I consumi di vino in Italia scontano gli effetti della pandemia da Covid-19 con la chiusura dell’Horeca. Al primo semestre, il bilancio che se ne trae è quello di uno spostamento consistente verso gli acquisti in Gdo e online, cresciuti rispettivamente del 9% e 102% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Ovviamente, alla luce dei diversi e distanti volumi movimentati da questi due canali nel panorama nazionale dei consumi di vino, si tratta di crescite il cui peso relativo va giustamente contestualizzato: basti infatti pensare che, pur a fronte di questo raddoppio, il rapporto a valori nelle vendite di vino tra e-commerce e Gdo è ancora di 1 a 16.
L’accelerazione impressa dalla pandemia nello sviluppo dell’online per le vendite di vino è innegabile. Anche nei prossimi mesi si assisterà a un consolidamento di tale canale, obbligando così i produttori a una maggior attenzione verso le nuove modalità di vendita. È alla luce di tale evoluzione del mercato che abbiamo avviato la collaborazione con Nielsen, al fine di realizzare congiuntamente analisi dei trend di consumo a supporto della filiera vinicola italiana”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Nomisma Wine Monitor.
Secondo una stima Nomisma Wine Monitor – Nielsen, nel primo semestre di quest’anno le vendite on line di vino degli operatori del largo consumo sono aumentate del 147% contro una crescita degli specializzati che si è fermata a un +95%, sebbene questi ultimi siano stati responsabili dell’83% delle vendite e-commerce di vino in Italia.
Sul fronte invece della Distribuzione a Libero Servizio, compresi discount, è interessante segnalare come le vendite di vino siano cresciute anche dopo il lockdown. In particolare le vendite intercorrenti le otto settimane tra il 9 marzo e il 3 maggio sono aumentate del 6,7% a valore e del 9,7% a volume, evidenziando un calo del prezzo medio di quasi il 3%. Nelle otto settimane successive, e quindi in periodo di post-lockdown, le vendite sono cresciute del 16,2% a valori e del 12,9% a volumi, mostrando all’opposto un aumento nei prezzi medi del 3%.
Ovviamente questo trend si è manifestato in maniera differente per le diverse categorie. In particolare, focalizzando l’attenzione alle otto settimane del lockdown, la preferenza degli italiani si è rivolta principalmente verso i vini fermi e frizzanti con un +12,5% a valori rispetto allo stesso periodo 2019 e, all’interno di questa tipologia, verso i rossi con +14,9%.
Al contrario, gli acquisti di spumanti, compreso lo Champagne, si sono ridotti del 19%, complice anche una Pasqua festeggiata all’interno della ristretta cerchia di conviventi tra le stesse mura domestiche. Nelle otto settimane successive, il trend delle vendite è risultato positivo per entrambe le categorie.
Gli spumanti si sono dimostrati in grande spolvero, mentre le vendite di vini fermi e frizzanti sono cresciute di un altro 13,9%, quelle di spumanti e Champagne hanno messo a segno un +27,5%, con in testa gli Charmat Secchi a guidare il recupero con +32,4%.
“L’eCommerce si sta affermando come uno dei canali più prospettici per molte categorie di prodotti del Largo Consumo. Il vino è senza dubbio una di queste. Le sue vendite online mostrano un trend di crescita esponenziale che si è consolidato ancora di più. Misurare la frammentazione delle vendite tra Gdo online e pure player online richiede nuove tecniche e metriche di misurazione. Nielsen è felice e orgogliosa di avviare questa collaborazione con Nomisma per offrire un monitoraggio estensivo sia a livello di vendite che abitudini di consumo, in logica omnicanale”, dichiara Stefano Cini, Consumer Intelligence and eCommerce Leader di Nielsen Connect Italia.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
La ministra Teresa Bellanova ha ribadito oggi le intenzioni già espresse nel corso del Tavolo con la ristorazione voluto con il Ministro Patuanelli, il 29 maggio scorso. L’obiettivo è “Consentire il ripristino di questo importante sbocco commerciale”, attraverso “un Fondo per la ristorazione del valore complessivo di circa 1 miliardo“.
L’idea è quella di un sostegno al settore Horeca, colpito drammaticamente dalla crisi Covid-19, con ricadute pesanti sull’intera filiera agroalimentare, soprattutto nei segmenti d’eccellenza. Poi, per il settore turistico, è necessario “favorire il più possibile la fase di mantenimento in vita degli esercizi di ristorazione”.
Una “misura immediata che inietti liquidità per poter mettere queste imprese nelle condizioni di riattivare rapidamente le forniture di alimenti e che potenzi quanto già previsto nel Decreti Liquidità e Rilancio”, sostiene Bellanova.
Un Bonus Filiera Italiana di circa 5000 euro a fondo perduto diretto ai 180 mila esercizi pubblici di ristorazione per l’acquisto di prodotti agroalimentari nazionali, per favorire i pagamenti delle prime settimane di riapertura e sostenendo al contempo sostenendo l’acquisto di prodotti italiani.
Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea la ristorazione italiana rischia un crack da 34 miliardi nel 2020 a causa della crisi economica, del crollo del turismo e del drastico ridimensionamento dei consumi fuori casa provocati dall’emergenza coronavirus.
A causa della pandemia i consumi extradomestici sono stimati in calo del 40%. Un duro colpo per l’economia nazionale se si considera che la spesa degli italiani per mangiare fuori casa prima del lockdown era pari al 35% del totale dei consumi alimentari per un valore di 86 miliardi di euro.
Una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, e sul lavoro di 1,3 milioni di addetti. A pesare è anche la mancanza del turismo dall’estero con oltre 16 milioni di cittadini stranieri in vacanza in Italia nel 2019 durante i mesi di luglio, agosto e settembre che quest’anno rischiano di essere praticamente azzerati.
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L’obiettivo immediato e più urgente? “Consentire il ripristino di questo importante sbocco commerciale”, attraverso “un Fondo per la ristorazione del valore complessivo di circa 1 miliardo“. Poi, per il settore turistico, è necessario “favorire il più possibile la fase di mantenimento in vita degli esercizi di ristorazione”.
La ministra Teresa Bellanova ha ribadito oggi le intenzioni già espresse nel corso del Tavolo con la ristorazione voluto con il Ministro Patuanelli, il 29 maggio scorso. L’idea è quella di un sostegno al settore Horeca, colpito drammaticamente dalla crisi Covid-19, con ricadute pesanti sull’intera filiera agroalimentare, soprattutto nei segmenti d’eccellenza.
Una “misura immediata che inietti liquidità per poter mettere queste imprese nelle condizioni di riattivare rapidamente le forniture di alimenti e che potenzi quanto già previsto nel Decreti Liquidità e Rilancio”, sostiene Bellanova.
Un Bonus Filiera Italiana di circa 5000 euro a fondo perduto diretto ai 180 mila esercizi pubblici di ristorazione per l’acquisto di prodotti agroalimentari nazionali, per favorire i pagamenti delle prime settimane di riapertura e sostenendo al contempo sostenendo l’acquisto di prodotti italiani.
Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea la ristorazione italiana rischia un crack da 34 miliardi nel 2020 a causa della crisi economica, del crollo del turismo e del drastico ridimensionamento dei consumi fuori casa provocati dall’emergenza coronavirus.
A causa della pandemia i consumi extradomestici sono stimati in calo del 40%. Un duro colpo per l’economia nazionale se si considera che la spesa degli italiani per mangiare fuori casa prima del lockdown era pari al 35% del totale dei consumi alimentari per un valore di 86 miliardi di euro.
Una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, e sul lavoro di 1,3 milioni di addetti. A pesare è anche la mancanza del turismo dall’estero con oltre 16 milioni di cittadini stranieri in vacanza in Italia nel 2019 durante i mesi di luglio, agosto e settembre che quest’anno rischiano di essere praticamente azzerati.
“Accogliamo con soddisfazione la proposta del Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova di istituire un fondo per indennizzi a fondo perduto per i ristoratori e ci rendiamo disponibili sin da subito per approfondirne i dettagli”, dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio.
“Siamo lieti che i nostri appelli sulle difficoltà del settore abbiano trovato un riscontro in questa iniziativa – conclude Stoppani – che, al di là dell’aspetto economico tutto da valutare, ha un valore simbolico perché testimonia finalmente l’attenzione delle istituzioni ad un comparto troppo spesso sottovalutato, nonostante sia fondamentale per le filiera turistica e per quella agro-alimentare”.
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BARBERINO TAVERNELLE – Un piano straordinario di interventi per supportare le aziende del Gallo Nero nell’emergenza post Covid. Nuove linee strategiche a medio-lungo termine per la gestione della denominazione ed una serie di interventi immediati volti a gestire gli aspetti produttivi, l’assorbimento del prodotto sul mercato e a sostenere finanziariamente le aziende più colpite dall’emergenza sanitaria.
È quanto approvato ieri dall’Assemblea dei Soci del Consorzio Vino Chianti Classico, su proposta del Consiglio di Amministrazione che ha lavorato che nei mesi di lockdown ha elaborato a un progetto di rilancio post quarantena.
La misura più innovativa riguarda l’accordo con Banca Monte dei Paschi di Siena per l’accesso preferenziale al credito che prevede l’utilizzo dell’istituto del pegno rotativo non possessorio, applicabile oggi, grazie al decreto Cura Italia, anche ai prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine protetta, compreso il vino di qualità.
Il Consorzio è il primo ente in Italia a ricorrere a questa nuova misura a supporto delle aziende, per la cui attuazione c’è solo da attendere l’auspicato decreto attuativo del Mipaaf, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Per poter venire incontro alle aziende nella gestione di eventuali giacenze di prodotto createsi nel periodo di lockdown, a causa della chiusura temporanea del canale horeca, sono state approvate due misure straordinarie. La prima contempla la possibilità temporanea, per 18 mesi, di stoccaggio del prodotto fuori della zona di produzione, ma rimanendo nelle province di Firenze e di Siena. La seconda prevede il posticipo dell’immissione al consumo, dal 1 ottobre al 2 gennaio, dell’annata 2019.
Altra importante novità è la costituzione di un fondo di stabilità fino a 1,5 milioni di Euro per la denominazione Chianti Classico una parte del quale verrà impegnata ad integrazione del contributo del Governo per la riduzione volontaria delle rese. Come altra possibilità di impiego del fondo, ma solo in estrema ratio, non si esclude di intervenire con l’acquisto di partite di vino sfuso Chianti Classico 2019.
Questa acquisizione straordinaria dovrà avere scopo emergenziale, temporaneo e non lucrativo – dichiara Carlotta Gori, direttore del Consorzio – Si tratta infatti di una misura esclusivamente dipendente dalla contingenza Covid-19, che sarà messa in atto, solo in caso di vera necessità, per la tutela e la cura degli interessi della denominazione”.
Infine, è stata recepita positivamente dall’Assemblea l’attenzione del Consorzio verso nuove iniziative di promozione, destinate a sollecitare la domanda dei mercati e generare ulteriore attenzione sul marchio Gallo Nero.
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Fivi e il Mercato virtuale bufera sulle commerce di vino dei vignaioli toscani 1
Nuova bufera nella Fivi. Questa volta è l’e-commercedi vino attivato il 2 luglio da alcuni vignaioli toscani ad agitare la Federazione italiana vignaioli indipendenti, già scossa dalle incognite sul Mercato di Piacenza 2020 e dalle evidenti pressioni della costola denominata “Rete Vignaioli“, durante il lockdown da Coronavirus.
A poche ore dalla messa online del “Mercato virtuale“, a cui hanno aderito un centinaio di vignaioli da tutta Italia – quasi il 10% dei 1.300 soci Fivi – il Consiglio direttivo della Federazione ha diramato una mail volta a stroncare sul nascere il nuovo portale:
Cari vignaioli, molti di noi hanno ricevuto in questi giorni una mail avente per oggetto ‘Presentazione de ‘I vini dei vignaioli indipendenti’. Si riferisce ad un sito e-commerce di vino promosso in maniera autonoma da un gruppo di vignaioli Fivi.
In seguito alle numerose richieste di chiarimento ricevute in queste ore da soci Fivi, giornalisti e consumatori, vogliamo con la presente ribadire che non si tratta in alcun modo di un’iniziativa Fivi e che il Consiglio direttivo non era assolutamente stato informato”.
È proprio su questa ultima frase che si concentra il nodo della querelle. Secondo quanto rivela a WineMag.it Gregorio Galli (nella foto sopra) tesoriere dell’associazione vignaioli toscani, il Direttivo Fivi era informato dell’iniziativa sin dagli esordi, ma ha deciso di non promuoverla ufficialmente, ritenendola poco strategica.
“Matilde Poggi in persona è informata su questo progetto sin dal mese di febbraio 2020 – sottolinea Galli – ovvero da quanto, in pieno lockdown da Coronavirus, noi vignaioli toscani abbiamo proposto a Fivi di aprire un e-commerce, sull’esempio dei nostri cugini francesie di quello, già funzionante, dei vignaioli trevigiani“.
Del resto, con Matilde, siamo amici da tanto tempo. Andremo dunque avanti con il nostro progetto, consci di aver creato qualcosa che non ha altro intento se non quello di offrire un servizio in più ai vignaioli indipendenti. Ci chiediamo, però, perché l’e-commerce dei vignaioli trevigiani non viene criticato e il nostro sì?”.
D’altro canto, il “Mercato virtuale” promosso dall’associazione vignaioli toscani, “non presenta alcun riferimento a Fivi, né a marchi o loghi registrati”: “Se qualcuno ha dubbi li esprima – chiosa il tesoriere Gregorio Galli – con la consapevolezza che si tratta di qualcosa di ben noto al Direttivo Fivi, sin dalla sua fase embrionale”.
Affermazioni che Fivi non conferma. “Nulla da dichiarare, in quanto la questione è già stata chiarita internamente durante l’assemblea di oggi” (ieri, ndr) è la risposta dell’ufficio stampa della Federazione, interrogato sull’argomento da WineMag.it. Una riunione animata in gran parte dal tema “Mercato virtuale”, in cui Fivi ha annunciato un avanzo positivo di 200 mila euro. Un tesoretto sottochiave, in banca.
Intanto, l’e-commerce di “vino indipendente” continua a crescere e a convincere sempre più vignaioli in tutta Italia. Il costo dell’adesione, riservata agli associati Fivi, è di 80 euro: “Denaro che sarà interamente reinvestito in promozione, con le casse dell’associazione di scopo che dovranno essere a zero, a fine esercizio annuale”.
“Visto il no del Direttivo Fivi al progetto – spiega Gregorio Galli – abbiamo appunto deciso di attingere in toto alle casse dei vignaioli toscani per aprire una Associazione temporanea di scopo, utile a mettere in piedi una struttura digitale leggera, funzionale alle nostre esigenze più immediate”.
Grazie alla tecnologia Stripe, il “Mercato virtuale”, funge esclusivamente da luogo d’incontro tra consumatori e vignaioli. Senza transito di soldi o bottiglie. L’ordine del cliente arriva direttamente alla cantina e, in contemporanea, attiva lo spedizioniere per la consegna a domicilio, dalla provincia di Arezzo.
Particolare attenzione è stata riservata alla politica dei prezzi dei vini presenti sull’e-commerce. “Abbiamo discusso molto di questo – ammette Galli – con l’obiettivo di non creare problemi da un lato all’Horeca, dall’altro alle aziende che si occupano già della distribuzione dei nostri vini”.
