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Esteri - News & Wine news news ed eventi

Wine Vision by Open Balkan: Veronafiere a Belgrado con 50 cantine

Wine Vision by Open Balkan Veronafiere a Belgrado con 50 cantine
Come anticipato il 27 giugno scorso da winemag.it, fa rotta sui Balcani la missione di promozione del vino italiano di Vinitaly e ICE Agenzia, che da giovedì 16 a domenica 19 novembre 2023 approda a Belgrado (Serbia) per la seconda edizione di Wine Vision by Open Balkan, prima e più grande fiera enologica nel sud est Europa che lo scorso anno ha ospitato 350 cantine provenienti da 20 Paesi e più di 30mila visitatori da 40 nazioni. Qui l’«Area Italia» conterà più di 1000 metri quadrati riservati al tricolore (la richiesta iniziale era pure superiore). Diventerà il punto di ritrovo per buyer, professionisti e opinion maker di settore, interessati a conoscere e approfondire non solo le proposte delle 50 aziende della collettiva italiana, ma anche contatti, strategie e opportunità commerciali per il vino made in Italy.

Una fiera, Wine Vision Open Balkan, che assume un ruolo sempre più centrale nel panorama degli eventi europei ed internazionali del settore. Basti pensare che, secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, nei primi 6 mesi 2023 le vendite di vino italiano nell’area dell’Est Europa (Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Macedonia Del Nord, Moldavia, Montenegro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Turchia) con l’Austria hanno registrato un aumento del 16,5%, per un controvalore nel semestre di 243 milioni di euro. Una crescita in controtendenza rispetto alle performance globali del settore nella prima metà dell’anno (-0,4%) che conferma la leadership italiana nell’area considerata.

WINE VISION BY OPEN BALKAN SEMPRE PIÙ CENTRALE

«Dopo il successo della partecipazione della delegazione Open Balkan allo scorso Vinitaly – commenta l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese – vogliamo continuare a presidiare e sviluppare il business del vino nei Balcani e nell’Est Europa, un mercato dove il vino italiano è riuscito lo scorso anno a sorpassare la Francia in quantità e valori, divenendo il principale fornitore Ue. Un primo risultato importante e da capitalizzare attraverso un’azione mirata sia di posizionamento e penetrazione, ma anche attivando il reclutamento e lavorando sugli incoming in vista di Vinitaly 2024».

«La partecipazione dell’Italia a Wine Vision – ricorda l’Ambasciatore d’Italia in Serbia, Luca Gori – si inserisce nel quadro della Settimana della Cucina italiana nel Mondo, l’iniziativa della Farnesina che promuove le eccellenze della nostra tradizione culinaria. A questo riguardo, il vino resta uno dei prodotti più apprezzati anche all’estero come dimostra il valore delle sue esportazioni che nel primo semestre del 2023 ha raggiunto i 3,7 miliardi di euro».

«I Balcani – aggiunge il presidente di ICE, Matteo Zoppas – con questa iniziativa sono al centro dell’attenzione della cabina di regia del nostro governo e la nostra agenzia punta molto su quest’area. Sono paesi ancora a forte sviluppo, dove l’attenzione per l’Italia sta crescendo, il made in Italy è molto apprezzato ed il vino è uno dei prodotti strategici. Non c’è un ristorante internazionale di livello che non abbia una importante carta dei vini italiani e ciò testimonia come l’Italia anche su questo sia un riferimento nel mondo».

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Nasce Vinitaly USA 2024: l’Italia del vino a Chicago con Veronafiere


Nasce a Chicago Vinitaly USA 2024. Dall’International Wine Expo in corso nella capitale della regione del Midwest, da quest’anno cofirmato da Vinitaly – con oltre 200 aziende presenti e più di 1000 etichette in degustazione – arriva l’annuncio compatto del sistema Italia. «Il lavoro di squadra attivato da tempo con le istituzioni ci ha dato ragione e possiamo dire di aver vinto una sfida importante e complessa, di aggregare con il brand Vinitaly tutte le progettualità per creare un forte momento promozionale a favore del settore enologico italiano negli USA», ha evidenziato Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, durante la cerimonia di apertura nella città che riunisce 70 milioni di abitanti e rappresenta 200 milioni di dollari di importazioni di vini italiani.

«Le fiere – ha confermato Matteo Zoppas, presidente di ICE Agenzia – sono strategiche per il business matching delle imprese, in particolare delle piccole-medie. E con Veronafiere Vinitaly, che si era già mosso in modo accurato su questo mercato, ICE sta valutando insieme ai ministeri degli Esteri, dell’Agricoltura, ad Assocamerestero, tutti presenti a Chicago in questi giorni, il progetto per fare di Vinitaly USA 2024 il principale appuntamento strategico per questo fondamentale mercato». Un ponte strategico tra l’Italia e il primo mercato al mondo (1,8 miliardi di euro il valore dell’export Made in Italy verso gli Usa nel 2022).

«Vinitaly Usa 2024 – ha sottolineato l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese – seguirà anche le indicazioni del nascente comitato degli importatori con i quali condivideremo le strategie e i comuni interessi per lo sviluppo del vino italiano. L’obiettivo è rendere ancora più proficuo il rapporto con il mercato che esprime grande attenzione per i vini premium e al contempo cerca sempre nuove proposte. E l’Italia con i suoi 540 vitigni è in grado di offrire una scelta unica nel suo genere al mondo in grado di soddisfare le esigenze del settore ho.re.ca, degli importatori e dei distributori».

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Vinitaly 2022 verso il «tutto esaurito»

Accelera il piano strategico di Veronafiere per Vinitaly 2022. La kermesse è in programma dal 10 al 13 aprile, con più di 4 mila aziende espositrici. La direzione, secondo quanto riferito da Verona, è quella del «tutto esaurito». Nella campagna già avviata, sono 60 i Paesi coinvolti dal programma di promozione, comunicazione e incoming targato dalla Spa fieristica e da Ice Agenzia.

Oltre a un investimento complessivo da 3 milioni euro, Veronafiere e l’ente di promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane condividono  per Vinitaly 2022 «la selezione di una business list di 500 top buyer da tutto il mondo, a cui si aggiungeranno migliaia di operatori nazionali e internazionali».

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Accordo Confagricoltura Amazon per la digitalizzazione delle imprese agricole

Confagricoltura e Amazon hanno stretto un accordo che ha l’obiettivo di supportare le aziende agricole e agroalimentari nella digitalizzazione, in uno scenario in cui l’economia digitale sta apportando cambiamenti positivi nella gestione delle attività di imprese e professionisti del settore.

Gli iscritti a Confagricoltura avranno così accesso al programma “Accelera con Amazon“, il percorso di formazione gratuito realizzato in collaborazione con Ice – Agenzia per la promozione all’estero, Mip Politecnico di Milano Graduate School of Business, Confapi – Confederazione italiana della piccola e media industria privata, e Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano.

LO STUDIO

Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Agrifood School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Ride (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, l’agroalimentare italiano ha raggiunto nel 2020 un valore di 540 milioni di euro e l’Agricoltura 4.0 ha registrato una crescita del 20% rispetto all’anno precedente.

L’accordo con Amazon – dice Francesco Postorino, direttore generale Confagricoltura – è una grande opportunità per le imprese agricole che si vogliono avvicinare al mercato digitale, perché permetterà di mettere a disposizione, attraverso il nostro ente di formazione Enapra, corsi di formazioni specifici per le Pmi del mondo agricolo e agroalimentare».

A partire dalla fine di maggio Confagricoltura terrà quattro Webinar dal titolo “Agri-Digital, l’innovazione del digitale a supporto del Business” affrontando temi come i nuovi approcci al consumo e acquisto di prodotti alimentari, lo sviluppo dell’e-commerce di prodotti alimentari in Italia e all’estero, Marketing 4.0 e sostenibilità.

IL BOOTCAMP

A completamento del percorso di formazione proposto alle imprese agroalimentari nel mese di ottobre sarà possibile partecipare a un bootcamp, ovvero un corso intensivo digitale gratuito, progettato da Mip Politecnico di Milano e tenuto da Amazon della durata di una settimana. Il bootcamp, dedicato a 100 piccole e medie imprese e startup, include un percorso su misura per sviluppare le competenze digitali per vendere online.

L’integrazione dei processi tecnologici e digitali nel settore dell’agricoltura del nostro Paese, che ha un peso del 15% sul Pil italiano – sottolinea Ilaria Zanelotti, Marketplace Director Amazon Italia – è ancora in una prima fase di sviluppo. I webinar e il bootcamp in programma consentiranno alle Pmi di approfondire l’impatto delle tecnologie sul mondo dell’agribusiness».

