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Zero tolleranza per il Silenzio: il Ruzzese (secco) di Cà du Ferrà

Zero tolleranza per il Silenzio il Ruzzese (secco) di Cà du Ferrà Un Liguria di Levante Igp Bianco 2023 dopo il passito Diciassettemaggio cantina davide zoppi giuseppe aieta bonassola
Zero tolleranza per il silenzio
. Questo il nome scelto da Cà du Ferrà per il primo Ruzzese secco, dopo gli esordi sul mercato – nel 2023 – con il passito Diciassettemaggio, vendemmia 2020. Il vitigno autoctono ligure, frutto di una rinascita commerciale dovuta proprio all’intraprendenza e alla tenacia dei due titolari di Cà du Ferrà, Davide Zoppi e il marito Giuseppe Aieta, mostra così il volto più puro e contemporaneo della Liguria di Levante. Un vino a Indicazione geografica protetta (Igp), vendemmia 2023, prodotto in sole 635 bottiglie, in parte già assegnate dal distributore esclusivo Proposta Vini (il costo è di 35 euro, più Iva).

Una chicca – firmata dall’enologa Graziana Grassini – con un messaggio forte dentro (e fuori) dalla bottiglia. L’etichetta è solo apparentemente monocromo, bianca. In realtà va strappata, da sinistra verso destra. Tirando una linguetta. Ecco così apparire la scritta “Zero tolleranza per il silenzio”, voluta da una cantina – Cà du Ferrà, per l’appunto – che non smette di sorprendere non solo attraverso i propri vini, ma anche lanciando messaggi chiari e assumendo prese di posizione nette. A sfondo socio-culturale. Perché il vino può essere anche manifesto. https://caduferra.wine/it/

IL RUZZESE: VITIGNO, VINO E ORA ANCHE “MANIFESTO”

«Tolleranza zero per il silenzio. Questa è la filosofia del vino. Un vino che non accetta omertà, non accetta silenzi. Che vuole parlare da solo. Un vino che invita a vivere la vita con grande impegno, con grande responsabilità. Impegno verso gli altri, verso la natura. Verso il territorio in cui viviamo. Il nostro Ruzzese secco è un invito: tolleranza zero per il silenzio, in tutte le sue accezioni negative». Le parole di Davide Zoppi fanno eco a quelle del marito Giuseppe Aieta.

«L’etichetta da strappare – spiega – vuol rappresentare una linea ben marcata nel nostro percorso di riscoperta del vitigno ed essere un modo per far riflettere sul mondo in cui viviamo. Non a caso abbiamo scelto il candore del bianco. Occorre iniziare, tutti insieme, a strappare vie le paure dalla nostra vita. Spingersi oltre i pregiudizi, per raggiungere i nostri obiettivi. Dobbiamo tornare ad avere il coraggio di esprimere il nostro pensiero e la nostra essenza. Senza timori».

IL RUZZESE TRA RISCOPERTA E CONFERME ALLA BIBLIOTECA LA VIGNA DI VICENZA

Teatro d’eccezione della presentazione del Ruzzese Liguria di Levante Bianco 2023 di Cà du Ferrà è stata la Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, luogo simbolo della ricerca e della tradizione vitivinicola italiana. Un luogo che custodisce 62 mila volumi tematici, dal quindicesimo secolo ai giorni nostri. Insieme ai produttori il prof Franco Mannini, ex ricercatore del Cnr di Torino che ha accompagnato – insieme al team guidato dalla professoressa Anna Schneider e a un finanziamento del Parco delle Cinque Terre – le prime ricerche sul vitigno Ruzzese. Studi che hanno portato alla sua iscrizione nel registro nazionale, nel 2009. https://www.lavigna.it/it/lavigna

«Eppure – ha spiegato Mannini – nessuno ha colto questa opportunità come invece ha fatto Cà du Ferrà, che è arrivata ad impiantare il suo primo vigneto di Ruzzese nel 2015». Poche barbatelle, a cui si affiancherà presto un ulteriore impianto per incrementare la produzione. «Una varietà incredibile – ha sottolineato l’agronomo Gabriele Cesolini, del team di Graziana Grassini – che all’inizio, essendo a me totalmente sconosciuta, avevo scambiato per Cabernet Franc. Si tratta di un vitigno resistente alle malattie, che germoglia prima e matura tardi, che produce uve dalla buccia spessa, col sole dentro».

LA PRIMA CITAZIONE DEL RUZZESE IN UN LIBRO DEL 1596: PIACEVA AL PAPA

Tutte condizioni che dipendono dal perfetto acclimatamento in Liguria del Ruzzese. Ed è proprio alla Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, oggi presieduta dall’imprenditore Remo Pedon, che il legame ha trovato senso compiuto. Di Ruzzese e di Liguria di Levante parla infatti lo scrittore Andrea Bacci, in un manoscritto del 1596 conservato proprio sugli scaffali del “museo” di Contrà Porta San Felice 3, nel cuore della Città del Palladio. Lo descrive, in latino, come un vino apprezzatissimo a Roma, tanto da essere gradito anche da Papa Paolo III Farnese, in carica dal 1534 al 1549. Il suo “bottigliere” Sante Lancerio, sommelier ante litteram, glielo aveva proposto come uno dei migliori vini bianchi che l’Italia enoica potesse offrire a quel tempo, grazie anche ad un finale tendente al dolce e non all’acido o all’amaro.

ZERO TOLLERANZA PER IL SILENZIO: L’ASSAGGIO DEL RUZZESE SECCO DI CÀ DU FERRÀ

Così, la decisione di Cà du Ferrà di vinificare “in secco” il Ruzzese non è solo riscoperta, ma anche evoluzione. Il vino matura e si arricchisce – grazie a ripetuti bâtonnage – in tonneau da 500 litri, nella piccola sala della cantina ligure, a Bonassola, in provincia della Spezia. Ma non “sa” di legno. Ricorda piuttosto il sole, il mare, la macchia mediterranea e la generosità della polpa dei frutti. Sa di mare e di montagna, di brezza marina e di frutta a polpa gialla matura, come l’albicocca.

Entra sornione in bocca, generoso. Poi si assottiglia sulla freschezza e sulla sapidità, che accompagnano sino al lungo finale. Alla cieca, il Ruzzese potrebbe ricordare vagamente il Fiano campano, di Avellino. Ma ha anche tratti da Chardonnay che affonda le radici su suoli vulcanici, basaltici. Suggestioni, anzi distrazioni giocose. Perché è uguale solo a se stesso. E lo grida a tutti. Forte e chiaro. Onorando il suo nome. Zero tolleranza per il silenzio.

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Vino Dop, Igp e Made in Italy: istituito il Registro Associazioni Nazionali Città di Identità


Sono considerate «Città di Identità» i Comuni che si distinguono per la produzione di eccellenze agricole legate al territorio, quali: prodotti DOPIGP, biologici, certificati SQNPI, SQNZ, SQNBA (con almeno il 30% della produzione certificata) e prodotti agricoli con una tradizione consolidata di almeno 50 anni, legata a valori ambientali, storici e culturali. Il Registro delle Associazioni Nazionali delle Città di Identità è «un passo importante per garantire la partecipazione degli operatori del settore agricolo nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e promozione delle eccellenze territoriali».

NASCONO LE CITTÀ DI IDENTITÀ

«Il Registro, introdotto dalla legge Made in Italy – chiarisce il Masaf – rappresenta un chiaro segnale di attenzione verso il mondo delle produzioni agricole di pregio, il paesaggio e tutte le associazioni che custodiscono le tradizioni agricole italiane». Il decreto, firmato dal Ministro Francesco Lollobrigida e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, definisce i requisiti per ottenere la denominazione di «Città di Identità» e stabilisce le modalità per l’iscrizione nel Registro (24A06930 – GU Serie Generale n.303 del 28-12-2024).

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Appassimento Rosso Salento Igp 2021, Notte Rossa


(5 / 5) L’Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa è una delle ultime novità della gamma della cantina pugliese Terre di Sava. Un vino morbido, che conquista con i suoi profumi intensi, il suo sapore pieno e la lunga persistenza. Un nettare ottenuto da una selezione di uve a bacca rossa tipiche del territorio salentino, raccolte quando gli acini risultano lievemente appassiti. Un modo per “concentrare” in maniera del tutto naturale le fragranze, arricchendo il profilo aromatico.

Grazie a questo procedimento, le uve che arrivano in cantina con 10-15 giorni di ulteriore attesa rispetto all’epoca di maturazione ottimale – sul finire del mese di settembre – sono dotate di una struttura maggiore, in grado di reggere un breve affinamento in barrique di legno francese e americano. Il risultato è quello di aumentare, nel calice, l’armonia e la piacevolezza. Un appassimento cercato, voluto e sperimentato dalla cantina salentina per regalare ai clienti delle maggiori insegne di supermercati – dove questo vino è reperibile – un’etichetta che trasporta ovunque il sole della Puglia.

APPASSIMENTO ROSSO SALENTO NOTTE ROSSA: LA DEGUSTAZIONE

Alla vista, Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa si presenta di un colore granato intenso. Al naso ricordi di ciliegia e frutta più rossa che scura (prugna), tendente alla confettura. Note terziarie – ovvero quel ventaglio di aromi dati dall’affinamento in legno – molto ben integrate, che aggiungono complessità al bouquet. Evidenti i ricordi di spezie come cannella e vaniglia. Al palato siamo in presenza di un vino di una certa densità, eppure di gran beva. Tannino integratissimo e sorso morbido, setoso, addirittura dissetante, ben oltre le attese. Un vino che non stanca mai e che fa proprio della piacevolezza e della beva un punto forte. A proposito di abbinamenti, l’Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa accompagna bene primi piatti ricchi, carni rosse e formaggi di media stagionatura.

APPASSIMENTO NOTTE ROSSA: UNA TRADIZIONE ANTICA

L’appassimento delle uve rosse nel Salento, proprio come nel caso Notte Rossa, è una pratica tradizionale che mira a concentrare zuccheri, aromi e polifenoli, esaltando le qualità naturali dei vini della zona. Questa tecnica sfrutta il clima caldo e ventilato della regione e può avvenire direttamente in vigna, attraverso una vendemmia tardiva, o con il taglio del peduncolo (ovvero della parte più alta del “gambo” del grappolo), che blocca il flusso della linfa, favorendo un appassimento naturale. In alternativa, le uve vengono essiccate su graticci o in cassette ben aerate. Le varietà autoctone più utilizzate includono il Negroamaro, il Primitivo e la Malvasia Nera, che offrono rispettivamente struttura, morbidezza e complessità degli aromi.

L’Appassimento Rosso Salento Igp 2021 Notte Rossa è un emblema dei vini che si possono ottenere con questa tecnica. Generalmente sono ricchi e avvolgenti, con note di frutta matura, confettura e spezie dolci, oltre ad essere caratterizzati da corpo pieno e lunga persistenza. Negli ultimi anni, la tecnica dell’appassimento si è evoluta grazie a metodi di cantina più controllati e scientifici, come l’appassimento in stanze condizionate. Ma molte cantine, come Terre di Sava, vogliono mantenere viva la tradizione. Combinando sapere antico e innovazione, per valorizzare il territorio e creare autentici vini del Salento.

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Decreto vini dealcolati, presentata la bozza: «22,5 milioni di litri potenziali»


Dopo mesi di discussioni, lunedì 25 novembre è stato presentato il nuovo decreto ministeriale che disciplina la produzione di vini dealcolati in Italia. Una tematica di crescente interesse per il settore del vino e per i consumatori, a livello internazionale, anche se il tema divide favorevoli e contrari. La cruciale riunione si è tenuta presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, guidata dal ministro Francesco Lollobrigida. Una presentazione scossa dalle perplessità di Assodistil, che ribadisce la richiesta di precise garanzie su tre punti focali relativi alla produzione di vini dealcolati in Italia: corretto inquadramento fiscale, gestione dell’alcol ottenuto, classificazione precisa del liquido idroalcolico, trattamento adeguato del liquido idroalcolico e ottimizzazione del processo di dealcolizzazione, in una chiave sostenibile.

