Si chiama Marco Pezone il miglior barista italiano. Il 30enne di Falconara Marittima, in provincia di Ancona, è il vincitore dell’Espresso Italiano Champion 2023, dell’Istituto Espresso Italiano. Il titolo viene assegnato al migliore professionista in tema di espresso e cappuccino italiano. Pezone ha sfidato altri 11 professionisti nella competizione organizzata dall’IEI a Lipomo, in provincia di Como, presso Caffè Milani, marchio italiano tra i soci fondatori dell’Istituto. In un tempo di soli 11 minuti ha dovuto tarare la sua attrezzatura la Macchina Classe 20 SB Mooboiler e il macinadosatore KRYO65 on demand, entrambi targati Rancilio, e dimostrare di sapere preparare quattro espressi e quattro cappuccini.
Al secondo posto della finale si è classificato Andrea Nulli di Essse Caffè, mentre al terzo posto Gabriele Sechi di Altogusto. Entrambi concorreranno insieme al vincitore alla fase internazionale della gara in programma in ottobre alla fiera Host di Milano. Marco Pezone ha cominciato la professione di barista nel 2017, attualmente in forza al Forno Taccalite di Falconara Marittima (AN), caffetteria che ha puntato sulla qualità del prodotto offerto. Ha concorso con la miscela Jolly Crema, prima miscela certificata per Espresso Italiano di Jolly Caffè.
«Penso che la figura del barista sia fondamentale per contribuire alla crescita culturale e di conoscenza dell’espresso e dei suoi derivati – ha spiegato il campione di espresso italiano – sviluppare la qualità vuol dire anche comunicare al cliente finale quello che sta dietro e dentro la tazzina». «Tradizione e progressione – ha aggiunto il neo eletto miglior barista italiano – fanno innovazione. Dobbiamo cominciare a comunicare con passione e amore il prodotto al cliente finale».
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Non nasce in Italia, ma è comunque uno dei simboli del Made in Italy nel mondo. Così magico come lo è la leggenda della sua origine. Il Cappuccino deve il suo nome tendenzialmente alla somiglianza con il color marrone del saio dei frati minori cappuccini.
LA LEGGENDA DEL CAPPUCCINO
Le sue origini, infatti, sono strettamente correlate alla diffusione dello stesso caffè in Europa e, in particolare, nell’Impero austriaco del XVII-XVIII secolo. Una leggenda molto diffusa lega il suo nome alla vicenda di un frate cappuccino, tal padre Marco d’Aviano.
Padre d’Aviano fu un presbitero friulano inviato nel settembre 1683 da papa Innocenzo XI a Vienna, con l’obiettivo di convincere le potenze europee a una coalizione contro gli Ottomani musulmani che la stavano assediando. Questi, in una caffetteria viennese, avrebbe “corretto” per la prima volta il gusto troppo forte del caffè con del latte. La nuova bevanda sarebbe stata soprannominata kapuziner, ovvero “cappuccino” in tedesco.
IL CAPPUCCINO TRADIZIONALE CERTIFICATO DA IEI
Secondo l’Istituto Espresso Italiano (Iei) alla base del cappuccino ci deve sempre essere un espresso di qualità secondo i canoni definiti dalla certificazione sensoriale. Il Cappuccino Italiano Certificato si presenta quindi con un colore bianco, ornato da bordo marrone più o meno spesso nel cappuccino classico. Con disegni che vanno dal marrone al nocciola nel cappuccino decorato.
La crema ha maglie strette con occhiatura molto fine o assente. L’aroma è intenso in cui ai soffusi sentori di fiori e di frutta si aggiungono quelli più prestanti di latte, di tostato (cereali, caramello), cioccolato (cacao, vaniglia), e frutta secca.
Sono assenti odori empireumatici e biochimici negativi. Il corpo è importante e si esprime con una sensazione suadente, di panna e di elevata percezione sferica. Il sorso è supportato da un rapporto bilanciato tra un amaro e un’acidità quasi impercettibili.