L’invito ai vignaioli è di proporre prezzi generalmente più alti di quelli praticati in cantina o al Mercato di Piacenza, prendendo come riferimento quelli dello scaffale delle enoteche dove sono già presenti le etichette. Il portale si rivolge al cliente finale e non vuole minare i rapporti pregressi delle aziende”.
Sul “Mercato virtuale” si troverà dunque “il prezzo giusto” di ogni vino, lasciando però “margini di manovra per l’applicazione di sconti a discrezione del singolo vignaiolo”. I promotori hanno preparato un prospetto, con “calcoli utili a non scendere sotto a una determinata soglia”. Tutto, insomma, per evitare il secondo boomerang.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Unionbirrai vuole la birra artigianale al supermercato Basta integralismo vittorio ferraris gdo 2
Il mondo dei publican, ovvero i gestori di pub e birrerie specializzate? “Estremamente autoreferenziale“. Un segmento “piacevole, bello, costruttivo” da cui, però, i produttori di birra artigianale dovrebbero sdoganarsi. Perché “rischia di non far uscire da quella cerchia del 3.7% di consumatori abituali“. Parole di Vittorio Ferraris, direttore generale di Unionbirrai intervenuto nei giorni scorsi a un webinar organizzato dall’Associazione Donne della Birra.
Una vera e propria chiamata a una rivoluzione di concetto e di approccio al mercato, solo in parte frutto di elucubrazioni dettate dall’emergenza Covid-19 e dal periodo di lockdown che ha messo in ginocchio l’Horeca.
Di fatto, come riportato da Vinialsupermercato.it il 12 giungo, Unionbirrai ha ufficializzato un accordo con Aspiag Service, concessionaria dei supermercati Despar per Triveneto ed Emilia Romagna, utile a inserire le birre di 12 realtà brassicole artigianali di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige sugli scaffali di 39 punti vendita del territorio di appartenenza del birrificio. Solo un punto di partenza.
Secondo il numero uno dei piccoli produttori italiani di birra artigianale, il settore deve cercare altri sbocchi rispetto agli attuali, per trasformarsi da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa. Mostrando le reali differenze tra la “birra industriale” e quella più fedele alle tradizioni brassicole.
Durante il webinar, Ferraris (nella foto) ha infatti espresso la necessità di “aprire canali distributivi diversi da quelli su si è sempre lavorato”. In una parola, l’auspicio è per un’apertura maggiore dei micro birrifici nei confronti della Grande distribuzione organizzata, ovvero al mondo dei supermercati che operano in Italia, come appena accaduto con Despar.
Il grande slancio verso l’e-commerce, durante il lockdown, è stato da esempio e da maestro. “Il blocco dell’Horeca ha azzerato il consumo in mescita, ma gli appassionati ci hanno cercato lo stesso e con volumi assolutamente importanti” ha evidenziato Ferraris.
La difficoltà di reperire la tanto desiderata “artigianale”, del resto, è emersa in diversi sondaggi: i consumatori dichiarano di non consumare birra artigianale italiana “perché non la trovano”. L’approvvigionamento diventa così un problema più pressante di quello del prezzo.
“Noi non abbiamo accesso alla Gdo – ha sottolineato a chiare lettere il direttore di Unionbirrai – e quindi il nostro canale distributivo è sempre stato un altro. Ma il mondo della Gdo è imprescindibile! Non possiamo pensare che l’integralismo del mondo artigianale veda questa barriera netta tra i mercati”.
Indispensabile, però, che ogni canale rispetti i presupposti fondamentali della birra artigianale: la territorialità, la conservazione ed una politica di prezzi adeguata. Presupposti e problematiche, ha fatto intendere Ferraris, che possono essere affrontate in modo più semplice e costruttivo proprio con i canali distributivi più grandi e strutturati.
Basti pensare al problema della catena del freddo: è più facile pensare al trasporto refrigerato da parte delle insegne della Grande distribuzione che del singolo corriere espresso, per una consegna a privato di poche bottiglie.
L’obiettivo di Unionbirrai è dunque quello di lavorare su più fronti, ovvero supermercato ed e-commerce, per “fare i conti con un sistema che deve essere in equilibrio sempre perfetto“. “Viviamo in un mondo totalmente artigianale e rappresentiamo anche una filiera vera e propria, che è fatta da produzione, distribuzione e somministrazione”, ha aggiunto Ferraris, prima di una conclusione che non lascia spazio a interpretazioni.
“E un mondo che deve sfruttare questo momento particolare per crescere. E può crescere solo se la nostra birra la facciamo arrivare su tutti i canali, nel rispetto delle regole anche deontologiche”. In alto i calici.
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Non un ministero allHoreca ma quasi così Fipe chiede di rilanciare la ristorazione
EDITORIALE – Non un vero e proprio “ministero all’Horeca“, ma quasi. Si è mossa in questa direzione Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, in occasione degli Stati Generali dell’Economia in corso a Villa Pamphilj. Il rilancio della ristorazione italiana, del resto, è in cima ai pensieri di Sandro Boscaini (Federvini) e Riccardo Cotarella (Assoenologi), intervenuti martedì 16 giugno al webinar su vino e finanza organizzato da Foragri.
C’è bisogno di una regia unica che sappia migliorare il settore nell’interesse anche del Paese – sintetizza Fipe – favorendo la sua trasformazione digitale, investendo sul suo capitale umano, rafforzando l’identità con elementi strategici per la filiera agroalimentare e turistica, rivedendo il sistema delle regole uniche per tutto il settore”.
Oggi, come evidenzia ancora Fipe, “le competenze sul settore della ristorazione sono frammentate su tre Ministeri (Sviluppo Economico, Agricoltura e Turismo) con priorità settoriali quali asimmetria di regole, concorrenza sleale, dequalificazione e despecializzazione professionale, sviluppo delle malattie cibo-alcol correlate, alcolismo, obesità, intolleranze e allergie alimentari, fenomeni sociali gravi, mala movida e infiltrazioni malavitose”.
Il settore – denuncia la Federazione italiana pubblici esercizi – è disciplinato da una legge che ha trent’anni (Legge 287/1991), epoca in cui esisteva un altro mercato e altri modelli di consumo. La domanda è cambiata, i modelli di consumo si sono evoluti, il Paese ha bisogno, anche, di una ristorazione forte per il suo rilancio”.
Sempre in occasione degli Stati Generali, Fipe ha sollecitato “provvedimenti emergenziali“, capaci cioè di “tamponare i problemi economico-finanziari impedendo la chiusura di molte aziende”, e “provvedimenti strutturali“, di visione e di rilancio per il comparto.
Tra questi, prioritario secondo la Federazione italiana pubblici esercizi “il rafforzamento dei provvedimenti di sostegno per le imprese, in modo particolare sui temi degli indennizzi tempestivi per le ingenti perdite di fatturato, della liquidità”.
“Vanno inoltre preservate le competenze professionali – ha aggiunto Fipe – con tutti gli strumenti di protezione sociale disponibili”. I provvedimenti strutturali e di visione strategica del settore riguardano, invece, “l’attivazione di politiche governative sulla ristorazione e la filiera agroalimentare, coordinate ed unitarie, capaci di dare dignità istituzionale al settore”. Se non un ministero, serve quantomeno un concerto: di idee, intenzioni. E fatti.
Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi, di fatto, ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di oltre 8 miliardi per i mancati acquisti in cibi e bevande nel 2020. Parlano chiaro, in questo senso, i dati Ismea sugli effetti dell’emergenza Coronavirus per la spesa alimentare degli italiani.
Se gli acquisti domestici aumentano del 6% circarispetto al 2019, per quelli extradomestici per colazioni, pranzi e cene fuori casa è stimato un calo del 40%. Una drastica riduzione dell’attività che, come sottolinea la Coldiretti, pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
“In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo, la ristorazione – riferisce Coldiretti – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato”. La spesa alimentare fuori casa, prima dell’emergenza Coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi a tavola degli italiani. Se non un ministero all’Horeca, insomma, serve (in fretta) qualcosa che gli assomigli. E pure molto.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Banche fondi e prestiti nel settore del vino scarsa fiducia tra i piccoli produttori
Due ricerche a confronto (una italiana, l’altra francese) per sostenere una tesi: il settore del vinoitaliano dovrebbe dare più credito a banche, fondi, garanzie e prestiti. Il webinar organizzato ieri pomeriggio da Foragri sul binomonio vino e finanza, oltre a confermare la solidità delle imprese italiane del settore vitivinicolo – anche a fronte dell’emergenza Coronavirus – ha evidenziato la scarsa fiducia nei confronti del credito da parte dei piccoli produttori.
A sottolinearlo, quasi involontariamente, sono stati gli interventi di Alessandro Giacometti, responsabile area Strategie commerciali di Banca Monte dei Paschi di Siena ed Emanuele Fontana, responsabile Servizio Agri-Agro di Crédit Agricole Italia. Solo il 3-5% dei clienti titolari di aziende agricole si è rivolto agli sportelli per un prestito. Dato che sale al 10-15% per i titolari di imprese attive in altri settori produttivi.
Ciliegina sulla torta le parole di Walter Ricciotti. Indicando come esempio virtuoso quello di Prosit, holding che può contare sul fondo di private equity Made in Italy Fund, il co-fondatore e Ceo di Quadrivio Group ha di fatto chiarito quali siano i profili più adatti al binomio vino e finanza.
Ovvero aziende interessate a crescere nel medio e lungo periodo, implementare la produzione e puntare dritto sull’estero, con operazioni di branding. Addirittura aggregandosi tra loro, proprio come avvenuto con Prosit. Qualcosa di ancora molto lontano dal mondo e dalla progettualità delle piccole imprese a conduzione famigliare e dei vignaioli. Illuminanti, in questo senso, i numerosi interventi di esponenti del mondo della produzione.
La presidente Fivi Matilde Poggi, rivolgendosi al Sottosegretario del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giuseppe L’Abbate, non ha fatto alcun accenno al sistema del credito. Confermando, piuttosto, la preferenza di misure per lo stoccaggio privato e la richiesta di abbassare l’aliquota Iva sul vino dal 22 al 10%, passando dall’ordinaria all’agevolata almeno per i prossimi tre anni e mezzo.
Un’ipotesi sul tavolo dei ministri Teresa Bellanova e Roberto Gualtieri già da fine maggio, che non gode tuttavia del pieno appoggio della base della Federazione di “indipendenti”, dubbiosa sugli effettivi benefici del provvedimento, giudicato persino deleterio per le piccole imprese.
Sul fronte dell’Iva anche la “provocazione” – così è stata definita dallo stesso relatore – di Davide Gaeta, professore associato del dipartimento di Economia aziendale dell’Università degli studi di Verona: “È davvero un tabù la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto, oppure può essere uno strumento, seppur temporaneo, per l’incentivazione dei consumi nazionali?”.
Tra i produttori, emblematico l’intervento di Sandro Boscaini, titolare di Masi Agricola, nonché presidente di Federvini. Anche in questo caso, nessun accenno al credito. Piuttosto, un appello accorato alle istituzioni.
“Oltre al tema della liquidità – ha sottolineato – il problema nel medio e lungo termine è quello di riequilibrare domanda e offerta nel settore del vino. Vendemmia verde, distillazione e riduzione rese sono tutte belle cose, necessarie come un ‘cerotto’. Ma non dobbiamo mai dimenticare che, al di là dell’emergenza, noi produciamo per vendere“.
L’attivazione della domanda ci serve per mantenere sano il flusso del nostro business, in Italia come all’estero. C’è necessità assoluta di intervenire, di aiutare chi ha sofferto di più il lockdown da Coronavirus, ovvero il mondo della ristorazione e, in generale, dell’Horeca. Va inoltre riattivato il turismo, che ogni anno genera un indotto straordinario attorno al vino”.
Non ultimo l’export: “Mi sento di spendere parole forti su questo fronte – ha sottolineato Sandro Boscaini – bisogna riattivare subito le esportazioni, farlo adesso, con mezzi immediati. Abbiamo già perso un mucchio di opportunità, compreso Vinitaly. C’è la necessità di stanziare fondi ad hoc e di fare promozione al Made in Italy“.
Sulla stessa linea il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella: “Come categoria – ha dichiarato – ci sentiamo molto vicini e solidali al mondo della ristorazione e condividiamo l’urgenza e la priorità di interventi utili a ridare al vino il suo teatro: i ristoranti sono il palcoscenico in cui il vino italiano è attore protagonista”.
Tra i relatori anche Raffaele Borriello: “Non bisogna solo aspettare che riaprano i canali tradizionali come la ristorazione, ma dobbiamo piuttosto iniziare a ragionare tutti su un mondo nuovo, lasciatoci in eredità da Coronavirus”, ha avvertito il direttore generale dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.
Sul fronte delle garanzie, Ismea ha garantito alle imprese agricole 215 milioni di euro complessivi, dal 22 di aprile al 16 giugno. In chiusura, Borriello ha evidenziato il successo della misura della cambiale agraria da 30 milioni di euro, augurandosi che venga rifinanziata tra le misure del Decreto Rilancio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Fivi Iva al 10 sul vino divide i vignaioli. Tutti i no allipotesi dalla Sicilia al Trentino
È un coro di no quello che arriva dalla “base” di Fivi in merito all’ipotesi di riduzione dell’Iva sul vino al 10%, rispetto all’attuale 22%. La proposta di passare dall’aliquota ordinaria a quella semplificata fino al 31 dicembre 2023 è contenuta in una lettera indirizzata a Roma dalla Federazione italiana vignaioli indipendenti, all’attenzione dei ministri Bellanova e Gualtieri. La missiva, firmata dalla presidente Matilde Poggi, è tuttavia al centro di un acceso dibattito tra gli associati Fivi, dalla Sicilia al Trentino.
Oltre al ribasso dell’imposta sul valore aggiunto, non convince la richiesta di poter emettere la fattura all’incasso, al posto che al momento della consegna o della spedizione del vino. Un’ipotesi che rischia di generare “zone d’ombra nei rapporti con l’Horeca”. In altre parole del “nero“, come sostiene qualche produttore.
Il più duro nei confronti di Fivi è il vignaiolo toscano Edoardo Ventimiglia, tra i più attivi della neocostituita Rete#ilvinononsiferma: “L’associazione di cui faccio parte non mi può mettere le mani in tasca in un momento così delicato – attacca il titolare di Sassotondo – o pensare che un ddt possa assumere valore legale in caso di mancati pagamenti o di necessità di credito bancario: senza una regolare fattura emessa prima o al momento della consegna e della spedizione, la merce è ancora in carico al vignaiolo”.
La riduzione al 10% dell’Iva, pensata per risollevare il settore, non avrebbe inoltre alcun risvolto sui consumatori, in quanto i vini sarebbero a scaffale allo stesso prezzo. Non è chiaro, poi, quali compensazioni dovrebbero essere utilizzate per evitare perdite ai vignaioli.
Il dibattito sulla fiscalità è corretto, ma va affrontato in un contesto più organico e allargato. Meglio sarebbe intervenire, allora, con accordi strutturali sulla scontistica a scaffale, tangibili dal pubblico”.
Fa eco Luigi De Sanctis, vignaiolo Fivi del Lazio: “Avrei consultato dei tributaristi, dei commercialisti, o comunque degli esperti in materia fiscale prima di mettere sul tavolo dei ministri Bellanova e Gualtieri una proposta di riduzione dell’aliquota Iva sul vino, in un momento così delicato per il nostro Paese”.
