Secondo il report 2021 di Buzzoole, l’utilizzo di sponsorizzazioni trasparenti nei post degli influencer del Beverage è calato del 3,1% rispetto al 2020. L’Osservatorio della martech company specializzata in tecnologie e servizi per l’Influencer Marketing ha analizzato tutti i post pubblicati in lingua italiana che utilizzano gli hashtag della trasparenza suddivisi per settore, oltre ai brand più attivi sui social.
Lo studio annuale “La trasparenza nell’Influencer Marketing” ha interessato tutti i post (non le stories) pubblicati su Instagram, Youtube, Twitter e Facebook contenenti gli hashtag della trasparenza più utilizzati: #ad, #adv, #sponsorizzato, #sponsored, #sponsoredby, #gifted, #giftedby, #supplied e #advertising.
Una pratica che si sta consolidando nel tempo, al pari dell’incremento delle campagne adv. Nell’ultimo anno, infatti, i post trasparenti sono aumentati del 69% su Instagram. Tra i pichi segnali negativi c’è il 4,4% del Beverage, in calo del 3,1% rispetto all’anno precedente.
INFLUENCER MARKETING: INSTAGRAM RESTA IL CANALE PREFERITO
Sempre secondo l’Osservatorio istituito da Buzzoole, nel 2021 sono stati pubblicati in totale 426.233 contenuti “trasparenti”, che hanno generato 214 milioni di interazioni. Anche nel 2021 Instagram viene riconfermato come luogo preferito per le attività con i creator, con il 65,4% dei post e l’88,2% delle interazioni generate.
Al secondo posto c’è Twitter con il 30,3% dei post. Per quanto riguarda, invece, Facebook il dato è sottostimato (3,7%) in quanto per motivi di privacy la piattaforma non permette di effettuare rilevazioni puntuali.
«La trasparenza non è soltanto un valore importante – commenta Gianluca Perrelli, Ceo di Buzzoole – ma anche un requisito imprescindibile nel mondo dell’Influencer Marketing per preservare il rapporto fiduciario tra influencer, brand e utenti».
BEVERAGE INFLUENCER: SEGNO MENO SULLA TRASPARENZA
D’altro canto, il Beverage si conferma una nicchia nel panorama delle “sponsorizzate” (dichiarate come tali). Moda e Cosmetica sono i settori più trasparenti. Il terzo posto, che in passato era presidiato dal Tech, viene occupato dal Food.
In particolare la Moda (abbigliamento e calzature) si riconferma l’industria più attenta alle regole con il 29,2% dei post prodotti. Al secondo posto la Cosmetica (prodotti per la cura del corpo) con il 13,9%. Al terzo posto il Food diventa protagonista con il 9,8% dei post, guadagnando 3,3 punti percentuali.
A seguire il mondo della Tecnologia (elettronica di consumo) con il 9% dei post, dell’Intrattenimento (tv, gaming) con l’8,7% dei post, gli Accessori (borse, orologi e gioielli) con l’8,6% e il Beverage, per l’appunto con il 4,4% e il calo del 3,1% sul 2020.
Come nel 2020 anche questo anno emerge il comparto Health care con un 3,1% di post trasparenti incentrati soprattutto sull’igiene personale e i dispositivi di sicurezza per proteggersi dal contagio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Da diverse settimane ho un mal di pancia che merita (forse) un editoriale. Alla casella di posta elettronica di WineMag.it è arrivato l’appello di un’agenzia di stampa che, nel bacchettare “i protagonisti del settore enologico italiano”, colpevoli di “non aver dato vita a un movimento di contrapposizione alle diversity (discriminazioni di razza, genere, orientamento sessuale e disabilità) pari a quello di altri Paesi del mondo” dopo la brutale uccisione di George Floyd in Minnesota, invitava ad aderire alla campagna di una professionista italiana del settore del vino, che invece “ha deciso di dire basta a certi gesti di discriminazione sul lavoro”.
Come? Ovviamente con una campagna Instagram (sic!) in cui “affrontare il tema della diversità ed inclusione nel mondo del lavoro nel settore Wine & Spirits in quattro diversi ambiti: razza, genere, orientamento sessuale, disabilità, attraverso i racconti di altrettanti protagonisti”.
Due degli “episodi” sono stati già pubblicati. Il primo vede protagonista un maître, presumibilmente di origine sudamericana, offeso da un cliente che si è rifiutato di farsi servire un drink perché lo riteneva “troppo scuro di pelle“.
Il secondo vede in primo piano la stessa promotrice della campagna social, che “ad una fiera” (imprecisata) sarebbe stata “interrotta nella degustazione con un produttore da un uomo che, con arroganza, ha preso il mio posto e ha iniziato a parlare ‘tra maschi’, ritenendo che io fossi lì soltanto per flirtare“.
Nessun dubbio sulla veridicità dei fatti. Ma c’è una curiosità: in entrambi i post, i protagonisti reggono (e mostrano bene, of course) una bottiglia di Champagne A. Bergère Flower Selection.
Mica un vino qualunque: promozione? Adv? Marchetta? Sponsor della campagna? Un dettaglio che non è indicato da nessuna parte. Di certo, la casa di Epernay (e la filiale italiana) sono molto attente al mondo della “promozione” Social del brand, ricorrendo anche alle cosiddette “influencer” (tette al vento e bottiglia dall’etichetta sfuocata, avete presente?).
Ma quel che fa più pensare – alimentando il mio mal di pancia – è la mancanza di approfondimento dei j’accuse, giustificabile solo in parte dalla necessità di immediatezza della comunicazione social, capace di accontentare solo i bambocci.
Possono poche parole, belle immagini e una bella bottiglia chic sensibilizzare su temi come la discriminazioni di razza, di genere, d’orientamento sessuale e sulla disabilità, oppure qualcuno, all’epoca in cui tutto è possibile purché sia social e viral, pensa bene di cavalcare qualsiasi tematica per due cuoricini in più sui social?