CAPPUCCINO E SALUTE
Il latte fresco intero vaccino è quello prediletto dai baristi, ma c’è anche la variante del “parzialmente scremato”. Tra le nuove tendenze ci sono quelli di origine vegetali, come la soia, o il cocco, già più utilizzati all’estero, ma in crescita anche in Italia.
Quello del latte è in realtà uno degli elementi fondamentali, non solo per la riuscita sensoriale della tazza, ma anche per venire incontro a eventuali intolleranze nei confronti del lattosio.
«Il cappuccino è una magia – spiega Luigi Odello, presidente del comitato scientifico Iei – una bevanda polifasica in cui convivono miriadi di molecole in un sistema instabile e quindi dinamico. Sul suo rapporto con la nostra salute è stato scritto di tutto e il contrario di tutto».
«In realtà – continua Odello – i principi nutrizionali sono quelli apportati dai due componenti di base. L’espresso e il latte, quindi polifenoli, proteine, grassi, zuccheri, acidi, sali minerali, alcaloidi e via discorrendo. Per persone che non hanno intolleranze specifiche, non può fare altro che bene. Il problema può nascere dalla qualità delle materie prime impiegate e dalla sua esecuzione».
Per quanto riguarda il caffè, secondo Luigi Odello, eccessi di composti fenolici rilevabili in prodotti di basso prezzo possono portare a un aumento esponenziale di matrimoni con la caseina del latte rendendo meno digeribile il cappuccino. A questo contribuirebbe anche una cattiva preparazione, come il riscaldamento reiterato del latte o temperature troppo alte.
«È proprio il caso di dire che la sostenibilità nutrizionale va di pari passo con quella sensoriale. Non dimentichiamolo, il cappuccino fa bene soprattutto per il piacere che è in grado di donare», conclude Luigi Odello.
LATTE ART, TRAIONO O MODA?
Uno dei fenomeni che negli ultimi anni hanno reso ancora più “appetibile” il cappuccino è quello della Latte Art. L’arte di decorare con dei pattern la crema del cappuccino, per esempio partendo da figure come cuore, tulip e rosetta.
«Nella nostra esperienza – spiega Manuela Fensone, campionessa mondiale di Latte Art – la Latte Art ha dimostrato come in un semplice bar di quartiere si possano attirare tanti appassionati che finalmente prestano attenzione al tema della qualità del cappuccino. Non solo, ma è un modo per ispirare tanti giovani che grazie a questa disciplina si formano e magari aprono dei locali propri, o vanno a lavorare in bar di tendenza».
«Decorare un buon cappuccino pensando a chi lo berrà è un modo per fidelizzare il nostro consumatore. Consumatore che a quel punto è anche disposto a pagare un prezzo superiore. Il nostro compito è quello di valorizzare la qualità che mettiamo nella tazza», conclude Fensore.
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La colazione al bar per molti è un rito. Per gli stranieri la gradiscono quando sono in Italia. Da sempre è un simbolo di socialità che potrebbe essere un marchio di per sé. Eppure, soprattutto nei due anni della pandemia, è una pratica che ha perso affezionati e che fa fatica a tornare ai numeri normali.
In particolare, stando ai dati che Fipe ha divulgato a fine gennaio, la colazione e caffè al bar perderebbe in Italia circa 3 milioni di euro di fatturato al giorno, dato naturalmente legato alle restrizioni da Covid-19. Ma secondo l’Istituto Espresso Italiano (Iei) la pandemia potrebbe non essere l’unica causa della perdita di consumazioni nell’orario di colazione.
Iei ha infatti promosso un confronto interno al settore tra aziende e professionisti (torrefattori, produttori di attrezzature, baristi e formatori) al fine di capire come sia cambiato questo rito.
«Il calo delle colazioni è oggettivamente un fenomeno che preoccupa in quanto colpisce uno dei centri di profitto più rilevante per i baristi – commenta Carlo Odello, direttore generale Iei -. Dal nostro confronto interno è emerso che è davvero necessario investire sulla qualità del prodotto, prima di tutto il caffè e del servizio. In particolare rendendo quest’ultimo ancora più flessibile per riconquistare almeno una parte di clientela».
