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Vino e comunicazione: il problema sono davvero i wine influencer? Oh, no!

Vino e comunicazione il problema sono davvero i wine influencer Oh, no!
EDITORIALE –
Dritto al punto, come di consueto, senza giri di parole buoni solo a quelli (tanti) a cui piace (tanto, tantissimo) dare un colpo al cerchio e uno alla botte, per non dire mai nulla di davvero sconveniente e far contenti tutti: se pensate che il problema del vino italiano e della comunicazione del vino italiano siano i wine influencer, siete fuoristrada. E di gran lunga. Nei giorni scorsi, avrà raggiunto anche voi il link al post di un gruppo nato su Facebook e cresciuto grazie a “meme” utili a denunciare alcuni mali (non tutti) e le storie controverse del settore.

Nomi, cognomi e foto di questo e quel wine influencer, letteralmente mitragliato tra le righe di un articolo senza firma (sic!), nel quale l’autore (o gli autori) si chiede (o si chiedono) che fine abbia fatto e/o che contributo abbia realmente dato questo o quell’influencer alle generose cantine, o ai generosi Consorzi, che lo abbiano invitato a questo o a quell’evento, di recente o in passato.

ATTACCO AI WINE INFLUENCER? UN’ANALISI PARZIALE

Analisi giusta, giustissima: il più delle volte, neppure si nota l’etichetta del vino o la denominazione promossa in un post o nelle storie dei prodi del risvoltino, del ciuffo pettinato a dovere o della tetta a fuoco, al vento (commento bipartisan, utile a non essere accusato di “sessismo” da qualche accaldato leone o leonessa da tastiera). Tuttavia, analisi parziale. Anzi, parzialissima.

Già perché va detto che, ormai, un gran bel numero di “press tour” (“viaggi stampa”) ed eventi organizzati da cantine e Consorzi del vino italiano, riservati solo negli annunci alla “stampa di settore” e come tali promossi, sono diventati gite e gitarelle a cui partecipano solo gli amici di questo o quell’ufficio stampa. Quasi sempre le stesse belle facce. Si tratta di giornalisti iscritti all’Ordine o meno, invitati sostanzialmente per fare il compitino: ovvero, raccontare che tutto è buonissimo, tutto è bellissimo, tutto funziona, tutto è a posto e meraviglioso.

ALTRO CHE WINE INFLUENCER: LE RESPONSABILITÀ DELLA STAMPA DI SETTORE

L’attacco durissimo sferrato ai wine influencer italiani nei giorni scorsi rischia, di fatto, di relegare alla sola responsabilità dei “creator digitali” lo stato di salute pessimo della comunicazione del vino italiano, alle prese da anni con un decadimento impressionante (e scandaloso) della qualità degli articoli e, dunque, delle informazioni date in pasto ai lettori non solo sui blog, ma anche sulle testate che si dichiarano “di settore”.

In sostanza, a pochissimi uffici stampa – responsabili di stilare liste di invitati, o quantomeno di consigliare i nomi dei reali professionisti del settore a cantine e Consorzi – interessa la qualità della produzione, al termine del press tour o dell’evento. Conta più il numero, il volume dei “temini di quinta elementare” pubblicati sul web o sulla carta stampata, oltre alle immancabili views (che appunto si definiscono “views”, “visioni”, non “letture”).

Mentre il mondo del vino italiano si arrabatta per trovare soluzioni a una crisi evidentemente strutturale, la percentuale maggioritaria degli esponenti della comunicazione, ovvero del giornalismo e degli uffici stampa del settore, cavalca sulla merda prestando la massima attenzione a non scivolare, al posto di offrire il proprio contributo costruttivo e critico per spalare via le difficoltà e costruire un nuovo modello; un nuovo modo di interpretare le relazioni tra cantine e giornalisti, dunque tra giornalisti e lettori delle “testate di settore”. Chi sgarra, viene definito pericoloso, polemico, da evitare e non invitare «per policy».

