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Villa Favorita 2018: i migliori assaggi VinNatur(isti)

Qualche conferma e tante etichette nuove da segnalare tra i migliori assaggi dell’edizione numero 15 di Villa Favorita. L’evento organizzato dall’Associazione VinNatur si conferma un must per gli amanti dei “vini naturali”.

Quattromila ingressi totali nella storica dimora del XVIII Secolo, a Sarego. Cifra che eguaglia quella dello scorso anno, con il pubblico concentrato soprattutto nella giornata di sabato 14 aprile. Segno “più”, invece, sul numero di operatori del settore, italiani ed esteri.

Tra i fenomeni dell’edizione 2018 di Villa Favorita – VinNatur si evidenzia il crescente numero di “rifermentati” ai banchi d’assaggio, ottenuti da uve a bacca bianca e rossa. Pochi, tuttavia, quelli che riescono a lasciare davvero il segno.

Un trend che sembra la risposta più immediata dei vignaioli naturali al “Fenomeno Prosecco”. Un po’ come la produzione di Charmat tra i produttori convenzionali, in tutta Italia.

Curioso anche il “comportamento” di certi rossi tipicamente da lungo affinamento (vedi Barolo, Brunello e Aglianico) presentati in vesti fresche, quasi giovanili, capaci comunque di non snaturare la tipicità: che sia un sintomo della crescente proiezione sui mercati esteri (più maturi di quello italiano) dei vignaioli naturali del Belpaese?

Mode a parte, l’edizione 2018 di Villa Favorita conferma il successo tra i Millennials, le nuove generazioni. Un trend dovuto alla crescente qualità riscontrabile di anno in anno tra le etichette in degustazione.

I MIGLIORI ASSAGGI
Metodo Classico Brut Nature Vsq Durello “Corte Roncolato”, Cristiana Meggiolaro. Vendemmia 2014 per questo Mc da uve Durella che segna uno stacco assoluto nei confronti degli altri sparkling veneti in degustazione a Villa la Favorita.

Riuscire a unire lame di lime a una grande ampiezza al palato è un connubio che riesce a pochi. Il sottofondo minerale, salino, fa il resto. Davvero un ottimo spumante quello della piccola cantina di Roncà (Verona).

Metodo Classico Vsq Dosaggio Zero “Esperidi”, Mario Gatta. Ci spostiamo poco più a ovest, in Franciacorta. Qui, più esattamente a Gussago (BS), Mario Gatta produce “Esperidi”.

Un Mc da uve Chardonnay e Pinot Nero, con due terzi dell’uvaggio principe della Franciacorta e un terzo di “Noir”: entrambi provenienti dei vigneti di proprietà della famiglia Gatta, situati a 400 metri d’altezza.

Siamo sul versante orientale franciacortino, su terreni di calcare e argilla. La vendemmia è la 2009, in bottiglia dal 2010 (sboccatura 09/2016).

Uno spumante vibrante, capace di unire in un sorso eleganza e potenza. Naso accattivante, arrotondato da frutta e fiori, e bocca tagliente, su note d’agrumi. Ottima la persistenza.

Oltrepò pavese Docg Metodo Classico Brut Rosè, Pietro Torti. Un Pinot Nero in purezza, versione rosè: in una parola, “Cruasé”. Bel frutto pulito al naso, che evidenzia il gran lavoro sulla selezione dei grappoli da parte del produttore di Montecalvo Versiggia (PV).

I profumi spaziano dal floreale alla liquirizia dolce, con predominanza tipica delle note di piccoli frutti di bosco. In bocca, il Cruasé di Pietro Torti evidenzia una bella beva verticale.

L’ossatura minerale accompagna note fruttate mai stucchevoli. Uno spumante che, entro la fine dell’anno, giungerà all’apice della sua curva di maturazione positiva.

Vino bianco frizzante “Shan Pan”, Cascina Zerbetta. Nome di fantasia pretenzioso, certo. Ma chi lo ha voluto – per questo rifermentato da uve Sauvignon blanc allevate nella zona di Quargnento, Alessandria – sapeva di non farsi prendere a canzonate.

