiera italiana, francese e spagnola – è un importante prodotto economico e culturale in Europa. Il nostro settore chiede di essere sostenuto per continuare le azioni di transizione ecologica con regolamenti realistici e un calendario operativo, che permetta l’implementazione delle soluzioni alternative efficaci esistenti e in arrivo.

      Le Associazioni di rappresentanza italiane, francesi e spagnole rivendicano l’importanza del vino in Europa. «L’Unione Europea è il primo produttore di vino al mondo, – ricordano Italia, Francia e Spagna – con il 45% della superficie viticola mondiale. Questo settore ad alto valore aggiunto è vitale per molte regioni rurali europee, genera milioni di posti di lavoro e contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale dell’Ue».

      VITICOLTURA NON ESSENZIALE PER LA COMMISSIONE UE
      Le Associazioni di rappresentanza del settore vitivinicolo che si oppongono alle conclusioni della Commissione europea

      Tuttavia, questo studio prevede un calo della produzione di uva dovuto agli effetti della riduzione dei fitosanitari, stimato al 18% in Spagna, al 20% in Italia e al 28% in Francia, senza nemmeno valutare l’impatto del cambiamento climatico che andrebbe aggiunto a questa cifra.

      La Commissione europea aggiunge nello studio che la produzione di uva non è una coltura essenziale per la sicurezza alimentare europea e che una diminuzione della produzione di vino in Europa sarebbe irrilevante. Queste affermazioni ignorano l’enorme contributo economico, sociale e culturale del settore vitivinicolo in molte regioni dell’UE».

      Un atteggiamento che viene giudicato «totalmente inaccettabile» dalle organizzazioni rappresentative della catena del valore del vino in Spagna, Francia e Italia. «È incomprensibile – si legge ancora nella nota stampa – che la Commissione europea ipotizzi e preveda la penalizzazione di un intero settore di grande importanza per l’economia europea. Gli operatori e le aziende vitivinicole sono da tempo impegnati nella transizione ecologica e continueranno ad esserlo. C’è ancora molto lavoro da fare e i nostri produttori devono poter portare avanti questo impegno per la sostenibilità ambientale senza inutili polemiche».

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      Peronospora vite, emergenza nazionale in Italia in vista della vendemmia 2023


      Sempre più pesanti gli effetti della peronospora in vista della vendemmia 2023 in Italia. A causa delle forti piogge, la malattia della vite di primavera sta diventando un’emergenza nazionale. Le perdite previste in diverse regioni italiane sono stimate fino al 40%. Lo rileva l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) attraverso le interviste alle imprese del vino compiute sui territori. Maggiormente colpita, in generale, la viticultura biologica che, in alcune aree, risulta fortemente compromessa. Le regioni più danneggiate sono quelle della dorsale adriatica, a partire da Abruzzo e Molise, con perdite fino al 40%. Molti areali di Marche, Basilicata e Puglia si affacciano alla vendemmia 2023 con cali previsti nell’ordine del 25-30%.

      Complicata la situazione anche in Umbria, Lazio e Sicilia, specie nel trapanese, mentre in Romagna sono ancora da valutare gli effetti dell’alluvione, in particolare del fango nei vigneti. «In generale – ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi – la stagione pre-vendemmiale era partita bene un po’ ovunque, poi da maggio in avanti la situazione si è guastata. Siamo passati repentinamente dal problema degli stock in eccesso, attualmente confermato con le Dop in eccedenza a +9% sullo scorso anno, a uno scenario di probabile importante riduzione dei volumi di raccolta previsti in diverse regioni». Per le altre aree poco colpite dalla peronospora si prevede una buona vendemmia.

      PERONOSPORA – LA SITUAZIONE NELLE PRINCIPALI REGIONI

      Piemonte: la situazione appare sotto controllo: siccità fra marzo e aprile, piogge nella norma, più oidio che peronospora.

      Lombardia: in Valtellina si registrano problematiche di peronospora su una produzione tendenzialmente abbondante. Pressione su foglia e su grappolo, con cali mediamente del 5%.

      Veneto: pochi e localizzati attacchi grandinigeni, con perdite anche al 50%. La produzione attesa in regione per ora è molto abbondante.