Domande la cui risposta è riposta (scusate il giro di parole) nella coscienza dei promotori di simile iniziative. Gente che, nello specifico, continua la vita di sempre (meglio evitare che si deprimano i follower, battendo troppo il chiodo delle tematiche sociali).
Sullo stesso canale Instagram teatro della campagna, infatti, la paladina italiana del Black Lives Matter sciorina foto in costume e di altri champagne degustati sulla spiaggia, oltre alle immagini di tante altre etichette degustate e pubblicate (forse) non proprio a caso.
Rimangono allora tanti interrogativi. Quanto vale, nel 2020, l’oggettività? Una battaglia senza sponsor non vale la pena di essere combattuta? Quanto conta, nell’anno del virus che ha cambiato gli equilibri mondiali, la credibilità umana, prima di quella social(e)? Quanto conta l’informazione vera, per chi vuole fare vera informazione e scardinare i pregiudizi?
Infine, un suggerimento. Bei temi quelli della campagna social in questione e l’aggancio (in stile rugbista) al movimento Black Lives Matter, con il relativo appello all’adesione massiccia, puntando sulla sensibilità dei “protagonisti del settore enologico” del Bel paese.
Il punto è che faremmo meglio a guardare alla nostra Italia per dar voce a chi non ce l’ha. Iniziando tutti a parlare un po’ più di temi come la mafia, la ‘ndrangheta, il caporalato, la corruzione e il malaffare che serpeggiano anche nel mondo del vino italiano.
Una cosa è certa: avrebbe tutto un altro effetto rispetto a una bella foto Instagram modificata a dovere in studio, dove quella luce, un po’ radical e un po’ chic, pettina tutto: pure lo Champagne e i razzisti. E allora cin, cin. Ma solo a quelli innamorati del vento tra i capelli e delle cause perse. Per tutto il resto, c’è Instagram.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Solare, spigliata, sorridente, sicura di sé. Sguardo fiero e tanta determinazione. Quella che ha portato Carlotta Salvini a diventare Miglior Sommelier Fisar2019, lo scorso novembre.
Comunicare il vino, per la 31enne di Siena, è una missione. Con tutti i mezzi a disposizione, online e offline. Positiva, pragmatica, mai eccessiva. Tanti progetti e un sogno nel cassetto: vestire i panni di vignaiola, producendo un vino tutto suo. Conosciamola meglio.
La competizione per il Miglior Sommelier Fisar si tiene da 27 anni. Se escludiamo gli anni non disputati e i pari merito uomo donna la quota femminile è del 32%. Sale al 40% se consideriamo solo gli anni dal 2010 ad oggi. È solo una questione di proporzioni di iscritti oppure c’è qualcosa che ancora non è stato detto sull’argomento minoranza donna/sommelier?
Non si è mai ripetitivi su questo argomento e concordo che negli ultimi anni finalmente cominciano ad emergere figure femminili nel mondo del vino ed anche nell’imprenditoria vitivinicola. Ritengo che sia sempre più importante sensibilizzare non solo sulla figura della donna nel vino, ma in generale sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro. La mia ricetta è composta da tre ingredienti: studio, empatia, determinazione.
Penso che siano valori che noi donne conosciamo molto bene: abbiamo competenze interdisciplinari e sappiamo che non si può prescindere dalla preparazione. Credo molto in questi valori e spero che siano di stimolo per la vita di altre donne per cercare di realizzarsi e trovare la propria strada.
Tra le best sommelier al femminile tre toscane, due venete, due lombarde e due laziali. Toscana culla della lingua italiana, del Rinascimento, “Caput Mundi” del vino. Le tue origini toscane quanto accrescono la tua competitività?
Non solo accrescono la mia competitività ma sono anche motivo di orgoglio. La Toscana è tra le più importanti regioni vitivinicole italiane con una straordinaria varietà di vini dalle differenti caratteristiche e una storia millenaria, una cultura antica che si perde nei secoli.
Sono un importante patrimonio, ci penso ogni volta che passo per strada tra i paesaggi delle colline del Chianti, della Costa degli Etruschi, della Val d’Orcia e della Val di Chiana: sono fiera di essere toscana.
Sei stata eletta a Novembre del 2019, neanche il tempo di mettere il calice Rastal tra i trofei e scatta l’emergenza Covid-19. Cosa ti sei persa o cosa non ti sei goduta ancora appieno di questa esperienza?
Penso che sia stato un esercizio molto importante, soprattutto per cercare strumenti di comunicazione diversi da quelli a cui il sommelier è abituato. Ho iniziato ad un utilizzo dei miei canali social in chiave divulgativa / educational ed il risultato è stato davvero sorprendente. Non credo di essermi persa qualcosa, cerco di avere un atteggiamento positivo anche nelle situazioni più difficili stimolandomi a trovare soluzioni per reinventarsi e adattarsi.
Tutto del vino riconduce alle relazioni. Si vendemmia in squadra, si degusta confrontandosi ed a cena la bottiglia è in tavola. Il vino ha sempre accompagnato la vita, la convivialità, la cultura e l’alimentazione e nel tempo si è evoluto, passando da fonte di nutrimento a socializzazione e integrazione culturale.
Ma quanto è affascinante sentire qualcuno che parla di un vino che ha assaggiato? Dentro un calice di vino c’è tutto un mondo fatto di persone, storie, territori e gusto. La curiosità, l’entusiasmo, l’esperienza che coinvolge ogni volta, sono lo slancio a saperne sempre di più”.
Parole tue per dare il benvenuto a chi approda sulla tua neonata pagina Facebook. Si può trasmettere tutto questo, con la stessa empatia anche via digital?
Sono emozioni e sensazioni diverse, evocative e dipende soprattutto da come vengono comunicate. Ad esempio quando si legge un libro se lo scrittore è abile nella descrizione, riesce a farti evocare profumi, luoghi, toccare le corde sensibili.
Sta anche a chi scrive nel cercare di coinvolgere emotivamente ma anche con semplicità soprattutto utilizzando il giusto approccio per far appassionare nel mondo del vino. Leggere un libro sul Chianti Classico sicuramente non è lo stesso che visitarlo, ma di sicuro può suscitare la curiosità di andarci non appena ci sarà l’occasione.