Le aziende avranno cosi modo di «comprendere i passi necessari per digitalizzare processi e cultura aziendale, verificare concretamente lo stato di salute digitale della propria impresa e conoscere gli step operativi per avviare un progetto di e-commerce per la commercializzazione verso altre aziende e verso i clienti finali».

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Tannico, accordo da 1,5 milioni di euro con Ice: 400 cantine all’estero su WinePlatform

Nessun bando di gara, bensì un affidamento diretto dell’incarico da parte dell’Ice, in sostanza – come sostengono sottovoce dall’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane in capo al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale guidato da Luigi di Maio – per «mancanza di validi competitor o alternative». Così Tannico, la più vasta enoteca online italiana, si è assicurata un contratto del valore di 1,5 milioni di euro da parte dell’Italian Trade & Investment Agency.

L’accordo, frutto di diversi anni di studio del segmento e dei suoi player in Italia, consentirà a 400 «piccole cantine italiane» di «accedere a condizioni economicamente agevolate, o in totale gratuità per le otto Regioni beneficiarie del Piano Export Sud, a WinePlatform, la piattaforma di Tannico che supporta le aziende vinicole nella vendita online con consegna a domicilio in oltre 20 Paesi del mondo».

Il colosso del vino online, partecipato al 49% dal Gruppo Campari, si ritroverà così tra le mani così un “tesoretto” di imprese in un periodo particolarmente difficile come quello segnato dalla pandemia Covid-19, che non ha risparmiato il settore vitivinicolo italiano e soprattutto le aziende operanti esclusivamente nell’Horeca.

Tra gli altri candidati potenziali, almeno nella fase iniziale di studio del progetto da parte di Ice, anche Amazon ed Ebay, scartate perché giudicati dall’Agenzia «troppo generalisti e poco strutturati» per affrontare le necessità delle cantine italiane all’estero (i due colossi collaborano con Roma su altri progetti).

Tannico e Ice parlano di fatto di un fronte comune (pubblico-privato, ndr), che ha lo scopo di «fronteggiare i cali di fatturato causati dall’emergenza Covid e la conseguente crisi del canale di vendita tradizionale». Come?

Supportando «economicamente, tecnologicamente e logisticamente 400 case vinicole» e «fornendo loro gli strumenti necessari per poter beneficiare dell’importante aumento di volumi che stanno registrando le vendite attraverso l’e-commerce». L’Agenzia Ice è sicura che le cantine coinvolte «godranno di traffico digitale aggiuntivo» dagli oltre 20 Paesi esteri che saranno così meglio presidiati.

I NUMERI DELL’OPERAZIONE
In soldoni, secondo i dati raccolti da WineMag.it, il finanziamento del progetto prevede da un lato «un’agevolazione sulle condizioni economiche di accesso alla piattaforma WinePlatform» e dall’altro «attività di promozione e Digital Marketing indirizzate ai mercati esteri».

Sulla base dell’accordo, le cantine potranno usufruire dell’infrastruttura tecnica, logistica e comunicativa di Tannico a un canone dimezzato per il primo anno: 750 euro, interamente sostenuti da Ice, al posto dei 1.500 euro ordinari.

L’Italian Trade & Investment Agency contribuirà inoltre al versamento di 2 dei 3 mila euro a cantina per le attività di promozione e Digital Marketing indirizzate ai mercati esteri. Si raggiungono così gli 1,5 milioni di valore complessivo dell’accordo, con le cantine che dovranno sborsare la sola cifra fortettaria di 1000 euro.

Un progetto che si inserisce nel più articolato asset del “Patto per l’export” in cui Ice opera su suolo nazionale per il “nation branding” e a livello mondiale chiudendo diversi accordi con piattaforme di vendita internazionali.

Sedici, al momento, quelle interessate da partnership sul fronte B2C – in evidente crescita dal 2019 quando erano solamente due – nel segno dell’esplosione del canale e-commerce nel settore del vino italiano.

COME FUNZIONA “WINE PLATFORM”
Attraverso la piattaforma WinePlatform lanciata nel 2017, Tannico affiancherà ogni casa vinicola selezionata dal punto di vista tecnologico e logistico. Da un lato lo farà con la creazione di un e-shop dedicato grazie al quale poter vendere i propri prodotti.

Dall’altro il supporto avverrà gestendo tutti gli ordini ricevuti sulla piattaforma dalla ricezione di pagamenti sicuri alle conseguenti operazioni di picking, packing e spedizioni, dal disbrigo delle pratiche di export e accise al servizio di Customer Care.

«Sono orgoglioso di vedere come la nostra piattaforma WinePlatform, già usata da centinaia di cantine, potrà aiutare tantissimi altri piccoli viticoltori italiani ad aprirsi al commercio elettronico nei mercati esteri», dichiara Marco Magnocavallo, Amministratore Delegato di Tannico.

Il supporto dell’ICE, oltre a contribuire in questo percorso avviato da WinePlatform, permetterà anche a Tannico di spingere in modo più deciso verso l’apertura di 18 nuovi mercati esteri».

«Nel settore del vino – sottolinea il presidente dell’Agenzia Ice, Carlo Ferro – l’e-commerce ha mitigato l’impatto sulla domanda dei canali Horeca dovuto all’emergenza pandemica. L’accordo con Tannico e la piattaforma WinePlatform fanno parte del nostro più ampio piano di supporto alle Pmi italiane per affrontare i mercati internazionali in un contesto globale in continua evoluzione».

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Coldiretti: “Frena l’export del vino per la prima volta in 30 anni a causa del Covid”

Il terremoto Covid si abbatte sul mondo del vino che per la prima volta in 30 anni registra una frenata dell’export con un calo del 3,2% in valore nei primi sette mesi del 2020 con una storica inversione di tendenza che non ha precedenti. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti che ha promosso l’incontro “Covid, la sfida del vino Made in Italy“.

Con il moltiplicarsi dei Paesi che hanno adottato misure di contenimento con la chiusura di bar e ristoranti sale il conto dei danni alle esportazioni di vino italiano, che è il più bevuto nel mondo. Germania, Stati Uniti e Regno Unito che rappresentano i principali mercati di sbocco delle bottiglie tricolori sono infatti in sofferenza per il rapido diffondersi della pandemia che rischia di compromettere anche gli ordini per la fine dell’anno.

Il terremoto sull’economia provocato dal coronavirus mette a rischio il fondamentale motore economico generato dal vino italiano che realizza oltre la metà del proprio fatturato all’estero. Lo scorso anno infatti su un totale di 11 miliardi, che hanno sviluppato 1,3 milioni di posti di lavoro lungo la filiera ora in pericolo, le esportazioni sono risultate pari a 6,4 miliardi.

“Grazie alla azione di Coldiretti sono state adottate varie misure finalizzate a dare liquidità ai produttori e ridurre le giacenze di vini e di uve della nuova vendemmia ma anche sgravi contributivi, incentivi all’acquisto di vino e prodotti italiani” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “c’è incertezza e preoccupazione fra gli imprenditori, ma l’Italia ha le potenzialità per ripartire meglio degli altri. L’internazionalizzazione è dunque una scelta obbligata per il nostro Paese che deve cogliere questo momento di crisi per mettere a punto una strategia più incisiva di presenza sui mercati stranieri”.

Vanno aiutate le imprese a superare questo difficile momento – prosegue Prandini – e va preparata la ripresa con un piano straordinario di internazionalizzazione anche con la creazione di nuovi canali commerciali e una massiccia campagna di comunicazione superando l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse puntando, in primo luogo, ad una regia nazionale attraverso un’agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo, valorizzando il ruolo strategico dell’Ice e con il sostegno delle ambasciate”.

“In questo contesto un primo obiettivo è stato raggiunto – dichiara ancora Prandini – con la presenza di Josè Rallo come primo rappresentante agricolo nel consiglio di amministrazione dell’Ice che viene proprio dal mondo del vino ma anche con l’arrivo per la prima volta nelle ambasciate italiane della figura del Consigliere Diplomatico agricolo come abbiamo chiesto”.

“Serve poi recuperare i ritardi strutturali – conclude Prandini – e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export e una ‘bolletta logistica’ più pesante per la movimentazione delle merci“.

Un duro colpo per l’Italia che ha una produzione di oltre 46 milioni di ettolitri nella vendemmia 2020 che conferma il proprio ruolo di leader mondiale davanti alla Francia. Un primato consolidato grazie a 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt. 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt).