PREZZO DELLA TAZZINA ED OFFERTA DA MIGLIORARE
Per la maggior parte dei professionisti che hanno partecipato al dibattito organizzato da Iei è un dato di fatto che le colazioni al bar siano calate negli ultimi due anni. Le principali cause dell’allontanamento degli italiani dal banco del bar sarebbero la paura di frequentare locali affollati, smart working e green pass obbligatorio. Ma anche l’abitudine ormai di fare la colazione a casa (con magari l’acquisto di macchine per caffè di vario livello durante il lockdown). Infine anche, per alcuni, anche un turismo più mordi e fuggi.
Non sarebbe dunque il prezzo della tazzina del caffè a tenere lontano l’italiano dal bar. Il costo medio, attualmente, oscilla tra 1,10 e 1,30 euro a tazzina di caffè espresso. Eppure, secondo quanto emerso dal dibattito interno, il cliente spesso nemmeno si chiede quanto costi un caffè o un cappuccino nel totale del conto finale.
E anzi, proprio migliorando la qualità del prodotto finale in tazzina, pur con un lieve rincaro (tra i 10 e i 20 centesimi a tazza), si potrebbero vedere più italiani tornare a fare colazione al bar.
QUALITÀ E SERVIZIO GLI STRUMENTI PER LA CRESCITA DEL SETTORE
Torneranno gli italiani al rito della colazione al bar? E se sì come fare per attrarli nuovamente? Sono le domande che Iei ha posto ai professionisti del settore per capire come invogliare le nuova generazioni di consumatori, quelli meno abituati al rito di “ti offro un caffè”, a praticare ancora la colazione al bar.
«Sicuramente la questione Covid-19 ha influito molto sulla presenza. Tuttavia riteniamo che il nostro format al momento sia corretto così come è impostato – spiega Daniela Giordani, titolare di un bar in provincia di Ravenna -. Noi abbiamo continuato a dare disponibilità per le consegne a domicilio che facciamo a orari concordati con i clienti. Un servizio pensato per persone che non possono uscire oppure con lavoratori che non possono spostarsi dal luogo di lavoro».
«Il consumatore finale deve essere invogliato ad entrare nel locale, a prescindere dal Covid. Per cui senza stravolgere format o menù, ritengo che una luminosità e pulizia del bar siano la base minima per attirare i consumatori – dice Renato Bossi, consulente canale Horeca -. Inoltre c’è bisogno da parte dei nostri imprenditori di puntare sulla qualità delle miscele, della pasticceria, dell’accoglienza stessa».
«I locali potrebbero strutturare dei “pacchetti” con varie soluzioni di colazioni – suggerisce Elisabetta Milani, marketing manager di Caffè Milani -. Pacchetti che comprendano una bevanda con proposte dolci o salate in accompagnamento. Proposte tra cui il cliente può scegliere. Oppure si potrebbero studiare abbonamenti e promozioni di fidelizzazione dei clienti e iniziative premianti».
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L’Istituto Espresso Italiano (Iei), nella giornata della parziale riapertura di molte attività di pubblico esercizio, sottolinea la fondamentale importanza di riaprire anche il consumo al banco. Secondo Iei i bar hanno già dimostrato durante questo lungo periodo che il consumo, anche al banco, può essere fatto in totale sicurezza per i consumatori. Inoltre non tutti i bar dispongono di spazi esterni.
«Già nel primo lockdown siamo stati al tavolo nazionale della Prefettura di Brescia organizzando insieme le simulazioni delle prime riaperture, quindi siamo sicuramente a favore della ripartenza in sicurezza dei bar e ristoranti – dichiara Luigi Morello, presidente Iei – Gli esercenti nel 2020 hanno fatto investimenti per mettere in sicurezza i locali sia per i dipendenti sia per i clienti».
