L’export del vino italiano continua a crescere e nel 2019 vale 6,4 miliardi di euro (+3,2% sul 2018). L’incremento maggiore si riscontra sui volumi, che sfiorano i 22 milioni di ettolitri (+10% sul 2018) e che, seppur di poco, permettono all’Italia di riconquistare il primato mondiale in volume.
L’evoluzione degli introiti è stata però inferiore alle attese, con i prezzi medi in discesa, sia per dinamiche legate ai listini dei vini sia per quella correlata al diverso mix che compone il paniere delle esportazioni.
Questi i dati definitivi sull’export 2019 del vino italiano, elaborati dall’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini – Ismea su base Istat, convalidando le stime diffuse nei mesi scorsi.
Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati, infatti, i vini comuni che con 4,9 milioni di ettolitri, per lo più sfusi, sono cresciuti del 18% in volume con una flessione degli introiti (-3%), conseguenza della decisa riduzione dei listini alla produzione che nell’ultima campagna 2018/2019 ha toccato il 27%.
Solo da settembre in poi i prezzi alla produzione di vini comuni hanno ripreso a crescere, ma anche in questo caso senza recuperare le perdite accumulate nei mesi precedenti.
Il forte aumento delle esportazioni di vini sfusi da tavola, che hanno una naturale destinazione verso mercati comunitari, in particolare la Germania, ha contribuito a far registrare una progressione complessiva più marcata in termini quantitativi verso i Paesi Ue (+12%) rispetto a quella verso i Paesi terzi (+7%).
La situazione è ribaltata, invece, sul fronte del valore (Ue: +1% e Paesi terzi: +6%). L’export in valore verso i Paesi terzi, pari a 3,22 miliardi di euro, si posiziona quindi poco sopra i 3,20 miliardi di euro verso la Ue. I Paesi terzi, quindi, sono riusciti nel sorpasso sull’area comunitaria in termini di spesa per vini italiani.
A trainare le esportazioni italiane sono anche gli spumati per i quali, pur considerando positivo il risultato del 2019, si evidenzia, tuttavia, un sostanziale rallentamento della corsa che per anni aveva registrato incrementi a due cifre.
Per la prima volta il 2019 ha segnato un export di bollicine superiore ai 4 milioni di ettolitri (+8%) su base annua, per un corrispettivo di quasi 1,6 miliardi di euro (rispettivamente +4,5% su base annua).
Un importante aspetto da sottolineare è che, pur essendo cresciuto tutto il settore spumantistico, la domanda estera è trainata essenzialmente dal Prosecco e in molti vedono questa eccessiva dipendenza da un unico prodotto come una debolezza del sistema.
I dati evidenziano, infatti, in maniera inequivocabile tale situazione. Alla decisa progressione del Prosecco, il 65% dell’intero export a volume del segmento spumanti, che registra +21% in volume e +16% a valore, si contrappone un anno piuttosto negativo per l’Asti (-10% in volume e -2% a valore) e per altre tipologie di bollicine DOP.
In decisa progressione anche i vini Dop, soprattutto fermi (+13,5% a volume e + 9 a valore), che compensano la riduzione registrata nel segmento delle Igp. Questo “trasferimento” è dovuto, almeno in larga parte, al consolidamento sul mercato del Pinot grigio Delle Venezie Dop.
Le Igp, peraltro, hanno mostrato una decisa battuta d’arresto sia nei vini fermi in bottiglia (-5% a volume e -4% a valore) e negli sfusi (-10% a volume e -13% a valore), mentre hanno messo a segno una performance particolarmente positiva nei bag in box (+8% a volume e +8% a valore). Questa tipologia di confezione, peraltro, nel 2019 è cresciuta in maniera importante rispetto all’anno precedente ( +8% a volume e +10% a valore).
I frizzanti, invece, hanno mostrato una domanda sì in aumento, ma senza la dinamicità degli altri segmenti (+6% a volume ma con valori sostanzialmente stabili rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
Scorrendo la lista dei Paesi clienti sembra opportuno sottolineare che, benché il vino italiano raggiunga ormai un gran numero di destinazioni, le prime tre destinazioni assorbono più della metà del totale esportato sia in volume che in valore.
In tema di clienti si evidenzia il recupero in valore realizzato soprattutto nell’estate delle esportazioni verso gli Stati Uniti, che cresce del 3,6%. Bene anche gli spumanti, molto bene anzi, la cui progressione è stata del 14% a volume e dell’12% a valore.
Da sottolineare anche nel mercato Usa l’andamento a doppio binario tra il Prosecco, che cresce ad un ritmo del 40% sul 2018, e il resto delle bollicine italiane che invece perde terreno. In tema di Usa, c’è attesa e preoccupazione in merito all’aumento dei dazi: sebbene anche in questa seconda “revisione” il vino italiano non sia stato colpito, l’attenzione rimane alta.
In decisa progressione l’export in Germania dove le esportazioni italiane sono cresciute del 20%, trainate dal +39% dei vini sfusi che, con oltre 2.8 milioni di ettolitri, rappresentano il 46% del totale importato dall’Italia, a cui si contrappone, per i motivi sopra citati, addirittura una flessione degli introiti (-11%).
Bene anche i vini in bottiglia, mentre il mercato tedesco è in controtendenza rispetto agli spumanti italiani con una domanda in flessione del 7% in volume determinata da una drastica riduzione delle richieste sia di spumanti comuni che di Asti (-33%), mentre il Prosecco continua la sua progressione mettendo a segno un +11% in quantità per un fatturato cresciuto del 3%.
Nel Regno Unito, l’export a volume ha tenuto (+1%) anche se in valore si regista una flessione complessiva del 5% su base annua. Sono stati soprattutto i vini fermi in bottiglia a segnare la maggior domanda britannica con una progressione del +2% sia in termini reali che dei corrispettivi. Frena, invece, la richiesta di spumanti pur restando, quello britannico, il principale mercato di destinazione dell’Italia per questo segmento.
Bene anche nell’Estremo Oriente, a partire dal Giappone che ha registrato incrementi a doppia cifra (+18% in volume e +13% in valore), grazie anche alla firma dell’accordo di libero scambio con la UE. La ‘sorvegliata speciale’ Cina ha messo a segno un +10% nella domanda di vini italiani, attestata a 364 mila ettolitri per un valore di 134 milioni di euro (+5%).
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Per la prima volta, con la campagna vendemmiale 2019, Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini uniscono le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali per offrire alle imprese italiane e alle amministrazioni dati fondamentali nel definire politiche e azioni da mettere in campo.
Come già anticipato ieri si stima una produzione nazionale di 46 milioni di ettolitri (media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni), con un calo di circa il 16% rispetto ai 55 milioni di ettolitri del 2018.
Nonostante una vendemmia meno generosa, peraltro né inattesa né tantomeno vissuta come problematica dagli operatori, ed inferiore alla media degli ultimi 5 anni, sembra salva anche per il 2019 la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto ministero Agricoltura) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dato ministero Agricoltura).
Il calo produttivo è da imputare essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a
quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018. Inverno caldo e poco piovoso, abbassamento delle temperature nel mese di maggio, precipitazioni primaverili e, in alcuni casi, grandinate.
Condizioni che non hanno certo favorito il regolare ciclo vegetativo della vite soprattutto per impianti giovani e varietà precoci. Alla fine di agosto – momento della rilevazione da parte di Assoenologi e Ismea/Uiv – lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono.
Il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno.
Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale.
DETTAGLIO REGIONALE VENDEMMIA 2019
PIEMONTE Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018
Le temperature miti e le scarse precipitazioni della stagione invernale hanno favorito un precoce risveglio vegetativo della vite rispetto allo scorso anno. Le temperature al di sotto della media stagionale dei mesi di aprile e maggio hanno determinato un ritardo della fioritura che è avvenuta nella prima settimana di giugno. L’allegagione non è stata del tutto regolare, causando la formazione di grappoli spargoli. Con l’innalzamento delle temperature nei mesi di giugno e luglio e grazie al ripristino delle riserve idriche (nel mese di luglio la piovosità è variata da 150 a 200 mm) lo sviluppo vegetativo è risultato vigoroso.
Il Piemonte è stato interessato da diverse grandinate, iniziate a fine aprile nel Sud dell’Astigiano provocando alcuni danni sui germogli in accrescimento per arrivare a quelle di fine agosto che hanno colpito il Sud della provincia di Torino e il Nord del Monferrato. Nella quarta settimana di giugno e nella prima di luglio un’ondata di caldo torrido, al di sopra della media stagionale, ha dato origine ad ustioni dei grappoli, in particolare sui vitigni Moscato bianco e Nebbiolo.
Alla fine del mese di agosto, lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono; le piogge di fine luglio hanno favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio. Si è notato negli ultimi anni un aumento del mal dell’esca, mentre si è riscontrato una leggera diminuzione della flavescenza dorata grazie alla grande sensibilizzazione che hanno i viticoltori piemontesi nel eseguire i trattamenti nei tempi corretti e nel pulire le aree incolte.
La vendemmia delle uve a base spumante (Pinot nero e Chardonnay) ha preso il via nell’ultima settimana di agosto, posticipata di alcuni giorni rispetto allo scorso anno. Nella prima decade di settembre, sarà la volta delle uve Moscato bianco e Brachetto, seguiranno poi le uve Dolcetto, Cortese, Barbera mentre, come di consueto, le operazioni vendemmiali si concluderanno nel mese di ottobre con la raccolta delle ultime uve di Nebbiolo dei grandi rossi da invecchiamento.
La produzione vinicola 2019 qualitativamente si stima di ottimo livello, con diverse eccellenze, mentre quantitativamente si prevede un calo di circa il 15% rispetto allo scorso anno che porterà ad una produzione di circa 2,5 milioni di ettolitri di vino. Molto, comunque, dipenderà dalle condizioni climatiche del mese di settembre.
VALLE D’AOSTA Quantità: invariata rispetto vendemmia 2018
In Valle d’Aosta la produzione regionale si stima stabile rispetto allo scorso anno con 17.000 ettolitri. L’andamento stagionale, seppur con le sue anomalie non ha influito particolarmente sul risultato finale, decisamente buono, sebbene si registrino andamenti alterni tra le diverse varietà.
LOMBARDIA Quantità: -30% rispetto vendemmia 2018
Ad un inverno siccitoso e non freddo è seguita una primavera calda ad aprile e molto fredda e piovosa a maggio. Questo andamento climatico ha stressato la vite già in fase pre-vegetativa consumando molte delle riserve accumulate nel legno e provocando germogliamenti disomogenei. Dopo un periodo piuttosto caldo fatto registrare nella seconda metà del mese di aprile, nel mese di maggio diversi giorni molto piovosi accompagnati da temperature piuttosto basse hanno causato un’importante percentuale di aborti floreali con acinellature diffuse e conseguente riduzione della dimensione dei grappoli.
I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni che hanno obbligato in alcune areali ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani. Si sono poi registrate alcune piogge a carattere temporalesco che, nelle zone della Franciacorta e del lago di Garda, hanno causato consistenti e distruttive grandinate. L’allegagione molto difforme anche all’interno dello stesso vigneto è risultata ritardata di 10/15 giorni rispetto al 2018. Alcuni vitigni più sensibili (Pinot bianco, Pinot nero, Pinot grigio) hanno risentito di attacchi di oidio difficilmente contenuti.
Quest’anno l’epoca di raccolta, a causa del periodo piuttosto freddo decorso durante il germogliamento e la fioritura (mese di maggio), è ritardata mediamente dai 7 ai 15 giorni. La vendemmia in Franciacorta è iniziata nella terza settimana di agosto, in Oltrepò il pieno dei conferimenti è previsto nella seconda metà di settembre, mentre in Valtellina si dovrà attendere il mese di ottobre.
Quantitativamente parlando si registra un consistente calo in tutte le zone vitivinicole della Lombardia, con punte anche di -40/45% in Oltrepò e di -25/30% in Franciacorta, con rese in mosto inferiori alla media a causa della conformazione dei grappoli. Complessivamente in tutta la regione si stima una diminuzione di circa il 30% rispetto al 2018. Da un punto di vista qualitativo i livelli risultano buoni con diverse punte di ottimo, fatta eccezione per le zone che hanno dovuto far fronte ai problemi causati dalle avverse condizioni climatiche.
TRENTINO ALTO ADIGE Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018
L’annata 2019 lascia alle spalle un felice e produttivo 2018, ma anche il devastante evento meteo “Vaia”, la tempesta che ha abbattuto gran parte dei boschi del Trentino orientale a fine ottobre scorso, primo di una serie di fenomeni meteorologici estremi che hanno caratterizzato il 2019. L’inverno mite ed asciutto nelle prima parte si è chiuso con copiose nevicate in montagna e consistenti piogge in fondovalle, le buone temperature di marzo ed aprile hanno favorito un germogliamento precoce anche se assai disomogeneo.
Per tutto il mese di maggio le temperature si sono mantenute al di sotto della media, determinando un ritardo anche di dieci giorni della fioritura rispetto alla norma, che è stato però in gran parte recuperato nell’ultima decade di giugno, grazie ad un clima caldo-umido che ha favorito un’elevata spinta vegetativa e di conseguenza un’esuberante vegetazione che ha portato fenomeni sparsi di oidio. L’allegagione ha prodotto grappoli più spargoli e meno pesanti. La stagione ha avuto quindi un prosieguo piuttosto siccitoso alternato a brevi e violenti temporali che non hanno però arrecato danni rilevanti.
Il carico produttivo risulta buono, sicuramente inferiore al 2018, ma significativamente più importante del 2017. Complessivamente in tutto il Trentino Alto Adige si stima un calo del 15% rispetto alla passata stagione. Il Traminer aromatico e il Lagrein sono le due varietà più penalizzate, con una riduzione superiore al 20% rispetto alla scorsa vendemmia. I primi riscontri analitici indicano un interessante rapporto zuccheri/acidità grazie alle temperature minime abbassatesi nella settimana di ferragosto.
Per le uve basi spumate le previsioni sono ottime grazie ad un giusto carico produttivo, ottima sanità e buoni pH. La vendemmia dello Chardonnay e Pinot nero base spumante in Trentino è iniziata negli ultimi giorni di agosto, mentre in Alto Adige nella prima settimana di settembre. Nella provincia di Bolzano il pieno della raccolta avverrà tra il 15 e il 20 di settembre, mentre terminerà verso la fine di ottobre con la raccolta degli ultimi grappoli di Cabernet Sauvignon.
Per quanto concerne il Pinot grigio, nel complesso l’annata è da considerarsi particolarmente favorevole. Per quanto riguarda i vitigni a bacca rossa dopo una buona invaiatura, lo stato sanitario risulta ottimale e i presupposti per un’ottima qualità ci sono tutti. In provincia di Trento la maggior parte delle uve sarà raccolta tra il 15 di settembre e la prima decade di ottobre con i bianchi di alta collina, la Schiava, il Lagrein e il Merlot.
VENETO Quantità: -16% rispetto vendemmia 2018
L’inverno 2018/2019 è stato caratterizzato da temperature minime leggermente superiori, anche di 2°C, rispetto alla norma, mentre le precipitazioni sono state inferiori alla media. I mesi di aprile e maggio sono risultati invece molto piovosi (circa 500 mm) rendendo difficili in alcuni casi i trattamenti fitosanitari. Le precipitazioni del mese di maggio hanno causato continui sbalzi termici, soprattutto nelle aree di alta collina, e contribuito a rallentare lo sviluppo vegetativo della vite.
La fioritura ha fatto registrare un ritardo di dieci giorni (prima decade di giugno). Questo andamento meteorologico, protrattosi sino ai primi giorni di giugno, ha causato aborti fiorali con conseguente minor numero di acini per grappolo. Il mese di giugno è decorso molto caldo e siccitoso, con pochi eventi temporaleschi di modesta entità. Le viti non hanno comunque manifestato particolari sofferenze idriche e lo sviluppo vegetativo è proseguito con regolarità. A luglio sono aumentati gli eventi temporaleschi accompagnati da locali grandinate in certi casi di notevole entità.
Le temperature si sono mantenute alte, così come l’umidità. Tra il 6 e l’8 agosto si sono verificati due eventi temporaleschi importanti, accompagnati da forti venti e grandinate di media intensità. Successivamente le temperature hanno iniziato ad abbassarsi. Nel Veneto Centro Orientale la raccolta delle uve precoci (Pinot, Chardonnay e altre) è iniziata nella prima settimana di settembre con un posticipo di circa 15-20 giorni rispetto alla vendemmia 2018.
Quindi sarà la volta della Glera coltivata in pianura e nella terza settimana di settembre di quello di collina, seguito poi dalle varietà a bacca rossa (Merlot, Cabernet ecc.), mentre il Raboso terminerà la vendemmia secondo una tempistica legata molto all’andamento stagionale. Nel Veneto Occidentale i conferimenti sono iniziati nei primi giorni di settembre con le uve Chardonnay, seguite da quelle di Pinot grigio, Glera, Merlot, Teroldego, Rebo fino alla Corvina, Rondinella, Corvinone e Garganega la cui vendemmia avverrà negli ultimi giorni di settembre.
Le precipitazioni di agosto, anche se non intense, hanno favorito continue escursioni termiche che saranno di beneficio per una maturazione delle uve costante ma lenta, con un buon accumulo di polifenoli e di antociani. Nel complesso la sanità e la qualità delle uve risultano essere buone e il tenore zuccherino nella norma, così pure il quadro acido. Dal punto di vista quantitativo nel Veneto Centro Orientale, nonostante l’entrata in produzione di nuovi impianti, si prevede una diminuzione dell’8% rispetto alla passata campagna.
Diversa la situazione del Veneto Occidentale dove il decremento è stimato intorno al 20%. Complessivamente in tutto il Veneto nel 2019 si dovrebbero produrre 11,3 milioni di ettolitri di vino pari a circa il 16% in meno rispetto al 2018. I presupposti qualitativi dei futuri vini, grazie all’andamento vegetativo e meteorologico decorso, si possono definire buoni con diverse punte di ottimo.
FRIULI VENEZIA GIULIA Quantità: -18% rispetto vendemmia 2018
La stagione invernale, in Friuli Venezia Giulia, è stata caratterizzata da mesi poco piovosi contrassegnati da un caldo anomalo che, nel mese di febbraio, ha raggiunto temperature anche sopra i 20°C. Queste condizioni climatiche hanno accelerato la ripresa vegetativa della vite e, verso i primi di aprile, le varietà precoci, hanno iniziato il germogliamento, con due settimane di anticipo rispetto al 2018. Contemporaneamente ai primi germogliamenti è ritornato il freddo con molta pioggia e intense nevicate in montagna.