Poco più di 300 follower su Facebook, 7300 su instagram: stories, dirette, webinar, degustazioni digitali, foto con i calici. Le tue foto sono passate dai poco più di 200 like per la tua laurea a 1300 con pioggia di cuoricini per un tuo selfie (molto bello) baciata dal sole e con il calice in mano. Ti consideri, come si direbbe oggi, una ‘wine influencer’?
Non credo di sentirmi influencer, ma piuttosto “wine educator”: ancora non ho trovato una parola analoga in italiano. Penso che ci sia ancora molto da approfondire su un approccio educativo alla cultura del vino in particolare “educando” il palato all’assaggio. È l’aspetto più importante soprattutto per chi non è esperto riuscire ad avere una capacità di giudizio obiettivo su un vino lasciandosi guidare solo dai nostri sensi.
Tante foto con etichette blasonate. Qualche anno fa hai postato un calice di Tignanello e hai commentato scherzosamente “È capitato di peggio”. Qual è il tuo rapporto con i vini più “popolani”? Hai comprato vino al supermercato recentemente? Cosa pensi del vino in Gdo?
La distinzione per un vino popolano o costoso non la fa il luogo in qui viene venduto. Oggi sopratutto nei supermercati c’è la tendenza ad avere una sezione di enoteca con grande assortimento di vini anche prestigiosi talvolta con la presenza di un sommelier per consigliare nell’acquisto.
Io stessa ho acquistato qualche volta vino al supermercato proprio perché la qualità del vino si giudica solo e soltanto quando è nel bicchiere senza che il luogo in o altri fattori ne influenzino il giudizio.
Per quanto riguarda i vini “popolani” non perché siano tali non devono essere buoni. È anche vero che per trovare la qualità anche in vini più semplici non è possibile scendere al di sotto di una soglia minima di prezzo.
Tra gli altri impegni sei hospitality manager di Felsina Wines, in un territorio, quello del Chianti Classico, che punta molto sull’enoturismo. Che preoccupazioni hai per il futuro?
Il turismo e il settore della ristorazione sono i più colpiti dall’epidemia Covid-19. Nel breve periodo non ci sono prospettive di ripresa con il turismo straniero ( che a Fèlsina rappresenta circa il 70% dei visitatori ) ma ci sono possibilità con quello locale e territoriale.
È un anno dove più che mai diventa fondamentale consolidare i rapporti esistenti. Nel futuro non sono preoccupata, sono certa che le meravigliose eccellenze italiane torneranno a essere la meta ambita dai turisti di tutto il mondo ancora più di prima.
Sommelier, Hospitality manager, agronoma, attestati internazionali. Tu stessa hai dichiarato che il titolo di miglior sommelier non è un traguardo. Cosa ti appresti a studiare o a fare nella tua vita privata? Ti sei prefissata nuove mete da raggiungere?
Nella mia vita privata continuo l’attività attraverso i social e al momento sto lavorando ad un piccolo progetto personale, un corso di vino online. È vero, ho detto che il titolo di best sommelier per me non significa un traguardo, ma rappresenta un’ulteriore conferma che il mondo del vino è e sarà la mia strada. Di nuovi orizzonti ne ho tanti in mente tra cui il grande sogno di poter, un giorno, produrre un vino tutto mio.
Parliamo di Fisar. Le singole delegazioni hanno cercato di mantenere viva l’attenzione dei soci negli ultimi mesi con varie attività. Cosa bolle in pentole per quanto riguarda Fisar in Rosa e Fisar Nazionale? Stai (e state) lavorando su nuovi progetti?
A livello territoriale le delegazioni hanno mantenuto attiva l’attività di coinvolgimento dei soci proponendo webinar approfondimenti a cui io stessa ho partecipato in qualità sia di relatore che uditore. A livello nazionale stiamo lavorando a diversi progetti. tra cui una nuovissima rubrica, condotta da me: “Degustiamo assieme”.
Un appuntamento settimanale, in uscita da lunedì 11 maggio, dove presenterò vini, territori, cantine di tutta Italia, un viaggio da nord a sud. Fisar in Rosa ha in programma la rubrica “In viaggio con Fisar in Rosa”, episodi live con racconti e degustazioni di territori coinvolgendo anche produttrici di vino.
Teoricamente, a novembre, ti appresterai a lasciare il titolo ad un nuovo Miglior Sommelier. Che consiglio daresti, magari anche alla luce della tua antesignana esperienza in quarantena?
Consiglio di non prendere questo riconoscimento solo come ruolo di “ambasciatore” nazionale di un’associazione ma come opportunità di capire quali sono gli strumenti ed il linguaggio giusto per far appassionare al mondo del vino sempre più persone.
La cultura del vino in Italia fa parte della nostra storia ed è anche compito di un Sommelier ai vertici nazionali di essere promotore dell’informazione soprattutto a chi si trova all’inizio del percorso.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
EDITORIALE – Premessa triste: il mondo della comunicazione del vino italiano era malato prima dell’avvento di Coronavirus. In questo senso, l’emergenza Covid-19, poteva “migliorare” o peggiorare le cose. La verità – ecco la tesi di questo editoriale che è più lo sfogo di un “vecchio” cronista, incapace di smettere di alimentarsi di ideali, a 17 anni dal primo articolo di giornale – è che tutto è cambiato, per tornare com’era. Mi spiego meglio, soprattutto per rendere il discorso comprensibile ai non “addetti ai lavori” del settore Wine&Food.
In questi giorni, gli uffici stampa delle cantine hanno cambiato tiro. Arrivano alle caselle di posta elettronica di WineMag.it e Vinialsuper.it decine di email con “cortese preghiera di pubblicazione” di “comunicati stampa” che, in realtà, non sono altro che pubblicità delle cantine. Nulla a che fare con l’informazione, insomma.