Un bianco frizzante che si eleva dalla media (piatta) dei tanti rifermentati-fungo spuntati sul prato di VinNatur. Ha un senso d’esistere non solo nella facilità di beva, ma anche nell’intensità seria con cui si propone al naso (vegetale, piccante) e al palato (frutto succoso).

Roba da farti immaginare freschi sorsi su una playa qualsiasi, sotto il sole cocente, d’estate. Senza spostarti – in realtà – di un metro da Sarego. Bravi!

VINI BIANCHI
Vigneti delle Dolomiti Igt Nosiola 2016, Azienda Agricola Salvetta. Questo non è un vino, ma un concentrato di Nosiola. Discostante rispetto ad altre decine d’assaggi.

Pochi riescono a ottenere vini con queste caratteristiche dal grande vitigno autoctono trentino, troppo spesso presentato in versioni eccessivamente fruttate, utili a controbilanciarne la spalla acida.

La Nosiola Salvetta, invece, è da ricordare. Diretta, vera, potente, con un filo di tannino che si allunga nel retro olfattivo. Palato corrispondente al naso.

Dunque frutta esotica, agrumi ed erbe di montagna che conferiscono una freschezza balsamica, unite a una certa mineralità. Tutto bellissimo.

Salento Igp Verdeca 2017, Tenuta Macchiarola. Altro territorio, altro vitigno fortemente screditato dalle produzioni massive e dalla moda dei bianchi leggeri, fruttati, beverini. Questa volta atterriamo in Puglia, più esattamente a Lizzano, in provincia di Taranto.

Non che manchino queste caratteristiche alla splendida Verdeca di Domenico Mangione, in bottiglia da pochissimo. Un macerato fresco e speziato al naso, che riesce a coniugare con elegante potenza note vegetali e note fruttate esotiche tendenti al maturo.

In bocca il vino sfodera un sentore netto di radice di liquirizia, apprezzabilissimo. Uno di quei vini da portarsi in casa adesso, per valutarne l’evoluzione di mese in mese.

Veneto Igt Bianco “Rugoli” 2016, Davide Spillare. Il discepolo di Angiolino Maule, come abbiamo già scritto, si avvicina sempre più al maestro.

E quest’anno si riconferma tra i nostri migliori assaggi con “Rugoli”, bianco ottenuto dalla fermentazione spontanea di Garganega (30% in macerazione sulle bucce e successivo affinamento in legno).

Rugoli, a questo punto da annoverare tra i tre migliori bianchi “non convenzionali” del Veneto, assieme alla Garganega 2016 “Bianco Pri” di Sauro Maule, altro vino eccezionale pienezza gusto olfattiva, ottenuto da vecchie vigne.

VINI ROSSI
Provincia di Pavia Igt 2010 “Ghiro d’Inverno”, Azienda Agricola Martilde. Fa sorridere pensare che questo “Ghiro”, potenzialmente, potrebbe essere un Bonarda. Un 100% Croatina che sottolinea forse l’unico errore compiuto nella recente revisione dei disciplinari in Oltrepò Pavese (si potrà chiamare “Bonarda” solo il vino “mosso”, stralciata la versione “ferma”).

Ma chi vive di titoli e di nomi, spesso, è privo di contenuti. E la questione, a casa di Antonella Tacci, a Rovescala (PV), può contare, sì. Ma solo fino a un certo punto. Perché questa Croatina, diciamola tutta, è un vero spasso.

Una 2010 che fa sognare di prospettive lontane, col suo tannino ancora vivo e il suo frutto intenso, tipico, tutto pavese. Una Croatina che parla ad alta voce. Di concentrazione, di succo, di vita. Di vigne vecchie. Di identità. E di attaccamento alla tradizione. “Fanculo” alle denominazioni, con un etichetta così nel portafoglio.