VINO E COMUNICAZIONE: LE RESPONSABILITÀ DI CANTINE E CONSORZI

Personalmente, non ho mai visto nessuno – neppure per sbaglio – cavalcare la merda senza togliersela, prima o poi, dalle scarpe: è ora che cantine, produttori (seri), industria e vignaioli facciano squadra per ribaltare la frittata e togliersi dalle suole tutta la melma calpestata sino ad ora, comprendendo la differenza tra un “ufficio stampa” e un’agenzia pr che si spaccia per “ufficio stampa strutturato” (uh, come va di moda questa definizione tra i benpensanti!), risultando poi utile solo a rilanciare veline pubblicitarie, pubblicate da testate di settore o blog con la credibilità di Topolino.

Fatto ciò, torniamo pure tutti a dare la colpa agli influencer: tanto loro se ne fregano. Perché? Perché l’importante è che se ne parli (di loro, delle loro storie ridicole, dei loro post appositamente controversi). E quando il termine “influencer” starà loro stretto, o non sarà più utile a perpetrare a dovere gli scopi commerciali per i quali bazzicano nel settore (ben allineati con molti giornalisti iscritti all’Ordine! E chi si ribella è fuori dal “progetto editoriale”), traaac… Saranno pronti a cambiare veste, manco fossero tanti piccoli Arturo Brachetti. Facendosi chiamare – per esempio – “wine writer” o “comunicatori”. Gente per cui certi “uffici stampa strutturati” – di cantine e di consorzi – continuerà sempre ad andare matta. Prosit.

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Siamo sotto attacco e vi spieghiamo perché

EDITORIALE – Non ho mai pensato neppure per un secondo che cambiare le cose fosse una missione semplice o priva di rischi, anche dal punto di vista personale. Quando ho fondato la prima testata del network WineMag Editore, vinialsupermercato.it, sapevo perfettamente che avrei dovuto combattere con una schiera di enofighetti e fighetti disinformati, per affermare la dignità del vino in vendita nella Grande distribuzione e il diritto di ogni bevitore, esperto o meno, di poter bere una bottiglia dignitosa, senza spendere una fortuna.

Dopo qualche anno, a Vinialsuper si è affiancato WineMag.it, seconda testata interamente dedicata al mondo Horeca. Vinialsupermercato.it e WineMag.it costituiscono oggettivamente un unicum editoriale, a livello internazionale. Un successo di pubblico, di lettori fidelizzati a suon di credibilità e di scelte editoriali lineari e coerenti con i canoni dell’informazione libera, che fa paura a un “sistema” che o ci ignora, o ci odia.

Dobbiamo sprecare molto del nostro tempo a leggere qua e là, tra social e blog più vicini al gossip che all’enogastronomia, ingiuriosi commenti e interpretazioni psichedeliche (per non dire psichiatriche o quantomeno fantasiose) del nostro agire quotidiano nel mondo della comunicazione.

Veniamo tacciati di farci pagare per scrivere articoli; di farci pagare per inserire vini nelle nostre Guide; di odiare terre del vino che invece amiamo; di essere dei marchettari e dei calunniatori; viene (miseramente) messa in dubbio anche l’iscrizione delle testate in Tribunale e all’ordine dei giornalisti; chi più ne ha, più ne metta, insomma.

Il punto è sempre quello dell’incipit: cambiare le cose, in Italia, è rischioso, specie se chi ci sta provando non guarda in faccia a nessuno se non all’etica e alla deontologia e ha 34 anni, ma ne dimostra pure meno. Il “sistema” malato dell’informazione enogastronomica è talmente rodato da ammettere “intrusioni” esclusivamente allineate.

Il virus della mala comunicazione e della mala informazione è talmente in circolo, nel cadavere del giornalismo enogastronomico italiano, da aver generato anticorpi talmente potenti da far sembrare – almeno agli occhi dei meno esperti ed “introdotti” – il vaccino come una variante del virus stesso. La cura, una malattia più grave.