Si chiede, per esempio, di pubblicare la “notizia” (?!) che è “sempre attivo l’e-shop della cantina X”. Oppure che l’azienda Y “effettua consegne a domicilio gratuite”, in risposta al Decreto Cura Italia che limita gli spostamenti per fronteggiare l’emergenza Covid-19.
Perché dico che nulla è cambiato rispetto al passato? Anche prima dell’emergenza Coronavirus, solo il 20-30% dei “comunicati stampa” aveva carattere giornalistico o informativo per i lettori. C’era (e c’è ancora oggi) chi chiede addirittura la pubblicazione di note di degustazione di etichette mai degustate dalla redazione, da dare in pasto ai lettori come…pubblicità (appunto) per la cantina Tal dei Tali.
Eppure, eccoli lì: quei “comunicati stampa” pubblicati col copia-incolla, da tutti, senza distinzione: testate, blog, siti, sitarelli di enogastronomia. Quando gli uffici stampa cominceranno a trattare l’informazione come Informazione – e dunque le testate come “testate”, e non come “cataloghi” alla Postalmarket – sarà troppo tardi.
Con o senza Coronavirus, chi di dovere spieghi – per cortesia – alle cantine clienti la differenza tra informazione e pubblicità. Altrimenti, neppure questa emergenza ci avrà insegnato qualcosa. E continueremo a navigare sul web della marchetta enogastronomica. Col pubblico sempre più confuso tra marinai, pirati e influencer. Che tanto fa lo stesso, no? No. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
EDITORIALE – E’ come se decideste di accendere la televisione per guardare la pubblicità, al posto di cambiare canale e seguire i vostri programmi preferiti. Il caso dello Youtuber St3pNy che avrebbe evaso un milione di euro al fisco, guadagnati in pubblicità grazie al proprio canale social, forse farà aprire gli occhi a chi ancora crede di poter trovare informazioni super partes e pareri credibili sui canali di Influencer, Youtuber, sgallinate e sgallinati vari. Gente che, per mostrarvi un’etichetta di vino, va prima a fare shopping.
I FATTI
I Finanzieri del Comando Provinciale di Firenze hanno individuato il 23enne italiano, residente in provincia di Firenze, che “professionalmente svolgeva la sua attività su portali Internet completamente in nero, con un’evasione di imposte di oltre 1 milione di euro in 5 anni di attività”.
Nello specifico, l’attività investigativa e di intelligence del Nucleo di polizia economico-finanziaria ha permesso di rilevare come il “professionista del web”, tra il 2013 e il 2018, abbia omesso di dichiarare ricavi per oltre 600 mila euro. E di versare Iva per oltre 400 mila euro.
L’influencer era presente sui social da diversi anni. Pubblicava video che parlavano delle sue esperienze, dei suoi viaggi e della sua vita, arrivando ad avere oltre 4 milioni di follower” che lo seguivano assiduamente – riferiscono i finanzieri – risultando il secondo in Italia per numero di seguaci, con 1 milione di visualizzazioni al giorno”.
L’attività del giovane era svolta in modo professionale: riceveva compensi dalle pubblicità inserite nei video che, quotidianamente, pubblicava sul proprio canale. I pagamenti allo Youtuber erano poi proporzionati al numero di visualizzazioni fatte dai “followers”.
LA RIFLESSIONE
Un fenomeno, quello degli Youtuber e degli Influencer, che non è nato come un fungo in un bosco, dopo una giornata di pioggia. Il dilagare di pagine social sui temi più svariati (dal vino al food, passando all’abbigliamento) che si trasformano presto in vere e proprie “rassegne della marchetta”, nasce (anche) dal vuoto venutosi a creare negli anni tra la stampa tecnica e il consumatore.
Una distanza sempre più vasta, nella quale questi “fenomeni social” hanno trovato terreno fertile per costruire la propria rete di follower, che fisiologicamente è andata ad ampliarsi nel tempo (per chi inizia oggi è difficile raggiungere numeri davvero considerevoli di seguaci, basandosi solo sull’attività social).
Colpa del linguaggio troppo tecnico, dell’autoreferenzialità e – ammettiamolo – anche della pratica sistematica della marchetta anche da parte di testate giornalistiche e giornalisti di settore. Insomma: ogni dieci “influencer” di oggi esiste almeno un giornalista marchettaro di ieri.
Che ancora gira per eventi, a raccoglier bottiglie da bersi a casa, col marito o con la moglie. Magari percependo già la pensione da qualche anno. Alla faccia dei giovani che arrancano per mezzo torsolo di posto in redazione. Cin, cin.
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EDITORIALE (MESSINA) – La diretta interessata, Flora Mondello, non interviene direttamente se non per minacciare azioni legali contro la testata. Ma grazie ad alcuni elementi raccolti tra le fonti di WineMag.it siamo riusciti a ricostruire la vicenda della foto “sexy” della presidentessa dell’Associazione Doc Mamertino.
Ricapitoliamo il tutto di seguito, sperando di poter tornare a parlare solo di vino al più presto.
Alle 9.38 del 28 marzo, Ferdinando Calaciura, Ufficio stampa dell’ente siciliano, invia alla redazione di WineMag.it un comunicato relativo alla “conferenza stampa di presentazione dell’Associazione dei Produttori della DOC Mamertino”, tenutasi il 27 marzo a Palermo. Si parla anche dell’imminente presenza dell’ente a Vinitaly.
Di seguito e in allegato il comunicato stampa – aggiunge Calaciura – il press kit con tutti materiali (foto, disciplinare, info sui produttori) è disponibile cliccando sul seguente link http://bit.ly/Associazione_DOCMamertino. Cordiali saluti e buon lavoro”.
Una volta aperto e revisionato il comunicato stampa (consultabile qui) clicchiamo sul link per scegliere le foto con cui corredare la pubblicazione (si tratta di un Dropbox). E’ a quel punto che scorgiamo l’unica foto che ritrae Flora Mondello in una posa degna più di Instagram che del ruolo istituzionale ricoperto, con annessa (abbondante) scollatura.
Da mesi questa testata si sta battendo pubblicamente contro il fenomeno dilagante degli influencer e delle influencer, che spesso si fanno ritrarre in atteggiamenti e abiti poco consoni al temaWine & Food.
