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Colli Maceratesi, via libera a Ribona Riserva e Spumante Riserva

Colli Maceratesi, via libera alla Ribona Riserva e Spumante Riserva
Colli Maceratesi Ribona Riserva
e Colli Maceratesi Ribona Spumante Riserva. Via libera alle due nuove tipologie “Riserva” della Doc Colli Maceratesi, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dopo un iter di tre anni, proposto e avviato dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) e dal Comitato Colli Maceratesi. L’introduzione delle due nuove versioni offre una possibilità enologica ed agronomica in più alle Marche del vino, nel contesto di una denominazione 
di 250 ettari, con un potenziale di circa 600 mila bottiglie complessive da 0,75 litri.

COLLI MACERATESI: ECCO RIBONA RISERVA E SPUMANTE RISERVA

Quarantasei i viticoltori e 28 i produttori della Doc. Colli Maceratesi Ribona Riserva e Colli Maceratesi Ribona Spumante Riserva costituiscono «un upgrade verso prodotti premium a maggior longevità, in linea con gli obiettivi di sviluppo di Imt e dei 74 produttori e viticoltori dell’area». Tra le altre disposizioni pubblicate in Gazzetta: l’eliminazione della tipologia novello per la versione rosso; sul fronte etichettatura e presentazione dei vini della Doc è prevista la possibilità per i produttori di riportare il nome geografico “Marche”, secondo indicazioni specifiche stabilite nel disciplinare.

«La modifica del disciplinare della Doc Colli Maceratesi, con l’introduzione dei due nuovi bianchi Riserva della Ribona nelle tipologie vino e spumante metodo classico – evidenzia il presidente Imt, Michele Bernetti – è coerente con il processo di aggiornamento di alcuni disciplinari delle nostre 16 denominazioni, nati circa 50 anni fa e che necessitano di essere attualizzati. Un’azione in linea con il percorso intrapreso dal Consorzio che punta a innalzare qualità e valore aggiunto delle produzioni. La notizia della pubblicazione in Gazzetta è il modo migliore per festeggiare i primi 25 anni di Imt».

I DISCIPLINARI DEI RIBONA RISERVA COLLI MACERATESI

Produzione massima contingentata (91 ettolitri per ettaro), procedimento di elaborazione di almeno 36 mesi per la Ribona Spumante Riserva con rifermentazione esclusivamente in bottiglia, immissione al consumo consentita solo dopo un affinamento di 12 mesi per la Ribona Riserva, costituiscono le principali norme per la vinificazione delle due nuove tipologie che saranno ottenute da uve coltivate in provincia di Macerata e nel Comune di Loreto, in provincia di Ancona.

Per il presidente del Comitato della Doc Colli Maceratesi, Filippo degli Azzoni: «Le due nuove Riserve introdotte grazie al lavoro fatto da Imt valorizzano il Colli Maceratesi Ribona, un prodotto con ottime potenzialità di crescita sul mercato, e sono in grado di rispondere a una domanda qualificata, capace di apprezzare le doti di longevità e di complessa eleganza che sono nel Dna del vitigno. Dopo anni di ricerca che hanno portato a questa scelta, si aprono ora delle opportunità per attivare nuovi canali di vendita, sia sul mercato interno sia estero; questo è molto positivo».

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Michele Bernetti è il nuovo presidente dell’Istituto marchigiano di tutela vini

È Michele Bernetti, titolare della cantina Umani Ronchi, il nuovo presidente dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt). Il maxi-consorzio diretto da Alberto Mazzoni conta 556 aziende, 16 denominazioni tutelate e rappresenta l’89% dell’imbottigliato della zona di riferimento.

Bernetti, che raccoglie il testimone da Antonio Centocanti, è stato eletto all’unanimità dal consiglio di amministrazione del consorzio. Ad affiancarlo, il confermato vicepresidente Doriano Marchetti (Moncaro) e il nuovo vicepresidente Antonio Centocanti (Cantine Belisario).

Le nomine, della durata di tre anni, sono state annunciate oggi nel corso della 54° edizione di Vinitaly. Il cambio al vertice segue un inizio di anno sprint per i bianchi simbolo dei vini marchigiani.

Secondo l’analisi di Imt sui contrassegni di Stato rilasciati da Valoritalia, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Verdicchio di Matelica chiudono il primo trimestre 2022 con un incremento delle consegne delle fascette di Stato rispettivamente del 10,3% e del 24,1% sul pari periodo dello scorso anno. Una crescita significativa che riporta le due denominazioni ai livelli pre-Covid del 2019.

LE PAROLE DI MICHELE BERNETTI

«Nel mio mandato triennale il focus sarà legato agli obiettivi istituzionali propri del Consorzio – dice Bernetti -. Prima di tutto la tutela delle nostre Dop anche attraverso le fascette di Stato, che già hanno portato a degli interessanti risultati per il Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica. Questa novità ha suscitato l’interesse delle altre denominazioni non solo per garantire maggiori garanzie al consumatore ma anche rendere più remunerativo il lavoro di chi coltiva l’uva».