      Friuli-Venezia Giulia: bene Collio, qualche problema a macchia di leopardo nel resto della regione. I vigneti rimangono comunque carichi.

      Emilia e Romagna: la situazione appare per ora sotto controllo per quanto riguarda la peronospora. Resta problematico il post-alluvione, sia, soprattutto in collina, per l’accesso ai vigneti, sia per il fango in pianura.

      Toscana: a causa delle forti piogge a maggio, la peronospora è presente e si registrano difficoltà di accesso ai vigneti per i trattamenti. Per ora si prevede una riduzione su una produzione che si annunciava comunque abbondante (in media 10% di infezioni). Riportati problemi anche di botrite e grandinate locali.

      Umbria: la pressione è molto forte, con cali dal 10 al 15%, con punte fino al 30%. La produzione iniziale prevista era abbondante, quindi si dovrebbe arrivare a una raccolta nella norma.

      Abruzzo e Molise: è piovuto costantemente dal 4 aprile. A causa della conformazione del terreno (colline e vallate) è stato difficile accedere agli appezzamenti per poter eseguire i trattamenti fitosanitari. La peronospora ha attaccato in forma abbastanza importante entrambe le regioni e si stima un calo di produzione del 30-40 % sulle uve convenzionali (50-60% in Molise), mentre si arriva anche al 70-80% sulle uve biologiche. Il danno maggiore sembra comunque subìto dalle varietà a bacca rossa, non trattate perché al momento dell’attacco erano ancora in fase primordiale, nelle zone collinari. Per tutta questa serie di situazioni, oggi le aziende produttrici hanno rallentato le vendite e qualcuna le ha addirittura fermate.

      Marche: situazione non omogenea. In linea di massima è stata colpita di più la zona più prossima alla costa, ma le infezioni sono un po’ ovunque. È difficile quantificare la perdita ma sicuramente si profila un’annata di scarsa produzione (-20%), su una stagione ancora in ritardo nello sviluppo della fase fenologica rispetto al 2022.

      Lazio: la stagione era partita bene, ma la pioggia di maggio ha innescato forti focolai, attorno al -25% di produzione prevista (su una partenza abbondante).

      Basilicata: la peronospora ha avuto un forte impatto sul Vulture e anche sui bianchi, in alcuni areali le previsioni sono a -60%.

      Puglia: la peronospora si è diffusa sia a Nord (tendoni tasso a 50%) sia a sud, su Malvasia, Negroamaro e Primitivo, con cali attesi del 25%.

      Sicilia: la peronospora è diffusa, soprattutto nel Trapanese: quelli che non hanno trattato a ciclo completo per questioni di costi avranno forti perdite, le aziende strutturate avranno una buona vendemmia. Siamo attorno a un’incidenza del 10-15%.

      Calabria: secondo fonti di winemag.it, la situazione in Calabria è disastrosa in alcune zone. Sino a 20 giorni fa era impossibile entrare in vigna in alcune zone, come la provincia di Cosenza, per la presenza di fango. Le piogge hanno poi causato attacchi di peronospora. Una situazione che viene definita «apocalittica», tanto da compromettere l’intera annata.

      Campania: sempre secondo fonti di winemag.it, situazione molto difficile anche in Campania. La vendemmia 2023 risulta fortemente compromessa in tutte le zone. Alcuni produttori parlano senza mezzi termini di «disastro». Si stimano perdite intorno al 40%. Ancora una volta, i danni maggiori sono dovuti dall’impossibilità di entrare in vigna a causa del fango. Incomberebbe anche l’ombra della larvata, che sta attaccando in maniera importante anche le piante a valle. Le uve rosse sono quella più compromesse. Molto meglio i bianchi, soprattutto la Falanghina che conferma la naturale rusticità e una certa resistenza.