Per i promotori dell’iniziativa in favore dei vini dealcolati, il nuovo decreto pone l’Italia all’avanguardia nella regolamentazione di un settore in rapida evoluzione. Come spiegato dal ministro Lollobrigida, l’adozione di regole «chiare e rigorose» garantirà la qualità del prodotto e la competitività delle aziende italiane, senza intaccare il valore culturale e la rappresentanza del Made in Italy nel mondo. La strada tracciata dal Ministero dell’Agricoltura non è solo una risposta alle esigenze del mercato, ma anche una testimonianza della capacità del comparto vitivinicolo di affrontare sfide globali rimanendo fedele alle proprie radici. Il segmento, stimato inizialmente allo 0,5% del mercato, potrebbe crescere del 15% annuo, secondo la Commissione Ue. In Italia, questo significherebbe circa 22,5 milioni di litri di vino dealcolizzato all’anno, con la necessità di gestire 225 milioni di litri d’acqua separata.

DECRETO VINI DEALCOLATI: IL CONTESTO NORMATIVO EUROPEO

Il decreto si inserisce nel quadro normativo delineato dal regolamento (UE) 2021/2117, che ha aggiornato l’allegato VIII del regolamento (UE) n. 1308/2013. Questo aggiornamento introduce, per la prima volta, la possibilità di adottare la pratica enologica della dealcolizzazione, consentendo una riduzione parziale o totale del tenore alcolico nei vini. Tale innovazione risponde alla crescente domanda di prodotti a basso contenuto alcolico o privi di alcol, particolarmente apprezzati da segmenti di consumatori attenti al benessere e a nuovi stili di vita.

VINI SENZA ALCOL, TRA SALVAGUARDIA DELLA VITICOLTURA E INNOVAZIONE

Il Ministero ha svolto un delicato lavoro di mediazione, coinvolgendo tutti gli attori della filiera per trovare un compromesso che salvaguardasse il patrimonio vitivinicolo nazionale senza trascurare l’opportunità di espandersi in mercati emergenti. Alla riunione hanno partecipato rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Federvini, Unione Italiana Vini, Assoenologi, Federdoc, Assodistil e Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. La presenza di così tante realtà sottolinea il valore del dialogo istituzionale e dell’ascolto reciproco per definire norme condivise e rispettose delle peculiarità del settore.

DECRETO VINI DEALCOLATI: I DETTAGLI

Il decreto mira a regolamentare la produzione di vini dealcolizzati in Italia, stabilendo principi chiave per tutelare la qualità, la tradizione e l’autenticità del prodotto. Sul fronte della tutela delle denominazioni, sarà vietata la dealcolizzazione per i vini a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e Indicazione Geografica Protetta (IGP). Questa scelta preserva il legame inscindibile tra i vini di qualità, i territori di origine e i disciplinari di produzione che ne garantiscono unicità e autenticità. La bozza del decreto vini dealcolati prevede poi la separazione delle filiere produttive. Il processo di dealcolizzazione dovrà avvenire in strutture dedicate, fisicamente separate da quelle utilizzate per la produzione vitivinicola tradizionale.

Questa misura, secondo il governo, non solo garantisce il rispetto delle specificità produttive, ma introduce un livello di trasparenza indispensabile per tutelare la filiera. Tracciabilità e trasparenza sono altri due cardini della bozza del decreto vini dealcolati. Sarà obbligatorio tenere registri digitalizzati e ottenere specifiche licenze autorizzative per operare. Inoltre, l’etichettatura dei vini dealcolizzati dovrà riportare chiaramente la dicitura “dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”, assicurando una corretta informazione ai consumatori.

I DEALCOLATI COME RISPOSTA ALLE ESIGENZE DEL MERCATO

La scelta del Ministero risponde a due obiettivi principali. Da un lato, si intende valorizzare le eccellenze italiane mantenendo intatte le peculiarità del vino tradizionale; dall’altro, si vuole offrire alle aziende italiane la possibilità di competere sul mercato dei vini dealcolizzati, un segmento in crescita nei Paesi del Nord Europa, negli Stati Uniti e in Asia. La capacità di innovare senza compromettere la qualità rappresenta un elemento strategico per il comparto, che da sempre si distingue per la sua capacità di coniugare tradizione e modernità.

VINO DEALCOLATO: UN’OPPORTUNITÀ PER IL SETTORE

Il vino dealcolizzato è percepito come un prodotto innovativo, in grado di intercettare target differenti rispetto a quelli del vino tradizionale. Si rivolge, in particolare, a consumatori attenti alla salute, a chi sceglie di evitare l’alcol per motivi culturali o religiosi e a chi cerca un’esperienza sensoriale simile al vino ma priva di effetti alcolici. Secondo recenti ricerche di mercato, il segmento del vino dealcolizzato è destinato a crescere del 15% annuo nei prossimi cinque anni, rappresentando un’opportunità economica significativa per le aziende italiane.

DECRETO VINI DEALCOLATI: ASSODISTIL CHIEDE GARANZIE AL GOVERNO

Non solo voci favorevoli per il nuovo decreto vini dealcolati. Durante l’incontro al Masaf tra il ministro Francesco Lollobrigida e le associazioni vitivinicole l’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e e acquavini AssoDistil ha ribadito i punti critici della bozza del decreto sulla dealcolizzazione del vino. «Pur apprezzando l’iniziativa» che permetterà la produzione di vini dealcolizzati anche in Italia, evitando costose esportazioni e reimportazioni, l’associazione ha sottolineato «alcune necessità fondamentali».

AssoDistil chiede in primis l’applicazione delle norme del Testo Unico Accise (D.L.vo n. 504/95), che impone il regime di deposito fiscale per le soluzioni idroalcoliche con gradazione superiore all’1,2%. La normativa vigente non può essere superata da un decreto ministeriale. Secondo punto nodale è, per Assodistil, la gestione dell’alcol ottenuto. Ogni produzione alcolica deve rispettare le leggi esistenti, con autorizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. L’alcol separato dovrebbe essere destinato a usi industriali o energetici per «evitare distorsioni di mercato», ovvero frodi. C’è poi il tema della classificazione precisa del liquido idroalcolico. Secondo Assodistil, definire tale prodotto come “intermedio” è scorretto, poiché non rientra tra i prodotti attualmente identificati dalla normativa (come vino, vermouth o sidri).

ALCOL, MOLTO PIÙ DI UN “RIFIUTO”

Quarta richiesta di Assodistil è quella di «evitare trattamenti inadeguati». Proporre di trattare il liquido idroalcolico come rifiuto, anziché come alcol, rappresenterebbe «un onere ingiusto per i produttori di vino dealcolizzato, che invece dovrebbero ottenere ricavi dalla vendita dell’alcol». Infine, un occhio alla sostenibilità, attraverso l’ottimizzazione del processo. AssoDistil sottolinea l’importanza di evitare sprechi d’acqua durante la dealcolizzazione. Il metodo a membrane, il più diffuso in Europa, permette il recupero separato di acqua pulita e alcol, garantendo sostenibilità ed efficienza.

«Aspetti sui quali non è possibile derogare – commenta Antonio Emaldi, presidente della maggior associazione di distillatori italiana  – primo tra tutti quello del corretto inquadramento fiscale cui sottoporre le miscele idroalcoliche ottenute dal processo di dealcolizzazione, nel rispetto delle vigenti norme di legge previste dal D.L.vo n. 504/95, il c.d. Testo Unico Accise, al quale chiunque produca alcole etilico deve conseguentemente attenersi. AssoDistil – conclude Emaldi – plaude all’iniziativa del Ministro mirata a concludere velocemente l’iter normativo che consentirà agli operatori nazionali di poter finalmente produrre anche in Italia un vino senza alcole, evitando la attuale prassi di esportare vino verso altri Paesi europei in cui la dealcolizzazione è permessa, per poi reimportare lo stesso vino senza alcole per la successiva vendita sui mercati in cui tale prodotto è sempre più richiesto».

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Piadina Romagnola, Igp da 10 anni

La Piadina romagnola è Igp da 10 anni. Oggi, 24 ottobre 2024, ricorre il decimo anniversario dell’ottenimento del marchio a Indicazione Geografica Protetta. Una certificazione che, dall’ottobre 2014, tutela la qualità e l’autenticità di uno dei prodotti simbolo della tradizione gastronomica italiana. Garantendo che la Piadina Romagnola sia prodotta esclusivamente in Emilia-Romagna, seguendo regole precise stabilite nel disciplinare di produzione.

Il marchio Igp ha contribuito a proteggerla dalle imitazioni, permettendo ai produttori locali di continuare a tramandare la loro arte e a offrire ai consumatori un prodotto genuino, legato profondamente alla terra di Romagna. Dal 2014 ad oggi, la produzione ha registrato un costante aumento, sia in termini di volumi, con un +280% in dieci anni, che di riconoscimenti. È stata infatti riconosciuta e protetta in una decina Stati extra UE, grazie al lavoro di tutela che il Consorzio ha introdotto.

PIADINA ROMAGNOLA: IL DISCIPLINARE

La “Piadina Romagnola” IGP o “Piada Romagnola” è un prodotto a base di farina di grano o di farro con aggiunta di acqua, grassi, sale, ed alcuni ingredienti opzionali previsti dal disciplinare.

“Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola” le cui caratterische sono: – macchie ambrate di cottura di piccole dimensioni sulla superficie con una distribuzione omogenea; – compatta, rigida e friabile; – diametro da 15 a 25 centimetri; – spessore da 4 a 8 millimetri.

“Piadina Romagnola” o “Piada Romagnola” alla Riminese le cui caratteristiche sono: – vesciche di cottura di grandi dimensioni sulla superficie, con una distribuzione non omogenea, morbida e flessibile; – diametro da 23 a 30 centimetri; – spessore fino a 3 millimetri.

DALLA PREPARAZIONE AL CONFEZIONAMENTO

Preparazione dell’impasto La preparazione avviene mescolando gli ingredienti con acqua fino ad ottenere un impasto. Porzionatura. L’impasto viene suddiviso manualmente o meccanicamente in pani o palline con dimensioni diverse a seconda della piadina o piada romagnola che si intende ottenere. Laminatura. Il processo di appiattimento dei pani o palline per la formatura della Piadina o Piada Romagnola IGP avviene solo ed esclusivamente attraverso laminazione.

Cottura. Le temperature per la cottura variano da 150 a 300 °C con una permanenza sulla piastra di cottura fino a 4 minuti complessivi. Raffreddamento. La piadina raffreddata viene confezionata in sacche o in buste termosaldate in atmosfera protettiva. Confezionamento. Al fine di garantire un uniforme contenuto di umidità caratteristico dell’aree a salvaguardia della fragranza del prodotto, il confezionamento dovrà avvenire nella zona di produzione immediatamente a seguito del raffreddamento.

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Contrassegno di Stato sui vini Igp, vince Libero Rillo. E adesso tocca al Lambrusco


Libero Rillo
ha vinto la battaglia sul contrassegno di Stato sui vini Igp. La nuova fascetta con QRCode, progettata dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ha esordito in Italia in questi giorni, con un primo lotto di 4 milioni di pezzi destinati proprio al Benevento o Beneventano Igp: l’indicazione geografica protetta tutelata erga omnes dal Consorzio Tutela Vini del Sannio, di cui Libero Rillo è presidente. Dal prossimo anno, secondo indiscrezioni di winemag, il contrassegno sarà applicato anche al Lambrusco Igt, con un potenziale di circa 120 milioni di bottiglie, pensando solo all’Emilia Igt Lambrusco.