La scelta dell’Ufficio stampa dell’Associazione Doc Mamertino (condivisa oppure no con la diretta interessata? Ci parli di questo Flora Mondello) di inviare ai giornalisti una fotografia degna di un profilo social genera in noi il sospetto che anche un Ente del vino, per la prima volta in Italia, abbia deciso di darsi a forme di comunicazione di bassa lega, come se ne vedono tante sui social network.
Decidiamo dunque di denunciare l’episodio, in difesa di tutte le donne del vino, professioniste, che non cedono al ricatto del maschilismo per proporre esclusivamente contenuti e informazioni degne di attenzione da parte del pubblico. Tutto, insomma, tranne che un attacco di tipo sessista alla malcapitata Flora Mondello e al genere femminile.
Una presidentessa caduta vittima, forse, del suo Ufficio stampa? Ce lo dica lei, siamo qui. E, in quel caso, se la prenda con quel Ferdinando Calaciura che, una volta letto il nostro articolo, ha pensato di rimediare sostituendo la foto “sexy” della Mondello con una degna del ruolo ricoperto dalla referente della Doc Mondello. Ecco di seguito le prove.
↓ FILE DROPBOX ORIGINALI INVIATI A TUTTE LE TESTATE ↓
↓ FILE DROPBOX MODIFICATI DOPO L’USCITA DELL’ARTICOLO ↓
Questa la cronaca dei fatti, prove alla mano, come sempre nel rispetto che nutriamo nei confronti dei nostri lettori. Nostra opinione è che un Consorzio del vino che si vuole far conoscere a Vinitaly 2019 per le qualità espresse dai produttori del territorio debba puntare sui contenuti, più che sull’immagine di una bella presidentessa.
Già, perché a nessuno – nella valanga di “critiche” piovute sui social di WineMag dopo l’uscita dell’articolo, gran parte delle quali mosse a dovere da lugubri esponenti della “concorrenza” – è venuto in mente di dare del sessista a chi ha diffuso una foto così poco adatta al ruolo di rappresentanza dei produttori e delle produttrici del Mamertino.
E allora dateci pure dei bacchettoni. Lo siamo, forse. Ma sappiate per certo che questa è una testata giornalistica “sessismo free”: viva le Donne, produttrici, vignaiole, sommelier, giornaliste e comunicatrici di contenuti.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
EDITORIALE (MESSINA) – Poche parole. Tanto a parlare ci pensa la foto. E’ da “calendario sexy” la posa (e la veste) scelta dalla presidente della Doc Mamertino, Flora Mondello, per il lancio del comunicato stampa a tema Vinitaly 2019.
La massima rappresentante della Doc messinese sceglie di mettere a disposizione dei giornalisti una foto degna delle migliori influencer del vino italiano.
Tette al vento e sguardo ammiccante, con le dita poggiate sotto al mento. Roba da far sussultare le botti di rovere, in cantina. E’ il segno che la deriva degli influencer (e delle influencer) è arrivata ormai a lambire a tutti i livelli il mondo dell’informazione italiana. Per chi volesse incontrare… i vini del Mamertino, l’appuntamento è comunque al prossimo Vinitaly di Verona.
“Sono piccole produzioni – evidenzia la sexy presidentessa Flora Mondello – che devono essere spinte anche dal sistema ricettivo e dalla ristorazione locale e siciliana, ancora troppo poco coinvolta in questa fase di rinascita e comunicazione dedicata ai vini del Mamertino”. Le armi per convincere il pubblico ci sono tutte.
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EDITORIALE – Primi risultati concreti per la nostra “battaglia” contro i bot di Instagram, utilizzati da molti influencer (o presunti tali) per incrementare follower ed engagement dei loro account, attraverso un controverso (e poco corretto) meccanismo. Dopo una nostra denuncia (vedi a lato), il Consorzio di Tutela Prosecco Doc è infatti intervenuto nei confronti dell’agenzia che gestisce il profilo Instagram proseccodoc_usa.
I FATTI
Da diversi mesi pubblico sul mio profilo Facebook la lista di account che utilizzano il fastidioso “trucchetto” del “Follow – Unfollow“, scovati grazie a una speciale app installata sul mio smartphone (ne avevo parlato qui).
Con pochi euro, tutti gli iscritti Instagram che intendano incrementare i follower in maniera esponenziale (e in breve tempo) possono attivare dei “bot” che consentono di iniziare a seguire altri account interessati al medesimo argomento (follow), per poi eseguire – nel giro di 24/48 ore – un “unfollow” di quegli stessi profili.
Questo strumento di Inbound Marketing fa gioco su una pratica ormai comune su Instagram: sono moltissimi gli utenti del social, specie non professionali, che decidono di seguire automaticamente un account che inizia a seguirli. Non a caso spopolano su Instagram gli hashtag che contengono la parola “follow“. Eccone alcuni esempi:
#follow
#followforfollowback
#follow4followback
#Ilikeforfollow
#followforfollow
#followforlike
#followback
#followforafollow
Ebbene, anche l’agenzia che si occupa di comunicazione per il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc ha iniziato ad utilizzare un “bot” per incrementare i follower dell’account Instragram Usa. Ma ha avuto la “sfortuna” di iniziare a seguire, il 24 febbraio, l’account di WineMag.it.
Essendo ovviamente interessati alle attività di un Consorzio del vino italiano, abbiamo concesso il “follow back”. Accorgendoci però che, nel giro di una notte, il 25 febbraio, l’account prosecco_usa aveva eseguito lo sciagurato “unfollow”. Un episodio che ho deciso di “denunciare”, appunto, sul mio profilo Facebook.
Con grande sorpresa, ieri sera siamo stati contattati dal Consorzio di Tutela Prosecco Doc, che ha fatto tesoro dell’accaduto e ha annunciato di aver preso provvedimenti nei confronti dell’agenzia Usa:
Ciao Davide, ti scriviamo in merito all’attività sospetta registrata nell’account @proseccodoc_usa. Il profilo è attualmente gestito da Casa Prosecco DOC USA, l’agenzia di comunicazione che si occupa delle pubbliche relazioni per conto del Consorzio del Prosecco DOC in tutto il territorio degli Stati Uniti.