Questa situazione di forte instabilità è proseguita anche nel mese di maggio, con temperature ben al di sotto della media stagionale. Tutto ciò ha rallentato lo sviluppo vegetativo della vite, tanto che la fioritura è iniziata solo ai primi di giugno con una decina di giorni di ritardo rispetto allo scorso anno. Sabato 13 luglio un’intensa grandinata ha interessato alcune zone collinari e pianeggianti della provincia di Gorizia (Collio e Isonzo) creando notevoli danni ai grappoli, soprattutto in quei vigneti già defogliati.
Nella seconda decade di luglio, in concomitanza con l’invaiatura delle varietà precoci come Pinot grigio, Chardonnay, Pinot nero e Sauvignon, è arrivato un nuovo fronte africano con caldo rovente. Anche il mese di agosto è stato caratterizzato da scarse precipitazioni e da alte temperature diurne (ma con un’apprezzabile escursione termica notturna), costringendo i vignaioli ad intervenire con irrigazioni di soccorso soprattutto nei terreni ghiaiosi. Per quanto riguarda lo stato sanitario della vite, sia in collina sia in pianura, si segnalano solo alcuni sporadici attacchi di peronospora e oidio.
L’estate complessivamente è stata calda e l’acqua ben distribuita, condizioni ottimali per una buona maturazione dell’uva. La quantità risulta inferiore di circa il 18%, rispetto allo scorso anno. I grappoli dei vigneti di prima produzione e delle nuove varietà “resistenti alle crittogame” sono stati raccolti negli ultimi giorni di agosto, mentre i primi di settembre sono iniziati i conferimenti di Pinot grigio, Pinot nero e alcuni cloni di Sauvignon. A seguire si vendemmieranno le uve di Traminer aromatico, Chardonnay, Pinot bianco, Glera (per Prosecco) e Ribolla gialla.
Lo stacco delle uve a bacca rossa (Merlot e Cabernet Franc) dovrebbe invece iniziare solo dopo il 20 settembre, mentre le operazioni di raccolta termineranno con le varietà tardive (Verduzzo, Refosco e Picolit). Attualmente il mercato evidenzia una certa stagnazione dei prezzi per l’abbondanza delle scorte in cantina e le basse quotazione dei vini sfusi. Per le uve rosse l’attenzione è rivolta al Refosco, al Merlot, al Cabernet sauvignon e al Pinot nero.
LIGURIA Quantità: -10% rispetto vendemmia 2018
In Liguria sia a Levante, sia a Ponente la vendemmia si presenta leggermente in ritardo rispetto allo scorso anno. La raccolta delle uve Pigato e Vermentino inizierà, nelle zone più prossime al mare, attorno al 9-10 settembre, per poi proseguire, tra la prima e la seconda decade di settembre, nelle aree più interne e con la raccolta del Rossese.
L’alternanza di periodi di freddo eccessivo e caldo anomalo ha favorito lo sviluppo di oidio e insetti, comunque ben controllati. Le uve sono di buona qualità e stanno maturando bene con un ottimo quadro acido e gradazioni nella norma. Quantitativamente si prevede un calo produttivo del 10% pari ad una produzione totale di 41.000 ettolitri di vino.
EMILIA ROMAGNA Quantità: -20% rispetto vendemmia 2018
La stagione 2019 è stata caratterizzata da continui sbalzi termici che hanno inciso significativamente sulla fenologia della vite. In Emilia la fine dell’autunno ha fatto registrare temperature molto rigide, con punte anche di -7/-10°C, a cui è succeduta una stagione invernale mite con scarse precipitazioni, tanto da fare ritardare il germogliamento. Una primavera inizialmente asciutta, in pianura non ha permesso un regolare sviluppo delle gemme (in alcune varietà, fra cui il Lambrusco Salamino, anche inferiore del 30%).
In collina, invece, le prime fasi vegetative della vite sono state regolari e rigogliose. In Romagna il caldo e soprattutto la siccità di inizio anno hanno condizionato il completamento della differenziazione della vite, che ha mediamente presentato 2-3 grappoli per germoglio, a seconda della varietà, ma con un minor numero di fiori rispetto al 2018. Il mese di maggio, poi, a causa delle piogge frequenti, ha indotto ad una difesa fitosanitaria serrata della vite e ha anche inciso sulla fioritura (fine maggio) e sulla conseguente allegagione (prima decade di giugno).
Giugno ha fatto registrare rialzi improvvisi e decisi delle temperature che hanno favorito la formazione di grappoli non troppo grandi e piuttosto spargoli. In tutta la regione si registra un ritardo della maturazione compreso tra i 10 e 15 giorni rispetto allo scorso anno. In Emilia per le uve Grechetto la raccolta inizierà nella prima decade di settembre e si stima una quantità inferiore di circa il 15/20% rispetto allo scorso anno. Per le varietà Lambrusco Salamino e Sorbara si ipotizza una produzione deficitaria del 30% e si inizieranno a raccogliere tra il 15 e il 30 settembre.
I conferimenti di Lambrusco Grasparossa avranno luogo alla fine di settembre con ottime prospettive sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. In calo del 10% anche le uve Ancellotta, la cui raccolta è prevista verso il 10 settembre. In Romagna i primi stacchi delle uve precoci (Pinot bianco, Chardonnay e Pinot grigio) sono iniziati a ridosso dell’ultima settimana di agosto. Ottima la maturazione dell’Albana, che evidenzia uno stato sanitario eccellente e una presenza di acidità totale superiore allo scorso anno.
Bene anche il Trebbiano romagnolo e il Bombino bianco (Pagadebit) che, grazie a una produzione inferiore, stanno ultimando in modo uniforme la maturazione. Per le uve a bacca rossa l’invaiatura è iniziata tra gli ultimi giorni di luglio e i primi di agosto, ha avuto un decorso abbastanza veloce su qualche Merlot, mentre si è prolungata sul Sangiovese, Terrano (Cagnina) e Cabernet. In tutta la regione si stima un decremento della produzione di circa il 20% rispetto alla passata campagna, con una qualità ottima con alcune punte di eccellente.
TOSCANA Quantità: +10% rispetto vendemmia 2018
L’inverno 2018-2019 è stato caratterizzato da temperature sotto la media con piogge scarse che hanno avuto una distribuzione piuttosto anomala. Negli ultimi giorni di febbraio le temperature hanno fatto registrare valori parecchio al di sopra della media stagionale, mentre la primavera è stata caratterizzata da rovesci di natura temporalesca che hanno permesso di recuperare il deficit idrico causato dall’andamento invernale.
I primi mesi del 2019 confermano i cambiamenti climatici in atto, che si manifestano con una più elevata frequenza di eventi estremi con spostamenti stagionali e con precipitazioni brevi ma intense. Il germogliamento, iniziato in linea con la fenologia della vite, ha subito un leggero rallentamento dovuto ad un abbassamento delle temperature e per le abbondanti piogge verificatesi durante il mese di maggio. Giugno è stato invece catalogato come uno dei mesi più caldi con temperature ben al di sopra della media stagionale.
Nel periodo estivo si sono invece manifestati fenomeni temporaleschi di importante consistenza con grandinate che hanno interessato alcune zone viticole. Le uve presentano un ottimo stato sanitario grazie all’assenza di patogeni. I casi isolati di attacchi oidio e peronospora sono stati sapientemente arginati grazie a interventi tempestivi. L’invaiatura è iniziata con una settimana in ritardo, mentre le operazioni di raccolta fanno registrare un ritardo di 10-15 giorni rispetto allo scorso anno.
I conferimenti delle uve sono iniziati a cavallo dell’ultima settimana di agosto e la prima di settembre con le varietà bianche precoci (Chardonnay, Pinot e Viognier). A seguire, nella prima decade di settembre sarà la volta delle uve rosse Merlot e Syrah, mentre la vendemmia delle uve Vernaccia e Vermentino è prevista per il 15-20 di settembre, a cui seguirà la raccolta delle uve Sangiovese per la produzione di Chianti, Chianti Classico e Brunello. Anche in questa regione risulterà fondamentale, per la maturazione delle uve e il loro stato sanitario, l’andamento climatico del mese di settembre che, se favorevole permetterà di ottenere una qualità alquanto interessante con diverse punte di ottimo.
Quantitativamente quest’anno la Toscana è in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni italiane. Si stima un aumento della produzione di circa il 10% rispetto alla scorsa campagna (2,3 milioni di ettolitri – dato Agea), pari ad una produzione complessiva di circa 2,6 milioni di ettolitri di vino.
UMBRIA Quantità: -24% rispetto vendemmia 2018
Una primavera fredda e piovosa in Umbria ha condizionato le fasi di fioritura e allegagione causando un po’ di acinellatura nelle varietà precoci, che hanno registrato così un naturale contenimento produttivo. Il tempo caldo e asciutto che è seguito non ha provocato problemi di stress, poiché la quantità di umidità accumulata nei terreni durante il mese di maggio ha garantito una durevole autosufficienza idrica.
Inoltre, un paio di episodi temporaleschi nei mesi di luglio e agosto hanno permesso alle piante di “dissetarsi” e continuare regolarmente il ciclo vegetativo/riproduttivo, tanto che alla data attuale (4 settembre) le viti presentano foglie ancora verdeggianti, grappoli in ottimo stato, e un generale quadro fisiologico sano. Un’annata, quindi, regolare dal punto di vista fenologico dello sviluppo delle piante, in linea coi tempi e le medie del territorio.
Qualitativamente le prospettive sono ottime con alcune punte di eccellente sia per le uve bianche, che hanno beneficiato, tra l’altro, di un marcato gradiente termico giorno/notte registrato dalla seconda metà di agosto, sia per quelle rosse. Il corredo zuccherino è in media superiore di un grado babo rispetto allo scorso anno. Dopo i primi conferimenti si può però sicuramente affermare che ci troviamo di fronte ad un’annata, dal punto di vista quantitativo, inferiore di circa il 25% rispetto al 2018, dovuto in particolare alla conformazione e al minor peso dei grappoli.
Le perdite maggiori si registrano in provincia di Terni e più precisamente nell’Orvietano, dove si segnalano produzioni deficitarie anche del 35-40%. In tutta la regione si produrranno 340.000 ettolitri di vino. La vendemmia risulta ritardata di circa 7-10 giorni rispetto allo scorso anno. Si è iniziato con i vitigni bianchi internazionali a cui è seguito il Grechetto nella prima decade di settembre, quindi sarà la volta del Trebbiano.
Per i rossi autoctoni bisognerà attendere la terza decade di settembre, mentre per il Sagrantino i conferimenti delle uve, allo stato attuale, sono previsti tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre. Se il periodo vendemmiale decorrerà favorevolmente dal punto di vista meteorologico, si può sperare in un’ottima annata.
MARCHE Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018
Quest’anno, nelle Marche, a marzo è piovuto pochissimo, ad aprile le precipitazioni sono state di poco superiori alla media, mentre più della metà delle piogge primaverili si sono concentrate nel mese di maggio. Per il sesto anno consecutivo, poi, il mese di giugno è stato più caldo del normale e anche il mese di luglio lo è stato per il quinto anno consecutivo, anche se le precipitazioni sono state leggermente al di sopra della norma.
Le grandinate, fortunatamente di scarsa incidenza, si sono verificate a macchia di leopardo principalmente a luglio nelle zone del Conero, della Lacrima di Morro d’Alba e dei Castelli di Jesi. Anche nelle Marche l’andamento meteorologico di maggio ha ritardato il germogliamento, la fioritura e di conseguenza l’invaiatura di circa 10 giorni rispetto al 2018. Anche l’allegagione è stata disturbata dal freddo e dalle continue piogge determinando, per certi vitigni, grappoli tendenzialmente più spargoli. Verso la metà di agosto alcune perturbazioni e qualche temporale hanno favorito l’abbassamento delle temperature.
Quest’anno si stima un ritardo di circa 8-10 giorni della maturazione delle uve rispetto al 2018, che riavvicina le date di raccolta alla media storica. La qualità delle uve risulta ottima grazie alla disponibilità di riserva idrica accumulata nel periodo primaverile. A livello fitosanitario nei mesi di giugno e luglio è stata notata una certa pressione dell’oidio, in particolare sulla varietà Montepulciano, ma interventi tempestivi hanno scongiurato conseguenze significative sulla produzione. Considerato le alte temperature e la scarsità di piogge, soprattutto in alcune aree del Piceno, si prevede una resa uva/mosto inferiore mediamente del 3-7% circa.
Dalla terza decade di agosto è iniziata la vendemmia delle uve precoci base spumante, a cui seguirà la raccolta di varietà tipo Incrocio Bruni e Chardonnay, quindi sarà la volta del Pecorino nella prima decade di settembre, mentre per i conferimenti di Verdicchio e di Passerina bisognerà attendere la metà dello stesso mese. Per le uve Sangiovese i conferimenti sono previsti nell’ultima settimana di settembre, mentre per il Montepulciano dalla prima decade di ottobre.
Alla data attuale (4 settembre) si stima una quantità inferiore del 15% rispetto alla passata campagna. Si prevedono ottimi livelli qualitativi con diverse punte di eccellenza per i vini bianchi quali Verdicchio, Pecorino e Passerina e, se l’andamento del mese di settembre sarà favorevole, anche le produzioni ottenute da uve a bacca nera quali Sangiovese, Montepulciano e Lacrima, lasciano ben sperare.
LAZIO Quantità: -15% rispetto vendemmia 2018
I mesi di dicembre e di gennaio hanno fatto registrare nuvolosità e piovosità abbondanti, mentre le temperature si sono gradualmente ridotte verso i minimi annuali. Le piogge del mese di febbraio hanno favorito il ripristino delle riserve idriche della vite. Il mese di marzo è stato invece caratterizzato da una piovosità inferiore alla media, ma con temperature nella norma. La ripresa vegetativa ha avuto un decorso sostanzialmente regolare e ha goduto di precipitazioni ben distribuite e provvidenziali, soprattutto nelle aree costiere in cui si temevano precoci manifestazioni di stress idrico.
Il ciclo vegetativo della vite, fino alla fioritura, risultava essere perfettamente in linea con un’annata normale. Il mese di maggio ha visto però il passaggio di diverse perturbazioni atlantiche che hanno portato piogge particolarmente incisive, con apporto di masse d’aria fredda da latitudini artiche, influendo sulle temperature minime e massime che sono risultate inferiori alla norma. Tutto ciò ha sensibilmente rallentato lo sviluppo della vite che, a fine maggio, registrava un ritardo di 11-12 giorni rispetto alla norma e ha creato un quadro fitopatologico problematico, con particolare riferimento alla peronospora della vite.
L’estate è stata soleggiata e calda, a tratti torrida, ma l’acqua caduta nel mese di maggio ha permesso alle viti di resistere bene alla siccità. Le sporadiche precipitazioni che hanno avuto luogo a luglio e agosto hanno definitivamente fugato ogni preoccupazione legata al pericolo di stress idrico. L’escursione termica giorno/notte, che si è registrata nelle ultime due settimane di agosto, è di buon auspicio per lo sviluppo degli aromi di uve e vini, fondamentali in una regione tendenzialmente a produzione di vini bianchi come il Lazio.
La vendemmia è iniziata nell’ultima settimana di agosto per le uve base spumante e bianche internazionali, proseguirà con i bianchi autoctoni a partire dalla seconda decade di settembre. Seguiranno quindi le uve rosse autoctone, mentre la vendemmia terminerà nella prima settimana di ottobre con la raccolta delle uve Cesanese. Quantitativamente si registra un calo del 15% rispetto al 2018, dovuto soprattutto alle piogge del mese di maggio che hanno causato colature dei fiori e sensibili attacchi di peronospora, in particolare sul Merlot.
Occorre poi anche considerare l’incognita dell’entità degli espianti che anche quest’anno, irrimediabilmente, si sono purtroppo registrati. Qualitativamente i presupposti sono assai promettenti. Le uve sono senz’altro migliori rispetto alle due annate precedenti, con una perfetta gradazione zuccherina, in linea con i valori medi e superiore a quella dell’anno passato.
ABRUZZO Quantità: -11% rispetto vendemmia 2018
L’andamento climatico, a partire dallo scorso autunno, è stato caratterizzato dalla presenza di piogge e basse temperature. Grazie ad un inverno piovoso con precipitazioni abbondanti su tutta la regione e nevicate verificatesi anche a bassa quota nel mese di gennaio, si sono costituite buone riserve idriche nei vigneti. La primavera è iniziata con basse temperature, facendo registrare in alcune zone consistenti precipitazioni. Questa situazione, ma con assenza di gelate, si è protratta fino alla fine di maggio con frequenti rovesci temporaleschi.
Condizioni che hanno favorito un buon germogliamento ma, nello stesso tempo, un rallentamento dello sviluppo vegetativo, tanto che la fioritura ha fatto registrare un ritardo di circa 10-12 giorni rispetto alla norma. Le avverse condizioni atmosferiche del mese di maggio hanno avuto effetti negativi sia sulla fioritura sia sull’allegagione, soprattutto per le uve precoci che hanno presentato una conformazione non omogenea del grappolo. Da metà giugno in poi si sono registrate belle giornate intervallate da precipitazioni, in alcuni casi, anche abbondanti.
Il decorso vegetativo è stato buono da un punto di vista sanitario, grazie ad un oculato controllo degli attacchi parassitari e alle alte temperature registrate nei mesi di luglio e di agosto. L’epoca di vendemmia risulta nella norma, tanto che per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot grigio) la raccolta è iniziata il 20 agosto nelle zone più costiere, mentre per quelle più interne e collinari intorno al 26 dello stesso mese.
Per le altre uve bianche (Trebbiano, Malvasia, Passerina e Pecorino) i conferimenti hanno avuto il via nei primi giorni settembre. Per le varietà a bacca rossa, principalmente Sangiovese e Montepulciano, si prevede che la raccolta avverrà a partire dall’ultima settimana di settembre per protrarsi fino alla fine di ottobre. La quantità si stima inferiore di oltre il 10% rispetto alla vendemmia precedente, tanto che a tutt’oggi si prevede una produzione complessiva intorno a 3 milioni di ettolitri di vino, contro i 3,4 milioni di ettolitri della scorsa campagna.
Qualitativamente parlando, se le condizioni climatiche del mese di settembre decorreranno favorevolmente, si può ipotizzare un’annata assai interessante con molte punte di ottimo, in particolare per i vini rossi. Il mercato, fin dalla fine della vendemmia scorsa, è stato molto problematico per i vini generici sia bianchi che rossi. Si registra uno scarso interessamento che ha provocato un deprezzamento dei prezzi del 10-15%. Questa situazione ha coinvolto anche le Doc che hanno però fatto registrare un calo più contenuto.