DAI DISSIDI CON FEDERDOC AL NUOVO QRCODE PER I VINI IGP

Ma se la Zecca dello Stato parla di «una consegna a suo modo storica per il mondo del vino italiano, visto che fino ad oggi le fascette di Stato erano riservate alle Docg e alle Doc», il produttore campano, titolare della cantina Fontanavecchia a Torrecuso (Benevento), tende a buttare acqua sul fuoco. «Non mi sento un pioniere», dichiara in esclusiva a winemag.it. La storia, però, parla chiaro. Le tappe che portano allo storico provvedimento hanno visto Libero Rillo vacillare più volte, senza tuttavia mai abbandonare il campo di quella che, forse, è divenuta col tempo anche una battaglia personale.

Dopo alcuni dissidi locali con i sindacati di categoria, tra gli attacchi più duri c’è quello subito da Federdoc (di cui lo stesso Rillo è consigliere) nel febbraio del 2023. La Confederazione nazionale Consorzi volontari Tutela Denominazioni vini italiani, presieduta da Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, si era opposta all’avvio sperimentale del progetto sul Benevento Igp. Chiedendone la sospensiva. E destando qualche malumore addirittura a Roma, presso il Ministero, reo di non aver consultato Federdoc e di aver avallato la richiesta del Sannio «senza un decreto attuativo».

FASCETTA VINI IGP, LIBERO RILLO: «NON MI SENTO UN PIONIERE»

«Lo dicevo da anni – commenta oggi il numero uno del Consorzio Vini del Sannio – il contrassegno è un sistema di tracciabilità, punto. Significa che, ovunque lo mettiamo, garantisce il consumatore. Perché chiude il cerchio. Se invece lo vogliamo fare diventare uno strumento di comunicazione, sostenendo che apporlo ai vini Igp possa togliere importanza ai vini Doc e Docg, inventandoci un sacco di cose, è ovvio che non andremo mai avanti in modo serio. Tra l’altro, va ricordato che in Italia ci sono ancora diverse Doc ancora senza contrassegno. Mi meraviglio di chi demonizza provvedimenti come questo».

«Secondo noi – continua Libero Rillo – c’è bisogno di garantire il consumatore finale ed è questa la mia priorità, anche e soprattutto in qualità di produttore di vino. Per questo motivo non mi sento un pioniere: faccio le cose perché ci credo, non per incensarmi. Il Benevento o Beneventano Igp sarà il primo vino a fregiarsi del nuovo contrassegno di Stato con QRCode e altri Consorzi del vino italiano faranno seguito il prossimo anno. Sono doppiamente soddisfatto, perché le polemiche e la sospensiva cautelativa decisa lo scorso anno da parte del Sannio hanno portato a un sigillo semplificato. È stata addirittura tolta dalla fascetta la scritta “Igt/Igp” e si è optato per un QRCode al posto del ricorso all’app Trust Your Wine®».

GLI SVILUPPI DELLA DOC CAMPANIA

Con una semplice scannerizzazione, grazie all’immancabile (e sempre più insostituibile) smartphone, il consumatore potrà accedere al “passaporto digitale” del vino, «ottenendo informazioni utili, ben oltre la sola tracciabilità del prodotto». Intanto, Libero Rillo è già in campo per un’altra battaglia che darà filo da torcere: l’istituzione della Doc Campania, di cui si discute da tempo negli ambienti del vino e, di conseguenza, anche in ambito politico, nella giunta regionale guidata da Vincenzo De Luca.

«Noi non siamo il Veneto – commenta sempre a winemag.it – siamo una regione di nicchia, che produce circa un milione di ettolitri di vino all’anno. Dopo l’istituzione del comitato promotore della Doc Campania, presieduto dal presidente della cooperativa La Guardinense, Domizio Pigna, stiamo procedendo a piccoli passi, in maniera lenta ma con speranza. La denominazione di origine controllata Campania potrebbe essere uno strumento comune per la promozione del vino campano che ora manca e che potrebbe dare ulteriore slancio all’attività dei Consorzi e dei produttori di cinque province».

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Origin Italia dà il via al piano strategico 2024-2027 con il primo Consiglio direttivo

Un piano strategico intenso e ambizioso per il futuro del Sistema DOP IGP italiano nel triennio 2024-2027. È quanto delineato in occasione dell’insediamento del primo Consiglio Direttivo e del Comitato Strategico di Origin Italia, l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche che rappresenta 81 Consorzi di tutela, una Associazione di settore e oltre il 95% delle Indicazioni Geografiche italiane. Un momento che ha sottolineato l’importanza di agire uniti e compatti a livello nazionale, europeo e internazionale per rafforzare il settore delle Indicazioni Geografiche.

L’organo interno dell’Associazione ha evidenziato la necessità di potenziare lo sviluppo del Sistema IG a livello mondiale e di operare congiuntamente con Origin Mondo e Origin Europa per contrastare la contraffazione e arginare il pericolo dei dazi. In ambito europeo, l’Associazione mira inoltre a consolidare il suo ruolo nell’applicazione del nuovo Regolamento 1143/2024 e delle altre riforme legislative in atto, tra cui quella dell’etichettatura e il Nutriscore, garantendo una maggiore presenza del tema Indicazioni Geografiche negli accordi bilaterali.

BALDRIGHI: «SISTEMA DOP E IGP HA RAGGIUNTO CENTRALITÀ»

A livello nazionale, oltre a una collaborazione costruttiva con le Istituzioni per l’attuazione del Regolamento 1143/2024, sono state ribadite le sfide per il comparto: tra queste, l’attenzione alla proliferazione dei marchi locali, quindi controllo a 360° sulla promozione delle DOP IGP da parte di soggetti esterni ai Consorzi di tutela e sull’utilizzo di richiami geografici sui prodotti del Sistema di Qualità Nazionale. Nei prossimi tre anni, si punterà molto sull’implementazione della formazione specifica del settore e del progetto di sostenibilità FAO che mira all’adozione di un modello condiviso per le IG italiane entro il 2030.

In occasione del Consiglio, Cesare Baldrighi è stato riconfermato alla presidenza di Origin Italia, affiancato dai vicepresidenti Stefano Fanti, direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma, e Riccardo Deserti, direttore del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano DOP e presidente internazionale di Origin. «In questo momento in cui il settore DOP IGP ha raggiunto una centralità politica ed economica significativa – ha sottolineato il Presidente di Origin Italia, Cesare Baldrighi – è fondamentale assumersi una grande responsabilità e lavorare in sinergia con le Istituzioni e con tutti i Presidenti dei Consorzi di Tutela nei territori per rafforzare il sistema».

ORIGIN ITALIA: IL COMITATO STRATEGICO

Il Consiglio Direttivo ha inoltre nominato i nuovi membri aggiuntivi del Comitato Strategico per il periodo 2024-2026, ribadendo l’importanza del ruolo dei Presidenti dei Consorzi all’interno dell’Associazione. I nuovi membri sono:

  • Antonio Auricchio per Afidop
  • Nicola Bertinelli, Gianni Maoddi, Paolo Zanetti per la filiera formaggi;
  • Nicola Martelli, Alessandro Utini, Attilio Fontana per la filiera prodotti a base di carne;
  • Mariangela Grosoli per la filiera aceti;
  • Carlo Siffredi, Mario Terrasi, Gionni Pruneti per la filiera oli e grassi;
  • Georg Kössler, Angelo Amato, Salvatore Fortunato, Gerardo Diana per la filiera ortofrutticoli e cereali;
  • Battista Cualbu, Stefano Mengoli per la filiera carne fresca;
  • Cesare Mazzetti per Fondazione Qualivita.

I MEMBRI DEI COMITATI INTERNI DI ORIGIN ITALIA

Tra gli altri adempimenti, il Consiglio ha nominato inoltre i membri che prenderanno parte ai comitati interni dell’Associazione, ovvero il Comitato Legale coordinato da Federico Desimoni, il Comitato Oli coordinato da Giorgio Lazzaretti e il Comitato Prodotti a base di Carne coordinato da Mario Cichetti. Infine, due nuovi Consorzi entrano a far parte dell’Associazione: il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio di Tutela Olio DOP Brisighella.

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Salento Igp Vermentino 2022, Notte Rossa

(5 / 5) È ormai una certezza il Vermentino Notte Rossa, che si conferma con la vendemmia 2022 attualmente a scaffale in diverse insegne di supermercati. Quello che ci piace definire “vitigno pirata”, per la sua presenza sempre più massiccia in diversi litorali e regioni italiane che si affacciano sul mare, si è ormai adattato alla perfezione in Puglia. Un vino bianco che figura tra i Salento Igp di Notte Rossa, tutti dall’ottimo rapporto qualità prezzo.

Nel calice, il Vermentino 2022 Notte Rossa si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso è avvolgente, con i suoi richiami di fiori bianchi, agrumi e frutta gialla perfettamente matura. Le caratteristiche dell’annata conferiscono al vino una buona morbidezza al palato, che ben si amalgama con la freschezza agrumata e con i ricordi di erbe della macchia mediterranea, come rosmarino e timo.

Sorso in definitiva bilanciato, per un vino che non stanca mai e che può essere abbinato a tutto pasto, senza difficoltà. Il Vermentino del Salento Igp Notte Rossa è però perfetto con piatti a base di pesce come un’orata al sale, ben aromatizzata, i cui sapori si andranno a fondere con la mineralità del vino.

DOVE NASCE IL SALENTO IGP VERMENTINO NOTTE ROSSA

Un nettare che si aggiudica i 5 “Cestelli della spesa” nella nostra speciale scala di classificazione dei vini in vendita al supermercato. Tutto, però, parte dall’attenzione in vigna. La zona di produzione del Vermentino 2022 Notte Rossa è quella di Brindisi, nel cuore del Salento. Le viti affondano le radici a circa 100 metri sul livello del mare, che influisce positivamente sulla crescita delle uve, temperando il calore. Il terreno è di medio impasto, a prevalenza sabbioso.

Le uve sono state raccolte nell’ultima settimana di agosto, diraspate e mantenute a contatto con le bucce per qualche ora, a freddo, prima della pressatura. In questo modo è stato estratto il massimo potenziale aromatico, riscontrabile nel calice. La fermentazione è avvenuta in acciaio a 15° gradi per 13-15 giorni, preservando integri bouquet e profilo aromatico naturale delle uve. A seguire, gli ultimi importanti passaggi: l’affinamento in acciaio e l’imbottigliamento.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistabile presso: Tigros, Basko, Iperal, Poli, Conad, Coop, Famila, A&O, Sigma, Despar, Oasi, Tigre, Gross, Decò, D’Ambros, Mercatò, Spazio Conad, Rossetto, PAM, Piccolo

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Dati Istat, è allarme per l’export del vino italiano: la contrazione è anche in valore


I dati Istat di giugno 2023 confermano il rallentamento dell’export di vino italiano, con la novità che i volumi delle spedizioni calino anche in valore, oltre che in volume.
I vini DOP perdono in volume (-5%) ma tengono in valore, segno evidente di un incremento del valore medio. Le IGP rispondono con un -4% dei volumi e un -5% del valore. Dinamica differente per i vini comuni. Mostrano una progressione del 9% in volume, mentre in valore si fermano al +6% confermando in qualche modo la riduzione dei prezzi alla produzione monitorata da Ismea negli ultimi mesi. L’altra nota negativa è relativa agli spumanti, che complessivamente perdono in volume il 5% rispetto al primo semestre 2022, con un frenata in particolare del Prosecco (-6%).

L’elemento di novità che si aggiunge alla flessione dei volumi è appunto la contrazione anche in valore. Considerando il cumulato del primo semestre si registra una riduzione dei quantitativi pari all’ 1,4% a cui si affianca un -0,4 del fatturato, evento piuttosto raro per il settore viticolo nazionale che negli ultimi anni aveva abituato gli operatori a crescere in termini di introiti.

Anche questo dato, sicuramente al di sotto delle aspettative, va letto come il risultato di approvvigionamenti importanti fatti durante la pandemia quando, dietro il timore di rotture di stock c’era stata una corsa agli accaparramenti. «Ora che anche la filiera della logistica è tornata alla normalità – spiega Ismea con assoluta lucidità – la domanda estera non ha più il timore di restare senza prodotto».