In qualità di Consorzio, forniamo costantemente alla nostra “fonte” ufficiale negli States guidelines di comunicazione utili a promuovere la reputazione e l’autenticità del Prosecco DOC, sia nel rapporto coi media, che in quello coi consumatori.
Alcuni task, però, vengono svolti in autonomia da Casa Prosecco DOC USA, la gestione dell’account @proseccodoc_usa è uno di questi. In questo senso, abbiamo già individuato l’attività sospetta e ci siamo adoperati per bloccare in modo definitivo tutte le tipologie di acquisizione, following e unfollowing sospetti. Buona serata.
Un plauso e un ringraziamento, dunque, a uno dei Consorzi del Vino più importanti d’Italia, che ha deciso di prendere in mano la situazione e dire basta a queste pratiche offensive per chi si occupa di comunicazione.
Un meccanismo che, invece, sembra spopolare anche tra le cantine italiane.
Sull’esempio del Consorzio del Prosecco, la speranza è che anche cantine e uffici stampa del settore Food & Wine decidano di investire risorse in chi davvero fa informazione nel settore, abbandonando la strada degli influencer (con un pranzo e il “rimborso spese” offerto a questa gente, su WineMag o Vinialsuper si fa pubblicità per un mese!).
Basterebbe del resto chiedersi come mai, qualcuno di questi “fenomeni” social, riceva solo qualche centinaio di “cuoricini” per le foto pubblicate nei mirabolanti tour enoici, a fronte di decine di migliaia di follower vantati dell’account. Sveglia, Italia! Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Scusa, ce l’hai il Bricco del Pisellone?”
“Dell’Uccellone! Bricco dell’Uccellone!”
“Sì, quello! Bravo!”
Tutto ciò che avreste sempre voluto sapere del lavoro in enoteca, ma nessuno vi ha mai confessato. Sotto Natale, complici i regali e i vari pranzi e cene da organizzare, gli avventori nei wine shop aumentano. E non tutti i clienti sono “tecnicamente” preparati sul tema “vino”. Anzi, sono proprio i meno esperti a rivolgersi al personale delle enoteche. In cerca di aiuto e consiglio.
Ecco quindi volare gli strafalcioni e le richieste assurde, confessate a WineMag da un enotecario di Milano. L’impreparazione sui prezzi del cliente occasionale pare andare per la maggiore.
“Vorrei un Amarone, possibilmente sotto i 10€. Vorrei fare un pensierino…”
“Ha Sassicaia 2015?”
“No guardi, è finito da un po’. Se vuole un supertuscan ho Tignanello, siamo sui 75€”
“No no! Così caro no!”
“????”
Seconda classificata l’impreparazione tecnica. Dalla signora che afferra una bottiglia di Barolo e chiede “Ma è un vino fermo? Ah sì? Ed è secco?“. Fino al signore che chiede: “Vorrei un Gewurztraminer. Bianco mi raccomando”. “Guardi, bianco il Gewurz l’ho proprio finito. Se vuole ce l’ho rosso, va bene lo stesso?”.
C’è poi la ragazza che cerca una “bollicina morbida” per brindare col fidanzato. E dopo aver sentito (ma non compreso) la differenza tra Franciacorta e Franciacorta Saten chiede dubbiosa: “Ma è comunque vino?“.
Per non parlare di quella che il confidente enotecario di WineMag definisce “presunzione di sapere” in merito agli abbinamenti cibo-vino. L’esempio più palese?
“Vorrei un bianco da abbinare al pesce”
L’enotecario chiede come si intende cucinare il pesce e formula una proposta, che viene rifiutata. Formula allora una seconda proposta, anch’essa puntualmente rifiutata. Quindi una terza, alla quale il cliente risponde così: “No, no. Meglio di no. Sa cosa faccio? Mi prendo un bel Lambrusco!“. Fai come vuoi!
QUELLO CHE GLI ENOTECARI NON DICONO
Quello che gli enotecari non dicono è che, sotto sotto, gli strafalcioni enologici dei clienti sono uno spasso ed aiutano a sorridere in giornate di lavoro oggettivamente intenso. A volte, più il cliente la spara grossa e più la cosa è occasione per una battuta fra colleghi ed amici.
Quello che gli enotecari non dicono è che non è l’impreparazione dei clienti a dar fastidio. Ci sta che un cliente sia impreparato sull’argomento, così come noi lo siamo su altre questioni e chiediamo aiuto a negozianti e commessi.
Quello che infastidisce è la presunzione di taluni. Soprattutto sui “grandi nomi” del vino, senza avere effettiva consapevolezza di cosa si stia parlando. Quelli che basta spendere. Quelli che arrivano col telefonino in mano e controllano le recensioni e i punteggi di Vivino, ad ogni proposta dell’enotecario.
È questa sorta di arroganza, data da non si sa ben cosa, ad indispettire chi fa del vino una passione ed una professione. Ma è davvero il cliente il problema? Pensiamo di no.
LA CULTURA DEL BERE
Se nel 2019 l’enotecario si sente chiedere “un prosecchino di Franciacorta“, o se quando propone un Chianti Classico o un Brunello gli viene chiesto “Ma è rosso?“, se spiega la differenza fra Barolo e Amarone per le esigenze di abbinamento espresse del cliente, sentendosi dire “Ma il rosso non è semplicemente un rosso? Non son tutti uguali?“, la colpa non è del cliente. La colpa è nostra.
Enotecari, produttori, sommelier, wine journalist, blogger e influencer. Siamo noi a dover raccontare il vino (ed in generale il mondo del buon bere) nel modo più semplice e comprensibile. Siamo noi, giorno dopo giorno, proposta dopo proposta, articolo dopo articolo, post dopo post, degustazione dopo degustazione, a dover fare cultura.