MOLISE Quantità: invariata rispetto vendemmia 2018
La vendemmia in Molise, a differenza delle altre regioni del Sud, si stima sostanzialmente in linea con quella dello scorso anno. L’epoca di raccolta è ritardata di qualche giorno e la qualità allo stato attuale risulta decisamente buona. Anche in questo caso, si tratta di considerare areali e situazioni diverse la cui somma algebrica restituisce un risultato produttivo di 239.000 ettolitri pressoché uguale a quello della scorsa campagna.
CAMPANIA Quantità: -6% rispetto vendemmia 2018
L’inverno è trascorso mite e poco piovoso. A fine marzo si è avuto un periodo di circa 15 giorni di freddo, che hanno rallentato e riportato in linea rispetto alla media annuale la fase fenologica del germogliamento. Le abbondanti piogge primaverili, concentrate soprattutto nel mese di maggio, hanno garantito una importante riserva idrica per i suoli, fondamentale per fronteggiare le difficoltà dovute alle scarse precipitazioni dei successivi mesi di giugno e luglio.
Le temperature particolarmente basse rispetto alla media di questo periodo, hanno contenuto la crescita vegetativa, impedendo anche lo sviluppo di fitopatie. La fioritura è iniziata con circa 10/15 giorni di ritardo e l’allegagione è stata piuttosto irregolare, determinando numerosi fenomeni di acinellatura. I mesi di giugno e luglio sono decorsi con assenza di precipitazioni e giornate soleggiate e calde. Alla fine di luglio alcune zone sono state interessate da una perturbazione atlantica, che ha portato un abbassamento delle temperature e abbondanti precipitazioni.
In generale la gestione delle vigne non ha evidenziato particolari problemi, ed al momento ci sono tutti i presupposti per una vendemmia di qualità. Nella seconda metà di agosto il clima è decorso con sole e temperature piuttosto alte, con qualche temporale che ha contribuito a ottimizzare gli equilibri idrici e termici nel vigneto, esaltando le escursioni termiche tra giorno e notte.
Attualmente (primi giorni di settembre) le condizioni in vigna, salvo limitate eccezioni, fanno ben sperare per la qualità, mentre dal punto di vista quantitativo si stima un decremento complessivo in tutta la regione, rispetto allo scorso anno, compreso tra il 5 il 10% con evidenti variazioni da zona a zona a causa dell’eterogeneità che si registra nei territori della viticoltura campana. Da sottolineare che un’importante zona produttiva della provincia di Benevento ritorna quest’anno in piena produzione, dopo che nei precedenti due anni la stessa era stata completamente compromessa a causa delle gelate e grandinate.
I tempi di raccolta fanno riscontrare attualmente una settimana di ritardo. Si inizierà con le uve per le basi spumante e i vitigni a bacca bianca nel Cilento nella prima decade di settembre. Nell’Agro aversano, nella seconda decade di settembre, sarà la volta delle uve di Asprinio e del Fiano nel Cilento. Successivamente, nel Beneventano, si proseguirà con la Falanghina, per continuare nell’Avellinese, nella prima decade di ottobre, con il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo. Nei Campi Flegrei la raccolta del Piedirosso è prevista nella prima decade di ottobre. L’ultima varietà ad essere vendemmiata sarà quella di Aglianico per la produzione della Docg Taurasi, nell’Avellinese, tra la fine di ottobre e la prima settimana di novembre.
PUGLIA Quantità: -16% rispetto vendemmia 2018
In Puglia l’inverno è decorso con temperature e piovosità nella media, ma si è prolungato sino ai mesi di marzo ed aprile ostacolando la fase del germogliamento che è decorso in modo piuttosto irregolare, in particolare nel Tarantino dove a peggiorare la situazione è stato certamente lo “stress sanitario” subito dalle piante nella passata stagione. Le basse temperature e le frequenti piogge verificatesi nella fase di germogliamento (aprile e maggio) hanno causato non solo un ritardo di 10-15 giorni della fioritura, ma anche una imperfetta allegagione.
Finalmente alla fine della seconda decade di giugno, è arrivato il bel tempo con temperature più alte rispetto alla media, favorendo una buona ripresa vegetativa. Dalla fine di giugno e a tutto luglio i temporali non sono mancati, ma il bel tempo che è seguito ha facilitato i viticoltori nel controllo delle malattie fungine. La fase di invaiatura è iniziata anche in Puglia in ritardo. Di conseguenza la vendemmia è risultata posticipata all’ultima decade di agosto per le uve precoci come lo Chardonnay, Pinot e anche per il Fiano.
I vigneti si presentano in gran parte in buon stato vegetativo con grappoli corti, spargoli, perfettamente integri, con un buon rapporto zuccheri-acidi. Per il Primitivo, il Nero di Troia e il Negroamaro la vendemmia ha avuto il via nei primi giorni di settembre e i primi dati analitici fanno ben sperare per i futuri vini per i quali si prevede un grado alcolico medio-alto e tannini maturi e ben strutturati. La situazione in Valle D’Itria risulta ottimale, lo stato sanitario delle uve è molto buono e non si registrano fitopatie.
Anche in questa zona si evidenzia un ritardo della maturazione di dieci giorni, così pure nel Salento dove si prevede un’annata importante grazie alla sanità dei grappoli e al favorevole andamento climatico durante la maturazione. In questa area la vendemmia è iniziata a cavallo di Ferragosto con la raccolta dello Chardonnay, del Pinot ed in generale con le uve precoci. A seguire è iniziata la raccolta del Primitivo. Per il Negroamaro, la Malvasia Nera e il Susumaniello il ritardo di maturazione è di circa due settimane. Si prevedono ottime produzioni per i vini bianchi e rosati, così come per i rossi con punte di eccezionalità per il Negroamaro.
Complessivamente in tutta la regione si stima una produzione in calo di circa il 16% rispetto alla scorsa vendemmia dovuta, in particolare, ai problemi della fioritura quali colatura e aborti fiorali che hanno causato un’allegagione irregolare. In tutta la regione si produrranno 8 milioni di ettolitri di vino. Dal punto di vista qualitativo, allo stato attuale, si stimano livelli più che buoni con diverse punte di ottimo grazie soprattutto al soddisfacente stato sanitario delle uve.
BASILICATA Quantità: -10% rispetto vendemmia 2018
Anche in questa regione, a causa dell’anomalo andamento climatico del periodo primaverile, il ciclo vegetativo della vite ha subito una partenza posticipata di circa 10 giorni rispetto al 2018, tanto che l’epoca vendemmiale è ritornata in linea con i tempi secondo la media storica. Le uve, in tutta la Basilicata, si presentano sane e in perfetto turgore vegetativo.Le prolungate piogge di giugno hanno creato un’importante riserva idrica, tanto che le viti non sono mai entrate in sofferenza, sviluppando una parete fogliare uniforme ed in perfetta attività vegetativa.
Importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte a partire dal mese di luglio hanno permesso alla vite di svolgere un’attività fotosintetica lineare ed importante. Pertanto l’uva si presenta bella e sana. Dal punto di vista quantitativo anche in Basilicata si stima un decremento di produzione nell’ordine del 10% pari a 85.000 ettolitri di vino, la cui qualità si prevede decisamente elevata, con diverse punte di eccellente.
CALABRIA Quantità: -3% rispetto vendemmia 2018
In Calabria le prime fasi fenologiche avevano accumulato un ritardo di 15 giorni che si è assottigliato nei mesi estivi ed ha fatto slittare in avanti l’inizio della raccolta di circa una settimana. Anche nella regione, nonostante fioritura e allegagione siano da considerarsi buone, si stima una flessione produttiva (-3%) dopo l’abbondante vendemmia del 2018, pari ad una produzione complessiva di 113.000 ettolitri di vino. Superiore al previsto la presenza di oidio e peronospora i cui danni, però, sono stati limitati grazie ad interventi mirati.
SARDEGNA Quantità: -13% rispetto vendemmia 2018
Le condizioni climatiche ed il ciclo vegetativo della vite in Sardegna hanno seguito un decorso regolare fino a maggio, mese in cui un notevole abbassamento delle temperature, accompagnato da forti venti di Maestrale, ha causato un ritardo nella fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. La fioritura disturbata dall’andamento termico, ha avuto risvolti negativi sull’allegagione, determinando colatura con perdite produttive sulle varietà a bacca bianca, in particolare su Vermentino, Torbato, Vernaccia e varietà precoci come Chardonnay e Sauvignon.
Le uve a bacca rossa non hanno fortunatamente risentito di tali condizioni climatiche, tanto che il Cannonau evidenzia un incremento della produzione rispetto al 2018. La maturazione delle uve bianche, in particolare del Vermentino, nelle zone costiere risulta abbastanza regolare, mentre nelle zone interne evidenzia un ritardo di 5-7 giorni. Per quanto riguarda invece le uve rosse, in particolare il Cannonau, si stima un ritardo di circa 7-10 giorni rispetto alla media storica
Grazie alle notevoli escursioni termiche si evidenzia una sintesi ottimale degli aromi nelle uve a bacca bianca e delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa. Dal punto di vista fitosanitario non si è avuto alcun problema, le uve, infatti, si presentano perfettamente sane nei diversi territori dell’isola e per tutte le varietà. Le abbondanti piogge invernali hanno creato delle buone riserve idriche per affrontare la stagione più calda, favorendo il naturale sviluppo vegetativo della pianta e il buon decorso della maturazione delle uve.
Nell’ultima settimana di agosto è iniziata la raccolta del Vermentino nel Sud dell’Isola e nelle zone costiere, a seguire i primi giorni di settembre ha preso il via la vendemmia nelle zone più interne e proseguirà per tutto il mese. I conferimenti del Torbato sono iniziati tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre, periodo in cui ha avuto il via anche la raccolta del Nasco, mentre per il Nuragus bisognerà attendere la fine di settembre e i primi giorni di ottobre.
Per quanto riguarda invece le uve rosse, per il Carignano si prevede l’inizio della raccolta tra la terza e la quarta decade di settembre, mentre per il Monica è prevista tra la fine di settembre e i primi giorni di ottobre. Per il Cannonau, a seconda degli areali, i conferimenti decorreranno tra la fine di settembre e per tutto il mese di ottobre. Quantitativamente in tutta la Sardegna si stima un decremento medio di circa il 13% rispetto al 2018, mentre lo stato qualitativo e sanitario delle uve lascia ben sperare per una produzione di vini di ottima qualità con alcune punte di eccellenza.
SICILIA Quantità:-20% rispetto vendemmia 2018
Dopo un 2018 che sarà ricordato come l’annata più piovosa e umida che si sia mai registrata, il 2019 segna un ritorno al passato e alla normalità. Le anomalie climatiche non sono mancate ma hanno interessato marginalmente la stagione viticola.
Nel mese di marzo il germogliamento è iniziato in maniera ottimale con la schiusura di tutte le gemme fertili, nonostante la primavera sia stata fredda e piovosa in quasi tutta l’isola (nel territorio etneo si sono registrate temperature rigide fino a primavera inoltrata).
Le piogge primaverili sono risultate importanti per la vite, fornendo ai suoli una buona dotazione idrica, fondamentale per l’inizio dell’attività vegetativa e per affrontare il caldo estivo. Da giugno in poi le temperature si sono mantenute costantemente intorno ai 30°C, con una buona escursione termica tra il giorno e la notte.
Le operazioni di raccolta sono iniziate con un ritardo medio di 8-10 giorni rispetto alla passata campagna, ma in linea se rapportata ad un’annata normale. La vendemmia è iniziata il 5 agosto con la raccolta delle uve Chardonnay basi spumante e Pinot grigio.
Nella seconda decade di agosto si sono staccati i grappoli di Sauvignon blanc, Chardonnay, Moscato bianco, nonché le uve base spumante di Catarratto e Grillo. Nell’ultima settimana di agosto le operazioni sono entrate nel vivo con i conferimenti del Nero d’Avola, del Merlot, dello Syrah e del Grillo, a cui sono seguiti quelli dello Zibibbo, del Catarratto, dell’Inzolia e del Grecanico. Dai primi riscontri di cantina la resa uva/vino risulta leggermente inferiore alla media, mentre le fermentazioni sono decorse regolarmente.
Dal punto di vista quantitativo si stima un calo complessivo della produzione del 20% rispetto alla stagione 2018 che fece registrare 4,7 milioni di ettolitri di vino (dato Agea), il che lascia presupporre che quest’anno si produrranno intorno ai 3,8 milioni di ettolitri di vino. Tale diminuzione della produzione è da imputare soprattutto ai forti venti e alle piogge verificatisi durante la fase della fioritura che, colpendo le infiorescenze, hanno diminuito il carico produttivo di ogni pianta.
Per contro la vite ha prodotto un apparato fogliare rigoglioso a beneficio della maturazione dei grappoli d’uva. Dal punto di vista qualitativo, dopo la difficile situazione dello scorso anno, in generale si registrano livelli più che buoni con diverse punte di ottimo.
“Un dato è certo – dichiara Filippo Palasdino, vicepresidente della Doc Sicilia – poiché la vendemmia dura fino ad ottobre, per poter tracciare un bilancio è comunque necessario aspettare che la vendemmia sia terminata. Possiamo dire fin d’ora che il ritardo di dieci giorni con cui è iniziata la vendemmia per certi aspetti è stato positivo, le piante hanno potuto accumulare sostanze aromatiche e prevediamo vini molto profumati”.
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Una vendemmia 2019 meno generosa delle precedenti, ma con la quale l’Italia mantiene la leadership mondiale della produzione di vino, con 46 milioni di ettolitri. Secondo i dati diffusi oggi da Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, la Francia (primo competitor) si assesterà sui 43,4 milioni di ettolitri (stima al 19 agosto, fonte Ministero dell’Agricoltura) e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni (dati, ancora una volta, del Ministero dell’Agricoltura).
Le elaborazioni di fine agosto riguardanti la campagna vendemmiale 2019 fotografano una riduzione del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri (dato Agea,
sulla base delle dichiarazioni di produzione).
Il dato stimato, come di consueto, risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, comunque inferiore alla media degli ultimi 5 anni.
“Da sottolineare – evidenzia Assoenologi – che la vendemmia di quest’anno sembrerebbe risultare inferiore alla precedente in tutte le regioni italiane, ad eccezione della Toscana. Le perdite maggiori si contano sulle uve precoci, mentre per quelle più tardive l’evoluzione produttiva sarà legata all’andamento meteo di settembre”.
Il calo produttivo, sempre secondo l’Associazione che raggruppa gli enologi italiani, è da imputare “essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018”. La vendemmia 2019, del resto, segna la nascita di una nuova collaborazione.
Per la prima volta, infatti, Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini uniscono le rispettive forze e competenze con l’obiettivo di fornire “un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle Previsioni Vendemmiali e offrire alle imprese italiane e alle amministrazioni dati fondamentali nel definire politiche e azioni da mettere in campo”.
L’indagine – appuntamento fisso con il quale ogni anno viene delineato lo stato dei vigneti a livello nazionale e
vengono presentate le stime relative alla produzione e alle tendenze del settore vino per la campagna in corso – è
stata messa a punto armonizzando le consolidate metodologie operative basate su tre distinte fasi.
La prima ha riguardato la rilevazione da parte dei rispettivi osservatori territoriali (le sezioni regionali di Assoenologi, le imprese socie di UIV e l’Ismea, che ha contribuito con la propria rete e il confronto con l’Ufficio competente del Mipaaft), sulla valutazione comparata delle indicazioni quali-quantitative e sulla successiva elaborazione statistica rispetto alle serie storiche ufficiali degli anni precedenti.
IL METEO
Le anomalie sono iniziate già in inverno, che ha registrato temperature leggermente superiori rispetto alla norma e precipitazioni inferiori alla media. Andamento meteo che si è protratto anche per i mesi di marzo e aprile.
Maggio ha invece registrato una decisa inversione di tendenza. L’abbassamento delle temperature e le abbondanti precipitazioni hanno causato un ritardo della fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite.
Da quel momento in poi ogni fase fenologica della vite ha risentito di un clima non particolarmente idoneo: l’andamento termico ha disturbato la fioritura e ostacolato in alcune varietà una perfetta allegagione.
I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni, che hanno obbligato, in alcuni areali, ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani. Alcune piogge a carattere temporalesco hanno causato consistenti grandinate.
Per quasi tutto il mese di agosto, poi, le temperature si sono mantenute elevate, così come l’umidità, favorendo un rigoglioso sviluppo della vegetazione nei vigneti, che ha costretto i viticoltori ad attenti interventi di potatura verde.
BUONO STATO DELLE UVE
Alla fine di agosto, momento della rilevazione da parte di Assoenologi e Ismea/Uiv, lo stato sanitario delle uve si
presenta generalmente buono: il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli.
Sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno. Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale.
I primi riscontri analitici, peraltro, evidenziano gradazioni medie nella norma, un buon rapporto zuccheri-acidità e per le prime uve vendemmiate un buon quadro aromatico. Si evidenzia anche una sintesi ottimale delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa.
Quest’anno sono da rilevare comunque evidenti difformità di maturazione anche all’interno di uno stesso appezzamento, conseguenza dell’ormai consolidata variabilità meteorologica e di uno spostamento climatico da
temperato a caldo arido, con precipitazioni irregolari e di carattere temporalesco, che come detto ha determinano
irregolarità del ciclo vegetativo.
Tutte le vicissitudini climatiche e meteorologiche hanno portato un ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni rispetto alla passata campagna, così da far rientrare in un calendario normale l’epoca di vendemmia, dopo gli anticipi registrati negli ultimi anni.
Ne è dimostrazione il fatto che per i primi giorni di settembre si stima l’arrivo in cantina di poco più del 15% delle uve, mentre solo due anni fa si parlava già di oltre il 40%. Anche quest’anno, ad aprire la vendemmia è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto.
Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon).
IL MERCATO
L’abbondante produzione italiana del 2018 ha avuto riflessi negativi sulle quotazioni dei vini che nel complesso
hanno segnato un -13% sulla precedente campagna. A determinare la riduzione dei listini sono stati soprattutto i vini comuni, da sempre i più esposti alle dinamiche dell’offerta internazionale e alla concorrenza degli altri Paesi
produttori, Spagna in primo luogo.
Il mercato dei vini comuni nella campagna 2018/2019, infatti, è stato caratterizzato da subito da ribassi piuttosto consistenti tanto che, soprattutto nei bianchi, in alcuni momenti si è tornati a sfiorare i prezzi di dieci anni prima.
Nel complesso l’ultima campagna si è chiusa con un -27% per i vini comuni, maturato da un -34% nel segmento dei
bianchi e da un -21% nei rossi. Per i vini a denominazione (Doc-Docg) la riduzione si è limitata al -6%.
“Una dimostrazione – evidenziano Assoenologi, Ismea e Uiv – che i vini di qualità hanno mercati in qualche modo più consolidati e meno esposti alla concorrenza dei prodotti dei paesi competitor”.