Lungi da noi, pur vivendo questa come una missione, voler passare per martiri (viventi, si spera ancora a lungo!) o salvatori della patria. Fatto sta che rifiutarsi di pubblicare comunicati stampa di carattere pubblicitario e non informativo, dire “no” a svariati enti e organismi del vino che pretendono spazio gratuito sulle nostre colonne per confondere i lettori a nostro nome, come abituati a fare su altre testate, ci sta costando caro. Carissimo.

Il nostro rifiuto tassativo di mescolare pubblicità e informazione, a tutela dei lettori, di chi ci conosce, di chi ci segue, di chi si fida di noi e dei nostri giudizi da anni, sta ingenerando una voragine d’odio che ci porta oggi ad uscire allo scoperto e dire, senza mezzi termini: «Siamo sotto attacco». Giusto che lo sappia, chi ci conosce e ci vuole bene.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui contano più i follower comprati e due cuoricini su Instagram rispetto a un articolo di giornale scritto con coscienza ed etica; in un mondo dell’informazione enogastronomica dove sembra aver più potere decisionale un pr rispetto al titolare o al presidente di una cantina o di un Consorzio.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui sei bravo se pubblichi gratis la pubblicità o “I tre vini per non sfigurare a San Valentino” che, casualmente, sono suggeriti dalla medesima agenzia di stampa, noi restiamo volutamente, fedelmente, ostinatamente, fieramente e garbatamente Diversi.

Piaccia o no a chi tenta di dipingerci per quello che non siamo – perché l’informazione libera fa paura – noi restiamo quelli che eravamo all’inizio: lontani dai personalismi, lontani dall’ego, lontani dalla voglia di apparire davanti al calice, davanti a una bottiglia.

Noi, quelli dietro ai riflettori, quelli più imitati e copiati senza citare la fonte (e poi querelati per aver sputtanato i copioni, lesa maestà degli appartenenti al “sistema”!), quelli che si guardano allo specchio con dignità. La stessa di quando siamo nati.

La stessa che ci accompagnerà sempre, fino a quando riusciremo a resistere, anche grazie a chi crede in noi e ci supporta, alla luce del sole. Chiunque abbia dubbi sul nostro modo di agire nel mondo del giornalismo enogastronomico ci/mi scriva. Saremo/sarò lieto di rispondere. Prosit. (Image: copyright 2019, Eric Drooker, http://www.drooker.com/illustrations)

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Lettera aperta di un sognatore

In questo periodo difficile per tutti, noi di WineMag.it e Vinialsuper.it abbiamo scelto di confermare in maniera ancora più ferrea la nostra linea di rispetto assoluto nei confronti dei lettori, che si manifesta da sempre nella netta differenziazione tra pubblicità e informazione.

Riteniamo questo punto fondamentale per dare il nostro contributo a un settore, quello della stampa enogastronomica, che soffre di una crisi di autorevolezza e credibilità – al di là della congiuntura economica – proprio a causa del progressivo svilimento etico e deontologico, che genera inaccettabili commistioni tra pubblicità e giornalismo.

Tutti lo sanno, nessuno ne parla: ebbene, abbiamo deciso di rompere il ghiaccio, costi quel che costi, sperando di essere seguiti da altri e di non rimanere soli con le spalle al muro, come spesso capita in Italia a chi alza la mano per primo. In ogni caso, è un rischio che deve assumersi chi ha a cuore l’informazione prima del portafogli.

Non intendiamo dunque partecipare ad alcun “tasting online”, “Splashmob”, “degustazione virtuale” proposta dagli uffici stampa in questi giorni alle nostre testate. Crediamo che qualsiasi cantina che intenda parlare, attraverso i nostri canali, con i nostri lettori, debba consentirci di veicolare correttamente tali attività codificandole come “pubblicità”, al posto di mascherarle da “informazione”.