A educare chi il vino lo consuma semplicemente, anche se condizionato da vaghe pretese e mode, legate ai nomi “di grido”. Troppo spesso ci si dimentica che la cultura del bere si diffonde lentamente. Molto lentamente.
Che diffondere cultura del vino non vuol dire attirare l’attenzione su di sé, ma porre il vino stesso al centro, rendendolo accessibile (e comprensibile) a tutti. Pronti per la sfida? Buon 2019 alla comunicazione del vino, da noi di WineMag.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
E’ arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza. Perché dai commenti che si leggono in giro, soprattutto ad opera dei tanti leoni da tastiera che abitano le “tane” chiamate “social”, pare di intuire il palesarsi di una contraddizione che non ha senso di esistere.
E’ possibile fare cronaca giornalistica nel mondo del vino? Noi di vinialsuper crediamo di sì.
Cosa intendiamo per “cronaca”? Il racconto reale, oggettivo, non solo di un calice di un vino. Di una degustazione. Ma anche delle “notizie” legate al mondo del vino.
All’uscita dell’articolo su Josko Gravner siamo stati subissati di critiche pubbliche e di complimenti privati. Già, perché l’Italia è quel Paese dove si ha paura – in 9 casi e mezzo su 10 – di schierarsi apertamente con qualcuno, specie se si tratta di una posizione “scomoda”.
Ma in privato, via Whatsapp, o via Messenger, è tutto un fioccare di complimenti e incoraggiamenti: “Avanti tutta”. Tra chi ti manda al macello con una spinta e chi ti critica per partito preso, senza neppure conoscerti, non so chi preferire.
E allora, a qualcuno, servirà sapere che vinialsupermercato.it è diventata per scelta, dal luglio 2017, una testata giornalistica registrata in tribunale. Trasformandosi da un comune “wine blog” a qualche cosa di più, giuridicamente riconosciuto.
A qualcuno servirà sapere che da allora abbiamo collezionato almeno 5 minacce di querela per gli scomodi articoli pubblicati, due delle quali si sono tramutate in realtà: procedimenti in corso di cui vi terremo aggiornati, a tempo debito.
Possiamo solo dirvi che si tratta di articoli documentati con tanto di registrazioni e testimonianze. E aggiungere che, in Italia, qualsiasi testata seria deve fare i conti con querele e minacce: perché non viviamo in un Paese dove la stampa viene tutelata a dovere dalle istituzioni.
E la querela, in certi casi, vale quanto una pallottola: stordisce il giornalista, lo intimidisce, gli fa perdere la voglia di lottare per la verità, nel nome del rispetto nei confronti dei lettori.
Ecco il punto: il rispetto nei confronti di chi ci legge è l’unico paletto che vige nella redazione di vinialsuper. Un rispetto che vogliamo garantire tanto nelle recensioni dei vini quanto nel racconto dei “fatti di cronaca del vino” di cui siamo testimoni.
E allora basta accusarci di essere “di parte” perché la testata si chiama “vinialsupermercato.it”. Basta accusarci di esserci a caccia di like. A noi non frega niente fare gli “influencer”: lo lasciamo fare ad altri, molto più bravi di noi a “influenzare” (verbo orribile per chi intende fare pura informazione).
Ma ditecelo voi: stiamo sbagliando qualcosa nel tentativo di portare la cronaca giornalistica nel mondo del vino? E’ un approccio troppo “violento” e “aggressivo” nei confronti di un mondo che troppo spesso vive di “edonismo”? Vino e cronaca sono due mondi conciliabili? Una cosa si sappia: a noi piace stare scomodi.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Più che alla verdura, alla frutta. A meno di due mesi dall’esposto dell’Associazione nazionale Consumatori all’Antitrust per la “pubblicità occulta di prodotti commerciali sui social network” da parte di alcuni vip – tra cui Belen, Fedez, Anna Tatangelo, Melissa Satta – Gerry Scotti sembra voler sfidare in tv l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Nel mirino l’ultima puntata di Caduta Libera, il quiz di Canale 5 condotto dal popolare presentatore Mediaset di Miradolo Terme (Pv). Come successo in un altro caso denunciato da vinialsuper, Scotti ha utilizzato una domanda a tema enologico per fare riferimento alla sua linea di vini, in commercio in alcuni supermercati dallo scorso mese di aprile.
IL CASO
“Verdura a cui può essere difficile trovare il giusto vino da abbinare”. Otto lettere. La concorrente ci mette poco a rispondere: “Carciofo”. Gerry ancora meno a cogliere l’ennesima palla al balzo: “Io l’ho trovato il vino ideale per il carciofo. E’ un bel rosato che si fa in provincia di Pavia”.
ll pubblico rumoreggia. Qualcuno si lascia scappare una sonora risata, svelando di aver ben capito il riferimento. A questo punto lo Zio Gerry alza le mani: “No – si affretta a precisare – non sto pubblicizzando nulla. Ho detto che è un bel rosato”. Per poi rincarare la dose, inequivocabilmente: “Ha un nome di una vigna. E non posso aggiungere altro”.
LA BEFFA Duplice la beffa dello scatenato conduttore pavese. Il riferimento non sarebbe solo al suo rosato da Pinot Nero “Pumgranin”, ma anche all’utilizzo in etichetta della parola “vigna”, contestato da Michele Antonio Fino, professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in un’intervista esclusiva rilasciata a vinialsuper, lo scorso 6 aprile.
“La pubblicità occulta – dichiara Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, a proposito dei casi di Fedez, Belen, Tatangelo e Satta – ha il potere di influenzare inconsapevolmente i consumatori nella scelta di un prodotto o nel giudizio su un brand. A maggior ragione è efficace se fatta da personaggi famosi, i cosiddetti influencer“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Nove miliardi di euro. Valgono tanto USA e UK per import di vino, i due principali mercati al mondo. Pesando rispettivamente per il 18% e 15% sul totale del vino commercializzato a livello globale. Gli Stati Uniti figurano, allo stesso tempo, come il primo paese al mondo per consumi di vino: oltre 31 milioni di ettolitri nel 2015, il 38% in più di quanto si bevono gli italiani.