Il 2019 sembra avviato su binari piuttosto positivi, dopo un 2018 che aveva chiuso i battenti con esportazioni al di
sotto dei 20 milioni di ettolitri (-8% sul 2017) a fronte, comunque, di una crescita del valore che, ancora una volta,
aveva ritoccato il record positivo attestandosi sui 6,2 miliardi di euro.
Intanto, secondo elaborazioni Ismea su dati Istat, i primi 5 mesi del 2019 hanno segnato una decisa progressione delle esportazioni italiane a volume, attestate a 8,6 milioni di hl (+11% sullo stesso periodo dell’anno precedente),
a fronte di una meno che proporzionale progressione del valore che ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro (+5,5%).
Se i dati dei mesi successivi dovessero confermare questo trend, a fine anno si potrebbero sfiorare i 22 milioni di ettolitri per un introito che, finalmente, potrebbe arrivare al traguardo dei 6,5 miliardi di euro, sebbene ad un ritmo che si sta mostrando più lento rispetto alle attese di qualche anno fa.
Sul fronte export, c’è da registrare una progressione più marcata verso i Paesi Ue (+14% in volume e +6% in valore),
rispetto a quella verso i Paesi terzi (+6% e +5%). Questa dinamica è correlata chiaramente al mix di prodotto e al loro valore medio.
Ad avere avuto l’incremento più importante sono stati i vini comuni che, con 2 milioni di ettolitri hanno avuto una crescita del 19% a valore, accompagnata però da una lieve flessione degli introiti. I vini comuni, per lo più sfusi, hanno come naturale destinazione i mercati comunitari e la Germania in particolar modo.
Continua la crescita degli spumanti (+8% sia a volume che a valore) ma ormai senza l’incremento a doppia cifra a
cui eravamo abituati. Anche in questo caso bisogna considerare da una parte il Prosecco che continua a crescere
di oltre il 20% sia a volume che a valore mentre l’Asti, ad esempio, mostra delle difficoltà importanti a mantenere
quote di mercato.
L’export rappresenta circa la metà del fatturato complessivo per il vino italiano, uno sbocco di mercato tanto più
importante per lo sviluppo del settore vista la situazione interna che, dopo anni di flessioni, si sta ora assestando
sui 22,5 milioni di ettolitri e che potrebbe aumentare nel corso del 2019, fino a superare i 23 milioni.
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ROMA –Unione Italiana Vini (Uiv), Assoenologi e Ismea uniscono le forze in vista delle previsioni vendemmiali 2019. Mercoledì 4 settembre 2019 nella sede del Ministero delle Politiche Agricole, Ambientali, Forestali e del Turismo, i tre organismi ufficializzeranno la decisione.
L’obiettivo è “unire forze e competenze per fornire un quadro ancor più completo e dettagliato relativamente alle previsioni vendemmiali, che ogni anno rappresentano un momento cruciale per il mondo vitivinicolo, in grado di delineare con buona precisione l’andamento produttivo del vigneto Italia, fornendo alle imprese italiane dati fondamentali utili nel definire politiche e azioni da mettere in campo”.
Grazie a questa partnership eccellente tra i soggetti che in Italia rappresentano a pieno titolo, ognuno nel proprio ambito, un riferimento per il mondo del vino, sarà possibile amplificare l’efficacia di decenni di lavoro impiegati nel perfezionamento dell’acquisizione dei dati produttivi e della relativa analisi.
Attraverso la messa a sistema delle diverse esperienze e competenze, maturate da UIV e ISMEA da un lato e da Assoenologi dall’altro, si dà vita ad un lavoro di monitoraggio dell’andamento vendemmiale realizzato capillarmente in tutte le aree vinicole del Paese, portando al comparto un’occasione unica per leggere e interpretare le statistiche più complete di sempre.
Una gestione attenta e oculata del dato previsionale costituisce un elemento imprescindibile per uno sviluppo equilibrato del mercato a livello nazionale e internazionale, in grado di garantire stabilità alle contrattazioni e al mercato stesso.
Per questo motivo risulta facile immaginare quanto sia strategico fornire al mondo del vino italiano un’unica stima previsionale sulla vendemmia con un elevato valore di affidabilità e di dettaglio.
Per tale motivo è nata la nuova modalità di lavoro congiunto fra Unione Italiana Vini, Assoenologi e ISMEA, con la certezza di portare al comparto un nuovo punto di certezza sul quale fare affidamento.
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FIRENZE – Fotografato, postato e taggato. Il Chianti è re dei social, secondo solo al Prosecco. Numeri da capogiro quelli della classifica stilata dalla Fondazione Qualivita e Ismea sui vini Dop e Igp più seguiti e menzionati sui social in un anno, con i dati rilevati da novembre 2017 a novembre 2018.
Il Chianti si guadagna così la medaglia d’argento su 15 etichette, seguito da prodotti d’eccellenza come Brunello e Amarone.
E’ stato infatti citato sui social 117.459 volte, il 47% da italiani e a seguire, con il 32%, da statunitensi e britannici con il 2%. Il social preferito è Instagram 41%, seguito da Twitter con il 21%, poi il 16% sui siti di news e il 14% sui blog.
“Un ottimo risultato per il Chianti – commenta Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti – I social sono importantissimi per veicolare l’immagine di un prodotto, ancora di più per valorizzarne qualità e tradizione soprattutto fra i più giovani. Siamo felici di essere così condivisi e apprezzati, soprattutto da italiani, un bel segnale che rende merito al lavoro delle nostre aziende”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Con una netta inversione di tendenza rispetto al passato sono aumentati dell’8% i consumi di vino degli italiani negli ultimi cinque anni. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’OIV diffusa in occasione dell’incontro su “Mercati del vino e innovazioni in vigna” promosso a Palazzo Rospigliosi a Roma dal Comitato di supporto alle politiche di mercato del vino della Coldiretti coordinato dall’enologo Riccardo Cotarella e arricchito dalle competenze tecniche del professor Attilio Scienza e del direttore generale di Ismea Raffaele Borriello.
I RISULTATI
L’Italia con 22,6 milioni di ettolitri nel 2017 si colloca al terzo posto tra i maggiori consumatori dietro a Stati Uniti con 32,7 milioni ed una crescita del 5,7% nel quinquennio e Francia con 27 milioni che pero fa registrare un calo del 2,8% nel periodo considerato.
Il trend di aumento dei consumi in Italia è secondo solo alla Cina che grazie ad una crescita dell’8,2% nel quinquennio si classifica al quinto posto tra i paesi consumatori con 17,9 milioni di ettolitri, dietro alla Germania con 20,1 milioni ma con andamento stagnate (-1,3%) nello stesso periodo.
E’ in atto una rivoluzione sulle tavole degli italiani con i consumi che dopo aver raggiunto il minimo hanno invertito la tendenza con una decisa svolta verso la qualità del vino che – sottolinea Coldiretti – è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol.
Lo dimostrano – precisa la Coldiretti – il boom dei corsi per sommelier, ma anche il numero crescente di giovani ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini e cresce tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole con la proliferazione di wine bar e un vero boom dell’enoturismo che oggi genera un indotto turistico di quasi 3 miliardi di euro l’anno ed ha conquistato nell’ultima manovra il suo primo storico quadro normativo.
Un interesse che ha riguardato molti giovani a dimostrazione della capacità del nettare di bacco di incarnare valori immateriali e simbolici collocandosi sulla frontiera più avanzata di un consumo consapevole, maturo, responsabile, molto orientato alla qualità materiale e immateriale del prodotto.
INVERSIONE GLOBALE
In realtà, sottolinea la Coldiretti, si tratta di una tendenza in atto a livello globale con i consumi di vino che hanno raggiunto i 244 milioni di ettolitri nel 2017 con un aumento complessivo del 2% in un anno.
Una domanda alla quale risponde la produzione mondiale che nel 2018 si stima in 279 milioni di ettolitri, con un aumento del 13% rispetto al 2017 che era stato segnato da condizioni climatiche difficili di cui hanno risentito le produzioni di molti paesi.
L’Italia con 48,5 milioni di ettolitri si conferma primo produttore mondiale, seguita dalla Francia (46,4 mlioni), dalla Spagna (40,9 milioni), dagli Stati Uniti (23,9 milioni e dall’Argentina (14,5 milioni).
La produzione italiana seppur in aumento rispetto allo scorso anno è praticamente in linea con la media dell’ultimo decennio e dal punto di vista qualitativo sarà destinata per oltre il 70% dedicata a vini DOCG, DOC e IGT con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento per i vini da tavola.
In questo contesto – sostiene la Coldiretti – sono del tutte ingiustificate le riduzioni delle quotazioni dei vini all’origine anche tenendo conto delle giacenze e dell’aumento della domanda interna ed estera.
“Il vino rappresenta la prima voce dell’export agroalimentare e non è un caso che il fatturato realizzato all’estero superi ormai quello a livello nazionale”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini (nella foto) nel sottolineare che “il settore fa da traino all’intero Made in Italy che va sostenuto con una unica società di gestione della promozione sul modello francese della Sopexa per far crescere ulteriormente le esportazioni“.
La vendemmia in Italia impegna 310 mila aziende agricole e quasi 46 mila aziende vinificatrici su una superficie a vite di 652 mila ettari. Si tratta di una attività che – continua la Coldiretti – attiva un motore economico che genera oltre 10,6 miliardi di fatturato dalla vendita del vino, realizzato più all’estero che in Italia, che offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone tra quelle impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale e quelle presenti in attività connesse e di servizio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Le curiosità del vino Made in Italy sono protagoniste all’inaugurazione del Vinitaly nello stand della Coldiretti dove saranno mostrate le esperienze piu’ originali dalla vigna alla cantina, dall’imbottigliamento all’etichettatura. L’appuntamento è per domenica 15 aprile alle ore 9,30 al Vinitaly nello stand della Coldiretti nel Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7.
Con l’occasione sarà presentata l’analisi sui numeri del vino Made in Italy con un focus sulla prima “borsa” dei vini italiani e la mostra delle bottiglie che hanno avuto il maggior incremento delle vendite in Italia nell’ultimo anno.
Alle 15,30 nella Sala Rossini la Coldiretti nella giornata di apertura organizza l’incontro “La tutela delle denominazioni in Europa e nel mondo” con gli interventi, tra gli altri, del Direttore di Ismea Raffaele Borriello, del Presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella e del primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro e con le conclusioni del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Nello stand Coldiretti fino alla chiusura del Vinitaly di mercoledì 18 aprile si alterneranno nei diversi giorni esposizioni, dimostrazioni pratiche, mostre ed analisi mirate alla promozione e difesa del vino italiano nel mondo.
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“I dati dell’export 2017 ci consegnano un anno positivo ma non brillante. Va sottolineata la determinazione dei nostri imprenditori che, nonostante la crescente ondata protezionistica dei mercati e le grandi difficoltà di gestione dei fondi Ocm promozione, archiviano un altro anno di crescita delle esportazioni, anche nei volumi.
Sfioriamo ma non superiamo la soglia psicologica dei 6 miliardi di euro, cresciamo meno della Francia e rimaniamo fragili davanti alle turbolenze commerciali provocate dalla geopolitica, perché siamo ancorati ai due mercati storici del nostro export, Usa e UK. Con 2,2 miliardi di euro registrati nel 2017, questi due Paesi costituiscono infatti il 40% del valore del nostro export di vini fermi e spumanti, contro quote del 31% per la Francia e del 26% per la Spagna o del 20% per la Germania e quindi siamo in assoluto il Paese più esposto nel caso di ritorsioni sull’agroalimentare e di scenario Hard Brexit. Per questo motivo auspichiamo una risoluzione pacifica delle controversie sul fronte americano e un’opzione di uscita morbida della Gran Bretagna”.
Con queste parole Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta i dati sull’export 2017, elaborati da Ismea, prezioso partner di Osservatorio del Vino, sulla base di dati Istat, che disegnano un 2017 complessivamente in buona salute, ma che ancora paga l’agitazione commerciale dovuta all’instabilità politica.
EXPORT 2017: I DATI Lo scorso anno, infatti, sono stati esportati 21,4 milioni di ettolitri di vini e mosti, con un aumento del 4% sullo stesso periodo dell’anno precedente, consolidando un trend in atto già dalla fine del 2016. Il valore ha sfiorato i 6 miliardi di euro con un incremento più che proporzionale (+6,4%) rispetto ai volumi, a dimostrazione che anche il valore medio dei prodotti italiani consegnati oltre frontiera si è mosso su terreno positivo.
Le performance migliori si sono avute fuori dai confini comunitari: nei Paesi terzi (che nel 2017 rappresentano il 34% delle esportazioni in quantità e il 49% dei relativi introiti), è stato infatti registrato un + 8% rispetto al 2016 con introiti in crescita del 9%, mentre all’interno della Ue si è registrato +1% a volume e +4% in valore. Nel complesso, la progressione nel 2017 c’è stata, ma nonostante questo gli operatori non si dicono pienamente soddisfatti, auspicando una maggior accelerazione delle esportazioni e soprattutto un aumento della quota di mercato su alcuni mercati target.
“L’auspicio per questo 2018 – continua il Presidente di Uiv – è che il nuovo Ministro delle politiche Agricole abbia tra le sue priorità quella di risolvere la dinamica conflittuale Ministero-Regioni e di sbloccare i fondi promozione 2017-18, mettendo subito mano al decreto per l’annualità 2018-19. Questo insieme ad un governo capace di farsi sentire a livello europeo, in particolare sul tema della politica commerciale. Ad oggi, infatti, i fondi dell’Ocm promozione diventano ancora più urgenti per supportare un faticoso ma indispensabile lavoro di diversificazione dei mercati da parte degli imprenditori. L’ottimo lavoro che stiamo facendo con Ice ci aiuta ma anche noi imprenditori dobbiamo metterci una buona dose di coraggio. Peraltro, il successo recente della spumantistica italiana, insegna che i mercati possono aprirsi anche in maniera veloce quando un prodotto incontra i desideri dei consumatori”.
I TREND DEI VINI PER TIPOLOGIA Decisamente sopra la media del settore sono state infatti le performance degli spumanti, che registrano un +9% a volume e +14% a valore, con il Prosecco che rappresenta il 56% del totale spumanti esportato ed il 59% degli introiti corrispettivi. Sembra, nel frattempo, arrestata la flessione dell’Asti che nel 2017 ha messo a segno un +7% a volume e +6% a valore. Anche i vini frizzanti, intanto, riemergono dal lungo periodo di difficoltà, tornando a mostrare un segno positivo sia in termini di volumi (+2%) sia di valore (+6%). La crescita è interamente imputabile ai vini frizzanti Igp (+6% a volume e 7% a valore). Nota positiva, infine, anche per i vini fermi in bottiglia (il 48% del totale esportato a volume e il 63% del valore) che, dopo la frenata del 2016, sono tornati a crescere del +2% a volume e del 4% a valore.
“Dobbiamo essere sempre attenti a intercettare i nuovi trend di consumo, a fare opera quotidiana di scouting, e a utilizzare al meglio i fondi messi a disposizione dai piani di promozione del Mise-Ice e quelli dell’Ocm- spiega Ernesto Abbona. Dobbiamo anche iniziare a ragionare in modo nuovo anche sulla struttura della nostra offerta, trovando nuove forme di dialogo e sintesi tra brand e territori, superando logiche di confine amministrativo tra territori e regioni, ma anche di dinamiche verticali di filiera, che ci permettano – conclude – quella elasticità produttiva necessaria a rispondere alle istanze di un mercato in continua evoluzione”.
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Spumanti italiani protagonisti a Natale: durante le prossime festività, nel nostro Paese verranno stappate 66 milioni di bottiglie di spumanti italiani (+6% sul 2016; bottiglie da 0,75l), mentre all’estero 174 milioni (+11%).
Dai dati dell’Osservatorio del Vino, su stime Ismea, emerge che il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2017 con una produzione di circa 671 milioni di bottiglie (5,032 mln di hl, +9% sul 2016) ed un export di 3,7 milioni di ettolitri (quasi 500 milioni; bottiglie da 0,75l) se fosse confermato il trend gennaio-settembre dell’anno.
“Anche quest’anno – commenta Ernesto Abbona, presidente dell’Osservatorio del Vino – i vini spumanti italiani saranno protagonisti del Natale e, più in generale, delle festività. Da evidenziare l’incremento dei consumi sul mercato interno, che ci porta a due considerazioni molto significative: l’economia interna è in ripresa e i consumi sono favoriti da un clima di maggior fiducia; il consumatore sta facendo notevoli passi avanti in termini di crescita culturale nei confronti della qualità che siamo in grado di offrire, che ci fa ben sperare per il futuro di tutto il vino italiano”.
IL PROSECCO TRAINA
L’export, trainato dal Prosecco, vola a doppia cifra. “Ma come in più occasioni abbiamo ribadito – ammonisce Abbona – non possiamo affidare a questo prodotto, seppur vincente, la nostra penetrazione nei mercati stranieri. Stiamo lavorando da tempo, insieme all’ICE e al MISE, per individuare strategie efficaci affinché tutto il nostro vino di qualità venga percepito e apprezzato come tale all’estero. La situazione sta migliorando, ma c’è ancora molto lavoro da fare”.
L’export di vini spumanti italiani continua dunque a crescere. I dati Ismea su base Istat registrano infatti un incremento pari a +11% a volume e +14% a valore. In particolare, da gennaio a settembre sono stati esportati circa 2,5 milioni di ettolitri di vino per un incasso di 920 milioni di euro.
Performance sopra la media per gli spumanti Dop (+13% a volume e +15% a valore), mentre il Prosecco copre la quota preponderante delle esportazioni: da solo rappresenta infatti il 70% circa di tutti gli spumanti Dop e poco meno del 60% rispetto all’intero comparto spumantistico.
L’EXPORT
Tra i principali Paesi clienti, il Regno Unito si conferma il primo Paese di destinazione delle bollicine Italiane, dove si registra, sullo stesso periodo 2016, un incremento in valore del 13% per un corrispettivo di 267 milioni di euro (+10% in volume per circa 769 mila hl).
Al di sopra della media la performance degli Stati Uniti dove l’export vale oltre 217 milioni di euro (+17%) con una crescita anche in volume del 14% (531 mila hl). Dato interessante sulla Russia, che riporta una progressione in termini di valore e volume pari al 41%.
Dall’analisi Ismea, con il contributo del Cirve dell’Università degli Studi di Padova, partner dell’Osservatorio del Vino,in base ai dati dei primi nove mesi 2017 sui movimenti del vino spumante a livello mondiale, si può parlare di una crescita complessiva delle esportazioni pari all’11% in valore e in volume, contro un dato 2016 rispettivamente, del 4 e 7%.
In questo quadro, l’Italia prosegue il suo percorso di espansione nel mercato internazionale degli spumanti, con una crescita dei valori maggiore della media del mercato (+14%) e una crescita dei volumi in linea con quella del mercato (10%). Nel 2017 crescono anche le spedizioni degli altri grandi esportatori di spumanti.