Con questa proposta non si risolve nulla, anzi ci si perde su un argomento molto scivoloso. Sarebbe stato meglio continuare a insistere sul problema dello stoccaggio: chi produce vini di qualità sa quanto il tempo sia utile per i corretti affinamenti e quanto invece deleteria l’ipotesi della distillazione.
La mancanza di spazi invoglia a vendere il vino prima del necessario. Con l’Horeca ferma, le annate rischiano di sommarsi in cantina e un aiuto dal Governo su questo fronte sarebbe davvero auspicabile”.
Anche la vignaiola siciliana Marilena Barbera esprime diverse perplessità sulla lettera di Fivi: “L’iniziativa è lodevolissima – commenta – perché mira a favorire la ripresa dei consumi e dell’Horeca, ma non si può dire altrettanto delle argomentazioni. Con la riduzione dell’aliquota al 10%, i vignaioli si troverebbero a perdere anzi dei soldi, senza benefici reali né per loro né per il resto della filiera, compreso il consumatore”.
In un momento in cui l’Italia fa appello al Mes perché non ha più soldi per pagare la cassa integrazione e le Regioni non hanno abbastanza liquidità per comprare le mascherine utili a contrastare Coronavirus, come si può ipotizzare una riduzione del prelievo fiscale?
Mettere mano oggi al meccanismo, comporterebbe conseguenze gravissime sull’Iva complessiva percepita dallo Stato alla fine del processo produttivo, ovvero al momento del consumo”.
“Il destinatario dell’abbassamento dell’aliquota – aggiunge Marilena Barbera – è il ristoratore e l’enotecario: la proposta non prevede alcun beneficio per il cliente finale, che si troverebbe a pagare la stessa Iva prevista oggi sui suoi acquisti, sia in enoteca, sia al ristorante. Molto più sensato proporre degli sconti agli operatori per organizzare assieme eventi e degustazioni, anche se questo non risolve del tutto i problemi”.
Una proposta simile è stata annunciata ieri da Regione Lombardia, che si prepara a mettere sul piatto un bando da 3 milioni di euro per rilanciare i consumi, dal mese di giugno. Gli operatori Horeca saranno incentivati all’acquisto di vini lombardi, grazie a uno sconto del 10% in cambio dell’allestimento di vetrine che promuovano il vino – e più in generale l’agroalimentare – Made in Lombardia.
Ancora più a nord, è il vignaiolo trentino Francesco De Vigili, una delle voci più giovani e autorevoli del mondo del vino italiano, ad avanzare dubbi sulla lettera di Fivi. “Si tratta di una ipotesi che non condivido e che, nel merito, non ha alcun senso: pare quasi una boutade“, chiosa dalla capitale del Teroldego, Mezzolombardo (TN).
“La riduzione dell’Iva dal 22% al 10% – precisa De Vigili – toglierebbe liquidità alle cantine in un momento già di per sé critico, per via del lockdown dell’Horeca. Sarebbe più utile l’esenzione dell’Iva sugli acquisiti dei beni”.
Tra le perplessità, anche quelle di Walter Massa: “Per quanto riguarda la mia azienda, e le aziende a regime ordinario, l’Iva non è un costo, semplicemente una partita di giro. Per le aziende a regime speciale è una fonte speculativa, voluta da certe centrali di potere per umiliare l’agricoltore e l’agricoltura italiana“.
Il vignaiolo di Monleale aggiunge: “Per la ristorazione compra al 22% ed emette ricevute fiscali al 10%, ognuno può trarre le sue considerazioni. Per il consumatore finale più l’aliquota è bassa e meglio è. Per lo Stato, con tutto quello che in un momento come questo c’è da fare , sostenere, meno so cambia e più introiti si possono avere è meglio è. Per le associazioni che vanno chiedendo questo, spero si siano appoggiate ad un pool di grandi economisti e fiscalisti, oppure è meglio che si affidino ai servizi sociali, non occuparsi di cose sociali”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Regione Lombardia 3 milioni di euro allHoreca. Obiettivo Far bere lombardo 2
Regione Lombardia ha in programma un bando da 3 milioni di euro di incentivi all’Horeca – ristoranti, wine bar e bar – per rilanciare i vini lombardi, a partire da giugno 2020. Il sistema, del tutto innovativo in Italia, prevede uno sconto del 10% sull’acquisto dei vini prodotti in Lombardia, in cambio dell’allestimento di vetrine e spazi promozionali. All’interno dei locali dovrà essere “chiaro che venga servito e privilegiato il vino lombardo“.
Lo ha annunciato poco fa Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia, in collegamento Facebook con Silvano Brescianini, presidente del Consorzio per la Tutela del Franciacorta, Aldo Rainoldi, presidente del Consorzio Tutela Vini Valtellina e Marco Maggi, presidente del Consorzio Club del Buttafuoco Storico.
“Ritengo sia centrale coinvolgere nei discorsi relativi alla filiera agroalimentare anche le organizzazioni di rappresentanza dei ristoranti – ha spiegato Rolfi – perché il ristorante, e l’Horeca in generale, costituiscono l’elemento in grado di valorizzare al meglio, anche in termini di redditività, il lavoro degli agricoltori”.
“È doveroso creare una maggiore sinergia tra i vari attori in gioco – ha aggiunto l’assessore leghista – anche perché assistiamo ancora oggi a una colonizzazione da parte di vini prodotti in altre regioni. Tutti meritevoli di essere consumati, ma siamo in Lombardia e dobbiamo cercare di valorizzare al meglio il legame tra ristorazione e produzione agroalimentare”.
Intanto, dai territori a maggior vocazione per la viticoltura della Lombardia arrivano dati preoccupanti in merito al lockdown. Le aziende della Franciacorta, come confermato da Silvano Brescianini, hanno subito cali fino all’88%.
“Nonostante ciò abbiamo una gran voglia di ripartire: l’iniziativa di Regione Lombardia in favore dell’Horeca non può che aiutarci, sperando che sia di facile applicazione da parte di enotecari e ristorazione”, ha osservato il numero uno dell’ente bresciano.
“Le perdite di fatturato – ha aggiunto Aldo Rainoldi – si assestano tra l’80 e il 90% per le aziende della Valtellina, con la bilancia negativa orientata più verso il 90 che l’80%. C’è voglia di ricominciare, ma la confusione normativa creata a livello centrale non aiuta, anzi spaventa gli operatori”.
“Anche per questo – ha annunciato Rainoldi – il Consorzio Tutela Vini Valtellina sta pensando a istituire delle linee di credito con tassi agevolati per le aziende, da poter spalmare sul lungo periodo. L’idea è quella di agganciarci a enti come Ismea, come garanti per queste attività. Alla politica chiediamo solo di accelerare tutti i processi che garantiscano liquidità immediata alle aziende”.
Dalle vigne della provincia di Pavia l’intervento di Marco Maggi, presidente del Consorzio Club del Buttafuoco Storico: “A differenza di Franciacorta e Valtellina – ha sottolineato – in Oltrepò pavese abbiamo sempre fatto fatica a comunicare il territorio. Dobbiamo ripartire da noi, prima di aspettarci qualcosa dalla politica, lavorando per far conoscere a più persone possibili i nostri vini e il nostro splendido territorio”.
“Stiamo facendo un grande sforzo per essere sempre più presenti nella capitale del vino italiano, che è Milano – ha concluso Maggi – cercando di coinvolgere sempre più la ristorazione: l’Oltrepò pavese merita di essere sempre più presente nelle carte dei vini dei ristoranti del capoluogo”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il paradosso della Fase 2 Bar e ristoranti aperti ma senza soldi per pagare i fornitori 1
“La situazione del canale Horeca, dopo tre mesi di serrata obbligata dei punti vendita, non sembra avere prospettive migliorative e la Fase 2, avviata il 18 maggio con protocolli e stringenti vincoli sanitari, non potrà garantire un rapido ritorno alla normalità pre covid”. È quanto sottolinea la Federazione Italiana dei Distributori di Ho.re.ca (Italgrob). La richiesta è quella di un “decreto ad Hoc, entro settembre”.
La prospettiva di una ripresa dei punti vendita, fortemente invocata da più attori della filiera – si legge in una nota – rischia di diventare un palliativo: locali da rifornire ma che non hanno la liquidità per poter pagare la merce già consegnata ad inizio anno e quella attualmente necessaria; un consumatore timoroso che non tornerà presto ai consumi pre Covid; norme igienico-sanitarie doverose quanto assurde che limiteranno gli spazi dei ristoranti e renderanno ancora più difficile la ripresa e il lavoro degli operatori del settore”.
Italgrob evidenzia che “con il lockdown le aziende di distribuzione hanno registrato mezzo miliardo di crediti ancora da esigere dai punti vendita, a cui si devono aggiungere le perdite calcolate per circa 4 miliardi per il mancato lavoro quotidiano dei mesi di Marzo, Aprile e Maggio”.
Per la prima volta nella storia, anche le più solide aziende di distribuzione hanno dovuto far richiesta alla cassa integrazione per la quasi totalità dei propri dipendenti diretti. “Ma ad oggi, i fondi a causa dei balletti fra Inps e Regioni non sono ancora arrivati”, attacca la Federazione Horeca.
Che aggiunge: “Le misure messe in campo dal Governo non sono sufficienti, soprattutto a causa della burocrazia che rallenta e non permette di avere la liquidità necessaria per sopperire al difficile periodo: tutto ciò non è ammissibile”.
In Francia per il solo settore del turismo e di riflesso quindi anche per la ristorazione sono stati stanziati 18 miliardi di Euro. Considerando l’impatto che ha sull’economia italiana il settore sarebbe auspicabile la massima attenzione a questo rilancio.
Inoltre, va ribadito che il decreto rilancio sana solo in parte le perdite registrate, quindi più che di rilancio si dovrebbe parlare di sostegno. Al massimo entro settembre è necessario che le istituzioni attuino un decreto ad Hoc per tutto il settore della ristorazione e dell’ospitalità che va incontro a una stagione incerta dove certamente i costi, per il rispetto dei nuovi protocolli di sicurezza, supereranno i ricavi”.
“Italgrob – dichiara il Presidente Vincenzo Caso – si è mossa prontamente a tutela di tutto il movimento delle aziende di distribuzione, abbiamo fatto diversi appelli anche in collaborazione con primarie associazioni della filiera Horeca. Le nostre istanze sono state accolte in parte, come ad esempio far riaprire i locali in sicurezza dal 18 maggio e alcuni incentivi a fondo perduto”. Resta comunque critica la questione legata al credito a causa del lockdown”.
In questo momento tutte le aziende di distribuzione vantano crediti che corrono il rischio di diventare inesigibili. I mancati guadagni del lockdown dei mesi di marzo, aprile e maggio rappresenterebbero per la categoria delle perdite irrecuperabili che metterebbero a rischio centinaia di aziende, che sono per la totalità a conduzione familiare. Per questo motivo abbiamo chiesto e ancora chiediamo insistentemente che venga concesso un credito di imposta sulle perdite sui crediti per recuperare tali somme”.
Secondo Italgrob, “è auspicabile che le istituzioni valutino e accolgano le richieste degli operatori, che sono sul territorio e conoscono le reali problematiche”.
“Accogliamo con positività l’aumento del plafond del credito d’imposta, come risulta dal nuovo decreto, per la sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro come da protocolli di sicurezza Covid-19, in quanto è a carico dei distributori provvedere alla sanificazione di tutti gli impianti alla spina di prodotti alcolici (birra e vino) e delle bevande, le frigo vetrine e tutte le attrezzature distribuite ai punta vendita in comodato d’uso”.
Resta ancora da sciogliere il nodo del valore della manodopera se fatta con manovalanza interna. “Tutto ciò – precisa Italgrob – per la sicurezza del punto vendita e del consumatore deve essere sanificato con prodotti speciali e specifici”.
Infine, e lo richiediamo da molto tempo, deve essere rivista totalmente la Tari, soprattutto quella relativa ai magazzini di stoccaggio che non producono rifiuti ma con i loro metri quadri sono un fardello pesante per il bilancio aziendale. È il momento di rivederla”.
“La nostra categoria è fondamentale – dichiara Dino Di Marino, Direttore Generale Italgrob – e rappresenta l’anello di raccordo fra produzione e punti vendita. Siamo, come dire, il braccio portante dei produttori”.
Una rete distributiva organizzata e funzionale che svolge un lavoro decisivo per tutta la filiera agroalimentare italiana, dalla più piccola azienda alla grande industria, e per questo motivo è assolutamente necessario sostenere la ripresa, in primis appunto della rete distributiva, perché è l’ingranaggio invisibile ma determinante che fa girare la filiera del fuoricasa italiano”.
Sempre secondo la Federazione Italiana dei Distributori, il settore Horeca “deve ripartire nella sua totalità al più presto e bisogna mettere in campo tutti gli strumenti economici necessari per far riprendere i consumi: tutto è collegato e questa emergenza sanitaria, più che mai, lo ha messo in evidenza”.
“Inoltre – conclude Di Marino – sono preoccupato anche del destino di centinaia di nostri imprenditori associati in quanto non mi sento di escludere che la malavita organizzata possa pensare di metterci le mani. In tempi di crisi non è un’opzione irrealistica”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Mario Piccini rompe il muro tra Horeca e Gdo 8 vini delle Tenute al supermercato 1
Chiamiamolo pure “test“. Anche se, forse, sarebbe meglio parlare dell’inizio di una vera e propria rivoluzione, che potrebbe dare il “la” a molti produttori italiani di vino di qualità. Mario Piccini rompe il muro tra Horeca e Gdo con la decisione di destinare otto vini di quattro delle sue Tenute alla vendita al supermercato. Prima di oggi, le etichettepremium in questione erano destinate solo a ristoranti, hotellerie, wine bar ed enoteche.
Sono interessate dal progetto Fattoria di Valiano, situata nel cuore del Chianti Classico e casa della famiglia Piccini, Tenuta Moraia in Maremma, Regio Cantina nel Vulture e la tenuta siciliana Torre Mora, sul versante nord dell’Etna. Resta esclusa, al momento, solo Villa al Cortile, la “boutique winery” di Montalcino.
Mosso dalle altrettanto rivoluzionarie dichiarazioni rilasciate a WineMag.it dal buyer Vini di Coop Francesco Scarcelli – pronto al dialogo con i vignaioli e a sedersi a un tavolo di lavoro ad hoc al Mipaaf – Mario Piccini ha trovato il coraggio di mettere nero su bianco quello che, forse, gli frullava nella testa già da un po’ di tempo.
Pensieri che l’emergenza Coronavirus e il conseguente lockdown dell’Horeca hanno solo accelerato. Nulla di ufficiale, ma l’interlocuzione tra il patron del colosso del vino toscano e il direttore vendite Gdo, Maurizio Rossi, deve aver sollevato Piccini da qualsiasi ulteriore perplessità. Nell’intervista esclusiva, tutti i dettagli.
Mario Piccini, quali sono le etichette interessate dal progetto?
Abbiamo selezionato due prodotti per ciascuna delle nostre tenute. Si tratta di referenze premium solitamente destinate al canale Horeca o, più in generale, referenze dedicate a tutti gli appassionati di vino che ricercano non solamente la qualità, ma desiderano anche scoprire la cantina che li produce e il territorio dove il vino nasce.
Qual è il numero di bottiglie prodotte per etichetta?