«Altro obiettivo istituzionale è quello della promozione. Le Marche sono una regione in grado di esprimere una qualità spesso ancora poco valorizzata. Inoltre, cercheremo di portare a termine molti programmi promozionali internazionali. Programmi che abbiamo dovuto interrompere nel corso del biennio pandemico”, prosegue il neopresidente».

«L’aspetto però più importante e trasversale a tutte le 16 Doc dell’area – aggiunge ancora Bernetti – è legato all’incremento del valore del prodotto e della redistribuzione dello stesso lungo la filiera produttiva. Una sfida che abbiamo l’obbligo di perseguire e vincere».

«L’ultimo tema è legato alla revisione in atto di alcuni disciplinari nati ormai anni fa, a partire da quello del Verdicchio dei Castelli di Jesi, del Conero e Verdicchio di Matelica. L’intenzione è di adeguarli alle tendenze di mercato attuali. Su questo percorso, che mi vede molto favorevole, i comitati avranno il pieno appoggio dell’Istituto marchigiano di tutela vini», conclude.

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Castelli di Jesi: nuovo disciplinare per la Denominazione Marchigiana

In mattinata l’assemblea dei soci dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), che rappresenta circa l’80% dell’export di vino marchigiano, ha approvato all’unanimità modifiche sostanziali relative al Verdicchio Castelli di Jesi Doc e Docg.

Per la Docg la modifica del nome, ora Castelli di Jesi Docg (era Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg) con “Verdicchio” facoltativo e il trasferimento della tipologia “Superiore” dalla Doc alla Docg. Per la Doc è stato reso obbligatorio l’imbottigliamento nella zona di produzione.

«Abbiamo ritenuto fondamentale poter valorizzare il territorio attraverso una precisa identificazione dell’area produttiva in etichetta», ha detto il presidente del comitato della denominazione Verdicchio dei Castelli di Jesi, Michele Bernetti.

«Con il Superiore – ha aggiunto Beretti – la Docg diventerà la locomotiva dell’eccellenza enologica marchigiana anche in termini di numeri, passando da 1.000 a 20.000 ettolitri di produzione al termine dell’iter avviato oggi. Qualità sempre più salvaguardata anche per la Doc, con il divieto dell’imbottigliamento fuori zona».

«Nelle Marche stiamo riportando l’agricoltura al centro del dibattito. L’obiettivo è sfruttare al meglio i finanziamenti che arriveranno da qui ai prossimi 5 anni; contributi non ripetibili che dovranno essere sfruttati decidendo assieme alle imprese del vino dove intervenire», ha aggiunto l’assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Mirco Carloni.

«Lunedì scorso abbiamo portato in giunta il finanziamento del Pns (Programma nazionale di sostegno) aggiungendo circa 2 milioni di euro di finanziamento per garantire in tempi rapidi il plafond a tutta la graduatoria. Ora – ha detto l’assessore – stiamo mettendo mano in maniera radicale al Piano di sviluppo rurale (Psr) e le modifiche saranno importanti a partire dal suo corretto utilizzo».

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Produttori del Conero, strigliata alla stampa: «I nostri vini? Buoni come toscani, pugliesi e siciliani»

«Conero chiama stampa enogastronomica. Stampa enogastronomica ci sei? Rispondi». Potrebbe essere riassunto così il secondo incontro firmato Marche Tasting!, ciclo di appuntamenti voluto dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) con la stampa di settore per presentare “a distanza” i vini marchigiani, vista l’impossibilità di organizzare incontri sul territorio a causa della pandemia Covid-19.

L’evento digitale andato in scena ieri pomeriggio – dopo quello di lunedì 15 marzo sul Verdicchio dei Castelli di Jesi – si è presto trasformato in una sorta di remake dell’epico colloquio tra l’Apollo 13 e Houston, in cui l’astronauta Jack Swigert segnala alla base, senza mezzi termini: «We’ve had a problem here».

Il problema, secondo i 6 produttori collegati da Studio Marche, capeggiati dal direttore dell’Imt Alberto Mazzoni, è che la stampa (enogastronomica, s’intende) non darebbe abbastanza attenzione ai vini del Conero, prediligendo altri territori come Toscana, Puglia e Sicilia.

Un concetto espresso a chiare lettere dalla stoccata di Piervittorio Leopardi Dittajuti dell’Azienda Agricola Conte Leopardi di Numana (nella foto, sopra): «Gli operatori del settore sono convinti che nelle Marche si debba spendere poco, a prescindere da nome, qualità, quantità. Lo dico perché, soprattutto all’estero, i commenti sulla mia Riserva sono sempre i più positivi, anche quando viene messa accanto a bottiglie da 60, 70 euro, nell’ambito di degustazioni alla cieca. Poi si scoprono le etichette e mi sento sempre dire: “Ah, Conero Docg Riserva? Non avrei mai pensato che fosse così buono. Quanto costa?”. La risposta è la metà di un toscano o di un piemontese, inferiore di qualità».

Non lo dico perché amo darmi la zappa sui piedi e quindi svendo il mio vino, anzi. Dovrei tirare le orecchie a voi giornalisti: si parla sempre di vini toscani, di vini piemontesi, adesso di grandi vini della Puglia, della Sicilia, di questo e di quell’altro, ma purtroppo le Marche sono il fanalino di coda. Come se noi avessimo imparato ieri a fare vino, o fossimo produttori di vini poco seri o poco interessanti».