«Per questo – conclude Morello – riteniamo che il servizio al banco del caffè, per sua natura veloce, se impostato con i giusti distanziamenti e divisori possa essere svolto in totale sicurezza come d’altronde è stato sempre concesso in altri contesti persino durante i lockdown. Questo sia per non bloccare un punto di reddito fondamentale per i bar sia per permettere di lavorare a chi non ha spazi esterni».
Secondo un’indagine dell’agenzia YouGov, commissionata da Iei, la pandemia non ha intaccato l’immagine del bar degli italiani che rimane per il 25% del campione intervistato l’occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi (prima della crisi erano il 33%) e per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale di prima dell’emergenza).
Gli Italiani tra l’altro si dichiarano disposti a pagare un prezzo maggiore per il caffè al bar: a fronte di una maggiore sicurezza del luogo di consumo (72% del campione intervistato) e in presenza di una qualità migliore (68%). Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli (42%) e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari (29%).
IL RITO DEL CAFFÈ
Il 58% di chi beve caffè espresso lo fa per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata. Espresso non è tuttavia solo fonte di energia, chi lo beve lo fa anche per il gusto (51%) ed in parte per abitudine (30%). Il caffè espresso evoca nell’immaginario dei consumatori momenti di relax (53%), un piacere (47%), ma al contempo un rito, una tradizione (37%). Il consumo di caffè espresso non è relegabile in un solo luogo, prevale piuttosto una modalità di consumo “multi-luogo”, il bar resta comunque quello preferito, scelto dal 72% del target di riferimento.
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L’Istituto Espresso Italiano (IEI) è rammaricato nel constatare l’accanimento da parte del governo nei confronti della categoria degli operatori dell’ospitalità. I sacrifici e gli investimenti fatti dagli imprenditori per mettere in sicurezza i locali sono resi vani da questo nuovo Dpcm, che mette a rischio la sopravvivenza di alcune decine di migliaia dei 350.000 locali pubblici.
“Dov’è il razionale nel chiudere luoghi regolamentati come bar, ristoranti, cinema e teatri e poi far viaggiare la gente in autobus e metropolitane in condizioni di sovraffollamento? – sottolinea Luigi Morello, presidente IEI – L’economia ha bisogno di certezze mentre qui si parla di ingenti misure di sostegno ma sempre in modo vago sia in termini di entità sia di tempistiche. Inoltre, perché non si riconosce il valore sociale, oltre a quello economico, dei luoghi di consumo come i bar e i ristoranti?”.
L’Istituto Espresso Italiano è sorpreso dalle modalità con cui si è proceduto a emanare le nuove direttive. La collaborazione tra associazioni di categoria e autorità sembra essere stata accantonata. “Avevamo collaborato con piacere al tavolo nazionale gestito dalla Prefettura di Brescia per riaprire le attività al termine del primo lockdown – ha continuato Morello – era stato un momento utile anche per preparare noi stessi alla riapertura, ora invece assistiamo a una comunicazione unidirezionale”.
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“Dov’è il razionale nel chiudere luoghi regolamentati come bar, ristoranti, cinema e teatri e poi far viaggiare la gente in autobus e metropolitane in condizioni di sovraffollamento?”, con queste parole Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano (IEI), esprime il rammarico per “l’accanimento da parte del governo nei confronti della categoria degli operatori dell’ospitalità.”
L’economia – prosegue Morello – ha bisogno di certezze mentre qui si parla di ingenti misure di sostegno ma sempre in modo vago sia in termini di entità sia di tempistiche. Inoltre, perché non si riconosce il valore sociale, oltre a quello economico, dei luoghi di consumo come i bar e i ristoranti?”.
I sacrifici e gli investimenti fatti dagli imprenditori per mettere in sicurezza i locali sono resi vani da questo nuovo Dpcm, che mette a rischio la sopravvivenza di alcune decine di migliaia dei 350.000 locali pubblici. L’Istituto Espresso Italiano è sorpreso dalle modalità con cui si è proceduto a emanare le nuove direttive. La collaborazione tra associazioni di categoria e autorità sembra essere stata accantonata.