Se rapportate ai numeri della Grande distribuzione, si parla di produzioni davvero ristrette. Basti pensare che le bottiglie in questione non superano le 50 mila unità per tipologia, salvo una sola eccezione.
Può entrare ancor più nel dettaglio?
Le referenze in questione vengono prodotte dalle nostre Tenute, tutte realtà medio piccole, a conduzione biologica, dai 13 ai 75 ettari vitati. Tutte le etichette fanno già parte dell’attuale offerta del ‘mondo Piccini’. Per questo motivo la percentuale destinata alla Gdo verrà costantemente monitorata, in modo da poter garantire ai nostri clienti storici, nel momento della loro ripresa a regime, la qualità e quantità di sempre.
Quali sono le ragioni di questa scelta?
L’emergenza in corso ha accelerato il processo di evoluzione del mondo del commercio e della comunicazione, cambiando anche i paradigmi delle informazioni che vengono consumate.
Dal punto di vista commerciale non ha senso privare i clienti dei supermercati dei vini di qualità delle aziende agricole, anche se è bene precisare che la provenienza da un’azienda agricola non è per forza sinonimo di vino di qualità, come del resto non è vero l’esatto contrario.
La nostra filosofia aziendale e comunicativa si basa su questa trasparenza: sul diritto e la libertà che offriamo al consumatore di scegliere una referenza piuttosto che un’altra e di consumarle in assoluta tranquillità a casa.
La qualità deve essere fruibile dal maggior numero di persone possibile e più permettiamo alle persone di incontrarsi con la qualità, più questa può entrare nelle loro vite, determinando un vero e proprio cambiamento e miglioramento.
È l’inizio di una manovra di avvicinamento che interesserà tutta la linea Horeca?
Non interesserà tutta la linea Horeca, ma solo alcune selezioni. Prodotti che sono parte del core range delle nostre Tenute e che convivranno su entrambi i canali. Azione che a nostro avviso è assolutamente possibile se si lavora con trasparenza.
Il nodo cruciale nei rapporti delle aziende del vino col mondo della Gdo sono le politiche di prezzo e la scontistica adottata dalle varie insegne di supermercati. Qual è il vostro piano d’azione, su questo fronte?
Le politiche di prezzo si basano su di un posizionamento corretto del prodotto piuttosto che su logiche di scontistica. Siamo aperti a dialogare con tutte quelle insegne che vorranno mostrare il loro interesse ed apprezzamento verso determinati prodotti.
Il primo passo deve venire da noi produttori, che dobbiamo liberarci da questi timori e muoverci in sinergia, uniti. Dall’altra parte le insegne devono dare il giusto spazio alle etichette, incentivando anche l’inserimento di personale qualificato in grado di consigliare il consumatore e di raccontare vini e territori legati ad una selezione di referenze premium.
Il valore e la percezione della qualità di queste selezioni dovranno rimanere insomma intatte, rispettando le piccole aziende nei prezzi, in una sezione concepita come luogo di scoperta e non di affari a basso prezzo. Per far questo è necessario un grande senso di responsabilità da parte delle insegne pronte a compiere questo passo.
Non ha paura di “ferire” la sensibilità di qualche cliente Horeca?
Probabilmente una scelta di questo tipo potrà allontanare qualcuno, ma siamo sicuri che gran parte dei nostri partner ha sposato non un’etichetta, bensì un progetto. In tal senso questa scelta è perfettamente allineata con la nostra filosofia aziendale e per questo non mi aspetto grandi sconvolgimenti.
Gdo e Horeca, come auspicato nei nostri editoriali e articoli inerenti a un potenziale ‘Patto sul vino di qualità’, possono avvicinarsi per il bene dell’intero settore, a vantaggio delle produzioni di nicchia e di qualità premium. Siamo dei visionari, dei folli o c’è del concreto?
Sono convinto di questo. Il consumatore è sempre più interessato alle produzioni locali, al biologico, alla qualità. E le insegne stanno rispondendo con rapidità a questa rinnovata esigenza. Acquisti con assegnazioni regionali se non provinciali, come auspicato da Francesco Scarcelli di Coop Italia nell’intervista rilasciata a WineMag.it, vanno sicuramente nella direzione giusta.
Mario Piccini, l’ultima sfida al mondo del vino sembrava l’avventura sull’Etna: qualcosa che avvicina ancor più sua personalità al vulcano siciliano. Oggi questa novità, che potrebbe costituire l’esempio e l’avvio di una vera e propria rivoluzione. Come la vive? È solo un’operazione commerciale, o c’è anche della filosofia sotto (o, ancor meglio, sopra)?
Come spiegato in precedenza, alla base di questa sfida c’è e rimane la nostra filosofia aziendale di trasparenza e di voglia di far conoscere ad un numero sempre maggiore di consumatori le eccellenze dei vari territori dell’Italia del vino.
Grazie alle nostre tenute che sono dislocate sul territorio nazionale e a questa operazione, possiamo portare al consumatore un esempio del vino di territorio e questo è assolutamente in linea con la nostra mission.
Tanti suoi colleghi, pure tra i vicini di casa toscani, sembrano vergognarsi di comunicare alla stampa o ai propri clienti i dettagli del loro rapporto con la Grande distribuzione, pur traendone ampi vantaggi, sfruttando abbondantemente le strategie legate alla leva promozionale, in voga in Gdo: cosa nasconde davvero, secondo lei, una tale ipocrisia nel mondo del vino italiano?
A nostro avviso si tratta di timore e non di ipocrisia. Il mondo del vino è estremamente conservatore, sia tra le fila di noi produttori che nella distribuzione. Il problema della Gdo, così come lo era per l’online fino a pochi giorni fa, è legato al timore di un giudizio negativo da parte del cliente finale Horeca.
Lamentele legate al prezzo finale della bottiglia di vino ricadono giocoforza sull’immagine del ristoratore, piuttosto che sul produttore. Noi siamo convinti che oggi il consumatore sia in buona misura più pronto a comprendere ed accettare il costo maggiorato di un vino servito nell’Horeca.
Al giorno d’oggi c’è la consapevolezza che, in gran parte, questi costi sono legati alla distribuzione, allo stoccaggio e al mantenimento di personale qualificato: tutti aspetti che incidono notevolmente sul prezzo finale.
Vuole lanciare un ulteriore messaggio al mondo del vino italiano?
Alcuni consorzi stanno rivedendo le loro strategie e rivalutando la Grande distribuzione. Spero che saranno in molti ad abbracciare questo cambiamento. Azioni solitarie, o fatte in ordine sparso, difficilmente potrebbero far cambiare approccio e mentalità al mondo del vino.
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Fase 2. Per la riapertura di ristoranti, bar, hotel e attività commerciali, potrebbe essere importante non soltanto alzare le saracinesche, ma anche incentivare i clienti rassicurandoli sull’igiene e la pulizia dei luoghi pubblici e sulla corretta applicazione delle misure di prevenzione diffuse dal Governo contro la diffusione del Covid-19.
Per consentire al pubblico e agli imprenditori di lavorare e continuare a frequentare i luoghi di consumo con serenità si può ottenere una nuova e specifica certificazione.
Questa agisce nell’ambito del già noto sistema di gestione Uni En 13549:2003 e prevede ampliamenti nell’applicazione e nel controllo delle misure specifiche indicate dal Governo (Dpcm 14/03/2020 e integrazioni del 24/04/2020) come buone prassi per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.
Le aziende che vorranno dotarsi della certificazione dovranno implementare nuove misure obbligatorie tra cui: l’identificazione del corretto percorso di merci e fornitori, il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione personali, la misurazione della temperatura, le corrette procedure di disinfezione e sanificazione, la corretta compilazione della documentazione sulla valutazione dei rischi e il giusto uso dei dispositivi di protezione individuale.
Per ottenere l’attestazione bisognerà rivolgersi agli enti certificatori abilitati alla Camera del Commercio a svolgere attività di controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi.
La certificazione non è obbligatoria e non costituisce un inadempimento ostativo alla riapertura, ma rappresenta uno strumento di sostegno per le imprese e garantisce il rispetto del protocollo sottoscritto dal Governo il 14/03/2020 per le attività di pulizia e sanificazione.
La certificazione Uni En 13549:2003 No Covid è riconosciuta su tutto il territorio nazionale, ha una validità di 3 anni e offre a imprenditori e clienti una maggiore garanzia sul rispetto delle norme di sicurezza previste dal decreto governativo per la riapertura dei locali pubblici.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
“Riteniamo importanti le decisioni assunte dal Governo con il DL Rilancio, grazie alla sensibilità e all’attenzione della Ministra Bellanova. In particolare per quanto riguarda le Indicazioni Geografiche con gli stanziamenti relativi all’ammasso privato, dove deve essere però definita una applicazione nazionale che sia coerente con le esigenze dei prodotti Dop, quelli a lunga stagionatura in particolare”. E’ questo il primo commento di Cesare Baldrighi, presidente OriGin Italia (l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche) al Decreto Rilancio, presentato ieri sera dal premier Giuseppe Conte e dalla ministra alle Politiche agricole Teresa Bellanova.
“Ma anche per l’aiuto agli indigenti – aggiunge Baldrighi – rispetto al quale sarà fatto da parte nostra tutto il possibile per rendere questa misura ancora più efficace, utile e qualitativamente elevata per le persone che ne hanno la necessità. Proprio sugli indigenti i Consorzi sono impegnati a rendere questa misura ancora più incisiva e concreta”.
Inoltre sono previsti 500 milioni di euro per le filiere in maggiore difficoltà e 100 milioni per il vino, in crisi a causa della chiusura a livello internazionale del canale Horeca. L’auspicio di OriGin Italia è che vadano a buon fine alcuni emendamenti che interessano le produzioni Dop e Igp e che attraverso i lavori parlamentari delle Commissioni agricoltura, possano sostenere in maniera migliore il settore.
Un ringraziamento da parte di OriGin Italia va alla ministra Teresa Bellanova al Presidente della Commissione Agricoltura On. Filippo Gallinella al Sotto Segretario Manlio Di Stefano, ai parlamentari Maurizio Martina, Susanna Cenni e al parlamentare europeo Paolo De Castro per la disponibilità dimostrata in questi mesi di emergenza sanitaria ed economica, riservando una particolare attenzione alla filiera agroalimentare, e alle indicazioni geografiche, che rientrano nelle misure previste dal Decreto come il Fondo indigenti, che prevede una copertura di 250 milioni euro.
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Vignaioli in Gdo missione possibile. Il buyer Vino di Coop Italia Aperti al dialogo
“Sì al dialogo coi vignaioli, iscritti o meno alla Fivi, nonché con le piccole realtà del vino italiano. Ma il rapporto deve essere continuativo: non possiamo essere usati solo in questo momento di difficoltà per Covid-19. I produttori devono metterci la faccia, affidandoci le stesse etichette dell’Horeca, dimostrando così di credere nel processo di qualificazione dello scaffale del vino della Grande distribuzioneorganizzata, ormai in corso da diversi anni”. Parole e musica di Francesco Scarcelli, buyer Wines, Beers and Spirits di Coop Italia.
Solo l’ultimo dei sì al “Patto sul vino di qualità” tra Gdo e Horeca, con la supervisione dal Mipaaf e della ministra Teresa Bellanova. Una proposta avanzata da WineMag.it per arginare le conseguenze devastanti di Coronavirus sulle produzioni dei vignaioli. E utile, più in generale, a riequilibrare i rapporti tra i due segmenti di vendita del vino, oltre a ridurre il contraccolpo dell’instabilità politica internazionale (vedi dazi Usa, Brexit e Russia).
Chiariamoci – commenta Scarcelli a WineMag.it – non è che fino ad oggi Coop Italia sia stata a guardare. Negli ultimi anni abbiamo referenziato sempre più vini di altissima qualità, come dimostra l’assortimento dei nostri 1.200 punti vendita dislocati in 88 province. Negli ipermercati arriviamo ad avere 800 referenze a scaffale”.
Possibile fare ulteriore spazio? “L’operazione non è semplice – risponde il buyer Scarcelli – ma da parte nostra c’è tutta la disponibilità di sedersi a un tavolo coi vignaioli, per capire come potrebbe essere gestita la ‘nuova enoteca‘ post Covid-19. Si dovrà razionalizzare e investire, ma deve esserci disponibilità anche dall’altra parte”.
“I clienti dei ristoranti – commenta Scarcelli – sono abituati a cercare le etichette scoperte per consumarle anche a casa, ma in Gdo numerose cantine offrono linee alternative. Crediamo sia arrivato il momento di fare un passo avanti, per i consumatori, fornendo alla Grande distribuzione le stesse etichette, senza timore di offendere l’Horeca”.
I numeri del vino di Coop sono quelli di una cantina gigante. Nel 2019 ha venuto 40 milioni di bottiglie a Denominazione e 15 milioni di bottiglie di spumanti. Sono 40 i milioni di litri di vino generico da tavola finiti nel carrello della spesa dei clienti della Cooperativa, principalmente nei formati bag in box, brik e dame.
Il 50% del vino venduto è sottoposto a promozione, a differenza dei vini di alta gamma che – a parte rarissimi casi – non viene neppure sfiorato dalla leva promozionale. Forte di questi numeri, Scarcelli va ben oltre al sì al “Patto sul vino di qualità”, avanzando una proposta che potrebbe risultare vincente.
“Una buona idea per venire incontro sia ai vignaioli sia alla Gdo, che necessita di dare continuità al proprio assortimento, potrebbe essere quella di operare con ordini in assegnazione dalla sede centrale ai punti vendita, sulla base delle stime di rotazione delle singole etichette di nicchia, regione per regione e provincia per provincia”.
La disponibilità di Scarcelli è massima, nell’ottica di coordinamento dell’operazione dalla sede centrale di Coop Italia. “Siamo convinti di essere già sulla strada giusta, anche grazie all’inserimento di personale qualificato nei giorni di maggiore affluenza – chiosa il buyer Coop – ma sappiamo che si può sempre migliorare, se ognuno fa la sua parte”.A fare la loro “parte”, dall’altro lato dello scontrino, sono vignaioli Fivi come Enrico Drei Donà e Giorgio Perego: tutto tranne che figli di un tappo minore. Si tratta infatti di due produttori che, ai tempi di Covid-19, festeggiano le Nozze di Porcellana – quelle dei vent’anni – col mondo dei supermercati. Donà opera con Conad, a livello locale. Perego con Esselunga, con contratto nazionale.
Una scelta che i due esponenti della Federazione italiana vignaioli indipendenti, iscritti rispettivamente alle delegazioni Emilia Romagna e Oltrepò pavese, esibiscono senza vergogna. Auspicando l’apertura di un dialogo articolato di Fivi con la Gdo, sul modello di successo dei Vignerons Indépendant francesi.
C’è di più: Perego fa addirittura parte di VinNatur, l’associazione che raggruppa diversi produttori di cosiddetto “vino naturale”. Nulla di più lontano dalle logiche della Gdo. La Croatina “Myrtò” di Perego (senza solfiti aggiunti e certificata vegan) e il Sangiovese “Notturno” di Drei Donà, sono un esempio di come la grande distribuzione non sia solo fatta di grandi numeri e vino venduto in sottocosto.
“Nei confronti della Gdo – commenta Enrico Drei Donà – c’è una vera e propria mistificazione. La grande distribuzione è un canale di vendita come un altro, che negli ultimi anni registra una sensibilità crescente nei confronti delle produzioni di nicchia”.