Secondo Piervittorio Leopardi Dittajuti la stampa dovrebbe «premiare il grande rapporto qualità prezzo dei vini del Conero»: «Piano, piano vedrete che anche il consumatore comincerà a seguire le vostre indicazioni e i marchigiani cominceranno ad avere una quotazione di mercato giusta, perché oggi sono purtroppo sottovalutati dal punto di vista di economico».

Piccola grande eccellenza regionale, la Doc Rosso Conero è stata la prima denominazione istituita nelle Marche, nel 1967. Risale invece al 2004 il riconoscimento del Conero Riserva Docg, piuttosto in sofferenza sul mercato.

Facciamo purtroppo fatica a vendere il Conero Docg Riserva – ha sottolineato Leopardi Dittajuti – e siamo costretti a puntare su grandi Rosso Conero Doc. Facendoli pagare meno, riusciamo a coprire una fascia di mercato che altri snobbano. Entriamo a spron battuto dove toscani o piemontesi dicono: “Quella fascia di mercato non ci interessa“, grazie a dei vini di grande qualità che cominciano a piacere a molti».

La verità, dall’assaggio dei 6 vini in degustazione, è che i Rosso Conero di Marchetti (“Castro di San Silvestro”), Umani Ronchi (“San Lorenzo”), Moroder, Fattoria le Terrazze e Conte Leopardi Dittajuti (“Fructus”) sono perfettamente posizionati sul mercato, in un range di prezzo indicativo che va dai 9 a 12 euro. A brillare, in ottica value for money, è il Rosso Conero Doc 2018 “Il Cacciatore di Sogni” de La Calcinara (10 euro).

L’azienda agricola di Ancona è tra le più storiche del territorio ed è oggi guidata da Eleonora e Paolo Berluti, fratello e sorella che hanno ricevuto in eredità la cantina dal papà Mario, uno degli artefici della storia della Denominazione marchigiana.

Cerchiamo di portare in bottiglia l’arenaria, il calcare e il gesso che caratterizza i terreni e dà il nome alla nostra azienda – ha spiegato Eleonora Berluti – e siamo convinti che la pianta debba dialogare con il suolo, per questo abbiamo voluto la certificazione biologica».

“Il Cacciatore di Sogni” è un Montepulciano 100% frutto dell’assemblaggio delle uve di diverse vigne di proprietà de La Calcinara. Quella vecchia, con suolo più argilloso rispetto alla media; Vigna della Luna, su arenaria; per finire, gli impianti più giovani, impiantati grazie alla selezione massale dalle piante storiche.

La fermentazione di 15 giorni sulle bucce e la prolungata sosta sulle fecce, oltre alla vinificazione per l’80% in acciaio e il 20% botte grande, regalano un vino dalla beva agile ma dal sorso teso ma pieno, sul frutto, sollecitato da tannini muscolosi ma in cravatta. Una piccola Riserva, insomma. L’identikit del vero vino qualità prezzo, in un territorio in cui spopola il vino sfuso e il Bag in Box da pochi euro.

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Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, ovvero la versatilità fatta vino

Sei vini, sei sfumature, sei diverse interpretazioni di un unico vitigno. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi è il primo solista ad esibirsi sul palco dei dodici digital tasting organizzati dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Imt). Lo ha fatto, ieri pomeriggio, come meglio non poteva: ovvero mostrando, a chi avesse ancora dubbi, la sua innata versatilità.

Un vitigno capace di rimanere se stesso, perfettamente riconoscibile nel calice, anche a fronte di raccolta tardive o “muffate”, altimetrie dei vigneti più elevate rispetto alla media o utilizzo del legno come contenitore per l’affinamento.

Che si svegli tardi, si metta in mostra in “montagna” o si copra il viso con la sciarpa della botte grande, il Verdicchio dei Castelli di Jesi è insomma in grado di palesare la propria voce in maniera nitida, come pochi vitigni sanno fare a livello internazionale.

Missione compiuta, insomma, per la prima diretta streaming voluta con la stampa di settore dal direttore dell’Imt, Alberto Mazzoni, collegato dallo Studio Marche di Palazzo Baleani di Jesi. Un ciclo di incontri utile a tenere alta l’attenzione sulle denominazioni del vino delle Marche, in realtà tra le meno penalizzate dall’emergenza Covid-19.

A confermarlo è lo stesso Mazzoni, che indica proprio nella versatilità del Verdicchio dei Castelli di Jesi la ragione della tenuta della Denominazione, nell’annus horribilis segnato da una pandemia che lascerà strascichi pesanti all’intero settore.

Merito di oltre 15 anni di lavoro verso la “qualità totale” e di una forte comunione d’intenti tra grandi e piccole aziende. «Solo per il Verdicchio dei Castelli di Jesi – conferma il direttore dell’Istituto Marchigiano Vini – negli ultimi dieci anni è stata contingentata la produzione, triplicata la superficie media di ettari vitati per azienda e rinnovato oltre un quarto del vigneto complessivo, mentre l’imbottigliamento fuori zona è calato del 75%».