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Nasce tavolo tecnico con Mipaaf, Maeci, Ice e Uiv all’interno del Patto per l’Export

“La scelta da parte del ministero degli Affari Esteri di procedere alla ricostituzione di un tavolo di lavoro tecnico dedicato al vino assieme ai rappresentanti del Mipaaf e di Ice nell’ambito delle azioni previste dal Patto per l’Export va nella direzione da noi auspicata e sostenuta. Per questo apprezziamo quanto annunciato oggi dal sottosegretario al Maeci, Manlio Di Stefano e dalla ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova”.

Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione italiana vini (Uiv), ha commentato la nascita di un tavolo strategico per l’internazionalizzazione nel merito del Patto per L’Export.

Il tavolo del vino all’interno del patto per l’export – ha detto il sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano – può essere un esperimento di successo e segue l’esempio, già adottato, di consultazione permanente tra settori che ora vogliamo applicare anche al vino”.

Secondo l’associazione di riferimento per il vino italiano, che interverrà in rappresentanza delle imprese, sarà fondamentale portare al tavolo azioni concrete di rilancio di un export che per la prima volta nel corso degli ultimi 2 decenni sta subendo una flessione a causa dell’emergenza sanitaria. Tra queste, l’implementazione urgente di un piano di comunicazione istituzionale concentrato sui mercati prioritari (es. Usa, Canada, Cina), pianificato e condiviso anche in ottica di rilancio enoturistico.

Una regia di sistema che punti a convogliare le risorse in macroazioni evitando la dispersione in iniziative minori sia nell’impatto che nella portata. Per Uiv occorrerà predisporre piani integrati in ottica di mercato ma anche di brand awareness in favore del prodotto enologico made in Italy presso mercati strategici ancora culturalmente lontani.

Soddisfazione espressa anche dalla ministra alle Politiche agricole, Teresa Bellanova: “Lo specifico tavolo sul sostegno all’internazionalizzazione sarà convocato quanto prima – come da me richiesto – e avrà una natura estremamente operativa. Perché non mi stancherò mai di dire che è dalle imprese che devono arrivare le indicazioni per ottimizzare le strategie e le politiche mirate al settore”.

In merito alla strategia di rilancio e in particolare all’aumento, richiesto da Uiv, da 100 a 150 milioni di euro relativo alla misura di Ocm promozione, Bellanova ha assicurato “il massimo impegno anche per predisporre risorse aggiuntive su progetti nazionali. Su questo ci stiamo lavorando e ribadiamo piena disponibilità al confronto con le Regioni e in condivisione di tutte le parti”.

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Vinitaly roadshow: il primo evento internazionale in presenza per il settore

Cresce l’attività del sistema Paese in Cina che mette a servizio dell’export made in Italy la lunga esperienza di Veronafiere in Asia con Vinitaly, di Ice tramite “I Love ITAlian Wines” e dell’intera Rete della Farnesina per la terza edizione, al via oggi, del Vinitaly roadshow, il b2b organizzato dalla Spa veronese in collaborazione con il partner Pacco Communication Group.

Tre le città cinesi interessate: Shanghai (14 settembre), Xiamen (16 settembre) e Chengdu (18 settembre), per le cui tappe è stata intessuta una fitta rete di relazioni commerciali e partnership che includono Design Shanghai del gruppo Clarion Events, Xiamen Valued Show, Chengdu Bucciano, la Camera di commercio italiana in Cina, Grapea e gli esperti formati dalla Vinitaly International Academy, Florentia Village, Campari Group e De Longhi Caffè.

È un passo importante e un momento significativo per l’attività del Gruppo Veronafiere in un anno segnato a livello mondiale dalla pandemia – sottolinea Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – Ripartiamo dall’Asia, in Cina, con un evento di sistema che prevede la presenza fisica a supporto del vino, uno dei prodotti di punta del made in Italy che, come altri, sta risentendo degli effetti del lockdown internazionale. Il road show di Vinitaly servirà anche da leva per promuovere Wine To Asia, la rassegna internazionale per il vino che Veronafiere, tramite la società compartecipata Shenzhen Baina International Ltd., organizza dal 9 all’11 novembre a Shenzhen”.

Nell’ambito del road show, sarà promossa anche l’attività della Fondazione Arena di Verona. Nella città di Shanghai è stata inoltre organizzata dal 13 al 19 settembre la prima settimana del vino italiano – “Italian Wine Week” – in 20 wine bar e bistro e la più grande piattaforma di e-commerce dedicata ai vini naturali, Bruto, nella stessa settimana, aprirà una sezione speciale dedicata ai produttori italiani.

All’edizione 2020 prendono parte 65 aziende espositrici (10 in più della edizione precedente) e 700 etichette di vini italiani. Tra le numerose iniziative, sono previsti: incontri b2b per importatori e canale horeca, sia in forma fisica, sia digitale; iniziative rivolte a titolari di gallerie d’arte, wine bar, ristoranti fine dining, studi di architettura.

Inoltre walk-around tasting e masterclass dedicate al tema “donne cinesi e vino italiano“, curata dal Premio Internazionale Vinitaly 2019 Leon Liang e dalla prima Via Academy Expert, Lingzi He, e al tema del “vino italiano e ristorazione cinese”, tenuta dall’unico Master of Sommelier cinese, Yang Lv.

È prevista, infine, anche la presenza di buyer e formatori del vino con la partecipazione delle più importanti scuole di educazione al vino in Cina delle province del Sichuan, di Guizhou e dalla Municipalità di Chongqing.

Come lo scorso anno, a supporto di tutte le iniziative di promozione pre-evento e durante lo stesso, è stata realizzata una miniapp su WeChat che, insieme a collaborazioni mirare con i principali media e influencer tra cui Julie Tu, la più importante Kol degli spirits in Cina, contribuisce a creare un engagement mirato e profilato di partecipanti alle tre iniziative.

 

“Siamo particolarmente lieti di dare avvio al ciclo di eventi di promozione del vino italiano in Cina – dichiara Gianpaolo Bruno, direttore ufficio Ice Pechino e coordinatore uffici ICE in Cina e Mongolia – primo appuntamento successivo all’emergenza Covid-19, che si svolgeranno a Shanghai, Xiamen e Chengdu, grazie alla consolidata collaborazione tra Agenzia Ice e Veronafiere-Vinitaly, con il supporto dei Consolati di Shanghai, Chongqing e Canton”.

“Tale eventi – prosegue – prevedono la realizzazione di corsi di formazione e cicli di degustazione di prodotti enologici di qualificate cantine italiane, destinati a importatori, distributori e media specializzati di settore con l’obiettivo di favorire la conoscenza delle eccellenze vitivinicole del nostro paese e sostenere la proiezione dei marchi italiani sul mercato cinese nell’attuale fase di rapida accelerazione dei consumi interni”.

Una presenza, quella di Vinitaly in Cina con Ice, che ribadisce la forte attenzione della Spa veronese anche in una difficile congiuntura del mercato, determinata in particolare dall’emergenza sanitaria. Secondo le analisi dell’Osservatorio Unione Italiana Vini su base dogane, nei primi 6 mesi di quest’anno il Dragone ha infatti registrato un forte calo delle importazioni enologiche made in Italy sia nei fermi imbottigliati (-29,4%), che negli sparkling (-36,2%). Dati questi in linea con le importazioni complessive di vino in Cina: nel primo semestre i fermi sono a -32,4% (oltre 750 milioni di dollari) sul pari periodo 2019, mentre gli sparkling perdono il 30,8%.

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a tutto volume

Grappa Grandi Cru Prosecco Ice, Castagner

Si chiama “Ice” ed il nome dice tutto. I caratteri cubitali, “BERE FREDDA“, rendono ancor più chiaro il concetto. Il nome completo è Grappa Grandi Cru Prosecco “Ice”. È la proposta estiva della nota distilleria trevigiana Castagner. Un tassello in più nella proposta della grappa per l’estate, divenuta ormai un must.

Bello, accattivante e funzionale il packaging. Rivestita di un cappottino termico (una vera e propria muta in neoprene blu oltremare in grado di mantenere la temperatura di servizio per alcune ore anche fuori dal frigorifero) con le scritte argentate risulta inconfondibile e con un look vagamente marinaresco.

Dentro, un prodotto che è una novità per casa Castagner ed in generale un’etichetta che sviluppa un’idea particolare nel mondo degli Spirit: quella del servizio a freddo. Se escludiamo infatti i liquori in stile limoncello o gli amari da bere “frozen”, che però sono prodotti per infusione e non per distillazione, ben pochi immaginano di servire “da frigo” un distillato che non sia una vodka commerciale aromatizzata. Forse qualcuno conosce Whisky De Table di Compass Box, ma non si va molto oltre.