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Sigillo antifrode vini Igp del Sannio, parla Libero Rillo: «Basito da chi ci ostacola»


Ha subito una battuta d’arresto il
sigillo antifrode” sui vini Igp del Sannio. Dopo i dubbi mossi da Federdoc, che lo considera un potenziale doppione della “fascetta” o “contrassegno di Stato”, riservata sin ora in Italia ai soli vini Dop e Docg, il presidente del Consorzio Vini del Sannio, Libero Rillo, promotore dell’iniziativa, ha predisposto «ulteriori controlli sulla fattibilità legale del provvedimento» pur avendo «già ricevuto l’avallo a procedere da parte del Ministero». Rispondendo a winemag.it dal Vietnam, dove si trova per un viaggio di lavoro, Rillo precisa tuttavia che «il progetto relativo all’Igp Beneventano non è affatto congelato».

«Ci siamo presi ulteriore tempo – spiega – per non danneggiare nessuno e approfondire ulteriormente la questione, ma potremmo partire quando vogliamo». Libero Rillo, ostacolato dalla presa di posizione di Federdoc, rincara la dose: «Dovrebbero farci tutti un plauso, perché siamo stati capaci di rimettere in moto una questione ferma da 7 anni. L’apposizione di un sigillo di garanzia sui vini Igp del Sannio non danneggia nessuno. Anzi, tutela il consumatore. Non mi faccio una ragione dell’accanimento dimostrato da qualcuno dei nostri confronti».

«Le cronache raccontano che ci sono truffe e imbrogli enormi sui vini Igt. Un sigillo di garanzia, così come da noi proposto, avrebbe risultati effettivi contro la contraffazione dei vini a indicazione geografica. Il Beneventano  e la Campania potrebbero ergersi a testa d’ariete, come capofila di un’iniziativa imitabile, poi, anche in altre regioni e denominazioni italiane. Una cosa del genere andrebbe lodata, non contrastata». Sono circa 13 i milioni di bottiglie Igp del Sannio potenzialmente interessate, con la Falanghina a farla da padrona.

RILLO SUL SIGILLO ANTIFRODE: BASTONI TRA LE RUOTE AI FURBETTI DELL’IGP

Forse non è chiaro che non si tratta di un provvedimento facile da prendere in un territorio come il nostro – aggiunge il presidente del Consorzio Vini del Sannio – ma siamo stati confortati, sin dalle fasi preliminari, dai positivi riscontri ricevuti dagli altri Consorzi del vino della Campania e da molte grandi aziende, che ci hanno fatto i complimenti. Grazie al sigillo, andremmo a rompere le uova nel paniere a un sacco di aziende poco chiare e lineari sul fronte dell’Igp. Sono tuttora basito dall’avversione di qualcuno nei confronti di un sigillo antifrode, che eviterebbe la moltiplicazione dei pani e dei pesci».

Il sigillo sui vini Igp Beneventano ha tuttavia causato anche problemi interni al Consorzio e nei rapporti politici con le associazioni di categoria, tra cui Confagricoltura Benevento. Sul banco degli imputati, le modalità con le quali Libero Rillo avrebbe scelto di portare avanti l’iniziativa con Coldiretti e Istituto Poligrafico – Zecca dello Stato, senza coinvolgere altre sigle sindacali. Una polemica che ha toccato il suo punto più aspro con la richiesta di dimissioni del presidente del Consorzio, ritirata dopo le rassicurazioni di Rillo. Dopo poche settimane è arrivata la presa di posizione di Federdoc, che sta tuttora sparigliando le carte in tavola.

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Approfondimenti

Riforma Indicazioni geografiche Ue: nuove competenze per i Consorzi di Tutela


La definizione delle competenze turistiche dei Consorzi di Tutela è una delle novità più importanti giunte ieri con l’approvazione della bozza di Regolamento delle Indicazioni Geografiche dell’Unione europea da parte della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Ue. L’attribuzione di un ruolo istituzionale nella promozione del “Turismo Dop”, ossia del turismo enogastronomico legato a progettualità autentiche sui prodotti a Indicazione Geografica, segna un cambio di passo nelle politiche comunitarie. Un aspetto passato in secondo piano, di fronte ai proclami legati affossamento del vino croato Prošek, che continua – in maniera paradossale – ad essere considerato dalla politica e dall’industria il nemico internazionale numero uno del cosiddetto “sistema Prosecco”.

Un dettaglio, quello dei nuovi “poteri” assegnati ai Consorzi di Tutela, che non è sfuggito però a Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita, che plaude a una «novità in grado di produrre sviluppo per tutti i prodotti agroalimentari e vitivinicoli europei ed italiani Dop, Igp e per le bevande spiritose a indicazione geografica». Nella mission della Fondazione che ha sede a Siena c’è proprio la valorizzazione del settore dei prodotti Dop Igp Stg agroalimentari e vitivinicoli.

«Qualivita ha sostenuto con forza l’introduzione nel nuovo regolamento negli aspetti legati alla promozione dell’enoturismo e delle funzioni di coordinamento dei Consorzi di tutela – afferma Rosati – dopo aver sostenuto negli anni le numerose esperienze delle filiere Dop Igp italiane, sempre più al centro dell’offerta turistica nazionale. Lo testimoniano numerosi esempi, dai Caseifici Aperti del Parmigiano Reggiano Dop all’emergente esperienza del Cioccolato di Modica, cresciuta fortemente con il riconoscimento Igp».

PIÙ COLLABORAZIONE TRA CONSORZI E MINISTERO DELL’AGRICOLTURA

Siamo convinti che il ‘Turismo Dop’ in questa forma possa rivelarsi, anche per le piccole filiere a Indicazione Geografica, un vero volano per lo sviluppo delle produzioni e soprattutto dei territori, incentivando quelle attività turistiche a agrituristiche intimamente legate con la produzione agricola e agroalimentare italiana».

Il nuovo ruolo dei Consorzi di tutela permetterà loro di «collaborare concretamente» con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, di concerto con le istituzioni di settore come Ministero del turismo ed Enit, «per prendere parte a iniziative di promozione internazionale che possono essere ulteriore leva di crescita molto importante». Un’iniziativa che, sempre secondo Fondazione Qualivita, può dare «già nel breve periodo dei riscontri tangibili alle DOP IGP italiane, in particolare alle filiere di piccole dimensioni».

Da anni – evidenzia ancora Mauro Rosati – il “Rapporto sul Turismo Enogastronomico” realizzato dalla professoressa Roberta Garibaldi evidenzia una crescita di questo fenomeno, con numeri impressionanti frutto del costante lavoro delle imprese e delle numerose organizzazioni di promozione come Le strade dei Sapori e del Vino, Città dell’Olio, Le Città del Vino, Movimento Turismo del Vino eccetera».

Per quanto riguarda il settore specifico DOP IGP, l’Osservatorio Qualivita, solo nel 2022, ha contato oltre 230 eventi organizzati dai Consorzi di tutela fra degustazioni, visite outdoor, festival e iniziative che hanno risposto alla richiesta dei cittadini di esperienze vere nei territori del cibo e del vino. E in molti casi proprio le piccole filiere, che più di altre hanno subito gli effetti legati alla pandemia e alla contrazione di alcuni canali distributivi, sono riuscite a dare «una riposta concreta attraverso iniziative di vendita diretta e incoming turistico offrendo esperienze enogastronomiche qualificate».

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Vini al supermercato

Chardonnay Salento Igp Notte Rossa, Terre di Sava

Nuova varietà di uva, stesso “timbro”, all’insegna della tipicità e dell’ottimo rapporto qualità prezzo al supermercato. Terre di Sava propone ormai da qualche mese sugli scaffali dei supermercati lo Chardonnay Salento Igp Notte Rossa, tra le new entry del nuovo corso della cantina della provincia di Taranto.

Le uve Chardonnay, selezionate tra le migliori vigne locali, danno vita a un bianco fresco e minerale, dal carattere tipicamente salentino e dal palato che ricorda la frutta esotica.

L’affinamento in rovere francese rende lo Chardonnay Salento Igp della linea Notte Rossa un vino morbido ed elegante, ideale per accompagnare antipasti leggeri di terra e di mare, ma anche primi e secondi di pesce. Un bianco da provare anche con i formaggi a pasta semidura lieve­mente stagionati.

Prezzo: 7 euro

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Food Lifestyle & Travel

Pera dell’Emilia Romagna Igp: nuovo bollino e categoria “Selezione”

Una nuova immagine, un nuovo percorso di valorizzazione e un nuovo corso per la Pera dell’Emilia Romagna Igp, che prevede anche l’introduzione della categoria “Superiore”, al pari di quanto succede con diversi vini italiani. Si tratta di uno dei prodotti a indicazione geografica protetta di riferimento per l’Italia, ora al centro di un progetto di rilancio voluto dal Consorzio di Tutela, pronto a entrare nelle case degli italiani «con una consapevolezza diversa».

«Un atto dovuto per uno dei frutti più importanti nella dieta degli italiani che, nonostante la sua qualità distintiva, non ha finora beneficiato di un giusto processo di valorizzazione – spiega il presidente del Consorzio di Tutela, Mauro Grossi –.

L’obiettivo di questo percorso è creare valore al prodotto attraverso l’indicazione geografica, collaborando con le marche della grande distribuzione, per esempio, ma anche arrivando direttamente al consumatore finale. L’altra grande novità è quella di aver proposto una segmentazione del prodotto, con l’introduzione nel mercato della top quality “Selezione”, in affiancamento allo standard previsto dal disciplinare Igp».

PERA DELL’EMILIA ROMAGNA IGP: UN MODELLO ECONOMICO

In media il 70% delle pere italiane, infatti, proviene da questa regione: grazie al loro elevato standard qualitativo e di produzione, vengono apprezzate in tutto il mondo. La coltivazione delle Pere dell’Emilia Romagna con il marchio Igp è garantita e controllata in tutte le sue procedure da un disciplinare di produzione dettagliato che consente una produzione nel rispetto dei frutteti, dell’ambiente e della salute del consumatore. Ogni fase del processo produttivo viene monitorata da strutture di controllo che consentono la totale tracciabilità dei prodotti, la garanzia sulla qualità e la certezza del gusto, dalla produzione alla commercializzazione.

Dal maggio del 2002 il Consorzio opera per difendere la qualità delle Pere dell’Emilia Romagna, facendo applicare il disciplinare di produzione e valorizzando, attraverso azioni di comunicazione e supporto a produttori e consumatori, i prodotti per incentivarne il consumo interno e all’estero. Grazie al progetto avviato dalla Regione e dal Consorzio di tutela sull’IGP si è assistito ad un incremento del 78% delle aziende con produzione Igp nella campagna 2022.

Sono già 700, sulle 4.600 presenti in Emilia Romagna, quelle che producono l’Igp, pari al 15% delle imprese, ma in rappresentanza di oltre il 25% della superficie a pero, e controllano, in un’annata di produzione ordinaria, oltre 100.000 tonnellate di pere, ovvero oltre il 25% della produzione regionale potenziale (era solo il 10% nel 2020). Il progetto di valorizzazione commerciale parte ora, con la nascita di UNApera, la AOP di valorizzazione nata fra 25 imprese del territorio ai sensi del regolamento UE Omnibus.

NUOVO BOLLINO E CATEGORIA “SELEZIONE”

A partire dal 6 novembre la Pera dell’Emilia Romagna Igp è in commercio con il nuovo bollino di riconoscimento. Un restyling studiato per far vivere il logo da solo e, al contempo, adattarlo a operazioni di cobranding con le principali marche di prodotto e/o di gamma della produzione e della distribuzione.