«Si è scelto di scommettere sulle peculiarità del vitigno – continua Mazzoni – andando oltre l’immagine del vino beverino che lo aveva reso famoso, valorizzando quindi tutti i suoi punti di forza, a partire dalla grande personalità, per produrre un vino unico e inimitabile tra i grandi bianchi italiani: un “rosso vestito di bianco”, di grande struttura e mineralità, con una forte capacità di invecchiamento ma allo stesso tempo versatile, con le sue infinite varianti, dalle bollicine al passito».

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Scelte, queste, che stanno pagato sul piano dell’affermazione qualitativa multicanale del prodotto, capace di reggere all’urto delle chiusure dell’Horeca anche grazie alla sua buona nomea e riconoscibilità nella Grande distribuzione organizzata.

Il tutto all’ombra di un Istituto Marchigiano di tutela vini che gioca il ruolo di guardiano, nel segno di un «impegno anche sul fronte del valore e sull’aspetto commerciale e di marketing, in Italia come all’estero».

Non sarà un caso, infatti, se il 2021 costituirà l’anno dell’adeguamento del disciplinare di produzione alle nuove esigenze di mercato, ben al di là dell’affermazione delle versioni di Verdicchio dei Castelli di Jesi con tappo a vite (Stelvin), utili a penetrare mercati maturi e meno schizzinosi rispetto a quello italiano, riguardo a questa tipologia di tappatura.

Ecco convivere così, quasi all’unisono, sul palco del Verdicchio dei Castelli di Jesi (Doc classico Superiore, per l’esattezza) allestito dall’Imt, la sapiente combinazione early, mediumlate harvest del “Bacareto” 2019 di Piersanti, con la freschezza e le note d’anice e finocchietto selvatico – da vero vino di montagna – di “Misco” 2019 di Tenuta di Tavignano.

O, ancora, la coscienziosa combinazione delle “Tre Ripe” 2019 di Pievalta (nient’altro che tre vigneti), con l’interpretazione che esalta salinità e floreale del “Ghiffa” 2018 di Cantina Colognola – Tenuta Musone.

Infine, la bellezza unica e inimitabile del “Vecchie Vigne” 2018 di Umani Ronchi – vino teso sulla salinità come una corda di violino, addolcito dalla pienezza e persistenza aromatica delle note fruttate – col gioco prezioso tra note primarie e terziarie del “Grancasale” 2018, targato Casalfarneto.

Sei vini, sei sfumature, sei diverse interpretazioni di un unico vitigno che sembra parlare la lingua, anzi “le” lingue, del pubblico e dire: “Se non ami il Verdicchio, è un problema. Tuo”.

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2020 record per l’imbottigliamento del Verdicchio

Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica chiudono il 2020 con un significativo incremento dell’imbottigliato, segnalato da Valoritalia rispettivamente a +36,9% e +14,8%. Un risultato record per i due prodotti che hanno contribuito in positivo al dato complessivo (+5%) sull’imbottigliato di Dop e Igp marchigiane nel difficile contesto socioeconomico dello scorso anno.

«Il Verdicchio – ha detto il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), Alberto Mazzoni – raccoglie ciò che ha seminato negli ultimi 10 anni: produzioni coerenti con l’altissima qualità del terroir riconosciuta dai critici internazionali, ma anche decine di milioni di euro investiti dai produttori in vigna, cantina e in attività promozionali».

«E massima attenzione al ritorno sull’investimento, dove (ha misurato Nomisma Wine Monitor) per ogni euro investito in promozione all’estero se ne ricavano 8 in virtù delle vendite. Oggi grazie ai contrassegni di Stato, per le Doc Verdicchio sarà ancora più facile il percorso di crescita, a partire dalla tracciabilità e dalla lotta alla contraffazione per un vino sempre più famoso nel mondo», ha aggiunto il direttore del maxi-consorzio marchigiano, che conta 652 aziende associate per 16 denominazioni di origine di cui 4 Docg.

Complessivamente, nel 2020 l’imbottigliato del Verdicchio Castelli di Jesi ha sfiorato i 190 mila ettolitri tra Doc e Docg, 51 mila in più rispetto al 2019. Bene anche l’imbottigliato del Matelica a 19 mila ettolitri contro i 16.500 dell’anno precedente. Nell’insieme, rileva Imt, l’export ha tenuto per le 2 denominazioni grazie a un balzo della domanda nel primo quadrimestre 2020.

È inoltre cresciuto molto il mercato interno in particolare nella seconda parte dell’anno, grazie al riposizionamento delle aziende produttrici, private di un canale naturale come la ristorazione. Crescita della vendita diretta, di quella di prossimità, e-commerce e soprattutto riposizionamento sulla Gdo di alcuni brand di alta qualità sono le 4 mosse dei produttori, che hanno traghettato il Verdicchio fuori dal pericolo crisi.

Per il 2021, Imt ha messo in campo un programma di azioni promozionali da oltre 3 milioni di euro di investimenti e una campagna globale a forte impatto digital. In primo piano, le risorse Ue dell’Ocm vino per la promozione sui Paesi terzi e i Piani di sviluppo rurale per le azioni in ambito comunitario.