Avevamo collaborato con piacere al tavolo nazionale gestito dalla Prefettura di Brescia per riaprire le attività al termine del primo lockdown – ha continuato il presidente– era stato un momento utile anche per preparare noi stessi alla riapertura, ora invece assistiamo a una comunicazione unidirezionale”.
L’Istituto Espresso Italiano, di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.
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Oggi le fiorenti aziende dell'”espresso italiano“, che per oltre il 50% esportano in centinaia di paesi in tutto il mondo, hanno raggiunto almeno la terza generazione portando avanti il concetto di tradizione unita all’innovazione, non solo di prodotto. Famiglie che hanno dato vita al “Museo del Caffè”, altre che puntano su una nuova comunicazione o sul passaggio al biologico.
Torrefazioni italiane, oggi famose in tutto il mondo e gioielli esemplari dell’industria nazionale, nate spesso dentro “botteghe” scomode in qualche vicolo di qualche città di provincia. È quanto emerge da una analisi che l’Istituto Espresso Italiano ha voluto portare avanti tra i propri associati (37 aziende che rappresentano circa 800 milioni di fatturato all’anno) per capire quanto sia importante in questo settore il concetto di famiglia.
Come tutte le eccellenze made in Italy, penso all’agroalimentare, ma anche alla moda, all’artigianalità, abbiamo compreso da questa analisi che alla base di successi anche di caratteri industriali ci sia sempre una persona con la sua famiglia – ha commentato Luigi Morello, presidente Iei – il risultato è appunto un chiaro esempio di come anche nel mondo del caffè e dell’espresso siano proprio le tradizioni locali e familiari a estendere il prodotto alla globalizzazione di cui oggi gode l’espresso italiano”.
UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA
È il caso per esempio di Caffè Haiti Roma, giunto oggi alla terza generazione che come distintivo ha puntato tutto sull’etica non solo del prodotto (oggi biologico), ma anche della gestione dell’impresa e del personale, puntando sul concetto di sostenibilità. Dersut Caffè, storico marchio trevigiano, ha voluto raccontare la propria storia di famiglia nel Museo del Caffè, uno dei pochissimi musei che racconta la storia dell’amata bevanda a partire dalla pianta sino ad arrivare alla tazzina, simbolo della cultura italiana del caffè.
Ad Albenga la famiglia Borea da tre generazioni porta avanti quella che all’inizio era una bottega e oggi conta una industria che per il 50 per cento esporta all’estero. Ha puntato sulla comunicazione la terza generazione della famiglia Milani, storico marchio fondato da Celestino che da piccola torrefazione lo ha trasformato in una delle più innovative imprese del settore, oggi capitanata dai nipoti.
LA “FABBRICA” DEL CAFFÈ IN ITALIA
L’industria italiana del caffè è uno dei settori industriali più brillanti del food & beverage del nostro Paese. In Italia, nel Settore Caffè, operano oltre 800 torrefazioni con circa 7.000 addetti e un fatturato vendite 2017 di 3,9 miliardi di euro di cui 1,35 derivanti dall’esportazione. L’Italia rappresenta il terzo Paese al mondo, dopo la Germania e Belgio, per i volumi di esportazione di caffè in tutte le sue forme.
Nel 2017 l’export di caffè torrefatto è arrivato, secondo i dati del Comitato Italiano Caffè, a 249 Mln kg di caffè verde equivalente, con un aumento del 5% rispetto al 2016. Analizzando i dati storici del Comitato Italiano del Caffè negli ultimi 10 anni le esportazioni di caffè torrefatto si sono più che raddoppiate. L’export italiano di caffè torrefatto ha superato nel 2017 i 1.350 Mln €.
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Preoccupazione tra gli operatori dell’ospitalità per la “Fase 2” dell’emergenza Covid-19. A lanciare l’allarme, unendosi al coro delle associazioni del settore, l’Istituto Espresso Italiano (Iei), che con il suo marchio riconoscibile in Italia e all’estero è tra i principali promotori del settore (34 aziende aderenti e un fatturato che si aggira sui 700 milioni di euro).