«In quest’ottica è stato necessario ripensare anche al bollino di riconoscimento del frutto – spiega Roberto Della Casa, docente dell’Università di Bologna, incaricato di curare la strategia del progetto –. Il logo in questo senso rappresenta il prodotto stesso comunicato attraverso le sue peculiarità estetiche e, soprattutto, ne valorizza l’origine territoriale: tutti concetti che sono espressi al meglio nelle campagne di comunicazione sia a livello televisivo che tabellare».

COME RICONOSCERLA

Il progetto di valorizzazione comprende anche l’introduzione della categoria di qualità “Selezione” nell’ambito della Pera dell’Emilia Romagna Igp, che prevede alcuni upgrade rispetto al prodotto Igp Standard. Tale categoria, infatti, è disciplinata da uno specifico Regolamento adottato dall’Assemblea del Consorzio su proposta del Consiglio di Amministrazione secondo il modello adottato per la stagionatura dai formaggi DOP, Parmigiano Reggiano in testa.

La categoria Selezione verrà evidenziata sul prodotto e sulle confezioni tramite una declinazione specifica del nuovo logotipo dell’Igp. Tra i caratteri distintivi, la qualità gustativa, ottenuta con un livello zuccherino maggiore, pari a 2 gradi brix in più rispetto alle prescrizioni dell’Igp, salvo eccezioni. La durezza, poi, sarà adeguata ad avere un prodotto pastoso mentre – per rendere la “Selezione” identificabile in fase di acquisto – si è scelto un calibro distintivo rispetto a quello di solito usato per l’Igp standard.

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Approfondimenti

Francesco Mazzei riconfermato presidente di A.Vi.To – Associazione Vini Toscani Dop e Igp

Francesco Mazzei resta alla guida del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana. Lo ha deciso all’unanimità l’Assemblea elettiva di A.VI.TO, Associazione Vini Toscani Dop e Igp, riunitasi in mattinata.

«È assolutamente necessario portare avanti la linea intrapresa dall’Associazione e continuare a lavorare in maniera sinergica, non solo per dar voce a quella pluralità di esperienze che è il patrimonio della viticoltura toscana ma anche, in questo particolare momento, per affrontare tematiche delicate che si stanno e si potrebbero riflettere con conseguenze gravi sulla filiera», ha dichiarato Mazzei mettendo l’accento sulle questioni più imminenti da affrontare e da sottoporre ai tavoli istituzionali.

Stangata dell’Organizzazione mondiale della Sanità al vino italiano

«L’Associazione – ha aggiunto Mazzei – deve schierarsi compatta in difesa della viticoltura di fronte alla guerra all’alcol portata avanti dall’OMS, che non tiene conto della cultura che sta dietro al prodotto vino e dei risvolti che tali provvedimenti avrebbero sull’economia di molti Paesi come l’Italia.

Bisogna inoltre agire per difendere le imprese dalla deriva speculativa sui prezzi di produzione, aggravati da quelli del settore energetico; vanno concordate azioni per affrontare il cambiamento climatico che sta mettendo a dura prova le vigne, aggiungendosi alle criticità causate dalla fauna».

Questi i temi principali da affrontare per l’Associazione A.Vi.To, nata nel 2016 per rappresentare tutta la Toscana vitivinicola. «Dobbiamo lavorare per proporre soluzioni condivise – ha concluso il rieletto presidente Mazzei -. È necessario accelerare anche la sburocratizzazione del comparto se si vuole puntare sull’innovazione per poter competere con successo sui mercati internazionali».

I CONSORZI ADERENTI AD A.VI.TO.

Bianco di Pitigliano e Sovana; Bolgheri e Bolgheri Sassicaia; Brunello di Montalcino; Vino Chianti Classico; Chianti Colli Fiorentini; Chianti Colli Senesi; Vino Chianti; Chianti Rùfina; Vini delle Colline Lucchesi; Morellino di Scansano; Vino Nobile di Montepulciano; Vini di Carmignano.

E ancora: Vini Cortona; Vini Montecucco; Vino Orcia; Valdarno di Sopra DOC; Vino Vernaccia di San Gimignano; Vini della Maremma Toscana; Vino Toscana; Vini Valdichiana; Vini Terre di Pisa; Suvereto Wine; Vini Terre di Casole e Vino Pomino.

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Vini di Salerno: Aglianicone sempre più protagonista

Se nella zona del Vesuvio e dei Campi Flegrei il Piedirosso sta guadagnando sempre più spazio nelle scelte (e nel savoir-faire) dei produttori, in Cilento è l’Aglianicone a dominare la scena, tra le varietà outsider.

Merito della crescente attenzione dei consumatori nei confronti dei vini ottenuti da vitigni autoctoni, ma anche del lavoro dell’Associazione Terre dell’Aglianicone, che da anni promuove la varietà. Tra le cantine più attive c’è Tenuta Macellaro, che lo imbottiglia col nome di fantasia “Quercus“, sotto l’egida dell’Igp Colli di Salerno.

«Nell’ambito del Consorzio Vini di Salerno – sottolinea Ciro Macellaro – l’Aglianicone sta riscuotendo un successo incredibile tra i consumatori, che iniziano a conoscerlo e apprezzarlo come già avviene, ormai da qualche anno, all’estero».

È assaggiando l’Aglianicone in verticale che ci si rende conto del percorso compiuto dai vignaioli locali. Al di là dell’annata sfavorevole, la vendemmia 2014 di “Quercus” di Tenuta Macellaro è anni luce più ruvida della 2019, che entrerà in commercio a breve.

TENUTA MACELLARO: PRESTO IN COMMERCIO QUERCUS 2019

Un vino che promette di regalare soddisfazioni, col suo frutto rosso pienamente maturo (lampone, ciliegia, fragola), la suadente spalla acida e la corroborante vena speziata. Sorso morbido (14%) e tannino che riequilibra l’abbondanza di polpa, premiando al massimo primari e varietale.

Un altro passo avanti rispetto alla 2018, stagione molto piovosa in cui Ciro Macellaro è riuscito in un mezzo miracolo enologico. La crescita è ancor più evidente se si effettua il confronto tra “Quercus” 2019 e 2017. Un’annata caldissima, che ha comportato un volume alcolico ingombrante nell’equilibrio complessivo del vino (14,5% in vol., un grado in più della 2018).

Per trovare una vendemmia più regolare bisogna tornare indietro alla 2016, che ha regalato un “Quercus” preciso, soprattutto nella componente fruttata. Abbastanza per mostrare l’ottima agilità di beva garantita dai vini prodotti con l’Aglianicone. Caratteristica che – all’estero – vale il paragone (piuttosto ingombrante) con alcune espressioni di Pinot Nero.

Un confronto difficile da immaginare con la 2015 (14%), caratterizzata da concentrazione del frutto, balsamicità, bouquet di spezie scure e un tannino piuttosto fitto. Due mesi fa è stata invece imbottigliata la vendemmia 2020.

LA PROVA CON L’AGLIANICONE ROSÉ

«È andata benissimo – anticipa Ciro Macellaro – e ci aspettiamo molto. “Quercus” 2020 ha appena iniziato il suo iter di affinamento, che si protrarrà per un totale di 18 mesi». Sulla scia dell’entusiasmo e delle richieste del mercato, lo scorso anno Tenuta Macellaro ha effettuato una prova di Aglianicone rosé.

«Le cose non sono andate come mi aspettavo – rivela il titolare della cantina di Contrada Vespariello, a Postiglione (SA) -. La varietà non sembra essere adatta a fissare il colore, se vinificata in rosa. Il vino, dopo poco tempo, ha infatti virato dal rosé all’aranciato».

Così Ciro Macellaro ha deciso di declassare la massa. «Il rosato è certamente una tipologia sempre più richiesta – commenta – ma l’Aglianicone non è in grado di garantire, almeno secondo la mia esperienza, quelle tinte di rosa che oggi si aspetta il pubblico». Avanti tutta con Quercus, insomma. Prosit.

Alla scoperta dell’Aglianicone. Il nuovo vino bandiera del Cilento in 6 assaggi

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Il migliore olio italiano? Tutti i premiati al XXX Ercole Olivario

Sono stati proclamati oggi a Perugia i vincitori della XXX edizione di Ercole Olivario, concorso nazionale che premia il migliore olio italiano. Un evento annuale organizzato dall’Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, in collaborazione con la Camera di Commercio dell’Umbria, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Ministero dello Sviluppo Economico, ed il sostegno di Unaprol Consorzio Olivicolo Italiano ed Italia Olivicola.

Dodici le etichette premiate, in rappresentanza delle migliori produzioni di olio tutta Italia, che hanno brillato nelle due distinte categorie previste: Extravergine e oli extravergini certificati Dop e Igp.

ERCOLE OLIVARIO PREMIA IL MIGLIORI OLIO ITALIANO
Per la Categoria Olio Dop /IGP Fruttato Medio:

1° Classificato – De Carlo Dop Terra di Bari – Bitonto dell’Azienda Agricola De Carlo di Bitritto (BA), Puglia.

2° Classificato – Don Gioacchino Monocultivar Coratina Dop Terra di Bari – Castel del Monte dell’azienda Sabino Leone di Canosa di Puglia (BT), Puglia.

3° Classificato – Fruttato Verde Dop Sardegna dell’azienda Fois Antonello di Alghero (SS), Sardegna.

Per la categoria Olio Dop /IGP Fruttato Intenso

1° Classificato – Cagnara Dop, Dop Terra di Bari – Bitonto dell’azienda Ciccolella Soc. Agr. Arl di Molfetta (BA), Puglia.

2° Classificato – Don Pasquale Colline Pontine DOP dell’Azienda Agricola Cosmo di Russo di Gaeta (LT), Lazio.

3° Classificato – Cetrone Colline Pontine DOP dell’Azienda Agricola Alfredo Cetrone di Sonnino (LT), Lazio.

Per la categoria Extravergine Fruttato Leggero

1° Classificato – Lelais dell’Azienda Moretti LAURA di Ittiri (SS), Sardegna.

Per la categoria Extravergine Fruttato Medio

1° Classificato – Iliò della Olivicoltori Oliena S.C.A. di Oliena (NU), Sardegna.

2° Classificato – CM Centoleum dell’Azienda CM srl di Agello, Magione (Pg), Umbria.

Per la categoria Extravergine Fruttato Intenso

1° Classificato – BIO dell’azienda Intini srl di Alberobello (BA), Puglia.

2° Classificato – Ispiritu Sardu della Masoni Becciu di Deidda Valentina di Villacidro, Sardegna.

3° Classificato – Verdemare dell’Azienda Agricola Cosmo di Russo di Gaeta (LT), Lazio.

LA PREMIAZIONE DI ERCOLE OLIVARIO XXX EDIZIONE

A svelare i vincitori di questa edizione Giorgio Mencaroni, Presidente della Camera di Commercio dell’Umbria e del Comitato di coordinamento dell’Ercole Olivario. «L’olio di oliva – ha commentato Roberta Garibaldi, Amministratore Delegato Enit – Agenzia Nazionale del Turismo – è, insieme al vino, fra i prodotti più rappresentativi del patrimonio agroalimentare italiano»

Qualità, biodiversità e legame con il territorio sono elementi che possono rappresentare un valore aggiunto non solo dal punto di vista produttivo, ma anche turistico. L’Italia ha un grande potenziale e potrà giocare un ruolo di primo piano negli anni a venire.

Le proposte legate al turismo dell’olio stanno riscontrando un sempre maggiore apprezzamento fra il grande pubblico e molto si sta facendo per incentivarne lo sviluppo tra le aziende della filiera. L’esperienza oleoturistica non si limita all’oleificio o al frantoio, ma si allarga all’intero territorio. Il turista ricerca stimoli continui, che lo possono invogliare ad approfondire questo suo desiderio di scoperta.

«È fondamentale – ha concluso Garibaldi – costruire esperienze che possano permettere di vivere appieno il prodotto, la cultura, le persone e il territorio. Le parole chiave, che emergono con forza dalle ricerche che ho condotto in questi anni, sono tre: storia, benessere, coinvolgimento».