Quella di Drei Donà è una delle aziende più strutturate di Fivi, con una capacità produttiva che si assesta attorno alle 140 mila bottiglie annuali, di cui circa 12 mila finiscono in Gdo, spalmate su tre etichette.
“Ho sempre considerato tutti i clienti alla pari – sottolinea Drei Donà – compresa la Gdo. Purtroppo nell’ambiente c’è un po’ di snobismo. La stessa Fivi potrebbe trovare nella fascia prezzo che parte dai 9 euro, dove si colloca il Sangiovese ‘ Notturno’, ampi margini per un rapporto ottimale con la grande distribuzione, che al contempo non danneggi l’Horeca.
Più risicati i numeri di Giorgio Perego (nella foto, sopra). Quarantacinquemila bottiglie complessive per la sua cantina di Rovescala (PV), di cui 20 mila con la sola referenza realizzata in esclusiva per Esselunga. “Il rapporto con l’insegna – spiega Perego – è basato su un grande rispetto reciproco, su tutti i fronti. I pagamenti, a differenza di quanto avviene con alcuni ristoranti anche per cifre irrisorie, sono sempre puntuali, a 60 giorni dalla fattura“.
“In questo periodo di lockdown – continua il vignaiolo dell’Oltrepò pavese – la Gdo sta dando una grande mano a chi ha creduto in questo canale. Io produco vini senza solfiti aggiunti e vendo molto ai privati. Sono dunque un vignaiolo tendenzialmente lontano dalle logiche dei grandi volumi, eppure non capisco come si possa ancora, nel 2020, bistrattare la Grande distribuzione“.
Vorrei anche io un maggiore servizio nei punti vendita ma non solo per le mie etichette. Credo che la presenza di un esperto nella corsia vini dei supermercati sia una conquista culturale”.
“Un elemento che vada a sostegno della cultura del vino, in cui investono sempre più persone in Italia, sempre più capaci di distinguere tra le etichette di marketing e le etichette buone e basta, che non facciano venire il mal di testa il giorno dopo e rispettino l’ambiente e la filiera produttiva. Non smetterò mai di dire che la Gdo è un’opportunità. Anche per i vignaioli veri”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quarantena e lockdown hanno accelerato cambiamenti di mercato che di norma richiederebbero anni. Nuove abitudini di acquisto e di consumo, boom dell’e-commerce ed impreviste rimodulazioni nelle catene di fornitura e nei commerci internazionali. È il caso degli alimenti confezionati., che hanno superato quota 1,3 milioni di euro in valore.
Le scelte per la spesa ricadono infatti su prodotti considerati sicuri, come lo scatolame. Rilevante la quota della condivisione dell’esperienza food, con il boom degli ingredienti per preparare il pranzo o la cena: è il caso, emblematico, dei lieviti.
Secondo il rapporto sull’impatto dell’emergenza Covid-19 elaborato a marzo 2020 da Ismea e finito sotto la lente di ingrandimento di Tuttofood, la fiera internazionale del B2B dedicata al Food & Beverage di Fiera Milano, la Grande distribuzione si conferma “tra i settori meno colpiti e rafforza la sua valenza anticiclica“.
Come conferma anche Nielsen, nella settimana dal 9 al 14 marzo, la spesa per prodotti confezionati nella distribuzione organizzata ha toccato un nuovo picco a 1.354 milioni di euro.
Nel complesso, tra il 17 febbraio e il 15 marzo le vendite sono cresciute del 17% rispetto alle 4 settimane precedenti (congiunturale) e del 19% rispetto allo stesso periodo nel 2019 (tendenziale). La maggior parte della spesa continua a essere effettuata nei supermercati (43%) mentre la spesa alimentare online registra incrementi settimanali tra il 57% e il 95%.
Una crescita esponenziale confermata anche dall’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, secondo il quale il Food & Grocery è il settore che più ha beneficiato del boom di vendite online.
Partendo da una penetrazione di solo l’1,1% a fine 2019, ha visto in poche settimane la domanda moltiplicarsi in misura rilevante, registrando una forte preferenza per i prodotti che conferiscono una percezione di sicurezza, come cibi in scatola o a lunga durata, e per quelli che contribuiscono all’idea di “fare qualcosa insieme“, in famiglia: pane, farina, lievito.
Bene anche il food delivery che conquista nuovi spazi, come suggerisce l’Osservatorio Just Eat: il 90% degli italiani lo ritiene un servizio essenziale e il 60% lo sta utilizzando. La pizza si conferma il piatto più ordinato, seguita da hamburger, sushi, pollo e cucina italiana. In forte crescita dolci e i gelati (+133%), ma anche sushi e cibo giapponese nei formati famiglia (+124%) e i salutistici poké bowl (+54%).
Si consolida inoltre il trend ad affiancare alla Gdo i negozi di prossimità. Un sondaggio di Havas Commerce rivela che il 69% degli italiani è tornato a fare la spesa nei piccoli negozi di quartiere prediligendo prodotti di prima necessità (76%), prodotti da forno (49%) e cibi ricreazionali (39%).
Sempre riguardo ai comportamenti di acquisto, Ismea nota anche un forte orientamento verso i prodotti di IV e V gamma (come insalata e frutta in busta) e il multiprodotto conservabile, specie nelle prime settimane di lockdown.
Tra le singole merceologie, inoltre, si segnalano per crescita le carni (+29% tendenziale e +20% congiunturale), l’ittico (+28% e +29% rispettivamente), le uova fresche (+26% e +23%) e gli ortaggi (+24% e +22%).
Quali invece i prodotti di cui si sente di più la mancanza? Tornando al sondaggio Havas, gli italiani indicano nell’ordine i dolci artigianali (28%), i prodotti freschi (22%) e verdura e frutta fresche (21%).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Coronavirus sondaggio ristoranti aperti oggi il 54 degli italiani non ci andrebbe
Domanda secca, risposta che divide: “Se domani aprisse il tuo ristorante preferito, ci andresti entro la prossima settimana?”. Il risultato del sondaggio condotto sulla pagina Facebook di WineMag.it e Vinialsuper.it si è concluso con un 46% di “Sì, senza dubbio” e un 54% di “No, farei comunque passare più di una settimana. Al momento Coronavirus mi preoccupa e spaventa”.
Per l’esattezza, su un campione di 201 votanti, 109 si sono espressi per il “No”. Poco meno le persone che tornerebbero al ristorante senza farsi troppe domande, fiduciose nonostante tutto: 92.
Nei commenti al post, tutta l’incertezza della situazione della ristorazione italiana e dell’Horeca, alle prese con l’emergenza Covid-19 e con gli interrogativi – o meglio la necessità, per la sopravvivenza stessa delle aziende del comparto – di una riapertura pressoché immediata. Senza aspettare giugno, come disposto dal Governo.
“Dal mio punto di vista – scrive Gaetano R. – posso solo sperare in un atteggiamento responsabile e consapevole da parte di tutti. Da un lato ambienti puliti e utilizzo di dpi che rassicurino il cliente, dall’altro clienti che capiscano che sedersi tra tavoli distanziati in ambienti puliti può essere più sicuro che andare al supermercato, per esempio”.
Davide B. aggiunge: “Abbiamo due problemi. Quello più importante deriva dal fatto che i più non percepiscono reddito da 2 mesi, e quindi la vedo dura che abbiano la possibilità; il secondo è l’effettivo pericolo di contagio.
Ora sul secondo sta nel ristoratore ispirare fiducia nel consumatore. Sul primo non c’è molto da fare”.
“Ho timore del Coronavirus e non andrò per un bel po’ al ristorante”, commenta Vittorio C.. “Sì andrei – risponde Lori R. – magari non potrò più permettermi un pranzo completo ma ci andrei per incoraggiare la categoria. Andrei anche al bar e dal parrucchiere. E poi fino a poco fa ci ammassavamo nei supermercati, cosa ci stiamo raccontando? Comunque il gestore mi deve dare fiducia“.
Andrea è tranchant: “Senza pagliacciate di mascherine, plexiglas ecc, ecc, senza dubbio”. Gli fa eco Roberto G.: “Se per andare al ristorante bisogna indossare mascherina, guanti e stare tra lastre di plexiglas allora no, preferisco aspettare ancora quando si potrà andare normalmente“.
“Andrei subito perché ho piena fiducia nella ristorazione di qualità”, commenta Piero C., mentre Mony R. non aspetta altro che “fiondarsi subitamente nel bar per un buon espresso, per il ristorante aspetterei”. Lia M. è in linea con questo parere: “Aspetterei”.
Fanno seguito un elenco di no. “Con quali soldi?”, si chiede Gabriele C.. “No, non riuscirei a gustare un pranzo in modo rilassato”, fa eco Giovanni F.. Nessun dubbio anche per Gian Paolo G.: “No – scrive – andrei al mare”.
Un pubblico eterogeneo quello della pagina Facebook delle nostre due testate. Diecimila persone circa, tra consumatori abituali di vino nell’Horeca e in Gdo, amanti dei cosiddetti “vini naturali”, professionisti e operatori del settore Food & Beverage come sommelier ed enologi, ma anche colleghi della stampa.
Sui risultato del sondaggio, tutto sommato prevedibile, incidono le tempistiche di un ritorno alla cosiddetta normalità, davvero inimmaginabili con esattezza. D’altro canto, non è solo la paura del contagio a far titubare il pubblico Facebook di Vinialsuper WineMag.
Ad aleggiare c’è anche la perplessità verso le nuove “restrizioni”. Non aiuta il fronte “portafoglio“, con la crisi economica che ha toccato in molti. Dipendenti posti in cassa integrazione che all’orizzonte intravedono un possibile licenziamento, ma anche liberi professionisti “liquidati” con 600 euro dall’Inps.
Siamo pronti (forse) a riprendere la vita di prima. Ma a piccoli passi, soprattutto in uno scenario completamente diverso. Quella libertà tanto reclamata durante la quarantena spaventa e frena i consumi. Chi immaginava che la luce si riaccendesse improvvisamente, come dopo un blackout, non può che essere rimasto deluso.
Appare sempre più evidente che non sarà così, ancora per molto. E in questo contesto tornano in mente le parole del “Signor G.”, Giorgio Gaber: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Perché senza la consapevolezza della nostra libertà non possiamo davvero sentirci liberi.
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Il lungo periodo di Lockdown con la chiusura di tutti i locali ha di fatto azzerato la liquidità lungo tutta la filiera Horeca. Con la riapertura dei locali alla data ipotizzata del 1° giugno la perdita secca lungo tutta la filiera è stimata a 20 miliardi di euro. La filiera Horeca, con il suo indotto di almeno un milione e duecentomila occupati, 320 mila pubblici esercizi, 5000 aziende di distribuzione e centinaia di produttori, è letteralmente in ginocchio.
Come per altri settori, è necessario anticipare la riapertura con le doverose misure di protezione e di distanziamento sociale, nonché pensare come aiutare una Fase 2 che, senza turismo e limitazioni varie, rischia di non produrre benefici economici, ma solo costi.
Alla luce di questo inevitabile tracollo, le principali Associazioni fra i produttori di birra, bevande e acque minerali (AssoBirra, Assobibe e Mineracqua) destinate al canale Horeca e la Federazione Italgrob rappresentativa della categoria dei distributori del Food & Beverage, pongono all’attenzione del Governo le gravi criticità e allo stesso tempo chiedono:
TORNARE A LAVORARE:
anticipare al 18 maggio l’apertura dei locali Horeca (Bar e Ristoranti), con protocolli di sicurezza e misure di distanziamento a tutela di lavoratori e clienti.
AIUTARE LE IMPRESE SU COSTI e LIQUIDITA’ con:
l’aumento del plafond per il credito d’imposta legato alla sanificazione dei luoghi e degli strumenti di lavoro;
l’estensione a 20 anni del periodo per la restituzione dei finanziamenti previsti dal Decreto Liquidità;
un indennizzo a fondo perduto pari al 50% del fatturato dei mesi di lockdown (marzo, aprile e maggio) oppure del 20% del fatturato dell’anno precedente;
Prevedere un credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi COVID-19
SOSTENERE LA RIPRESA:
con una riduzione dell’aliquota IVA dal 22% al 10%, sui prodotti Beverage del fuori casa, al fine di incentivare i consumi nei prossimi mesi.
Il mercato del fuoricasa italiano che a fine 2019 ha sviluppato un giro di affari complessivo di 86 miliardi, pari all’8% dei consumi totali delle famiglie (Alimentari non alimentari e servizi), è uno degli assi portanti dell’economia del Paese, un emblema del made in Italy, fattore di attrazione turistica al pari del grande patrimonio architettonico paesaggistico, artistico e culturale che vanta il nostro Paese.
È un dovere di tutti proteggerlo e rilanciarlo, Assobirra, Assobibe, Mineracqua e Italgrob insieme alle aziende che rappresentano, sono pronte ad attuare ogni possibile azione per sostenere il settore. Un settore che tra distribuzione e pubblici esercizi da lavoro a circa 1,2 milioni di persone a cui si aggiungono le decine di migliaia di posti di lavoro delle aziende di produzione del Food & Beverage.
Posti di lavoro estremamente a rischio se non si interviene con misure urgenti ed adeguate. In questo difficilissimo momento è necessario l’intervento concreto dello Stato per superare la crisi in atto e rilanciare le prospettive di un settore vitale, sia dal punto di vista economico che sociale.
Michele Cason, Presidente di AssoBirra, sottolinea come “il settore birrario sostiene con forza la richiesta dell’intera filiera dell’industria delle bevande, di anticipare il prima possibile, naturalmente nel rispetto dei protocolli di sicurezza, la riapertura del canale della ristorazione, non oltre il prossimo 18 maggio. Contestualmente, nell’ambito della forte pressione fiscale che già oggi il comparto birrario subisce e su cui grava anche in aggiunta la più alta delle aliquote Iva, chiede che almeno per quanto riguarda i prodotti del settore bevande del canale Ho.Re.Ca. l’aliquota possa essere ridotta dall’attuale 22 al 10%, per incentivare la ripresa dei consumi”.
“Il fuori casa per il settore bevande analcoliche rappresenta ca il 40% del fatturato del settore – evidenzia Vittorio Cino, Presidente di AssoBibe – pertanto preoccupa molto il perdurare del blocco di questo canale e delle difficoltà che si ripercuotono nella filiera. Servono rassicurazioni subito per poter ripartire, con le dovute precauzioni per la sicurezza di tutti, e per affrontare una realtà che non sarà normale per un lungo periodo. Non possiamo permetterci una visione di breve periodo sulle attività economiche che, ricordo, generano posti di lavoro. Auspichiamo quindi interventi fiscali che liberino risorse per imprese e consumatori, lavorando anche sulle aliquote Iva che per la maggior parte degli alimenti è al 4 o 10% rispetto al 22% del beverage”.
Vincenzo Caso, Presidente di Italgrob sottolinea “come la prolungata chiusura del mercato Horeca abbia di fatto azzerato la liquidità lungo la filiera, dove gli operatori più danneggiati sono proprio i distributori impossibilitati ad incassare anche i crediti pregressi al lockdown. Far riaprire i locali è una priorità, ma nel rispetto di quella sicurezza che comunque imporrà nuovi e pesanti costi. È pertanto assolutamente necessario – ribadisce Caso – che vengano riconosciuti adeguati crediti di imposta, sia per gestire i nuovi protocolli di sicurezza, ad esempio per la sanificazione degli impianti spina, sia per recuperare in parte crediti oramai inesigibili. Se il Governo non interviene prontamente sono a rischio chiusura almeno 500 aziende di distribuzione, un danno incalcolabile per tutto il sistema HoReCa”.