Strategie di promozione multicanale capaci di portare i vini marchigiani in Italia e nel mondo. «Stiamo accelerando molto sul digitale – ha concluso Mazzoni – il Covid ce lo ha imposto e penso che ci obbligherà a farlo almeno per tutta la prima parte dell’anno. Il piano è definito e sarà presentato la prossima settimana con tutti i soggetti interessati».

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Imt: 3 milioni di euro di investimenti per la promozione 2020-2021

L’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) mette in campo oltre 3 milioni di euro di investimenti e una campagna di promozione globale a forte impatto digitale per la promozione 2020-2021. Un piano di rilancio basato su Ocm vino (più di 1,6 milioni di euro) e Psr Marche 2014/2020 – Misura 3.2 (quasi 1,5 milioni di euro) attraverso una strategia di promozione multicanale per portare i vini marchigiani nel mondo.

Oltre 150 le aziende del territorio coinvolte da entrambi i progetti, per un calendario che prevede la partecipazione a fiere ed eventi internazionali come Vinitaly e Prowein, azioni di marketing integrate sul web e sui canali più tradizionali, ma anche l’organizzazione di degustazioni e workshop riservati a operatori ed esperti, sia in modalità virtuale che in presenza.

Se consideriamo la forte crescita nei ranking della stampa specializzata internazionale – ha dichiarato Alberto Mazzoni, direttore dell’Imt – i nostri vini di punta hanno ancora ampi margini di espansione sulle piazze estere. Per questo, con il sostegno della Regione, oggi più che mai serve accelerare sull’export nei mercati di sbocco e in particolare nei Paesi terzi dove le potenzialità sono notevoli sulla fascia premium”.

“Per esempio in Cina – ha concluso Mazzoni – con l’alta gamma data in crescita nei prossimi anni, abbiamo aumentato il plafond di quasi il 30% rispetto al budget della scorsa annualità. Un’occasione di rilancio dopo un anno nero vista anche la morfologia delle aziende, piccole e fortemente orientate alla qualità e che quindi hanno sofferto le chiusure dell’horeca in Italia e all’estero”.

Tra i mercati target, Stati Uniti e Canada (che insieme assorbono quasi la metà del budget), poi Cina, Giappone, Svizzera e Russia, con l’esordio di Regno Unito e Corea del Sud. E tra i top buyer per i vini marchigiani ci sono ancora gli Stati Uniti, seguiti da Germania, Svezia, Giappone e Regno Unito.

Ambasciatore d’eccellenza, il Verdicchio, nelle Dop Castelli di Jesi e Matelica, con una produzione che nel 2019 ha superato i 20,7 milioni di bottiglie e che si concentra soprattutto nella zona di Ancona. Una provincia in cui, secondo Istat, anche nei primi 6 mesi del 2020 l’export ha continuato ad aumentare e rispetto al pari periodo di 3 anni fa è cresciuto di quasi il 30%.

Sono in tutto 16 su 20 le Dop regionali tutelate da Imt, il maxiconsorzio di Jesi (An) che mette insieme 652 aziende associate per una rappresentanza dell’89% sull’imbottigliato della zona di riferimento, che copre la maggioranza delle esportazioni di vino marchigiane.

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Marche: +5% per la vendemmia 2020 ma preoccupa l’andamento dei mercati internazionali

Buona vendemmia per il vino marchigiano che raggiunge quota 857 mila ettolitri, +5% rispetto ai 816 mila dell’anno passato. Particolarmente positivo l’andamento meteo stagionale, che ha permesso una raccolta senza complicazioni e favorito in generale uno sviluppo della pianta senza l’azione di parassiti o agenti patogeni. Un’annata la 2020, che dal punto di vista enologico, rappresenta una garanzia ma che pone ancora molte sfide sul fronte dei mercati a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

La nuova chiusura dell’horeca preoccupa, ma il sistema vino, Verdicchio in primis, pur nelle difficoltà ha retto e la macchina è ripartita – ha detto Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) – Adesso, pur nell’incertezza, registriamo comunque segnali positivi come il calo delle scorte di vino nelle cantine della denominazione Castelli di Jesi, che rispetto allo scorso anno sono diminuite del 9,5% (dati al 30 settembre)”.

“Anche la quantità è quella giusta – aggiunge Mazzoni – si temeva un’annata sovrabbondante a +15-20%, ma alla fine la natura ha compensato e abbiamo chiuso a +5% nel rispetto della qualità”. A influire sulle rese, è stato soprattutto il caldo di agosto e delle prime due settimane di settembre, che ha favorito una buona accelerazione della maturazione, incidendo però negativamente sulla quantità.

Il calo più significativo riguarda le uve a bacca rossa, come Lacrima di Morro d’Alba e Montepulciano, mentre gli altri rientrano nella media. In particolare, tra i bianchi registra un +7% sulla produzione di Verdicchio dei Castelli di Jesi che, salvo qualche grandinata, è giunto alla raccolta in anticipo rispetto alla media e con uve le cui caratteristiche che ricordano molto quelle delle annate 2015 e 2016. Buone le previsioni anche per tutte le altre denominazioni tutelate.