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      Vini al supermercato

      Il carrello della spesa degli italiani a maggio 2023: segno negativo per le bevande

      NielsenIQ (NIQ) analizza l’andamento dei consumi e delle abitudini di acquisto delle famiglie italiane per il mese di maggio 2023 attraverso “Lo stato del Largo Consumo in Italia“, indagine mensile che fotografa lo scenario della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo). Nel mese di maggio 2023 il fatturato della Grande Distribuzione Organizzata in Italia a totale Omnichannel è pari a 7.2 miliardi di euro, un valore in crescita del +8,9% rispetto alla performance dello scorso anno.

      L’indagine condotta da NIQ evidenzia che l’indice di inflazione teorica nel Largo Consumo Confezionato (LCC), ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, a maggio è scesa al 14,1%, in calo rispetto al valore registrato il mese di aprile (14,4%). La variazione reale dei prezzi invece è pari al 12,4%, con una riduzione dell’1,7% del mix del carrello della spesa. Questo dato evidenzia come le variazioni di scelta dei consumatori sui prodotti e sulle quantità acquistate incidano sull’importo finale della spesa.

      Per quanto riguarda i canali distributivi, tutti registrano un trend positivo rispetto allo stesso periodo del 2022. Nello specifico, a maggio la crescita è guidata da Supermercati e Superstore (+9,4%), seguiti dai Discount (+9,1%), Iper>4.500mq (+8,4%), Liberi Servizi (+7,8%) e Specialisti Drug (+6,6%). Stando ai dati di NielsenIQ (NIQ), inoltre, continua la riduzione dell’incidenza promozionale a totale Italia nel mese di maggio 2023 (22,9%), un dato in calo di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Infine, a maggio la scelta di prodotti a marchio del distributore (MDD) registra un valore pari al 22,4% del LCC nel perimetro Iper, Super e Liberi Servizi mentre sale al 31,9% a Totale Italia Omnichannel – inclusi i Discount.

      IL CARRELLO DELLA SPESA DEGLI ITALIANI

      Continua anche a maggio 2023 l’ascesa dei prodotti dedicati agli Animali Domestici (+16,6%) e il Cibo Confezionato (+8,3%), che da molti mesi a questa parte si collocano in testa alla classifica delle aree merceologiche con l’incremento a valore più significativo. Per quanto riguarda invece l’andamento a volume, l’unica categoria che registra un trend positivo è il Food Confezionato (+4,2%), mentre tutte le altre mostrano una tendenza negativa, in particolar modo i prodotti per la Cura della persona (-8,2%), il Freddo (-9,5%) e le Bevande (-9,8%).

      In merito alla relazione tra valore e volume in ambito Grocery, a totale Italia Omnichannel nel mese di maggio 2023 (vs 2022) l’andamento a valore è positivo (+9,3%), mentre è negativo a volume (-3,1%). Il Fresco (Peso Fisso + Peso Variabile) risulta in crescita in tutti i format distributivi. Nello specifico il trend migliore si osserva negli Iper>4500 (+11,1%), mentre i Liberi Servizi registrano l’incremento minore tra tutti i canali (+6,7%).

      A livello di categoria, Formaggi (+17,9%) e Pane & Pasticceria & Pasta (+17,1%) sono quelle più dinamiche, mentre Salumeria (+4,5%) e Frutta e Verdura (+4%) registrano i trend di crescita più bassi. Alla guida della TOP10 del mese di maggio 2023 per quanto riguarda i prodotti Grocery invece troviamo Zucchero (+59,9%), Passate (+40,9%) e Surgelati Vegetali – Patate (+39,5%).

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      Food Lifestyle & Travel

      Mozzarella di Bufala Campana, un 2022 da ricordare: cresce in Italia e conquista l’estero

      Duplice riconoscimento per il comparto della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Il formaggio campano cresce in Italia e conquista l’estero, con cifre da record. Ieri l’assemblea annuale di Assolatte ha certificato il ruolo di traino della Mozzarella di Bufala Campana tra i grandi formaggi Dop italiani: nel 2022, infatti, la produzione di Bufala Dop è l’unica che è cresciuta (+3,8 per cento sul 2021), insieme al taleggio. Nonostante le difficoltà legate alle fiammate dell’inflazione, alla guerra in Ucraina, il prodotto riesce a imporsi sui mercati, grazie ai sacrifici dei soci del Consorzio, che hanno perso margini di redditività significativi.