La preoccupazione più grande nasce dai rumors sugli indirizzi che il Governo lancerà con i prossimi decreti, la cosiddetta “Fase 2”, che potrebbero mettere in coda alla ripresa la riapertura di esercizi pubblici come bar e ristoranti.
“Questa situazione drammatica – afferma Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano – riguarda tutti i lavoratori del comparto, ma noi siamo preoccupati soprattutto per i più giovani che negli ultimi anni hanno investito sempre di più energie e risorse in questo settore di tendenza”.
“Naturale che saremo tutti chiamati a rispettare le disposizioni del governo, ma i danni di una riapertura tardiva saranno pagati dalla generazione che rappresenta il futuro dell’ospitalità italiana, tra l’altro quella che ha dimostrato segni di grande vivacità e amore per il proprio lavoro”, conclude Morello.
Con oltre 149 mila bar sparsi in Italia, ogni giorno vengono serviti in media 175 caffè, cioè il 32,5% di fatturato del bar. Il mercato del caffè (bar, ristoranti e hotel) sfiora i 2 miliardi di euro all’anno.
In sei regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania) si concentrano i due terzi delle imprese del settore. Il 54,2% di queste imprese è una ditta individuale e la variabilità regionale intorno a questo valore è assai sostenuta.
La forbice va dal valore minimo dell’Umbria (43,1%) a quello massimo della Calabria (77,3%). Il 31,3% delle imprese sono società di persone, mentre la quota delle società di capitale è di poco al di sopra del 13%.
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L’Istituto Espresso Italiano (IEI) sarà a Sigep 2020 con una serie di appuntamenti che faranno esplorare al pubblico della fiera a 360 gradi il mondo dell’espresso italiano.
Non solo degustazioni, ma anche cultura e divulgazione del prodotto a partire da sabato 18 gennaio quando alle ore 16:30 Barbara Chiassai, amministratore delegato dello IEI, interverrà nell’ambito del talk ideato da Bargiornale e moderato da Nadia Rossi all’interno di Vision Plaza.
Il cammino dentro al Sigep prosegue quindi durante la domenica e il lunedì, quando lo IEI insieme a realtà di primo piano del settore della caffetteria, guiderà professionisti e amatori alla scoperta dell’Espresso Italiano Certificato, l’unico espresso che in tutto il mondo si può riconoscere dal logo apposto su vetrine e macchine delle caffetterie e dei bar.
In tutto otto seminari di analisi sensoriale per imparare a riconoscere la qualità al banco semplicemente assaggiandola. I visitatori della fiera saranno così coinvolti nell’assaggio e nella valutazione di diverse miscele qualificate utilizzando il metodo dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (IIAC), sotto la guida di Carlo Odello.
Un momento da dedicarsi per esplorare l’espresso in tutte le sue caratteristiche sensoriali attraverso la mappa sensoriale dell’espresso creata da IIAC e Centro Studi Assaggiatori.
IL CALENDARIO DEI SEMINARI DI IEI
– PulyCaff: domenica 19 ore 13:15 – Pad D1 stand 055
– Attibassi: domenica 19 ore 15:00 – Pad D1 stand 076
– Brita: domenica 19 ore 16:30 – Pad D1 stand 107
– Dersut Caffè: lunedì 20 ore 10:30 – Pad D3 stand 107
– Di Giampaolo Caffè: lunedì 20 ore 11:30 – Pad A1 stand N066
– Gruppo Cimbali: lunedì 20 ore 12:30 – Pad D1 stand 77
– Essse Caffè: lunedì 20 ore 15:15 – Pad A1 stand 035
– Mokador: lunedì 20 ore 16:30 – Pad D3 stand 40
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Nel mondo si consumano 3 miliardi di caffè al giorno. L’espresso è riconosciuto da tutti come una grande eccellenza del Made in Italy. In Italia il caffè occupa oltre 7 mila addetti solo per la lavorazione, senza contare l’indotto, con un fatturato che va verso i 4 miliardi di euro annui.