La Francia tuttavia cresce meno dell’Italia (+9,6% in valore, + 8,5% in volume) e la Spagna cresce più dell’Italia in volume ma con prodotti di minor pregio, pertanto la crescita in valore risulta minore rispetto all’Italia (+10% in valore, + 18% in volume).
“Questi dati consentono di chiudere il 2017 con un moderato ottimismo – conclude Abbona – di buon auspicio per il prossimo anno. Il nostro augurio per queste festività è che la tradizione italiana, con i suoi sapori, le sue passioni e la sua storia, sia il filo conduttore per passare un ‘gustoso’ e sereno Natale”.
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Sono stati diffusi in mattinata i dati Istat elaborati da Ismea relativi all’export del vino italiano nel periodo gennaio – luglio 2017. Le tabelle riportano una crescita in volume del 7%, per circa 12 milioni di ettolitri di vini e mosti, e in valore dell’8%. Per un corrispettivo di 3,3 miliardi di euro.
Nei Paesi terzi è stato esportato l’8,5% in più rispetto ai primi sette mesi del 2016, con introiti in crescita del 9%. In termini di quote, con i dati dei primi sette mesi dell’anno, i Paesi terzi rappresentano il 34% delle esportazioni a volume ed il 50% a valore.
Sopra la media del settore le performance degli spumanti, soprattutto quelli a Denominazione, che fanno registrare un +13% a volume e un +15% a valore. Il Prosecco da solo rappresenta il 56% delle esportazioni complessive degli spumanti Dop, con 1.061.738 di ettolitri che valgono circa 413 milioni di euro.
Decisamente positivo il risultato delle esportazioni italiane in Cina trainate dai vini in bottiglia, che hanno registrato una crescita del 19% a volume e +25% a valore rispetto all’analogo periodo del 2016. Anche la Russia cresce a doppia cifra in tutti i segmenti del vino italiano a partire dai vini in bottiglia (+41% a volume e +47% a valore) che rappresentano il 52% del totale esportato. Importante anche il dato relativo agli spumanti italiani esportati in Russia che vede una crescita pari a +20% se confrontati ai primi sette mesi del 2016
IL COMMENTO
“La qualità degli imprenditori vitivinicoli italiani e l’eccellenza del nostro vino – commenta Ernesto Abbona, Presidente di Osservatorio del Vino – continuano a macinare record dell’export con un trend di aumento dell’8% a valore che ci dovrebbe portare a superare la soglia dei 6 miliardi di euro nel 2017. Migliora la bilancia commerciale del nostro export ma, purtroppo, cala la competitività dei nostri vini”.
“Il risultato positivo, infatti – continua Abbona – non deve nascondere la perdita preoccupante di posizioni rispetto ad altri competitor che crescono più di noi; in alcuni mercati di riferimento le importazioni complessive sono aumentate mediamente di più rispetto alle nostre performance. Gli USA sono un esempio emblematico: la domanda cresce nel complesso oltre il 10% e noi ci fermiamo sotto il 3%, con la Francia che segna, invece, aumenti del 21% in quantità e del 23% in valore, tallonando il nostro storico primato”.
Abbona invita però a non credere in facili trionfalismi. “E’ urgente – sostiene – tornare ad investire come ‘sistema Paese’ sul vino italiano per mantenere le quote di mercato e difendere quel primato, faticosamente ottenuto, e che oggi rischiamo di perdere. Lanciamo un monito alle amministrazioni affinché le incertezze anche rispetto al quadro normativo nazionale e la mancata disponibilità di tali fondi per le imprese non si ripetano più, così da evitare che le nostre imprese perdano importanti quote di mercato nonostante il loro impegno”.
“I numeri positivi dell’export – interviene Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini – testimoniano il gran lavoro portato avanti dai nostri imprenditori che riescono a migliorare le performance commerciali del vino italiano nonostante sia venuto a mancare, in parte, il supporto dei fondi europei per la promozione nei Paesi terzi, che negli anni passati ci avevano permesso di sostenere un ritmo importante di crescita. Stiamo patendo la concorrenza con i competitor europei che hanno potuto godere appieno delle risorse previste dall’OCM promozione e i dati sull’export negli USA ne sono una testimonianza”.
“La vitalità imprenditoriale e l’eccellenza delle nostre produzioni, di cui siamo orgogliosi – aggiunge Castelletti – non possono essere lasciati soli, ma necessitano del supporto delle Istituzioni in una logica di sistema. I fondi per la promozione previsti dalla OCM sono a disposizione delle imprese e non possono rimanere ostaggio di conflitti politico/amministrativi o inefficienze burocratiche”.
“L’auspicio – conclude Castelletti – è che, a breve, quando diventeranno operativi i fondi OCM appena sbloccati e saranno a regime le azioni di promozione istituzionale a carattere pluriennale definite da MISE/ICE sui mercati americano e cinese, si possano recuperare velocemente le posizioni conquistate negli anni passati, migliorando strutturalmente le performance del nostro export”.
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Dopo i commenti sulle previsioni vendemmiali 2017, ecco il quadro regione per regione. A tratteggiarlo è Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, in collaborazione con Uiv, Unione italiana vini.
La vendemmia è arrivata dopo un’annata decisamente anomala, segnata da un inverno mite e asciutto e da gelate tardive, mentre la prolungata siccità e le elevate temperature per tutta la stagione vegetativa, hanno indotto stress idrico ai vitigni e importanti anomalie nel ciclo di maturazione delle uve.
“La prima conseguenza – evidenziano Ismea e Uiv – si è concretizzata in un sensibile anticipo della vendemmia che lungo la Penisola passa dalla ‘fisiologica’ settimana alle più anomale due o tre settimane di alcune aree produttive. In Sicilia e Sardegna la vendemmia è stata avviata intorno al 20 luglio, molto prima del tradizionale inizio di campagna dei primi di agosto”.
Allo stato attuale, si stima che nei primi giorni di settembre oltre la metà delle uve sia già stata raccolta e avviata alla vinificazione. “Le perdite delle uve precoci – aggiungono Ismea e Uiv – potrebbero essere parzialmente compensate dalle eventuali piogge di settembre che garantirebbero un miglioramento dello stato vegetativo delle uve più tardive (con particolare riferimento a quelle a bacca rossa”).
In caso contrario, i futuri aggiornamenti delle stime di produzione potrebbero indicare un valore inferiore alla soglia dei 40 milioni di ettolitri. La seconda conseguenza riguarda gli aspetti qualitativi della produzione.
UVE PIU’ SANE DELLA MEDIA
Il clima caldo e secco ha favorito uve molto più sane della media, caratterizzate da una sensibile riduzione di fitopatie, come peronospora e oidio, a cui è seguito un minore numero di trattamenti fitosanitari.
Allo stesso modo, il grado zuccherino risulta superiore lungo tutta la Penisola mentre la ridotta escursione termica tra giorno e notte non ha favorito l’ottimale sviluppo degli aromi. Le uve bianche presentano in generale un’acidità minore della media, mentre le uve rosse mostrano un minore contenuto di antociani e una conseguente non ottimale colorazione della bacca.
Ismea e Uiv tirano così le somme: “La vendemmia 2017, pertanto, presenta alcune anomalie sia quantitative che qualitative che, con le dovute differenze tra zone di produzione, dovranno essere gestite accuratamente in cantina durante la fase di vinificazione”.
SERVE UN NUOVO MODELLO AZIENDALE?
Da un punto di vista più generale, la vendemmia 2017 registra il riaccendersi del confronto tra gli operatori sulle problematiche legate ai cambiamenti climatici e agli strumenti agronomici, organizzativi e finanziari che consentono di mitigare gli effetti negativi sul livello produttivo. Se il dibattito agronomico si incentra sulle varietà più resistenti alla siccità e al corretto utilizzo delle irrigazioni di soccorso, l’annata in corso ha messo in luce le difficoltà e le rigidità dei modelli organizzativi aziendali.
“L’anticipo della vendemmia, con la sovrapposizione di cicli di conferimento di uve raccolte precedentemente in periodi ben definiti – evidenziano Ismea e Uiv – ha costretto le aziende a rivedere sia i piani in vigna che, soprattutto, quelli di gestione della cantina. Mai come quest’anno i fattori di organizzazione aziendale, di adeguamento dei sistemi produttivi e di mitigazione del rischio faranno la differenza sui risultati economici, introducendo un ulteriore elemento di discrimine competitivo. Le previsioni di produzione Ismea-Uiv si inseriscono in un quadro economico che conferma il trend positivo del settore di questi ultimi anni”.
I LISTINI DEI VINI I listini dei vini comuni, storicamente più sensibili dei Doc-Docg alle oscillazioni produttive, mostrano una tendenza all’aumento. Secondo le rilevazioni Ismea, infatti, la campagna si è aperta con i prezzi di agosto in crescita del 4% sui bianchi comuni e del 2% sui rossi comuni rispetto a luglio. Anche su base tendenziale, quindi su agosto 2016, si evidenziano prezzi in aumento, soprattutto per i bianchi.
Si conferma d’altra parte, il buon momento delle esportazioni di vino italiano sui mercati esteri. Elaborazioni Ismea su dati Istat registrano, per i primi cinque mesi del 2017, un incremento del +6,2% in volume, accompagnato dal +6,4% in valore. Se tale valore di crescita venisse confermato a fine anno, le vendite italiane arriverebbero alla soglia dei 6 miliardi di euro per un volume superiore ai 21 milioni di ettolitri.
PIEMONTE Nel 2017 il vigneto del Piemonte è stato esposto, come il resto della Penisola, a caldo e siccità, cui si sono aggiunte anche altre avversità meteo quali le gelate tardive e le grandinate, verificatesi sia in primavera che in estate.
Dopo un inverno contraddistinto da un clima piuttosto mite con rare nevicate e pochi giorni con temperature al di sotto dello zero, anche la primavera è iniziata con il bel tempo, ma poi c’è stata una brusca inversione di tendenza.
Appena dopo la metà di aprile, una ventina di giorni di freddo, anche intenso, hanno determinato infatti un forte abbassamento delle temperature, con numerose gelate tardive e alcune grandinate precoci, in particolare nella zona del Barbaresco, nelle Langhe.
Dopo la prima decade di maggio, la situazione climatica è gradualmente migliorata e le temperature hanno ripreso a salire. Da metà giugno in poi si sono avuti due elementi costanti: temperature elevate, a volte anche esagerate, fino a sfiorare 40 °C, e assenza pressoché totale di precipitazioni.
Il germogliamento è iniziato con circa due settimane di anticipo rispetto alla media e anche fioritura e allegagione sono state anticipate, ma non sempre hanno potuto contare su condizioni climatiche favorevoli, mostrando quindi una certa disomogeneità tra le diverse zone. L’accelerazione dello stato vegetativo si è ripresentata con l’invaiatura, con situazioni di totale eccezionalità: molte delle vigne hanno invaiato nei primi 20 giorni di luglio, con una ventina di giornate di anticipo sul dato medio. L’anticipo della raccolta è stato in alcuni casi anche di 30 giorni rispetto a una vendemmia considerata normale.
È stato fondamentale il monitoraggio costante delle curve di maturazione vigneto per vigneto per raccogliere e portare in cantina le uve nelle migliori condizioni possibili. Se le operazioni di raccolta continueranno con questa cadenza si potrà chiudere la vendemmia prima della fine di settembre.
L’assenza di precipitazioni e il clima caldo hanno però scongiurato l’insorgere di problematiche fitosanitarie, ad eccezione di alcuni attacchi di oidio.
LOMBARDIA (-27,5%)
La stagione vegetativa è iniziata con un anticipo di circa 10 giorni rispetto alla media. Le fasi fenologiche successive si sono svolte regolarmente salvo essere poi bruscamente interrotte da una seria gelata primaverile che ha colpito prioritariamente i vigneti dell’Oltrepò Pavese e della Franciacorta. In quest’ultima zona ha avuto poi impatto negativo anche la grandine, caduta ad estate avanzata.
Altro fattore comune è stato il decorso siccitoso dell’estate. Questi fattori, se pur non egualmente presenti in tutta la regione, hanno determinato un calo produttivo medio stimato nell’ordine del 25-30%, anche se in alcuni areali la percentuale di perdita è stata notevolmente più elevata.
Buona, con punte di ottimo, tuttavia la qualità delle uve. Le uve basi spumante, la cui raccolta è iniziata nei primissimi giorni di agosto, hanno evidenziato corretti valori di tenore zuccherino ed acidità. La vendemmia è entrata nel vivo dalla seconda metà di agosto e ad ora si stima che sia stato portato in cantina circa il 70% del prodotto. Molto bassa l’incidenza di attacchi patogeni.
VALLE D’AOSTA (-32,5%)
La perdita produttiva è imputabile in primo luogo alle gelate primaverili e in seconda battuta alla grandine. L’incidenza di fitopatie è stata mediamente bassa, fatta eccezione per l’oidio la cui presenza è stata superiore alla norma.
LIGURIA (-25%)
La siccità è, invece, alla base della perdita produttiva della Liguria. Cacciata, fioritura e allegagione erano state ottime, ma la prolungata siccità e il caldo estivo, cui si sono aggiunte le grandinate di luglio in provincia di Imperia, hanno complicato il processo di maturazione. Le uve sono comunque sane e con una gradazione dai 3 ai 5 gradi superiore allo scorso anno.
VENETO (-17,5%) Anche in Veneto il calo produttivo è da imputare a un mix di eventi sfavorevoli che hanno preso l’avvio in aprile (gelate) e si sono intensificati con l’estate (stress idrico e alcune grandinate). A questi fattori si è sommata anche la minor produttività fisiologica delle viti, dovuta all’abbondante produzione del 2016, in parte compensata dall’entrata in produzione di nuovi impianti. In definitiva, la flessione, sebbene significativa, dovrebbe attestare la produzione regionale sostanzialmente sui livelli medi.
Anno difficile, comunque, per fare previsioni perché si è registrata una forte variabilità non solo tra i diversi areali della regione, ma anche tra vigneti contigui. A fare la differenza è stato sicuramente il ricorso all’irrigazione di soccorso, ma anche la diversa esposizione del vigneto o l’ubicazione in termini altimetrici. Abbastanza confortanti, intanto, i primi dati sulle rese uva/vino che risultano superiori a quanto ci si aspettasse.
Nel Veronese, ad ora, nella zona del Valpolicella e del Soave si stima una flessione inferiore alla media regionale, mentre potrebbe essere superiore alla media nel Bardolino, dove la gelata di aprile ha interessato circa un migliaio di ettari e la grandine del 10 agosto una zona più ristretta. Più consistente invece la riduzione prevista spostandosi ulteriormente ad est nella provincia di Vicenza (Colli Vicentini, Gambellara), in cui la gelata del 19 aprile ha fatto danni rilevanti. Limitata la flessione delle uve destinate ai “Prosecchi”.
Per il Conegliano Valdobbiadene Docg le quantità sono nella media dello storico. Nel caso del Prosecco Doc i cali di resa in alcuni areali sono stati compensati dall’entrata in produzione dei nuovi impianti stabiliti nel 2016, dallo sblocco della riserva vendemmiale 2016 e dall’ammissione straordinaria di altri 2.000 ettari per la sola annata 2017.
Le uve si presentano complessivamente sane, non essendosi create le condizioni per emergenze fitosanitarie particolari, di buona qualità e caratterizzate da maturazioni tipiche delle annate calde. L’anticipo di vendemmia è di circa una settimana rispetto alla norma.
TRENTINO ALTO ADIGE (-12,5%) Decisamente contenuta, rispetto alla media nazionale, la flessione stimata nella regione. A condizionare il risultato sono state le avversità meteo legate soprattutto alle gelate e alla grandine. L’annata viticola in Trentino è stata caratterizzata da una partenza molto precoce della vegetazione, con un ritorno di freddo nella terza decade di aprile accompagnato da gelate che hanno danneggiato soprattutto i vigneti di fondovalle.
Poi è seguito un periodo di siccità nel mese di maggio che ha richiesto il soccorso degli impianti d’irrigazione a goccia. Il caldo di luglio ha accelerato la maturazione delle uve, ma ad agosto il protagonista è stato ancora il maltempo. Bombe d’acqua accompagnate da venti molto forti e da grandinate hanno colpito in particolare la Piana Rotaliana e la zona di Giovo in Val di Cembra.
La vendemmia, anticipata di circa dieci giorni, rispetto alla media, è iniziata subito dopo ferragosto con le uve base spumante e proseguita con Pinot grigio e Muller Thurgau. Dalla seconda settimana di settembre si inizierà con le uve rosse. La qualità delle uve oscilla tra il buono e l’ottimo e si confida molto nelle tradizionali escursioni termiche tra il giorno e la notte, così da permettere alle uve rosse di raggiungere la completa maturazione anche per quanto riguarda aromi e polifenoli.
In provincia di Bolzano la vendemmia è iniziata piuttosto precocemente (circa 10 giorni rispetto al 2016) nell’ultima settimana di agosto nella zona di Terlano con la raccolta del Sauvignon bianco. Rispetto al Trentino la situazione legata alle gelate di aprile è risultata meno problematica, in quanto i vigneti altoatesini sono principalmente situati a più alta quota.
Di contro, le grandinate di agosto hanno colpito le zone della Bassa Atesina e la Valle d’Isarco. Complessivamente la qualità delle uve è considerata da buona a ottima. Le malattie fungine sono state ben contenute e sono stati minimi i danni da tignola e tignoletta.
FRIULI VENEZIA GIULIA (-11,5%) L’annata meteorologica ha avuto un decorso generalmente favorevole fino alla gelata della seconda metà di aprile, cui sono seguiti caldo e siccità in estate. A creare ulteriori problemi è intervenuta una grandinata nella prima metà di agosto. Il clima secco e caldo ha però contribuito ad avere uve sane: la peronospora ha inciso per il 50% in meno rispetto al 2016 e la botrite ha colpito meno del 5% dei grappoli.
Anche in Friuli il grado zuccherino dell’uva è elevato, il più alto delle ultime cinque campagne. Il peso medio degli acini è superiore del 35% rispetto a quello dello scorso anno (con un rapporto polpa/buccia favorevole alla prima), ma ci sono meno acini per grappolo e meno grappoli per pianta.
La raccolta delle varietà per basi spumante è iniziata il 21 agosto, con un anticipo di circa 6 giorni sulla media storica. Tra i vini bianchi, i primi a essere stati raccolti, quindi quelli che hanno sofferto di più caldo e siccità, si fanno ottime previsioni qualitative per Pinot grigio, Friulano e Sauvignon.