Toscana Igt 2015 “La Ghiandaia”, Podere Erica. Sangiovese (70%) e Canaiolo (30%) per un rosso di Toscana a cui non manca proprio nulla. Un vino in perfetto equilibrio oggi, ma che domani (con quel tannino e con quella fresca acidità) può solo migliorare.

Un rosso da primi succulenti e secondi a base di carne che sembrano materializzarsi in degustazione. Impegnativo al punto giusto, con i suoi sentori puliti di frutti e spezie.

Rosso Emilia Igt 2015 “Rio Rocca Berzemèin”, Il Farneto. Siamo nella Piana di Farneto, in provincia di Reggio Emilia, ai piedi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Rio Rocca Marzemino croccante, vivo, in evoluzione.

Una bellissima espressione del vitigno, che in questa versione (macerazione di 8 giorni sulle bucce) si presenta profumato e corposo, virile in bocca, su note caratteristiche di frutta di bosco e spezie.

Lungo, molto persistente il finale, piacevolmente equilibrato. Tratti di concentrazione e gran pulizia che lo elevano ai migliori Marzemino prodotti fuori dall’Emilia.

Barolo Docg 2014 “Castellaro”, Barale Fratelli. Ecco quello che pare un Barolo “new style“. Tradotto: pronto subito, o quasi.

Le potenzialità di ulteriore positivo invecchiamento sono evidenti, ma questo Nebbiolo è più che mai pronto e già armonico.

ll sorso è carico, pieno: ricorda il frutto di sottobosco maturo, senza sforare nella confettura. Note minerali e un tannino perfettamente integrato completano il quadro del Barolo perfetto, per chi non sa aspettare.

Brunello di Montalcino Docg 2012, Casa Raia. Un altro vino che sorprende, per la sua prontezza. Un Brunello che sembra il risultato perfetto del compromesso fra terra e cielo.

Se è evidente, da un lato, la componente terrosa, dall’altro il Sangiovese sfodera un frutto succoso, tutto giocato su sentori di mirtilli e more di rovo.

Dal calice, con un po’ di ossigenazione, si esalano note eteree, di fumo e caffè tostato che rendono il nettare ancora più affascinante. Pronto oggi, ma con ampi margini di miglioramento nell’arco dei prossimi 5-8 anni.

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Emilia Sur Lì: vini liberi, anche dal Fisco

Ci sono sfumature capaci di rovinare un bel quadro. Un po’ come i baffi sulla Gioconda, se fossimo al Louvre. Venature dadaiste, in grado di farti andar via dall’edizione 2017 di Emilia Sur Lì – festival dei Vini emiliani rifermentati sui lieviti, con la bocca in paradiso. Ma la coscienza all’inferno.

Tanti buoni vini rifermentati e qualche eccezionale metodo classico (“outsider” solo in teoria) all’Agriturismo La Longarola di Lesignano de Bagni, poco fuori Parma, venerdì 2 giugno. Ma una “leggerezza fiscale” impressionante, con bottiglie vendute da alcuni produttori senza alcuna ricevuta. Vini liberi, insomma. Anche dal Fisco. Vini anarchici. Vini, in realtà, masochisti.

Di fatto, un vero peccato in termini di lungimiranza. Al di là degli aspetti legali della questione, non è la prima volta che assistiamo in presa diretta allo “smercio” di vino senza scontrino, a fiere ed eventi che spesso vedono protagonisti vignaioli “controcorrente”. I paladini della naturalità in vigna, in grado di concordare su rigidi disciplinari di produzione che prescindono (in positivo) dai disciplinari, scivolano (non tutti, è chiaro: ma a questo punto qualcuno isoli i furbi) sulla buccia di banana della legalità.

Un trend pericoloso, che rischia alla lunga – su scale nazionale – di non dare il giusto valore alla produzione di vino naturale. Un’evasione fiscale che fa male a un movimento, quello dei vini prodotti “secondo natura” (senza solfiti aggiunti, biologici, biodinamici…) che meriterebbe d’essere raccontato ogni giorno per l’aumento di interesse da parte del pubblico. Dati positivi a cui questo fenomeno perverso – più italiota che italiano – non può che tranciar le gambe. Perché la storia – da che mondo e mondo – si fa coi numeri. Non con le chiacchiere o le poesie su madre natura, nemica – evidentemente – più dell’industria del vino che dell’industria del denaro.