I 7 AWARD SPECIALI DI ERCOLE OLIVARIO

La cerimonia di oggi è stata anche l’occasione per consegnare i 7 award speciali previsti quest’anno.

  • Amphora Olearia per la miglior confezione, all’etichetta “Oliomania” dell’Azienda Agricola Marina Palusci, Abruzzo.
  • Menzione Speciale Olio Extravergine Biologico all’olio e.v.o. biologico “Olivastro” dell’Azienda Agricola Biologica Americo Quattrociocchi di Alatri (FR), Lazio.
  • Menzione “Olio Monocultivar” all’olio e.v.o. Mimì Denocciolato Monocultivar Coratina dell’Azienda Agricola Donato Conserva di Modugno (BA), Puglia.
  • Menzione di merito “Giovane imprenditore” assegnato ai migliori titolari under 40 degli oli ammessi in finale: Azienda Agricola Etruscan Kantharos di Gelsomini Flavia dal Lazio, L’Olivaio Srl dalle Marche, Azienda Agricola Andrea Caterina dal Molise, Agrestis Società Cooperativa Agricola dalla Sicilia, Frantoio di Croci dalla Toscana, CM srl e la Società agricola Stoica dall’Umbria.
  • Menzione di Merito Impresa Digital Communication all’azienda Intini srl di Alberobello (BA), Puglia.
  • Menzione di Merito Impresa Donna alle migliori imprese femminili: Azienda Agricola Marina Palusci dall’Abruzzo; Tenute Librandi Pasquale Società Agricola dalla Calabria; Azienda Torretta srl dalla Campania; Azienda Agricola Biologica Paola Orsini, Azienda Agricola Adria Misiti e Azienda Agricola Etruscan Kantharos di Gelsomini Flavia dal Lazio; Azienda Agricola Bisceglie Maria ed Aziende Agricole Di Martino sas dalla Puglia; Masoni Becciu di Deidda Valentina e l’Azienda Moretti Laura dalla Sardegna; Azienda Agricola Biologica Titone, Frantoi Cutrera srl, Soc. Agricola Giovanni Cutrera, l’azienda Terraliva di Frontino Giuseppina, Fisicaro Sebastiana – Frantoio Galioto dalla Sicilia; Azienda Agricola Buoni o Del Buono Maria Pia dalla Toscana e CM srl dall’Umbria.

Assegnata poi per la prima volta in questa edizione dei trenta anni la Menzione di Merito “Giorgio Phellas – Turismo dell’olio” all’Azienda Agricola Costantino Mariangela di Maida (CZ), Calabria.

Inoltre sono stati proclamati e premiati i 3 vincitori della “Goccia d’Ercole“, sezione a latere del concorso nazionale, rivolta alle aziende che pur avendo piccole produzioni, sono riuscite a produrre un lotto omogeneo da 5 a 9 quintali. Questi i premiati:

  • 1° Classificato – Frantoio di Croci, Toscana.
  • 2° Classificato – L’Olivaio, Marche.
  • 3° Classificato – Decimi, Umbria

In collaborazione con gli uffici ICE e Assocamerestero, è stato assegnato il Premio Leikithos a due “ambasciatori” dell’olio e della cultura dell’olio italiano di qualità all’estero: Miciyo Yamada, giapponese, e Massimo Mori, che gestisce tre ristoranti in Francia.

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Vini al supermercato

I migliori abbinamenti del Negroamaro Rosato Salento Igp Notte Rossa

A caccia dei migliori abbinamenti del Negroamaro Rosato Salento Igp Notte Rossa? Ecco una breve guida che aiuterà ad esaltare questo vino rosato, tra i migliori in vendita al supermercato in Italia, non ultimo nel rapporto qualità prezzo.

Per trovare il migliore abbinamento cibo-vino, occorre analizzare il nettare sotto ogni aspetto. A cominciare dal naso, il Negroamaro Rosato Salento Igp Notte Rossa presenta delicati ricordi di fiori di rosa. Per la parte fruttata, ecco ciliegia, lampone e piccoli frutti di bosco, oltre a freschi ricordi di erbe mediterranee.

Ancora più importante l’analisi del sapore, che si rivela in perfetta corrispondenza con quanto già avvertito all’olfatto. Riecco la frutta rossa, così come la generosa freschezza e quel tocco di sapidità che non guasta. Tutte caratteristiche da tenere in considerazione per trovare i migliori abbinamenti del Negroamaro Rosato Salento Igp Notte Rossa.

Un po’ come tutti i vini della gamma, anche questo mostra una gran versatilità. Si può dunque scegliere come accompagnamento a tutto pasto. Partendo dagli antipasti, appaga il palato con i salumi e stuzzichini.

Si presta bene, poi, con primi piatti come la pasta al sugo, specie se la varietà di pomodoro scelta per la passata ha tendenza dolce. Ancor meglio, però, con brodetti e zuppe di pesce, ancora una volta con un tocco di salsa saporita.

Benissimo con secondi leggeri, anche di carne (di manzo, per esempio): da provare con la “pizzaiola”. Per chiudere, un’assiette di formaggi mediamente stagionati è tra gli abbinamenti del Negroamaro Rosato Salento Igp Notte Rossa più stimolanti.

Non è da sottovalutare l’origine pugliese di questo vino rosato, che proviene dunque da una delle regioni a maggiore vocazione in Italia e nel mondo per la produzione dei vini rosati. Un motivo in più per pensare di degustarlo anche da solo, come rinfrescante abbinamento al fine lavoro (specie d’estate) o a un rilassante aperitivo con gli amici.

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Vini al supermercato

Negroamaro Salento Igp Notte Rossa: gli abbinamenti (anche inconsueti) in cucina

Non sai a cosa abbinare il Negroamaro Salento Igp Notte Rossa? Ecco i migliori abbinamenti in cucina di questo vino rosso prodotto in Puglia, tra i più noti e apprezzati anche all’estero, assieme al Primitivo di Manduria.

L’ottimo rapporto qualità prezzo del Negroamaro Salento targato Notte Rossa lo rende tra i vini più scelti al supermercato, in Italia. Una scintilla che scatta anche a tavola, dove questo rosso caratteristico trova un ampio ventaglio di possibilità d’abbinamento.

Il colore rosso scuro, impenetrabile e tendente al viola, mostra il carattere “tosto” del nettare, sin dalla vista. Al naso catturano l’attenzione i ricordi di fiori come la rosa e la viola, in un cesto di frutti di bosco impreziositi da freschi ricordi di rosmarino e timo.

Un’armonia che si ripresenta anche al palato: la giusta corposità esalata le note fruttate, prima di una chiusura appagante e asciutta, leggermente sapida. Caratteristiche che rendono il Negroamaro Salento Igp Notte Rossa un vino rosso perfetto negli abbinamenti a tutto pasto.

La grande versatilità consente di accompagnare bene salumi saporiti, tanto quanto primi a base di ricchi ragù di carne o legumi. Da provare, per esempio, con le lasagne al forno, oppure con la pasta ai fagioli. Proseguendo con i secondi, ecco che questo Negroamaro salentino dà il meglio di sé.

È eccellente con le carni in generale, ma è davvero speciale nell’abbinamento con le grigliate. Anche particolarmente saporite, come quelle d’agnello. Il consiglio, per i veri amanti degli abbinamenti cibo-vino, è quello di giocare con le temperature di servizio.

Un po’ più fresco del solito, il Negroamaro Salento Igp Notte Rossa potrà davvero sorprendervi in accompagnamento a una ricca macedonia di fragole, lamponi, more e frutti di bosco. Un tocco di cioccolata fusa, versato prima di abbandonarsi a questo fine pasto inconsueto, darà ancora più emozione.

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Vermentino Salento Igp Notte Rossa: i migliori abbinamenti

Caratteristico, versatile e buono anche da solo, al termine di una lunga giornata di lavoro. Ma quali sono i migliori abbinamenti del Vermentino Salento Igp Notte Rossa?

L’ammaliante bouquet, delicato sui frutti bianchi e fresco e teso sulle note agrumate, avvolte in ricordi di erbe della macchia mediterranea, suggerisce antipasti e piatti di pesce delicati. Un matrimonio perfetto anche al palato, che conferma quanto avvertito al naso.

La vinificazione in solo acciaio rende leggiadro il sorso, caratterizzato dalla stessa freschezza e sapidità. Perché dunque non cominciare con un piatto di salumi, in particolare di prosciutto crudo? Le note fruttate di pesca bianca e mela e il carattere marino del Vermentino Salento Igp Notte Rossa faranno da ottimo contraltare.

Si può poi proseguire con un’insalata di polpo con patate, condito con una citronette al prezzemolo che esalterà i tratti agrumati del vino. Per chi abbia ancora fame, la versatilità del Vermentino salentino firmato Notte Rossa consente di spaziare tra piatti di pesce come l’orata al sale, o crostacei come gamberi e scampi. Anche in questo caso, un tocco fresco di limone non guasterà l’abbinamento.

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Bascià Notte Rossa: quali sono i migliori abbinamenti?

Avrà catturato l’attenzione di molti, nella corsia dei vini del supermercato, l’elegante e caratteristica etichetta di Bascià Notte Rossa. Ma quali sono i migliori abbinamenti di questo vino rosso Igp prodotto con uve del Salento?

La presenza di Primitivo e Negroamaro suggerisce innanzitutto un abbinamento territoriale. La rivisitazione pugliese della carne alla pizzaiola è un’idea intrigante. Da lì alle “Bombette pugliesi” il passo è breve: l’abbinamento con Bascià Notte Rossa ha tutte le carte in regola per valorizzare i tipici involtini di vitello ripieni di caciocavallo.

Allargando il campo al di fuori dalla regione Puglia, Bascià è un rosso che si presta in generale agli abbinamenti con i piatti di carne. Grandi soddisfazioni, per esempio, con le costolette d’agnello, contornate da patate al forno. La buona struttura e freschezza di questo vino del Salento targato Notte Rossa consente di goderselo anche a tutto pasto.

Si può partire con un antipasto di salumi saporiti (perfetto, per tornare in Puglia, il Capocollo), per proseguire con un primo di pasta riccamente condita con ragù. Per chiudere poi con un secondo di carne e dei formaggi stagionati.

Importante tenere conto della temperatura di servizio, per esaltare ancor più gli abbinamenti. Quella perfetta per Bascià è di 16-18 gradi. È in vendita a 12,90 euro presso Spazio Conad, Iper La Grande i, Rossetto, Oasi, Despar, Alì, Aliper, Carrefour Sud, Sì Supermercati, Conad Adriatico, Coop e Ipercoop.

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Amazon rafforza tutela agroalimentare Made in Italy: accordo con il Mipaaf

Amazon e l’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) rafforzano la collaborazione esistente per la tutela del Made in Italy. Un accordo, spiega il Mipaaf, utile «all’individuazione e segnalazione delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale dei prodotti a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e di Indicazione Geografica Protetta (Igp), nonché delle pratiche sleali relative alla corretta informazione sugli alimenti».

A garantire gli obiettivi sarà il «monitoraggio quotidiano dei marketplace online» effettuato dall’Icqrf, che consentirà ad Amazon di rimuovere tempestivamente i prodotti contraffatti. «La tutela della qualità delle produzioni agroalimentari – commenta il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli (nella foto) – rappresenta per l’Italia uno degli obiettivi principali della politica agroalimentare, poiché il nostro Paese ha il più alto numero di prodotti Dop e Igp in Europa».

Garantire la tutela dei nostri prodotti – ha aggiunto – è un contributo alla trasparenza del mercato, alla difesa dei diritti del consumatore e al lavoro dei nostri agricoltori e delle nostre aziende. La difesa dei prodotti di eccellenza passa solo attraverso la totale trasparenza nei confronti del consumatore e proprio per questo continuiamo a portare avanti con costante impegno le nostre battaglie in materia di etichettatura di origine e nutrizionale anche nei marketplace online che stanno diventando sempre più un canale complementare al commercio tradizionale».