EMILIA ROMAGNA (-25%)
La vendemmia dell’Emilia Romagna arriva dopo diverse vicissitudini climatiche che hanno pesantemente condizionato il risultato produttivo: ai danni da gelate si sono aggiunti quelli da siccità e grandine nei mesi estivi. L’avvio vegetativo ha mostrato un anticipo almeno di una settimana rispetto alla media, poi le fasi fenologiche si sono succedute regolarmente fino alla gelata della terza decade di aprile.
Gli effetti da gelata sono stati molto eterogenei e si sono differenziati per vitigno ed esposizione. L’Ancellotta è la varietà che ha subito più danni, mentre il Lambrusco Salamino è quello che ha avuto meno conseguenze negative. La maturazione è stata buona, ma certamente condizionata dalle alte temperature e da una prolungata assenza di piogge.
In regione ha piovuto meno di quanto non avesse fatto in tutto il 2015, altro anno annoverato come caldo e siccitoso, con danni soprattutto nelle zone collinari. Si è fatto ricorso all’irrigazione di soccorso con gli invasi ridotti spesso ai livelli minimi.
La vendemmia, iniziata con circa due settimane di anticipo sulla media nelle zone collinari e di dieci giorni in pianura, si prospetta con un forte calo produttivo, anche a causa della resa in vino più bassa dello scorso anno. A questo però si affianca una qualità dal buono all’ottimo, dovuta anche alla pressoché totale assenza di fitopatie, e una gradazione delle uve leggermente più alta dello scorso anno.
TOSCANA (-32,5%)
Annata difficile quella del vigneto toscano, segnata in modo importante dalla siccità che ha colpito più o meno tutta la regione, con difficoltà a compensare la mancanza di pioggia attraverso interventi di irrigazione di soccorso. Le gelate di aprile, tra il 18 e il 20, hanno colpito alcune zone del Chianti, del Nobile, della Vernaccia, andando a compromettere parte della cacciata che era stata da buona a ottima in tutta la regione.
Questo ha chiaramente avuto ripercussioni negative su tutte le fasi successive, a partire dalla fioritura. Nelle zone non colpite dalle gelate, invece, fioritura, allegagione e invaiatura sono risultate mediamente buone, con punte di ottimo nella zona costiera a nord della Toscana, dove l’allegagione è avvenuta con circa 20 giorni di anticipo.
Poco significativa l’incidenza di malattie in tutta la regione e le uve si presentano dunque sane e con una gradazione più elevata rispetto agli ultimi cinque anni. Anche in Toscana lo sviluppo vegetativo ha sovvertito un calendario considerato normale, soprattutto laddove gli anticipi si possono conteggiare tra i 18 e i 21 giorni.
Per quando riguarda la quantità delle uve, si prevede una vendemmia generalmente scarsa, con cali contenuti nella zona del Morellino fino ad arrivare anche a punte di -40% nelle zone del Chianti, di Montepulciano e Massa Marittima. Come sempre, per la vendemmia del Sangiovese sono decisivi i primi giorni di settembre anche se molti danni da siccità non sembrano più sanabili
Problema che affligge i vigneti toscani, e che pare un unicum nel panorama nazionale, è la presenza degli ungulati, i cui danni alle vigne devono essere ormai conteggiati nelle cause di riduzione produttiva.
UMBRIA (-35%) Due gli eventi principali che hanno caratterizzato questa annata in Umbria: la gelata di fine aprile e l’eccezionale siccità che si è protratta per tutta l’estate, da giugno ad agosto. La gelata ha colpito in particolare i vitigni più precoci, che in quel momento avevano già germogliato e che hanno dovuto ricominciare il ciclo. Meno problemi per le uve più tardive che erano all’inizio del germogliamento.
L’estate calda, con una scarsa escursione termica tra il giorno e la notte, ha comportato un anticipo di alcuni parametri di maturazione, quali gli zuccheri, di almeno 15 giorni. Una delle sfide di questa vendemmia sarà quella di portare in cantina uve con parametri più possibile equilibrati visto che la raccolta è iniziata nei primi giorni di agosto.
Le uve tradizionalmente precoci, Chardonnay, Sauvignon e Pinot nero, sono risultate sane anche se con una lieve carenza di acidità. Poi toccherà a Sangiovese e Sagrantino e, in particolare per quest’ultimo, un lieve abbassamento delle temperature e qualche pioggia, potrebbero comportare un’evoluzione migliorativa rispetto alle aspettative attuali.
MARCHE (-27,5%) Anche le vigne marchigiane si sono trovate ad affrontare le gelate tardive, giunte il 22 e 23 aprile, che hanno imposto una selezione naturale nei vigneti della regione. Dal freddo si sono salvate diverse zone dei Castelli di Jesi, là dove il mare con i suoi benefici influssi ha mitigato la morsa del gelo. Il maltempo ha segnato ancora, negativamente, le sorti della vendemmia 2017 con la grandine nella terza decade di giugno e ancora nella seconda di luglio.
L’annata meteorologica ha mostrato tutta la sua complessità nel periodo estivo, con siccità e alte temperature che hanno messo a dura prova soprattutto i vigneti collinari, dove l’approvvigionamento idrico risulta più difficoltoso rispetto agli impianti di pianura.
Si registra, in positivo, la pressoché totale assenza di patologie fungine, che ha dato modo alle viti, dopo le dure prove del freddo, di sviluppare uve in ottima salute. Cronologicamente ci si è trovati ad affrontare una vendemmia anticipata di 15 o 20 giorni. La raccolta dei bianchi internazionali e delle basi spumante è già avvenuta, per la vendemmia del Verdicchio si inizierà intorno alla metà di settembre.
Quest’anno i grappoli sono più piccoli della media, la buccia degli acini è più spessa e le uve presentano un minore grado di acidità. La qualità sarà nel complesso buona. Si spera in una normalizzazione del clima e in qualche pioggia che possa far recuperare quantità sul Montepulciano, vitigno tardivo.
LAZIO (-32,5%)
Un inverno mite ha fatto partire il ciclo vegetativo in anticipo rispetto agli anni passati. Poi la gelata primaverile ha interrotto la cacciata delle viti in buona parte dei vigneti di quota e di fondovalle, provocando una riduzione della produzione. L’estate che è seguita è stata caratterizzata da siccità e alte temperature come non si ricordava da molto tempo.
Per circa tre mesi non è mai piovuto, a parte alcune sporadiche piogge nelle denominazioni più interne, e per circa 60 giorni le temperature registrate sono state superiori ai 30°, con punte di oltre 40, e con scarso gradiente giorno/notte. Bassa l’incidenza delle malattie nel vigneto, quasi assente la peronospora, appena più alta la presenza dell’oidio.
Le uve nei vigneti appaiono sanissime, leggermente “abbronzate” le bianche. La loro qualità si preannuncia buona: meno profumi e gradazione molto superiore alla media. Per i vitigni non ancora totalmente vendemmiati, come il Cesanese, il Montepulciano e il Merlot, si ritiene che qualche pioggia di inizio settembre possa ancora riequilibrare la situazione.
ABRUZZO (-30%)
Un inverno che, inizialmente, sembrava avaro di neve si è riscattato in extremis con abbondanti nevicate tardive, che sono risultate una preziosa riserva d’acqua nella torrida estate abruzzese. La seconda decade di aprile ha visto, invece, l’affacciarsi di un gelo tardivo che ha colpito i fondivalle e i vigneti più in quota della regione, intaccando il ciclo vegetativo delle varietà più precoci. Poche, fortunatamente, le grandinate, con qualche piccola eccezione durante il mese di giugno nel sud del territorio regionale.
Poche le difficoltà di ordine fitosanitario, tra cui qualche attacco di oidio mentre sono state praticamente assenti peronospora e altre patologie. Il caldo eccessivamente prolungato, sia nelle altissime temperature diurne, sia in quelle notturne, accompagnato dalla quasi totale assenza di precipitazioni, ha comportato una significativa riduzione della quantità di uve subito evidente nelle più precoci (bianche internazionali e Pecorino) portate in cantina con un anticipo di 15-20 giorni sulle tabelle tradizionali.
Di contro, si registra un perfetto stato sanitario, sia sulle uve convenzionali che bio, sebbene con una leggera disidratazione e un lieve deficit in acidità. Per i restanti bianchi ancora in vigna, Trebbiano in particolare, generalmente resistente alla siccità, si auspica l’assenza di precipitazioni che a questo punto potrebbero risultare più che altro nocive. Discorso a parte merita il Montepulciano, vitigno rosso più importante della regione, molto tardivo, per il quale qualche pioggia potrebbe ancora essere utile all’assestamento di quantità e qualità su valori normali.
CAMPANIA (-12,5%) La situazione regionale appare, in termini percentuali meno problematica rispetto alla media nazionale. Questo però è attribuibile solo al fatto che il confronto viene effettuato rispetto ad un 2016 particolarmente scarso a causa, soprattutto, del cattivo tempo e delle alluvioni.
Le prime fasi vegetative, in realtà, avevano fatto pensare al ritorno ad una produzione nella normalità, ma la scarsità di piogge ed il gran caldo hanno contribuito ad avere un’altra scarsa produzione. Da segnalare che in alcune aree anche le gelate primaverili avevano già compromesso la resa in uva.
CALABRIA (-25%) La siccità ha avuto ripercussioni pesanti anche in Calabria dove, comunque, la vendemmia è ancora all’inizio e si spera nelle piogge per recuperare sia quantità che qualità. Particolarmente scarse anche le vendemmie in Basilicata (-32%) e Molise (-25%).
PUGLIA (-30%) Condizioni climatiche particolarmente anomale durante tutte le fasi vegetative hanno influito sui risultati della vendemmia pugliese 2017. A fine aprile vi sono stati abbassamenti di temperatura che, in alcune zone della Puglia, hanno da subito provocato perdite di prodotto. Il prosieguo della stagione è stato invece caratterizzato da un lungo periodo di alte temperature e siccità.
Da un punto di vista fitopatologico la stagione è stata tranquilla, perché l’assenza di pioggia non ha creato condizioni favorevoli alla proliferazione di patogeni, quali peronospora e botrite. Le uve giunte in cantina sono risultate mediamente più sane rispetto alle passate stagioni e con una gradazione superiore.
Complessivamente, quindi, la stagione in corso sembra caratterizzarsi per due fattori. Da una parte, forti cali produttivi, per i quali notevole è stato il contributo della siccità. Dall’altra, la qualità dell’uva e dei vini bianchi e rosati è considerata ottima. Per i rossi allo stato attuale potrebbe esserci il rischio che non vi sia allineamento tra la maturazione tecnologica (zuccheri e acidità) e quella fenolica (tannini e antociani).
SICILIA (-35%) La vendemmia siciliana del 2017 sarà annoverata come una delle più precoci degli ultimi decenni, tanto che i primi grappoli sono stati portati in cantina il 22 luglio. L’eccessivo caldo ha dato un’accelerata alla fase della maturazione, costringendo a un anticipo delle operazioni in vigna, perfino di 15 giorni, per quasi tutte le varietà, comprese le rosse. Le alte temperature, che non hanno risparmiato neppure le ore notturne, hanno falsato la fase della maturazione portando ad una rapida disidratazione delle uve.
Dopo un inverno e una primavera piuttosto miti, in termini di temperature, e con sufficienti livelli di precipitazioni, l’arrivo dell’estate ha fatto salire vertiginosamente i termometri, con la colonnina di mercurio che, soprattutto nelle aree più interne, si è per più giorni consecutivi attestata anche oltre i 40 gradi.
A questo si è sommata l’assenza totale di piogge. Risultato: rese che si prevedono in netto ribasso, con percentuali variabili in base al ricorso, o meno, all’irrigazione di soccorso dei vigneti. Anche in questa regione comunque, è toccato fare i conti con il problema della capacità degli invasi di rispondere alla domanda dei produttori, non solo viticoli.
Meno problematica rispetto ad altre zone l’area dell’Etna in cui il caldo estivo è stato in parte mitigato dall’effetto altura. In linea generale, a soffrire meno sono stati i vitigni situati nelle aree più vocate e quelli la cui gestione oculata della chioma ha permesso di proteggere i grappoli dai raggi del sole. Le uve che sono riuscite a superare l’ondata di calore senza bruciarsi, mostrano una qualità molto buona e una gradazione piuttosto elevata.
SARDEGNA (-35%) La situazione è simile anche nell’altra grande Isola. Alla flessione della quantità delle uve, a causa delle gelate primaverili, della mancanza di pioggia e dell’eccessivo e prolungato caldo, si aggiunge anche la riduzione delle rese uva/vino. In Sardegna, come in Sicilia, la vendemmia ha avuto inizio l’ultima settimana di luglio, con un anticipo di più di due settimane sul normale calendario.
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“Categorie di pensiero più radicate nella psicologia che nella scienza alimentare e frutto di temporaneità modaiola, che ritengo non saranno proiettate credibilmente e in modo duraturo nel futuro”.
Dichiarazioni che lasciano il segno quelle rivolte “ai crudisti, ai vegani, ai freegan e ai fruttariani” da Stefano Berni, direttore generale Consorzio Grana Padano.
Parole forti sul palco di Rimini, che il 21 agosto ha ospitato il convegno ”Cibo e salute: dai superfood ai vegani, dal biologico allo street food”.
LE DICHIARAZIONI “Oggi – ha dichiarato Berni – al cibo non si chiede solo di essere buono, ma di essere soprattutto sano e sostenibile. Il consumatore deve essere informato con lealtà e trasparenza rispetto a cosa mette nel carrello della spesa, o a ciò che ordina al ristorante. Ecco perché risulta indispensabile accelerare il percorso che porta alla trasparenza assoluta sulle etichette dei prodotti e sui materiali o sugli strumenti di comunicazione utilizzati per descriverli”.
“In un certo senso – ha continuato Berni – il biologico, quando non frutto di millanterie importate, ha da tempo intrapreso questo percorso. Una strada certamente più costosa ma solida e credibile, che è percepita come completa ed equilibrata. Credo però non sia la stessa cosa per tutte quelle tendenze radicali e assai meno equilibrate di cui si sente parlare in questo tempo”.
“L’EMERGENZA FAST FOOD”
“C’è inoltre una nuova emergenza – ha aggiunto Berni – legata alla velocità e alla riduzione del tempo da dedicare all’alimentazione, oltreché alla sempre minor preparazione casalinga dei pasti . Infatti, nel 2016 il 35% della spesa dedicata all’alimentazione è avvenuta fuori casa presso la ristorazione di ogni livello dove, inevitabilmente, la scelta degli ingredienti è molto subita dagli avventori. Questo comporta, purtroppo, che spesso siano proposti prodotti similari a quelli DOP o IGP che svolgono lo stesso servizio, non si vedono e costano molto meno”.
Sempre secondo Berni, “esiste un solo denominatore comune condivisibile dai consumatori, che parla la lingua della genuinità, della salubrità e della qualità”. “Tutto il resto – ha concluso il direttore generale del Consorzio Grana Padano – è finto e non porta vantaggi né al mercato né soprattutto a chi quotidianamente da fiducia ai produttori italiani acquistando prodotti che crede originali ma che invece sono camuffati ad arte”.
Al meeting sono intervenuti anche Enrico Corali (presidente Ismea), Pompeo Farchioni (presidente e amministratore di Farchioni Olii Spa), Roberto Moncalvo (presidente di Coldiretti), Giancarlo Paola (amministratore Delegato di Gmf – Gruppo Unicomm).
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I dati Istat elaborati da Ismea sull’export del vino italiano nel primo trimestre 2017 riportano una crescita in volume del 7,6% per circa 5 milioni di ettolitri e in valore dell’8% per un corrispettivo di 1,3 miliardi di euro.
Dati poco entusiasmanti quelli diffusi attraverso l’Osservatorio del vino. Di fatto risulta evidente una generale situazione di stasi relativamente al valore medio della bottiglia.
Nei Paesi terzi è stato esportato il 9% in più rispetto al primo trimestre del 2016 con introiti in crescita del 10%. In termini di quote, con i dati del primo trimestre, i Paesi terzi rappresentano il 34% delle esportazioni a volume ed il 51% a valore.
È opportuno prendere questi dati con le dovute cautele. Per chiudere il 2017 con risultati incoraggianti è indispensabile che i fondi OCM promozione Paesi Terzi siano resi disponibili alle imprese da parte del Mipaaf, consentendo così investimenti per oltre 200 milioni di euro che aiuterebbero il sistema vino italiano a valorizzare i propri prodotti nei Paesi extra comunitari. Al momento, infatti, manca ancora il decreto che ne disciplina l’impiego e le tempistiche sono molto strette.
LE DENOMINAZIONI
In tema di Dop e di codici della nomenclatura combinata ci sono alcune novità: le Dop siciliane ferme e il Prosecco, sono state incluse tra le produzioni che potranno essere monitorate. “Un risultato importante – commenta l’Osservatorio del vino – reso possibile anche grazie al lavoro politico di Unione Italiana Vini con l’Agenzia delle Dogane e la Commissione Europea”.
Nel primo trimestre 2017, le Dop siciliane ferme hanno esportato 2,8 milioni di bottiglie. Sopra la media del settore le performance degli spumanti, soprattutto quelli a Denominazione che fanno registrare un +12% a volume (580mila ettolitri) e un +16% a valore (229milioni di euro). Il Prosecco da solo rappresenta il 65% delle esportazioni complessive degli spumanti Dop, con 383mila ettolitri che valgono circa 150 milioni di euro.
Da segnalare un’altra novità in merito ai codici della nomenclatura combinata, che da quest’anno permettono di distinguere il vino commercializzato in “recipienti compresi tra i 2 e i 10 litri” quindi i bag in box ed i vini “sfusi” in senso classico (cioè quelli in recipienti superiori ai 10 litri che potremmo anche definire genericamente “cisterne”).
Questi due segmenti hanno realizzato complessivamente il 17% in più a volume, per un totale di circa 1,5 milioni di ettolitri, ed il 10% in più negli introiti superando i 100 milioni di euro. In termini di volume il bag in box pesa per il 6% in quantità e il 13% a valore. Le destinazioni principali dei vini italiani in tale formato sono Germania e Paesi Scandinavi. Dopo la frenata del 2016, i primi mesi del 2017 sembrano aver portato buone notizie anche per i vini in bottiglia fermi (+3%).
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L’Osservatorio del Vino rilascia i dati definitivi sull’export 2016 del vino italiano, confermando le proprie stime diffuse nei mesi scorsi. Anche questo è un anno da record: le esportazioni hanno raggiunto quota 5,6 miliardi di euro con un incremento del 4,3% sul 2015, che risulta inferiore, però, rispetto a quello del 2015 sul 2014 (+5,3%). I vini spumanti continuano ad essere i veri protagonisti di questo successo, con un valore di quasi 1,2 miliardi di euro (+21,4%) e un volume scambiato pari a circa 3,35 milioni di ettolitri (+19,9%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 23,9% a volume (quasi 2,3 milioni di ettolitri) e del 32,3% a valore (circa 885 milioni di euro).