GRANDI CRU PROSECCO ICE
Ecco quindi l’idea di Castagner di un prodotto bello, facile, profumato che possa regalarci il piacere di uno spirit anche quando le temperature si fanno proibitive. Prodotta con vinacce di Glera (il vitigno del Prosecco) private di vinaccioli e pedicello per evitare le note “verdi”, distillate con metodo continuo, a colonna, per una maggiore pulizia degli aromi. Pensata per il fine pasto viene proposta come grappa da dessert, per macedonia o gelati alla frutta.

LA DEGUSTAZIONE

Che sia Grappa non ci piove, che sia Glera neanche. Limpida e trasparente, l’effetto “frozen” si avverte già al naso dove, se correttamente servita fredda, manca la nota pungente tipica della grappa, pur mantenendo il caratteristico profumo di vinaccia. Aromi freschi di fiori e di frutta tipici del prosecco; fiori bianchi e frutta bianca, pesca e pera in prevalenza.

Delicata al palato, avvolgente ma non “pastosa”, risulta armonica lasciando la bocca piacevolmente profumata durante la sua persistenza, non lunghissima ma ben sostenuta dalle note fruttate che si fanno più piacevolmente evidenti nel retro olfattivo.

Noi di Winemag, curiosi ed un po’ “San Tommaso”, abbiamo voluto fare la controprova ed assaggiarla a temperatura ambiente. Risultato? Tutto un altro prodotto. Più spigolosa già al naso, dove evidenzia una alcolicità che sembra ben superiore dei suoi 37,5% e che risulta mal integrata durante il sorso. Note floreali non pervenute e la parte fruttata che cede il passo ad una pseudo dolcezza, quasi stucchevole. Scomposta.

Qui la riprova di come questa grappa sia stata studiata e prodotta pensando specificatamente per essere bevuta (ed apprezzata) intono ai 5°. Con l’abbassarsi della temperatura infatti il prodotto guadagna la sua armonia, interagendo in modo preciso e pulito coi nostri sensi, anch’essi condizionati dal fresco. Buona l’idea e buona l’esecuzione, in definitiva. Non resta che godersela col prossimo dessert. Magari in piacevole compagnia.

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Approfondimenti

Export da record per lo spumante italiano

Record storico per l’export di spumante italiano che negli ultimi dieci anni ha raddoppiato il numero di bottiglie vendute all’estero, in controtendenza rispetto all’andamento generale del vino.

Ad affermarlo è un’analisi della Coldiretti, sulla base di dati Istat relativi al 2018, in vista del Vinitaly, con le esportazioni di bollicine tricolori che hanno raggiunto quota 391 milioni di chili, il massimo di sempre, proprio mentre il dato generale delle vendite per il settore vitivinicolo è tornato indietro di dieci anni, secondo Ismea.

I NUMERI DELL’EXPORT
Tra le bollicine italiane preferite nel mondo ci sono tra gli altri il Prosecco, l’Asti e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. All’estero – afferma la Coldiretti – finiscono circa 520 milioni di bottiglie pari a oltre il 70% della produzione nazionale di bollicine.

Fuori dai confini nazionali – continua la Coldiretti – i consumatori più appassionati sono gli inglesi con le bottiglie esportate che sono rimaste però sostanzialmente stabili nel 2018 mentre gli Stati Uniti restano al secondo posto nonostante il balzo del 9% e in terza posizione sul podio si trova la Germania, che pure “incassa” una crescita record del 26% in quantità, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat.

Lo spumante italiano – aggiunge la Coldiretti – piace molto anche nel Paese di Putin, visto l’incremento del 19% in Russia nonostante le tensioni e i problemi causati dal perdurare dell’embargo su una serie di prodotti agroalimentari Made in Italy.

IL VINITALY DI COLDIRETTI
Proprio ai nuovi trend del mondo del vino, dalla produzione ai consumi, con una particolare attenzione all’internazionalizzazione e alla sostenibilità, ma anche curiosità con la presentazione di indagini, ricerche ed esposizioni mirate, Coldiretti dedicherà una serie di appuntamenti in occasione del Vinitaly, con l’inaugurazione della nuova Casa Coldiretti in programma domenica 7 aprile alle ore 9.30, di fronte all’ingresso principale della struttura fieristica (Ingresso Cangrande), alla presenza del presidente nazionale Ettore Prandini.

Si tratta di un ampio spazio innovativo fatto con tutte le diverse terre delle 405 Doc e Docg d’Italia dove conoscere, vedere e toccare con mano i terreni dai diversi colori, origini, caratteristiche e consistenze che garantiscono ai vigneti quelle proprietà uniche e irripetibili all’origine dei successi del vino tricolore.

Nei quattro giorni di manifestazione non mancheranno degustazioni con i produttori più innovativi del panorama nazionale che saranno guidate dal coordinatore del comitato di supporto alle politiche di mercato del vino della Coldiretti Riccardo Cotarella con incontri con buyer internazionali in collaborazione con l’Ice, l’Istituto italiano per il commercio con l’estero.

La “Rivoluzione green nel bicchiere” sarà invece al centro dell’incontro promosso da Coldiretti e Federbio in programma Lunedì 8 aprile alle ore 15.30 nella Sala Rossini.

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Export vini italiani nel 2017: crescita moderata

“I dati dell’export 2017 ci consegnano un anno positivo ma non brillante. Va sottolineata la determinazione dei nostri imprenditori che, nonostante la crescente ondata protezionistica dei mercati e le grandi difficoltà di gestione dei fondi Ocm promozione, archiviano un altro anno di crescita delle esportazioni, anche nei volumi.

Sfioriamo ma non superiamo la soglia psicologica dei 6 miliardi di euro, cresciamo meno della Francia e rimaniamo fragili davanti alle turbolenze commerciali provocate dalla geopolitica, perché siamo ancorati ai due mercati storici del nostro export, Usa e UK.  Con 2,2 miliardi di euro registrati nel 2017, questi due Paesi costituiscono infatti il 40% del valore del nostro export di vini fermi e spumanti, contro quote del 31% per la Francia e del 26% per la Spagna o del 20% per la Germania e quindi siamo in assoluto il Paese più esposto nel caso di ritorsioni sull’agroalimentare e di scenario Hard Brexit. Per questo motivo auspichiamo una risoluzione pacifica delle controversie sul fronte americano e un’opzione di uscita morbida della Gran Bretagna”.

Con queste parole Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta i dati sull’export 2017, elaborati da Ismea, prezioso partner di Osservatorio del Vino, sulla base di dati Istat, che disegnano un 2017 complessivamente in buona salute, ma che ancora paga l’agitazione commerciale dovuta all’instabilità politica.

EXPORT 2017: I DATI
Lo scorso anno, infatti, sono stati esportati 21,4 milioni di ettolitri di vini e mosti, con un aumento del 4% sullo stesso periodo dell’anno precedente, consolidando un trend in atto già dalla fine del 2016. Il valore ha sfiorato i 6 miliardi di euro con un incremento più che proporzionale (+6,4%) rispetto ai volumi, a dimostrazione che anche il valore medio dei prodotti italiani consegnati oltre frontiera si è mosso su terreno positivo.

Le performance migliori si sono avute fuori dai confini comunitari: nei Paesi terzi (che nel 2017 rappresentano il 34% delle esportazioni in quantità e il 49% dei relativi introiti), è stato infatti  registrato un + 8% rispetto al 2016 con introiti in crescita del 9%, mentre all’interno della Ue si è registrato +1% a volume e +4% in valore. Nel complesso, la progressione nel 2017 c’è stata, ma nonostante questo gli operatori non si dicono pienamente soddisfatti, auspicando una maggior accelerazione delle esportazioni e soprattutto un aumento della quota di mercato su alcuni mercati target.

“L’auspicio per questo 2018 – continua il Presidente di Uiv – è che il nuovo Ministro delle politiche Agricole abbia tra le sue priorità quella di risolvere la dinamica conflittuale Ministero-Regioni e di sbloccare i fondi promozione 2017-18, mettendo subito mano al decreto per l’annualità 2018-19. Questo insieme ad un governo capace di farsi sentire a livello europeo, in particolare sul tema della politica commerciale. Ad oggi, infatti, i fondi dell’Ocm  promozione diventano ancora più urgenti per supportare un faticoso ma indispensabile lavoro di diversificazione dei mercati da parte degli imprenditori. L’ottimo lavoro che stiamo facendo con Ice ci aiuta ma anche noi imprenditori dobbiamo metterci una buona dose di coraggio. Peraltro, il successo recente della spumantistica italiana, insegna che i mercati possono aprirsi anche in maniera veloce quando un prodotto incontra i desideri dei consumatori”.