Per quanto riguarda il mercato, secondo Istat le Marche del vino hanno subito una contrazione nel primo semestre del 2,2%, circa la metà rispetto alla media export nazionale (-4,2%). Tengono le vendite verso l’Unione europea (+4%) con il Covid-19 che ha invece fatto maggiori danni tra i buyer extra-Ue (-4,6%). Andando a scomporre i dati per provincia, l’export delle bevande marchigiane (dove il vino incide per l’80% del valore), è segnalato ancora in crescita ad Ancona.

La terra del Verdicchio dei Castelli di Jesi segna infatti un confortante +6,4%, con i 2/3 delle vendite totali regionali (circa 30 milioni di euro nel semestre). Complessivamente, secondo le elaborazioni di Imt, rispetto al pari periodo di 3 anni fa, il mercato del vino anconetano è cresciuto di quasi il 30%. Bene anche la provincia di Macerata. Tra i Paesi, in ulteriore crescita i top 3 buyer Stati Uniti, Germania e Giappone, mentre calano in doppia cifra Regno Unito, Canada, Svizzera e soprattutto la Cina (-37,5%).

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Fascette di Stato per le Doc Verdicchio di Jesi e Matelica

Contrassegno di Stato, da domani, per le Doc marchigiane Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica. Due denominazioni che complessivamente contano su una produzione media di circa 20 milioni di bottiglie l’anno.

Una svolta determinante in ottica di miglior tracciabilità e lotta alla contraffazione in favore di un prodotto che sta divenendo sempre più internazionale”, ha dichiara Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), consorzio che conta 472 soci e 16 denominazioni tutelate.

Il conseguimento delle fascette di Stato, gestito dall’ente terzo di certificazione Valoritalia, giunge quindi al traguardo dopo un iter avviato lo scorso anno.

“Trasparenza, controllo e gestione della produzione e della qualità del Verdicchio – conclude il direttore – sono le ragioni che ci hanno spinto ad aderire a questa nuova fase. Un salto di qualità necessario per assecondare il crescente sviluppo della denominazione e dei suoi produttori”.

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Marche alle prese con Covid-19, Imt: “No alla vendemmia verde, sì alla distillazione”

Venti denominazioni, 15 Doc e 5 Docg, per un comparto che conta oggi quasi 150 milioni di euro di fatturato, quasi 12.500 aziende e 17 mila ettari di vigneto a livello regionale, di cui circa 4.500 sono interessati da ristrutturazioni e rinnovamenti degli impianti negli ultimi 11 anni. Numeri che chiariscono le dimensioni delle Marche del vino, oggi alle prese con una crisi economica senza precedenti, dettata dall’emergenza Covid-19.

A chiarire il quadro complessivo è Alberto Mazzoni, direttore dell‘Istituto marchigiano di Tutela Vini (Imt): “Assistiamo a uno shock simmetrico dell’economia nazionale, con il settore del vino marchigiano che più di altri sta pagando un prezzo alto. Nella griglia delle ripartenze è chiaro che il nostro comparto si posizionerà giocoforza in coda, al pari dei suoi principali canali partner come quello della ristorazione e del turismo, ma c’è voglia di reagire con altrettante misure shock da intraprendere assieme alla Regione”.

Come? “Per rispondere a questo terremoto economico – risponde Mazzoni – stiamo studiando una campagna promozionale di tutto il sistema agroalimentare marchigiano, che vale circa 2 miliardi di euro l’anno e conta su 43 mila imprese”.

L’attivazione dei fondi Psr in favore della campagna è tra le misure auspicate dall’Imt. “Potrebbe permetterci di fare una promozione di bandiera sin qui solo auspicata, mentre oggi con l’emergenza c’è la consapevolezza che si possa mettere a segno un’accelerazione decisiva per il futuro”, sostiene Mazzoni.

Sul tavolo del Cda anche diversi scenari legati alle politiche straordinarie da adottare nei prossimi mesi. Il monitoraggio sull’andamento climatico della campagna in corso e sulle vendite, che inciderà sulle relative giacenze, “dirà se ricorrere alla diminuzione delle rese uva-vino (soluzione proposta anche in Trentino, ndr) e alla riserva vendemmiale”.

“Scelte – prosegue Mazzone – che saranno fatte dai comitati delle varie denominazioni, mentre la vendemmia verde (proposta come soluzione da Coldiretti, ndr) è da escludere anche per le difficoltà a far osservare le regole a tutti”.

Via libera invece dall’Imt per la distillazione di crisi volontaria, accordo in materia di promozione (proroga e rivalutazione progetti Ocm e Psr) e convergenza per il posticipo di 4 mesi per l’applicazione del contrassegno di Stato per il Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica, previsto al 1° settembre 2020.

“In questo momento – conclude Mazzoni – è imperativa la salvaguardia del valore del prodotto e delle imprese ma contestualmente ci adopereremo con iniziative speciali per cercare di differenziare ed evolvere il più possibile i canali di marketing e di vendita. Un mix comunicativo e commerciale che passi sempre più dal digitale, dalla vendita diretta, dall’affermazione del brand Marche sugli scenari nazionali e internazionali”.

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Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi: via libera al contrassegno di Stato sulle bottiglie


Voto unanime in favore del contrassegno di Stato per Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi, ieri sera nel corso del consiglio di amministrazione dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), che ha contestualmente approvato la richiesta di autorizzazione a operare in regime di ‘erga omnes’, ossia a tutela di tutti i produttori, anche quelli non aderenti al Consorzio.