Non sappiamo come arrivino a fine mese molti colleghi. Di certo, noi di WineMag.it e Vinialsuper.it non siamo in grado di vivere grazie ai campioni gratuiti che le aziende (generosamente) sono abituate ad elargire a testate e blog vari, grazie alla mediazione di uffici stampa lautamente retribuiti.

Intendiamo dunque interrompere il cordone ombelicale, consci che questa scelta ci costerà ulteriori problemi in un settore che vive di ripicche e vendette trasversali, specie nei confronti di chi non cede al paradigma del “do ut des”. Cordiali saluti

Davide Bortone, direttore responsabile WineMag.it -Vinialsuper.it

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Covid-19 e la comunicazione “Postalmarket” del vino italiano, sempre uguale a se stessa

EDITORIALE – Premessa triste: il mondo della comunicazione del vino italiano era malato prima dell’avvento di Coronavirus. In questo senso, l’emergenza Covid-19, poteva “migliorare” o peggiorare le cose. La verità – ecco la tesi di questo editoriale che è più lo sfogo di un “vecchio” cronista, incapace di smettere di alimentarsi di ideali, a 17 anni dal primo articolo di giornale – è che tutto è cambiato, per tornare com’era. Mi spiego meglio, soprattutto per rendere il discorso comprensibile ai non “addetti ai lavori” del settore Wine&Food.

In questi giorni, gli uffici stampa delle cantine hanno cambiato tiro. Arrivano alle caselle di posta elettronica di WineMag.it e Vinialsuper.it decine di email con “cortese preghiera di pubblicazione” di “comunicati stampa” che, in realtà, non sono altro che pubblicità delle cantine. Nulla a che fare con l’informazione, insomma.

Si chiede, per esempio, di pubblicare la “notizia” (?!) che è “sempre attivo l’e-shop della cantina X”. Oppure che l’azienda Y “effettua consegne a domicilio gratuite”, in risposta al Decreto Cura Italia che limita gli spostamenti per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

Perché dico che nulla è cambiato rispetto al passato? Anche prima dell’emergenza Coronavirus, solo il 20-30% dei “comunicati stampa” aveva carattere giornalistico o informativo per i lettori. C’era (e c’è ancora oggi) chi chiede addirittura la pubblicazione di note di degustazione di etichette mai degustate dalla redazione, da dare in pasto ai lettori come…pubblicità (appunto) per la cantina Tal dei Tali.

Eppure, eccoli lì: quei “comunicati stampa” pubblicati col copia-incolla, da tutti, senza distinzione: testate, blog, siti, sitarelli di enogastronomia. Quando gli uffici stampa cominceranno a trattare l’informazione come Informazione – e dunque le testate come “testate”, e non come “cataloghi” alla Postalmarket – sarà troppo tardi.

Con o senza Coronavirus, chi di dovere spieghi – per cortesia – alle cantine clienti la differenza tra informazione e pubblicità. Altrimenti, neppure questa emergenza ci avrà insegnato qualcosa. E continueremo a navigare sul web della marchetta enogastronomica. Col pubblico sempre più confuso tra marinai, pirati e influencer. Che tanto fa lo stesso, no? No. Cin, cin.

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Vino e cronaca: due mondi inconciliabili?

E’ arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza. Perché dai commenti che si leggono in giro, soprattutto ad opera dei tanti leoni da tastiera che abitano le “tane” chiamate “social”, pare di intuire il palesarsi di una contraddizione che non ha senso di esistere.

E’ possibile fare cronaca giornalistica nel mondo del vino? Noi di vinialsuper crediamo di sì.

Cosa intendiamo per “cronaca”? Il racconto reale, oggettivo, non solo di un calice di un vino. Di una degustazione. Ma anche delle “notizie” legate al mondo del vino.