I TREND DEI VINI PER TIPOLOGIA
Decisamente sopra la media del settore sono state infatti le performance degli spumanti, che registrano un +9% a volume e +14% a valore, con il Prosecco che rappresenta il 56% del totale spumanti esportato ed il 59% degli introiti corrispettivi. Sembra, nel frattempo, arrestata la flessione dell’Asti che nel 2017 ha messo a segno un +7% a volume e +6% a valore. Anche i vini frizzanti, intanto, riemergono dal lungo periodo di difficoltà, tornando a mostrare un segno positivo sia in termini di volumi (+2%) sia di valore (+6%). La crescita è interamente imputabile ai vini frizzanti Igp (+6% a volume e 7% a valore). Nota positiva, infine, anche per i vini fermi in bottiglia (il 48% del totale esportato a volume e il 63% del valore) che, dopo la frenata del 2016, sono tornati a crescere del +2% a volume e del 4% a valore.

“Dobbiamo essere sempre attenti a intercettare i nuovi trend di consumo, a fare opera quotidiana di scouting, e a utilizzare al meglio i fondi messi a disposizione dai piani di promozione del Mise-Ice e quelli dell’Ocm- spiega Ernesto Abbona. Dobbiamo anche iniziare a ragionare in modo nuovo anche sulla struttura della nostra offerta, trovando nuove forme di dialogo e sintesi tra brand e territori, superando logiche di confine amministrativo tra territori e regioni, ma anche di dinamiche verticali di filiera, che ci permettano – conclude – quella elasticità produttiva necessaria a rispondere alle istanze di un mercato in continua evoluzione”.

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Spumanti per Natale e Capodanno: vince il Made in Italy

Spumanti italiani protagonisti a Natale: durante le prossime festività, nel nostro Paese verranno stappate 66 milioni di bottiglie di spumanti italiani (+6% sul 2016; bottiglie da 0,75l), mentre all’estero 174 milioni (+11%).

Dai dati dell’Osservatorio del Vino, su stime Ismea, emerge che il comparto nazionale dei vini spumanti chiuderà il 2017 con una produzione di circa 671 milioni di bottiglie (5,032 mln di hl, +9% sul 2016) ed un export di 3,7 milioni di ettolitri (quasi 500 milioni; bottiglie da 0,75l) se fosse confermato il trend gennaio-settembre dell’anno.

“Anche quest’anno  commenta Ernesto Abbona, presidente dell’Osservatorio del Vino – i vini spumanti italiani saranno protagonisti del Natale e, più in generale, delle festività. Da evidenziare l’incremento dei consumi sul mercato interno, che ci porta a due considerazioni molto significative: l’economia interna è in ripresa e i consumi sono favoriti da un clima di maggior fiducia; il consumatore sta facendo notevoli passi avanti in termini di crescita culturale nei confronti della qualità che siamo in grado di offrire, che ci fa ben sperare per il futuro di tutto il vino italiano”.

IL PROSECCO TRAINA
L’export, trainato dal Prosecco, vola a doppia cifra. “Ma come in più occasioni abbiamo ribadito – ammonisce Abbona – non possiamo affidare a questo prodotto, seppur vincente, la nostra penetrazione nei mercati stranieri. Stiamo lavorando da tempo, insieme all’ICE e al MISE, per individuare strategie efficaci affinché tutto il nostro vino di qualità venga percepito e apprezzato come tale all’estero. La situazione sta migliorando, ma c’è ancora molto lavoro da fare”.

L’export di vini spumanti italiani continua dunque a crescere. I dati Ismea su base Istat registrano infatti un incremento pari a +11% a volume e +14% a valore. In particolare, da gennaio a settembre sono stati esportati circa 2,5 milioni di ettolitri di vino per un incasso di 920 milioni di euro.

Performance sopra la media per gli spumanti Dop (+13% a volume e +15% a valore), mentre il Prosecco copre la quota preponderante delle esportazioni: da solo rappresenta infatti il 70% circa di tutti gli spumanti Dop e poco meno del 60% rispetto all’intero comparto spumantistico.

L’EXPORT
Tra i principali Paesi clienti, il Regno Unito si conferma il primo Paese di destinazione delle bollicine Italiane, 
dove si registra, sullo stesso periodo 2016, un incremento in valore del 13% per un corrispettivo di 267 milioni di euro (+10% in volume per circa 769 mila hl).

Al di sopra della media la performance degli Stati Uniti dove l’export vale oltre 217 milioni di euro (+17%) con una crescita anche in volume del 14% (531 mila hl). Dato interessante sulla Russia, che riporta una progressione in termini di valore e volume pari al 41%.

Dall’analisi Ismea, con il contributo del Cirve dell’Università degli Studi di Padova, partner dell’Osservatorio del Vino, in base ai dati dei primi nove mesi 2017 sui movimenti del vino spumante a livello mondiale, si può parlare di una crescita complessiva delle esportazioni pari all’11% in valore e in volume, contro un dato 2016 rispettivamente, del 4 e 7%.

In questo quadro, l’Italia prosegue il suo percorso di espansione nel mercato internazionale degli spumanti, con una crescita dei valori maggiore della media del mercato (+14%) e una crescita dei volumi in linea con quella del mercato (10%). Nel 2017 crescono anche le spedizioni degli altri grandi esportatori di spumanti.

La Francia tuttavia cresce meno dell’Italia (+9,6% in valore, + 8,5% in volume) e la Spagna cresce più dell’Italia in volume ma con prodotti di minor pregio, pertanto la crescita in valore risulta minore rispetto all’Italia (+10% in valore, + 18% in volume).

“Questi dati consentono di chiudere il 2017 con un moderato ottimismo – conclude Abbona – di buon auspicio per il prossimo anno. Il nostro augurio per queste festività è che la tradizione italiana, con i suoi sapori, le sue passioni e la sua storia, sia il filo conduttore per passare un ‘gustoso’ e sereno Natale”.

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Tuttofood: Vinitaly conferma ruolo guida con Wine Discover

Vinitaly protagonista unico per la promozione del vino nell’ambito del comparto agroalimentare. Lo hanno ribadito ieri a Milano il ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina e il presidente dell’ICE Michele Scannavini nei rispettivi interventi di apertura a TuttoFood, dove Veronafiere organizza WineDiscovery by Vinitaly.

Il prodotto vitivinicolo con 5,6 miliardi di export nel 2016 rappresenta la punta di eccellenza per il fatturato e l’immagine di uno dei settori a maggior tasso di innovazione e rappresentativi del Made in Italy.

“UN PERCORSO VIRTUOSO”
Per il ministro per Le Politiche agricole Martina: “Le fiere italiane a maggior rappresentatività per il comparto devono massimizzare le potenzialità nel settore food, di cui Verona attraverso Vinitaly rappresenta l’espressione più completa per il settore a livello internazionale con un percorso virtuoso di partnership al servizio del made in Italy inclusa l’importante esperienza del Padiglione del Vino ad Expo 2015 e la grande focalizzazione sui mercati internazionali”.

“Con il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy – ha detto il presidente dell’ICE, Michele Scannavini – abbiamo investito molto nel food perché esistono ampi margini di crescita per esportazioni, fatturato e immagine. Ci stiamo concentrando in particolare su due grandi mercati come quello degli Stati Uniti, dove il nostro export è aumentato del 24%, della Cina e del Sud Est Asiatico, dove però è necessario aumentare la cultura e la conoscenza del prodotto italiano. In questa strategia le fiere sono leve fondamentali e Vinitaly è quella designata per il vino”.

TUTTOFOOD MILANO
A TuttoFood, dall’8 all’11 maggio a Milano, per la prima volta è presente uno spazio dedicato al vino con WineDiscovery by Vinitaly, curato da Veronafiere: due “biblioteche del vino” per i bianchi e rossi di tutte le regioni italiane, con degustazioni ad accesso libero, un’enoteca con servizio di sommelier per le bollicine e soprattutto i seminari e la formazione con i wine expert e i wine ambassador diplomati alla Vinitaly International Academy.

Per Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “In questi giorni a Milano, come in occasione di Expo 2015 con il Padiglione sulla vitivinicola italiana, Vinitaly ribadisce il proprio ruolo guida nella promozione del vino all’interno del comparto food nazionale, mettendo il proprio know how a servizio di aziende, istituzioni e del sistema-Paese. Una mission che portiamo avanti sia in Italia sia all’estero, dove collaboriamo attivamente con Governo e ICE, in particolare sui mercati di Stati Uniti e Cina”.