Questi, i dati dell’Osservatorio del Vino relativi all’export 2016 del comparto, elaborati su base Istat da Ismea, partner dell’Osservatorio.
“Continua il trend positivo già annunciato dall’Osservatorio del Vino nei mesi scorsi – commenta Antonio Rallo, Presidente Osservatorio del Vino -. A parte i dati del Prosecco, non ci sentiamo di manifestare troppo entusiasmo perché cresciamo meno rispetto al 2015 e a ritmo più lento. Il fenomeno Prosecco va sostenuto con ogni mezzo affinché prosegua la brillante corsa iniziata da qualche anno – sottolinea il presidente Rallo -, ma non possiamo affidarci solo a questo prodotto per migliorare le performance del vino italiano fuori dai confini nazionali. Preoccupa, infatti, il dato relativo ai vini fermi in bottiglia. Il -4,5% fatto registrare dalle consegne oltre frontiera in questo segmento, accompagnato da un lieve arretramento dei valori dello 0,7%, deve far riflettere l’intero mondo produttivo”.
“Dobbiamo, quindi, definire nuove strategie per spingere altri vini italiani che stanno incontrando difficoltà nella crescita sui mercati internazionali – prosegue Antonio Rallo -. Si rivelano pertanto fondamentali progetti di promozione e comunicazione come quelli posti in essere da ICE per sviluppare attività mirate in Paesi chiave per le nostre imprese: in particolare negli Usa, primo mercato estero per i nostri vini, e in Cina. Tra i consumatori cinesi, registriamo una crescita a valore del 13,8% (101 milioni di euro) e a volume dell’11,4% (299mila ettolitri), ma siamo ancora molto lontani dalla Francia che ha migliorato le proprie performance ed esporta per un valore di 612 milioni di euro (+ 9,94%) e volumi di circa 1,79 milioni di ettolitri (+8,89%), come ci confermano i dati delle dogane francesi”.
“In questo senso – conclude Rallo – stiamo intensificando l’attività di UIV al fianco di ICE, proprio con l’obiettivo di migliorare il nostro posizionamento su questi mercati in termini di volumi di vino venduti e di incremento del valore medio a bottiglia”.
Il vino italiano a Denominazione vede incrementare complessivamente le esportazioni del 10,5% in valore (3,3 miliardi di euro) e del 7% in volume (8 milioni di ettolitri), confermando che la cultura del consumatore sta cambiando e la richiesta di vino è sempre più orientata verso prodotti di qualità. Vini e mosti nel complesso fanno registrare ottime performance nelle esportazioni 2016. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco, dove si registra, sullo stesso periodo 2015, un incremento in valore del 5,5%, per un corrispettivo di 1,35 miliardi di euro, e in volume del 3,2% (3,3 milioni di ettolitri). La Germania, secondo Paese d’interesse per il nostro export, torna a crescere sensibilmente rispetto al 2015, con un +1,7 in valore (977 milioni di euro) e un +0,5 in volume (5,56 milioni di ettolitri).
La Francia si rivela quest’anno un buon cliente, acquistando 1 milione di ettolitri (+15,2%) per un valore di 155 milioni di euro (+8,8%). Nel Regno Unito, una leggera crescita in valore (+2,3% per un corrispettivo di 764 milioni di euro) e un deciso arresto nei volumi (-7,4% con 3 milioni di ettolitri), evidenziano la propensione del consumatore a scegliere vini di maggiore qualità, pagando un prezzo/bottiglia mediamente maggiore rispetto al 2015. In Cina il vino italiano cresce in valore del 13,8% (101 milioni di euro) e in volume dell’11,4% (299mila ettolitri). La Russia evidenzia un trend positivo con un +10% in valore (78 milioni di euro) e un +15% in volume (335mila ettolitri).
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Archiviata la vendemmia e conclusi i brindisi di fine anno è tempo di bilanci per il vino Made in Italy che conquista nel 2016 la leadership mondiale nella produzione con circa 50 milioni di ettolitri e aumenta del 3% il valore dell’export che raggiunge il massimo storico di sempre a 5,2 miliardi. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il vino è nel 2016 la prima voce dell’export agroalimentare nazionale.
Il primato produttivo davanti alla Francia nel 2016 è dovuto – sottolinea la Coldiretti – alla crescita in Veneto che si conferma la principale regione produttrice ma anche in Emilia, Romagna, Piemonte, mentre un contenimento di diversa entità si è verificato in Trentino Alto Adige, in Sicilia. In Lombardia mentre in Puglia presenta uno scenario molto variegato, con perdite pesanti su alcune varietà ed incrementi altrettanto importanti su altri secondo l’Ismea.
I NUMERI
Si stima che la produzione Made in Italy 2016 è rappresentata per oltre il 40 per cento dai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), per il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento a vini da tavola.
Per quanto riguarda le esportazioni, le performance dei prodotti nei singoli Stati si scoprono aspetti sorprendenti – evidenzia Coldiretti – a partire del successo del vino tricolore in casa degli altri principali produttori, con gli acquisti che crescono in Francia (+5%), Stati Uniti (+3%), Australia (+14%) e Spagna (+1%). Ma va sottolineato che nel Paese transalpino, patria dello Champagne, lo spumante tricolore fa addirittura segnare un incremento in doppia cifra, pari al +57%.
Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato fuori dai confini nazionali è risultata addirittura superiore a quella bevuta fuori dei confini nazionali con l’Italia. Negli Stati Uniti, continua Coldiretti, sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace però molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella e al Collio.
Il settore del vino in Italia rappresenta un motore economico che genera quasi 10 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino e che da opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone. La vendemmia 2016 – ricorda la Coldiretti – ha coinvolto 650 mila ettari di vigne, dei quali ben 480mila Docg, Doc e Igt e oltre 200mila aziende vitivinicole. La ricaduta occupazionale riguarda sia per le persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio.
L’INDOTTO Secondo una ricerca di Coldiretti, per ogni grappolo di uva raccolta si attivano ben diciotto settori di lavoro dall’industria di trasformazione al commercio, dal vetro per bicchieri e bottiglie alla lavorazione del sughero per tappi, continuando con trasporti, accessori, enoturismo, cosmetica, bioenergie e molto altro.
Il futuro del Made in Italy dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino dove ha trovato la massima esaltazione la valorizzazione delle specificità territoriali che rappresentano la vera ricchezza del Paese” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “il vino italiano è cresciuto scommettendo sulla sua identità con una decisa svolta verso la qualità che ha permesso di conquistare primati nel mondo dove oggi 1 bottiglia esportata su 5 è Made in Italy”.
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Per le feste correnti in Italia salteranno circa 60 milioni di tappi di spumante Made in Italy. Con consumi in aumento del 9%. E’ quanto stima la Coldiretti nel sottolineare che quasi nove italiani su 10 (l’89%) non rinunciano a fare un brindisi Made in Italy a fine anno. In Italia si consolida l’inversione di tendenza, dopo anni di progressive riduzioni con appena l’11% che sceglie lo champagne. Il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2016 con una produzione di circa 625 milioni di bottiglie in aumento del 18% sull’anno precedente e un export di oltre 450 milioni di bottiglie se fosse confermato il trend gennaio-settembre dell`anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.
La stragrande maggioranza dello spumante italiano si beve dunque all’estero dove a pesare è il fatto che con il successo – sottolinea la Coldiretti – crescono le imitazioni in tutti i continenti a partire dall’Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania che richiamano palesemente al nostrano Prosecco che viene venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi. Circa 3 bottiglie di spumante Made in Italy su 4 – spiega la Coldiretti – sono di Prosecco con Asti, Franciacorta e TrentoDoc a seguire. Gli spumanti italiani annoverano in totale 153 tipologie DOC, 18 DOCG, 17 IGT oltre a diverse decine di altri tra varietali autorizzati, generici e di qualità.
LE REGOLE D’ORO PER OFFRIRE E GUSTARE LO SPUMANTE Non offrirlo ghiacciato, ma tirato fuori dalla cantina un paio d’ore prima e raffreddato in un secchiello con ghiaccio tritato, acqua fredda e sale grosso.
La temperatura migliore è compresa fra gli 8 ed i 12 gradi
Berlo esclusivamente in una flûte a forma di tulipano che consente agli aromi di svilupparsi liberamente
Per gustare al meglio l’effervescenza sciacquare i bicchieri con acqua calda e sapone neutro
Stapparlo tenendo con una mano il tappo e facendo ruotare con l’altra mano la bottiglia leggermente inclinata accompagnando sempre l’espulsione del tappo
Far uscire lentamente il gas e versarlo tenendo la bottiglia dal fondo e non dal collo per evitare che lo spumante si riscaldi con il calore della mano
Mai utilizzare del ghiaccio nel bicchiere
Conservarlo in una cantina buia, fresca e senza sbalzi di temperatura, in posizione orizzontale
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La vendemmia 2016 in Lombardia si attesterà intorno al milione e 188mila ettolitri di vino e di mosto con un calo del 13% rispetto allo scorso anno. È quanto afferma la Coldiretti regionale sulla base delle previsioni Ismea. “A livello regionale viene confermato il trend rilevato nella prima settimana di agosto alla vigilia della partenza della vendemmia a livello nazionale a Coccaglio nel Bresciano con le uve da spumante della Franciacorta – spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – adesso molto dipenderà dall’evoluzione del mese di settembre anche se le buone escursioni termiche fra notte e giorno fanno ben sperare in un’ottima qualità su tutte le uve: dal Mantovano alla Valtellina, dall’Oltrepò alla Franciacorta, fino al Lugana e alle colline del San Colombano”. Quest’anno, come evidenzia sempre Coldiretti Lombardia, il maltempo ha lasciato il segno soprattutto fra i vigneti della Bergamasca e del Mantovano con cali medi di oltre il 10% ma con punte, per alcune aree colpite dalla grandine, anche del 40%.
L’ultima zona a raccogliere sarà la Valtellina con le sue uve rosse intorno alla metà di ottobre, e dovrebbe registrare quantità in linea con lo scorso anno. In Lombardia – spiega la Coldiretti regionale – ci sono oltre 20 mila ettari a vigneto dei quali 17.500 sono dedicati a produzioni di qualità Doc, Docg e Igt.
Le province più ‘vinicole’ sono Pavia e Brescia, che da sole rappresentano i due terzi delle superfici vitate in Lombardia e il 70% delle oltre tremila aziende agricole lombarde. A seguire si trovano Mantova, Sondrio, Bergamo, Milano e Lodi (con le colline fra San Colombano e Graffignana), ma zone viticole con piccole produzioni si stanno sviluppando anche fra Como, Lecco e Varese.
L’intera filiera, fra occupati diretti e indiretti, temporanei e fissi, offre lavoro – stima la Coldiretti regionale – a circa 30 mila persone in Lombardia e la produzione genera un export di circa 280 milioni di euro all’anno, diretto in particolare verso Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera, Canada e Giappone. “Il vino – aggiunge Prandini – è uno dei pilastri della dieta mediterranea e un suo consumo responsabile ed equilibrato è fonte di salute”.
In Lombardia – spiega Coldiretti su dati Istat – quasi 5 milioni di persone consumano vino durante l’anno e il 19% ne beve uno o due bicchieri al giorno. “I nostri vini – conclude Prandini – sono sempre più conosciuti all’estero, dove in genere vanno molto forti gli spumanti. Le bollicine della Franciacorta, ad esempio, piacciono sia in nord Europa che negli Stati Uniti. Ma tutto il vino italiano in generale viene visto come un prodotto di alto livello non solo come qualità intrinseca, ma come capacità di raccontare un territorio e la filosofia che ci sta dietro. Il vino di qualità racconta un po’ la via italiana al buon vivere”.
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Guarda con attenzione alla Germania e alle sue potenzialità di mercato la prossima edizione di wine2wine, in calendario alla fiera di Verona il 6 e il 7 dicembre prossimi (http://www.wine2wine.net/evento). Il Forum sul business del vino, ideato e organizzato da Veronafiere-Vinitaly, in collaborazione con Unione Italiana Vini, Federvini e Ice – Agenzia, che apre ufficialmente le iscrizioni a partire dal 15 luglio, analizza anche le potenzialità dello storytelling e le dinamiche di esportazione nei Paesi soggetti a monopolio come la Svezia. Tra i top speaker dell’edizione 2016 hanno già confermato la loro presenza Hermann Pilz, Jonas Rojerman e Felicity Carter. Ad aprire la sessione plenaria, che detta il focus dell’intera edizione, Hermann Pilz, direttore di Weinwirtschaft – una tra le più affidabili e riconosciute riviste tedesche per gli operatori di settore –, chiamato a fare il punto sul secondo mercato per l’export delle cantine italiane. Nel 2015, la Germania ha importato infatti 5,5 milioni di ettolitri per un controvalore superiore a 960 mila euro (Fonte UIV-ISMEA). Una delle novità 2016, di cui si sta perfezionando il programma, il Fake Tender dedicato al mercato svedese dove vige il monopolio di Stato. Jonas Rojerman, capo del controllo qualità di Systembolaget, azienda pubblica che detiene in Svezia il monopolio della vendita di bevande con gradazione alcolica superiore a 3,5%, sarà a disposizione dei produttori italiani per aiutarli a comprendere le procedure di selezione per la vendita dei vini in loco. Come nelle scorse edizioni, wine2wine riserva alcune sessioni al tema della comunicazione e della reputazione nel mondo del web. In particolare Felicity Carter – redattore capo della , rivista di taglio internazionale in lingua inglese sul business del vino – focalizza l’attenzione sullo storytelling, l’importanza di raccontarsi on line e gli effetti che questa attività può regalare alle aziende che ne sanno fare buon uso. Wine2wine è nato con l’obiettivo di essere un evento formativo rivolto ai protagonisti del mondo del vino. La partecipazione è a pagamento e prevede delle agevolazioni per chi entro il 31 agosto si iscrive a Vinitaly 2017 o a una o più tappe di Vinitaly International (http://www.vinitalyinternational.com/calendar). L’accredito per gli operatori media è soltanto su invito (per informazioni e iscrizioni: info@wine2wine.net).
Tariffe e agevolazioni
Iscrizioni entro il 30 settembre > 195 euro +IVA
Iscrizioni da 1 ottobre > 295 euro +IVA per la prima registrazione e 195 euro +IVA per ulteriori partecipanti della stessa azienda
Iscritti a Vinitaly 2017 entro 31 agosto > 50 euro +IVA per le prime 2 registrazioni; normali modalità per ulteriori partecipanti della stessa azienda.
Iscritti a una o più tappe Vinitaly International > 50 euro +IVA per le prime 2 registrazioni; normali modalità per ulteriori partecipanti della stessa azienda.
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“I dati dei primi tre mesi del 2016 ci parlano di un aumento complessivo delle vendite del 5,4% a volume e del 6,2% in valore, offrendoci un quadro complessivo ottimistico, in linea con il trend riscontrato negli ultimi due anni. Dati che ci fanno ben sperare rispetto alla tendenza al ribasso nei consumi fuori casa che ha caratterizzato il periodo 2008-2013. L’Osservatorio del Vino apre finalmente una finestra sui consumi in un settore complesso come l’Horeca”. Con queste parole Antonio Rallo, presidente dell’Osservatorio del Vino, commenta i dati sui consumi fuori casa, ovvero l’”On Trade” italiano (ristoranti, bar, enoteche, hotel, catering), del primo trimestre 2016, rilevati da Nomisma Wine Monitor (partner dell’Osservatorio del vino) su un campione di 23 grandi e medie aziende che rappresentano un fatturato complessivo pari a 2 miliardi di euro. Lo studio evidenzia che i vini spumanti trainano i consumi con un +9,5% in valore e un +6,8% in volume, seguiti dai bianchi fermi (+8,9% in valore e +5,7% in volume) e dai frizzanti (+6% in valore e + 23,5% in volume). I rossi crescono anche se di poco in valore (+1,7%) e calano in volume (-4,5%). Nei singoli punti vendita dell’On Trade, le vendite al dettaglio aumentano rispettivamente del 5,8% a valore e del 4,4% a volume. E sono hotel e catering a guidare con +10% a valore e +12,5% a volume, seguiti dai ristoranti (+7,3% valore e +10,8% volume), da wine bar (+3,8% valore e +2,5% volume) ed enoteche (+3% valore e -10% volume).
Le vendite all’ingrosso fanno rilevare un aumento del 7,3% a valore e del 7,6% a volume. Oltre ai consumi nel settore Horeca, l’Osservatorio del Vino grazie alla partnership con Ismea, monitora anche le vendite in Gdo. Nei primi cinque mesi 2016 l’analisi sulla base dei dati Nielsen, evidenzia volumi in calo del 2% e una sostanziale stabilità nei valori (+0,4% a 776 milioni di euro). Gli spumanti anche in questo caso sono il prodotto trainante, segnando vendite a +6% a volumi e a +7,3% a valore. I vini Dop crescono a valore (+2,4% a 310 milioni di euro) e calano lievemente a volume (-1%). I vini Igt fanno registrare -8% a volume e -4% a valore, per una spesa totale di 171 milioni di euro nei cinque mesi. “Siamo molto soddisfatti di questo primo anno di attività di ricerca e studio del settore ‘On Trade’ con l’Osservatorio del Vino – conclude Antonio Rallo -. Le aziende associate hanno per la prima volta un quadro dettagliato ed aggiornato del mercato dell’Horeca, completato dai dati di sistema su tutto il comparto attraverso la partnership con Ismea, Crea e Bocconi. Ora, l’obiettivo è di incrementare la base delle aziende monitorate per rendere lo strumento ancora più preciso ed efficace, consentendo così all’imprenditore di basare le proprie scelte su dati certi e guadagnare in competitività”.
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“Dall’importante lavoro svolto da Ismea e di Wine Monitor – Nomisma, sull’export vinicolo delle regioni italiane, emerge quella che a mio avviso è un’evidente ingiustizia, tutta a scapito del Sud e soprattutto a svantaggio di regioni come la Puglia o la Sicilia. I codici di nomenclatura possono aiutare a ‘tracciare’ gli scambi e ricostruire dati più aderenti al vero”.
Lo ha dichiarato ieri, in occasione della conferenza stampa convocata per le 11:30 nella Sala Nassirya di Palazzo Madama, il senatore Dario Stefàno (Sel) a proposito del calcolo dei dati export del vino, attraverso cui si evidenzia una mancata corrispondenza tra il luogo di origine del prodotto e la località di sdoganamento.
“Non mettiamo in discussione il prezioso e puntuale lavoro di Ismea – precisa Stefàno – puntiamo invece i riflettori su quella che appare come una ‘pigrizia burocratica’ che va a pregiudicare le performance di alcune ragioni tra le quali la Puglia”.