Con le deliberazioni del consiglio – ha commentato il coordinatore del comitato di gestione della Do Verdicchio Castelli di Jesi, Michele Bernetti – si avvia la fase 2 per il nostro vino simbolo.

Una svolta epocale in grado da una parte di garantire miglior tracciabilità e provenienza ai consumatori di tutto il mondo, dall’altra di dotare la filiera di strumenti in grado di assecondare con maggior forza la crescita della denominazione”.

“La trasparenza, il controllo e la gestione della produzione e della qualità del Verdicchio sono le bisettrici di questa nuova fase, che dà il via anche a possibili aggiornamenti del nostro disciplinare”, ha concluso Bernetti.

L’ERGA OMNES
Già previsti entro il prossimo agosto gli incontri con gli imbottigliatori assieme ai tecnici di Valoritalia sul contrassegno di Stato, mentre l’erga omnes deliberato dall’assemblea dei soci – che tra le attività prevede la messa in vigore di nuovi sistemi di controllo e promozione – diverrà operativo a partire dal prossimo 1° gennaio 2020 utilizzando i dati della campagna vendemmiale 2018-2019.

Per il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini, Alberto Mazzoni, “la decisione del consiglio dimostra la volontà da parte di tutta la filiera e delle organizzazioni professionali interessate di assecondare una crescita evidente della nostra denominazione più importante”.

Dopo l’incremento nell’export dei vini marchigiani, che nel 2018 ha sfiorato il 10% sull’anno precedente, il 2019 si apre con numeri convincenti per il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Per Istat infatti nel primo trimestre la voce ‘bevande’, dove il vino influisce per il 90% del valore, è segnalata in crescita di quasi il 15% nella provincia di Ancona, circa il triplo rispetto alla media export regionale del settore.

“Un’area, quella di Jesi e della provincia di Ancona – ha sottolineato Mazzoni – che vale oggi il 62% del totale delle esportazioni del settore nelle Marche. La delibera di ieri, realizzata anche con la condivisione della Regione Marche è un primo passo che si spera possa essere adottato anche da altre denominazioni del Consorzio”.

Il cda ha infine fatto il punto sulle prossime misure di organizzazione comune di mercato (Ocm) e relativa campagna di promozione, a cura del maxi- consorzio marchigiano, che conta quasi 500 soci e 15 denominazioni tutelate.

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Marche, convegno “Vino da mare”: le Dop “marine” hanno più fascino all’estero

IMT Bianchello Convegno Vino da mare -Alberto Mazzoni Direttore IMT-

FANO – L’export dei vini bianchi fermi italiani sta crescendo più velocemente dei rossi (+47% vs +35%, dal 2010 al 2018) e i vigneti con finestre sul mare sono quelli che registrano le migliori performance.

È il quadro di sintesi, al convegno “Vino da mare” organizzato a Fano dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), tracciato dal responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini.

Secondo l’analisi, presentata in occasione dei 50 anni della Doc Bianchello del Metauro, il 31% delle 408 Dop della Penisola vanta areali con sbocco sul mare, con Marche, Liguria, Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Molise e Abruzzo che presentano una percentuale ‘marittima’ delle loro denominazioni oltre il 75%.

Un’incidenza singolare tra i principali Paesi produttori, destinata a crescere se si tiene in considerazione che – fatta eccezione per il Prosecco, che comunque in piccola parte si affaccia sulla costa – in Italia la produzione di vini ‘marittimi’ è cresciuta negli ultimi anni del 45%, a fronte di un +13% degli altri vini.

In questo scenario, anche il mercato sembra assecondare la tendenza: tra le 7 regioni italiane cresciute nell’export di oltre il 90% nell’ultimo decennio, ben 4 presentano una forte incidenza di vigneti ‘marittimi’ (Marche, Sicilia, Puglia e Abruzzo).

“Una componente importante per le esportazioni è data dal turismo – ha detto il direttore Imt, Alberto Mazzoni -. È evidente che un bacino di turisti stranieri possa rappresentare una leva fondamentale per la promozione delle produzioni autoctone; è il caso del Bianchello del Metauro e di altre aree marchigiane, a forte concentrazione di turismo balneare”.

Freschezza, finezza ed eleganza sono per gli esperti le carte vincenti dei vini ‘marittimi’ e in particolare della Doc Bianchello. Secondo il presidente Assoenologi Marche, Giuliano D’Ignazi: “L’escursione termica è il fattore fondamentale per un prodotto che si distingue per la freschezza e la facile beva. Caratteristiche queste che unite alla sua bassa gradazione sono sempre più apprezzate dalla domanda”.

“Un vino a forte espressione territoriale – ha aggiunto l’enologo Umberto Trombelli – che deve mantenere la propria identità anche attraverso l’azione di tutela e promozione del consorzio di riferimento”.

Complice anche il Bianchello del Metauro, la provincia di Pesaro ha registrato nel decennio una crescita nelle esportazioni di vino di oltre il 370%. Germania, Cina e Usa le principali destinazioni.