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Vino bio “migliore per qualità”. Ecco i più bevuti al supermercato

Il vino biologico è di qualità superiore. Questo quanto emerso dall’analisi di oltre 74 mila rating di vini di diverse vendemmie, varietà e regioni di produzione pubblicati da the Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator.

Nel corso del convegno “Il successo del vino biologico in Europa e nel mondo”, tenutosi in occasione di Vinitalybio e promosso da FederBio, i puntuali interventi tecnici di Enzo Mescalchin della Fondazione Mach di San Michele all’Adige e di Leonardo Valenti dell’università di Milano hanno confermato quanto ipotizzato dai ricercatori delI’Università della California e di Bordeaux: la certificazione biologica “è associata ad un incremento statisticamente significativo della valutazione della qualità”. E in un vigneto senza uso di pesticidi chimici di sintesi “aumenta il vigore dei microrganismi che sono la parte vivente della sostanza organica”.

Le uve che derivano da questi vigneti “rappresentano gli interpreti più autentici del terroir”. Inoltre dall’esclusione dei fertilizzanti, che comporta un contenimento della resa, “deriva un miglior profilo organolettico”.

I DATI
“Da uve di miglior qualità derivano vini di miglior qualità – commenta Roberto Pinton, consigliere delegato di FederBio – il segreto del successo del vino biologico non è poi così misterioso. Per molte cantine biologiche, poi, si tratta quasi di una sfida per dimostrare di essere i più bravi, in grado di produrre vino da uve perfette e senza interventi invasivi in cantina”.

A fronte dell’incremento della qualità del vino sempre più produttori vitivinicoli optano per l’alternativa biologica. Una scelta che si traduce nello sviluppo a tripla cifra della viticoltura, cresciuta del +295% in Europa e del +280% nel mondo, nel periodo 2004-2015 (analisi Wine Monitor Nomisma su dati FIBL).

All’interno di questo scenario l’Europa detiene il primato sia per maggior superficie vitata bio del mondo (293 mila ettari pari al 88% della superficie globale), che per l’incidenza delle superfici vitate bio sul totale (che nel 2015 ha superato il 7% a fronte di una quota mondiale inferiore al 5%).

ITALIA SUL PODIO
Come nella maggior parte delle statistiche sulla produzione biologica, l’Italia è sul podio. Con 83 mila ettari di vigneto coltivati con metodo biologico, il Bel Paese è leader per incidenza sul totale della vite coltivata (l’11,9% è bio), seguita da Austria con l’11,7% e Spagna con il 10,2%.

“Nel nostro Paese da 52 mila ettari nel 2010, si è raggiunta quota 83 mila ettari nel 2015 sui 332.000 totali a livello mondiale – commenta il presidente di FederBio Paolo Carnemolla –  e si prevede di superare la soglia dei 90 mila per il 2016. In Sicilia gli ettari sono oltre 32.000, in Toscana sono 11.500, quasi 11mila in Puglia, più di 4mila nelle Marche e nel Veneto e più di 3.500 in Abruzzo: non c’è una denominazione d’origine per la quale non ci sia un’offerta di vino biologico da parte di qualcuna delle 1.500 cantine”.

In Italia, a fronte di un tiepido +1% delle vendite di vino in generale, le vendite di vino bio hanno registrato un +53% rispetto al 2015, raggiungendo il valore di 9,6 milioni di euro nella sola grande distribuzione organizzata.  Il grosso delle vendite si registra sui più esigenti mercati esteri (Usa, Giappone; Germania,Gran Bretagna).

I VINI BIO PIU’ BEVUTI IN ITALIA
Nel momento della scelta il consumatore italiano predilige il vino rosso (69% delle vendite di vino bio in Gdo, +42% rispetto al 2015), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+93%) assieme ai vini spumanti e frizzanti (+162%).

Nello specifico il Montepulciano d’Abruzzo (18% delle vendite 2016 di vino bio a valore), seguito dal Nero d’Avola (9%) e dalle diverse tipologie di Chianti (8%) sono i vini biologici più apprezzati dagli italiani. Naturalità (24%), salubrità (20%) e qualità (17%) sono le tre proprietà distintive che i consumatori attribuiscono al vino bio, e che sono il drive del suo successo.

Decisi ad affrontare il fenomeno adottando un punto di vista internazionale, la Survey multi-country di Wine Monitor affidata a Nomisma da ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), ha indagato, oltre all’Italia, su abitudini e comportamenti di acquisto dei consumatori di Germania e Regno Unito. Questi mercati, fondamentali partner commerciali dell’Italia per il vino in quanto tra i primi importatori al mondo, offrono grandi prospettive per il nostro Paese anche nel settore del biologico.

UK, CRESCITA RECORD
In UK, secondo i dati Global Snapshot Nielsen, le vendite di vino bio in Gdo nel 2016 si attestano a 20,7 milioni di euro (esclusi i vini frizzanti e spumanti), con uno share di biologico dello 0,4% sul totale dei vini venduti con una crescita del +24% nell’ultimo anno. In questo scenario, un quarto delle bottiglie bio vendute è di provenienza italiana e, solo nell’ultimo anno, nel Regno Unito l’incremento a valore è stato dirompente (+82% a valore e +72% a volume).

Come per l’Italia l’interesse per il vino bio è in costante crescita, la quota di consumatori che negli ultimi 12 mesi ha consumato almeno una volta un vino biologico è del 12% in Germania e del 9% in UK. Anche per quanto riguarda le preferenze sul vino bio i gusti di inglesi e tedeschi sono simili a quelli italiani con rossi e bianchi fermi in prima posizione in entrambi i mercati, segue in UK il rosso frizzante e in Germania il bianco frizzante.

VINO TRA LE BIO ECCELLENZE MADE IN ITALY
Infine viene sottolineata l’ottima reputazione che vino biologico made in Italy gode oltre i confini nazionali. Per il 42% dei consumatori inglesi e per il 40% di quelli tedeschi, i vini bio made in Italy hanno qualità mediamente superiore rispetto ai vini bio di altri Paesi e sono evocativi di alta qualità (19%) e di autenticità (15%). Particolarmente elevata la reputation dei vini bio italiani per il consumatore inglese, il 22% degli user bio in UK posiziona l’Italia al primo posto nella classifica dei Paesi che producono i vini biologici di migliore qualità.

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Export italiano di vino, nuovo record: 5,6 miliardi nel 2016

L’Osservatorio del Vino rilascia i dati definitivi sull’export 2016 del vino italiano, confermando le proprie stime diffuse nei mesi scorsi. Anche questo è un anno da record: le esportazioni hanno raggiunto quota 5,6 miliardi di euro con un incremento del 4,3% sul 2015, che risulta inferiore, però, rispetto a quello del 2015 sul 2014 (+5,3%). I vini spumanti continuano ad essere i veri protagonisti di questo successo, con un valore di quasi 1,2 miliardi di euro (+21,4%) e un volume scambiato pari a circa 3,35 milioni di ettolitri (+19,9%). Il Prosecco guida questa domanda con un incremento del 23,9% a volume (quasi 2,3 milioni di ettolitri) e del 32,3% a valore (circa 885 milioni di euro).

Questi, i dati dell’Osservatorio del Vino relativi all’export 2016 del comparto, elaborati su base Istat da Ismea, partner dell’Osservatorio.

“Continua il trend positivo già annunciato dall’Osservatorio del Vino nei mesi scorsi – commenta Antonio Rallo, Presidente Osservatorio del Vino -. A parte i dati del Prosecco, non ci sentiamo di manifestare troppo entusiasmo perché cresciamo meno rispetto al 2015 e a ritmo più lento. Il fenomeno Prosecco va sostenuto con ogni mezzo affinché prosegua la brillante corsa iniziata da qualche anno – sottolinea il presidente Rallo -, ma non possiamo affidarci solo a questo prodotto per migliorare le performance del vino italiano fuori dai confini nazionali. Preoccupa, infatti, il dato relativo ai vini fermi in bottiglia. Il -4,5% fatto registrare dalle consegne oltre frontiera in questo segmento, accompagnato da un lieve arretramento dei valori dello 0,7%, deve far riflettere l’intero mondo produttivo”.