I MIGLIORI ASSAGGI
Emilia Sur Lì 2017 resta comunque, a tutti gli effetti, una manifestazione di livello nel panorama dei vini “alternativi”. Ecco i nostri migliori assaggi di vini rifermentati e sboccati, compresi alcuni “Metodo Classico” esemplari.

1) Grechetto, Azienda Agricola Gradizzolo. Sono tutti da assaggiare i Grechetto dell’Azienda Agricola Gradizzolo di Monteveglio, in provincia di Bologna. Che si tratti di “Gradizzolo” 2005, rifermentato erbaceo, balsamico, dalla chiusura speziata e lunghissima, o del Grechetto 2015 in anfora (naso splendido sull’anice), oppure del Grechetto 2012, imbottigliato a febbraio 2013 (gran pienezza e complessità, pur mantenendo una straordinaria facilità di beva) i vini di Antonio Ognibene lasciano il segno.

2) “Per Franco” e “Rosso Bergianti”, Azienda Agricola TerreVive Bergianti Vino. Qui siamo a Gargallo di Carpi, in provincia di Modena. “Per Franco” è uno spumante Metodo Classico Rosè ottenuto in purezza da uve Lambrusco della varietà Salamino. Nulla a che vedere con la media dei Lambruschi tradizionali, da cui si discosta fin dalla prima olfazione di cipria, che vira subito sulla frutta.

Uno spumante deciso, di carattere, ben retto su una schiena muscolosa. Non tanto, però, da comprometterne l’assoluta piacevolezza della beva. Rosso Bergianti è invece ottenuto con l’aggiunta di un 20% di uve Lambrusco Sorbara alla base Salamino. Un Metodo Classico giocato sull’acidità tipica, appunto, del Sorbara. Un Lambrusco da bere tutto d’un fiato.

3) Harusame, Casè… naturally wine. Alberto Anguissola tira fuori dal suo scrigno di Casal Pozzino di Travo in Val Trebbia (Piacenza), uno spumante rosato di Pinot Nero in purezza a dir poco eccezionale. Ne vanno matti in Giappone, ma anche in Italia rischia di creare dipendenza. Dopo un affinamento in acciaio per circa un anno, al vino viene aggiunto mosto fresco di Pinot Nero della vendemmia successiva, “in modo da ottenere il livello zuccherino corretto per avviare la rifermentazione in bottiglia”.

Non viene fatto uso di zuccheri industriali o lieviti selezionati per Harusame: solo madre natura per la presa di spuma. Al naso nocciola tostata, che torna prepotente in un palato a dir poco sconvolgente per l’uvaggio. Fragranza pura, soprattutto quando nel retro olfattivo fa capolino l’arachide. La frontiera naturale e dorata di un Pinot Nero, a pochi chilometri dalla sua patria d’elezione: l’Oltrepò Pavese.

4) Spumante Metodo Classico Brut Bianco Antico 2014 Vej, Podere Pradarolo. Altro assaggio sconvolgente il 100% Malvasia di Candia aromatica prodotto in località Serravalle, nel Comune di Varano dè Melegari. Siamo nella bassa Valle del Ceno, in provincia di Parma. Nove mesi complessivi di macerazione: i primi tre prevedono profondi rimontaggi, che anticipano i successivi 6 mesi a cappello sommerso. L’estrazione è totale e in bocca è evidente l’eccezionale equilibrio tra bollicina e tannino. Per la seconda fermentazione è stato utilizzato il mosto 2015.