Soddisfazione condivisa con Dharmesh Mehta, vice president of Customer Trust and Partner Support di Amazon. «Siamo lieti di firmare questo accordo con il Mipaaf- sottolinea – il primo al mondo di questo tipo che Amazon ha firmato con un governo per tutelare le eccellenze enogastronomiche italiane, supportando le piccole imprese che producono questi prodotti. L’accordo è una buona notizia per i nostri clienti in tutto il mondo. Possono gustare le prelibatezze italiane sapendo che i prodotti che vedono nel nostro negozio sono prodotti genuini e di altissima qualità».

Molti dei partner di vendita di Amazon sono piccole e medie imprese e rappresentano la maggior parte dei prodotti fisici venduti nei negozi Amazon. Nel 2020, Amazon ha investito oltre 700 milioni di dollari e ha impiegato più di 10.000 persone per proteggere il negozio da frodi e abusi».

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Promozione Dop e Igp all’estero, fondi anche per i Consorzi. Origin Italia: «Vittoria per il comparto»

Anche i Consorzi di Tutela potranno beneficiare dei fondi per la promozione di Dop e Igp all’estero. Sono state accolte le richieste di Origin Italia, principale organismo di rappresentanza del sistema agroalimentare certificato.

«Si tratta di una vittoria importante per l’intero comparto – esulta il presidente Cesare Baldrighi – perché consente ai Consorzi di Tutela di avere la possibilità di usufruire di un ulteriore, e quanto mai opportuno, strumento finanziario per la promozione e la tutela all’estero delle Indicazioni Geografiche, sempre più spesso al centro dei fenomeni legati alla frode agroalimentare».

IL DECRETO 31 MAGGIO 2021 IN GAZZETTA UFFICIALE

Ad allargare ai Consorzi di Tutela la platea dei beneficiari è il decreto del 31 maggio 2021 sulle modalità di concessione del contributo diretto a sostenere la promozione all’estero dei marchi collettivi e di certificazione.

Il decreto del Ministero dello Sviluppo economico, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, prevede anche l’incremento della dotazione finanziaria da uno a 2,5 milioni di euro per anno. Aumenta infine l’importo massimo dell’agevolazione, da 70 mila a 150 mila euro per anno.

CONTRASTO ALL’ITALIAN SOUNDING

Un provvedimento che dimostra quanto fossero giuste nel merito le segnalazioni di Origin Italia riguardo all’inclusione legittima dei Consorzi di Tutela, così come previsto dalla Legge di Bilancio 2021», conclude Baldrighi.

Sul fronte del contrasto all’italian sounding interviene oggi anche Andrea Sartori: «È opportuno contrastare il dilagare sul mercato di prodotti falsi e di bassa qualità. È quindi di vitale importanza tutelare il Made in Italy e la qualità dei prodotti italiani grazie anche al sostegno delle istituzioni».

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Operazione Ghost wine: vino sofisticato e cantine fantasma in provincia di Roma

Sequestrati in provincia di Roma oltre 30 mila litri di vino, 60 litri di vari aromi sintetici, caramello e altre sostanze idonee alla sofisticazione dei vini, per complessivi mille litri. È il risultato dell’operazione Ghost wine dei carabinieri del Nas di Roma, dopo l’indagine condotta dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi.

Scoperte diverse cantine fantasma, dedite alla produzione e al commercio di vini sofisticati per un valore superiore ai 500 mila euro, oltre alle attrezzature enologiche e ai serbatoi.

Il blitz, coordinato dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Tivoli Giuseppe Mimmo e non a caso denominato Ghost Wine, ha interessato non solo alcuni locali adibiti a cantine fantasma, ma anche abitazioni e pertinenze in uso alle cinque persone indagate.

L’OPERAZIONE GHOST WINE DEI NAS DI ROMA

Le ricerche dei militari e degli ispettori della repressione frodi si sono concentrate sulla ricerca di partite di vino sofisticato e di sostanze “dopanti” come zuccheri esogeni, acidi ed aromi. In particolare, è stato sequestrato uno stabilimento vinicolo non censito nei registri nazionali.

L’indagine è scaturita in seguito alle analisi chimiche su campioni di vini Dop e Igp del Lazio, detenuti all’interno di uno stabilimento enologico in provincia di Roma. I controlli effettuati dal laboratorio Icqrf di Perugia hanno evidenziato la presenza di acqua e zuccheri non naturali dell’uva.

Le investigazioni hanno permesso di accertare che i cinque indagati si avvalevano di forniture di vini da parte di altre cantine, che cedevano prodotti comuni anche “in nero”.

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Vini Dop e Igp senza alcol: Coldiretti promette battaglia all’Europa

Coldiretti promette battaglia all’Europa sul vini senza alcol. Come annunciato da WineMag.it il 29 marzo scorso, Bruxelles starebbe infatti valutando la possibilità di autorizzare i vini dealcolizzati all’interno dei disciplinari delle denominazioni di origine protetta (Dop) e Indicazioni geografiche protette (Igp) europee.

Europa verso l’autorizzazione dei vini senza alcol a Denominazione di Origine e Igp

«Togliere l’alcol dal vino ed aggiungere acqua – commenta Coldiretti – è l’ultima trovata di Bruxelles per il settore enologico già sotto attacco con la proposta di introdurre etichette allarmistiche per scoraggiarne il consumo previste nella Comunicazione sul “Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei”».

La proposta è contenuta nel documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri Ue, in cui viene affrontata la pratica della dealcolazione parziale e totale dei vini.

I DETTAGLI

Nello specifico, l’Europa vorrebbe «autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol con la possibilità di aggiungere acqua anche nei vini a denominazione di origine».

«In questo modo – attacca la Coldiretti – viene permesso ancora di chiamare vino, un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino».

«Un inganno legalizzato per i consumatori – conclude la Confederazione – che si ritrovano a pagare l’acqua come il vino che non potranno neanche fare appello alla tradizionale canzone popolare romanesca “La società dei magnaccioni” di Gabriella Ferri, che recita “Se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua E noi je dimo e noi je famo C’hai messo l’acqua Nun te pagamo ma però”».

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Europa verso l’autorizzazione dei vini senza alcol a Denominazione di Origine e Igp

L’Europa sembra ormai propensa all’autorizzazione dei vini senza alcol o parzialmente senza alcol, noti anche come “Non-Alcoholic Wines” o “Dealcoholized wines / De-alcoholized wines“, all’interno delle Denominazioni di Origine (Do / Pdo) e delle Indicazioni geografiche protette (Igp / Pgi) dei vini prodotti nel continente.

Come appreso da WineMag.it, la sorprendente posizione arriva dal cosiddetto Super Trilogue, la riunione convocata dalla ministra dell’Agricoltura portoghese Maria do Céu Antunes – la presidenza di turno è attualmente portoghese – per la negoziazione congiunta della Pac, ovvero del pacchetto di misure della Politica agricola comune.

Resterà invece invariato all’1% il regime di autorizzazione degli impianti viticoli fino al 2045, con due revisioni intermedie. Accolte dunque le preoccupazioni espresse da diverse organizzazioni del settore vitivinicolo, a fronte dell’iniziale proposta Ue di innalzare al 2% il tasso di crescita del vigneto Europa.

Tra queste l’Efow, la Federazione Europea dei Vini d’Origine, che oggi accoglie con grande favore «gli importanti sviluppi», nella speranza «che la riforma della Pac sarà completata rapidamente».

«Accogliamo con favore le decisioni politiche di questo Super Trilogue, che tengono conto delle aspettative del settore vitivinicolo, in particolare quelle dei produttori di denominazioni di vino. Ci auguriamo che la riforma si concluda in tempi brevi per stabilizzare il quadro normativo e dare visibilità a lungo termine ai viticoltori», ha dichiarato il presidente dell’Efow, Bernard Farges.

Qualora il provvedimento sui vini senz’alcol dovesse entrare a pieno regime nei disciplinari di produzione dei vini europei, questa tipologia di “bevande” potrebbe godere dei nomi (nonché della protezione) delle Denominazioni di origine controllata e delle Indicazioni di origine protetta dei vini europei.

I “Non-Alcoholic Wines” spopolano soprattutto negli Stati Uniti, ma sono diffusi anche negli Uk e nel Nord Europa (emblematico il caso del Birch Sap di Sav 1785). La promessa delle case produttrici è quella di assicurare lo stesso profumo e sapore del vino, senza gli svantaggi del contenuto d’alcol in volume.

Tra i rivenditori, guarda caso, figurano anche colossi come Amazon, oltre a siti specializzati in prodotti dietetici e salutistici. Tra i “vini non alcolici” più noti, lo “Champagnette Chateau de Fleur”, prodotto in California e in vendita a 23,99 dollari, con il claim “Non-Alcoholic Champagne“.

La cantina produttrice è la Weibel Vineyards di Hopland, fondata dallo svizzero Fred E. Weibel, emigrato negli States nel 1937. Non mancano i vini rossi senz’alcol, come “Ariel Cabernet Sauvignon Non-Alcoholic” di Ariel Vineyards, azienda vitivinicola che ha sede a San Jose, cuore pulsante della Silicon Valley.

Tra i vini bianchi analcolici il “St Regis Chardonnay De-Alcoholized” di St Regis, best sellers della categoria, su Amazon. Alcol in volume dichiarato dalla cantina canadese “inferiore a 0,5%”. Come nel caso di “Secco” (nome che ricorda qualcuno?) lo “spumante senz’alcol” in vendita a 9,99 dollari su alcuni siti specializzati. Pronti a brindare presto con nuovi vini a denominazione senza alcol, grazie all’Europa?

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Nasce il primo Comitato “Uva da tavola con i semi”: «Patrimonio da non dimenticare»

In provincia di Catania, per l’esattezza nella terra della pregiata Igp Mazzarrone, nasce il primo “Comitato per la tutela, la valorizzazione e la promozione dell’Uva da tavola con i semi, a difesa delle tradizioni”. Dalla Sicilia, l’iniziativa è destinata a espandersi in altre regioni produttrici d’Italia.

«Il mercato – commenta Salvatore Secolo, produttore e sindacalista nel settore agroalimentare – guarda già alla produzione dell’uva da tavola senza semi, contro cui non abbiamo nulla in contrario: ben venga, se porta benefici economici».

Però noi non vogliamo che la produzione di uva da tavola con i semi, tramandata fino ai giorni nostri da tempi antichissimi e coltivata in ultimo dai nostri dai nostri nonni e bisnonni, non venga un giorno semplicemente dimenticata o rischi di divenire solo un lontano ricordo».

Il nuovo organismo si propone di operare in campo culturale ed istituzionale per la tutela, la difesa, la valorizzazione e promozione dell’uva da tavola, per incentivarne il consumo in Italia e all’estero.

Per realizzare tali obiettivi, il “Comitato per la tutela, la valorizzazione e la promozione dell’Uva da tavola con i semi, a difesa delle tradizioni” intende organizzare attività, conferenze, manifestazioni, convegni, assemblee pubbliche, incontri, corsi e seminari informativi, pubblicazioni ed eventi pubblici, in collaborazione con istituzioni e autorità competenti. Sarà interessato anche il mondo della scuola, universitario e scientifico.

Il Comitato si prefigge inoltre di sostenere attività di studio, ricerca e formazione sull’Uva da tavola “con i semi”. A tal fine presenterà istanze, mozioni, petizioni, proposte, disegni di legge e quant’altro possa essere necessario.

Oltre a Salvatore Secolo e Giuseppe Virduzzo e di Mazzarrone, fanno parte del Comitato anche i produttori di Licodia Eubea (CT) Michele Puglisi, Pietro Li Rosi, Vincenzo Cummaudo e Giuseppe Pizzo.