“Dobbiamo, quindi, definire nuove strategie per spingere altri vini italiani che stanno incontrando difficoltà nella crescita sui mercati internazionali – prosegue Antonio Rallo -. Si rivelano pertanto fondamentali progetti di promozione e comunicazione come quelli posti in essere da ICE per sviluppare attività mirate in Paesi chiave per le nostre imprese: in particolare negli Usa, primo mercato estero per i nostri vini, e in Cina. Tra i consumatori cinesi, registriamo una crescita a valore del 13,8% (101 milioni di euro) e a volume dell’11,4% (299mila ettolitri), ma siamo ancora molto lontani dalla Francia che ha migliorato le proprie performance ed esporta per un valore di 612 milioni di euro (+ 9,94%) e volumi di circa 1,79 milioni di ettolitri (+8,89%), come ci confermano i dati delle dogane francesi”.

“In questo senso – conclude Rallo – stiamo intensificando l’attività di UIV al fianco di ICE, proprio con l’obiettivo di migliorare il nostro posizionamento su questi mercati in termini di volumi di vino venduti e di incremento del valore medio a bottiglia”.

Il vino italiano a Denominazione vede incrementare complessivamente le esportazioni del 10,5% in valore (3,3 miliardi di euro) e del 7% in volume (8 milioni di ettolitri), confermando che la cultura del consumatore sta cambiando e la richiesta di vino è sempre più orientata verso prodotti di qualità. Vini e mosti nel complesso fanno registrare ottime performance nelle esportazioni 2016. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco, dove si registra, sullo stesso periodo 2015, un incremento in valore del 5,5%, per un corrispettivo di 1,35 miliardi di euro, e in volume del 3,2% (3,3 milioni di ettolitri). La Germania, secondo Paese d’interesse per il nostro export, torna a crescere sensibilmente rispetto al 2015, con un +1,7 in valore (977 milioni di euro) e un +0,5 in volume (5,56 milioni di ettolitri).

La Francia si rivela quest’anno un buon cliente, acquistando 1 milione di ettolitri (+15,2%) per un valore di 155 milioni di euro (+8,8%). Nel Regno Unito, una leggera crescita in valore (+2,3% per un corrispettivo di 764 milioni di euro) e un deciso arresto nei volumi (-7,4% con 3 milioni di ettolitri), evidenziano la propensione del consumatore a scegliere vini di maggiore qualità, pagando un prezzo/bottiglia mediamente maggiore rispetto al 2015. In Cina il vino italiano cresce in valore del 13,8% (101 milioni di euro) e in volume dell’11,4% (299mila ettolitri). La Russia evidenzia un trend positivo con un +10% in valore (78 milioni di euro) e un +15% in volume (335mila ettolitri).

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Ceta, Coldiretti: “Regalo alle lobby”. Uiv: “20 milioni per il vino italiano negli Usa”

“Un grande regalo alle grandi lobby industriali, che nell’alimentare puntano all’omologazione e al livellamento verso il basso della qualita”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel commentare l’impatto dell’approvazione da parte dell’Europarlamento del Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreementr) con il Canada. “Nei trattati – sottolinea Moncalvo – va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori”.

“Solo per fare un esempio – continua Moncalvo – i produttori canadesi potranno utilizzare il termine Parmesan, ma anche produrre e vendere Gorgonzola, Asiago e Fontina, mantenendo una situazione di ambiguità che rende difficile ai consumatori distinguere il prodotto originale ottenuto nel rispetto di un preciso disciplinare di produzione dall’imitazione di bassa qualità. Ma soprattutto si crea una concorrenza sleale nei confronti del vero Made in Italy in cui perde l’agricoltura italiana che – conclude Moncalvo – ha fondato sulla distintività e sulla qualità la propria capacita’ di competere”.

In sintesi, il Canada continuera’ a produrre e vendere sul proprio mercato Parmesan e a produrre e vendere Gorgonzola, Asiago, Fontina ma dovrà aggiungere l’indicazione “Made in Canada”. Potrà iniziare a produrre e vendere prodotti non presenti prima come ad esempio lo “squacquerone di Romagna”, ma dovrà aggiungere il termine “style” o “imitazione“. Il Canada, infine, acconsentirà all’ingresso nel proprio mercato del prosciutto di Parma Dop, fino ad ora precluso, in coesistenza con il Prosciutto di Parma canadese.

VINO ITALIANO E CETA
Favorevole all’approvazione del trattato Uiv, Unione italiana Vini, che già nell’ottobre dello scorso anno auspicava una rapida conclusione dell’iter. Il presidente Antonio Rallo (nella foto) commenta oggi così quanto emerso durante il “Tavolo del Vino” riunitosi il 14 febbraio al MISE,  nel corso del quale il sottosegretario Ivan Scalfarotto, insieme ai vertici dell’ICE Michele Scannavini, presidente, e Piergiorgio Borgogelli, direttore generale, ha presentato ufficialmente il gruppo di lavoro di imprenditori vitivinicoli che affiancherà l’ICE di New York nella stesura di un progetto di promozione delle eccellenze Wine and Food del Made in Italy oltreoceano: “Siamo pronti a scrivere una nuova pagina nella storia della promozione internazionale del vino italiano. Le imprese del settore hanno iniziato a strutturare, insieme all’ICE, il piano promozionale sul vino negli Usa che prevede un investimento di 20 milioni di euro per i prossimi tre anni. Il nuovo orientamento all’azione del MISE e dell’ICE voluto da Carlo Calenda, fin da quando era viceministro, portato avanti oggi con il sottosegretario Ivan Scalfarotto e sostenuto dai vertici dell’agenzia per la promozione internazionale del nostro Paese, sta portando i primi, importanti, risultati concreti”.

I DETTAGLI
Saranno Enrico Viglierchio, General manager di Castello Banfi (Toscana), Francesca Planeta, titolare dell’Azienda Agricola Planeta (Sicilia) e Antonio Rallo i delegati dell’Unione Italiana Vini nel “gruppo di lavoro” dell’ICE. Nel corso della prima riunione, sono state individuate le linee guida di un progetto ritenuto, dallo stesso sottosegretario Scalfarotto, inedito per il nostro Paese sia per l’importanza delle risorse economiche destinate al solo prodotto vino, sia per la modalità di progettazione delle attività, frutto di un piano costruito con le imprese.

“Bisogna mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato – ha ribadito Antonio Rallo – tema sul quale il ‘tavolo promozione’ del Consiglio Nazionale di UIV si è espresso in maniera chiara. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema ‘vino italiano’, alle imprese la responsabilità della promozione di prodotto attraverso le fiere, le degustazioni e le presentazioni dei prodotti. Due linee di lavoro parallele  che devono integrarsi evitando sovrapposizioni”.

I DATI
Negli Stati Uniti, secondo le elaborazioni di Osservatorio del Vino – Ismea su dati Ihs-Gta, l’Italia mantiene saldamente la leadership tra i Paesi fornitori, sia in termini quantitativi che in valore. Le importazioni di vino italiano in USA hanno chiuso il 2016 con una progressione del 6,1% in valore superando 1,6 miliardi di euro (per 3,23 milioni di ettolitri) e confermando il primato del Bel Paese. Sono soprattutto le bollicine ad aver determinato questo passo in avanti. Dai dati statunitensi, infatti, emerge che la domanda a stelle e strisce degli spumanti italiani è cresciuta del 28% a volume e del 34% a valore, contro una domanda media a livello mondiale aumentata rispettivamente del 18% e 12%.  L’Italia consolida quindi il primato come fornitore degli Usa anche nel segmento degli spumanti con una quota pari al 55% del totale a volume.

Facendo, però, un confronto complessivo con il più diretto competitor, cioè la Francia, si evidenzia come il gap tra il valore medio dei vini italiani e quelli francesi resti ancora molto elevato. Nel 2016 i vini transalpini erano a 10,5 euro al litro, a fronte dei 5 euro per quelli del Bel Paese. Una problematica emersa anche durante i lavori del Tavolo del Vino di ieri, dove un’indagine di ICE – Veronafiere ha sottolineato come il mercato USA non conosca bene i territori di produzione né le tipologie italiani del vino che non viene ancora associato ai caratteri di esclusività, eleganza e unicità, tipici del nostro prodotto e, pertanto, acquistato in una fascia di prezzo medio-bassa.

“Oggi – sottolinea Rallo – gli investimenti delle aziende per la promozione in Usa necessitano del sostegno di una campagna di comunicazione istituzionale che racconti il sistema vino italiano puntando con decisione ad accrescerne il valore attraverso l’aumento del prezzo medio a bottiglia. È necessario studiare un linguaggio adeguato e dedicato anche ai baby boomers ed ai millennials che rappresentano il presente ed il futuro del consumo di vino di qualità, con un messaggio capace di coniugare il sentiment dell’italian style all’eccellenza dei nostri vini. Dobbiamo, poi, orientare il progetto soprattutto verso gli Stati centrali dove sta crescendo il consumo di vino e noi italiani siamo ancora poco presenti”.