      Nello stesso giorno è arrivato un altro riconoscimento, stavolta dal Monitor Distretti di Intesa Sanpaolo: la Mozzarella Dop fa registrare, sempre nel 2022, un boom dell’export, pari a +30,2% sull’anno precedente, in uno scenario generale positivo, visto che i dati dell’analisi mostrano una crescita del 12,8% delle esportazioni dei distretti agroalimentari italiani su base annua, con un valore di oltre 25 miliardi di euro.

      «Un risultato incredibile – commenta il presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, Domenico Raimondo – capace di spronarci a fare sempre meglio anche nel 2023, che ci vede ancora alle prese con tante difficoltà, a partire dall’aumento dei costi di produzione non assorbiti dal mercato. Noi continueremo a puntare sugli elementi distintivi del nostro prodotto: qualità e legame con il territorio».

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      Italia del Prosecco, attenta ai tuoi politici: «Sul Prošek non è detta l’ultima parola»


      EDITORIALE –
      Contrariamente a quanto affermato dai politici italiani e, a ruota, dall’industria del vino italiano, non è ancora detta l’ultima parola sulla querelle che vede contrapposto il Prosecco al vino dolce croato Prošek, prodotto dalla notte dei tempi in Dalmazia in quantità limitatissime. Una guerra che l’Italia sta combattendo con grande veemenza, ma al suono della vigliacca menzogna che vorrebbe ridurre il Prošek a un’imitazione del Prosecco: una presunta «minaccia al Made in Italy» che, in realtà, non esiste. Così come sono di cartapesta i tanti paladini dell’Italia scesi in campo negli ultimi anni, su questo fronte.

      In particolare, a scagliarsi contro i proclami arrivati nei giorni scorsi da Strasburgo, è l’europarlamentare croato Tonino Picula. L’esponente del Socijaldemokratska partija Hrvatske invita l’Italia alla cautela, attraverso un commento inviato in esclusiva a winemag.it, da Zagabria. «È sempre deplorevole – attacca Tonino Picula – quando le interpretazioni dei testi giuridici vengono distorte da velleità politiche. Mi rattrista che i miei colleghi italiani, in particolare il signor Paolo De Castro, rifiutino continuamente di impegnarsi in discussioni concrete e significative con argomenti basati sulla realtà. Al contrario, sacrificano le nostre buone relazioni per presentarsi come combattenti per la “causa nazionale”. Trovo che questo approccio sia vuoto e non colga nel segno».

      DIFESA DEL MADE IN ITALY? UN PRETESTO

      Il presunto affossamento dello storico vino dolce croato Prošek, tacciato di essere un’imitazione del Prosecco, è dunque frutto dell’interpretazione (politica) di De Castro. «Attendo con ansia il nuovo regolamento – continua l’europarlamentare croato Tonino Picula – e sostengo pienamente l’emendamento che ribadisce che le omonimie (nomi con ortografia o pronuncia uguale o simile) possono essere registrate se, nella pratica, c’è una sufficiente distinzione tra le condizioni dell’uso locale e tradizionale e la presentazione delle due indicazioni omonime. Ribadisco che il Prošek e il Prosecco sono due prodotti grandi e innegabilmente diversi: diversi i vitigni, diverso il metodo di produzione, diversi la consistenza, il colore, il gusto, l’odore e il tipo di vino, diverso l’imbottigliamento, diversa la collocazione nei menu e sugli scaffali dei negozi, e infine diversi i prezzi».

      «Metterei in dubbio la conoscenza di base del vino di chiunque confondesse un vino da dessert scuro e sciropposo con un aperitivo leggero e frizzante. Ancora una volta, comprendo e sostengo gli sforzi italiani per prevenire l’uso improprio del nome Prosecco, che è tra i vini europei più contraffatti. Tuttavia – conclude Tonino Picula – ciò non può giustificare questi attacchi ciechi ai piccoli produttori tradizionali croati che applicano il nome Prošek come termine tradizionale e non come Dop». Curioso sottolineare come i due politici facciano parte dello stesso schieramento, ovvero il Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (S&D), nonostante le posizioni (e i toni) siano diametralmente contrapposti.

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