Enrico Zoppas, Presidente di Mineracqua chiede che, nel rispetto dei protocolli di sicurezza, possano essere concesse misure eccezionali e contingenti per rilanciare i consumi “fuori casa” delle acque minerali naturali, emblema del made in Italy, e nel contempo dare adeguate garanzie occupazionali ai lavoratori della filiera.
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Regalare vino ai ristoratori non salverà lHoreca dalle conseguenze di Coronavirus
EDITORIALE– “Un arcobaleno di bollicine per dire ‘andrà tutto bene‘. XXXX solidale con il canale Horeca italiano. L’azienda trevigiana produrrà centomila bottiglie a sostegno di bar e ristoratori duramente colpiti dal Coronavirus“. Ha dell’incredibile l’iniziativa di una casa spumantistica della provincia di Treviso, che ha deciso di produrre 100 mila bottiglie di vino da regalare ai propri clienti Horeca.
“Ogni punto di consumo – si legge sul comunicato della cantina, che eviteremo di citare per non fare pubblicità – riceverà una scatola omaggio della bottiglia griffata da XXXX: bottiglie speciali che avranno sull’etichetta l’arcobaleno e lo slogan che ha accompagnato questi giorni di lockdown, ‘Andrà tutto bene’, e anche l’hashtag #XXXX che sarà presente sul collarino del prodotto. Ma non solo: ogni bottiglia avrà una capsula colorata di rosso, bianco o verde, per formare un autentico tricolore di bollicine“.
La nostra azienda – dice XXXX, ideatore del progetto – vuole far sentire il proprio appoggio al mondo Horeca, canale sul quale abbiamo costruito la nostra realtà. Grazie ai fornitori e ai distributori raggiungeremo con un messaggio di forza e coesione i nostri consumatori all’interno dei punti di consumo sparsi su tutto il territorio nazionale. È un’iniziativa solidale in cui XXXX crede come valore per la ripartenza, insieme all’intera filiera di settore. Insieme siamo più forti”.
Qualcosa da aggiungere? Evidentemente sì. “Insieme siamo tutti più forti”, solo se riapriamo tutti. Solo se ristoranti ed enoteche che a causa di Coronavirus chiuderanno bottega pagheranno i vignaioli e le cantine che hanno fornito loro il vino, nei mesi scorsi. Vino non pagato ma magari già bevuto da qualche cliente, prima che scattasse il lockdown, viste le norme attuali sui pagamenti delle fatture.
La crisi del settore vino si supera (anche) grazie a un ragionamento sulle regole complessive di un “gioco” che costringe i viticoltori a fare da banche ai ristoratori. La crisi si supera tutti assieme, vero. Ma solo se non si approfitta della situazione per fare concorrenza (sleale) ai colleghi. E senza regali agli amici, per 5 minuti di popolarità. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Fase 2 filiera del vino italiano compatta Riapertura giungo Duro colpo allHoreca 1
“Ripartire il prima possibile, pur nel pieno rispetto di tutte le misure di sicurezza e di distanziamento. Altrimenti per molte imprese del canale Horeca e cantine italiane non ci sarà alcuna fase 2“. Così la filiera del vino italiano, nel commentare la riapertura delle attività ristorative al 1° giugno, definita “un altro duro colpo per il settore”.
L’appello rivolto al Governo da parte della filiera vino – che riunisce le principali organizzazioni del settore Confagricoltura, Cia, Copagri, Unione italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi – a pochi giorni dall’adozione delle misure contenute del nuovo Dpcm che dà il via libera alla cosiddetta fase 2 dell’emergenza Coronavirus, è unanime.
“Oggi più che mai il canale Horeca è di vitale importanza per le aziende vitivinicole, che hanno già perso irreversibilmente almeno il 30% delle vendite con danni permanenti”, sottolinea la filiera del vino.
Le disposizioni sull’allentamento del lockdown non contemplano una rapida ripresa delle attività di bar, enoteche e ristoranti, “con conseguenze disastrose non solo per gli operatori del settore, ma anche per le migliaia di piccole e medie imprese del comparto vitivinicolo nazionale già alle prese con un export quasi completamente bloccato e costrette a ricorrere alle vendite online come unica, ove possibile, via per la sopravvivenza”.
Nell’esprimere “piena solidarietà e sostegno agli operatori dell’Horeca e alle loro famiglie duramente colpite dal lockdown”, la filiera auspica dunque che il Governo, “pur nel rispetto delle indicazioni espresse dal Comitato tecnico scientifico, tenga conto delle urgenti richieste di ripartenza di questo canale e prenda in seria considerazione un ripensamento dell’impianto normativo recentemente proposto per dare una risposta concreta ad uno dei comparti più strategici e decisivi per l’economia e il turismo italiani”.
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Valentino Di Campli Presidente Consorzio Vini Abruzzo Il contrassegno di Stato traine le vendite del Montepulciano dAbruzzo
L’introduzione del contrassegno di Stato, avvenuta nel dicembre 2018, traina le vendite del Montepulciano d’Abruzzo. È quanto emerge da un’analisi del Consorzio di Tutela vini d’Abruzzo, che considera dunque la scelta “strategica”.
“La cosiddetta ‘fascetta‘ apposta alle bottiglie – commenta Valentino Di Campli, presidente dell’ente abruzzese – è un importante simbolo di garanzia per produttore e consumatore, che accresce la credibilità e la garanzia dei prodotti oltre all’affidabilità di tutta la filiera”.
“Abbiamo voluto muoverci in questa direzione – continua Di Campli – in virtù di un principio di tutela e di trasparenza che dalla vigna arriva alla bottiglia. Le fascette sono per noi uno strumento fondamentale anche per verificare i dati della produzione e quindi avviare adeguate politiche di programmazione”.
La 2019 è stata un’ottima annata per i vini dell’Abruzzo. L’incremento a doppia cifra dell’imbottigliato del Montepulciano d’Abruzzo (+12% – con 800.000 hl), conferma il noto vino rosso nel ruolo di leader della produzione della regione.
Un trend positivo, quello del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, anche nel primo trimestre 2020, con un +10% per il Montepulciano d’Abruzzo e più in generale un +6% sull’imbottigliato totale dei vini abruzzesi. Un messaggio di speranza in un momento difficile per il comparto.
“Molte cantine legate al canale Horeca (hotel, ristoranti e bar), stanno soffrendo non poco – sottolinea Di Campli – altre, più strutturate e legate alla grande distribuzione organizzata (Gdo), continuano a lavorare pur tra mille difficoltà. Tante aziende stanno investendo nelle vendite online. Alternativa non di certo risolutiva, ma che serve per andare avanti nonostante l’attuale chiusura del canale Horeca”.
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Vignerons indépendant tutta unaltra storia e commerce Gdo e sindacato
Un sito e-commerce (o, meglio, un “market place“, un “mercato” per la “vente directe“, la “vendita diretta”) a cui aderiscono 500 vignaioli, capaci di fatturare un milione di euro all’anno. Poi, un’apertura ben consolidata verso la Grande distribuzione (il mondo dei supermercati) alle “regole” dei vignaioli, utilissima ai tempi di dazi e lockdown. Così la Vignerons indépendant, omologa della Federazione italiana indipendenti Fivi, sta arginando le conseguenze di Covid-19 in Francia.
Presidente Jean-Marie Fabre, quali sono i numeri della Vigneron Independant?
I viticoltori indipendenti della Francia rappresentano il modello leader della produzione vinicola nel nostro paese, il 56%. Oggi la nostra organizzazione conta 7 mila aziende, che rappresentano il 65% dei player.
In che modo Covid-19 influenza l’attività dei vigneron in Francia?
Covid 19 ha iniziato a influenzare le nostre vendite a gennaio, in Asia, con un rallentamento e quindi una cessazione totale delle nostre vendite in questa area commerciale. Le nostre aziende esportano in media il 68% della loro produzione e l’80% in altri Paesi, su prodotti di grande valore.
Il confinamento dei paesi dell’Ue ha interrotto le nostre vendite con questi Paesi e il confinamento in Francia ha fermato i nostri settori più importanti e specializzati: bar, hotel e ristoranti, nonché le vendite nelle fiere del vino, che interessano sia agli appassionati sia ai professionisti.
L’attività di vendita diretta nelle cantine è diminuita di oltre il 90%, principalmente a causa della mancata circolazione delle persone in Francia. Si è inoltre arrestata la visita delle cantine del nostro Paese da parte degli stranieri.
A differenza della Fivi, i Vignerons indépendants hanno un e-commerce. Può fornirci qualche dettaglio?
L’e-commerce è un settore che si è sviluppato anche in Francia, anche se è ancora debole in proporzione agli altri settori di distribuzione. Sappiamo che circa un terzo dei nostri soci ha un e-commerce integrato al sito web della propria cantina e la maggior parte di essi vende anche a negozi specializzati, online.
Il nostro portale è più un “mercato” che un “e-shop”. È stato fondato nel 2015 e conta quasi 500 viticoltori. Non tutti i nostri viticoltori aderiscono, dal momento che dipende molto dalla loro politica commerciale. Le nostre vendite annuali superano il milione di euro.
Quali sono i numeri del vostro “mercato online”, da quanto imperversa Covid-19?
Dall’inizio del lockdown abbiamo assistito a un aumento del 200% delle vendite, con la lievitazione del 30% del paniere medio.
A differenza di Fivi, la Vignerons indépendant dialoga da anni con la Grande distribuzione organizzata (Gdo). Con quali risultati?
I vignaioli indipendenti della Francia vendono anche nei supermercati e, a seconda dell’azienda, ciò rappresenta percentuali diverse rispetto al totale della produzione. Ognuno ha la propria strategia commerciale. Ma i viticoltori indipendenti che vendono in questo settore molto spesso lo fanno su prodotti che sono ben valutati!
Oggi questo tipo di vendita al dettaglio cerca sempre più le etichette di vino di viticoltori indipendenti e con la menzione visibile del logo di appartenenza! Il logo della Vignerons indépensant è diventato una vera garanzia per il consumatore: indica un vino artigianale di qualità e rispettoso dell’ambiente.
Le insegne della grande distribuzione, in Francia, sono molto interessate ad avere in assortimento nuove cantine che fanno parte della nostra federazione. In questo quadro imponiamo i nostri prezzi: non ci sono politiche di negoziazione dei prezzi al ribasso, perché siamo molto richiesti e i consumatori sanno bene cosa significhi essere “Vignerons indépendant”.
E-commerce e grande distribuzione stanno dunque aiutando le vendite in questo periodo, con il blocco dell’Horeca?
Sì, è sicuramente un aiuto. E la consegna a domicilio fa il resto della differenza.
Quali sono le proposte di Vigneron Indipendente per i prossimi mesi?
La nostra organizzazione ha presentato immediatamente proposte da adottare nell’ambito del Piano di sostegno economico del Governo. Siamo stati i primi a muoverci, seguiti poi dagli altri attori della filiera del vino francese, su alcuni temi centrali.
Abbiamo chiesto un’assistenza bancaria su misura per le nostre imprese, un anno di sospensione di tutti gli importi dovuti e sugli interessi dei prestiti, assistenza fiscale e sociale ai datori di lavoro. Inoltre: l’attivazione del meccanismo europeo di crisi, con aiuti allo stoccaggio e alla distillazione di crisi, il tutto con voci da reperire nel bilancio dell’Ue.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il bipolarismo dei bookmakers del vino ai tempi Covid 19
EDITORIALE – Neppure 24 ore. Non è passata neppure una giornata intera dalle parole apocalittiche del direttore generale dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv) che qualcuno, in Italia, lo ha smentito. In videoconferenza con la stampa internazionale, Pau Roca(nella foto) ha definito le conseguenze di Covid-19 “irreversibili per il comparto del vino mondiale“.
“Qualcosa di paragonabile – sempre a detta di Roca – alle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, per l’economia europea”. Dichiarazioni, tra parentesi, che mi hanno convinto ancor più che un “Patto sul vino di qualità” tra Gdo e Horeca, in altri tempi giudicabile come una boutade, sembri oggi un po’ meno utopistico.
Fatto sta che, meno di 24 ore ore dopo, è arrivato l’invito alla presentazione (in videoconferenza su Zoom, ieri alle ore 17) di una survey dal titolo emblematico: “Gli effetti del lockdown sui consumi di vino in Italia“.
A moderarla, il Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto. Relatori: il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini. Il bello è che “i consumatori italiani, ovvero l’85% della popolazione, si dichiara fedele alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la disponibilità finanziaria”.
L’indagine, commissionata da Vinitaly a Nomisma Wine Monitor, ha confermato quanto il lockdown abbia “frenato i consumi degli italiani”, ma in maniera tutt’altro che “irreversibile”, almeno secondo la survey: “Nel post Covid tutto tornerà come prima, portafoglio permettendo”.
La ricerca, realizzata dal 17 al 22 aprile, ha coinvolto circa 1000 consumatori di vino italiani. Tre su 10 intervistati hanno ridotto il consumo di vino in quarantena. Il 14-15% dichiara di consumare più vino in questi giorni, come evidenziato dal questionario di WineMag.it e Vinialsuper.it, che ha coinvolto circa 300 lettori in 3 giorni.
Chi consuma meno? “Le persone abituate a consumare vino al ristorante – ha risposto Denis Pantini – ma la categoria che conferma di continuare a rinunciare al vino tra le mura domestiche è quella dei Millennials“.
“Dai dati – ha sottolineato Giovanni Mantovani – emerge una gran voglia di ritorno alla normalità. Abbiamo discusso lungamente se finiranno le fiere del vino così come concepite sin ora, in favore del digital. Le prime esperienze arrivate dal post lockdown cinese dicono che tutte le fiere si sono svolte tradizionalmente, a dimostrazione che le persone hanno voglia di vedersi e confrontarsi direttamente. La voglia di tornare alla normalità è forte”.
“Nelle risposte alla survey di Vinitaly e Nomisma Wine Monitor – ha evidenziato Ettore Nicoletto – è evidente il condizionamento del fattore emotivo. Del resto continua ad essere forte l’appeal della marca, del brand, che ha confermato il ruolo determinante nelle scelte d’acquisto, anche durante il lockdown”.
“Gli italiani – ha aggiunto Denis Pantini – si mostrano più prudenti rispetto ad altri intervistati. Una nostra survey negli Usa evidenzia come gli americani rientreranno nei ristoranti a prescindere dalle misure precauzionali che saranno prese, mentre in Italia la prudenza la farà da padrona”. La stessa che servirebbe per tornare a pensare positivamente al futuro, reversibile per definizione. A meno che non si creda nel fato.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Covid 19 vignaioli italiani orfani della Fivi grido dallarme e hastag ilvinononsiferma 2
È firmata da oltre duecento “vignaioli italiani” la lettera che mira a coinvolgere l’intera filiera del vino italiano. Il grido d’allarme è: “Il vino non si ferma #ilvinononsiferma“. Un documento destinato a raccogliere quante più voci possibili, a sostegno di un’iniziativa ben articolata e inclusiva, a cui è chiamato ad aderire l’intero settore (www.ilvinononsiferma.it, vignaioli@ilvinononsiferma.it, Facebook ilvinononsiferma, hashtag: #laretedeivignaioli, #ilvinononsiferma, #lavignanonsiferma).