“In questo piano strategico – conclude il Presidente di UIV – vogliamo che ICE, interlocutore attento e competente in strategie di marketing e comunicazione, diventi cabina di regia di tutti i soggetti che, a vario titolo, organizzano eventi sul vino italiano negli USA, creando un grande calendario condiviso di queste attività”.

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Wine export management: al via il master Fem

Ha aperto i battenti ieri, alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento), il 5° Executive master in Wine export management, il percorso formativo di eccellenza per esperti di commercio estero di vino, con 25 aspiranti manager scelti fra una rosa di 75 candidati provenienti da tutta Italia.

Cerimonia di apertura con presentazione del piano didattico e delle attività, seguita dal seminario sulla professione export manager con l’esperto di commercio internazionale e di processi di internazionalizzazione, Alessio Gambino.

Chi è l’export manager? E’ una figura professionale che segue l’azienda nei mercati di destinazione, con il complessivo obiettivo di sviluppare il business estero. Finora la Fondazione Mach ha formato più di cento esperti. Un bravo Export Manager deve conoscere una o più lingue, avere forti doti commerciali e di negoziazione, conoscere il web e le nuove strategie di comunicazione. Deve essere una persona intraprendente, capace di lavorare per obiettivi.

L’obiettivo del corso è fornire le competenze gestionali che sono indispensabili per l’Export manager, ma che ancora di più sono “vitali” per tutte le aziende che vogliono affacciarsi ai mercati internazionali o potenziarne la loro presenza.

In quest’ottica, ecco la “Formula Executive”. Concepita per conciliare lavoro e studio, grazie alla struttura modulare che comprende lezioni ed esercitazioni in aula il venerdì più il sabato, a settimane alterne, per complessivi 10 appuntamenti (140 ore totali). WEM si svolgerà alla FEM con formula week – end dal 27 gennaio al sabato 27 maggio.

I docenti sono professori universitari, ricercatori, professionisti, consulenti, specialisti del settore enologico e del processo d’internazionalizzazione delle imprese. Il master si avvalerà di testimonianze ed esperienze di Responsabili di alcune primarie aziende vinicole italiane con profilo “export oriented”.

È indirizzato a neolaureati (di primo o secondo livello), addetti commerciali, ma anche a piccoli imprenditori del settore vitivinicolo che ambiscano ad acquisire, o perfezionare, le competenze nella gestione dell’export del vino. Avere competenze di export management può essere un’esigenza di figure professionali molto diverse nel mondo del vino. Il piccolo produttore, magari vitivinicoltore, l’enologo “tuttofare” della piccola cantina, il responsabile commerciale della piccola e media azienda, il proprietario/imprenditore che si occupa a 360° della gestione. Indispensabile buona conoscenza della lingua inglese (riferimento livello B1).

IL PROGRAMMA WEM5
Il percorso formativo del Master è imperniato su 10 moduli che costituiscono le 140 ore di formazione in aula.  Le macro aree di approfondimento sono: scenario vitivinicolo italiano e mondiale: produzione, consumi e tendenze; il nuovo profilo dell’export manager; marketing del mondo del vino; organizzazione dei principali mercati internazionali;la comunicazione del vino on line; attitudini ai consumi di vino e comunicazione interculturale;i canali distributivi;comunicare per vendere;le opportunità delle misure di finanziamento dell’unione europea;il binomio identità-relazione per affrontare i mercati.

“Le imprese vitivinicole – spiega Alessio Gambino – hanno sempre più bisogno di entrare o consolidarsi commercialmente nei mercati esteri. Per poterlo fare in modo duraturo e non occasionale hanno bisogno di figure professionali interne che abbiano le competenze necessarie per supportare i processi di internazionalizzazione”.

Il lavoro di un export manager è complesso, richiede studio, analisi, capacità di ascolto ed osservazione. “Bisogna dedicare energie fisiche e mentali importanti, spesso affrontando viaggi lunghi e frequenti in Paesi con culture diverse e non immediatamente comprensibili. Il supporto dell’impresa diventa fondamentale per per raggiungere i risultati attesi e pertanto anche gli imprenditori devono investire con risorse finanziarie adeguate e sempre più crescenti”.

Alessio Gambino lavora presso CEO IBS ITALIA e Founder Exportiamo.it; esperto di commercio internazionale e di processi di internazionalizzazione, è coordinatore MBA presso l’Università G. Marconi, docente della Business School del Sole24Ore, Exportiamo Academy, NIBI – Nuovo Istituto di Business Internazionale, IPSOA e Tem Academy dell’ICE.

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Al Consorzio del Soave il ”Meridiano del vino” grazie a ”Soave by the glass”

Il Consorzio del Soave si aggiudica ”Il Meridiano del Vino”, il premio, alla sua prima edizione, ideato dalla testata specializzata Wine Meridian, ”per la comunicazione di un brand territoriale e la promozione di aziende, luoghi e territorio” nel mercato giapponese. Ogni giorno infatti Wine Meridian pubblica notizie ed approfondimenti sul mondo dell’internazionalizzazione dei vini italiani. Il progetto promozionale, che ha conquistato la giuria della testata giornalistica, si chiama ”Soave By the Glass” ed è stato ideato dal Consorzio del Soave in collaborazione con l’agenzia Well Com, Shigeru Hayashi, autorevole wine writer e comunicatore del vino e l’ufficio ICE di Tokio.  Per favorire la conoscenza ed il conseguente consumo di vino Soave in Giappone il Consorzio del Soave ha ideato ”Soave by the Glass”, una campagna promozionale che ha coinvolto oltre 130 locali in tutto il territorio giapponese destinata a premiare quei ristoratori e quegli enotecari che hanno stappato più bottiglie tra giugno e settembre 2015. I locali che hanno vinto il concorso sono il ”Kasa” di Fukuoka (Kyushu) e il ”Lumino Carino” di Nihama (Shikoku). In premio, in qualità di veri e propri ambasciatori del Soave nel mondo, i ristoratori – Yusuke e Mami Kanamaru, Ito Takafumi e Nao Fukumura – verranno in visita sulle colline del Soave in occasione di Soave Preview, l’anteprima del Soave, in programma a Monteforte d’Alpone il 19 e 20 maggio. L’iniziativa promozionale dedicata al Giappone ha visto la partecipazione di 14 aziende del Soave, 10 importatori giapponesi, con oltre 7000 bottiglie stappate.

Ecco le aziende che hanno preso parte alla missione in Giappone: Cantina del Castello, Cantina di Soave, Cantina di Monteforte, Marcato, Corte Mainente, I Stefanini, Le Battistelle, Montetondo, Fattori, Vicentini, Corte Adami, Le Albare, Pagani, Gini. ”Siamo molto soddisfatti di questa operazione – sottolinea Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio del Soave – . Questa iniziativa ci ha portato veramente vicino ai consumatori grazie alla preziosa collaborazione degli enotecari che hanno “suggerito” il vino Soave alla mescita. E’ stata un’esperienza importante per vedere da vicino come siamo percepiti e come migliorare ancora la nostra presenza in quel mercato”. Con ”Soave by the glass” si chiude di fatto un quinquennio di azioni promozionali, coordinate dal Consorzio del Soave, dedicate al trade e ai consumatori. Più che buono quindi il riscontro dell’operazione che di fatto ha cavalcato i trend positivi per il vino in Giappone. Il premio ”Il Meridiano del Vino” è nato dalla consapevolezza che oggi la promozione del vino è sempre di più una sfida all’originalità e all’autenticità. Per fare questo è sempre più importante sviluppare progetti di comunicazione che sappiano cogliere l’attenzione del consumatore e stuzzicarne la curiosità. Il concorso ha coinvolto candidati singoli (creativi, grafici pubblicitari o curatori di eventi), aziende del mondo della comunicazione e aziende vinicole che hanno sviluppato progetti di promozione del vino italiano in Italia o all’estero di particolare interesse per originalità e capacità di comunicare un’identità chiara e trasparente. La Commissione giudicante, che ha analizzato numerosi progetti, è composta da giornalisti, esperti del marketing del vino, blogger e Social Media specialist. Ai candidati è stato chiesto di proporre tutte le soluzioni di promozione e comunicazione del vino, come eventi, tour, campagne pubblicitarie che coinvolgano in maniera trasversale anche design, arte, enogastronomia, moda e cultura.

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