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Aglianico Salento Igp 2019, Notte Rossa

Notte Rossa sposa l’Aglianico del Salento. Il nuovo vino a Indicazione geografica protetta (Igp) fa il suo esordio con la vendemmia 2019 sugli scaffali dei supermercati, proprio in questi giorni. L’etichetta, che riporta l’inconfondibile logo della cantina tarantina di San Marzano di San Giuseppe, va ad aggiungersi a una gamma di vini dall’invidiabile rapporto qualità prezzo.

Grafica accattivante, come da tradizione: sfondo rosso – o meglio bordeaux – e stelle oro a incoronare una mezzaluna. L’ennesima “finestra” di Notte Rossa su uno degli angoli simbolo della Puglia: il Salento.

LA DEGUSTAZIONE
Splendido il colore con cui l’Aglianico 2019 dipinge il calice: un rubino intenso, dall’unghia violacea. Il vino libera al naso sentori morbidi e suadenti di mora, ma anche di lampone e ciliegia. Grande spazio per un bouquet di fiori che vede la peonia in prima fila.

Un tocco leggero di spezia invoglia all’assaggio. Perfetta, al palato, la corrispondenza con le note anticipate al naso. Il sorso, di media struttura e corpo, è tutto giocato sulla frutta e su una facilità di beva invidiabile.

L’Aglianico 2019 di Notte Rossa è perfetto a tutto pasto, ma si esalta in accompagnamento a primi piatti arricchiti da ragù, nonché secondi a base di carne (in particolare alla griglia). Un vino che ben figura al cospetto di formaggi a pasta dura, di media stagionatura.

LA VINIFICAZIONE
Il vino è ottenuto da uve Aglianico in purezza, allevate col il sistema del cordone speronato (4.500 viti per ettaro). Siamo in Salento, a circa 100 metri sul livello del mare. Un’area caratterizzata da temperature medie alte e una bassa piovosità.

I terreni sono a medio impasto tendenzialmente sabbioso, poco profondi e con buona presenza di scheletro, perfetti per la coltivazione della vite. Qui, la vendemmia delle uve Aglianico avviene nell’ultima decade di settembre.

Macerazione termo-controllata e fermentazione alcolica con lieviti selezionati per circa 10 giorni precedono l’affinamento in acciaio. L’Aglianico del Salento Igp Notte Rossa viene quindi immesso imbottigliato e immesso sul mercato dopo una sosta in vetro.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistabile presso: Conad, Coop, Crai, Famila, Sigma

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Uva da tavola 2020 tra caporalato, macero e sottocosto: l’appello dei produttori siciliani

Tre opzioni e un pericolo, a sancire un quadro sconfortante, sotto ogni profilo: l’uva da tavola 2020 finisce al macero, resta su pianta o viene venduta a prezzi stracciati, che non garantiscono la giusta remuneratività agli agricoltori, strozzati da fenomeni come caporalato, lavoro nero e “grigio“.

L’allarme, unito a un appello alla ministra Teresa Bellanova, arriva da una delle terre più rappresentative per la produzione dell’uva da tavola italiana: Mazzarrone, teatro dell’omonima Igp, in provincia di Catania.

“La campagna 2020 – denuncia Salvatore Secolo, responsabile della Uila-Uil di Mazzarrone – si è rivelata molto complessa nelle principali regioni produttrici del Paese: mi riferisco a Sicilia e Puglia, che rappresentano il 90% dei 46.000 ettari coltivati in Italia”.

Le inefficienze della filiera dell’uva da tavola stanno mettendo in crisi un comparto strategico per l’agricoltura italiana, danneggiando esclusivamente agricoltori. Molto spesso i produttori sono costretti a lasciare sulle piante i prodotti del loro lavoro e dei loro sacrifici. Oppure devono portare la propria uva da tavola al macero, pagata quel poco che basta per rifarsi delle spese sostenute solo per la raccolta, se non di meno”.

Le soluzioni? “Al Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, nonché alle varie istituzioni competenti in ogni Regione italiana – commenta Secolo (nella foto, sotto) – chiediamo innanzitutto un maggior vigore alla campagna di promozione istituzionale per l’uva da tavola; inoltre, di attivarsi allo scopo di ‘risarcire’ tutti quei produttori di uva da tavola che sono costretti loro malgrado di portarla al macero, quando è invendibile per via delle avversità atmosferiche o dalle disastrose malattie che imperversano in agricoltura”.

“L’incentivo – continua il sindacalista della sigla Uila-Uil – dovrebbe essere almeno pari a 0,35 centesimi di euro al chilogrammo. Ritengo sia questo il giusto ‘risarcimento’ in favore dei produttori d’uva che invece devono accontentarsi di una remunerazione molto bassa, che non permette neanche di coprire le spese per la campagna, lavorando sottocosto e senza un giusto compenso, tanto da rischiare il collasso“.

Gli aiuti, secondo Salvatore Secolo, sarebbero anche utili ad “evitare il diffondersi del deprecabile e triste fenomeno del caporalato, certamente alimentato da produttori e aziende che, pur di essere competitive, ricorrono a forme di illegalità per avere manodopera sottocosto“.

Il riferimento del sindacalista è a “tante aziende, anche estere, che riducono all’osso i costi del personale impiegato”. “Il lavoro nero o ‘grigio’, sottopagato – continua il sindacalista Uil – va combattuto e fatto emergere, anche ricorrendo a incentivi come questo, che consentono ai produttori e alle aziende agricole assunzioni regolari, utili a migliorare l’economia”.

Da Mazzarrone arriva anche un invito alla digitalizzazione delle aziende agricole, utile a segmentare il mercato. “I produttori di uva da tavola, tecnicamente bravissimi – evidenzia Salvatore Secolo – non dovrebbero più vendere il proprio prodotto solo tramite la Grande distribuzione organizzata, a meno che il prezzo non venga stabilito dagli stessi produttori di uva da tavola, con remunerazioni non inferiori a un euro al chilogrammo”.

“I produttori debbono organizzarsi e provare a vendere l’uva italiana direttamente agli italiani. L’Italia è un mercato importante, oggi frastornato da frutta di pessima qualità che arriva da chissà dove. Peraltro a prezzi bassi. Servono subito iniziative di natura legislativa ed economica, finalizzate a far uscire dalla crisi le numerose realtà famigliari che hanno fondato la loro attività lavorativa sulla tanto decantata, ma penalizzata, agricoltura italiana”.

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Angelo Gaja: i colori della crisi

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Angelo Gaja.

IL COLORE DELLA CRISI
E se fosse il 2021 la continuazione dell’anno orribile del vino italiano? Le premesse non mancano. In Italia si suonano le trombe per la vendemmia 2020 che promette di essere la più ricca di uva al mondo. Non è un primato invidiabile in presenza di una crisi dei consumi senza precedenti che si abbatte su tutti i mercati e coinvolge TUTTE le cantine del mondo gonfiandone le giacenze. Per fronteggiare la quale il ministro Bellanova aveva stanziato misure di distruzione dell’uva e del vino (distillazione) finanziabili con 150 milioni di euro di denaro pubblico, giunti però in ritardo ed utilizzati appena per un terzo.

L’errore, però, non è affatto della Bellanova, bensì dei suggeritori esterni che fanno capo ad associazioni varie e presenziano alle tavole di concertazione. Quelli che dapprima non volevano sentire parlare di distillazione, per poi concederla ai soli vini da tavola mentre ad averne necessità sono i vini Igp e Dop. Quelli che preferivano misure in favore dello stoccaggio, incoraggiando ad accumulare scorte in cantina confidando nella rapida fine della crisi e pronta ripresa dei consumi, che invece non ci saranno e si prolungherà l’agonia. Quelli che avanzavano mille riserve, rallentando e rendendo intempestiva l’entrata in vigore delle misure di intervento pubblico facendole perdere di efficacia.

Il comparto del vino conoscerà una crisi più lunga legato com’è all’Horeca ed al turismo. Fino ad ora è stata una pioggia di numeri reali-stimati-probabili-farlocchi, anche da fonti autorevoli, a commentare il procedere della crisi. Solo a fine anno si conosceranno le giacenze totali di vino nelle cantine italiane e si attendono pessime notizie in merito. Sempre a fine anno, a fronte del preoccupante calo in volume, si registrerà il più drammatico e vistoso calo in valore dell’export del vino italiano. A piangere saranno i fatturati.

Quando nella primavera 2021 verranno resi pubblici i bilanci delle mega cantine italiane e verranno svelati i numeri veri, si evidenzierà che per molte di esse le perdite di fatturato rispetto al 2019 supereranno il 20%. A perdere di più, però, saranno i viticoltori venditori di uva e le cantine artigianali dalle dimensioni piccole e medio piccole, il settore più numeroso e fragile. È a questi che il ministro Bellanova deve pretendere di destinare maggiori risorse durante il confronto che condurrà con i suggeritori esterni.

In questo momento di grave emergenza occorrono misure straordinarie. La prima preoccupazione deve essere quella di cercare di riequilibrare il mercato dando la priorità ad un ampio-e-mai-visto-prima progetto di distillazione che includa anche i vini Igp e Dop, da avviare SUBITO per consentire il recupero già entro il 2020 dei quasi 100 milioni non spesi nella misura precedente, per poi concluderlo nel 2021. Prendendo ispirazione da quanto saggiamente aveva già fatto prima di noi la Francia.

Sarebbe utile inoltre introdurre in Italia per i prossimi due-tre anni il divieto di impiego del Mosto Concentrato Rettificato, che costituisce per chi ne fa uso l’incentivo per eccellenza a produrre maggiori volumi di uva in vigneto.

Bene la richiesta di maggiori finanziamenti per la promozione consentendone l’accesso anche ai progetti di investimento contenuto. Non scordando che, nei prossimi due-tre anni, sarà baraonda sui mercati internazionali perché le cantine di tutto il mondo avranno il vino che uscirà loro dalle orecchie e saranno sui mercati per cercare di collocarlo.

Occorrono idee nuove, pensare di utilizzare solamente gli strumenti del passato non sarà di grande giovamento prima del ritorno alla normalità.

Angelo Gaja
7 settembre 2020 

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Vini al supermercato

Fiano Salento Igp 2019, Notte Rossa

(5 / 5) Ottima annata, la 2019, per il Fiano Salento Igp di Notte Rossa. La cantina salentina presenta sugli scaffali di diverse insegne di supermercati l’ultima vendemmia di un vino bianco dall’eccezionale rapporto qualità prezzo. La 2019, in particolare, sorprende per l’equilibrio e per una beva irresistibile.

LA DEGUSTAZIONE
Il Fiano 2019 Notte Rossa si presenta nel calice di un colore giallo paglierino, di per sé invitante. Al naso richiami netti di frutta esotica tendente al maturo, uniti a una vena salina e a un rinfrescante accenno talcato, che invoglia all’assaggio.

La corrispondenza al palato è perfetta. Si riconferma la freschezza e la vena salina, in equilibrio perfetto con le preziose note fruttate. Elementi che rendono il Fiano Igp Salento 2019 Notte Rossa “pericolosamente” beverino ma non banale. Un vino perfetto come aperitivo, così come con piatti a base di pesce o di carni bianche.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione del Fiano Notte Rossa è quella collinare, a nord della provincia di Taranto. Il clima è caratterizzato da una buona escursione termica tra il giorno e la notte, che garantisce alle uve capacità di sviluppare profumi e complessità. Il terreno è a medio impasto argilloso, poco profondo e con buona presenza di scheletro.

Quattromila piante per ettaro. Le uve vengono vendemmiate nell’ultima settimana di agosto. La vinificazione prevede la criomacerazione in pressa per 6-8 ore. Segue la pressatura soffice delle vinacce, la decantazione statica a freddo e la fermentazione alcolica a 11 gradi centigradi.

Prezzo: 4,99 euro
Acquistabile presso: Carrefour, Coop, Ipercoop, Despar, Conad, Bennet, Sigma, Gala, Tigre, Oasi, Gros

***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta è stata richiesta a Vinialsupermercato.it dall’inserzionista, ma è stata redatta in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza i nostri giudizi***

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