Un’iniziativa che apre un interrogativo gigante (l’ennesimo) sulla Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), costretta ad assistere all’ennesima iniziativa spontanea di alcuni associati, in mancanza di unità d’intenti all’interno del Consiglio di amministrazione. Qualcosa di già visto nei mesi scorsi, con la vicenza dazi Usa.
C’è di più. La presidente Matilde Poggifigura proprio tra i firmatari della lettera (qui l’elenco di tutti i sottoscrittori), in cui i “vignaioli italiani” lanciano un vero e proprio allarme.
In particolare, i primi dieci vignaioli che hanno aderito sono Edoardo Ventimiglia – Sassotondo – Sorano (GR); Caterina Gargari – Pieve de’ Pitti – Terricciola (PI); Gregorio Galli – Palazzo di Piero – Sarteano (SI); Walter Massa – Vigneti Massa – Monleale (AL); Luigi De Sanctis – Azienda Biologica De Sanctis Luigi – Frascati (RM).
E ancora: Marilena Barbera – Azienda Agricola Barbera s.s. – Menfi (AG). Ettore Ciancico – La Salceta – Loro Ciuffenna (AR); Gianluca Morino – Cascina Garitina – Castel Boglione (AT), Francesco Fenech – Az. Agr. Fenech Francesco – Malfa (ME), Francesco Cirelli – Azienda Agricola Cirelli – Atri (TE).
“Ci sentiamo parte attiva della straordinaria comunità che vive di vino – si legge sulla lettera dei vignaioli italiani – la nostra convinzione è che da questa crisi possiamo uscirne solo se restiamo uniti e se verrà salvaguardato il lavoro e il ruolo di ciascuno in ogni anello della filiera”.
“Per questo chiediamo a tutti rispetto per il nostro lavoro e offriamo in cambio lo stesso rispetto, consapevoli che solo con una collaborazione leale si possa, tutti insieme, uscire da questa crisi”.
Non accetteremo pressioni commerciali miranti a ridurre il margine che rappresenta la fonte di sostentamento per noi e le nostre aziende, perché riteniamo che soltanto con il riconoscimento di un equo corrispettivo sia garantita la dignità del nostro lavoro e del lavoro di coloro che collaborano con noi nella produzione, commercializzazione e promozione dei nostri vini”.
“Non accetteremo pratiche sleali quali il conto vendita – aggiungono i vignaioli – e le richieste sproporzionate di omaggi, consapevoli che soltanto con il rispetto delle normali condizioni commerciali possiamo contribuire in maniera positiva allo sviluppo della filiera”.
“Chiediamo a tutti i nostri clienti il rispetto delle scadenze per il pagamento delle forniture effettuate fino al 31/12/2019, in un momento in cui il mercato non presentava ancora alcuna criticità legata alla pandemia”.
Siamo disponibili – evidenziano i vignaioli – a discutere forme di credito agevolate che tengano conto delle difficoltà economiche che, con il lungo periodo di inattività, tutti i ristoranti e le enoteche si troveranno a fronteggiare alla riapertura, pur nel rispetto degli sforzi e degli investimenti che noi aziende agricole non abbiamo mai smesso di affrontare.
“Ci impegniamo, nelle scelte di vendita diretta dei nostri prodotti al consumatore finale, ad operare con lealtà nei confronti dei nostri clienti della distribuzione e dell’horeca, che sono fondamentali per la promozione e la valorizzazione dei vini prodotti dai vignaioli italiani”.
“Per questo motivo, garantiamo che i nostri listini dedicati ai privati rispettino la normale marginalità riservata agli operatori commerciali. Siamo convinti che vada rafforzata la collaborazione con tutti gli attori della filiera vinicola, consapevoli che soltanto da un dialogo aperto e organico possano scaturire le migliori opportunità di crescita e valorizzazione per questo nostro piccolo grande mondo”.
Parole per certi versi molto simili a quelle usate nei giorni scorsi, in esclusiva a WineMag.it, da Lorenzo Righi, direttore di Club Excellence, realtà che raggruppa 18 tra i maggiori distributori e importatori italiani di vino, nel commentare le “Linee guida per il mercato e gli agenti” delle aziende che aderiscono al consorzio.
UNITÀ PER USCIRE DALLA CRISI “Le conseguenze economiche della pandemia – scrivono ancora i vignaioli – hanno travolto la nostra intera società. La natura, però, non si ferma: noi, custodi della terra, non ci siamo arrestati. Lavoriamo per l’eccellenza, per valorizzare la cultura e la civiltà del vino, per consolidare la reputazione del Made in Italy nel mondo. Difendere l’integrità dei territori e la bellezza dei paesaggi, che rendono straordinario il nostro Paese, è l’altra nostra missione, che ci rende fieri di essere italiani. Siamo così custodi di ecosistemi unici, in un momento storico in cui la lotta al cambiamento climatico è imperativo altrettanto urgente”.
“Siamo consapevoli delle difficoltà che questa pandemia ha causato degli effetti che continueranno a gravare su tutti i comparti per i quali il vino costituisce una risorsa insostituibile” proseguono “La produzione continua, i magazzini si riempiono, perché i nostri clienti sono fermi: se non interveniamo immediatamente, il virus ucciderà il nostro patrimonio vitivinicolo, e con esso alcuni territori e parte del prestigio italiano”.
Sono a rischio 10 miliardi di euro: “Tanto vale la produzione vinicola italiana – ricordano nella lettera i vignaioli italiani – di cui 6 miliardi derivanti dalle esportazioni. Serve intervenire subito“.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Massimo Sagna Club Excellence gigante buono Dalla crisi si esce uniti vignaioli agenti e importatori
Duecentotrenta milioni di euro all’anno di fatturato aggregato, su cui inciderà pesantemente Covid-19: le proiezioni di fine anno raccontano un calo tra il 40 e il 50% che metterà a rischio, in primis, i livelli di occupazione. È coi numeri sul piatto sbagliato della bilancia che Club Excellence dimostra di essere un gigante buono. Per accorgersene basta leggere le “Linee guida per il mercato e la rete di agenti” della cooperativa che raggruppa alcuni tra i maggiori distributori e importatori di vino del Bel paese.
Nonostante il primo trimestre 2020 abbia fatto registrare un calo medio del 30% degli utili delle 18 compagini del Club – cifra destinata ad aggravarsi coi conteggi di aprile, quando la flessione si spingerà sino al 70% – il suggerimento del management di Excellence è di agire secondo principi di “solidarietà“, “coesione” e “sostegno” tra i vari protagonisti del mondo del vino italiano.
Le “Linee guida per il mercato e la rete di agenti” toccano quattro macro aree: gestione dei crediti per le fatture emesse nel 2019 e nel 2020, criticità commerciali, conto vendita e concorrenza sleale.
“Quando ci siamo ritrovati a discutere sul da farsi – spiega a WineMag.it Lorenzo Righi (nella foto) direttore di Club Excellence – ci siamo resi conto che tutte le opinioni convergevano su uno slogan: ‘Chi può paghi davvero‘. Se non si paga quando si può, si rompe il filo della fiducia e crolla il mercato”.
L’idea è che la filiera debba rimanere unita per uscire dal guado: “Da questa crisi – continua Righi – si esce solo se dimostriamo di essere tutti uniti e solidali tra noi: clienti, vignaioli, agenti, importatori, distributori. Farsi la guerra, in questo momento, sarebbe improduttivo. Stiamo tutti lottando per salvare in primis i dipendenti”.
Il documento voluto dal presidente Massimo Sagna (nella foto sotto) fornisce una serie di raccomandazioni utili alla gestione di possibili controversie commerciali, dettate dalle conseguenze del lockdown sul settore Horeca.
LE LINEE GUIDA PER IL MERCATO E LA RETE AGENTI
In merito alla “gestione dei crediti” relativi alle fatture emesse nel 2020, il management di Club Excellence suggerisce di “dare il proprio sostegno alla clientela, rendendosi disponibili ad accettare per le fatture emesse nel 2020 una dilazione media di 60 giorni dalla riapertura del mercato”.
“Ciò significa – precisa Righi – che le fatture di gennaio saranno probabilmente pagate non prima della fine di agosto, sempre se saranno confermati i rumors che danno la riapertura dell’Horeca alla fine di maggio, o di giugno”. Diverso l’approccio per le fatture emesse fino al 31/12/2019, proprio in virtù dello slogan “Chi può paghi davvero”.
Nell’intento di salvaguardare tutta la filiera (produttore-distributore-agente-cliente), si ritiene che un approccio responsabile ed etico di questa crisi da parte di tutti debba portare al rispetto delle fatture emesse nel 2019, nel periodo cioè in cui il mercato era ancora totalmente operativo”.
“Riteniamo infatti – si legge tra le linee guida diramate da Club Excellence – che una interruzione completa dei flussi di liquidità, oltre quelli generati dalla crisi, sia insostenibile per il sistema vino. Gli importatori e distributori chiederanno pertanto il rispetto delle scadenze relative al 2019″.
La cooperativa guidata da Massimo Sagna si augura che “i soci decidano di agire in pieno spirito di solidarietà e coesione, qualora si presentino casi di conclamata criticità, insolvenza o morosità, nell’intento di tutelare, con azioni sinergiche, l’interesse di ogni singolo importatore e distributore aderente, dei loro produttori e dei loro agenti”.
L’altro nodo centrale delle linee guida riguarda il conto vendita – soluzione paventata da alcuni ristoratori stellati per il dopo crisi del vino ‘in carta’ – e la concorrenza sleale. Si ritiene la pratica della ‘consegna in conto vendita’ non corretta, volta a far prevalere logiche più propriamente finanziarie e di elusione fiscale“, scrive Club Excellence.
“I soci – prosegue il documento inviato ai clienti e agli agenti – si impegnano pertanto a non favorire e contrastare fermamente tale pratica. A tal proposito si impegnano a segnalare attività di conto vendita, o comunque pratiche di concorrenza sleale“.
A chi? Direttamente “al Ministero delle Politiche agricole, attraverso l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), quale ente titolato al ricevimento delle segnalazioni, che ha attivato un apposito sportello“. Aderiscono a Club Excellence Sagna Spa, Gruppo Meregalli, Cuzziol Grandivini Srl, Pellegrini Spa, Balan Srl.
E ancora: Sarzi Amadè Srl, Vino & Design Srl, Teatro del Vino Srl, Proposta Vini Sas, Bolis Srl, Les Caves de Pyrene Srl. Per finire con Premium Wine Selection Pws Srl, Ghilardi Selezioni Srl, Visconti 43 Srl, Première Srl, AGB Selezione Srl e Philarmonica Srl.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Così moriamo tutti”. Durissimo attacco del presidente del Consorzio Vino Chianti al Governo. Giovanni Busi si fa “portavoce di una situazione ormai non più sostenibile della filiera del vino toscano e nazionale a causa delle conseguenze sull’economia dell’emergenza Covid-19“.
“È abissale – spiega Busi – la distanza che separa gli innumerevoli annunci fatti dal Governo attraverso conferenze stampa quasi quotidiane e la realtà con cui puntualmente le nostre aziende fanno i conti il giorno dopo, quando le banche sbattono loro la porta in faccia negando ogni forma di aiuto“.
“Le nostre aziende ormai non sanno più cosa fare. Per ovvi motivi siamo costretti a continuare l’attività perché l’agricoltura non può fermarsi e uno stop significherebbe per noi abbandonare i nostri vigneti con il rischio concreto di non avere poi la forza di ripartire”.
“Come Consorzio – spiega Busi – abbiamo preso decisioni drastiche come la riduzione della produzione del 20% con gravi danni economici per le aziende. Una scelta indispensabile per mantenere in equilibrio la produzione con il mercato”.
“Dall’altra parte non possiamo che notare con sgomento e profonda preoccupazione che il Governo, al di là degli annunci televisivi e dirette Facebook, non ha ancora previsto alcun sostegno concreto per permetterci di sopravvivere”.
“Noi siamo anche disposti ad indebitarci nell’interesse del Paese per salvaguardare la nostra attività, ma per poterlo fare non possiamo prescindere dalla garanzia che lo Stato deve darci, prevedendo, fra le altre misure, l’annullamento momentaneo degli accordi di Basilea”.
“Perché, e qui ci rivolgiamo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte – continua Busi – è inutile illuderci tenendoci incollati davanti al televisore aspettandoci un aiuto che puntualmente si infrange contro le porte scorrevoli delle banche, dove, in alcuni casi addirittura ci vengono ridotti gli affidamenti”.
Il presidente del Consorzio Vino Chianti prosegue: “L’agricoltura e gli agricoltori sono al collasso. Continuiamo a pagare i nostri dipendenti che lavorano regolarmente e i nostri fornitori per mandare avanti l’attività nei campi. Dall’altra parte invece non si incassa il vino che abbiamo già venduto prima dell’emergenza in attesa di capire quando e se riaprirà chi deve pagarci”.
“Le aziende che oggi continuano a vendere – conclude Giovanni Busi – lo fanno nella grande distribuzione ma sono un numero assai ridotto rispetto alla mole di piccole e medie imprese della filiera vitivinicola che sono alla disperazione. Il Governo agisca rapidamente con interventi seri e concreti e una volta approvati, allora sì che potrà annunciarli”.
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Vendemmia verde con risarcimento filiera del vino scrive ancora a Bellanova
ROMA – “Uso dell’alcol di emergenza, distillazione controllata, vendemmia verde con risarcimento al viticoltore e ammasso privato”. Queste le richieste che la filiera del vino intende portare all’attenzione del Ministro delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali, Teresa Bellanova, per superare lo stallo del comparto generato da Covid-19. Ecco dunque la terza lettera indirizzata al governo da Confagricoltura, Cia, Alleanza delle Cooperative Italiane, Copagri, Unione Italiana Vini, Federvini, Federdoc e Assoenologi.
È attesa da giorni anche una risposta di Bellanova alla proposta avanzata da WineMag.it in merito a un potenziale “soccorso” della Gdo al settore Horeca, con la mediazione del Ministero, per stilare un “Patto sul vino di qualità” nella Grande distribuzione organizzata. Un’idea che piace a Coldiretti nazionale e che gode del favore del segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti.
Le nuove richieste delle associazioni di filiera convergono con quelle contenute nel Piano Salva Vigneti di Coldiretti, nonché sulla proposta di Assodistil relativa alla distillazione volontaria. Un’ipotesi, quest’ultima, ormai al vaglio del Mipaaf, come confermato proprio ieri da Bellanova.
“Per il settore vitivinicolo – ha annunciato il ministro – stiamo valutando un intervento per la distillazione volontaria. La priorità è utilizzare i fondi Ocm, chiedendo l’attivazione della misura distillazione di crisi a livello Ue”.
“Prima però – ha aggiunto Bellanova – occorre verificare quante risorse dell’Ocm non saranno spese entro il 15 ottobre 2020. Nel caso l’intervento non dovesse essere sufficiente proporremo nel DL una misura specifica integrativa”.
La crisi del settore del vino al cospetto di Covid-19, del resto, unisce in un unico coro piccoli e grandi produttori. Lo dimostrano i recenti appelli a Bruxelles della Confédération européenne des vignerons indépendants (Cevi, a cui per l’Italia aderisce Fivi) e dell’European Federation of Origin Wines (Efow).