“Facciamo tanta fatica in vigna per portare in cantina uve sane, comprese ovviamente le bucce: perché poi dovremmo gettarle via?”: il commento di Claudia Iannelli, toscana doc trapiantata in Emilia per seguire il sogno del marito Alberto Carretti, lascia pochi spazi alle interpretazioni. Un Pas Dosè sboccato alla Volé da lasciare il segno. Vej si presenta nel calice di un giallo intenso, tra la camomilla e l’ambrato. Al naso la tipicità della Malvasia di Candia, con uno spunto floreale di rosa. Al palato si fa serio, grazie all’apporto dei tannini che chiamano piatti anche importanti. Lo immaginiamo su un’anatra all’arancia. Divino.

5) Barbera 2014, Camillo Donati. Gli effetti della rifermentazione in bottiglia sono ormai pressoché svaniti nella Barbera 2014 di Camillo Donati, orgoglioso viticoltore emiliano di Barbiano, Parma. Frutta rossa deliziosa al naso, di rara pulizia (alla cieca, note che farebbero quasi pensare a un Pinot Nero altoatesino).In bocca, il residuo zuccherino non infastidisce la beva, che resta seriosa nonostante la predominanza delle note fruttate. D’obbligo lasciare respirare un po’ il vino nel calice, per assaporarne l’evoluzione all’olfatto: la frutta rossa diventa cornice di liquirizia dolce e note erbacee mediterranee. Tutto bellissimo.

6) Frisant Bianco 2016, Il Farneto. A Castellarano, provincia di Reggio Emilia, Bella interpretazione del vitigno Spergola, autoctono dell’Emilia, cui viene aggiunto un 40% di Sauvignon In degustazione la vendemmia 2016, rifermentata a maggio.Naso delicato di pera Williams e fiori bianchi freschi per questo “Frizzante” di colore giallo paglierino intenso. Inattesa un’acidità così spiccata al palato, ben equilibrata con il ritorno delicato delle note fruttate e una mineralità che chiama il sorso successivo.

7) Lambrusco dell’Emilia Igt Rosso Frizzante Secco “Al Scur”, Ferretti Vini.. Frizzanti per Natura. Ottenuto da un 90% di uvaggio composto da sette varietà di Lambrusco (Maestri, Marani, Salamino, Grasparossa, Oliva, Barghi, Foglia frastagliata) e un 10% di uva Ancellotta, altra autoctona emiliana. E’ un Lambrusco sui generis, tutt’altro che “piacione” o “femminile”.

Solo apparentemente una contraddizione, se si considera che la Ferretti Vini è oggi un’azienda a conduzione femminile, grazie all’impegno delle sorelle Elisa e Denise, che hanno saputo far tesoro degli insegnamenti del padre Sante, per 40 anni cantiniere alla Cantina Sociale di Campegine.

“Al Scur”, di fatto, è tradizione e naturalezza. Spuma corposa che tinge un calice porpora, impenetrabile. Naso di quelli che rendono giustizia ai vini naturali, grazie all’apporto di un Grasparossa audace, animale. Il tutto senza perdere finezza. Un anziano contadino con le mani sporche di terra, ma in camicia. Pronto per la messa della domenica.

8) Lambrusco dell’Emilia Igp Frizzante Rosso Secco “Ponente 270”, Podere Cipolla. Denny Bini ci manda in confusione. Tocca rileggere tre, quattro volte gli appunti prima di battere la recensione del suo Lambrusco Ponente 270, piena di ossimori: degustandolo al banco d’assaggio di Emilia Sur Lì, scriviamo prima “austero”, poi “rotondo”. Proprio così, non è un errore. Un’interpretazione esemplare di un blend di Lambrusco Salamino, Malbo Gentile, Grasparossa e Sorbara.

Un vino fresco ed equilibrato, sia al naso sia in bocca, tutto giocato su grasse note fruttate (tendenti al maturo) e su una bevibilità eccellente. Un Lambrusco semplice, ma tutt’altro che banale. Da provare, sempre in casa Podere Cipolla – Denny Bini, il Grasparossa Libeccio 225: più spigoloso e muscoloso, per via di una spalla acida ben più consistente.

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