All’uscita dell’articolo su Josko Gravner siamo stati subissati di critiche pubbliche e di complimenti privati. Già, perché l’Italia è quel Paese dove si ha paura – in 9 casi e mezzo su 10 – di schierarsi apertamente con qualcuno, specie se si tratta di una posizione “scomoda”.

Ma in privato, via Whatsapp, o via Messenger, è tutto un fioccare di complimenti e incoraggiamenti: “Avanti tutta”. Tra chi ti manda al macello con una spinta e chi ti critica per partito preso, senza neppure conoscerti, non so chi preferire.

E allora, a qualcuno, servirà sapere che vinialsupermercato.it è diventata per scelta, dal luglio 2017, una testata giornalistica registrata in tribunale. Trasformandosi da un comune “wine blog” a qualche cosa di più, giuridicamente riconosciuto.

A qualcuno servirà sapere che da allora abbiamo collezionato almeno 5 minacce di querela per gli scomodi articoli pubblicati, due delle quali si sono tramutate in realtà: procedimenti in corso di cui vi terremo aggiornati, a tempo debito.

Possiamo solo dirvi che si tratta di articoli documentati con tanto di registrazioni e testimonianze. E aggiungere che, in Italia, qualsiasi testata seria deve fare i conti con querele e minacce: perché non viviamo in un Paese dove la stampa viene tutelata a dovere dalle istituzioni.

E la querela, in certi casi, vale quanto una pallottola: stordisce il giornalista, lo intimidisce, gli fa perdere la voglia di lottare per la verità, nel nome del rispetto nei confronti dei lettori.

Ecco il punto: il rispetto nei confronti di chi ci legge è l’unico paletto che vige nella redazione di vinialsuper. Un rispetto che vogliamo garantire tanto nelle recensioni dei vini quanto nel racconto dei “fatti di cronaca del vino” di cui siamo testimoni.

E allora basta accusarci di essere “di parte” perché la testata si chiama “vinialsupermercato.it”. Basta accusarci di esserci a caccia di like. A noi non frega niente fare gli “influencer”: lo lasciamo fare ad altri, molto più bravi di noi a “influenzare” (verbo orribile per chi intende fare pura informazione).

Ma ditecelo voi: stiamo sbagliando qualcosa nel tentativo di portare la cronaca giornalistica nel mondo del vino? E’ un approccio troppo “violento” e “aggressivo” nei confronti di un mondo che troppo spesso vive di “edonismo”? Vino e cronaca sono due mondi conciliabili? Una cosa si sappia: a noi piace stare scomodi.

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Vino in promozione al supermercato: ecco perché

“Scusate la domanda un po’ da ‘ignorante’. C’è da fidarsi ad acquistare un Planeta Santa Cecilia scontato così tanto? Di solito lo vedo in qualche enoteca a 22 euro circa”. E’ la domanda apparsa su un noto social network nei giorni scorsi, all’interno di un gruppo di appassionati di vino e sommelier professionisti.

Ad accompagnarla, una fotografia dello scaffale di un supermercato che mostra il Nero D’Avola Doc Noto “Santa Cecilia” in promozione al 37%. Acquistabile, dunque, per soli 12,50 euro. Avete capito bene? L’enoappassionato chiede ai sommelier se può “fidarsi” (usa esattamente il verbo “fidare”) ad acquistare uno dei migliori Nero D’Avola di Sicilia a prezzo scontato in Gdo. Chiede insomma agli esperti di illuminarlo sulle oscure ragioni che potrebbero nascondersi dietro a quel prezzo, così stranamente al ribasso.

Facciamo qualche ipotesi: rischio di contaminazioni da mucca pazza, ebola, vaiolo? O – forse peggio – qualcuno può aver scoperto che quelle bottiglie di Santa Cecilia sanno di tappo, prima ancora di averle aperte? La verità è un’altra. Ecco perché abbiamo deciso di spiegarvi come, quando e perché potete trovare il vino in promozione nel vostro supermercato di fiducia.