“Basta osservare – ha proseguito Stefanò – dal punto di vista statistico, l’incremento della propensione all’export della regione dove avviene lo sdoganamento, a scapito appunto di quella di origine. È il caso palese di regioni come il Piemonte e il Trentino, dove tale propensione è a 3 cifre percentuali (rispettivamente 141% e 173%).
“Quindi – continua Stefàno – se è logico che una regione non possa esportare più del 100% di quanto produce, come opportunamente segnalato nello stesso report di Ismea, tuttavia da questa percentuale ‘dopata’ scaturiscono e si determinano ricadute penalizzanti e pesanti per interi territori”.
Una su tutte, la ripartizione dei fondi Ocm vino che costruisce le sue determinazioni avvalendosi anche dei dati Istat (come quelli in questione) fino ad arrivare a possibili interessi di appeal commerciali o per investimenti che i privati potrebbero realizzare e che le attuali evidenze statistiche, per alcuni casi, potrebbero addirittura scoraggiare”.
“Per sanare questa distorsione della lente statistica – aggiunge Stefàno – intendo proporre la convocazione di un tavolo tecnico presso il Mipaaf, coadiuvato da Ismea, Agenzia delle Dogane e Istat affinché vengano redatti, per le regioni mancanti, i codici di nomenclatura combinata mediante i quali sarà possibile ricostruire il vero dato circa la propensione all’export delle regioni nonché contribuire a migliorare il sistema di informazioni su tali scambi”. “Un’iniziativa – conclude Stefàno – che ribadisce la centralità e l’importanza dell’origine dei prodotti, sulla quale l’Italia non può permettersi alcun tentennamento”.
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Inizia sotto una buona stella l’avventura di Antonio Rallo alla presidenza dell’Osservatorio del Vino italiano. Il firmamento è quello dell’export di vino made in Italy. Che da gennaio a marzo vale 1,3 miliardi. Per gli amanti delle statistiche, una cifra che significa un +3% del comparto comparto, rispetto al 2015. “Il 2016 – commenta Rallo, succeduto da pochi giorni a Domenico Zonin – si prospetta un anno molto interessante per il vino italiano. E’ presto per parlare di bilanci, ma la tendenza è decisamente positiva. L’export cresce in valore del 3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, raggiungendo 1,23 miliardi di euro. In particolare, è in salita la domanda estera di vini italiani a denominazione che fa registrare +11% a valore e +7% a volume”. Qualche numero in più? Le bollicine confermano l’appeal di sempre per un valore di 230 milioni di euro (+21%) e 678 mila ettolitri (+26%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 31% a valore (174 milioni di euro) e del 33% a volume (461 mila ettolitri). Buoni risultati si registrano anche sui vini fermi Dop testimoniando come il successo degli spumanti italiani stia contagiando anche altri prodotti vinicoli, che continuano la crescita seppur a ritmi più sostenuti. Cifre diffuse da Istat ed elaborati da Ismea, partner dell’Osservatorio del Vino, relativamente all’export del vino nel primo trimestre 2016. “Anche se siamo solo al principio dell’anno, questi dati parlano chiaro – continua Antonio Rallo – è evidente che la qualità italiana sui mercati stranieri venga recepita in modo netto e che i nostri prodotti siano riconosciuti come ambasciatori del miglior made in Italy. Il calo ormai strutturale dell’export dei vini comuni e sfusi in favore dei prodotti di qualità, sollecita uno sforzo ulteriore che dobbiamo fare come sistema paese per conquistare nuove quote di mercato per i nostri vini a Denominazione di Origine (DO), non accontentandoci di crescere solo a valore proprio in virtù del fatto che la richiesta di vino è orientata verso prodotti i qualità. Il 2016 dovrà essere l’anno in cui si ricomincerà a vedere incrementi sui volumi dei vini a DO, migliorando ulteriormente le performance del valore delle esportazioni”.
“La progressione dell’export – conclude il presidente Rallo (nella foto) – incide positivamente anche sulle quotazioni dei vini nel mercato interno, segno che la catena del valore del vino sta portando risultati positivi su tutti gli anelli della filiera. La cultura del consumatore sta cambiando in modo radicale, sia nel mercato interno sia in quello estero. L’imperativo, pertanto, è continuare a percorrere la strada della qualità per affermare, insieme al nostro vino, i nostri valori e le nostre tradizioni, unici al mondo e apprezzati da un pubblico sempre più ampio”. Vini e mosti nel complesso fanno rilevare ottime performance nelle esportazioni di questi primi 3 mesi 2016. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato in termini di esportazioni, che continua a crescere (sullo stesso periodo 2015) con un incremento in valore del 5% per un corrispettivo di 330 milioni di euro. Per il Regno Unito l’export vale 152 milioni di euro (+7%) mentre l’Austria fa registrare un lusinghiero +13% in valore (22,5 milioni di euro). Buone notizie dalla Cina dove il vino italiano cresce in valore del 15% (21 milioni di euro) e in volume del 17% (65 mila ettolitri). Nota positiva dalla Russia, che ha ripreso a crescere con un +6% in valore (11 milioni di euro) e un + 11,6% in volume (47 mila ettolitri). L’Import dei primi 3 mesi del 2016 vede una frenata significativa, segnando un -10% in valore (57 milioni di euro) e un -48% in volume (380 mila ettolitri).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Vigneti e cantine, ma anche geografia dei paesaggi e organizzazione aziendale, profili di consumo e dinamiche distributive, modelli di business e strategie di impresa: la profonda rivoluzione che ha investito il mondo del vino negli ultimi cinquant’anni sarà fotografata attraverso numeri, statistiche, scenari e analisi di mercato in un incontro, promosso dall’Osservatorio del Vino, che si svolgerà lunedì 11 aprile alle ore 12.00 nello stand MIPAAF (Sala Conferenze), al 50º Vinitaly. I partner dell’Osservatorio Ismea, Crea, WINE-Management lab di Sda-Bocconi e Wine Monitor-Nomisma metteranno a fuoco diversi aspetti di questa straordinaria evoluzione-rivoluzione del vino italiano: dalla trasformazione della geografia produttiva, che ha visto cambiare radicalmente la tipologia dei vitigni coltivati nel nostro Paese, all’analisi di come è cambiato il marketing del vino delle imprese italiane per arrivare a capire come sono evoluti stili di consumo e strategie distributive. Un cammino di successo che ha portato il vino italiano da commodity a specialty. Introdurranno i lavori Domenico Zonin, Presidente Osservatorio del Vino, Giovanni Mantovani, Direttore Generale Veronafiere e Raffaele Borriello, Direttore Generale Ismea. Seguiranno gli interventi di Fabio delBravo, Ismea ”Vino italiano da commodity a specialty, la storia di un successo narrata con i numeri”, Andrea Rea, Wine Management Lab di Sda-Bocconi con un focus intitolato ”L’Italia del vino che cresce: modelli di business e criticità”, Denis Pantini, Wine Monitor Nomisma: ”Profili di consumo e strategie distributive” e Diego Tomasi, Crea-Vit con ”Vitigni e territori: l’evoluzione della base ampelografica italiana”. Modererà l’incontro Lucio Bussi, sarà presente, per un saluto, oltre ai più autorevoli rappresentanti del mondo vitivinicolo a livello nazionale, anche il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina.
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187 aziende di natura cooperativa, in rappresentanza delle principali Dop Italiane saranno presenti al Vinitaly a raccontare i loro prodotti. Il vino delle cooperative è un business che vale 4,3 miliardi di euro l’anno, di cui 1,8 miliardi di esportazioni. Proprio in occasione dell’appuntamento di Verona, l’Alleanza delle Cooperative Italiane ha tracciato il quadro di quello che è il peso del vino della cooperazione, nelle diverse Dop e Igp italiane, prendendo spunto da una rilevazione Ismea che attribuisce al vino cooperativo il 52% del vino totale nazionale Dop ed il 65% del vino Igp. Quote addirittura superiori al peso delle cooperative sui vini comuni (50%). Fuori dal generico, cooperative Cantine riunite & Civ (547 milioni di ricavi nel 2015), Caviro (226 milioni), Cavit (167 milioni), Gruppo Cevico (112 milioni). Del Prosecco, è risultato che la metà della vinificazione è fatta da cooperative. Lo stesso accade nella vicina Valpolicella dove 3 bottiglie su 5 hanno origine sociale. Sempre in Veneto, l’80% del Soave Doc e il 53% del bianco di Custoza arrivano da coop. In Trentino le cooperative sono una forte presenza con oltre il 90% del prodotto per le Doc di Teroldego Rotaliano, Trentino, Valdadige e Casteller e un 24% per lo spumante Trentodoc. Ma anche in alcune regioni considerate fuori dal coro le cooperative hanno un peso discreto. Per il Piemonte, Barolo 20%, Barbaresco 22% e Dolcetto di Dogliani 42%. Per la Toscana a seconda delle denominazioni: solo 10% della produzione per Brunello di Montalcino, il 20% per il Chianti Classico Docg e il 50% per il Nobile di Montepulciano. Non sorprende l’Emilia Romagna, la patria delle cooperative, con il 90% del Lambrusco e il 75% del Sangiovese di Romagna made in coop. Nel Lazio la Doc Vignanello è vinificata solo da cooperative e anche praticamente la Igt Colli Cimini a quota 98%. Scenario che si ripete in Puglia, dove si contano 6 Doc con valori pari all’80% dell’intera produzione, mentre il Primitivo di Manduria raggiunge quota 40%.
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L’altra faccia della “muraglia”. Non basta all’Italia essere il secondo Paese esportatore di vino nel mondo, con un valore di 5,4 miliardi, per non incontrare difficoltà sul mercato cinese. La maggiore quota di export verso la Cina appartiene alla Francia che detiene il 67% delle esportazioni contro il 10% dell’Italia. Le ragioni di queste difficoltà sono diverse, il vino italiano in Cina è piuttosto sconosciuto, considerato troppo tannico ed acido. Diverse iniziative sono state messe in atto per il 2016 per cercare di invertire la rotta. Dal 2 aprile a Shanghai, la città più aperta alla cultura occidentale e al vino europeo aprirà la prima Wine Academy che offrirà corsi per Wine Lovers e per Wine Professionals dedicati interamente al vino italiano. I corsi saranno tenuti da Sam Chen, sommelier certificato WSET, speaker per diversi eventi sul vino italiano e ambasciatore di diverse cantine italiane. Wine Academy, progetto curato dall’azienda fiorentina Business Strategies, leader nei percorsi di sviluppo delle pmi su mercati esteri che assiste oltre 400 imprese del made in Italy del vino, sarà patrocinato da Ismea.
L’interesse nei confronti dei corsi, sold out già a settembre, è davvero un buon segnale. ”In Cina c’è voglia di vino italiano” ha dichiarato l’amministratore delegato di Business Strategies. ”Per intercettare questo interesse ci vuole una strategia capillare, dalla promozione, alla sperimentazione di modalità di integrazione del vino italiano con la gastronomia cinese e alla conoscenza del mercato cinese”. La società di Firenze, presenterà inoltre a Vinitaly un’indagine sui consumatori cinesi con un focus Nomisma, società che realizza indagini e attività di ricerca economica, sulla fascia 20-35 anni, coetanei dei Millennials americani (i nati tra il 1980 e il 2000). L’incremento del mercato cinese potrebbe andare a beneficio anche del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc che nonostante gli ottimi numeri concentra il 70% dell’export su tre paesi e la Cina non fa parte di questi. Se uno di questi mercati manifestasse problemi sarebbe un grave danno economico. Nel 2015 sono state imbottigliate 356 milioni di bottiglie di Prosecco, +15%, il 72% all’export, differenziare i mercati è un obiettivo del presidente del Consorzio Stefano Zanette.
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“Il 2015 si prospetta un anno da record per l’export del vino italiano che, da gennaio a novembre, vale 4,9 miliardi di euro, il 5% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Se tale risultato verrà confermato dai dati di dicembre, chiuderemo l’anno con 5,4 miliardi di euro, confermando di fatto le previsioni dell’Osservatorio del Vino dei mesi scorsi”.
Con queste parole Domenico Zonin, presidente dell’Osservatorio del Vino, commenta i dati Istat elaborati da Ismea, partner dell’Osservatorio, relativamente all’export del vino nei primi 11 mesi del 2015.
A trainare il comparto sono ancora i vini spumanti, per un valore di 874 milioni di euro (+15%) e circa 2,5 milioni di ettolitri (+13%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 28% a volume e del 29% a valore. Sempre più, quindi, “la qualità italiana – evidenzia Zonin – che riesce a conquistare i mercati stranieri, proponendo prodotti unici ormai riconosciuti come insostituibili ambasciatori del miglior made in Italy”.
Da questi risultati – aggiunge Domenico Zonin – confrontati con i dati Istat sul comparto agroalimentare che ha chiuso il 2015 con introiti da export pari a 36,85 miliardi di euro (+7,3%), emerge chiaramente come il vino, con una quota pari al 14,5% di tale sistema, ne rappresenti sempre più un settore molto significativo”.
“Anche per questo motivo – continua – il lavoro dell’Osservatorio del Vino sarà strategico per monitorare le performance del nostro comparto rispetto al complesso dei prodotti agroalimentari, fornendo nuovi spunti su cui programmare le future politiche commerciali e stimolando un dialogo istituzionale più efficace con l’obiettivo di avere risposte concrete e tempestive rispetto alle esigenze di un settore complesso in continua evoluzione come il nostro”.
Vini e mosti nel complesso fanno rilevare ottime performance nelle esportazioni di questi 11 mesi 2015. In primis, gli Stati Uniti confermano la fiducia verso il nostro vino, con un incremento in valore di oltre 13% per un corrispettivo che sfiora 1,2 miliardi di euro, e oltre il 6% anche in volume (quasi 3 milioni di ettolitri).
Per il Regno Unito l’export vale 670 milioni di euro (+11%) mentre la Germania fa registrare un -6% in volume e un -0,8 in valore. Buone notizie, invece dall’estremo oriente dove sia in Giappone sia in Cina il vino italiano cresce rispettivamente in valore del 2% e del 18%.
Per quanto riguarda l’export dei vini spumanti, la domanda è guidata dal Regno Unito con incrementi di 41% in volume e 44% in valore (oltre 230 milioni di euro), ma anche per gli Stati Uniti sono da sottolineare il +23% a volume e il +26% a valore, per corrispettivi di circa 180 milioni di euro. Bene anche i Paesi Bassi e la Norvegia che fanno rilevare una crescita in valore rispettivamente del 35% e del 21%.
L’Import dei primi undici mesi del 2015 tocca 2,6 milioni di ettolitri (+3,7%) per un corrispettivo di poco superiore a 300 milioni di euro (+9,3%). Le importazioni italiane sono concentrate sullo sfuso che, con 2,2 milioni di ettolitri, fa segnare il +8% su base annua ed una supremazia ormai consolidata della Spagna tra i fornitori. Nei primi 11 mesi del 2015 sono stati importati dal Paese iberico 1,6 milioni di ettolitri di vino sfuso (+10%).
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Il 64% del consumo di vino è domestico, in particolar modo durante i pasti (72%). Cresce anche il consumo del nettare di Bacco “fuori-casa”, ovvero nel canale Horeca (ristoranti, bar, ecc), che in Italia rappresenta il 38% delle vendite totali e risulta in crescita nel terzo trimestre 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: +3,1% nei volumi e + 2,3% nei valori, contro una tendenza negativa sul versante dei valori per il canale off-trade e quindi Gdo in primis , che rappresenta il 64% delle vendite totali, sempre riferita allo stesso intervallo temporale che sacrifica il -3,9% in volume per mantenere un + 0,9% in valore. Questi, in sintesi, sono alcuni dei primi dati offerti dall’Osservatorio del Vino italiano, “il primo e unico punto di riferimento istituzionale – come spiega Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini – per la raccolta, l’analisi, il commento e la diffusione dei dati statistici del settore vitivinicolo, sia sul fronte produttivo che su quello dei mercati interno e internazionale”. “Si tratta di un’iniziativa inedita per il nostro Paese – continua Zonin – e di fondamentale importanza per un comparto produttivo che oggi rappresenta l’eccellenza dell’intero ‘sistema Italia’, ma che soffre la mancanza di un fonte di rilevazione, commento e diffusione di dati statistici del settore fondati e garantiti istituzionalmente”.
L’Osservatorio del Vino italiano è stato presentato all’inizio del mese di dicembre presso la sede del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, a Roma, dall’Unione Italiana Vini insieme a Ismea e Sda Bocconi, partner del progetto, con la partecipazione del vice ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, il senatore Andrea Olivero. Sono seguiti gli interventi di approfondimento delle prime indagini promosse dall’Osservatorio a cura di Fabio del Bravo, Ismea; Silvia Zucconi, Nomisma Wine Monitor; Denis Pantini, Nomisma Wine Monitor. Presenti alcuni tra i più autorevoli rappresentanti istituzionali e del mondo vitivinicolo a livello nazionale.
“La novità di questo Osservatorio – sottolinea il Presidente Domenico Zonin – è che l’elaborazione statistica viene effettuata sulla base dei dati trasmessi dalle aziende a cadenza periodica. Tutto ciò garantisce alle stesse imprese il vantaggio di avere analisi di mercato aggiornate e affidabili in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze informative necessarie per orientare le strategie commerciali e di marketing delle moderne aziende del settore. Con l’Osservatorio del Vino, inoltre, vogliamo offrire alle istituzioni un quadro aggiornato e corretto del mercato del vino indispensabile per operare scelte normative e di regolazione adeguate alla realtà. Attraverso questo lavoro intendiamo costruire un luogo privilegiato per animare il dibattito strategico sul settore vitivinicolo in Italia”.
Il vino si conferma la punta di diamante del nostro settore agroalimentare. “Un comparto – dichiara Raffaele Borriello, Direttore Generale Ismea – che grazie all’elevata propensione all’export e alla sua innata capacità di raccontare la storia del territorio di origine, fa da guida per l’intero Made Italy sui mercati esteri. Le esportazioni di vino nel 2015 potrebbero raggiungere un risultato record di 5,5 miliardi di euro, mettendo a segno un aumento di circa il 7% sul dato del 2014″. Certo è che andrebbe snellita la burocrazia, come ha di recente denunciato la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi).
“Il Wine Management Lab – aggiunge Andrea Rea, Responsabile Wine management lab Sda Bocconi – rappresenta l’impegno concreto di Sda Bocconi per il vino italiano. Per conquistare la leadership internazionale, l’attività di generazione di conoscenze è fondamentale per rafforzare la peculiare capacità imprenditoriale italiana nella complessa competizione internazionale. La partnership con UIV e Ismea per l’Osservatorio del Vino propone un modello efficace di ricerca, che integra competenze qualificate, network e accessibilità dell’informazione”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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