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Imt partner del Festival Mediterraneo a favore di Medici senza Frontiere

È Medea a ispirare lo spettacolo che Francesco Micheli ha ideato quest’anno per raccontare il tema del Festival Mediterraneo e realizzato in partnership con l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT) in favore del partner benefico Medici senza Frontiere.

La serata è stata presentata oggi in Regione dalla vicepresidente Anna Casini, dal presidente dell’Associazione Sferisterio Romano Carancini, dal sovrintendente Luciano Messi, dal direttore artistico Francesco Micheli, dal direttore IMT Alberto Mazzoni e dalla responsabile di Medici Senza Frontiere Annamaria Mandese.

“La Regione è il nostro principale partner, è per noi motivo di orgoglio presentarla qui insieme alla Vicepresidente – esordisce Carancini”. Lo spettacolo, in scena allo Sferisterio giovedì 11 agosto alle ore 21, guarda a uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca, e lo fa narrando il senso della migrazione, dei figli, dell’emarginazione, della diffidenza, del dolore e della morte.

Il format, già sperimentato con successo da Micheli anche allo Sferisterio, è in grado di mettere in connessione simboli e significati in un percorso che dall’opera settecentesca di Cherubini arriva fino al film di Pier Paolo Pasolini, con le scene di Dante Ferretti, tra narrazione, musica, canto e recitazione, squarci da Pasolini con estratti dal film, le scene ideate da Ferretti sullo sfondo del grande muro e gli abiti originali del film conservati dal Museo Tirelli. “È una Medea da laboratorio – dice Micheli – che conferma quanta ricerca si faccia allo Sferisterio”.

In scena: nel ruolo di Medea c’è il soprano Daniela Dessì e in quello di Giasone l’attore Cesare Bocci, che calca il palcoscenico dello Sferisterio per la prima volta, insieme con l’attrice Marìa Pilar Pérez Aspa. L’esecuzione musicale è affidata all’Orchestra Regionale delle Marche diretta da Francesco Ivan Ciampa, a condurre lo spettacolo è Francesco Micheli.

“Non possiamo che condividere in pieno i temi di questa iniziativa – afferma Casini -. Innanzitutto il complesso personaggio di Medea in rappresentanza delle figura di donna migrante che attraversa il Mediterraneo non per scelta; altrettanto importante la solidarietà con le iniziative di Medici Senza Frontiere; infine preziosa la collaborazione con IMT che sottolinea l’importanza del cibo, delle tradizioni enogastronomiche e della dieta mediterranea considerata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, in un dialogo culturale tra i popoli del Mediterraneo”.

Medea diventa il totem della donna migrante con cui confrontarsi, tra sentimenti in contrasto, diffidenza, emarginazione. Dalla tragedia di Euripide la narrazione arriva fino a Medici Senza Frontiere, l’organizzazione medico-umanitaria indipendente impegnata in prima linea nel soccorso e nell’assistenza sanitaria delle popolazioni in fuga da guerre e povertà.

Lo spettacolo, infatti, è anche un’importante occasione di solidarietà: parte del ricavato è favore di MSF e lo spettacolo è dedicato alla campagna Milioni di Passi che l’organizzazione umanitaria dedica a migranti, sfollati, rifugiati in tutto il mondo.

A chi è costretto a fuggire in estenuanti viaggi via terra e via mare che dalla Siria portano in Grecia, poi lungo i Balcani, o nelle baracche fatiscenti dei campi profughi del Sud Sudan, dove centinaia di migliaia di persone sono sfollate e a causa delle violenze indiscriminate dovute al conflitto interno scoppiato due anni fa.

MSF sarà inoltre presente nel corso di tutta la manifestazione con i propri volontari che raccoglieranno le donazioni libere degli spettatori al termine di ogni spettacolo nell’Arena Sferisterio e nel Teatro Lauro Rossi. La serata è realizzata con il contributo di Eurosuole di Germano Ercoli, che conferma il proprio impegno nella veste di Charity Sponsor, e in collaborazione con l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – partner del Macerata Opera Festival – che curerà l’“anteprima enogastronomica” dello spettacolo.

Il giorno 11 agosto alle 18.30 a Palazzo Buonaccorsi saranno venduti quattro bozzetti realizzati da Dante Ferretti per Medea. Il ricavato è destinato interamente a Medici Senza Frontiere. L’evento è dedicato ai mecenati dello Sferisterio e agli sponsor del Festival e sarà preceduto da un intervento di Andrea Rurale, direttore del Master MaMa dell’Università Bocconi, sul tema del mecenatismo culturale.

I biglietti per lo spettacolo sono in vendita al prezzo di 42€, 32€, 22€. Per ogni biglietto acquistato 2€ sono devoluti a Medici Senza Frontiere. É possibile donare liberamente a Medici Senza Frontiere tutte le sere degli spettacoli allo Sferisterio attraverso gli operatori presenti alla postazione dedicate.

“Da tre anni leghiamo il tema del Festival ad una causa sociale – conclude Messi -. Dopo il 2014 con Action Aid e il 2015 con le Lega del Filo d’oro, quest’anno abbiamo al nostro fianco Medici Senza Frontiere. In questo percorso ci hanno sempre sostenuto IMT ed Eurosuole”.

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