LE PROPOSTE DELLA FILIERA
“In questo momento la priorità è garantire liquidità, fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa e dei suoi dipendenti, in attesa della ripartenza delle attività economiche”, ribadiscono le organizzazioni dopo la prima lettera in materia di misure economiche e fiscali a sostegno della liquidità delle imprese e la seconda sulla concessione di proroghe nella tempistica delle domande Ocm e di deroghe nell’esecuzione dei programmi, investimenti e promozione.
Le proposte riguardano il sostegno del mondo agricolo e vitivinicolo in particolare per il quale la filiera chiede l’avvio di un confronto immediato con l’obiettivo di individuare al più presto una strategia di sostegno e rilancio del settore, uno dei comparti agricoli più rilevanti per l’economia italiana.
Nello specifico, sono quattro le ipotesi avanzate dal mondo del vino per far fronte all’impatto dell’emergenza sul mercato vitivinicolo, in particolare nel segmento on-trade e nella vendita diretta in cantina, caratterizzato da una riduzione delle vendite.
La prima proposta riguarda l’uso dell’alcol per l’emergenza con l’opportunità per i produttori vinicoli di destinare vino da tavola in giacenza alla distillazione, al fine di ricavarne alcol ad uso medicale, a disposizione della Protezione Civile.
Le distillerie si dovrebbero fare carico del prelievo del prodotto, del trasporto e della distillazione. Resta inteso che, in questa catena, nessun anello dovrà conseguire un profitto. A ciò si aggiunge la necessità di fissare una misura di distillazione per far fronte alle giacenze e alla potenziale mancanza di capienza nelle cantine per le uve e i mosti per la prossima vendemmia.
Le organizzazioni ritengono però che debbano essere poste alcune specifiche condizioni per l’attivazione che, innanzitutto, “deve restare volontaria e non obbligatoria“. “Inoltre dovrà essere finanziata da adeguate risorse economiche, preferibilmente all’interno di un nuovo budget di emergenza per il settore a livello europeo”.
Con l’obiettivo, spiega la filiera del vino italiano, “di porre rimedio allo shock di mercato e alle conseguenze patite dai produttori, evitando distorsioni nel segmento dell’alcol uso bocca“.
Allo stesso tempo, “la misura della distillazione dovrà essere seguita, già a partire dalla prossima campagna vitivinicola, da una modifica delle disposizioni nazionali in materia di rese massime di uva per ettaro per i vini non a indicazione geografica, che tenga tuttavia conto delle diverse specificità produttive territoriali.
VENDEMMIA VERDE CON RISARCIMENTO
Tra le proposte più significative avanzate dalla filiera del vino a sostegno del settore agricolo c’è anche la misura della vendemmia verde. La filiera auspica che la misura possa essere attivata dalle regioni, con l’obiettivo di ridurre la produzione per la successiva campagna vendemmiale e che il Ministero proceda a una rimodulazione dell’attuale dotazione del Pns.
“In via generale – spiega la filiera – lo strumento della vendemmia verde, è destinato all’eliminazione del prodotto mentre si potrebbe esplorare la possibilità di introdurre una nuova misura transitoria destinata alla riduzione volontaria delle rese con un risarcimento al viticoltore o procedere con una modifica della misura stessa”.
“Data la mancanza di forza lavoro nella fase dell’anno nella quale la vendemmia verde è normalmente attivata (mese di giugno), il mondo del vino chiede inoltre lo spostamento del calendario, dando la possibilità di esercitarla anche nel mese di luglio”, continuano le associazioni nella terza lettera inviata alla ministra Teresa Bellanova.
L’ultima richiesta della filiera riguarda invece la possibilità, per alcune produzioni vitivinicole temporaneamente eccedenti o con difficoltà di sbocco sul mercato, di ricorrere all’ammasso privato per una parte del quantitativo in giacenza.
Questa misura, che piace appunto anche ai vigneron europei della Cevi, “potrebbe essere di supporto per alcune produzioni da invecchiamento che non troverebbero subito mercato nei mesi estivi quando auspicabilmente potrebbe riaprire il canale Horeca“.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Paolo Castelletti segretario generale Uiv unione italiana vini
EDITORIALE – “Unione italiana vini è disponibile al confronto e pronta a condividere idee e proposte su come il vino italiano potrebbe essere valorizzato ancora di più attraverso la Grande distribuzione organizzata“. Il segretario UivPaolo Castelletti commenta così la proposta di WineMag.it di un tavolo coordinato dalla ministra Teresa Bellanova al Mipaaf, che coinvolga i principali attori della filiera del vino italiano – comprese le realtà al momento estranee dal segmento Gdo come la Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi) o VinNatur – allo scopo di redigere un “Patto sul vino di qualità” nella Grande distribuzione.
Un avallo, quello di Uiv, che arriva a pochi giorni da quello di Coldiretti, che si è detta pronta ad aderire alla discussione attraverso il responsabile nazionale settore Vino, Domenico Bosco. Una soluzione, quella del tavolo ministeriale Gdo-Horeca, che potrebbe avere risvolti positivi anche al termine dell’emergenza Covid-19, preservando almeno in parte le piccole e medie imprese dal pericolo dei dazi internazionali.
“Non dimentichiamo – sottolinea Paolo Castelletti – che già oggi, e sempre di più, la Gdo è orientata a offrire al consumatore la più vasta gamma di prodotti, anche ad alto valore aggiunto. Al contempo, la crisi che stiamo vivendo da più di un mese, oggi mette in ginocchio, più di ogni altra cosa, il canale on-trade, dove si vende il 33% del vino italiano, vale a dire circa 7 milioni di ettolitri solo in Italia. “Un segmento martoriato dal ‘lockdown’ e dall’azzeramento del turismo”.
“Chiediamo perciò al governo misure a favore di queste imprese – aggiunge a WineMag.it il segretario di Unione italiana vini – soprattutto Pmi con una forte propensione al mercato nazionale, che più di ogni altro stanno pagando la crisi, con ingenti interventi di liquidità”.
“Fondamentale, infine, dare ristoro al mondo horeca: temiamo, infatti, che tanti piccoli esercizi (enoteche, ristoranti, wine bar) possano scomparire a seguito della crisi. Quindi diciamo: bene i tavoli con la Grande distribuzione, ma allarghiamo la discussione a tutti gli attori di tutti i segmenti dove le aziende hanno creato valore, altrimenti la ripresa sarà molto dura”.
Mentre è attesa per le prossime ore una presa di posizione ufficiale della ministra Teresa Bellanova, i rumors che arrivano dall’Horeca e dalla Gdo risultano sempre più preoccupanti.
Da un lato centralini intasati dei buyer delle maggiori insegne nazionali della Grande distribuzione organizzata, chiamati a rispondere al pressing di numerose cantine – anche di grandi dimensioni – ora disponibili alla vendita delle linee di vini Horeca sugli scaffali della Gdo (impensabile, prima della crisi Covid-19).
Dall’altro, numerose cantine abituate a operare prevalentemente nei supermercati stanno contattando i pochi operatori Horeca rimasti aperti (prevalentemente enoteche, in importanti città italiane, come Milano) per “piazzare” a prezzi stracciati interi bancali di vino a Denominazione (Doc e Docg).
Una situazione paradossale, che dimostra la necessità di interventi immediati da parte del Governo, utili a evitare intrecci d’interessi incompatibili, se non regolamentati all’interno di un “Patto sul vino” che preservi gli operatori e i vignaioli abituati a dialogare con l’Horeca e offra alla Gdo la possibilità (forse irripetibile) di alzare l’asticella della qualità del vino a scaffale. Nell’interesse assoluto del Made in Italy enologico.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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Rischio collasso per il vino toscano. Nella prima metà del mese di marzo le vendite di vino toscano attraverso i canali diversi dalla grande distribuzione (detti Horeca, ovvero quelli che riforniscono bar, ristoranti, alberghi, catering) hanno subito un calo del 90%. Il dato drammatico arriva anche dall’ultima rilevazione Nielsen. E a preoccupare è anche la Gdo, dove il vino toscano ha subito un calo di vendite del 20%.
Quello dei supermercati è un canale distributivo che pesa soltanto il 30% sul settore regionale, dal momento che è venduto per il 70% attraverso canali diretti e Horeca. Il risultato è il “disastro del settore”, come denuncia Francesco Colpizzi, presidente della Federazione Vitivinicola di Confagricoltura Toscana.
“Rischiamo il collasso ben prima di altri settori del comparto agricolo legato a generi di prima necessità. Sono chiuse le vendite dirette nelle fattorie, i ristoranti, gli alberghi ed i winebar. Se poi teniamo conto del fatto che le aziende vitivinicole per il proprio business contano anche sulle attività turistico-ricettive fonte di ricavi oggi azzerati – continua Capolpizzi – è chiaro che oltre alla chiusura di migliaia di aziende e alla perdita di migliaia di posti di lavoro, rischiamo anche l’abbandono e il degrado delle campagne, con ricadute deteriori in termini sociali e ambientali”.
“Non vogliamo abdicare al nostro ruolo e non vogliamo abbandonare i campi, ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare. La priorità – prosegue Colpizzi – è una sola: serve liquidità per proteggere le imprese, per proteggere il livello e la qualità occupazionale”.
Non possiamo fermarci, anche se le nostre vendite sono prossime allo zero: nei vigneti la ripresa vegetativa è imminente e richiede interventi, il vino nelle cantine è un prodotto biologicamente vivo che ha bisogno di cure quotidiane. I provvedimenti adottati dal Governo sono del tutto insufficienti. Per questo abbiamo avanzato sia alla Regione Toscana che alle istituzioni nazionali una serie di proposte”.
Confagricoltura chiede “una moratoria di almeno 24 mesi sulle operazioni a lungo, medio e breve termine; occorre nuova finanza pari ad almeno la metà del volume di affari realizzato l’anno scorso, attraverso mutui trentennali garantiti dallo Stati e finanziamenti a 12/60 mesi assistiti dalla garanzia del vino dato in pegno”.
Serve anche lo strumento della Vendemmia Verde per eliminare tra maggio e giugno parte dei grappoli e contenere la prossima vendemmia per calmierare gli squilibri di mercato; senza escludere la distillazione facoltativa anche per produrre alcol utile in questo momento a fini sanitari.
Sarà poi necessario il varo di un “Piano Strategico di sostegno all’export vitivinicolo toscano” articolato su missioni di settore, piani di comunicazione integrata, sui mercati consolidati ed emergenti con previsione di misure straordinarie promozionali e di sostegno alla domanda di vino sia per il mercato estero che interno.
NUMERI DEL VINO TOSCANO
23.000 aziende viticole che articolano la propria produzione e vinificazione attraverso:
60.000 ettari coltivati a vigneto di cui:
a) 55.000 ettari ( pari al 92%) coltivato per la produzione di vini doc e docg
b) 27.000 ettari totalmente rinnovati negli ultimi anni grazie anche ai fondi OCM
Produzione media 2,6 milioni ettolitri
8.200 cantine di cui 17 cantine cooperative
58 Denominazioni ed Indicazioni Geografiche, di cui
a) 11 vini DOCG (Morellino, Vernaccia, Nobile di Montepulciano, Chianti Classico, Chianti, Brunello….)
b) 41 vini DOC (Bolgheri, Pomino, Vinsanto, Monteregio, Rosso di Montalcino, Montecucco, Maremma….)
c) 6 vini IGT (Toscano, Costa Toscana….)
una cifra di affari “ex fabrica” di oltre € 950.000.000,
esportazioni di € 520.000.000 rappresentando, in valore, il 29% dell”export nazionale di vini “fermi”,
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Il lockdown disposto per contenere i contagi da Covid-19 porterà nel 2020 in Italia ad un crollo del fatturato per le srl del settore Ristoranti e Alberghi (72.748 società che nel 2019 hanno fatturato 37,8 miliardi di euro), di 16,7 miliardi di euro, pari ad un calo, rispetto al 2019, del -44,1%.
A livello regionale la più colpita la Lombardia con un calo di 3,5 miliardi di euro, seguita dal Lazio con -2,7 miliardi di euro e dal Veneto con -1,6 miliardi di euro. Sono le stime quantificate dall’Osservatorio sui bilanci 2018 delle Srl del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti.
L’impatto è dovuto sia al calo della domanda che ha colpito il settore ancora prima che scattasse l’emergenza in Italia, sia al blocco delle attività imposto per decreto, al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria.
La stima è stata condotta su un campione di società includendo tutte le Srl che hanno presentato almeno un bilancio nel ultimo triennio disponibile (2016-2018). Si tratta, in questo caso, di 72.748 società (53.145 operanti nel settore della ristorazione e 19.063 operanti nel settore ricettivo) alle quali è imputabile un volume complessivo di ricavi pari a 37,8 miliardi di euro nel 2019.
Le stime qui presentate sono relative ai soli bilanci delle Srl del settore Ristorante e alberghi e non sono, pertanto, riferibili all’intero settore che, sulla base di dati Istat 2017 è costituito da circa 328 mila imprese, tra cui circa 160 mila ditte individuali e 90 mila società di persone oltre a quasi 3 mila cooperative.
Le quantificazioni sono state condotte sulla base di alcune ipotesi relative all’impatto della crisi provocata dall’emergenza Coronavirus separatamente per le Srl del comparto “Alloggio” e per quelle del comparto “Ristorazione“. In particolare, per il primo si è tenuto conto della forte stagionalità dell’attività produttiva, adoperando i dati Istat sui flussi turistici 2019 stagionalizzati per trimestre.
Per ottenere le stime finali sui bilanci annuali, sono state utilizzate due differenti misure di impatto mensili per i comparti di cui sopra, costruite tenendo conto del blocco delle attività nei mesi di marzo e aprile e della graduale ripresa dell’attività nei mesi successivi.
Le ipotesi impiegate hanno previsto cali di attività sin dal mese di gennaio 2020. Si è tenuto conto, in particolare per il settore della ristorazione, di attività in continuità anche nei mesi di lockdown (per esempio per cibi da asporto o per particolari servizi di catering e mense) e, in ogni caso, di una non completa ripresa dell’attività produttiva fino a dicembre 2020.
Una crisi improvvisa per un settore in crescita. Dall’Osservatorio infatti emerge come nel 2018 in Italia, gli addetti e i ricavi aumentavano rispettivamente del +5,9% e del +5,7% rispetto all’anno precedente seguendo una tendenza positiva dell’ultimo periodo.
Tra i singoli comparti produttivi spiccava la performance di ristoranti e attività di ristorazione mobile mentre l’andamento per macro aree territoriali registrava la più alta crescita di fatturato nel Sud (+6,4%) e nel Nord Ovest per quanto riguarda il valore aggiunto(+7,9%).
A livello regionale sul podio si posizionava la Basilicata con la crescita più elevata del fatturato del settore Ristoranti e Alberghi nel 2018 (+9,4%), seguita dalla Sicilia (+7,1%), dall’Emilia Romagna (7%) e dalla Campania (+7%).
Le regioni che invece mostravano i cali più significativi dei tassi di crescita del fatturato nel 2018 rispetto al 2017 l’Abruzzo (-5,7%), il Molise (-3,7%), la Lombardia (-3,2%) e la Sardegna (-3,2%), pur rimanendo comunque in territorio positivo. Tra tutte, si segnala il Molise, unica regione a presentare una decrescita del fatturato nel 2018 rispetto al 2017 (- 0,4%).
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