Questo doppio primato deriva dal fatto che gli USA rappresentano anche il quarto produttore mondiale (22 milioni di ettolitri nel 2015) e buona parte del proprio vino viene consumato entro i confini nazionali (ne esportano poco più di 4 milioni). Al contrario, il Regno Unito che per ragioni pedo-climatiche (forse ancora per pochi anni, visti i cambiamenti climatici in corso) produce quantità marginali di vino, è “costretto” a consumare principalmente prodotto di importazione e in questo caso i consumi totali coincidono con gli acquisti dall’estero, facendo del Regno Unito il sesto paese al mondo per consumi (13,5 milioni di ettolitri).
Ancora più interessante è il “peso” che il vino detiene sul totale delle bevande alcoliche consumate: 10% negli USA, 18% in UK dove in entrambi i paesi la parte del leone viene fatta dalla birra. Da questi pochi numeri si capisce però dove insistono le maggiori prospettive di crescita per i vini italiani. Mentre nel Regno Unito è difficile pensare ad ulteriori effetti “sostituzione” rilevanti (tra vino e birra), nel caso degli Stati Uniti gli spazi di crescita sono duplici: da un lato, i tassi di penetrazione del vino ancora bassi tra i consumatori di bevande alcoliche dovrebbero crescere a scapito della birra (il consumo pro-capite di vino negli USA è inferiore ai 10 litri, in Italia – seppur in calo – viaggiamo sui 37 litri); dall’altro, tra vini concorrenti, quelli esteri possono aumentare le proprie quote di mercato a danno di quelli nazionali, in virtù di una crescita dei redditi pro-capite che ha tra i propri effetti quello di spostare l’acquisto da vini locali a vini stranieri. Ovviamente, in linea teorica. Poi da quel punto in avanti interviene la concorrenza tra prodotti esteri (Francia, Australia, Nuova Zelanda, Cile) a fare la differenza.
Stante questo scenario, nel corso degli ultimi 5 anni le importazioni negli Stati Uniti di vini dall’Italia sono aumentate del 61% a valore e del 26% a volume, uno scostamento determinato sia da un riposizionamento qualitativo dei nostri vini oltre che da un effetto rivalutazione prodotto dal rafforzamento del dollaro rispetto all’euro. Le nostre performance sono state superiori alla media del mercato, intesa come trend dell’import totale (+52% a valore) ma inferiori a quelle dei vini neozelandesi (+119%) e francesi (+83%). I dati relativi ai primi 10 mesi del 2016 mostrano ancora una tendenza positiva ma determinata da una spinta più debole: l’import di vino cresce a livello totale dell’1,8% in valore e di appena lo 0,1% in volume, con l’Italia che mette a segno un +3,9% a valore e un +1,9% a volume.
Siamo cioè distanti da quel 10% di tasso medio annuo (CAGR) di crescita che ha connotato l’import dal nostro paese nel quinquennio 2010/2015. Anche in questo caso, Nuova Zelanda e Francia registrano variazioni positive più ampie, rispettivamente pari a +9,2% e +4,2% in valore. Se guardiamo alle diverse tipologie, è solo grazie agli spumanti – e in particolare al Prosecco – che l’Italia registra questi valori positivi nel 2016: mentre i vini fermi imbottigliati calano del 2,6% in volume, gli sparkling crescono del 25,5%.
IL VINO ITALIANO NEL REGNO UNITO
Anche il mercato inglese presenta analogie simili nelle tendenze che si sono manifestate su quello americano. Nel medesimo quinquennio di tempo considerato, l’import di vino è cresciuto del 21% a valore ma meno del 5% a volume. Rispetto a questa media, l’import di vini italiani è aumentato rispettivamente del 64% e 35%, surclassando a valore praticamente tutti i diretti competitor, mentre a volumi rimanendo appena dietro la Spagna (+37%).
Le importazioni dal paese iberico hanno visto crescere soprattutto la categoria dei vini fermi imbottigliati (+50%), mentre è nuovamente merito degli spumanti (e anche in questo caso del Prosecco) se gli acquisti dall’Italia sono cresciuti così tanto: basti pensare che, a volume, l’import di sparkling italiano in UK è cresciuto del 572% tra il 2010 e il 2015.
Si tratta di un trend che trova conferma anche nell’anno in corso. I primi dieci mesi del 2016 mostrano una crescita dell’import dall’Italia che, nel totale a volume evidenzia un +3,2% sostanzialmente frutto della categoria spumanti che, presa a sé stante, mette a segno un +38% (si pensi infatti che i vini fermi imbottigliati italiani registrano un calo del 12% a valore e dell’8% a volume, in analogia a quanto sta accadendo all’import dell’intera categoria: -12% a valore e -5% a volume totale mondo).
LO STUDIO WINE MONITOR “Secondo le nostre stime – dichiara Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma – nel 2016 le importazioni a valore di vino negli Stati Uniti chiuderanno con una crescita inferiore al 2%, mentre nel Regno Unito ipotizziamo un calo di quasi il 10%”. D’altronde, si tratta di quei mercati che nel 2016 hanno vissuto due tra gli eventi più destabilizzanti e meno prevedibili che si ricordino: Brexit e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
“L’indecisione che gira attorno alla Brexit e che ha portato la sterlina a perdere oltre il 10% nei confronti dell’euro e delle principali valute internazionali dal referendum ad oggi, non ha fatto altro che tenere gli importatori inglesi alla finestra, riducendo gli acquisti di lungo periodo”, continua Pantini.
Nel caso invece degli Stati Uniti, l’elezione di Trump ha avuto, sulla valuta locale, l’effetto contrario. Il rafforzamento del dollaro che potrebbe continuare anche nel 2017 a seguito degli interventi di politica economica e fiscale promessi in campagna elettorale, potrebbe ridare vigore alle importazioni dall’Italia, a condizione che contestualmente non vengano attivate misure protezionistiche volte a tutelare i vini californiani. Il che, ad oggi, sembra però lontano dall’essere attuabile (così almeno si spera).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
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