SCONTI E PROMOZIONI: PERCHE’?
Le catene della Gdo (da Esselunga a Lidl, da Carrefour ad Auchan, passando per Conad, Iper la Grande I, Eurospin e Coop, per citarne qualcuno) acquistano ingenti quantitativi di merce sulla base di piani promozionali che, nella maggior parte dei casi, vengono stilati una volta all’anno dalle centrali di acquisto. Piani che servono a far quadrare margini di ricavo e bilanci al termine dell’anno fiscale.

Tali piani promozionali, spesso, vengono concordati con fornitori e distributori di beni – tra cui anche i produttori di vino – addirittura al momento della stipula dei contratti. Il buyer della Gdo cerca di abbassare il prezzo d’acquisto di un bene, promettendo la spinta promozionale del prodotto.

Ma ci sono anche altri due casi: l’insegna acquista merce e gestisce autonomamente il prezzo di vendita, senza ‘rendere conto’ al fornitore ; oppure gli garantisce un prezzo concordato, non inferiore a una certa soglia, per tutelarne l’immagine.

Gli acquisti di merce da parte delle centrali della Gdo si basano fondamentalmente sulla presunzione di vendita del bene. E, dunque, sul presunto successo – per rimanere in tema vino – della singola etichetta sugli scaffali del supermercato. Per questo, una delle possibili ragioni alla base degli sconti ‘shock’ è l’eccessivo stock di una determinata etichetta di vino nei magazzini della catena.

Lo stoccaggio di merce invenduta, come è facilmente immaginabile, comporta dei costi. Così, l’insegna preferisce ‘svendere’ un prodotto (garantendosi comunque un minimo di margine, riducendolo dal 30-45% originario) piuttosto che conservarlo nel ‘retrobottega’ senza il minimo profitto.

I prezzi sorprendenti del vino al supermercato possono essere inoltre giustificati dall’immissione in commercio, da parte dei fornitori, di nuove annate. Per intenderci, la stessa operazione a cui assistiamo quando una casa automobilistica ‘svende’ un modello di auto, dopo aver annunciato la produzione del successivo.

In concomitanza con la presentazione ufficiale delle nuove vendemmie da parte delle aziende vitivinicole aderenti ai consorzi delle Doc e delle Docg italiane (ma il discorso vale anche per le Igt), le rimanenze della precedente annata vengono poste in promozione dalle insegne dei supermercati, costrette ad operare al ritmo forsennato del consumatore moderno, sempre più consapevole e informato (ricordate, a tal proposito, il caso del Novello della Valcalepio in promozione a 90 centesimi nei supermercati Il Gigante?). Tutto ciò, ovviamente, non incide sulla qualità della bottiglia, a meno che non si tratti di vini da bere giovani o giovanissimi.

PRODOTTI “FUORI ASSORTIMENTO”
Il prezzo del Nero D’Avola Doc Santa Cecilia Planeta può essere spiegato, infine, da un’ultima ragione. L’offerta risulta valida – come evidenzia l’etichetta prezzo – fino al 31/12/2016: la catena della Gdo si concede insomma tre mesi di tempo per terminare le scorte a magazzino.

Tale vino, dunque, rimarrà scontato per un periodo che va oltre la scadenza del volantino. Molto probabilmente, il buyer, tenendo conto delle scarse rotazioni (vendite) del vino in questione, ha deciso di eliminarlo dall’assortimento, a partire dal 2017. Provando dunque a terminare le rimanenze spingendo le vendite con il 37% di sconto.

Così facendo, la catena guadagna comunque: senza compromettere in alcun modo la salute del consumatore, libera uno spazio a scaffale che destinerà a un nuovo prodotto – magari della stessa casa produttrice? – su cui intende puntare dal nuovo anno. In sintesi? Niente paura, fidatevi degli sconti. Soprattutto se il prezzo pieno del vino supera i 7-8 euro: da questa soglia – ve lo assicuriamo noi di #vinialsuper – si può bere bene. Anche al supermercato.

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