ESPRESSO ITALIANO: UN MARCHIO PER RICONOSCERLO NEL MONDO
Per rafforzare la propria azione l’Istituto Espresso Italiano (IEI) ha iniziato a ridefinire le proprie attività di marketing, a partire dal marchio, la cui progettazione è stata affidata a Robilant Associati, brand advisory leader in Italia.
La nuova identità racconta tratti d’italianità strettamente legati al caffè: la passione e la gestualità, iconograficamente sintetizzate dal bacio, elemento che dà concretezza al concetto di amore trasformandolo in un gesto tangibile, semplice, quotidiano e italiano quanto un caffè espresso. Questo stile conferisce al nuovo IEI una cifra espressiva più impattante, empatica e universale, come universale è il piacere del caffè” – ha affermato Roger Botti, direttore generale e creativo di Robilant Associati.
E il marchio sarà ovviamente riconoscibile anche per i consumatori italiani, nei 700 esercizi pubblici, soprattutto bar, certificati da IEI e negli oltre 20 mila bar d’Italia che servono miscele certificate con il marchio.
INTERNATIONAL COFFEE DAY
Ogni anno, il 1° ottobre, il mondo si riunisce per celebrare il caffè e riconoscere a milioni di persone in tutto il mondo – dagli agricoltori, ai torrefattori, ai baristi, ai proprietari di bar e altro ancora – il duro lavoro per creare e servire la bevanda che amiamo tutti.
L’iniziativa, che con il 2019 raggiunge il quinto anno, è promossa dall’International Coffee Organization. Ogni anno viene scelto un tema specifico. Quest’anno il pensiero va verso i milioni di contadini impiegati nella coltivazione delle piante da caffè nel mondo. Il caffè infatti non è mai stato così popolare, con circa 3 miliardi di tazze consumate ogni giorno, un numero che continua a salire, eppure chi lo coltiva guadagna sempre meno.
SOSTENIBILITA’ FA RIMA CON FORMAZIONE
La Giornata Mondiale del Caffè del 1° ottobre è dedicata quest’anno, come detto, alla sostenibilità, che per l’Istituto Espresso Italiano significa innanzitutto formazione degli operatori e dei consumatori.
Chi impara a valutare e a riconoscere la qualità del caffè è disposto a pagarlo un prezzo maggiore favorendo, si spera, l’acquisto di materia prima che garantisce anche ai coltivatori un profitto miglioreOggi chi coltiva caffè si trova a fronteggiare una drammatica caduta dei prezzi che mette a rischio la qualità della vita della propria famiglia e il futuro dei propri figli” – ha affermato Luigi Morello, presidente IEI.
“Essendo una Società Benefit investiamo annualmente una cifra rilevante in formazione tramite le aziende aderenti al nostro programma, coinvolgendo centinaia di baristi, sia a livello di corsi che di eventi – ha proseguito Morello – è nei nostri piani estendere la portata di queste azioni coinvolgendo sempre di più i consumatori, per i quali immaginiamo iniziative specifiche e gratuite già nel 2020”.
LA “FABBRICA” DEL CAFFÈ IN ITALIA
L’industria italiana del caffè è uno dei settori industriali più brillanti del food & beverage del nostro Paese. In Italia, nel Settore Caffè, operano oltre 800 torrefazioni con circa 7.000 addetti e un fatturato vendite 2017 di 3,9 miliardi di euro di cui 1,35 derivanti dall’esportazione.
L’Italia rappresenta il terzo Paese al mondo (dopo la Germania e Belgio) per i volumi di esportazione di caffè in tutte le sue forme. Nel 2017 l’export di caffè torrefatto è arrivato, secondo i dati del Comitato Italiano Caffè, a 249 Mln kg di caffè verde equivalente, con un aumento del 5% rispetto al 2016.
Analizzando i dati storici del Comitato Italiano del Caffè negli ultimi 10 anni le esportazioni di caffè torrefatto si sono più che raddoppiate. L’export italiano di caffè torrefatto ha superato nel 2017 i 1.350 Mln €.
L’ISTITUTO ESPRESSO ITALIANO
L’Istituto Espresso Italiano, di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 34 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.
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